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cavitarie o tubariche (importanti nell’iter diagnostico dell’infertilità).
Isterosalpingografia (ISG). Esame radiologico impiegato, come il precedente, nei casi di infertilità, consiste nell’opacizzazione della cavità uterina e delle tube, mediante l’introduzione transcervicale di mezzo di contrasto iodato, e successive radiografie delle fasi di riempimento e di passaggio
del mezzo opaco in cavità peritoneale. Facile e di rapida esecuzione, non necessita di ricovero ospedaliero, è ben tollerato, privo di rischi (la quantità totale di radiazioni alle ovaie è
inferiore a un rad), eccellente sotto il profilo diagnostico.
Insufflazione utero-tubarica. Indagine clinico-strumentale, consiste nell’introduzione di gas in cavità uterina
per via transcervicale, ottenendo così una registrazione chimografica delle differenze di pressione secondarie al passaggio del gas fino alla cavità peritoneale, attraverso le ampolle tubariche, sotto forma di un tracciato che fornisce
informazioni rispetto a pervietà e funzionalità tubarica.
Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). Esame radiologico di secondo livello (dopo l’ecografia), utilizzato
generalmente in ambito neoplastico per definire confini,
estensione e localizzazioni secondarie del tumore.
Tomografia Assiale Computerizzata (TAC). Esame
radiologico di secondo livello (dopo l’ecografia) utilizzato
anch’esso generalmente in ambito neoplasico, come il precedente.
Laparoscopia. Tecnica diagnostico-chirurgica, sviluppatasi dal 1970, consiste nella visualizzazione endoscopica
della pelvi, previa distensione dell’addome con CO2, utilizzata ampiamente in ginecologia chirurgica, cui si rimanda
per la trattazione specifica.
Per gli interventi ginecologici ambulatoriali si rimanda al
Capitolo 35.
CONTROLLO DELLA FERTILITÀ
E CONTRACCEZIONE FEMMINILE
E MASCHILE
Il controllo della fertilità rappresenta un problema molto
antico, ma attualmente ha assunto una maggior importanza sia nell’interesse individuale, sia in quello più esteso dell’umanità. La donna moderna, emancipata, lavoratrice,
istruita, nella maggior parte dei casi non desidera avere più
di uno o due figli; vive in modo libero e spontaneo la propria sessualità e spesso non solo all’interno di una stabile
relazione di coppia; vuole evitare una gravidanza in età
6
giovanile o avanzata, pertanto si ritrova a trascorrere gran
parte della propria vita riproduttiva cercando di non incorrere in gravidanze indesiderate. In una prospettiva più ampia, la rapida crescita demografica della popolazione mondiale minaccia la sopravvivenza stessa: di conseguenza, si
rende necessario un attento ed efficace controllo delle nascite non solo a questo scopo, ma anche per prevenire la
diffusione di malattie sessualmente trasmesse specie nei
Paesi poveri, condotto con tutte le energie intellettuali ed
etiche dell’umanità, in un contesto rispettoso della giustizia sociale, delle diverse posizioni ideologiche e dell’uguaglianza tra le diverse aree del pianeta.
LE SCELTE CONTRACCETTIVE
Gli aspetti bioetici (culturali, ideologici, religiosi), sociali e
psicologici della sessualità e della contraccezione devono
essere sempre affrontati con la donna e, possibilmente, con
la coppia, non sottovalutando l’impatto medico-farmacologico che il contraccettivo può avere sulla salute. Il metodo contraccettivo ideale, pertanto, dovrebbe corrispondere
ai seguenti requisiti:
•
•
•
•
•
efficacia;
reversibilità;
innocuità;
basso costo;
gradevolezza alla coppia.
Per questo è di fondamentale importanza una buona conoscenza dei vari sistemi di pianificazione familiare. Una
prima suddivisione può essere fatta sui sistemi cosiddetti “naturali”, che si basano sull’astensione dai rapporti
durante il periodo fertile femminile, e quelli “artificiali”,
meccanici, chimici o farmacologici. Inoltre, la contraccezione può essere “d’emergenza”, o definitiva (sterilizzazione).
Un’altra considerazione importante nella scelta contraccettiva è quella che riguarda le caratteristiche della donna, relativamente alle fasi della propria vita (adolescenza, età fertile, post-partum, perimenopausa ecc.), al suo stato di salute generale e alla relazione di coppia (attenzione alle malattie sessualmente trasmesse!).
EFFICACIA DEI METODI CONTRACCETTIVI
L’efficacia di un metodo contraccettivo dipende da svariati
fattori: legati alla coppia (età, fertilità, uso di farmaci o droghe), al rapporto, al sistema contraccettivo usato, alla sua
corretta applicazione ecc. Il principale parametro usato per
la valutazione di efficacia di un metodo contraccettivo è dato dalla percentuale di insuccesso, o di gravidanze indesiderate, secondo una formula definita indice di Pearl (numero di gravidanze × 100 donne o per donne/anno di
esposizione al metodo). Un altro sistema valutativo, il life-
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table method, calcola la probabilità che si verifichi una gravidanza indesiderata, venga abbandonato il metodo o si
verifichino altri eventi in un determinato periodo (generalmente un anno). Recentemente è stato elaborato un altro
indice standardizzato di efficacia, il CYP (indice coppia/anno di protezione), che considera contemporaneamente la
coppia, il tempo (un anno) e il metodo usato.
Metodi naturali
La regolazione naturale della fertilità si basa sull’astensione
dai rapporti sessuali durante il periodo fertile della donna, riconosciuto con sistemi scientifici e rigorosi, o sull’interruzione del rapporto prima dell’eiaculazione. Negli ultimi decenni sono stati proposti diversi metodi naturali, caratterizzati
da diversa efficacia: dal metodo “del calendario”, proposto
da Ogino e Knaus all’inizio degli anni Trenta, al sintotermico più attuale. Di seguito sono brevemente illustrati.
Metodo Ogino-Knaus. Metodo empirico che identifica
il periodo dell’ovulazione in base al ritmo mestruale, fissandolo intorno al 14° giorno e proibendo i rapporti completi
per otto giorni (dal 10° al 18°giorno dall’inizio della mestruazione). L’indice di Pearl è molto alto (14,4-47).
Metodo della temperatura basale. Sfrutta l’andamento bifasico che la temperatura basale (interna: vaginale o
rettale, al risveglio) assume nei cicli ovulatori; va osservata
astinenza sessuale nei due giorni che precedono e nei due
che seguono il rialzo termico, tipico dell’ovulazione.
