Lenti a Contatto - Contact lenses

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Lenti a Contatto - Contact lenses
Lenti a Contatto - Contact lenses
Dicembre 2010, volume XII, numero 3
Biosuperfici: la lente a contatto vuole somigliare alla cornea
o essere migliore?
Luigi Lupelli
Blebs endoteliali: da ipossia fisiologica e meccanica
Monica Tabacchi
Uso delle lenti a contatto terapeutiche in silicone idrogel
dopo chirurgia rifrattiva
Nicola Pescosolido, Chiara Nardella, Chiara Komaia
Il direct marketing: le potenzialità
Silva Tiranti
Contattologia e qualità della vista
Laura Boccardo
Ciba Vision European Eyelife Summit
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Una naturalezza che si sente e si vede
OSSIGENO
IDRATAZIONE
RESISTENZA
AI DEPOSITI
OSSIGENO: la salute corneale inizia dall’elevata trasmissibilità all’ossigeno.
Le lenti a contatto AIR OPTIX lasciano passare attraverso la lente una
maggiorequantitàdiossigeno rispetto alle lenti tradizionali in idrogel,
per occhi bianchi e dall’aspetto sano.
IDRATAZIONE: le lenti a contatto AIR OPTIX aiutano a mantenere la lente
umettata minimizzando il tasso di disidratazione1 e offrono un’eccellente
bagnabilità2.
RESISTENZA AI DEPOSITI: con una superficieultra-liscia, la gamma
di lenti a contatto AIR OPTIX superalealtrelentiinsiliconeidrogel per
resistenza ai depositi lipidici3, contribuendo ad un uso sano e confortevole delle lenti.
*Lenti a contatto AIR OPTIX® for ASTIGMATISM: Dk/t = 108 @ -3.00D, -1.25D x 180. Lenti a contatto AIR OPTIX® AQUA: dK/T = 138 @ -3.00D. Lenti a contatto AIR OPTIX® NIGHT & DAY®: Dk/t = 175 @ -3.00D. Lenti a contatto AIR OPTIX®
AQUA MULTIFOCAL: Dk/t = 138 @ -3.00D. Altri fattori possono incidere sulla salute oculare.
Informazioni importanti per le lenti a contatto AIR OPTIX® AQUA: per uso diurno o uso prolungato fino a 6 notti per miopia/ipermetropia. Il rischio di seri problemi oculari (ad es. ulcera corneale) è maggiore con l’uso prolungato. In rari casi,
potrebbe portare ad una perdita della visione. Potrebbero insorgere effetti collaterali quali fastidio, leggero bruciore o pizzicore.
Fonti: 1. CIBA VISION data on file, 2008. Sulla base di misurazioni in vitro a confronto con lenti in HEMA ad alto contenuto d’acqua (> 50%). 2. CIBA VISION data on file 2009. Sulla base della misurazione in vitro dell’angolo di bagnabilità di lenti
non indossate. 3. CIBA VISION data on file, 2008. A confronto con tutte le altre lenti in silicone idrogel a sostituzione quindicinale e mensile.
AIR OPTIX, NIGHT & DAY, CIBA VISION e il logo CIBA VISION sono marchi registrati di Novartis.
AG. ACUVUE è un marchio registrato e ADVANCE e OASYS sono marchi depositati di Johnson & Johnson Vision Care, Inc. PureVision è un marchio registrato di Bausch & Lomb,
Inc. Biofinity è un marchio registrato di CooperVision, Inc.
© CIBA VISION AG, 2009-084-11083
CVI_05100884
Lenti a Contatto - Contact lenses
Dicembre 2010, volume XII, numero 3
Sommario
Editoriale
Luigi Lupelli
Biosuperfici: la lente a contatto vuole somigliare alla cornea
o essere migliore?
pag. 67
Articoli
Monica Tabacchi
Blebs endoteliali: da ipossia fisiologica e meccanica pag. 69
Nicola Pescosolido, Chiara Nardella, Chiara Komaia
Uso delle lenti a contatto terapeutiche in silicone idrogel
dopo chirurgia rifrattiva
Silva Tiranti
Il direct marketing: le potenzialità
pag. 76
pag. 80
Cronaca congressi
Laura Boccardo
Contattologia e qualità della vista
Laura Boccardo
Ciba Vision European Eyelife Summit
pag. 82
pag. 86
Rubriche
Fabrizio Zeri
Immagini di lac
pag. 90
Giulia Graviano
Immagini di lac
pag. 91
Luigi Lupelli
Pillole di lac e dintorni
INIEZIONE PERICHERATICA IN LUCE DIFFUSA 16x foto di Fabrizio Zeri
Laura Boccardo
Tips & tricks
Laura Boccardo
pag. 93
pag. 94
In rete
pag. 95
Note per gli autori
pag. 96
dodicesimoanno
con il patrocinio di
Lenti a Contatto - Contact lenses
Dicembre 2010, volume XII, numero 3
Lenti a contatto
Contact lenses
Codirettori scientifici
L. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma)
Comitato scientifico
L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo),
R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze),
P. Gheller (Bologna), M. Lava (Roma), S. Lorè (Roma),
A. Madesani (Forte dei Marmi), S. Maffioletti (Bergamo),
L. Mannucci (Padova), U. Merlin (Rovigo),
M. Pastorelli (Novi Ligure), M. Rolando (Genova),
A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona),
L. Sorbara (Toronto), M. Zuppardo (Roma)
Ringraziamenti
Si ringraziano A.I.LAC e S.Opt.I.
per la collaborazione scientifica
Comitato editoriale
A. Calossi (Certaldo), O. De Bona (Marcon),
M. Lava (Roma), C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma)
Segreteria
O. De Bona
via E. Mattei, 11 - 30020 Marcon (VE)
tel. 041.5939411
e-mail: [email protected]
Nome della rivista
LAC
Direttore responsabile
Marco Perini
Proprietario testata
BieBi Editrice
Editore
BieBi Editrice di Mauro Lampo
Via Losana, 4 - 13900 Biella
Tiratura
Quadrimestrale, 32 pagine
Tipografia
Arti Grafiche Biellesi
Via Biella, 58 - 13878 Candelo (BI)
Registrazione Tribunale
Biella, in data 6/5/99 al n. 487
Sped. gratuita
Numeri arretrati
Presso la segreteria
66
Luigi Lupelli
Università degli Studi Roma Tre
I materiali per la costruzione di lenti a contatto (lac) morbide fanno parte, con o senza silossano, della famiglia
degli idrogel.
Negli idrogel la matrice polimerica si lega con l’acqua,
in percentuale che varia, a seconda del polimero, dal 27
all’85%, se il materiale si trova in ambiente umido. È generalmente assunto che fino a che l’idrogel si trova immerso in una soluzione acquosa il contenuto di acqua
rimane stabile dopo aver raggiunto la saturazione (che
esprime poi la percentuale del contenuto di acqua). In
sostanza ogni polimero raggiunge un suo equilibrio caratteristico nel rapporto tra componente solida e componente liquida.
Se l’idrogel viene rimosso dalla soluzione acquosa e
viene posto in aria, parte dell’acqua viene perduta per
evaporazione.
Quando la lac viene applicata sull’occhio, il film lacrimale, che, con la sua triplice stratificazione, contribuisce
a mantenere idratata sia la superficie corneale che congiuntivale, si ristruttura dividendosi in due parti: una
porzione si dispone sotto la lac e una porzione sopra la
superficie esterna della lac. Ciò farebbe ritenere che la lac
in idrogel si trovi in una condizione ideale per mantenere
l’equilibrio ottimale tra matrice polimerica e acqua. Ma
ciò non accade. La superficie esterna può venire a contatto diretto con l’aria causando fenomeni di disidratazione, tra un ammiccamento e l’altro, in tempi più brevi
in confronto a quello che accade alla superficie corneale.
Tale condizione può essere espressa in termini di cambiamento della bagnabilità della superficie1.
Per quale ragione la bagnabilità di superficie della lac è
così diversa in confronto a quella della cornea? Le ragioni
sono molteplici tra cui lo spessore più sottile del film lacrimale pre-lac in confronto a quello pre-corneale, inoltre
la superficie dell’epitelio corneale è dotata di microvilli,
micropliche e filamenti di glicocalice che favoriscono
l’adesione del muco che rappresenta un ottimo mezzo per
abbassare la tensione superficiale e quindi per favorire la
ridistribuzione e la stabilità della componente acquosa
delle lacrime sulla cornea, dopo ogni ammiccamento.
La coscienza che nella sfida, tra superficie della cornea
e superficie della lente, la prima sembra avere qualche
punto in più ha indotto ricercatori e clinici a trarre ispirazione nell’approccio biomimetico che si pone l’obiettivo
di produrre materiali artificiali che mimano forme ed effetti che sono propri del mondo naturale. E così alcuni
tentativi sono stati proposti per produrre lenti a contatto
morbide con superficie caratterizzata da un’idratazione e
lubrificazione permanente ... come quella della cornea!
Per mimare la superficie corneale sono stati proposti almeno tre approcci diversi:
a) aggiungere umettanti o surfattanti nella soluzione di
conservazione.
Tale metodo è particolarmente adatto per la lac monouso
giornaliera che può essere confezionata nel blister immersa in una soluzione in cui sono state aggiunte sostanze umettanti come l’idrossipropilmetilcellulosa (HPMC)
o il polivinil pirrolidone (PVP), ma anche surfattanti
come poloxamina. Nel momento della rimozione tali sostanze formano un cuscinetto sulle superfici della lac abbassando la tensione superficiale in modo di migliorare
il comfort.
Tale metodo è efficace principalmente nelle prime ore di
uso poiché le sostanze vengono progressivamente diluite
dalle lacrime per effetto degli ammiccamenti.
b) favorire un legame tra matrice polimerica e agenti
umettanti/lubrificanti.
L’agente umettante non è nella soluzione di conservazione ma è inserito nella miscela polimerica. In tal caso
l’induzione di una tensione superficiale più bassa e la
riduzione della frizione tra il margine della palpebra e
la superficie della lac dovrebbe essere mantenuto per
l’intero periodo di uso della lac. Le sostanze utilizzate
per tale scopo sono, oltre al PVP, anche il polietilene glicolico (PEG) e l’acido ialuronico (HA). Questo approccio
e quello precedente possono anche essere usati contemporaneamente.
c) incorporare agenti umettanti o lubrificanti in modo
che vengano rilasciati, nel tempo, sulla superficie della
lac. L’esempio più eclatante di tale sistema è quello in
cui a una lac ottenuta crossilancando alcool polivinilico
(PVA) funzionale viene poi aggiunto PVA non funzionale
che ha la caratteristica di poter essere successivamente
rilasciato, lentamente, nel film lacrimale durante l’uso2-3.
Al fine di ottimizzare ulteriormente il comfort tale lente,
nel tipo monouso giornaliero, è confezionata in un blister
67
E D ITO R IAL E
Biosuperfici:
la lente a contatto vuole somigliare alla cornea o essere migliore?
Biosuperfici: la lente a contatto vuole somigliare alla cornea o essere migliore?
con una soluzione di conservazione con sostanze come
HPMC e PEG. Il primo favorisce il comfort iniziale, il secondo si associa al PVA per essere rilasciato, in teoria, ad
ogni ammiccamento.
Le lac mirano quindi ad andare sempre più d’accordo
con il film lacrimale. È naturale domandarsi ora se sia
passato il tempo in cui le lac erano continuamente in
debito con il film lacrimale, quando contribuivano a destrutturalo e a depredarlo. Non solo! È anche naturale
speculare se in un futuro molto prossimo le lac potranno
avere un ruolo rilevante come intermediario nel formare
un’adeguata dinamica della relazione cornea-film lacrimale. Ora, in presenza di sintomi causati da secchezza
oculare, l’istillazione di sostituti lacrimali rappresenta il
trattamento più frequentemente posto in atto. Molte volte le istillazioni debbono essere frequenti per attenuare
i sintomi. Allora non si fa fatica a prevedere che una lac
che ceda la stessa sostanza che rappresenta il principio
attivo di molti sostituti lacrimali potrebbe risolvere, in
maniera più semplice ed efficace, la sintomatologia causata da un film lacrimale inadeguato dal punto di vista
quantitativo e/o qualitativo.
Le lac forse pagheranno il loro debito al film lacrimale,
con qualche interesse!
Bibliografia
1. Maldonato-Codina C, Efron N. Dynamic wettability of pHEMA-based idrogel contact lenses. Ophthalmic Physiol Opt.
2006; 26: 408-418
2. Buhler N, Haerri H, Hofman M et al. A new material for contact
lenses. Chimia 1999; 53: 269-274
3. Winterton LC, Lally JM, Sentell KB, Chapoy LL. The elution of
poly (vinyl alcohol) from a contact lens: the realization of a time
release moisturizing agent/artificial tear. J Biomed MaterRes B
Appl Biomater 2007; 2: 424-432
Autore corrispondente: Luigi Lupelli
Email: [email protected]
L.Lupelli / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 67-68
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ARTICO L O
BLEBS ENDOTELIALI
DA IPOSSIA FISIOLOGICA E MECCANICA
Monica Tabacchi
Istituto d'Istruzione Superiore E. Fermi - Pieve di Cadore (BL)
Sommario
È noto che l’uso di lenti a contatto può comportare la comparsa di una serie di alterazioni
(transitorie e non) sugli strati della cornea che possono influenzare il successo dell’applicazione, in particolare a lungo termine. Tra le ragioni responsabili di tali alterazioni troviamo
le problematiche legate alla riduzione di ossigenazione del tessuto corneale.
Sebbene per molti anni si sia pensato che il ridotto apporto di ossigeno alla cornea interessasse
solo l’epitelio e lo stroma, oggi sono ben note alterazioni sia di tipo permanente, come il polimegatismo e il pleomorfismo, sia transitorie, come le “blebs”. Nello specifico, queste ultime possono verificarsi a seguito di una riduzione indotta dall’uso di una LAC ma anche in condizioni
fisiologiche, quando l’apporto di ossigeno è limitato dalla chiusura delle palpebre.
Sulla base di queste conoscenze è stato condotto uno studio, per capire se una valutazione sulla
comparsa delle blebs in condizione di ipossia fisiologica può rappresentare un dato di interesse
nella fase pre-applicativa di un portatore di LAC, quindi verificare se un soggetto che si appresta a divenire portatore di LAC potrà essere più o meno a rischio di sviluppare alterazioni
endoteliali permanenti, sulla base alla risposta fisiologica individuale all’ipossia.
PAROLE CHIAVE
Blebs endoteliali, endotelio corneale, ipossia corneale
Ricevuto il 1 luglio, 2009; accettato il 9 novembre, 2010.
L'uso delle lenti a contatto (Lac) comporta una serie di
alterazioni (transitorie e non) sugli strati della cornea che
possono influenzare il successo dell’applicazione, in particolare a lungo termine.
Fin dall’inizio della loro diffusione non sono mancati i
problemi ed in particolare quelli legati alla riduzione di
ossigenazione del tessuto corneale. È noto infatti come la
cornea, priva di vascolarizzazione, abbia un’elevata attività metabolica che richiede apporto di ossigeno. Sono
inoltre conosciuti anche gli inconvenienti che insorgono
quando questo apporto, indipendentemente dalle ragioni, non è garantito.
Fino alla fine degli anni settanta si riteneva che l’ipossia potesse influenzare solo lo strato corneale più esterno
(epitelio) e quello intermedio (stroma), successivamente ci si accorse invece che la riduzione di ossigeno aveva influenza anche su quello più interno (endotelio). In
merito a quest’ultimo sono note alterazioni sia di tipo
permanente, come il polimegatismo e il pleomorfismo,
sia transitorie come le “blebs”. Nello specifico, queste
ultime possono verificarsi a seguito di una riduzione di
ossigenazione indotta dall’uso di una LAC ma anche in
condizioni fisiologiche, quando l’apporto di ossigeno è
limitato dalla chiusura delle palpebre.
Sulla base di queste conoscenze è stato condotto uno studio per capire se una valutazione sulla comparsa delle blebs
in condizione di ipossia fisiologica può rappresentare un
dato di interesse nella fase pre-applicativa di un portatore
di LAC quindi, verificare se un soggetto che si appresta a
divenire portatore di LAC potrà essere più o meno a rischio
di sviluppare alterazioni endoteliali permanenti, sulla base
della risposta fisiologica individuale all’ipossia.
