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L'ENIGMA DELLE ROVINE DI MIRAFLORES
L’obiettivo della nostra spedizione è stato quello di studiare e documentare i sentieri incaici della vallata del Rio
Chunchosmayo, che conducono all’altopiano di Pantiacolla e possibilmente alla mitica Paititi di Inkarri...
Spedizione nella cordigliera di Paucartambo: l’enigma delle rovine
di Miraflores
di YURI LEVERATTO - www.yurileveratto.com/it
La regione di Cusco (Perú), estesa
circa 72.000 chilometri quadrati, è occupata in gran parte (più del 50%), da un particolare ecosistema
chiamato “selva alta” (che a sua volta si divide in selva alta e bosco andino).
Durante l’impero degli Incas la selva alta ricopriva un ruolo molto importante, in quanto era la frontera tra
il mondo andino e quello amazzonico.
I popoli antecedenti agli Incas: Huari, Pukara, Lupaca costruirono durante secoli vari avamposti detti
tambo in quechua (luoghi di riposo), ma anche cittadelle o fortezze, che servivano, oltre che per delimitare
l’impero, anche come luoghi di riposo ed intercambio, dove si soleva barattare con etnie di Chunchos,
Moxos e Toromonas i prodotti della selva (coca, oro, miele, piume d’uccello, erbe medicinali), con quelli
della sierra (camelidi e cereali andini, maca e vari tipi di patate).
Gli avamposti più conosciuti sono: Espiritu Pampa e Vitcos (entrambi nella regione di Vilcabamba),
Abiseo, la fortezza di Hualla, Mameria e la fortezza di Ixiamas (Bolivia).
Secondo vari esploratori, tra i quali il peruviano Carlos Neuenschwander Landa, esisterebbe una ultima
fortezza, ancora sconosciuta che fu utilizzata dagli Incas quando scapparono dal Cusco nel 1537.
E’ il mito del Paititi andino che si fonde con la legenda ricompilata da Oscar Nuñez del Prado nel 1955,
che indica nel Paititi l’oasi dove si rifugiò il semidio Inkarri dopo aver fondato Q’ero e Cusco.
Carlos Neuenschwander concentrò tutte le sue ricerche nel cosidetto “altopiano di Pantiacolla”, un’aspra
e fredda zona andina inclusa tra i 2500 e i 4000 metri d’altezza sul livello del mare tra le regioni di Cusco
e Madre de Dios.
L’altopiano di Pantiacolla (dal quechua: luogo dove si perde la principessa), entra a pieno titolo tra i luoghi
più difficilmente accessibili del mondo, per vari motivi.
Innanzitutto la lontananza da centri abitati e la difficilissima orografia del terreno. Profondissimi canyons
dove scorrono fiumi impetuosi e ripidi costoni dove vi passano solo alcuni angusti sentieri, a volte
nemmeno percorribili da muli, complicano l’accesso all’altopiano.
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Inoltre il clima, sempre cangiante, è molto severo, con forti venti, piogge e grandinate, ed a volte neve e
tempeste, intervallate da brevi periodi di sole.
La temperatura può scendere a -10 di notte mentre di giorno oscilla tra 0 e 5 gradi.
L’ultimo e forse il più importante motivo che rende quasi inacessibile la “meseta de Pantiacolla” è il fatto
che nelle zone adiacenti (situate ad alture più basse), come il Santuario Nazionale Megantoni e la zona
“chiusa” del Parco Nazionale del Manu, vivono indigeni isolati (non contattati), che a volte possono essere
molto aggressivi. Mi riferisco a gruppi di Kuga Pacoris, Masko-Piros e Toyeris.
La vallata del Rio Mapacho-Yavero, inizialmente chiamato Rio Paucartambo, funge d’accesso alla
cordigliera di Paucartambo, l’ultima vera catena montuosa andina (con cime di oltre 4000 metri), prima
della selva bassa amazzonica, la conca del Rio Madre de Dios.
L’obiettivo della nostra spedizione nella cordigliera di Paucartambo è stato quello di studiare e
documentare i sentieri incaici della vallata del Rio Chunchosmayo (Rio dei Chunchos, antichi e terribili
popoli della selva), che conducono all’altopiano di Pantiacolla e possibilmente alla mitica Paititi di Inkarri.
La spedizione è iniziata al Cusco, la città che fu capitale degli Incas. In totale eravamo 5 partecipanti: lo
statunitense Gregory Deyermenjian, i peruviani Ignacio Mamani Huillca e Luis Alberto Huillca Mamani, lo
spagnolo Javier Zardoya e il sottoscritto.