Metodo Billings o dell’ovulazione o del muco cervicale. Si basa sulle caratteristiche che il muco cervicale
assume al tatto nel periodo ovulatorio. Per azione degli
estrogeni, infatti, il muco aumenta e diventa progressivamente più filante, trasparente ed elastico (tipo “a chiara
d’uovo”), e viene avvertito con una sensazione di bagnato,
scivoloso e lubrificato fino al giorno di picco ovulatorio
(giorno successivo all’ovulazione); da questo momento in
poi, per azione del progesterone, diviene più secco e scarso fino al ciclo mestruale successivo, rendendo impossibile
la migrazione e la penetrazione degli spermatozoi. I rapporti sessuali sono pertanto permessi per tutto il periodo
“asciutto”, immediatamente dopo la fine delle mestruazioni, fino alla comparsa del muco e poi, dal quarto giorno
dopo il picco, fino alla mestruazione successiva.
Metodo sintotermico. Consiste nell’associazione di più
parametri tra loro correlati (misurazione della temperatura
basale, valutazione del muco cervicale, calcolo dei giorni,
autopalpazione della cervice uterina – rammollita e con orifizio beante in fase periovulatoria – eventuali perdite ema-
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tiche periovulatorie) per calcolare il periodo fertile ed evitare, quindi, rapporti sessuali completi. L’indice di Pearl, se
correttamente applicato, è compreso tra 0,6 e 2,6.
Amenorrea da allattamento. Si basa sulla soppressione dell’ovulazione durante l’allattamento, dovuta all’aumento della prolattina e alla riduzione del GnRH ipotalamico, con conseguente inibizione della crescita follicolare.
La durata di questa soppressione è variabile, dipendendo
da vari fattori: numero delle poppate, durata dell’allattamento, tempo intercorso dalla nascita ecc.; può perdurare
per tutta la durata dell’allattamento, specie se le donne sono amenorroiche e il latte materno copre tutti i bisogni del
neonato, senza nessun’altra aggiunta.
Coito interrotto. Consiste nell’interruzione del rapporto
prima che avvenga l’eiaculazione. È decisamente un sistema poco efficace e poco gradito, per molti motivi: non
sempre l’uomo è in grado di controllare l’inizio dell’eiaculazione; è possibile l’emissione di nemaspermi prima dell’eiaculazione o la persistenza degli stessi in uretra con rischio aggiuntivo in caso di rapporti ripetuti; richiede un
notevole autocontrollo e, a lungo andare, può essere responsabile di varicocele o prostatite. L’indice di Pearl è calcolato tra 7 e 15.
Metodi artificiali meccanici
I metodi artificiali meccanici sono rappresentati da quelli di
seguito elencati.
Condom (preservativo). Deve il suo nome al dott.
Condom, che l’ha ideato a fine Settecento, mentre il termine preservativo sta ad indicare la funzione protettiva (dalle
gravidanze e dalle malattie sessualmente trasmesse). Attualmente si usano preservativi di lattice, spessi 0,02 mm,
generalmente lubrificati con spermicidi (nonoxynol-9), per
aumentarne l’efficacia e la protezione da germi responsabili di patologia genitale. L’indice di Pearl, se correttamente usati, va da 3 a 10.
Diaframma. Si tratta di un dispositivo di gomma, di diverse forme a seconda del bordo dell’anello (liscio, a calotta
o arcuato) e misure; i più utilizzati sono a cupola, con una
base rinforzata da un anello flessibile di metallo, con diametro da 50 a 150 mm (generalmente 65, 70, 75 mm). Il diametro deve corrispondere alla distanza tra l’angolo retropubico e il fornice vaginale posteriore, di modo che il diaframma copra perfettamente la portio e il tratto superiore della
vagina.Viene inserito 2-3 ore prima del rapporto, lubrificandolo con crema spermicida, e tenuto in situ per le 7-8 ore
successive. È un sistema innocuo, reversibile e, se corretta-
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mente utilizzato, efficace; fornisce una relativa protezione
verso le MST, la sterilità tubarica e il carcinoma della portio.
Cappuccio cervicale. È molto più piccolo del diaframma, non contiene un anello nel bordo e copre solamente la
portio; in lattice o silicone, ne esistono di diverse misure:
22, 25, 28 e 31 mm di diametro.Viene sempre usato in associazione allo spermicida, inserito dalla donna prima del
rapporto, avendo cura che copra perfettamente la cervice, e
può essere lasciato in sede per un periodo massimo di 72
ore. Poco usato in Italia, sembrerebbe offrire una buona
protezione nei confronti delle MST e del carcinoma della
portio.
Dispositivi intrauterini (IUD: IntraUterin Devices). Sono dispositivi di varie forme (a T, a canestro, a sette, ad anello ecc.) in materiale plastico inerte generalmente associato a un metallo (rame od oro) o ad un ormone
(progesterone o progestinici). Tutti gli IUD agiscono creando una flogosi cronica della cavità uterina: la reazione fagocitaria è più spiccata con gli IUD al rame, che esplica anche un’azione spermicida e spermiotossica, riducendo la
penetrabilità e la motilità spermatica. Quelli medicati al
progesterone determinano una trasformazione progestativa persistente a carico dell’endometrio e modificazioni del
muco cervicale, reso impenetrabile agli spermatozoi. I dispositivi intrauterini non sono sistemi abortigeni: l’azione
contraccettiva non dipende dall’interferenza con l’impianto dell’embrione, benché questo fenomeno si verifichi e sia
alla base dell’uso di IUD al rame come contraccezione postcoitale, ma dall’iperproduzione di prostaglandine in cavità uterina, responsabili di un’alterazione dell’ambiente
intrauterino, che inibisce la migrazione degli spermatozoi
verso le tube. L’indice di Pearl è compreso tra 0,4 e 4. Gli effetti collaterali più comuni, generalmente reversibili dopo i
primi 3-4 mesi di uso, sono le perdite ematiche intermestruali (spotting o vere e proprie metrorragie) e le algie pelviche; più raramente si manifestano ipermenorrea o menometrorragie che, se persistenti, consigliano la rimozione
del dispositivo. La gravidanza può insorgere sia a seguito di
espulsione spontanea e non riconosciuta da parte della
donna dello IUD, sia con la spirale in utero, nel 3-4% dei
casi. È necessario allora rimuoverlo al più presto, se il filo è
visibile, per evitare aborti settici tardivi, rotture intempestive di membrane, parti prematuri e ciò è effettuabile senza
particolari rischi, eventualmente sotto guida ecografica, in
quanto il dispositivo resta sempre al di fuori della camera
gestazionale. Quando il dispositivo è allocato a livello del
fondo, e il filo non è visibile, la gravidanza può proseguire
anche con lo IUD, ponendo sempre attenzione, come già
detto, al rischio di infezione intrauterina. Gravi, anche se
rari, sono i rischi secondari all’uso degli IUD: infezioni ute-
6
rine, fino alla PID (malattia infiammatoria pelvica) da Actynomices; gravidanze ectopiche (5%); sterilità. Ovviamente,
se si sospetta una PID, lo IUD deve essere immediatamente rimosso e iniziata una terapia antibiotica a dosi piene.