Caratteristiche dell’endotelio corneale
Prima di presentare il lavoro è utile ricordare alcune note
fondamentali relative all’endotelio corneale che sappiamo essere caratterizzato da un unico strato di cellule di
forma esagonale che costituisce il rivestimento più interno della cornea.
Embriologiamente deriva dalla cresta neurale dello strato ectodermico. Il numero totale di cellule endoteliali alla
nascita è presente fin dal secondo trimestre di gestazione, momento dopo il quale la densità (ma non il numero
assoluto) declina velocemente, in rapporto allo sviluppo
69
Blebs endoteliali da ipossia fisiologica e meccanica
Figura 1
Blebs osservate con illumninazione speculare in lampada a fessura in
un portatore di lenti a contatto (per gentile concessione di N.Efron).
Figura 2
Tempo di comparsa e riassorbimento delle blebs nei portatori di lenti a
contatto (per gentile concessione di N.Efron).
areale della cornea fetale, per raggiungere un valore pari
a circa 4.400 cell/mm2 nel neonato che si riduce a circa
2.200 cell/mm2 a 80 anni1. Queste cellule rimangono bloccate nella fase G1 del ciclo cellulare e pur mantenendo la
capacità di proliferare, non si dividono più2, sebbene in
letteratura siano documentate condizioni di mitosi cellulare endoteliale che interessano l’1-2% delle cellule3.
Pertanto, le perdite cellulari dovute al normale invecchiamento del tessuto sono compensate dall’appiattimento delle cellule circostanti che si assottigliano e si
distendono fino a coprire gli spazi lasciati vuoti. Per tale
ragione lo spessore delle cellule endoteliali varia tra i 10µ
alla nascita e i 4µ in età senile2 e l’iniziale regolarità dimensionale e formale viene via, via perduta.
Le modifiche a carico dell’endotelio possono ridurre la
sua capacità di garantire la trasparenza corneale, di conseguenza è importante avere dei parametri di riferimento in grado di identificarne lo stato di salute.
In genere, il dato universalmente accettato è la densità cellulare (ECD), rappresentata dal numero di cellule
per mm2. In realtà, questo indicatore non è sufficiente in
quanto nella funzionalità dell’endotelio giocano un ruolo
importante anche la dimensione e la forma delle cellule.
Quindi i tre indici dei quali sarebbe opportuno tenere
conto sono:
1. Densità cellulare: cell/mm2, il valore oscilla tra 4.400
cell/mm2 alla nascita e 2.200 cell/mm2 nell’anziano. Se
tale valore scende al disotto delle 600-700 cell/mm2 si ha
la comparsa di edema cronico2.
2. Coefficiente di Variazione (CV): rapporto tra la deviazione standard dell’area misurata e il valore dell’area media, il
coefficiente di variazione rappresenta. L’indice di irregolarità
dimensionale delle cellule è noto come polimegatismo endoteliale. In un adulto normale, il valore mediamente è di 0.270.28, compreso in un intervallo che va da 0.254, 5, 6 a 0.307.
Campione esaminato
SEX
Frequenza
N°
%
F
19
79%
M
5
21%
Totale
24
100%
Età media
(anni)
19
(min 16- max 56)
36
(min 21 max 44)
29
Tabella 1
Il campione è stato suddiviso in due gruppi, maschi e femmine. Per
ciascun gruppo è indicato numero di soggetti che vi appartengono, la
relativa frequenza percentuale e l’età media.
Distribuzione delle microscopie endoteliali sul campione
Condizione d’esame
A
(abituale)
B
(dopo la chiusura degli occhi per 20’)
C
(dopo il porto di una LAC per 20’)
Abbinamento delle
condizioni d’esame
Soggetti
N°
%
N°
Occhi
24
100
47
21
87.50
41
10
41.66
20
A
24
100
47
A, B
21
57.50
41
A, C
10
41.66
20
A, B, C
7
29.17
14
Tabella 2
Nella parte superiore della tabella sono indicate le tre condizioni in cui
è stata effettuata la microscopia (occhi aperti (A), dopo aver chiuso gli
occhi per 20’ (B) e dopo aver indossato una LAC per 20’(C). Per ciascuna condizione sono riportati il numero di soggetti che si sono sottoposti all’esame con la relativa percentuale rispetto all’intero campione e
il numero di occhi esaminati.
Nella parte inferiore invece viene indicato il numero di soggetti (con
relativo numero di occhi) che si sono sottoposti all’esame nella condizione A, nelle condizioni A e B e in tutte e tre le condizioni, A, B e C.
M. Tabacchi / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 69-75
70
ARTICO L O
Blebs endoteliali da ipossia fisiologica e meccanica
3. Indice di Esagonalità percentuale (Hex%): numero
percentuale di cellule di forma esagonale, calcolato in
base al numero di cellule prese in esame; rappresenta
l’indice di irregolarità formale, quindi del pleomorfismo
endoteliale. In soggetti adulti normali, dovrebbe comprendere un numero di cellule superiore al 60%7.
Modifiche fisiologiche permanenti dell’endotelio
La densità cellulare è destinata a diminuire nel tempo
con una variazione pari a circa lo 0.5-0,6%5 all’anno e
poiché la funzionalità necessaria a mantenere la trasparenza corneale è garantita se questo valore non scende
sotto delle 600-700 unità3 per mm2, possiamo ritenere che
la longevità dell’endotelio sia pari a circa 200 anni.
Le modifiche indotte dalla riduzione di densità cellulare
sono il polimegatismo e il pleomorfismo. In realtà però
queste condizioni si possono considerare fisiologiche, in
quanto presenti in tutti i soggetti e dovute al normale invecchiamento del tessuto1. Per tale ragione nella pratica
clinica, questi termini sono utilizzati per modifiche superiori a quelle previste in relazione all’età.
Alterazioni endoteliali permanenti e transitorie
Alla fine degli anni ’70 Zantos e Holden8 osservarono
per la prima volta delle piccole macchie scure localizzate sull’endotelio che si presentavano dopo alcuni minuti
dall’applicazione di LAC. Queste macchie, definite “holes” (fori) o più comunemente “blebs” (bolle) suscitarono
l’interesse degli applicatori dell’epoca poiché fino a quel
momento si riteneva che l’endotelio corneale non fosse
influenzato dall’uso di LAC.
Da lì hanno avuto inizio studi e ricerche che, anche grazie all’introduzione di sistemi ingrandenti sempre più
potenti e sofisticati, hanno permesso di osservare diverse
modifiche del tessuto endoteliale, dovute al porto di LAC
e che ancor oggi sono ampiamente discusse e trattate.
Attualmente sappiamo che il porto di LAC causa alterazioni
sia transitorie (blebs), sia permanenti (polimegatismo e pleomorfismo) la cui eziologia è legata alla riduzione del pH9.
Ma cosa sono le blebs?
Sono piccole zone scure, osservabili nel mosaico endoteliale, risultato di un edema localizzato che può interessare una o più cellule le quali, rigonfiandosi, sporgono
nell’acqueo. Per l’osservazione è necessario impiegare
un’illuminazione speculare in lampada a fessura e ingrandimento 40X (figura 1), a seguito della quale l’endotelio riflette indietro la luce che gli viene proiettata.
In presenza di cellule edematose il piano d’incidenza
del fascio luminoso è posto più indietro e questo fa si
che la riflessione avvenga con angolazioni differenti e
conseguente oscuramento del relativo campo, tale da
far apparire queste cellule scure. Immagini più grandi e
dettagliate si possono ottenere attraverso l’illuminazione
Figura 3
Immagini dell’endotelio corneale di una donna di 34 anni registrate
nelle differenti condizioni di ossigenazione: a) abituale; b) dopo la
chiusura degli occhi; c) dopo il porto di lenti a contatto.
speculare prodotta da un microscopio endoteliale.
Le blebs si possono manifestare durante la fase iniziale
dell’applicazione di LAC, con un’intensità molto variabile
tra i soggetti e con inversa correlazione rispetto alla gaspermeabilità della lente. La comparsa avviene entro i primi 10
minuti dall’applicazione, con un incremento numerico graduale che raggiunge il picco massimo dopo 20-30 minuti.
Segue una fase di decremento che si stabilizza dopo circa 4550 minuti, per rimanere tale fino alla rimozione della lente,
come illustra il grafico di Efron1 (figura 2).
La causa scatenante del fenomeno, risiede nella riduzione
del pH endoteliale che nel porto di LAC è dato in parte
dall’aumento dell’acido carbonico (H2CO3) causato da un
rallentamento del flusso dell’anidride carbonica (CO2) dallo
stroma verso l’umor acqueo, condizione nota come ipercapnia. In parte dall’aumento dell’acido lattico indotto dalla riduzione di ossigeno, condizione nota come ipossia, che sposta la glicolisi da aerobica (ciclo di Krebs)10 ad anaerobica.
Cosa interessante emersa dall’analisi dei diversi studi
condotti sul fenomeno blebs è che potrebbe esistere una
Risposta blebs allo stress ipossico
Blebs
Frequenza
dopo Occhi Chiusi
N°
%
Frequenza
dopo uso di LAC
N°
%
NO
24
58.54
5
25.00
SI
17
41.46
15
75.00
41
100
20
100
Totale
Soggetti
Media 41.5% - SD
7.6 -I.C. (95%) 26.3157.89%
Media 75% - SD 9.6 I.C. (95%) 50.89-91.34%
Tabella 3
Il test di associazione tra avere blebs ad occhi chiusi e avere blebs dopo
l’uso di LAC si è rivelato, specifico (il 100% degli occhi esaminati che
non ha blebs dopo l’uso delle LAC non le ha nemmeno dopo la chiusura
delle palpebre), con valore predittivo positivo ottimo (tutti i soggetti
che hanno blebs dopo la chiusura delle palpebre le hanno anche dopo
l’uso di LAC), ma poco sensibile (solo il 46% degli occhi che ha blebs
dopo la chiusura palpebrale le ha anche dopo l’uso delle LAC). Nella
tabella oltre al valore medio con il quale si presenta la risposta blebs è
anche indicata la relativa deviazione standard (SD) e il relativo intervallo di confidenza (IC).
M. Tabacchi / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 69-75
71
Blebs endoteliali da ipossia fisiologica e meccanica
sorte di meccanismo di adattamento allo stress ipossico
che fa sì che la risposta endoteliale si riduca sia a breve,
sia a lungo termine. A tale proposito Williams e Holden11
hanno trovato una riduzione di questo tipo di risposta,
in portatori ad uso continuo di LAC morbide durante i
primi 8 giorni d’uso, mentre Bruce e Brennan12 hanno osservato che dopo 4 mesi di porto esteso, sempre di LAC
morbide, la risposta si riduce del 50%.
Sebbene l’ipotesi dell’adattamento sia plausibile restano
da chiarire le ragioni e i meccanismi di tutto ciò.
Associazione tra avere belbs ad occhi chiusi
e avere blebs dopo il porto di lac
Blebs dopo la
chiusura degli occhi
NO
SI
Scopo dello studio
L’obiettivo di questo studio è rappresentato dalla valutazione delle modifiche endoteliali transitorie, da stress ipossico, indotte prima con la chiusura delle palpebre e poi con
il porto di una LAC morbida, entrambi per un tempo pari
a 20 minuti (tempo entro il quale si ha il picco massimo di
blebs) al fine di verificare le eventuali correlazioni.
Materiali e metodi
Caratteristiche del campione
Sono stati presi in esame 47 occhi di 24 soggetti sani, non
portatori di LAC, i quali non hanno mai avuto alcun tipo
di patologia o intervento chirurgico oculare. Il gruppo è
composto da 19 donne e 5 uomini di età media complessiva pari a 29 anni (vedi tabella 1). Il campione è formato
in parte da soggetti provenienti da popolazione universitaria e in parte da pazienti, di uno studio privato, interessati ad iniziare un’applicazione di LAC.
Procedura seguita
Per lo studio è stato utilizzato un microscopio speculare
endoteliale CSO MSE 100 a 210X per eseguire l’analisi del
tessuto e una lente a contatto (prodotta da Eikon Srl), in
pHema 38%, e Dk/t: 6.9 barrers/cm, corrispondente ad
un EOP del 2%, circa per effettuare l’esame in condizioni
di ipossia meccanica.
Il campione è stato sottoposto all’analisi endoteliale prima
in Condizioni Abituali “A” e poi sotto stress ipossico:
• in condizione “B”, dopo aver invitato il soggetto a tenere gli Occhi Chiusi per 20’ (EOP 7,5%) ;
• in condizione “C”, dopo il porto di una LAC applicata per 20’.
In figura 1 sono riportate come esempio, le immagini delle microscopie effettuate su una donna di 34 anni, nelle
differenti condizioni citate (A, B, C), dove si possono osservare le modifiche avvenute a seguito della riduzione
di apporto di ossigeno.
Per ragioni organizzative e di tempo, non è stato possibile eseguire su tutti i soggetti le tre microscopie previste,
tanto che l’esame completo è stato realizzato solo su 7
soggetti (totale 14 occhi). Mentre la microscopia in condizione A e B ha interessato 21 soggetti (totale di 41 occhi)
Totale
Blebs dopo il porto di Lac
NO
SI
Totale
1
12.50%
100.00%
0
0.00%
0.00%
1
7.14%
100.00%
7
87.50%
53.85%
6
100.00%
46.15%
13
92.86%
100.00%
8
100.00%
57.14%
6
100.00%
42.86%
14
100.00%
42.86%
Pearson chi2 = 0.81 p = 0.37
Sensibilità: 6/1=100%
Specificità: 6/13=46%
VPP: 6/6=100%
Tabella 4
Risultati ottenuti su 14 occhi sottoposti a microscopia endoteliale in
condizione di ipossia fisiologica (dopo la chiusura degli occhi) e di
ipossia meccanica (dopo l’uso della LAC).
Dei 14 occhi esaminati 13 hanno mostrato la comparsa di blebs dopo
l’uso della LAC ma di questi solo 6 presentavano blebs anche dopo la
chiusura degli occhi, pari al 46,15% del campione, con un valore di pvalue, relativo all’associazione tra le due condizioni, di 0,37 che sta ad
indicare l’assenza di associazione tra le due condizioni.
e in condizioni A e C, 10 soggetti (totale 20 occhi) come
riassunto in tabella 2.
Al termine delle microscopie è stato condotto un monitoraggio delle immagini per rilevare la presenza delle
blebs indotte dall’ipossia inoltre, al fine di verificare la
frequenza del fenomeno e per ricercare possibili correlazioni con differenti variabili, tutti i dati raccolti sono stati
sottoposti ad analisi statistica.
Gli strumenti utilizzati a questo scopo sono stati il Test t
Student, per le variabili quantitative e il Test Chi2 di Pearson
per variabili nominali. In entrambi i casi il risultato è stato considerato significativo per valori di p ≤ 0.05. Inoltre,
per valutare il legame tra alcune variabili indipendenti e
l’età è stata utilizzata l’analisi di Regressione Lineare.
Per la valutazione della “risposta blebs” sono state confrontate le immagini iniziali di ciascun occhio con quelle
relative alle microscopie effettuate dopo la chiusura palpebrale e dopo l’applicazione di LAC. Per la registrazione dei risultati, la risposta è stata considerata negativa,
in assenza di blebs e positiva in presenza di una o più
blebs. Visto il numero contenuto di occhi esaminati, la
risposta positiva non è stata differenziata in base al grado
(numero di blebs).
Risultati
Dall’analisi delle immagini endoteliali ottenute in condiM. Tabacchi / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 69-75
72
ARTICO L O
Blebs endoteliali da ipossia fisiologica e meccanica
Associazione tra bleb e età
(dopo occhi chiusi)
Associazione tra bleb e età
(dopo uso Lac)
Bleb
N°
Occhi
Media
Età
Std Err
Std Dev
NO
24
25.08
1.81
8.87
SI
17
30.70
2.05
8.44
I.C.95%
21.3428.83
26.3735.045
Bleb
N°
Occhi
Media
Età
Std Err
NO
5
36.20
8.10
18.12
SI
15
29.53
2.11
8.16
Std Dev I.C.95%
13.7058.705
25.0234.05
t = -2.04 p= 0.05
t = 1.16 p= 0.263
Tabella 5
I dati relativi all’età media dei soggetti con risposta negativa (assenza di blesb) e a quella dei soggetti con risposta positiva (presenza di
blebs) dopo la chiusura degli occhi. Il valore medio d’età è affiancato
dall’entità dell’errore standard, della deviazione standard e dall’intervallo di confidenza. Sotto è riportato il risultato del test di student (t)
e il relativo p-value (p).
