Claude Monet ( Parigi 1840 - Givemy 1926 )

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Claude Monet ( Parigi 1840 - Givemy 1926 )
Claude Monet ( Parigi 1840 - Givemy 1926 )
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Gli effetti della luce sul paesaggio
Il 15 aprile 1874, a Parigi, nei locali del celebre fotografo Nadar, al 35 Boulevard des
Capucines, si inaugura una mostra di pittura, e tra le 165 opere esposte, c'è una
piccola ( 48 x 63 ) tela di Monet intitolata: impressione, sole nascente, che darà il nome
al nuovo rivoluzionario movimento artistico: IMPRESSIONISMO.
Claude Monet, Impressione. Il levar del sole, 1872, Musée Marmottan, Parigi.
Il quadro è quasi sempre pubblicato con il titolo: impressione. Il levar del sole. E' perciò
ritenuto quello esposto nella mostra del '74, che fu oggetto di scandalo. Poiché riguardo a
quest'ultimo Monet parla di alberature in primo piano, che qui invece sono distanti, e poiché
il sole rosso sembra al tramonto piuttosto che all'aurora, si può ragionevolmente supporre
che quello esposto alla mostra del '74 sia un altro, conservato in una collezione privata a
Parigi, e che questo sia il quadro dipinto nello stesso anno , rappresentante il tramonto del
sole, esposto alla mostra impressionista del '79. Ambedue le tele rappresentano il porto di Le
Havre.
Il soggetto dipinto da Monet è ridotto al minimo: una barca in primo piano e un'altra che
emerge a fatica dalla luce diffusa dell'alba. Protagonista è la luce, che si presenta come
colore puro nel sole e che si diffonde come un velo su tutto il quadro, unendo acqua e cielo,
lasciando trapelare a fatica le barche e un indecifrabile paesaggio. Il soggetto non è l'alba
ma, l'impressione dell'alba.
I " due " quadri non sono la descrizione di un luogo riconoscibile, non sono neanche
un'illustrazione.
Essi esprimono il mondo interiore di Monet, la sua reazione emotiva di fronte alle
percezioni che gli provengono dall'interno in un'ora qualsiasi di un giorno qualsiasi.
Claude Monet ( Parigi 1840 - Givemy 1926 )
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Figlio di un droghiere, trascorre la sua infanzia a Le Havre, manifestando una precoce
predisposizione per l'arte; studia quindi disegno - la sua iniziale passione è la caricatura - poi, in
Normandia, sotto la guida del paesaggista Eugène Boudin ( 1858 ), suo primo maestro, compie le
prime esperienze di pittura en plein air; ma deve la "definitiva educazione dell'occhio" all'olandese
Jongkind , suo vero maestro e anticipatore delle tematiche e della poetica degli impressionisti.
Nel 1859 si reca a Parigi, dove frequenta per un breve periodo la libera Académie Suisse e
l'ambiente artistico parigino; dopo il servizio militare, che svolge in Algeria, nel 1862 entra
nell'atelier di Gleyre; dove l'artista conoscerà Pissarro, Sisley, e Renoir, con il quale
stringe una dura amicizia e condividerà l'entusiasmo per la "scandalosa" Colazione
sull'erba di Manet, nonostante i suoi modelli di pittura siano Courbet e il naturalismo della
scuola di Barbizon.
La sua pittura iniziale riprende il soggetto di Manet, trattandolo però con una tecnica a
macchia frantumata che rende con più verità ottica la vibrazione della luce. Il motivo
delle figure nel paesaggio, all'aria aperta, è da lui interpretato con una vivacità di tocco e
una brillantezza cromatica fino allora sconosciuti.
Dopo la grande tela, Donne in giardino, 2.55 x 2.05 ,Monet torna a dipingere opere di
dimensioni più modeste, nelle quali la figura umana perde progressivamente di importanza,
a favore di un interesse sempre maggiore per la natura e per i paesaggi urbani,
rinnovandone la descrizione attraverso l'uso della veduta panoramica : ricerche, queste, che
ispireranno tutti gli impressionisti.
Nel 1868 a Bougival, comincia a trattare il tema della barca, dell'acqua e dei suoi
riflessi: questi soggetti sono condotti con tocchi allungati di chiari e scuri alternati,
impostati su contrasti netti, mentre la luce sembra incollarsi ai personaggi. Studia inoltre i
riflessi del sole sulla neve, sfumati di rosa o di giallo, facendo risaltare le ombre, azzurrastre
o malva.
Dopo il 1881 Monet si reca ogni anno sulla costa settentrionale (E'tretat,Fécamp,Le Havre )
dipingemdo più volte gli stessi soggetti, anche uno di seguito all'altro, perché ogni tema
ha infiniti aspetti a seconda dell'ora, delle condizioni climatiche, dello stato d'animo
dell'autore, le cui reazioni interiori sono sempre nuove.