Tecnica di inserimento. Lo IUD viene inserito generalmente
durante il ciclo mestruale, sia per essere sicuri che non sussista uno stato gravidico, sia per creare minor fastidio alla
paziente,in un momento in cui il canale cervicale è fisiologicamente beante. Esposta la cervice, disinfettata con soluzione antisettica, usando o meno una pinza da collo, si misura
preliminarmente la cavità uterina con un isterometro: isterometrie inferiori a 6 cm sconsigliano l’uso della spirale, per
la facile espulsione spontanea.A questo punto si può inserire facilmente lo IUD; una terapia antispastica precedente
l’inserimento non è obbligatoria, mentre viene raccomandata una profilassi antibiotica nei giorni successivi.
Metodi artificiali chimici
Sono rappresentati dagli spermicidi vaginali costituiti da
uno spermicida chimico, il nonoxynol-9 o ottosynol, unito a
eccipienti vari, sotto forma di gel, schiume, ovuli, creme o
spray. Gli spermicidi si comportano come detergenti anionici di superficie, che immobilizzano gli spermatozoi. Usati
da soli offrono, però, scarsissima protezione e espongono la
donna ad infezioni urinarie, specie da Escherichia coli.
Metodi contraccettivi ormonali
I contraccettivi ormonali sono costituiti da steroidi sessuali
femminili, estrogeni e progestinici sintetici in associazione,
o da soli progestinici, somministrati per via orale, parenterale, transvaginale o intrauterina, sottocutanea (impianti) o
transdermica (cerotti). I preparati più usati sono le combinazioni estroprogestiniche orali (Tabella 6.1), monofasiche
(in cui i dosaggi di etinilestradiolo e progestinico sono gli
stessi per tutti i giorni di assunzione) o multifasiche (bi- o
trifasiche, che contengono dosi variabili di estroprogestinici). La durata di assunzione dipende dal tipo di combinazione farmacologica utilizzata e può essere di 21, 22, 28
giorni (gli ultimi quattro confetti in questo caso sono di
placebo), iniziando dal primo giorno del ciclo mestruale.
Gli steroidi sessuali vengono originariamente definiti in
base alla loro azione biologica: sono infatti caratterizzati
dalla loro affinità verso i recettori per estrogeni, progesterone e androgeni.
L’estrogeno attualmente utilizzato è l’etinilestradiolo, costituito dall’anello A insaturo degli estrogeni e da un gruppo
etilico in posizione 17-; assunto per os viene assorbito rapidamente a livello gastrico, metabolizzato a livello epatico
ed escreto per via fecale e urinaria. Dopo 3 o 4 giorni di as-
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Tabella 6.1
PREPARATI CONTRACCETTIVI ESTROPROGESTINICI ORALI DISPONIBILI
Etinilestradiolo (g)
Formulazione
Progestinico (mg)
50
Monofasica
Levonorgestrel 0,25
50
Monofasica
Levonorgestrel 0,125
30
Monofasica
Ciproterone acetato 2
30/40/30
Trifasica
Levonorgestrel 0,05/0,075/0,0125
Gestodene 0,05/0,070/0,100
40/30
Bifasica (22 giorni)
Desogestrel 0,25/0,125
30
Monofasica
Levonorgestrel 0,15
Desogestrel 0,15
Gestodene 0,075
20
Monofasica
Gestodene 0,075
Levonorgestrel 0,1
Desogestrel 0,15
15
Monofasica (24 giorni)
Gestodene 0,06
30
Monofasica
Drospirenone 3
sunzione continuata si raggiunge la stazionarietà della
concentrazione dello steroide, che non è legata alla Sex
Hormone Binding Globulin (SHBG). L’eliminazione dei metaboliti dell’etinilestradiolo avviene, come detto, per via
urinaria e fecale, con un’emivita di eliminazione compresa
tra le 13 e le 27 ore; l’escrezione urinaria di una singola dose si completa in circa 5 giorni, rappresentando una quota
variabile dal 20 al 60%. Alcuni studi hanno dimostrato notevoli differenze individuali ed etniche nelle vie metaboliche, che ne condizionano sia le diverse coniugazioni (con
acido solforico o glicuronico) sia l’idrossilazione.
Il progesterone naturale, allo stato cristallino, assunto per
os, ha un rapidissimo catabolismo epatico che non gli consente di raggiungere livelli ematici soddisfacenti: per questo la ricerca scientifica, nel corso degli anni, si è impegnata nella sintesi di progestinici che mimassero il più possibile l’azione del progesterone naturale, senza essere gravati
da importanti effetti collaterali. I progestinici attualmente
impiegati nelle combinazioni contraccettive sono tutti, a
parte il ciproterone acetato e il drospirenone, derivati dal
19-nortestosterone, caratterizzati dalla presenza di un
gruppo 17--etinilico, analogo a quello presente nell’etinilestradiolo, che condiziona un rallentamento nell’inattivazione epatica, consentendone, quindi, un’elevata efficacia
biologica.
Secondo la classificazione di Rozenbaum (1982), possono
essere distinti due gruppi di composti:
1) il primo, in cui vi è un gruppo metilico in posizione 13,
ha come composto di riferimento il noretisterone o noretindrone, attualmente presente in una formulazione
trifasica;
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2) il secondo, caratterizzato da un gruppo etilico in posizione 13, ha come capostipite il levonorgestrel, da cui
derivano il desogestrel, il gestodene e il norgestimato
(questi ultimi, avendo un’attività androgenica inferiore
al levonorgestrel, sono i più usati).
Tutti i progestinici vengono rapidamente assorbiti a livello
dell’intestino tenue e le concentrazioni plasmatiche raggiunte sono condizionate dal metabolismo epatico, dal legame con le proteine sieriche e dal diverso grado di interazione con gli organi bersaglio.
Di seguito sono analizzate brevemente le caratteristiche di
farmacocinetica e attività biologica di questi preparati.
Noretisterone (NET). L’assorbimento è rapido, anche se
molto variabile (in un’ora si raggiungono i massimi livelli
plasmatici); non subisce influenze né dal cibo né dal momento di assunzione nell’arco della giornata; più del 36%
dello steroide circolante si lega alla SHBG; una quota minore è veicolata dall’albumina. L’eliminazione avviene per
via fecale o urinaria; i metaboliti, presenti in circolo in concentrazioni abbastanza rilevanti, potrebbero esplicare qualche attività biologica, mentre il NET può essere convertito
in etinilestradiolo. Il noretisterone ha una buona attività
antigonadotropa e progestinica (intesa come capacità di
indurre una trasformazione secretiva endometriale e di legame ai recettori del progesterone); ha una modesta attività androgenica e minimi effetti estrogenici e antiestrogenici. Non sono state dimostrate interazioni con i recettori
dei glicocorticoidi e dei mineralcorticoidi.