Tabella 6
I dati sono relativi all’età media dei soggetti con risposta negativa
(assenza di blesb) e a quella dei soggetti con risposta positiva (presenza di blebs) dopo l’uso delle LAC. Il valore medio d’età è affiancato
dall’entità dell’errore standard, della deviazione standard e dall’intervallo di confidenza. Sotto è riportato il risultato del test di student (t)
e il relativo p-value (p).
zione abituale, nessuno dei soggetti ha presentato blebs.
Mentre nelle altre 2 condizioni l’incidenza del fenomeno
ha interessato circa il 41% degli occhi dopo la chiusura
delle palpebre, e il 75% dopo l’uso della LAC (tabella 3).
Il test di associazione tra avere blebs ad occhi chiusi e
avere blebs dopo l’uso di LAC si è rivelato, specifico, (il
100% dei soggetti che non ha blebs dopo l’uso delle LAC
non le ha nemmeno dopo la chiusura delle palpebre), con
valore predittivo positivo ottimo (tutti i soggetti che hanno blebs dopo la chiusura delle palpebre le hanno anche
dopo l’uso di LAC), ma poco sensibile (46% dei soggetti
che ha blebs ad occhi chiusi le ha anche dopo l’uso delle
LAC) come risulta dall’analisi effettuata con il test del chi2
da cui il p-value è risultato pari a 0,37 (vedi tabella 4).
Va precisato comunque che il numero del campione sottoposto ad analisi è comunque contenuto pertanto sarebbe
utile estendere l’analisi ad un numero di occhi superiore.
Infine sono state fatte delle analisi per trovare altre associazioni tra cui sesso età, polimegatismo e pleomorfismo.
I risultati ottenuti non sono significativi (p-value>0.05)
ad eccezione della condizione blebs-età dopo la chiusura
degli occhi (p-value=0.05), risultato che non trova conferma dopo l’uso di LAC e che andrebbe quindi verificato
con un campione più ampio (Tab.5-6)
ni che si possono così riassumere:
• Il 41% del campione osservato, ha una risposta positiva dopo la chiusura delle palpebre, mentre dopo l’uso
di LAC si trova una percentuale pari al 75 %.
La differenza tra le due condizioni è compatibile con quanto riportato in letteratura8, 7,13,14, secondo
cui la comparsa delle blebs aumenta con l’aumentare dell’ipossia. La risposta blebs conferma pertanto la
correlazione inversa con l’ossigenazione corneale.
• Per quanto riguarda la ricerca di associazioni, i test effettuati hanno mostrato che la risposta blebs non è associata al sesso, al polimegatismo, al pleomorfismo. Si è
registra invece una associazione con l’età, trovata dopo
la chiusura degli occhi. In particolare, in base all’analisi
per fasce d’età, si è notato che il fenomeno cresce con
l’aumentare degli anni. Tuttavia, questo dato non trova
conferma dopo l’utilizzo di LAC.
• In merito alla possibilità di analizzare la risposta blebs
nei potenziali portatori di LAC, il test fatto ad occhi
chiusi è risultato altamente specifico (100%), con ottima predittività positiva (100%), ma sensibile solo nel
46.15% dei casi. Questo significa che non si può escludere che coloro che non hanno blebs ad occhi chiusi, non
le avranno nemmeno dopo il porto di LAC. Tutto ciò
potrebbe trovare una giustificazione nel fatto che non
esiste una soglia di acidificazione uguale per tutti, oltre
la quale l’endotelio manifesta una sua risposta. Potrebbe
esistere invece una sensibilità endoteliale soggettiva al
grado di acidosi; ovviamente un risultato più attendibile
si potrebbe ottenere testando un campione più ampio.
Un’altra osservazione può essere fatta in base a quanto riportato da Efron1, il quale ritiene che la causa
delle blebs è probabilmente la medesima del polimegatismo, con la differenza che le blebs rappresentano una risposta acuta mentre, il polimegatismo, una
risposta cronica ai medesimi stimoli. Se così fosse, è
opportuno chiedersi se sia utile testare i soggetti ad
occhi chiusi, prima di intraprendere il porto di LAC
Discussione
Lo studio presentato ha dimostrato che il test, proposto
per valutare se la presenza di blebs indotte da stress ipossico fisiologico, possa essere utile per individuare coloro
che potranno avere la stessa risposta con l’uso delle LAC.
Esso è risultato altamente specifico e con ottimo valore
predittivo ma non è sufficientemente significativo in
quanto i soggetti che presentano una risposta blebs dopo
l’uso delle LAC non necessariamente avevano manifestato la loro comparsa dopo la chiusura degli occhi.
Ciò nonostante questa ricerca ha permesso di circoscrivere la risposta blebs, con particolare riferimento alla condizione di ipossia fisiologica e stimolare alcune riflessioM. Tabacchi / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 69-75
73
Blebs endoteliali da ipossia fisiologica e meccanica
per individuare coloro che sono più sensibili all’acidosi endoteliale e che quindi possono sviluppare più
facilmente il polimegatismo indotto dalle LAC. Ciò
potrebbe indirizzare meglio l’applicatore nella scelta
del materiale più adeguato.
• Altro aspetto interessante che è emerso dalla ricerca
bibliografica che ha supportato questo studio è relativo al processo di adattamento da parte dell’endotelio
allo stress ipossico8, 15 , il quale si manifesta con l’uso
prolungato di LAC ed è caratterizzato da una riduzione delle blebs nel tempo, ma non si manifesta invece a
seguito dello stress ipossico fisiologico a cui ogni sogetto va incontro giornalmente durante il sonno.
Per concludere si può affermare che lo studio non solo
ha confermato i risultati già riportati in letteratura ma
ha anche permesso di allargare le osservazioni relative al
fenomeno blebs. Ciò permette di porre nuovi e ineludibili interrogativi come quelli legati al significato della loro
comparsa, oppure quelli relativi al mancato processo di
adattamento in condizioni fisiologiche.
Questi interrogativi necessitano di risposte che solo ulteriori e più approfonditi studi potranno trovare.
Abstract
It is well known that CLs use can cause alterations (temporary
and not temporary), affecting corneal layers. These changes
can bias a successful application, particularly in long-term
cases. Among other reasons, these alterations are related to a
decrease in the oxygenation of the corneal tissue.
A poor oxygen supply on the cornea has been considered for
long time as involving epithelium and stroma only, now however
permanent changes as polymegatism and pleomorphism and
temporary changes as “blebs” are well known. Blebs can occur
as oxygen reduction due to CL use, but also in physiological conditions, when oxygen supply is limited by lids’ closing.
Starting from these data we have conducted the below study,
in order to understand whether an evaluation on blebs appearance in physiological hypoxic conditions can be an interesting element on pre-fitting a CL wearer. This means understanding whether a possible, future wearer can have more or
less chances of developing permanent endothelial alterations,
depending on individual physiological reaction to hypoxia.
Key words
Endothelial blebs, corneal endothelium, corneal hypoxia
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Autore corrispondente: Monica Tabacchi
Email: [email protected]
M. Tabacchi / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 69-75
75
USO DELLE LENTI A CONTATTO TERAPEUTICHE
IN SILICONE IDROGEL DOPO CHIRURGIA RIFRATTIVA
Nicola Pescosolido*, Chiara Nardella**, Chiara Komaia**
Università di Roma - "Sapienza"
I Facoltà di Medicina e Odontoiatria
*Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Respiratorie Nefrologiche e Geriatriche
**Dipartimento Organi di Senso
Sommario
Alcuni lavori di letteratura sull’uso delle lenti a contatto (lac) terapeutiche in silicone idrogel mostrano che, in virtù di un elevata gas permeabilità (Dk) e un basso contenuto d’acqua,
sono adeguate come bendaggio in seguito a interventi di chirurgia rifrattiva, consentendo
una buona protezione della superficie oculare e una più veloce guarigione dell’epitelio corneale nel post-operatorio rispetto alle lac in pHEMA.
Una particolare attenzione viene riservata alle lenti in Balafilcon A e Lotrafilcon B come lac
in silicone idrogel che, al pari del Lotrafilcon A (già approvato dalla FDA), può essere utilizzata come lente bendaggio in occhi di pazienti operati a causa di vizi rifrattivi.
PAROLE CHIAVE
Lenti a contatto terapeutiche, lenti in silicone idrogel,
pHEMA, chirurgia rifrattiva
Ricevuto il 13 maggio, 2010; accettato il 9 novembre, 2010.
Le lenti a contatto (lac) terapeutiche, conosciute anche
come “lenti per bendaggio”, sono utilizzate per proteggere e migliorare la superficie oculare alleviando il dolore. Utilizzate fin dai primi anni settanta 1-2, l’uso di tali
lenti è molto cambiato dal loro debutto, e continuerà a
cambiare.
Negli ultimi anni l’utilizzo di questo tipo di lenti ha
subito un significativo aumento in relazione all’introduzione delle numerose tecniche chirurgiche volte alla
correzione definitiva dei vizi rifrattivi dell’occhio.
Oggi le lenti a contatto terapeutiche trovano un largo
impiego nella gestione post-chirurgica dei pazienti al
fine di ridurre il dolore post-operatorio, di proteggere la superficie corneale e di consentire una più veloce
guarigione della cornea operata preservando il lembo
epiteliale in seguito a LASIK e promuovendo la riepitelizzazzione dopo intervento di PRK e LASEK 3-4.
L’evoluzione delle lenti ha portato ad una continua sperimentazione per poter verificare le diverse qualità di lac
a seconda delle diverse terapie. Inizialmente le lac utilizzate per la terapia erano lenti molto spesse con un basso
contenuto di acqua e una bassa trasmissibilità d’ossigeno
(Dk/t) e il loro utilizzo era limitato, quasi esclusivamente, alla riduzione del dolore post-operatorio 5-6.
In seguito ad una migliore progettazione e all’introdu76
zione sul mercato nel 1999 di lenti in silicone idrogel,
caratterizzate da una maggiore permeabilità all’ossigeno (Dk), è stato possibile rispondere in maniera più adeguata ai criteri di biocompatibiltà corneale (conservazione del normale metabolismo aerobico della cornea)
che ne hanno permesso un uso prolungato (anche di
notte) che rispettasse la durata della terapia necessaria
alla completa guarigione.
Cosa più importante, infine, il caratteristico alto Dk
riduceva in maniera importante le complicanze legate
all’ipossia corneale.
Studi recenti hanno dimostrato come le lac in silicone
idrogel siano le lenti di scelta per uso terapeutico in pazienti che subiscono interventi di chirurgia rifrattiva.
Gil-Cazorla et al. (2008) 4, in uno studio effettuato su 32
occhi di 16 pazienti, hanno valutato l’uso continuo di
lenti in idrogel, poli 2-idrossietilmetacrilato (pHEMA),
e silicone idrogel, balafilcon A (PureVision; Bausch &
Lomb), galyfilcon A (Acuvue Advance), a seguito di
LASEK.
Non c’erano differenze significative nella presenza di
iperemia congiuntivale o limbare e nel comfort soggettivo tra i due gruppi nel post-operatorio, mentre al contrario lo stato dell’epitelio corneale era statisticamente
migliore negli occhi con lenti a contatto in silicone 5
giorni dopo LASEK (p = 0,01). Dunque, è importante
evidenziare come la scelta del materiale usato per lac da
bendaggio influisce sul processo di guarigione dell’epitelio corneale.
La cheratectomia fotorifrattiva o PRK viene utilizzata
dalla fine degli anni ’807 e rappresenta una consolidata
procedura chirurgica di fotoablazione corneale di superficie, utilizzata prevalentemente per il trattamento
ARTICO L O
Uso delle lenti a contatto terapeutiche in silicone idrogel dopo chirurgia rifrattiva
La tabella 1 mostra le caratteristiche delle lac utilizzate
nello studio (Tab.1).
I pazienti venivano sottoposti a biomicroscopia corneale con lampada a fessura ,per la valutazione del danno
epiteliale e ad un esame dell’acuità visiva.
Le lenti per bendaggio venivano rimosse in seguito alla
completa riepitelizzazione della cornea.
La percezione soggettiva del dolore veniva esaminata mediante una scala con un puntenggio da 0 a 4: 0=
nessun discomfort o dolore, 1= discomfort medio, 2=
dolore moderato, 3= dolore che richiedeva l’uso di antidolorifico orale (nimesulide 100 mg), 3= dolore severo
e costante non responsivo all’assunzione di antidolorifici.
Anche la qualità soggettiva della visione veniva valutata su una scala da 0 a 4, assegnando alla valore 0 una
visione sfuocata e al valore 4 una buona percezione delle immagini.
Lenti terapeutiche
Night & Day
Air Optix
Materiale
Lotrafilcon A
Lotrafilcon B
TIpo
Silicone idrogel
Silicone idrogel
Dk/t
140
110
24
33
13,8
14,2
Contenuto
d’acqua (%)
Diametro (mm)
Tabella 1
Caratteristiche delle lenti ( Dk/t = coefficiente di trasmissibilità all’ossigeno della lente) da Grentzelos et al. (2009)
Dimensione danno (mm2): Lotrafilcon B
della miopia, mentre la tecnica laser in situ cheratomileusi o LASIK è entrata nella comune pratica oftalmologica dalla metà degli anni ’90. Le due tecniche, pur ottenendo spesso risultati sovrapponibili dal punto di vista
rifrattivo, presentano alcune importanti differenze.
La PRK si associa più frequentemente rispetto alla LASIK ad un maggiore sintomatologia algica nel postoperatorio (causata dalla disepitelizzazione chirurgica
durante l’intervento) e ad un ritardato recupero visivo.
Recenti studi 8-9 hanno riportato che nella maggior parte
dei pazienti, l ‘uso della lente a contatto in Lotrafilcon
A (lente a contatto morbida in silicone idrogel con un
alto Dk) come bendaggio dopo l’operazione chiurugica,
ha migliorato la riepitelizzazione corneale e ridotto il
discomfort del paziente in seguito a cheratectomia fotorifrattiva 9-10.
Questa lente (Night & Day, Ciba Vision) ha ricevuto
l’approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA) per un utilizzo prolungato per 30 giorni
in caso di applicazione per uso terapeutico 11.
Recentemente, durante gli scorsi 5 anni, altri tipi di lac
in nuovi materiali di silicone idrogel sono stati introdotti sul mercato, tra cui il Lotrafilcon B (Air Optix, Ciba
Vision) che, nonostante abbia ricevuto l’approvazione
da parte della FDA ad un uso continuo per un tempo di
6 giorni (un arco di tempo soddisfacente per la crescita
dell’epitelio corneale), non è stato indicato per l’utilizzo
di lente “bendaggio”.
A tal proposito, Grentzelos et al. (2009)12 si sono proposti di valutare l’idoneità della lente in Lotrafilcon B nel
favorire la riepitelizzazione corneale dopo intervento di
PRK confrontandola con quella già approvata in Lotrafilcon A.
Questo studio prospettico, comparativo, in doppio cieco ha incluso 44 pazienti (88 occhi) che avevano subito
un intervento di PRK per la correzione della miopia in
entrambi gli occhi.
Ai pazienti veniva nascosto il tipo di lente bendaggio
inserita in ogni occhio: Lotrafilcon A e Lotrafilcon B assegnati in maniera casuale.
A tutti i pazienti veniva chiesto di sospendere l’uso delle lenti a contatto per 3 settimane prima della visita preoperatoria. I soggetti inclusi nello studio venivano poi
valutati il giorno stesso dell’operazione e nel 1°,2° e 3°
del post-operatorio.
La tecnica chirurgica veniva eseguita sotto anestesia
topica mediante instillazione di alcune gocce di proximetacaina idrocloridrato 0,5% (collirio anestetico); seguiva la rimozione dell’epitelio corneale e l’ablazione
dello stroma mediante l’utilizzo di un laser ad eccimeri
e per ultimo l’applicazione in ogni occhio di mitomicina
C 0,5% per un tempo di 15 secondi. Al termine del trattamento veniva applicata la lente a contatto.
70
60
50
40
30
30
40
50
60
70
Dimensione danno (mm2): Lotrafilcon A
Figura 1
Rapporto tra la zona di epitelio corneale danneggiato durante cheratectomia fotorifrattiva e i due diversi tipi di lac usate come bendaggio.