Si spiegano così le serie, cui Monet si dedica, dopo il '90, quando il gruppo impressionista
ormai si è sciolto, portando alle estreme conseguenze i suoi princìpi, in un'elaborazione
personale " facendo vibrare sulla tela una miriade di minuscole pennellate a virgola" che
lo accompagnerà fino alla morte: stabilitosi definitivamente a Giverny, riduce il suo campo
visivo a pochi temi prediletti: pioppi, covoni, Venezia, la cattedrale di Rouen e le Ninfèe.
E conduce un'analisi sottile e minuziosa degli effetti di luce che si fanno di volta in
volta nuovi e diversi.
Alba, mattino, pomeriggio, tramonto, con i loro vari colori-sensazioni, diventano i
protagonisti assoluti della sua ricerca pittorica.
Poi, dal 1906 fino alla morte, i suoi temi si restringono ancora : il suo giardino e le sue
ninfee, dipinte e ridipinte in infinite variazioni a significare la vita stessa della natura e
del suo perenne divenire e modificarsi. In questa decisa riduzione iconografica si coglie
la sua ossessione per la luce e il colore, considerati ormai gli unici veicoli capaci di
esprimere, al di là della loro possibilità rappresentative, le sensazioni che il pittore prova di
fronte alla natura.
Claude Monet, Donne in giardino,
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Claude Monet, Donne in giardino, 1866, - 2.55 x 2.05, Louvre, Parigi.
Nel 1866 Monet si cimentò con la pittura all'aria aperta di un quadro di grandi
dimensioni con figure, Donne In Giardino.
Per dipingerlo aveva scavato una buca nel terreno dove calava la tela quando
doveva intervenire nella parte superiore: ciò perché riteneva che l'unità
dell'immagine dipinta potesse essere raggiunta soltanto a patto che si lavorasse
tutte le sue parti in condizioni di luce sempre uguali.
Claude Monet, la Cattedrale di Rouen
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Claude Monet, Cattedrale di Rouen, armonia bianca, effetto di
mattina, 1894, Musée d'Orsay, Parigi.
Un attimo di percezione della realtà: l'istantaneità della pittura in serie
Approfittando d un soggiorno forzato a Rouen nel 1892, Monet inezia
la serie ( trenta dipinti ) ispirata alla cattedrale, cui lavorerà per più di
due anni. La serie delle cattedrali segue quelle ( quindici ) dedicate ai
Covoni e Pioppi: la ripetizione del medesimo soggetto consente al
maturo artista, da sempre restio a considerare definitivamente
conclusa un'opera, una rielaborazione continua. E' lo stesso Monet a
raccontare le ragioni della pittura "in serie". Sembra che all'inizio
avesse immaginato due tele, una per il cielo grigio e l'altra per una
giornata di sole. Dipingendo i Covoni, però, scoprì che gli effetti
della luce cambiavano continuamente, e decise di registrare la
successione di mutamenti in una serie di tele, una per ogni specifico
effetto. In questo modo riuscì a ottenere quella che chiama
"istantaneità", e insistette sempre sull'importanza di smettere di
lavorare su una tela quando l'effetto di luce cambiava, per continuare
su un'altra " in modo da ottenere l'impressione vera di un aspetto
della natura e non un dipinto composito".
La Cattedrale di Rouen è riprodotta nelle più diverse situazioni di luce, determinate dalle condizioni
atmosferiche e dall'ora del giorno, con il ricorso a una gamma cromatica molto ampia. Alla variabile
atmosfera si somma quella delle diverse angolazioni da cui è vista la facciata. Armonia bianca nasce
dall'impatto tra la luce accecante del primo sole e la tonalità sorda della pietra della cattedrale, che smorza
il bagliore dell'alba e lo riflette nell'aria resa. Il bianco, il non - colore della luce, si ottiene sommando i
sette colori dell'iride.
Un "tessuto" di luci e colori
Il monumento gotico, disperso in uno spazio le cui uniche coordinate sono le piccole abitazioni e il volo di
rondini che suggerisce l'altezza vertiginosa della torre, non ha più volume, ma è ridotto a uno schermo
obliquo, un " tessuto" di colori creato dalla luce radente del mattino. L'inquadratura ravvicinata
accentua quell'effetto, ingrandendo l'immagine fino a farle occupare l'intera superficie del dipinto e
riducendola a una visione parziale. Il pittore adotta una tecnica rapida, fatta di pennellate rapprese, di
tocchi, di virgole; evita di sfumare i colori e di mescolavi il bianco o il nero per schiarirli o scurirli. Le
ombre non sono rese tramite toni neutri, quelli che si ottengono dalla mescolanza, ma sovrapponendo
spessi tocchi di colore puro, che si influenzano reciprocamente a un diverso grado di luminosità rispetto
alle parti piene di sole. La forma liberata dal più piccolo residuo di linea di contorno, è definita
dall'incidenza della luce.

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