Levonorgestrel (LNG). Ha un assorbimento rapido, con
una biodisponibilità, quando assunto per os, del 100%, che
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esclude quindi il metabolismo epatico. Il LNG è per quasi il
95% legato alle proteine plasmatiche, soprattutto alla SHBG:
il suo metabolismo avviene per molteplici vie (glicurono o
solfo-coniugazione, ossidazione in posizione 2- e 16-, riduzione dell’anello A). Possiede un’elevata potenza progestinica e antigonadotropa oltre a spiccati effetti antiestrogenici e androgenici; come il NET non presenta interazioni con
i recettori dei glicocorticoidi e dei mineralcorticoidi.
Desogestrel (DSG). È in realtà un profarmaco, rapidamente e quasi completamente metabolizzato a livello epatico in 3-chetodesogestrel, il suo composto attivo. L’assorbimento è rapido: in poco più di un’ora si raggiunge la
massima concentrazione plasmatica; la biodisponibilità del
3-chetoDSG è intorno al 76%. Sia il desogestrel sia il
3-chetodesogestrel sono veicolati per più del 65% all’albumina, per la restante quota sono legati alla SHBG; il metabolismo avviene per riduzione dell’anello A e idrossilazione in posizione 3; l’eliminazione si verifica essenzialmente
per via urinaria. Possiede un’elevata efficacia progestinica e
antigonadotropa e una minima o assente attività antiestrogenica, glico- o mineralcorticoide.
Gestodene (GSD). Ha un’elevata cinetica di assorbimento (1-4 ore) e una capacità di mantenere elevate concentrazioni plasmatiche con una minima dose; la biodisponibilità è del 99%, escludendo il metabolismo epatico;
l’affinità per le proteine plsmatiche è molto elevata, infatti
più del 50% è veicolato dalla SHBG; il metabolismo avviene essenzialmente per riduzione dell’anello A e successiva idrossilazione. L’eliminazione prevalente è per via urinaria. Possiede un’elevata azione progestinica e antigonadotropa, modesti effetti antiestrogenici, mineralcorticoidi e
glucocorticoidi.
6
Ciproterone acetato (CPA). È un derivato del 17-idrossiprogesterone caratterizzato da una buona efficacia
progestinica e da una netta attività antiandrogenica, che
deriva dalla capacità di interagire in maniera competitiva
con il recettore che lega il testosterone e il 5--diidrotestosterone; indirettamente esercita un’inibizione della 5--riduttasi riducendo i livelli di androgeni circolanti a partenza
ovarica e surrenalica e aumentando, a livello epatico, la
clearance metabolica degli androgeni stessi. Non presenta
attività estrogenica e ha una minima affinità per i recettori
glicocorticoidi. La caratteristica farmacocinetica più importante è la tendenza a immagazzinarsi nel tessuto adiposo,
da cui viene dimesso molto lentamente; la sua eliminazione avviene sia come composto immodificato, sia come derivato 15--idrossilato, per circa il 70% per via fecale, per la
rimanente quota per via renale. Viene utilizzato a dosaggi
di 2 mg in associazione a 35 mcg di etinilestradiolo in casi
di lieve iperandrogenismo (acne, seborrea, irsutismo) o da
solo a dosaggi più elevati negli iperandrogenismi severi.
MECCANISMO D’AZIONE DEI CONTRACCETTIVI ORMONALI
Le associazioni estroprogestiniche interagiscono a vari livelli sulla funzione riproduttiva femminile:
Norgestimato (NGM). È un progestinico attivo la cui
caratteristica è che anche i suoi metaboliti (deacetilnorgestimato, 3-chetonorgestimato, levonorgestrel) sono dotati
di attività progestinica; è dotato di un rapido assorbimento. Mentre il norgestimato ha scarsa affinità per i recettori
androgenici ed estrogenici e deboli effetti antiestrogenici, i
suoi metaboliti hanno un’azione leggermente diversa: ne
consegue una potente azione progestinica e antiestrogenica e scarsa attività androgenica.
1) blocco dell’ovulazione, mediante un blocco sinergico –
estrogenico e progestinico – della secrezione gonadotropa ipotalamica e ipofisaria, con un’inibizione del
picco dell’LH e una riduzione della dismissione tonica
di FSH e LH; tale effetto è dose-dipendente e necessita di un mantenimento di livelli farmacologici ormonali costanti;
2) modificazione della motilità e delle secrezioni tubariche;
3) alterazioni del muco cervicale, per effetto del progestinico, che lo rende scarso, viscoso e ipercellulare; il contenuto di proteine, enzimi ed elettroliti ne viene altresì
modificato, con una conseguente inibizione della penetrazione spermatica e una protezione batterica;
4) impregnazione endometriale non fisiologica, dipendente dal tipo di preparato, che si manifesta essenzialmente con una riduzione della normale proliferazione endometriale ed una precoce ed accelerata attività secretoria,
seguita da modificazioni simil-deciduali dello stroma
con aspetti regressivi ghiandolari (endometrio “secretivo irregolare”).
Drospirenone. È un progestinico di sintesi, derivato dallo spironolattone, recentemente introdotto nelle formulazioni contraccettive, in grado di controbilanciare la stimolazione indotta dagli estrogeni sul sistema renina-angiotensina-aldosterone; possiede effetti antiandrogenici, riducendo, a dosi particolarmente ridotte, acne e irsutismo
lieve.
EFFETTI METABOLICI E SICUREZZA
Ancora oggi si dibatte molto sulle indicazioni, ma soprattutto sulle controindicazioni all’uso della terapia contraccettiva. Oltre ai noti vantaggi in termini di controllo delle
nascite con il ripristino totale della fertilità alla sospensione
dell’assunzione, la contraccezione ormonale presenta numerosi effetti positivi di tipo non contraccettivo, tra cui un
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miglioramento del ciclo mestruale, con riduzione della dismenorrea e del sanguinamento mestruale; un miglioramento dell’acne; una ridotta frequenza del rischio di gravidanza ectopica; una riduzione del 50% del rischio di carcinoma ovarico e del 67% del carcinoma endometriale dopo
8 anni di utilizzo, oltre a una diminuzione del rischio del
carcinoma del colon-retto.