La linea punteggiata rappresenta la regressione lineare ottenuta con il
metodo dei minimi quadrati (da Grentzelos et al., 2009)
N. Pescosolido, C. Nardella, C. Komaia / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 76-79
77
Area del danno epiteliale (mm2)
Uso delle lenti a contatto terapeutiche in silicone idrogel dopo chirurgia rifrattiva
60
Lotrafilcon B
Lotrafilcon A
40
20
0
Giorno 0
Giorno 1
Giorno 3
Giorno 5
Qualità della visione (scala 0-4)
Figura 2
Dimensioni del danno epiteliale in mm2 in occhi con Lotrafilcon A (11)
e con Lotrafilcon B (12) valutati durante il giorno 5 dopo intervento di
PRK. Day 0: giorno 0 o giorno dell’intervento chirurgico (da Grentzelos
et al., 2009)metodo dei minimi quadrati (da Grentzelos et al., 2009)
4
3
2
1
0
4
Giorno 0 Giorno 1 Giorno 2 Giorno 3 Giorno 4
Lotrafilcon B
Lotrafilcon A
Dolore (scala 0-4)
3
2
1
0
Giorno 0 Giorno 1 Giorno 2 Giorno 3 Giorno 4
Figura 3
Rappresentazione schematica della valutazione soggettiva del dolore
(in alto) e della qualità della visione (in basso) dei pazienti inclusi nello studio (Giorno 0 : giorno dell’intervento chirurgico) (da Grentzelos
et al., 2009)
I risultati della biomicroscopia si sono mostrati soddisfacenti in tutti gli occhi. Il danno epiteliale si rimarginava in entrambi i tipi di lente già nel 3° giorno del
post-operatorio.
La media del valore sferico era di -3,90 ±1,82 (D) nel
gruppo con Lotrafilcon A e di -3,88 ±1,81 (D) in quello
con Lotrafilcon B: la differenza non era statisticamnete
significativa (p =.69).
La media del danno epiteliale immediatamente dopo
l’intervento chirurgico era di 47 mm2 in entrambi i tipi di
bendaggio; l’intervallo dei valori del danno variava da
29,7 a 78,8mm2 nei soggetti con Lotrafilcon A e da 31,2 a
70,8mm2 nei soggetti con Lotrafilcon B: negli occhi con
Lotrafilcon A le dimensioni del danno epiteliale erano
leggermente più ampie che negli occhi con lotrafilcon B
(Fig.1), ma la differenza tra i due gruppi nei giorni succesivi all’operazione non era statisticamente significativa
(Fig 2). Nel terzo giorno dopo l’intervento 33 occhi dei
pazienti che avevano utilizzato lac in Lotrafilcon A mostravano una riepitelizzazione completa (75%) e lo stesso
evidenziavano 32 occhi dei pazienti che avevano utilizzato lac in Lotrafilcon B (72,7%); la differenza non era
statisticamente significativa (p =1.00). Gli stessi risultati
valevano per la valutazione soggettiva delle sensazioni
dolorifiche e della qualità della visione (p >.10) (Fig.3).
Le conclusioni finali dello studio dimostrano quindi che
nonostante gli occhi nei quali era stata inserita la lente
in Lotrafilcon A evidenziavano zone più ampie di disepitelizzazione, se paragonati agli occhi con Lotrafilcon
B non c’erano differenze significative tra l’adeguatezza
delle due lenti in qualsiasi valutazione del post-operatorio. L’ipotesi di Grentzelos et al. (2009) 12, sulla base
della quale il bendaggio con Lotrafilcon B fosse in egual
modo efficace rispetto al bendaggio con Lotrafilcon A, è
stata positivamente dimostrata.
Osservando quanto detto non è però indicato un esatto
paragone tra i lavori riportati di Gil-Cazorla et al. (2008)4
e Grentzelos et al. (2009)12, in virtù delle importanti differenze tra i due tipi di chirurgia LASEK vs PRK.
A tal proposito diventa importante mostrare le diversità del ruolo terapeutico delle lenti bendaggio utilizzate
dopo un intervento di cheratomileusi laser epiteliale e
dopo cheratectomia fotorefrattiva.
Dopo LASEK l’azione delle lenti terapeutiche consente di accelerare il processo di guarigione della ferita
dell’epitelio corneale; dopo PRK le lenti terapeutiche
hanno la funzione di promuovere la stabilizzazione corneale e la completezza del processo di riepitelizzazione
della cornea.
In base a tale evidenza, le lenti bendaggio utilizzate negli occhi operati di cheratectomia fotorifrattiva dovrebbero possedere una maggiore aderenza alla superficie
corneale al fine di evitare la comparsa di ulteriori trauN. Pescosolido, C. Nardella, C. Komaia / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 76-79
78
ARTICO L O
Uso delle lenti a contatto terapeutiche in silicone idrogel dopo chirurgia rifrattiva
mi nella zona centrale della cornea stessa e il maggior
discomfort al paziente.
Infine, ciò che viene evidenziato è l’adeguatezza del
tipo di elastomero in silicone idrogel come materiale
efficace nell’utilizzo ai fini terapeutici dopo chirurgia
rifrattiva4-8-9.
Inoltre, è stato mostrato come il Lotrafilcon B, al pari
del già approvato Lotrafilcon A, possa essere usato nel
post-operatorio in seguito ad interventi di cheratectomia
fotorefrattiva come lente terapeutica permettendo negli
occhi operati una completa riepitelizzazione corneale.
Abstract
Some works of literature on the use of therapeutic silicone
hydrogel contact lenses (lac), according to high gas permeability (Dk) and low water content, show that are more suitable
as bandage after refractive surgery allowing good protection
of the ocular surface and a faster healing of the corneal epithelium in postoperative than pHEMA contact lenses.
Particular attention is given to the lenses Balafilcon A and Lotrafilcon B as hydrogel contact lenses which like the Lotrafilcon A (already FDA approved) may be used as a bandage lens
in eyes of patients operated due to refractive errors.
Key words
Therapeutic contact lenses, silicone hydrogel contact lenses,
pHEMA, refractive surgery
Bibliografia
1. Sedlacek J.:Possibilities of application of eye drugs with the
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12. Grentzelos MA, Plainis S, Astyrakakis NI, Diakonis VF, Kymionis GD, Kallinikos P, Pallikaris IG.: Efficacy of 2 types of
silicone hydrogel bandage contact lenses after photorefractive
keratectomy. J. Cataract Refract. Surg., 2009;35:2103-2108.
Autore corrispondente: Nicola Pescosolido
Email: [email protected]
N. Pescosolido, C. Nardella, C. Komaia / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 76-79
79
IL DIRECT MARKETING:
LE POTENZIALITà
Silva Tiranti
Andromedia S.a.S.
Sommario
Il Direct Marketing (o Marketing Diretto) è uno strumento duttile che permette anche alle
realtà più piccole di porsi sul mercato con una strategia vincente. L’ottica DM pone al centro le esigenze e richieste del cliente, permettendo di acquisire nuova clientela e, soprattutto,
di gestire e consolidare quella già acquisita.
PAROLE CHIAVE
Marketing diretto, mailing, telemarketing, data base,
target
C’è la crisi? Usiamo la testa!
Questo fu il motto che nel 1973 permise a tante aziende di uscire indenni dalla grande crisi petrolifera
Le origini
Quando il prezzo del petrolio da un giorno all’altro raddoppiò
per la chiusura del Canale di Suez il mondo intero si trovò impreparato.
Qualcuno però disse: “non abbiamo più il petrolio ma abbiamo le idee” su questa spinta nacque il Direct Marketing o Marketing Diretto.
Il Marketing Diretto è uno strumento duttile che permette
anche alle realtà più piccole di porsi sul mercato con un approccio strategico e vincente perché pone il cliente al centro
dell’attenzione.
È stato anche definito l’arte di saper comunicare coniugata
all’abilità di vendita.
L’obiettivo del DM è la fidelizzazione del cliente, invertendo la
legge di Pareto.
La legge di Pareto ritenuta tuttora valida e formulata da Vilfredo Pareto (1848-1923) ingegnere, economista e infine anche
sociologo, ci dice che l’80% del fatturato l’azienda lo fa con il
20% della clientela.
E di quell’80% di clientela marginale che cosa ne facciamo?
L’acquisizione di un nuovo cliente richiede un dispendio di
energia che potrebbe invece essere utilizzata meglio nel mantenere il contatto costante con i clienti acquisiti.
Infatti le aziende “illuminate” hanno capito che l’uomo, come
abbiamo visto nei precedenti articoli (vedi n. 2 e n. 3 LAC 2009
“Il Cliente Evangelista”), inconsciamente cerca sempre la sua
“area di comfort”, ossia vuole sentirsi a suo agio. Più la situazione generale crea incertezza più a livello personale cerchiamo certezze e continuità.
80
Nascendo il bambino sperimenta le prime due emozioni definite negative che lo accompagneranno per tutta la vita: la rabbia e la paura.
La rabbia perché lascia un’area di estremo comfort, il ventre
della mamma, la paura perché da quel momento si sente solo e
dipendente totalmente dagli altri. Qualcuno sostiene che passiamo la vita a rimpiangere e ricercare la sensazione di benessere assoluto che abbiamo sperimentato nella fase prenatale.
In realtà rabbia e paura sono due emozioni che hanno anche
valenza positive: la rabbia ci porta ad agire e reagire quando
viviamo una situazione di malessere e senza la paura incorreremmo in errori clamorosi e ci esporremmo a rischi inutili.
Ma per paura di... possiamo anche rimanere bloccati, non osiamo e non sperimentiamo il nuovo, perché inconsciamente cerchiamo sicurezza e continuità.
Le prime campagne di DM
È partendo da queste considerazioni che Henry Ford II nel
1973 organizzò in America la prima grande campagna di Direct Marketing.
Invece di investire milioni di dollari in pubblicità per il lancio della nuova autovettura chiamò tutti i suoi concessionari e
spiegò loro gli strumenti del Direct Marketing. Mise a disposizione un milione di autovetture in pronta consegna e chiese ai
concessionari di partire con la campagna inviando un mailing
a tutti i clienti acquisiti. La lettera contenuta nel mailing non
parlava tanto della nuova autovettura ma spiegava che Ford
voleva ringraziare il cliente per averla scelta e per questo in
esclusiva e in anteprima, per lui, solo per lui, la macchina c’era
già, era presso il suo concessionario. Poteva provarla e se voleva, anche portarsela a casa.
Fu un successo: era stato previsto di smaltire le macchine prodotte in un mese, furono invece vendute tutte in una settimana.
Ford si fece la migliore pubblicità possibile per quei tempi: una
macchina nuova, mai vista neppure in pubblicità che girava
per le strade di NY.
In realtà come sempre, la creatività italiana, anticipa i tempi,
anche se spesso non viene riconosciuta. I sacri libri di Marke-
ARTICO L O
Il direct marketing:
le potenzialità
ting riportano Ford come prima Case History di DM, ma
il primo ad usare la strategia del DM fu un italiano, certo
Gennaro Esposito.
Gennaro, pasticcere, emigrato in America dopo aver fatto i lavori più umili e risparmiato quanto gli bastava, aveva aperto
una pasticceria a New York. Siamo negli anni trenta e in America quasi ogni famiglia aveva già il telefono in casa.
Gennaro prese la pianta della zona, la guida telefonica e incominciò a telefonare invitando le signore a bere il tè con i pasticcini italiani e i signori a gustarsi un digestivo, gratis.
Questa fu la prima operazione di Telemarketing out bound e
quel negozio fu il primo di una serie di negozi che poi diventarono un quartiere ora chiamato Little Italy, con i migliori ristoranti, pizzerie e caffè di New York.
Il Direct in Italia
In Italia si incomincia a parlare di Direct Marketing agli inizi
degli anni ottanta con operazioni business to business (aziende
verso altre aziende) per la gestione dei clienti marginali.
Vogliamo raccontarvi però la storia di un concessionario
creativo.
Quando Olivetti annunciò che avrebbe lanciato sul mercato i
Fax, i concessionari furono colti dalla paura di non riuscire ad
inserirsi nel mercato perché Olivetti arrivava dopo la Siemens
e altri grandi marche.
Il nostro concessionario entrando in un bar tabaccheria ebbe
un idea e chiese al titolare: “Qui intorno a voi ci sono tante
aziende?” il titolare rispose: “Si, certo”
“La vendita dei valori bollati e francobolli a tutte queste aziende vi farebbe comodo?” Domandò ancora il concessionario
“Certo” rispose il titolare ma aggiunse “come facciamo a
contattarle? Ci vorrebbe un venditore come lei, noi non
ce lo possiamo permettere, non siamo l’Olivetti”.
Questa affermazione fu musica per il concessionario che
guardò il figlio del titolare, che con aria annoiata serviva
i clienti e gli disse:
“Che ne dici di provare a fare qualcosa di nuovo? Io ti insegno,
vi installo un fax, prepariamo il testo da inviare, mettiamo in
memoria tutti i numeri di fax delle aziende del vicinato e vediamo che succede.”
Il ragazzo accettò e il padre acconsentì solo perché non
doveva pagare nulla e se qualcosa riusciva a motivare suo figlio questo poteva solo fargli piacere.
Il concessionario tornò nel bar tabaccheria dopo dieci giorni:
sembrava di entrare in un altro ambiente. Il figlio del titolare lo
accolse con un gran sorriso e disse: “Ho finito di fare il barista.
È un successo! Passo il giorno a preparare e portare negli uffici
valori bollati e francobolli che ci ordinano via fax. La mattina trovo gli ordini, conosco tutte le segretarie…!” disse soddisfatto.
Il concessionario aveva identificato un nuovo Target, una
nuova categoria di clienti da contattare, inoltre il cliente
gli aveva dato un’altra idea.
Quel fax Olivetti, aveva una funzione in più rispetto a quelli
già sul mercato (nella presentazione Casa Madre Olivetti l’ave-
va evidenziata ma nessuno l’aveva associata ai nuovi potenziali clienti!)... si potevano memorizzare oltre cento numeri e
far partire i fax di notte. Chi poteva avere tale esigenza? Meditando, rispose a se stesso.
- Ma certo: commercialisti, notai, amministratori condominiali, insomma tutti quegli studi che dovevano mandare la stessa
comunicazione a tante persone contemporaneamente. Poter
inviare le circolari di notte avendo memorizzato il numero dei
clienti significava ottimizzare tempo e risorse.
Così il nostro concessionario dalla paura iniziale aveva
incominciato ad avere idee e le idee sono come le morositas, una tira l’altra.
Oggi è un grande imprenditore con una catena di negozi
in tutta Italia.
Anche dalla crisi dell’informatica è uscito vincente sapendo
che la “paura”, se gestita in modo positivo, ci evita di fermarci,
ci sprona a cercare nuove idee e strade da percorrere.
La strategia però non è cambiata perché questo imprenditore
ha imparato che la conoscenza dei plus del prodotto e la centralità del cliente sono la strada vincente.
Negli anni si è costruito un ottimo Data Base clienti, con i quali mantiene una comunicazione costante, spostandosi lui sul
mercato, alla ricerca di ciò di cui hanno bisogno i suoi clienti.
Che cos’hanno in comune Ford, il Pasticcere e il Concessionario?
Personalizzando il rapporto, trovando idee e proponendo soluzioni per il cliente, hanno attivato il processo di vendita dove
tutti sono vincenti.
Utilizzando il Direct Marketing hanno definito il Target,
ma cosa ancor più importante hanno capito il valore del
Data Base clienti.
Disporre di un buon Data Base vuol dire avere in cassaforte un tesoro: spesso però non lo sappiamo e lo lasciamo sepolto senza sapere di averlo.
Chi è il miglior cliente? Il nostro cliente acquisito!
Ma spesso lo dimentichiamo.
Cerchiamo di attirare sempre nuovi clienti, cambiamo il
vetrinista, investiamo in pubblicità mentre il nostro Data Base
diventa vecchio e superato o non lo abbiamo mai costruito.
Che cos’è un Data Base clienti?
Non è la fotografia ma la radiografia del nostro cliente. Questo
patrimonio di informazioni deve essere aggiornato e implementato continuamente fino a diventare quel tesoro nascosto
che abbiamo fatto riemergere.
Autore corrispondente: Silva Tiranti
Email: [email protected]
Sito Internet: www.andromediasas.it
Bibliografia
1. Trevisani D. (ed.): Psicologia di Marketing e Comunicazione. Milano,
Franco Angeli, 2001
2. Cherubini S., Marketing in Italia. Milano, Franco Angeli, 2009
3. Lindstrom M., Neuromarketing, Milano, Apogeo, 2009
S. Tiranti / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 80-81
81
a cura di Laura Boccardo
Contattologia
e qualità della vista
Quante persone in Italia usano lenti a contatto? Se si considera che ormai la metà della popolazione
italiana necessita di una correzione visiva, quanti di questi conoscono effettivamente i vantaggi
delle lenti a contatto? Chi ha il compito di informare e diffondere il loro uso?
Quando è partito il progetto del congresso Assottica, l’idea
era quella che la chiave del successo delle lenti a contatto
fosse l’aggiornamento continuo degli applicatori. A distanza di otto anni si possono finalmente quantificare i risultati
di un impegno a lungo termine che ha coinvolto le aziende
e i contattologi. Nel suo discorso di apertura, la Presidente
di Assottica Gruppo Contattologia, Marica Lava, ha infatti
sottolineato come il crescente impegno degli applicatori
e gli investimenti in innovazione delle aziende di settore,
abbiano determinato un incremento del numero di portatori di lenti a contatto in Italia, passati dal 6.8% del 2006
al 10.3% del 2009. Con questo messaggio di ottimismo
si sono aperti i lavori dell’ottava edizione del Convegno
Assottica, tenutasi a Roma presso il Marriott Park Hotel,
domenica 26 e lunedì 27 settembre.
Rinnovando una consuetudine ormai consolidata, il congresso ha visto l’alternanza di temi legati alla professione optometrica e di argomenti inerenti il marketing e la
comunicazione con il cliente. I lavori sono stati moderati
da Carlo Gargiulo, volto televisivo, noto per la trasmissione “Elisir”, quest’anno affiancato da Alessandro Fossetti,
optometrista, docente universitario e neo direttore dell’IRSOO di Vinci.
La prima relazione “Veloce e lento. Il consumatore tra esigenze di sapere esperto e desideri di salute e benessere”,
è stata affidata a Giuseppe Minoia, presidente del GfK
Eurisko, una delle principali realtà italiane dedicate alla
ricerca sociale e di marketing. Minoia ha illustrato come
sono cambiate negli ultimi anni le caratteristiche del consumatore, in relazione alle nuove modalità di acquisto e
alle sue sempre crescenti esigenze. Di seguito, Carlo Abbiati, responsabile marketing di GfK per il settore dell’ottica, ha descritto la situazione della contattologia in Italia
e in Europa, mettendo in evidenza i fenomeni principali e
le tendenze in atto, come la crescita delle lenti giornaliere, la diffusione del silicone idrogel e la crescita delle lenti
progressive.
A questo punto è entrato in scena il primo di una serie
82
Marica Lava,
Carlo Gargiulo e Alessandro Fossetti
di esperti internazionali, che durante i due giorni di convegno hanno illustrato le ultime novità nell’ambito della ricerca in contattologia. Nel suo intervento “Scienza e
tecnologia delle superfici antimicrobiche”, Mark Willcox
direttore scientifico al Brien Holden Vision Institute in
Australia, ha illustrato il meccanismo d’azione dei trattamenti di superficie per ridurre l’adesione microbica alle
lenti a contatto. L’avvento dei materiali in silicone idrogel ha risolto le complicanze ipossiche da lenti a contatto,
ma non ha ridotto in modo uguale anche l’incidenza delle
infiammazioni e delle infezioni legate alla colonizzazione
microbica. Per questo motivo la ricerca si sta orientando
ora verso lo sviluppo di materiali in grado di ostacolare
questa contaminazione. Negli studi riportati da Willcox,
le superfici delle lenti a contatto sono state rivestite con
diverse sostanze antimicrobiche, proteine o ioni metallici,
misurando gli effetti sulla colonizzazione microbica della
superficie e il grado di sicurezza per l’occhio.
I temi legati alla sicurezza dell’uso delle lenti a contatto
sono stati approfonditi da Jason Nichols, responsabile
didattico presso il College of Optometry della Ohio Sta-
C RON A C A
C ON GRE SSI
Carlo Gargiulo, Giancarlo Montani, Roberto Pregliasco, Alessandro Fossetti,
Silvio Maffioletti e Fabrizio Zeri durante la tavola rotonda
te University, con la relazione “Strategie per prevenire
gli eventi avversi in contattologia”. Nichols ha puntato l’attenzione in particolare sulla manutenzione delle
lenti a contatto, discutendo le nuove formulazioni, le
interazioni fra conservanti e materiali e l’efficacia delle
soluzioni no-rub.
Sempre in relazione alla prevenzione degli eventi avversi, Lyndon Jones ha parlato della scarsa compliance e del
suo impatto sulla sicurezza e sul rendimento delle lenti
a contatto. Il professor Jones, direttore associato del Centre for Contact Lens Research dell’Università di Waterloo
in Canada, ha presentato i risultati di una serie di studi
che hanno valutato l’impatto di una scarsa compliance sul
successo delle lenti a contatto. La difficoltà a rispettare le
indicazioni e le prescrizioni è un problema molto diffuso,
non solo fra i pazienti, ma anche (a sorpresa) fra gli applicatori, che non sempre educano i portatori seguendo le
indicazioni del produttore.
Dopo la pausa pranzo ha preso la parola Roberta De Sanctis della SDA Bocconi, con un contributo prettamente
manageriale: “Il cliente? Una persona in cerca di esperienze da consumare”, incentrata sul rapporto che si crea fra
ottico e cliente all’interno del punto vendita.
La parola è quindi tornata a Lyndon Jones che, nel suo
secondo intervento “Interazione tra soluzioni per lenti a
contatto, film lacrimale e superficie oculare” ha descritto
la composizione e i meccanismi di funzionamenti dei sistemi di manutenzione per lenti a contatto. In particolare, la relazione si è soffermata sui dubbi di efficacia dei
sistemi no-rub nel contrastare i depositi e la contaminazione microbica delle superfici e sulla compatibilità degli
attuali sistemi di manutenzione con i materiali in silicone
idrogel.
Di seguito Jason Nichols ha affrontato il rapporto fra occhio secco e lenti a contatto. Nichols è docente presso il
College of Optometry della Ohio State University ed è l’attuale editor della rivista “Contact Lens Spectrum”. Il suo
intervento si è articolato in due parti: prima la descrizione
del problema, poi la presentazione delle possibili soluzioni. La sintomatologia dell’occhio secco riguarda un numero significativo di portatori di lenti a contatto. L’origine di
questo problema è in genere multifattoriale e può essere
rintracciata in una serie di cause, tra cui la lente a contatto
stessa, le soluzioni di manutenzione, oltre fattori legati al
paziente e all’ambiente. La soluzione non è semplice, ma
spesso va rintracciata nella scelta di un materiale più adeguato o in una modifica nelle modalità di uso delle lenti.
Fra la prima e la seconda parte della relazione di Nichols, è
intervenuto Jonathan Walker, responsabile del programma scientifico del congresso della British Contact Lens Association (BCLA). Nella relazione “Immunologia... l’anello mancante”, Walker ha illustrato i meccanismi con cui
l’organismo si difende dalle infezioni. È importante che il
contattologo abbia delle adeguate conoscenze di immunologia, in modo da essere in grado di gestire in tutta sicurezza le complicanze associate all’uso di lenti a contatto, come
ad esempio arrossamento, allergie e infezioni. In particolare il relatore si è soffermato a descrivere il fenomeno degli
infiltrati corneali e le ragioni del loro insorgere.
Per l’ultima relazione del pomeriggio, la parola è passata
a Rhonda Robinson, socio fondatore dell’Associazione
Women in Vision. In una professione come la nostra che
si tinge sempre più di rosa, la Robinson ha portato la sua
esperienza di optometrista, che è riuscita a coniugare le
responsabilità della famiglia con l’attività professionale,
ricca di impegni sia in ambito manageriale, sia formativo.
Nella sua relazione “Avviare uno studio di contattologia?!
Certo che ne vale la pena!”, Rhonda Robinson ha analizzato le possibilità di profitto che derivano dal settore contattologico all’interno della sua attività, costituita da una
catena di dodici negozi a Indianapolis. I clienti che utilizzano lenti a contatto sono più fedeli e spendono di più rispetto a quelli che utilizzano solo occhiali, inoltre, grazie al
passa parola, sono i più efficaci strumenti di promozione
della sua attività.
I temi trattati in sala sono stati approfonditi in una serie di
corsi monotematici, che si sono svolti nella seconda metà
del pomeriggio di domenica e sono poi stati ripetuti il lunedì pomeriggio. Gli argomenti dei corsi si sono equamente
divisi fra i temi inerenti la comunicazione e il management
e le materie prettamente contattologiche. Roberta De Sanctis ha analizzato il punto vendita di ottica, nella sua evo-
L. Boccardo / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 82-85
83
Noel Brennan
luzione da luogo di acquisto a luogo di consumo di esperienze; Gianluca Meloni ha spiegato come misurare i risultati di un punto vendita e comprenderne le determinanti;
Rhonda Robinson ha spiegato come potenziare le proprie
capacità di comunicazione per trasformare le raccomandazioni al paziente in fonti di profitto. Per gli argomenti
strettamente contattologici: Mark Willcox ha approfondito
il tema del discomfort nell’uso delle lenti; Jonathan Walker
ha parlato della bagnabilità della superficie delle lenti a
contatto morbide; Noel Brennan ha proposto cinque fantastiche sfide future per le lenti a contatto: il miglioramento
comfort, la somministrazione di farmaci, la sconfitta della
cheratite microbica, il controllo della progressione miopica e infine la realizzazione una lente multifocale in grado
di modificare realmente il proprio potere.
Per completare l’intensa giornata di domenica, i partecipanti al congresso hanno avuto la possibilità di trascorrere
una serata piacevole e informale, prendendo parte al buffet organizzato al posto della solita cena di gala. Per chi
non ha avuto timore di attendere le ore piccole, la serata si
è conclusa al ritmo di musica: in questo modo il convegno
si trasforma in vero e proprio luogo di incontro, dove poter condividere con i colleghi momenti di svago, oltre che
impegni di lavoro.
La prima relazione del lunedì mattina è stata affidata a
Mauro Nogarè, strategic director dell’agenzia di comunicazione Aegis. Il suo intervento, intitolato “Comunicare la
salute”, ha analizzato come i concetti riguardanti il tema
della salute si siano trasformati nel corso degli ultimi anni.
La nozione di salute si è trasformata da un’idea di assenza
di malattie a un concetto di benessere più generale. L’ottico, in quanto professionista sanitario, ha un ruolo determinante nella comunicazione con il cliente, che si rivolge
a lui nella ricerca di prodotti sempre più innovativi e sofisticati.
I lavori sono proseguiti con una serie di relazioni brevi dedicate a una delle grandi sfide in contattologia: “Soddisfare le esigenze dei presbiti”. Il primo a prendere la parola
è stato Fabrizio Zeri, che ha discusso l’annoso il problema del drop-out, cioè l’abbandono dell’uso delle lenti a
contatto. La riduzione dei portatori fra i quaranta e i cin-
quant’anni è un dato di fatto, ma le cause, come anche le
soluzioni, non sono altrettanto evidenti. Quello che ancora
non è chiaro è se la mancanza di risposte alle esigenze visive dei presbiti, dipenda dalle limitate soluzioni tecniche
che le lenti possono offrire o piuttosto dall’approccio, per
qualche ragione non efficace, del contattologo. Lo stesso
argomento è stato sviluppato da Silvio Maffioletti, che
ha proposto una procedura da seguire nell’applicazione
delle lenti a contatto multifocali. Nella gestione del soggetto presbite, la professionalità e la flessibilità dell’applicatore sono determinanti, in quanto non esiste una lente
a contatto ideale per tutti i presbiti. Giancarlo Montani
ha presentato i risultati di uno studio sulla valutazione
della refrazione centrale e periferica con lenti a contatto
morbide bifocali e multifocali, mediante l’impiego di autorefrattometri a campo aperto e aberrometri HartmannShack. Infine, Roberto Pregliasco ha sottolineato quanto
la contattologia per i presbiti possa essere un settore redditizio e di grande soddisfazione, non solo professionale,
ma anche economica.
Al rientro in sala, dopo una breve pausa, è giunto il momento della premiazione della Poster Competition. La
commissione, formata da Alessandro Fossetti, Giancarlo
Montani e Renzo Colombo, ha voluto quest’anno premiare la novità degli argomenti affrontati e ha ritenuto degni
di menzione tutti i lavori presentati. Laura Boccardo, ha
proposto un estratto del lavoro condotto per la discussione della propria tesi di laurea in Ottica e Optometria ed
ha descritto la sua esperienza personale di ortocheratologia ipermetropica. Nunzio Maresca, laureando a Roma
Tre, con Fabrizio Zeri, Paolo Palumbo e Antonio Calossi,
ha condotto uno studio per verificare se, per le esigenze
contattologiche, è sufficientemente ripetibile e accurata
la pachimetria eseguita con camera Scheimpflug rotante. Sandro Sciacca, infine, ha portato la sua esperienza
nell’applicazione delle lenti minisclerali, discutendo la
necessità o meno di eseguire fenestrazioni sulle lenti di
grande diametro.
Le relazioni sono riprese con l’intervento di Noel Brennan, professore associato alla University of Technology
del Queensland, in Australia, che ha presentato i risultati
più recenti della ricerca sul tema del comfort delle lenti a
contatto. Fra le cause che possono rendere una lente a contatto più o meno fastidiosa, siamo abituati a considerare
l’idratazione, il Dk o il modulo di elasticità del materiale.
In realtà sembra che il parametro più significativo nel determinare il comfort di una lente sia il coefficiente di attrito
della superficie: cioè, tanto più la palpebra può scorrere
agevolmente sulla superficie della lente, tanto meno questa viene percepita. La difficoltà sta, ovviamente, nel misurare questo coefficiente e, ancor più, stabilire come è possibile intervenire sulle caratteristiche del materiale al fine di
migliorare questo parametro. La ricerca è solo agli inizi.
Di seguito, Mark Willcox è tornato sul palco per illustrare
l’“Effetto dei materiali e delle soluzioni sui depositi proteici e lipidici delle lenti a contatto”. L’attenzione del relatore si è soffermata su una serie di studi clinici condotti
utilizzando le lenti in silicone idrogel attualmente disponibili sul mercato e le soluzioni uniche. Dopo un mese
L. Boccardo / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 82-85
84
C RON A C A
C ON GRE SSI
Mark Willcox
di uso, sono stati estratti dalle lenti i lipidi e le proteine
che vi si erano depositati. Per quanto riguarda i lipidi, la
maggior parte era costituita dal colesterolo, mentre fra le
proteine predominavano lisozima e lipocalina. I depositi proteici erano maggiormente correlati ai segni clinici,
come staining o discomfort, rispetto ai depositi lipidici.
L’ultima relazione scientifica della plenaria è stata affidata a Rhonda Robinson, che ha parlato del “Primo approccio alle lenti a contatto: che ruolo gioco l’età?”, soffermandosi sulle possibilità di applicare le lenti a contatto in età preadolescenziale. I risultati degli studi clinici,
come l’ACHIEVE (Adolescent and Child Health Initiative to Encourage Vision Empowerment) e CLIP (Contact
Lenses in Pediatrics), hanno evidenziato che i ragazzini
traggono dall’uso delle lenti a contatto vantaggi che vanno ben oltre la semplice correzione visiva. Questi vantaggi comprendono una maggiore autostima e fiducia, con
miglioramento della qualità della vita. Gli studi hanno
inoltre dimostrato che i bambini di 10-12 anni sono in
grado di imparare la manutenzione delle lenti e di capirne l’importanza. Non ci sono quindi motivi per ritardare
il primo approccio alle lenti a contatto.
E per concludere: un finale scoppiettante! A sorpresa il palco è stato letteralmente invaso dall’esuberante personalità
di Rosanna Sferazza, attrice comica, che ha avuto modo
di esibirsi allo Zelig di Milano, è stata inviata di Striscia la
Notizia ed è collaboratrice decennale di Radio 2. La Sferrazza ha recitato un monologo tratto dal suo spettacolo teatrale “Ma Dio è su facebook?” e ha i poi raccontato le sue
esilaranti esperienze di portatrice di lenti a contatto.
Rispetto agli anni scorsi, l’organizzazione di Assottica ha
scelto di riservare uno spazio ancora più ampio alle relazioni degli esperti internazionali. L’impegno aggiuntivo
per i partecipanti, che hanno dovuto indossare per quasi tutto il tempo le cuffie della traduzione simultanea, è
stato ampiamente ripagato dalla possibilità di assistere ad
un evento di alto livello, con argomenti estremamente aggiornati, per di più a casa propria e nella propria lingua.