EFFETTI POSITIVI DELLA TERAPIA ESTROPROGESTINICA
Numerosi studi epidemiologici hanno documentato effetti
positivi derivanti dalla terapia estroprogestinica: alcuni secondari al blocco dell’ovulazione e dell’attività ciclica ovarica, altri legati all’una o all’altra molecola.
1) Terapia delle cisti ovariche funzionanti e dell’iperpolimenorrea, per effetto dell’inibizione dell’ovulazione, con
conseguente riduzione del 78% del rischio di sviluppare
cisti luteiniche nelle pazienti che ne fanno uso;
2) terapia della dismenorrea primaria, conseguente sia a
una ridotta sintesi di prostaglandine endometriali (specie delle PGF2-), sia a un’inibizione diretta della contrattilità uterina;
3) trattamento dell’anemia sideropenica sia per una riduzione della quantità e della durata del flusso mestruale,
sia per un’azione stimolante diretta degli estrogeni sulla
sintesi epatica della transferrina;
4) trattamento dell’iperandrogenismo specie con i preparati contenenti ciproterone acetato;
5) prevenzione della malattia infiammatoria pelvica (PID)
del 50% in donne che ne fanno uso: sia per ispessimento del muco cervicale, correlato alla presenza del progestinico che funziona da barriera contro i microrganismi
ascendenti (specie contro il gonococco, più che contro la
Chlamydia); sia per la mancata dilatazione del canale
cervicale quale si osserva nel periodo periovulatorio; sia
per il ridotto flusso mestruale che è un mezzo favorente
lo sviluppo di germi patogeni; sia per la soppressione
dell’endometrio, con conseguente protezione dalla colonizzazione infettiva;
6) prevenzione dell’osteoporosi giovanile (in donne oligo/amenorroiche);
7) prevenzione della gravidanza ectopica in donne che
hanno utilizzato la pillola per l’effetto protettivo rispetto
alle infezioni ascendenti.
ESTROPROGESTINICI E RISCHIO CARDIOVASCOLARE
I primi studi epidemiologici avevano dimostrato, con i
preparati a elevato dosaggio estrogenico, un aumento del
rischio di malattie cardiovascolari (malattia tromboembolica, infarto miocardico, accidenti cerebrali vascolari di natura emorragica o trombotica). Dati del 2004 dimostrano
che le donne non fumatrici, senza altri fattori di rischio
(ipertensione, iperomocisteina e diabete) non presentano
130
un aumento di incidenza di infarto miocardico o stroke.
Per comprendere meglio l’entità del rischio cardiovascolare è necessario conoscere l’impatto degli estroprogestinici
sull’equilibrio emostatico, sul metabolismo lipidico e glucidico e sulla pressione arteriosa.
Sistema emocoagulativo. Nel sangue i sistemi di coagulazione sono in equilibrio dinamico tra i fattori procoagulanti e anticoagulanti. L’uso dei contraccettivi ormonali
determina cambiamenti sia in senso procoagulante, che
profibrinolitico, a loro volta dipendenti da fattori individuali costituzionali (familiari, ereditari, etnici; legati al peso corporeo, all’età), oltre che attitudinali (attività fisica, fumo, alcol). Gli estroprogestinici a basso dosaggio non modificano
la conta piastrinica, né sembrano facilitare l’aggregazione
piastrinica, prima tappa per lo sviluppo di una trombosi arteriosa in soggetti sani; nella maggior parte delle donne si
assiste a un incremento della fibrinolisi, che è quasi sovrapponibile all’aumento dei fattori procoagulativi.
I test più comuni di studio (il tempo di protrombina, PT, e
il tempo di tromboplastina parziale, PTT e antitrombina III)
sono di scarsa utilità nella valutazione di una tendenza
tromboembolica e sono influenzati da molteplici variabili
individuali. Le donne con familiarità per trombosi venosa
presentano talvolta livelli di antitrombina III ridotti, mentre
i livelli di fibrinogeno e fibronectina (indice del danno endoteliale) sono significativamente aumentati in donne obese o ipertese. Maggiormente a rischio di accidenti tromboembolici, in corso di assunzione di estroprogestinici, sono le donne con deficit di antitrombina III, proteina C o
proteina S: la “resistenza alla proteina C attivata”, infatti, è un
test utilizzato per riconoscere le donne affette da una mutazione del gene che codifica per il fattore V (di Leiden) che
costituiscono il 3-5% della popolazione e in cui il rischio di
patologia tromboembolica in corso di trattamento con
estroprogestinici aumenta fino a 27,7 per 10.000 donne/anno, contro il 2,2 per 10.000 donne/anno nelle donne sane.
Concludendo: il rischio di tromboembolismo venoso è
molto basso in donne senza fattori predisponenti genetici o
acquisiti (patologia trombotica in gravidanza, varici, fumo,
obesità, ipertensione, ecc.)
Assetto lipoproteico. Gli estrogeni endogeni svolgono,
in genere, un effetto positivo sull’assetto lipidico, determinando un incremento delle HDL (high density lipoproteins,
in grado di rimuovere il colesterolo dai tessuti periferici, incluse le pareti delle arterie, e di riportarlo al fegato) e una
riduzione delle LDL (low density lipoproteins che mediano
la distribuzione del colesterolo nei vari distretti), senza peraltro modificare i livelli di colesterolo totale e dei trigliceridi. Anche gli estrogeni sintetici determinano un rialzo delle HDL, sia attraverso un’aumentata sintesi delle apopro-
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teine A e C, sia stimolando la sintesi epatica delle HDL e
riducendone la degradazione; al contrario, esercitano un’azione ipertrigliceridemizzante, perché stimolano la sintesi
epatica di trigliceridi e di apoproteina B. Gli androgeni e i
progestinici, invece, aumentano il catabolismo delle HDL e
la conversione delle VLDL (very low density lipoproteins) in
LDL: il risultato ultimo è, quindi, una diminuzione delle
HDL e un aumento delle LDL.
Le associazioni estroprogestiniche attuali permettono un
buon equilibrio della bilancia lipoproteica, determinando
un incremento del rapporto HDL/LDL, seppur con un lieve aumento del tasso di trigliceridi, in ogni caso indeterminante ai fini ateromasici, a meno che non sussista una situazione di ipertrigliceridemia persistente in una donna
obesa e in età avanzata: le donne i cui valori dei lipidi ematici sono più elevati della media, possono, in corso di trattamento, presentare un metabolismo lipidico francamente
patologico indipendentemente dal tipo di progestinico utilizzato.
Metabolismo glucidico. La componente estrogenica, a
dosaggi inferiori a 50 mcg, non altera la tolleranza al glucosio, mentre i progestinici hanno un’azione insulino-antagonista.