Confrontarsi con realtà molto diverse dalle nostre è il primo passo per affrontare le sfide sempre più globali della
contattologia.
L. Boccardo / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 82-85
85
Ciba Vision
European Eyelife
Summit
a cura di Laura Boccardo
La miopia: le ricerche più recenti nel campo
del controllo della progressione miopica
Nei giorni 29 e 30 ottobre scorsi Ciba Vi- ha sviluppato, insieme a Earl Smith III un
sion ha avuto l’onore di ospitare alcuni dispostivo per il controllo della progresdei massimi esperti mondiali nello studio sione miopica Earl Smith ha formulato
del processo di emmetropizzazione e del una teoria secondo cui la causa dell’alluncontrollo della progressione miopica.
gamento eccessivo dell’occhio è da rinLa miopia sta diventando un problema tracciare in un’ipermetropizzazione della
sociale in gran parte del mondo: si stima retina periferica. I normali sistemi di corche attualmente ne sia affetto fino ad un rezione della miopia fanno sì che l’immaquarto della popolazione mondiale, cioè gine si formi a fuoco sulla retina centrale,
1,6 miliardi di persone. Con gli attuali ma non si preoccupano di ciò che accade
trend di crescita, si potrebbero raggiunge- nella retina periferica. Lo studio della rere i 2,5 miliardi di persone entro il 2020. frazione periferica dimostra che, fuori
L’eziologia della miopia non è ancora dall’asse, le immagini tendono ad andare
chiara, perché probabilmente vi contribu- a fuoco oltre il piano retinico, causando
iscono fattori sia genetici, sia ambientali. un’ipermetropizzazione della retina periCerto è che, se un bambino ha entrambi i ferica. L’idea di Smith e di Holden è quingenitori miopi, avrà l’80% delle probabi- di di costruire delle lenti che aumentino
lità di diventare miope. Una delle ipotesi la curvatura di campo dell’immagine, in
al momento più accreditata, riguardo ai modo da indurre un’emmetropizzazione,
fattori scatenanti
la
progressione
miopica, suggerisce che la retina
periferica, più che
la zona maculare,
giochi un ruolo
decisivo nella regolazione del processo di emmetropizzazione.
L’ i n t r o d u z i o n e
all’argomento
è
stata affidata a
Brien
Holden,
che ha coordinato
un ampio studio
Brien Holden conduce
la tavola rotonda sul controllo
epidemiologico
della progressione miopica
sull’argomento ed
86
La gestione del paziente:
la compliance e il business
La relazione di Kathy Dumbleton e Craig Woods
o addirittura una miopizzazione, della retina periferica.
Il Vision Cooperative Research Centre (CRC) di cui Brien
Holden è direttore, ha condotto uno studio clinico su 450
bambini cinesi, di età compresa fra 6 e 16 anni al fine di
verificare l’efficacia di questa nuova tecnologia, impiegata sia per costruire lenti a contatto, sia lenti da occhiale.
I risultati sono incoraggianti, anche se richiederanno ulteriori approfondimenti. Padmaja Sankaridurg, responsabile del programma miopia del Vision CRC, ha portato
i dati riguardanti un prototipo di lenti per occhiali che
sono state in grado di rallentare del 30% la progressione
della miopia in un gruppo di bambini di età compresa
fra i 6 e i 12 anni, che avevano almeno un genitore miope. In altri gruppi di pazienti i risultati sono stati meno
evidenti. Anche nel caso del trattamento condotto con
lenti a contatto, gli effetti maggiori si sono riscontrati in
bambini che avevano una predisposizione genetica alla
miopia. L’intervento successivo di David Troilo ha gettato maggior luce sul processo di emmetropizzazione,
facendo particolare riferimento agli studi condotti sul
modello animale. I lavori più recenti impiegano uistitì
(marmoset in inglese), scimmiette del Sud America, il cui
occhio presenta una struttura del tutto analoga a quella
dell’occhio umano. Come già in passato era stato verificato su scimmie e polli, gli studi condotti su questi primati
confermano che la deprivazione visiva causa un incontrollato aumento della lunghezza assiale dell’occhio, con
conseguente miopizzazione. Questo allungamento può
essere ottenuto anche settorialmente, deprivando la visione in sezioni limitate del campo visivo. In particolare
è stato visto che una distruzione del tessuto retinico periferico ha più effetto miopizzante rispetto alla distruzione
in area maculare. Inoltre, l’inserimento di lenti positive
provoca un’ipermetropizzazione dell’occhio, mentre lenti negative provocano una miopizzazione.
La domanda che a questo punto viene spontanea al clinico è: possiamo allora, a questo punto della ricerca, pro-
Una delle maggiori sfide della nostra professione è la
corretta comunicazione con il paziente: una comunicazione efficace ci porta a essere riconosciuti come esperti
e questo ha vantaggi per il paziente stesso, che userà in
modo più appropriato le sue lenti a contatto e sarà più
fedele al suo contattologo, con evidenti vantaggi anche
per il professionista. Il problema di una corretta comunicazione può essere affrontato da diversi punti di vista:
con una prospettiva più strettamente clinica, oppure con
un occhio puntato verso il profitto economico che deriva
dall’attività optometrica.
Da un punto di vista clinico, la prima conseguenza di
una comunicazione non corretta è la perdita di compliance da parte del paziente: detto in altre parole, senza
usare termini anglosassoni, uno dei problemi maggiori
in contattologia è che il paziente non segue le istruzioni dell’applicatore e dell’azienda produttrice e tende a
gestire in modo autonomo le proprie lenti a contatto,
compiendo degli inevitabili errori. Kathy Dumbleton e
Craig Woods, dell’univerità di Waterloo (Canada) hanno portato i risultati di un interessante studio condotto
nel nord America per valutare le capacità dei pazienti
di seguire le corrette procedure di utilizzo delle lenti a
contatto. Uno dei punti critici che si è evidenziato è il
rispetto dei tempi di sostituzione delle lenti a contatto
a ricambio frequente. I più indisciplinati sono gli utiliz-
Bertrand Piccard
L. Boccardo / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 86-89
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C RON A C A
C ON GRE SSI
porre ai genitori una procedura affidabile per il controllo
della miopia nei loro bambini? Prima di poter dare una
risposta certa saranno necessari ulteriori approfondimenti.
D’altra parte, come ha sottolineato Marco van Beusekom,
i numerosi studi sul controllo della miopia condotti sui
bambini mediante applicazione di lenti a contatto hanno se
non altro dimostrato che anche i più giovani sono pazienti
adatti all’uso delle lenti a contatto e non esiste motivo di
ritardare l’applicazione ad un’età più matura.
zatori di lenti bisettimanali, che mediamente portano le
lenti 37 giorni invece di 15. I portatori di lenti mensili
si comportano un po’ meglio, ma tendono comunque a
ritardare la sostituzione e usano ciascun paio di lenti per
47 giorni di media. In generale la causa di questo ritardo
è una semplice dimenticanza, ma in alcuni casi i pazienti
dichiarano che è l’applicatore stesso a suggerire un utilizzo più lungo rispetto a quello specificato dall’azienda
produttrice. I pazienti con scarsa compliance sono quelli
che più facilmente vanno incontro a complicanze o problemi di comfort. Altri punti critici sono la pulizia delle
lenti, l’abitudine a rabboccare il liquido nel contenitore,
la pulizia e la sostituzione del contenitore.
Degli aspetti più strettamente manageriali si sono occupati Andy Clark e Mohammed Bhojani, puntando
l’attenzione sui fattori che possono rendere davvero
profittevole l’attività di contattologo: alta soddisfazione
del paziente, numero crescente di nuove applicazioni e
fedeltà dei pazienti già acquisiti. Per ottenere questi risultati è indispensabile un buon equilibrio fra le abilità
cliniche e le capacità manageriali del professionista.
Pensare
in modo pionieristico
Chi è un pioniere? Chi va oltre i limiti di ciò che è si-
curo, chi supera i confini di ciò che altri hanno già sperimentato, chi non ha paura di fare quello che tutti gli
altri considerano impossibile. Un pioniere è in sostanza
un sognatore che realizza i propri sogni. E quale sogno
ha affascinato di più l’umanità, se non la possibilità di
volare?
Bertrand Piccard ha il pionierismo inserito nel DNA: suo
nonno ha raggiunto la stratosfera nel 1931, quando tutti i
suoi colleghi scienziati dicevano che era impossibile; suo
padre ha raggiunto gli abissi marini, a profondità che nessuno pensava accessibili al genere umano. Il dottor Piccard ha fatto del pionierismo una missione. Ha condotto
la sua mongolfiera intorno al mondo perché in qualche
modo sembrava un’impresa impossibile. Dalla sua impresa ha tratto una lezione di vita: non si può avere tutto
sotto controllo, bisogna lasciarsi trascinare dal vento senza opporsi, senza lottare contro di esso, ma adattandosi
in continuazione a ogni nuova circostanza, a ogni imprevisto che la vita ci mette davanti. Un po’avventuriero, un
po’ filosofo, in pochi minuti Bertrand Piccard ha ipnotizzato tutta la platea. Per chi come me è cresciuta nel mito
di Jules Verne, è stato come incontrare, in carne e ossa,
Capitano Nemo e Phileas Fogg in un colpo solo.
E cosa sogna un uomo così per il futuro dell’umanità?
Sostanzialmente quello che sogniamo tutti: un’energia
inesauribile e pulita, che ci permetta di vivere in armonia
con la natura in un mondo senza inquinamento e senza
dipendenza dal petrolio. Il sole ci può permettere tutto
questo. Mentre noi continuiamo a sognare, il dottor Piccard lavora alla costruzione di un mondo diverso. Ora
tutte le sue energie sono impegnate nel progetto di un
aereo solare che possa volare ininterrottamente giorno e
notte, senza aver mai bisogno di fare rifornimento. Gli
scettici dicevano che era impossibile da costruire. Quan-
do l’hanno visto finito, hanno detto che non avrebbe mai
volato. Quando l’hanno visto volare, hanno detto che il
suo volo era inutile. Con questa logica anche il volo dei
fratelli Wright del 1903 è stato inutile: a cosa può essere servito percorrere 37 metri con un volo di 12 secondi,
se non a realizzare uno dei maggiori sogni dell'uomo?
A Piccard in realtà è andata meglio e il suo aereo, al primo volo, è riuscito a volare per un giorno intero ricaricando le batterie, una notte intera senza finire l’energia
e schiantarsi al suolo e poi ancora un giorno intero per
completare nuovamente il ciclo di carica delle batterie. In
teoria il suo aereo solare avrebbe potuto continuare il suo
volo a tempo indeterminato. Lo scopo finale del progetto è dimostrare la possibilità di circumnavigare la terra
senza altra energia se non quella che deriva dal sole. Che
possiamo dire: siamo tutti con te, Bertrand Piccard!
Le nuove tendenze
in contattologia: toriche e
multifocali
Nel nostro piccolo, possiamo pensare in modo pionieristico quando applichiamo lenti a contatto. Questo significa andare oltre le solite lenti che applichiamo d’abitudine: non fermarci alle lenti sferiche quando è necessario
applicare una lente torica, convertire ogni volta che è
possibile le lenti idrogel in lenti silicone idrogel, traghettare i nostri pazienti quarantenni dalle lenti monofocali a
quelle multifocali.
Come ci comportiamo noi, nella nostra pratica quotidiana di fronte a queste nuove opportunità? E come reagisce
il mercato globale della contattologia? Phillip Morgan
e Jason Nichols hanno illustrato l’andamento della contattologia nel mondo e, a dispetto di una società sempre
più uniformata nelle mode e nelle esigenze, emergono
differenze inaspettate anche fra mercati molto vicini geograficamente e culturalmente. Difficile spiegare perché
l’Olanda è il regno delle lenti rigide e in Norvegia spopola il porto continuo, mentre i danesi e i giapponesi amano le lenti giornaliere, che invece non hanno lo stesso
fascino negli Stati Uniti. Per fortuna la contattologia propone uno spettro così ampio di lenti, che pare soddisfare
i gusti più disparati.
Tranne qualche eccezione, uno dei trend generalmente in
crescita è il segmento delle lenti giornaliere. James Wolffshon ha cercato di conquistare a questa modalità applicativa anche gli ultimi scettici, illustrando due punti di
forza delle lenti giornaliere: la tollerabilità in caso di pazienti affetti da allergie e l’impiego di umettanti legati al
materiale per migliorare il comfort. Myriam Demillère e
Philippe Protat hanno invece rivestito i panni di avvocati difensori delle lenti in silicone idrogel, presentando
i risultati di uno studio sulla riapplicazione di lenti in
silicone idrogel in pazienti già portatori di lenti idrogel.
Sebastian Marx ha presentato un aggiornamento sulle
nuove disponibilità di lenti toriche, illustrando le varie
modalità di porto e i diversi sistemi di stabilizzazione disponibili. Ma la vera opportunità è costituita dall’esercito
L. Boccardo / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 86-89
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E per concludere:
uno sguardo al futuro
Jason Nichols
di neo presbiti, che non si vogliono arrendere all’arrivo
dei mezzi occhiali. La sfida che accomuna aziende e applicatori è fornire una correzione efficace da vicino e da
lontano a questa fascia sempre crescente di popolazione.
Craig Woods ha presentato una serie di studi clinici che
hanno valutato le prestazioni di tre diversi sistemi di correzione della presbiopia: la monovisione, le multifocali
e, infine, le lenti per lontano con l’occhiale per vicino. I
trend più recenti mostrano una crescita della diffusione
delle lenti multifocali. L’approccio del contattologo a
questo tipo di applicazione deve tenere conto che molte
valutazioni, cui siamo abituati a fare riferimento, in questo caso sono poco attendibili. Controlli in generale considerati obbligatori, come la misura dell’acuità visiva da
vicino e da lontano, danno risultati non correlabili con le
reali esigenze del paziente. Quando si ha a che fare con le
lenti a contatto multifocali, contano di più le valutazioni
soggettive e le prove nel cosiddetto “mondo reale”. Inoltre, assume un peso determinante l’aspetto psicologico
della questione: spesso la presbiopia costringe i ragazzi
quarantenni al primo confronto con l’età che avanza. Chi
ci è già passato capisce meglio la situazione e, infatti, gli
optometristi più anziani sono anche quelli più propensi
a prescrivere lenti multifocali. In ogni caso, quanto più è
positivo l’atteggiamento con cui si affronta il problema,
tanto più è vicina la soluzione. A questo scopo può essere
utile anche una canzone! E così è entrata in scena Sarah
Morgan, con un’esilarante, quanto azzeccata parodia,
in cui “Mamma Mia!” è diventata “Presbiopia!” (N.d.r.:
vedi link www.youtube.com/watch?v=rxZ8IjdpzDg).
Neppure alla cena di gala della sera prima (per quanto
scoppiettante) il pubblico è rimasto altrettanto coinvolto
dal clima giocoso che si è creato in sala!
Il futuro della contattologia sta tutto nell’innovazione:
nuovi strumenti clinici, nuovi materiali, nuove strategie applicative. Gli strumenti che avremo a disposizione
nella clinica del prossimo futuro li possiamo già vedere
ora, usati nel campo della ricerca: osservare le strutture
oculari in vivo con lo stesso dettaglio che offre un’analisi istologica, è un’opportunità ancora fuori dalla portata
del contattologo medio, ma i microscopi confocali sono
già una realtà in campo oftalmologico. In contattologia
questi strumenti permetteranno una diagnosi precoce
delle complicanze da lenti a contatto e una migliore comprensione della fisiologia corneale. Di questo ha parlato
la dottoressa Inma Pérez-Gómez, seguita da Timothy
Giles, che ha invece illustrato gli ultimi sviluppi della
ricerca nel campo delle superfici e dei materiali antimicrobici. Gli antimicrobici comprendono antibatterici,
antivirali e antifungini. Come gli antibiotici, gli antibatterici hanno la funzione di eliminare o inibire la crescita dei batteri, la loro azione è però di più ampio spettro
e meno specifica e, quindi, meno soggetta a resistenze.
Le tecnologie a disposizione comprendono l’impiego di
ioni argento, selenio, ossido nitrico, bloccanti dei sistemi
di comunicazione intercellulari e proteine antiinfettive,
come le difensine e la lattoferrina.
La ricerca non si ferma qui. Le possibilità di miglioramento sono infinite per chi guarda alla contattologia con
animo pionieristico e quello che ora sembra impossibile diventerà realtà prima di quanto pensiamo. A Jason
Nichols è spettato il compito di concludere i lavori, guidandoci in un breve viaggio in quella che sarà la realtà
del prossimo futuro. Per migliorare la correzione visiva
ci saranno lenti in grado di variare il proprio potere refrattivo in modo dinamico. La stessa variazione si potrà
ottenere nel coefficiente di assorbimento e avremo lenti fotocromatiche a contatto. Le lenti saranno usate per
somministrare i farmaci, risolvendo i problemi di compliance e di dosaggi legati ai colliri. Le lenti a contatto
rileveranno i nostri dati biometrici e monitoreranno la tonometria, i livelli di emoglobina, di insulina, di ossigeno.
Attraverso le lenti a contatto otterremo il controllo della
progressione miopica. Sconfiggeremo le cheratiti infettive con sistemi di manutenzione più efficaci e superfici
antimicrobiche.
Se avete qualche proposta davvero pionieristica, fatevi
avanti: magari si realizzeranno proprio le idee che adesso sembrano più improbabili!
Guarda il video su YouTube:
www.youtube.com/watch?v=rxZ8IjdpzDg
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IMMAGINI DI LAC
BENZINA VERDE
a cura di
Fabrizio Zeri
L’uso di alcuni coloranti vitali è estremamente utile per
la valutazione della superficie oculare. Tra questi troviamo la lissamina verde, introdotta con questo scopo da
Norn nel 19731. La lissamina verde ha proprietà molto
simili al rosa bengala e colora selettivamente le cellule
morte e/o danneggiate2. Viene istillata attraverso delle strip monodose ed è visualizzabile al meglio, dopo
qualche minuto dall’applicazione, osservando il soggetto in lampada a fessura con luce bianca (vedi foto). È
stata anche indicata la possibilità di utilizzare un filtro
rosso (Wratten, 25) per aumentare il contrasto della colorazione3. La lissamina è un colorante non tossico, per
concentrazioni fino all’1%4, che non provoca bruciore 5,6,
che va istallato rimuovendo le lac che altrimenti l’assorbirebbero.
Da un indagine eseguita tra clinici, sia del settore oftalmologico che optometrico, è emerso che l’uso della
lissamina è limitato al 3% degli intervistati, ma anche
che essa è ritenuta una tra le prime 4 opzioni, in ordine
d’importanza, per la valutazione dell’occhio secco7. La
lissamina è utilizzabile in associazione alla fluoresceina
anche se è consigliabile istillarla dopo quest’ultima8.
Una colorazione positiva alla lissamina può evidenziare problematiche contattologiche di tipo meccanico o
da disidratazione, soprattutto congiuntivali9, ed è stato
evidenziato che essa è selettivamente associata alla presenza di sintomi da parte del paziente10.
Nella foto è riportato il caso di un portatore di lenti a
contatto che lamentava bruciore e sensazione di corpo
estraneo sull’occhio sinistro in seguito ad esposizione
del viso davanti al forno di casa. Mentre il soggetto non
presentava una positività alla fluoresceina, con il verde
di lissamina era evidente una colorazione congiuntivale
perilimbare esterna, probabilmente legata a danneggiamento delle cellule dell’epitelio congiuntivale in seguito
alla disidratazione superficiale causata dal forte calore.
Per concludere il verde di lissamina offre gli stessi vantaggi del rosa bengala ma risulta più “ecologico” per
il paziente e l’ambiente oculare esterno: una sorta di
benzina verde per l’esame oculare.
Bibliografia
1. Norn MS. Lissamine green. Vital staining of cornea and conjunctiva. Acta Ophthalmol (Copenh) 1973; 51: 483–91.
2. Korb D, Craig J, Doughty M, Gillon JP, Smith G, Tomlison
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Butterworth-Heinemann, 2002.
3. Matheson A. The use of stains in dry eye assessment. Optician, 2007; 233: 26-31.
4. Chodosh J, Dix RD, Howell RC, Stroop WG, Tseng SCG. Staining characteristics and antiviral activity of sulforhodamine
B and lissamine green B. Invest Ophthalmol Vis Sci 1994; 35:
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5. Manning FJ, Wehrly SR, Foulks GN. Patient tolerance and
ocular surface staining characteristics of lissamine green versus rose bengal. Ophthalmology 1995; 102: 1953–7.
6. Guillon JP, Godfrey A. Tear and contact lenses. In Ed.Phillips
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7. Korb D. Survey of preferred tests for diagnosis of tear film
disorders and dry eye. Cornea 2000; 19(4): 483-6.
8. Korb DR, Herman JP, Finnemore VM, Exford JM, Blackie
CA An evaluation of the efficacy of fluorescein, rose bengal,
lissamine green, and a new dye mixture for ocular surface
staining. Eye Contact Lens 2008; 34(1): 61-4.
9. Garofalo RJ, Ramsey AC. Going Green to Evaluate Contact
Lens Fit. Contact Lens Spectrum 2010; May: 34-37.
10. Guillon M, Maissa C. Bulbar conjunctival staining in contact lens wearers and non lens wearers and its association
with symptomatology. Contact Lens & Anterior Eye 2005; 28:
67–73.
Autore corrispondente: Fabrizio Zeri
Email: [email protected]
90
R U B R ICA
IMMAGINI DI LAC
NUOVE GRADING SCALES PER IMMAGINI
Giulia Graviano
Università degli Studi di Padova
L’elaborazione e l’uso di grading scales (scale di gradazione) in ambito contattologico nasce dal bisogno di oggettività nella registrazione dei risultati dell’esame preliminare all’applicazione di lenti a contatto e delle relative
visite di controllo. Infatti, una registrazione puramente
descrittiva e qualitativa delle osservazioni fatte può essere equivoca e prestarsi a più interpretazioni.
Oltre a una registrazione dei dati più oggettiva, l’utilizzo
di questo strumento aiuta il contattologo a riconoscere
situazioni clinicamente significative, a quantificare eventuali cambiamenti della fisiologia corneale, consentendo
anche di fissare dei limiti di accettabilità per queste variazioni, anche per differenti tipologie di porto1, e permette
di comunicare con precisione i propri risultati ad altri
professionisti.
Il loro uso può essere affiancato dall’acquisizione di immagini dal biomicroscopio. Questo tipo di registrazione
non dovrebbe sostituire la trascrizione di dati nella scheda del paziente2, così da avere un’analisi delle caratteristiche salienti dell’immagine già pronta per i controlli
successivi ed evitare la perdita di dati qualora si perdessero le immagini.
I sistemi di gradazione più diffusi per le complicanze indotte dall’uso delle lenti a contatto sono quelli che prevedono il confronto con una serie di immagini, che illustrano
l’anomalia considerata in diversi stadi. Tra le più note e
diffuse scale di gradazione di questo tipo troviamo quella
elaborata dal CCLRU (Cornea and Contact Lens Research
Unit), denominata anche IER, e quella elaborata da Nathan Efron. La principale differenza tra queste due grad-
Figura 1
Prima e seconda di copertina delle grading scales del gruppo di ricerca
Jenvis.
ing scales consiste nel sistema di raffigurazione: troviamo
una classificazione per immagini fotografiche nel sistema
proposto dal CCLRU ed una per immagini grafiche in
quello proposto da Efron, con i vantaggi e gli svantaggi
che comportano i due tipi di rappresentazione (Tab.1).
Grazie alla computer-grafica le grading scales (Fig.1-2)
proposte dal gruppo di ricerca Jenvis dell’Università di
Jena unisce alcuni dei pregi delle due modalità di rappresentazione, permettendo di avere immagini molto vicine
alla condizione reale, tutte con lo stesso ingrandimento
e colori simili, come se si trattasse dello stesso paziente
Scale fotografiche
Scale grafiche
Vantaggi
Svantaggi
Vantaggi
Rappresenta la condizione
reale
Le immagini usate per
la stessa complicanza
raffigurano, in genere,
pazienti diversi, fotografati
in condizioni, solitamente
diverse
Qualunque condizione può
essere rappresentata anche
quelle più complesse da
fotografare come strie, pieghe
e microcisti epiteliali
Possono essere simulati gli
stessi toni di colore, lo stesso
angolo di visione e lo stesso
ingrandimento per tutte le
immagini
Svantaggi
Non sempre si riesce a
simulare perfettamente la
condizione reale
Gli artisti specializzati
nella pittura d’immagini di
carattere medico sono rari
Tab. 1
Confronto tra grading scales fotografiche e grafiche. Riadattata da Lupelli3.
91
Immagini di lac Nuove grading scales per immagini
Breve guida pratica all’uso delle grading scale
1. Utilizzare illuminazione e ingrandimento i più simili possibili a quelli utilizzati nelle grading scales
che si è scelto di utilizzare.
2. Durante l’esame preliminare, annotare nella scheda
d’esame il grado e la localizzazione della condizione
delle strutture esaminate per stabilire una baseline
pre-applicativa (Ad es.: Staining corneale = grado 1,
zona inferiore).
3. Annotare nella scheda d’esame il tipo di grading
scales utilizzate.
Figura 2
Terza e quarta di copertina delle grading scales del gruppo di ricerca
Jenvis.
ripreso in diversi stadi. Questa scala prevede la classificazione di 9 condizioni, ciascuna in 5 gradi (da 0 a 4):
rossore bulbare, rossore limbare, rossore tarsale, neovascolarizzazione corneale, staining corneale, SICS (staining
corneale indotto da una soluzione), polimegatismo endoteliale, strie e pieghe della descemet, microcisti e vacuoli
epiteliali; e una localizzazione in 5 settori per la congiuntiva tarsale della palpebra superiore e per la cornea, per
la cornea può essere utilizzata anche una localizzazione
più dettagliata in 9 settori, il cui uso è consigliato soprattutto per scopi investigativi.
4. Confrontare i dati del paziente con le indicazioni
dell’autore del sistema di classificazione, in modo da
verificare che siano dentro la norma o meno.
5. Alle visite di controllo, avere cura di utilizzare le
stesse grading scales dell’esame preliminare.
6. Prendere nota della nuova condizione e confrontarla con i dati della baseline, quantificare eventuali
variazioni rispetto all’esame pre-applicativo in termini di numero di gradi (Ad es.: Staining corneale =
grado 3, zona inferiore; +2 gradi).
7. Nelle comunicazioni con altri professionisti riferire
quali grading scales sono state utilizzate nella classificazione delle complicanze.
Bibliografia
1. Terry R L, Schnider CM, Holden B A et al. CCLRU Standards
for success of daily and extended wear contact lenses. Optom
Vis Sci. 1993; 70: 234-243.
2. The College of Optometrists, Code of ethics and guidelines
for professional conduct. http://www.college-optometrists.
org/en/professional-standards/Ethics_Guidelines/index.
cfm . [Online] Agosto 2010. [Citato: 17/09/2010.]
3. Lupelli L. Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall'uso di lenti a contatto. Lac. 2002; 4 (3): 10-19.
Autore corrispondente: Giulia Graviano
Email: [email protected]
G. Graviano / Lac - Lenti a contatto 2010; 12: 91-92
92
R U B R ICA
PILLOLE DI LAC
E DINTORNI
a cura di
Luigi Lupelli
È stato pubblicato…
Fattori di rischio
nell’insorgenza di eventi
infiltrativi della cornea
nell’uso continuo di lenti a
contatto in silicone idrogel
Szczotka-Flynn L., Lass J.H., Sethi A. et al.
Investigative Ophthalmology & Vision Science 2010;
51: 5421-5430
La correzione permanente del difetto refrattivo é possibile con le lenti
a contatto, in particolare con il tipo
in silicone idrogel ad elevato Dk/t.
Il gruppo di ricerca coordinato da
Szczotka-Flynn ha provato ad individuare i fattori microbiologici, clinici, demografici e comportamentali
che possono favorire l’insorgenza di
eventi infiltrativi. Lo studio è stato
eseguito, nell’arco di un anno, su
205 soggetti che hanno utilizzato
lac in lotrafilcon A. Più della metà
dei soggetti ha mostrato episodi
frequenti (53%) di staining corneale. Però la presenza tale segno non
appare essere associato all’insorgenza di eventi infiltrativi. I fattori
di rischio più rilevanti sono invece
rappresentati dalla presenza di carica microbica sulle lenti a contatto e
dal fumo di sigarette.
Cambiamento e recupero
della curvatura corneale
posteriore dopo sei mesi di
trattamento ortocheratologico
notturno
Chen D., Lam A.K.C., Cho, P.
Ophthalmic & Physiological Optics 2010; 30: 274-280
L’ortocheratologia notturna con len-
ti a geometria inversa ha ottenuto
una discreta popolarità principalmente per la possibilità potenziale
di controllare parzialmente la progressione miopica. Le variazioni
corneali indotte dal trattamento
sono sicuramente quelle dell’appiattimento apicale e dell’assottigliamento dell’epitelio. Facendo uso
di un topografo corneale basato sul
principio di Scheimpflug, gli autori si pongono l’obiettivo di individuare le eventuali variazioni della
curvatura (simulazione delle letture cheratometriche) posteriore della
cornea indotte dal trattamento in un
periodo di sei mesi. Subito dopo la
rimozione delle lenti a contatto, al
mattino, la superficie posteriore della
cornea appare più curva. Il ritorno ai
valori di curvatura corneale di base
si hanno dopo due ore dalla rimozione delle lenti. Tali variazioni sono
le stesse che, in un altro studio, sono
state osservate al risveglio in soggetti
non portatori di lenti a contatto. Ciò
fa ritenere che le variazioni refrattive
indotte dal trattamento ortocheratologico notturno sono da attribuirsi
soltanto ad appiattimento apicale
della parte anteriore della cornea.
Gli autori hanno così quantificato
la concentrazione sia di lisozima
che lipocalina in due gruppi di donne in menopausa: uno con sintomi
di secchezza oculare e l’altro senza
sintomi. La suddivisone in gruppi
è stata effettuata tramite il questionario OSDI (Ocular Surface Disease
Index). I risultati sembrano essere in
contrasto con quelli trovati da altri
autori in altri modelli di popolazione. Infatti la concentrazione di lisozima e lipocalina, in età menopausale, non è in relazione né coi sintomi
di secchezza oculare, né con la stabilità del film lacrimale o la quantità
di secrezione prodotta nell’unità di
tempo.
Concentrazioni di lisozima
e lipocalina nelle lacrime di
donne in età menopausale
Srinivasan S., Joyce E., Boone A. et al.
Ophthalmic & Physiological Optics 2010; 30: 257-266
Spesso la ridotta concentrazione
delle proteine nelle lacrime è stata
indicata come un biomarker dell’occhio secco. In questo studio l’analisi è stata eseguita per una fascia di
persone ad alto rischio di occhio
secco: donne in età di menopausa.
93
TIPS
& TRICKS
a cura di
Laura Boccardo
Per ridurre i sintomi di occhio
secco
Quando ci sono sintomi di secchezza
oculare, può essere utile suggerire ai
pazienti di instillare una goccia di lacrime artificiali la mattina, appena prima di mettere le lenti a contatto. Poi
fategli instillare un’altra goccia la sera
per lubrificare la lente appena prima
di toglierla. Abbiate cura di prescrivere il tipo di umettante da utilizzare e
spiegate al paziente che non tutte le
formulazioni sono adatte all’uso con
lenti a contatto.
Susan J. Gromacki, Care Solution Corner,
CLToday, 22 agosto 2010
Quanto conta l’età?
Come capire se un bambino è pronto
per iniziare a utilizzare le lenti a contatto? Come clinici, sarebbe comodo
poter utilizzare un criterio netto, che
vada bene per tutti i pazienti. In realtà, molti contattologi esperti che si
occupano di applicazioni in età pediatrica raccomandano di non usare l’età
come criterio di scelta per l’applicazione delle prime lenti a contatto.
Questi esperti suggeriscono di valutare il problema in modo più ampio,
considerando la maturità, la destrezza
e la motivazione che percepiscono dal
comportamento del piccolo paziente.
Un recente sondaggio proposto su CLToday ha messo in evidenza che solo
il 15% degli applicatori (circa 1 su 6)
utilizza l’età come criterio primario.
Jason J. Nichols, Editor's Commentary,
CLToday 12-19 settembre 2010
C’è un app per questo
Il vostro paziente dimentica sempre il
giorno in cui sostituire le sue lenti a
contatto? C’è un app per questo. Se è
uno del milione di italiani che posseg-
94
gono un iPhone, potete proporgli un
paio di applicazioni che avvertono il
paziente alla scadenza delle sue lenti.