Pressione arteriosa. Lo sviluppo di ipertensione è collegato principalmente ai preparati con 50 mcg di estrogeni e con i progestinici di vecchia generazione; l’effetto
ipertensivante è dimostrato per il levonorgestrel e in minor misura con il noretisterone acetato, ma solo in associazione agli estrogeni, per un’azione mineralcorticoide. Il
meccanismo attraverso cui si realizza l’effetto degli estroprogestinici sulla pressione arteriosa è legato a un’aumentata produzione sia di angiotensinogeno, con conseguente produzione di angiotensina II a effetto vasocostrittore, sia di aldosterone, che aumenta il volume plasmatico. A ciò vanno aggiunti l’incremento della produzione di insulina e l’insulino-resistenza responsabili, a loro volta, di un’iper-reattività del sistema simpatico e di
un’ulteriore ritenzione di sodio. Quindi, lo sviluppo di
ipertensione legato all’assunzione della pillola è più frequente in donne di età avanzata, sovrappeso e con familiarità ipertensiva.
Riassumendo, è possibile affermare che le patologie cardio-vascolari e l’ictus rappresentano le due principali cause di morte attribuite all’uso dei contraccettivi orali. I principali fattori di rischio per l’infarto del miocardio sono il fumo di sigaretta e l’età avanzata. Uno studio angiografico
condotto su donne che riferivano attacchi cerebrovascolari
durante l’assunzione di estroprogestinici ha dimostrato che
si tratta di attacchi ischemici arteriosi, molto spesso secon-
6
dari a malformazioni artero-venose, più che di emorragie
cerebrali o trombosi venosa. Il rischio di ictus in donne che
assumono contraccettivi orali a basso dosaggio è raro, ma
presente, specie nelle donne fumatrici: il fumo, infatti, aumenta tale rischio del 50%.
ESTROPROGESTINICI E RISCHIO NEOPLASTICO
Cancro dell’endometrio e dell’ovaio. I contraccettivi
orali riducono il cancro dell’endometrio e dell’ovaio e precisamente, per quanto riguarda il cancro dell’endometrio il
rischio appare ridotto del 40% dopo 2 anni di assunzione e
del 60% dopo 4 o più anni; il rischio di sviluppare un cancro dell’ovaio si riduce del 50% in donne che assumono terapia estroprogestinica per 3-4 anni e dell’80% dopo più di
10 anni d’uso e persiste fino a 15 anni dalla sospensione.
Benefici minori si osservano con un periodo più breve di
assunzione (3-11 mesi).
Cancro della cervice. È stata dimostrata un’associazione tra il carcinoma squamoso della portio e l’adenocarcinoma della cervice e l’impiego di contraccettivi estroprogestinici: il rischio è circa il doppio ma solo nelle donne che
ne fanno uso da lungo tempo (> 5 anni) e che presentano
infezione persistente da HPV.
Cancro della mammella. I risultati degli studi a questo
proposito sono contrastanti. I contraccettivi orali contenenti solo progestinici sembrano avere effetti protettivi; le associazioni estroprogestiniche in donne giovani e nullipare
sembrano aumentare leggermente il rischio di tumore
mammario (che viene però diagnosticato ad uno stadio più
iniziale e generalmente non presenta linfonodi positivi),
probabilmente perché agiscono come promotori di un preesistente tumore della mammella. L’uso di contraccettivi
orali in donne che presentino familiarità per cancro mammario non determina un incremento del rischio, indipendentemente dalla durata di assunzione prima della prima
gravidanza a termine.
Tumori epatici. I contraccettivi orali sono ritenuti responsabili di adenomi benigni del fegato, che possono causare emorragie talvolta fatali. Il rischio è correlato all’uso
prolungato e generalmente scompare alla sospensione
della terapia. Esiste una forte associazione tra gli adenomi
epatocellulari e l’impiego di estroprogestinici, ma fortunatamente questi tumori sono estremamente rari, mentre
non è dimostrata un’associazione con l’epatocarcinoma.
INTERAZIONI FARMACOLOGICHE
Alcuni farmaci, come la rifampicina, l’ampicillina, le tetracicline, riducono l’efficacia dei contraccettivi orali, probabilmente per la distruzione dei batteri del tratto gastrointesti-
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nale, che permettono il riassorbimento degli steroidi attraverso il circolo entero-epatico; altri farmaci, come la fenitoina, il fenobarbital ecc., inducono la sintesi epatica del citocromo P-450 nel fegato, riducendo i livelli plasmatici di
etinilestradiolo. Spotting e sanguinamenti atipici sono segnali di interferenza farmacologica e suggeriscono la necessità di una contraccezione aggiuntiva.
Dal canto loro i contraccettivi orali interferiscono con altri
farmaci, potenziandone l’attività (diazepam e altri preparati
ad esso correlati; ciclosporina ecc.), o riducendone il livello
plasmatico (acido acetilsalicilico e morfina, ad esempio).
SCELTA DEL CONTRACCETTIVO ORALE
Per la maggior parte delle donne il contraccettivo di prima
scelta è quello contenente 30 o 20 g di etinilestradiolo. Gli
effetti collaterali più comuni (nausea, mastodinia, modificazioni del tono dell’umore, aumento di peso, calo della libido, cefalea e spotting) sono generalmente poco frequenti e sempre transitori. La mastodinia può essere risolta con
preparati a elevato potere progestinico; la nausea con preparati a basso contenuto di estrogeni; lo spotting o i sanguinamenti atipici, aumentando il contenuto di etinilestradiolo.
Nella Tabella 6.1 sono riassunti i preparati contraccettivi
orali disponibili: le controindicazioni all’uso degli estroprogestinici sono riassunte nel Box 1).
PREPARATI CONTRACCETTIVI DISPONIBILI
Oltre ai preparati estroprogestinici orali, esistono anche
formulazioni orali di desogestrel (28 confetti), assunti in
modo continuativo (minipillola) che possono essere prescritti anche durante l’allattamento, a partire dalla sesta
settimana dal parto.
Altri preparati contraccettivi, rappresentati da impianti
subdermici, anelli vaginali, contraccettivi ormonali iniettabili, IUD medicati, sistemi transdermici ecc., sono di seguito elencati.
Anelli vaginali. Sono anelli di diametro di circa 5 cm in
silastic (polimero che non provoca alcuna reazione da corpo estraneo pur rimanendo a contatto con il tessuto corporeo anche per lunghi periodi), che, dismettendo giornalmente 15 g di EE e 120 g di etonogestrel, garantiscono
dosaggi e livelli sierici ormonali inferiori a quelli che si osservano con i tradizionali contraccettivi orali. La somministrazione vaginale dell’etinilstradiolo presenta un sostanziale vantaggio su quella orale, in quanto, saltando il sistema portale, una minor quantità di estrogeni raggiunge il
fegato, con un conseguente minor impegno metabolico
dello stesso. Gli anelli vaginali vengono agevolmente inseriti dalle pazienti entro il 5° giorno dall’inizio del flusso mestruale, restano in sede per 21 giorni e quindi rimossi e non
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Box 1
Controindicazioni all’uso
degli estroprogestinici
Assolute
• Malattie cardio-vascolari (ipertensione, storie di ictus)
• Trombosi venosa profonda
• Trombofilia (anche nell’anamnesi familiare)
• Presenza di anticorpi antifosfolipidi
• Epatite in fase attiva o cirrosi
• Tumori benigni e maligni del fegato
• Cefalea
• Malattie autoimmuni (LES con anticorpi antifosfolipidi
ed eritema nodoso)
• Tumore mammario
• Neoplasia intracervicale?
• Fumo (oltre le 15 sigarette al giorno)
• Gravidanza
• Allattamento (consentito eventualmente l’uso di preparati progestinici)
Relative
• Iperlipidemia
• Diabete
• Patologia benigna della mammella
• Fibromi uterini
• Età superiore a 40 anni
• Obesità
• Ipertiroidismo
• Neoplasia intracervicale?
Box 2
Possibili effetti collaterali
degli estroprogestinici
Legati al farmaco e non alla via di somministrazione
• Cefalea; aumento delle crisi di emicrania;
• Disturbi dell’umore (depressione, irritabilità, nervosismo);
psicosi (in donne con anamnesi positiva per patologie psichiatriche)
• Calo della libido e dispareunia
• Ritenzione idrica, lieve aumento di peso
• Mastodinia
Legati alla somministrazione orale
• Nausea, dispepsia
• Aumento di bilirubina e transaminasi; colelitiasi
Legati alla somministrazione transdermica
• Fenomeni irritativi-allergici nel sito di applicazione
Legati alla via transvaginale
• Dispareunia
• Senso di corpo estraneo (da parte del partner)
• Lesioni o ulcerazioni vaginali
• Cistiti o vaginiti ricorrenti
inseriti per una settimana, nel corso della quale si avrà l’emorragia da privazione. Non essendo mezzi di barriera, il
posizionamento non risulta critico per l’efficacia contrac-
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cettiva. Nell’eventualità in cui l’anello dovesse essere accidentalmente espulso o rimosso (ad es. in occasione dei
rapporti sessuali, nel caso in cui dovesse essere avvertito in
modo fastidioso dal partner), l’intervallo di sospensione
non dovrebbe superare le 3 ore per non inficiare la sicurezza contraccettiva. Gli effetti collaterali sono rari, reversibili
e simili a quelli riscontrati con i contraccettivi orali; più specifici possono essere i sintomi vaginali (erosioni, infezioni,
sensazione di corpo estraneo), che possono richiedere la
sospensione del metodo. Le controindicazioni sono le stesse della pillola; l’anello è adatto e indicato a tutte le donne,
a meno che non sussistano alterazioni anatomiche vaginali o pelviche.
Sistemi transdermici. Si tratta di cerotti contenenti 600
mg di norelgestromin e 0,75 mg di EE, che vengono applicati settimanalmente, per 3 settimane consecutive (uno a
settimana) a partire dal primo giorno del flusso mestruale,
nella parte bassa dell’addome, sui glutei o nella parte superiore del corpo, escluso il seno, e osservando successivamente una settimana di intervallo. Il rilascio giornaliero è di
circa 20 g di EE e 150 g di progestinico. Gli effetti collaterali ormono-dipendenti, sono analoghi a quelli della pillola e sono comunque reversibili alla sospensione.
IUD medicati. Si tratta di dispositivi intrauterini contenenti levonorgestrel nel loro ramo verticale; associano ad
un’elevata efficacia contraccettiva un buon controllo del ciclo, tanto da farli preferire ad altre scelte contraccettive in
quelle donne che presentino cicli metrorragici o iperplasia
tipica dell’endometrio.
Contraccettivi ormonali iniettabili. Viene utilizzato
a scopo contraccettivo il solo depomedrossiprogesterone
acetato (DMPA), sotto forma di iniezione intramuscolare
trimestrale di 150 mg in grado di bloccare l’ovulazione per
almeno 14 settimane. Il farmaco non è teratogeno e può
essere usato durante l’allattamento. L’endometrio diviene
atrofico e generalmente si assiste a una rapida scomparsa
del ciclo mestruale; possono manifestarsi sanguinamenti
anomali o spotting. Le donne che ne fanno uso per un periodo prolungato, presentano un ritardato ritorno alla fertilità; hanno una densità ossea diminuita; un leggero aumento della glicemia, ma livelli inferiori di colesterolo e trigliceridi.
Impianti di levonorgestrel. Sono costituiti da sei bacchette di 34 mm di lunghezza e 2,4 mm di diametro, contenenti ognuna 36 mg di progestinico (sono in via di sperimentazione altri tipi di impianto costituiti da due bacchette o da una contenente il 3-chetodesogestrel). Vengono inseriti sotto la cute della faccia interna dell’arto supe-
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riore, usando un trocar come inseritore, in anestesia locale.
Approssimativamente il rilascio ormonale è maggiore nel
primo anno dall’inserzione (ca. 80 g/die), per stabilizzarsi intorno ai 30-35 g/die nei successivi 4 anni. La contraccezione, con questi dispositivi, è efficace; i progestinici
bloccano il picco di LH necessario all’ovulazione, cosicché
il muco cervicale diviene più denso, scarso e impenetrabile
agli spermatozoi; l’endometrio diviene atrofico, con scomparsa graduale del ciclo mestruale, sostituito da sanguinamenti irregolari o spotting. Non hanno effetti negativi sull’allattamento e possono, pertanto, essere utilizzati nel
puerperio. Alla rimozione degli impianti, l’ovulazione riprende regolarmente, così come la rigenerazione endometriale, e il ritorno alla fertilità è immediato.
Gli impianti non alterano il metabolismo glucidico e causano minime modificazioni dell’assetto lipidico, quindi non
determinano l’insorgenza di aterosclerosi. I più comuni effetti collaterali sono dati da cefalea, sanguinamenti irregolari, acne, alterazioni del peso corporeo, mastodinia, irsutismo, galattorrea, instabilità emotiva. Nel caso si instauri
una gravidanza, le probabilità che essa sia ectopica sono
nettamente superiori alla media.