Mentre siete lì, approfittate anche voi
per fare un giro all’App Store e troverete un sacco di strumenti utili in contattologia: formulari, convertitori per
la distanza al vertice o per il passaggio da diottrie a millimetri, calcolatori
di cilindri obliqui per la rotazione delle lenti toriche e interi cataloghi. Se poi
si considera l’ambito optometrico più
ampio, vasta è la scelta di ottotipi, test
per la visione dei colori, la sensibilità
al contrasto o la funzione maculare,
atlanti e dizionari oftalmologici. Alcune applicazioni sono solo dei gadget
(per esempio i test di acuità visiva), altre invece sono veri strumenti di lavoro (per esempio i calcolatori di cilindri
obliqui). Alcune sono molto specifiche, altre si offrono come un completo
supporto allo svolgimento dell’esame
visivo. La lingua è ovviamente l’inglese, ma in molti casi si tratta solo di
avere a che fare con numeri e figure.
I prezzi sono più che abbordabili: io
in realtà ho scaricato solo materiale
gratuito e ho da divertirmi per un bel
po’. (L.B.)
sionista. A maggior ragione l’uso del
forottero non è consigliabile, sia perché impedisce i movimenti, sia perché
la conseguente riduzione di illuminamento retinico aumenta la grandezza
della pupilla e altera il risultato visivo. Il flipper appare quindi un modo
rapido, dinamico e coinvolgente per
raffinare il valore della correzione finale. Applicando lenti a contatto multifocali è inoltre particolarmente importante, nel corso dei controlli in studio, utilizzare un approccio ecologico,
organizzando postazioni e test visivi
che riproducano il più fedelmente
possibile le abituali condizioni visive
nelle quali il paziente studia, lavora,
trascorre il proprio tempo. Per questo,
dopo le prove in studio, è opportuno
affidare le lenti a contatto multifocali
all’utilizzatore per alcuni giorni, così
che possa provarle nel proprio ambiente domestico e lavorativo.
Silvio Maffioletti, Convegno Assottica,
27 settembre 2010
Autore corrispondente:
Laura Boccardo
Email: [email protected]
Riscopriamo i flipper
La definizione del potere definitivo
delle lenti a contatto multifocali può
essere utilmente effettuata servendosi di flipper di sf +/-0.25 D. I flipper
vengono affidati al paziente, che più
volte li antepone agli occhi e li toglie
mentre viene lasciato libero di muoversi nello studio, apprezzando le
porzioni di spazio vicino e lontano
che guadagna e perde modificando
la sua correzione di 0,25D in più o in
meno. L’utilizzo dell’occhiale a questo scopo è invece meno comodo per
il paziente e poco pratico per il profes-
Avete un piccolo trucco o qualsiasi suggerimento che possa risolvere i problemi
più comuni che si incontrano nella pratica
contattologica di tutti i giorni?
Avete piacere di condividerlo con i colleghi?
Inviate i vostri Tips&Tricks alla redazione
di LAC.
RUBIRCA
IN RETE
WWW.SILICONEHYDROGEL.ORG
a cura di
Laura Boccardo
Per quanti volumi affollino la vostra
libreria, scommetto che la prima cosa
che vi viene in mente quando cercate
un’informazione è accendere il computer e digitare qualche parola su un
motore di ricerca. A quel punto cosa
succede? Facciamo un esempio: se si
inseriscono in Google le parole “silicone hydrogel”, vengono visualizzati
circa 127.000 risultati, che si riducono
a 79.000 in abbinamento a “contact
lens”. Quante di queste pagine meritano veramente di essere lette? Secondo il mio parere, www.siliconehydrogel.org merita di essere letto.
Siliconehydrogel.org è una pubblicazione on-line che, come dice il nome,
tratta in modo specifico e approfondito solo gli argomenti correlati alle
lenti a contatto in silicone idrogel. Il
sito è curato dal Centre for Contact
Lens Research (CCLR) dell’Università di Waterloo e dal Vision Cooperative Research Centre (Vision CRC)
australiano. Attraverso le pagine web
vengono messe a disposizione e rese
accessibili tutte le informazioni pubblicate in varie forme da questi gruppi di ricerca, che studiano i materiali
silicone idrogel ormai da vent’anni.
Lo scopo del sito web è condividere
questa straordinaria esperienza con
tutti coloro che si occupano di lenti a
contatto in veste di applicatori, clinici, ricercatori, docenti o studenti.
Ovviamente la lingua utilizzata è
l’inglese. L’unica alternativa è il cinese, che di certo è ancor meno alla
nostra portata.
Con cadenza pressoché mensile la
home page viene aggiornata con una
nuova serie di articoli, compreso un
editoriale che fa il punto sugli argomenti di maggiore attualità. Gli articoli pubblicati trattano le proprietà
fisico-chimiche dei vari materiali
in silicone idrogel, la gestione delle
complicanze legate all’uso di queste
lenti, le interazioni fra i materiali e i
prodotti per la manutenzione, le strategie applicative e le modalità di uso
delle lenti in silicone idrogel rispetto
a quelle in idrogel. Nella sezione “In
the practice” vengono trattati argomenti spiccatamente clinici e presentati case report. È possibile iscriversi
a una newsletter che avverte tutte le
volte che ci sono aggiornamenti.
All’interno del sito si accede a un
archivio (Research Library) che contiene un glossario di termini tecnici,
oltre articoli clinici, resoconti di congressi, abstract di articoli scientifici,
poster e rassegne di studi su argomenti specifici. Inoltre, attraverso la
sezione Risorse (Resources), è possibile richiedere il poster delle Grading
Scales e la Guida alle Complicanze
Corneali Infiltrative (disponibile anche in italiano), pubblicati dall’Institute for Eye Research (IER). Sempre
nella sezione Risorse è disponibile
un’ampia documentazione e del materiale informativo per i pazienti, utili strumenti per il professionista nella
prevenzione, diagnosi e trattamento
delle cheratiti microbiche. Attraverso
i link è possibile accedere ai siti del
CCRL, del Brien Holden Institute e
del Vision CRC.
Il visitatore può anche interagire con
gli esperti, inviando delle domande che poi verranno inserite con relativa risposta nella sezione Q&A
(Questions and Answers). Inoltre è
possibile partecipare a sondaggi su
controversie e dubbi di carattere clinico e, guardando poi i risultati, capire quali sono le opinioni degli altri
colleghi che operano in tutto il mondo. L’intervento attivo degli applicatori di lenti a contatto è incoraggiato
e richiesto dai curatori del sito che,
in questo modo, possono orientarsi
nella scelta dei contenuti in base agli
interessi effettivi dei visitatori di siliconehydrogel.org.
Autore corrispondente:
Laura Boccardo
Email: [email protected]
95
RNOTE
U B R ICA
NOTE
PER GLI AUTORI
Lenti a contatto (lac) è una rivista il cui obiettivo è fornire ai professionisti del settore, ricercatori e studenti, informazioni aggiornate sulle
ricerche cliniche e scientifiche nell’ambito dell’area contattologica, nella
fisiologia e patologia dell’occhio esterno.
coli di rassegna bibliografica, casi clinici, descrizioni di nuovi strumenti
o procedure dovrebbero essere costituiti da: sommario, introduzione,
testo e commenti.
Sono benvenuti tutti gli articoli originali a carattere clinico, di ricerca,
rassegne bibliografiche, casi clinici ed editoriali che trattino argomenti
legati alla contattologia. Possono anche essere pubblicate lettere attinenti lo sviluppo professionale e la sua evoluzione, l’educazione e gli
eventi del settore.
Bibliografia
I riferimenti nel testo dovranno essere soltanto numerici e riportati con
un corpo più piccolo ad apice.
L’elenco dei riferimenti deve essere riportato in pagine separate del testo e dovrà essere redatto secondo le modalità sotto elencate, rispettando la punteggiatura e lo stile indicati:
Tutti gli articoli devono essere inviati all’attenzione di:
Marica Lava o Oscar De Bona
CIBA Vision s.r.l.
Via E. Mattei, 11, 30020 Marcon (VE)
Articoli di riviste
Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’articolo, titolo
della rivista abbreviato secondo le norme codificate, anno, volume, prima e ultima pagina in cui appare l’articolo.
I lavori inviati non devono essere stati precedentemente pubblicati su
altre riviste o presentati per la pubblicazione contemporaneamente ad
altri giornali. Il testo dell’articolo, corredato da eventuali immagini,
deve essere inviato in duplice copia per essere esaminato. Il lavoro deve
pervenire anche su supporto magnetico. Dopo la revisione dei referees,
l’autore corrispondente sarà informato sull’esito della revisione. Nel
caso d’accettazione del lavoro presentato, farà seguito la documentazione necessaria per la cessione dei diritti.
Dattiloscritto, dischetto e immagini originali, anche se non pubblicati,
non saranno necessariamente restituiti.
Nel caso che la numerazione delle pagine della rivista non segua un
ordine annuale, accanto al numero del volume indicare, tra parentesi,
anche il numero del fascicolo.
Preparazione del dattiloscritto e del supporto magnetico
I dattiloscritti devono pervenire su fogli A4.
Impostazione margine superiore 2,50 cm, inferiore e laterale, destro e
sinistro, 2 cm.
Per il frontespizio, il sommario, il testo, i ringraziamenti, la bibliografia,
le tabelle e le didascalie delle illustrazioni utilizzare il carattere Times
New Roman corpo 12. Le pagine devono essere numerate in modo progressivo iniziando dal frontespizio. Tutti i lavori accettati per la pubblicazione debbono pervenire anche su supporto magnetico, nei formati
Macintosh e IBM compatibili elencati:
MacWrite, Microsoft Word, Solo testo, R.T.F.
Frontespizio
La prima pagina deve includere il titolo per esteso, ed eventualmente
anche ridotto, il nome e cognome, per esteso, degli autori nella sequenza desiderata, eventuali istituti o enti d’appartenenza, il nome, l’indirizzo ed il numero di telefono dell’autore cui fare riferimento per la
corrispondenza.
Sommario
Il sommario in lingua italiana, che non deve contenere più di 130 parole, deve essere riportato su una pagina separata. È auspicabile che l’autore sottoponga anche un sommario più esteso, massimo 230 parole, in
lingua inglese. Entrambi devono contenere la parte centrale del tema
trattato, il metodo di lavoro, i risultati e le conclusioni.
Parole chiave
Per facilitare la schedatura degli articoli indicare da 3 a 7 parole chiave
per ogni articolo. Tali parole chiave, in lingua italiana ed inglese, debbono seguire i relativi sommari.
Testo
Gli articoli di ricerca dovranno essere comprensivi di: introduzione, descrizione del materiale, metodo di lavoro, risultati e discussione. L’introduzione deve riportare in modo conciso gli obiettivi dello studio.
Il materiale e i metodi utilizzati devono essere descritti in dettaglio,
mentre i risultati dovrebbero essere descritti in maniera succinta. La discussione deve essere limitata all’osservazione dei dati presentati. Arti-
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Esempio di articolo da rivista
Simmons PA, Tomlinson A e Seal DV. The role of Psedomonas aeruginosa biofilm in the attachment of Acanthamoeba to four types of hydrogel contact lens materials. Optom Vis Sci, 1998; 75: 860-866
Libri
Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo e sottotitolo dell’opera con iniziali maiuscole, luogo di edizione, editore, anno, n. pagine.
Esempio di libro
Fletcher R e Still DC. Eye Examination and Refraction.
Oxford, Blackwell Science, 1998, 58-60.
Nel caso che si faccia riferimento ad un capitolo di libro:
Woodward G. Clinical applications of contact lenses. In Edwards K. e
Llewellyn R. Optometry. London, Butterworth, 1988, 486-500.
Tutte le citazioni devono essere organizzate sulla base della numerazione del testo e non secondo l’ordine alfabetico.
Illustrazioni
Per illustrazioni si intende materiale come: fotografie, disegni, grafici,
tracciati, ecc. La qualità delle immagini deve essere elevata, i disegni e
i grafici professionali. Ogni illustrazione deve essere numerata con lo
stesso numero citato nel testo. Sono accettate fotografie in bianco e nero
e a colori in formato digitale JPG o TIF.
Le immagini devono essere tutte corredate di didascalia.
Ogni immagine deve riportare le seguenti informazioni:
- titolo del lavoro
- numero della figura
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Organizzazione e spedizione del supporto magnetico
È indispensabile che il file rispecchi le caratteristiche finali dell’articolo.
L’etichetta del supporto deve riportare:
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Materiale aggiuntivo come tabelle, legende, bibliografia ecc. devono essere salvati su file individuali, uno per ogni categoria; particolarmente
gradita è la preparazione di un file legenda.
AIROPTIX®:
unagammacompleta
dilentiacontatto
adaltatrasmissibilitàall’ossigeno
Una naturalezza che si sente e si vede
OSSIGENO
IDRATAZIONE
RESISTENZA
AI DEPOSITI
OSSIGENO: la salute corneale inizia dall’elevata trasmissibilità all’ossigeno.
Le lenti a contatto AIR OPTIX lasciano passare attraverso la lente una
maggiorequantitàdiossigeno rispetto alle lenti tradizionali in idrogel,
per occhi bianchi e dall’aspetto sano.
IDRATAZIONE: le lenti a contatto AIR OPTIX aiutano a mantenere la lente
umettata minimizzando il tasso di disidratazione1 e offrono un’eccellente
bagnabilità2.
RESISTENZA AI DEPOSITI: con una superficieultra-liscia, la gamma
di lenti a contatto AIR OPTIX superalealtrelentiinsiliconeidrogel per
resistenza ai depositi lipidici3, contribuendo ad un uso sano e confortevole delle lenti.
*Lenti a contatto AIR OPTIX® for ASTIGMATISM: Dk/t = 108 @ -3.00D, -1.25D x 180. Lenti a contatto AIR OPTIX® AQUA: dK/T = 138 @ -3.00D. Lenti a contatto AIR OPTIX® NIGHT & DAY®: Dk/t = 175 @ -3.00D. Lenti a contatto AIR OPTIX®
AQUA MULTIFOCAL: Dk/t = 138 @ -3.00D. Altri fattori possono incidere sulla salute oculare.
Informazioni importanti per le lenti a contatto AIR OPTIX® AQUA: per uso diurno o uso prolungato fino a 6 notti per miopia/ipermetropia. Il rischio di seri problemi oculari (ad es. ulcera corneale) è maggiore con l’uso prolungato. In rari casi,
potrebbe portare ad una perdita della visione. Potrebbero insorgere effetti collaterali quali fastidio, leggero bruciore o pizzicore.
Fonti: 1. CIBA VISION data on file, 2008. Sulla base di misurazioni in vitro a confronto con lenti in HEMA ad alto contenuto d’acqua (> 50%). 2. CIBA VISION data on file 2009. Sulla base della misurazione in vitro dell’angolo di bagnabilità di lenti
non indossate. 3. CIBA VISION data on file, 2008. A confronto con tutte le altre lenti in silicone idrogel a sostituzione quindicinale e mensile.
AIR OPTIX, NIGHT & DAY, CIBA VISION e il logo CIBA VISION sono marchi registrati di Novartis.
AG. ACUVUE è un marchio registrato e ADVANCE e OASYS sono marchi depositati di Johnson & Johnson Vision Care, Inc. PureVision è un marchio registrato di Bausch & Lomb,
Inc. Biofinity è un marchio registrato di CooperVision, Inc.
© CIBA VISION AG, 2009-084-11083
CVI_05100884
Lenti a Contatto - Contact lenses
Dicembre 2010, volume XII, numero 3
Biosuperfici: la lente a contatto vuole somigliare alla cornea
o essere migliore?
Luigi Lupelli
Blebs endoteliali: da ipossia fisiologica e meccanica
Monica Tabacchi
Uso delle lenti a contatto terapeutiche in silicone idrogel
dopo chirurgia rifrattiva
Nicola Pescosolido, Chiara Nardella, Chiara Komaia
Il direct marketing: le potenzialità
Silva Tiranti
Contattologia e qualità della vista
Laura Boccardo
Ciba Vision European Eyelife Summit
03>
9 7 7 0 0 0 2 0 3 83 7 0
Poste Italiane. Spedizione in a. p. - 70% - DC/DCI/VC nr 3- 2010
Laura Boccardo
dodicesimoanno
con il patrocinio di

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