CONTRACCEZIONE POSTCOITALE (ESTROPROGESTINICA,
PROGESTINICA, CON IUD, DANAZOLO)
La contraccezione postcoitale può essere definita come l’utilizzo, dopo un rapporto non protetto, di sostanze o dispositivi in grado di prevenire l’instaurarsi di una gravidanza. La necessità di ricorrere a questo tipo di contraccezione
può essere dovuta al mancato uso di sistemi contraccettivi,
al fallimento degli stessi (rottura del preservativo) o in caso
di violenza sessuale. Si deve fare una distinzione preliminare tra contraccezione e intercezione postcoitale: la prima
interferisce con l’ovulazione, bloccandola; la seconda, invece, cerca di bloccare l’annidamento dell’embrione, qualora
il rapporto sessuale sia avvenuto durante il periodo ovulatorio. A questo scopo vengono utilizzati diversi sistemi.
Estrogeni coniugati o sintetici a dosi elevate. Consta nella somministrazione di 5 mg/die di dietilstilbestrolo
o estrogeni coniugati entro 72 ore dal rapporto a rischio per
5 giorni. La loro azione si svolgerebbe a livello endometriale, creando uno sviluppo asincrono della componente
ghiandolo-stromale dell’endometrio, sfavorevole all’impianto della blastocisti. Questo sistema intercettivo è attualmente poco usato per gli importanti effetti collaterali
(nausea, vomito, cefalea, mastodinia).
Associazioni di estroprogestinici a dosi elevate
(Yuzpe regimen). Secondo questo protocollo vengono
somministrati, a 12 ore di distanza l’una dall’altra, 100 g di
EE e 1 mg di norgestrel o 0,5 mg di levonorgestrel, entro 72
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ore dal rapporto a rischio.Tale metodo è efficace se utilizzato
in fase preovulatoria, in quanto capace di modificare il picco
di LH (inibendolo o ritardandolo), ma non di inibire l’impianto della blastocisti.Effetti collaterali sono presenti anche
con questo sistema e sono simili a tutti quelli secondari all’uso di estroprogestinici (nausea,vomito,mastodinia).
Levonorgestrel.Viene utilizzato al dosaggio di 0,75 mg in
2 somministrazioni a distanza di 12 ore l’una dall’altra; il
meccanismo d’azione non è del tutto chiaro, anche se
sembra certa una sua azione nell’inibire o ritardare il picco
di LH, se assunto in fase follicolare. L’efficacia è massima se
l’intervallo di tempo dal rapporto non supera le 24 ore e si
riduce del 50% per ogni intervallo di 12 ore. Gli effetti collaterali sono minimi o assenti; non è teratogeno.
Danazolo. È uno steroide semisintetico, derivato dal
17--etiniltestosterone, dotato di molteplici azioni (inibizione della crescita endometriale, blocco dell’ovulazione,
riduzione dei livelli circolanti degli steroidi sessuali). Somministrato alla dose di 1200 mg suddivisi in 3 somministrazioni distanziate da 12 ore, entro 72 ore dal rapporto,
esplica un’azione intercettiva modesta, ed è peraltro gravato da una forte teratogenicità.
Mifepristone (RU 486). È un 19-norsteroide sintetico
attivo per via orale, potente antagonista recettoriale del
progesterone, dotato di attività antiglucocorticoide. A dosaggi elevati (600 mg) viene usato come farmaco abortivo;
a dosaggi giornalieri di 2-5 mg è in grado di abolire completamente l’ovulazione e svolge un’azione antiestrogenica sull’endometrio. Nella contraccezione d’emergenza viene utilizzato in dosaggi di 200 mg in un’unica somministrazione entro le 48 ore dal rapporto.
Inserimento di IUD entro 5 giorni dal rapporto. È
uno dei metodi di contraccezione d’emergenza più efficaci,
ma il suo inserimento è gravato da una serie di effetti collaterali importanti (dolore addominale cronico, infiammazioni
pelviche ecc.) che lo rendono poco applicabile. La sua modalità d’azione è eminentemente intercettiva e può essere
lasciato in situ come successivo metodo di contraccezione.
STERILIZZAZIONE
Consiste in interventi chirurgici praticati per impedire la
fecondazione: ginecologici (legatura o occlusione meccanica delle tube) o urologici (vasectomia o escissione di
parte dei vasi deferenti).
Sterilizzazione femminile o tubarica.Viene praticata
generalmente per via laparoscopica secondo varie tecniche
chirurgiche (vedi Capitolo 35), che prevedono l’utilizzo di
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clips di plastica o di metallo, di anelli di silastic o la coagulazione elettrica con bisturi bipolare. Rappresenta una metodica sufficientemente sicura ed è associata a una notevole riduzione del rischio di cancro ovarico che persiste fino a
20 anni dall’intervento. La reversibilità della sterilizzazione
tubarica è più facile dopo occlusione meccanica che dopo
elettrocoagulazione, perché questa metodica è senz’altro
più distruttiva. Il rischio a distanza è di gravidanza ectopica.Vari tipi di sterilizzazione tubarica per via isteroscopica,
con incannulazione delle tube ed elettrofolgorazione o
iniezione di silastic che forma un tappo all’interno delle tube, sono poco praticate.
Sterilizzazione maschile o vasectomia. Consiste nell’escissione di parte dei vasi deferenti. Viene eseguita senza
difficoltà in regime ambulatoriale, previa anestesia locale, e
non comporta alcuna modificazione delle prestazioni sessuali.Non deve essere considerata come un metodo irreversibile di sterilizzazione, perché le tecniche di microchirurgia
possono permettere il ripristino della fertilità: maggiore è il
tempo intercorso dalla vasectomia, minori sono le possibilità di reversibilità. Le complicazioni dell’intervento (edema
scrotale,infezioni,epididimite) sono piuttosto rare.
Futuro
Lo sviluppo delle metodiche contraccettive è molto lento, a
causa del costo elevato e dello scarso interesse della comunità scientifica a quest’area di programma. Attualmente alcune ricerche sono impegnate nello studio del posizionamento all’interno dell’utero di dispositivi biologici o farmaci (ad es., tavolette di quinacrina) allo scopo di produrre
sclerosi tubariche.
È in corso un tentativo di contraccezione/sterilizzazione
immunologica associando la catena della hCG alla tossina del tetano o alla tossina difterica come adiuvante nel
produrre anticorpi anti-hCG nelle scimmie e nell’uomo:
sembra essere una metodica reversibile, efficace e priva di
effetti collaterali; è tuttavia necessario ripetere più volte la
somministrazione per ottenere livelli anticorpali sufficienti
ai fini contraccettivi. Ancora, si stanno sperimentando altri
vaccini a cui sottoporre uomini e donne contro specifici antigeni spermatici e la zona pellucida. Altri studi mirano all’occlusione percutanea con elastomeri di poliuretano dei
vasi deferenti, dove esso si condensa e forma un tappo che
blocca lo sperma. Il tappo può essere rimosso in anestesia
locale e consentire un ritorno alla fertilità.
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