Gli ultimi giorni prima d’intraprendere la spedizione li abbiamo passati nel grande mercato di Cusco,
acquistando i viveri necessari per un totale di 11 giorni. Molto importante, per una spedizione andina, è
stato l’acquisto di alcuni chili di foglie di coca, e della cosidetta “lipta”, una specie di dolcificante a base di
stevia o cenere che serve da “catalizzatore” per poter assimilare le proprietà benefiche delle foglie di
coca.
Un’altra “sfida” è stata la scelta dell’equipaggiamento, in quanto dovevamo essere preparati per il clima
tropicale del basso Yavero, ma anche per il freddo intenso della cordigliera in quanto avevamo previsto di
giungere oltre i 3000 metri d’altezza s.l.d.m.
Siamo partiti nel cuore della notte alla volta della vallata del Rio Yavero con un potente fuoristrada
condotto da un autista esperto.
Dopo circa 10 ore di difficile strada sterrata, siano giunti in un luogo chiamato “punta carretera”, nella valle
del Rio Yavero. E’ una vallata molto stretta, poco popolata, senza strade (eccetto per la unica via
d’accesso), e senza elettricità.
I pochi contadini che vi vivono coltivano principalmente caffé. L’indomani mattina, con l’aiuto di due muli,
abbiamo iniziato a camminare percorrendo un ripido costone, scendendo in circa quattro ore fino al Rio
Yavero, nel punto dove si trova il ponte sospeso “Bolognesi”.
Ubicazione: 12° 38.739’ lat. Sud / 72° 08.129’ long. Ovest.
Altezza: 1222 metri s.l.d.m.
Al di sotto di quel ponte traballante scorre l’impetuoso Yavero (affluente del Rio Urubamba), circondato da
una vegetazione lussureggiante.
Da quel punto abbiamo iniziato a camminare risalendo il margine destro della vallata fino ad un luogo
chiamato Naranjayoc, abitato da alcune famiglie di contadini che parlano principalmente quechua. E’ un
mondo completamente rurale dove si vive senza luce, ne acqua corrente, ne tantomeno gas per cucinare
o riscaldarsi. Tutto è esattamente uguale a come era un secolo fa.
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Il terzo giorno abbiamo utilizzato tre muli per proseguire. Inizialmente abbiamo risalito un ripidissimo
costone, e quindi, una volta raggiunta la cima del monte ci siamo trovati di fronte ad un remoto sito
archeologico detto Tambocasa.
Ubicazione: 12º 37.174’ lat. Sud / 72º 07.206’ long. Ovest
Altezza: 1792 mt. S.l.d.m.
E’ un tipico “tambo” (luogo di riposo), di forma rettangolare (40 x 10 metri), costruito in epoca inca.
Ubicato esattamente nello spartiacque tra le valli del Rio Yavero e del suo affluente Chunchunsmayu
(fiume dei Chunchos), fu utilizzato principalmente come luogo di riposo e intarcambio di prodotti agricoli.
Quindi abbiamo camminato per circa quattro ore lungo un ripido costone a picco sul precipizio, inoltrandoci
nella valle del Rio Chunchusmayo. Verso sera siamo giunti presso un altro sito archeologico detto
Llactapata (in quechua: città alta).
Ubicazione: 12º 37.025’ lat. Sud / 72º 05.750’ long. Ovest
Altezza 1935 mt. S.l.d.m.
Abbiamo deciso di accampare in una vasta radura adiance alle rovine con l’intento di esplorarle
l’indomani. Dopo aver cucinato una zuppa a base di uncucha (una patata dolce tipica di questa vallata), ci
siamo preparati per la notte. Il cielo era completamente screvro da nubi e stranamente si notava una
grande stella molto bassa in direzione dell’altopiano di Pantiacolla.
Il quarto giorno abbiamo potuto documentare il sito di Llactapata: oltre ad alcuni resti di fondamenta preinca nei quali l’angolo dei muri invece di essere perpendicolare è smussato, abbiamo potuto documentare
una costruzione rettangolare risalente all’epoca pre-inca caratterizzata da una particolare parete con otto
incavi probabilmente utilizzati per motivi cerimoniali.
Quindi abbiamo nuovamente intrapreso il nostro cammino in direzione nord-est risalendo la stretta vallata
del Rio Chunchusmayo.
Inizialmente abbiamo camminato per circa cinque ore in uno stretto sentiero a picco sul precipizio. Alcuni
passaggi sono stati difficili e abbiamo dovuto alleggerire il carico dei muli stando attenti ad evitare che non
si imbizzarrissero, cadendo nel vuoto.
Quindi siamo giunti in un luogo da dove si poteva vedere l’incontro del torrente Tunquimayo con il Rio
Chunchusmayo. Da quel punto è iniziata una ripida discesa fino al Rio Chunchusmayo. Abbiamo dovuto
attraversare una zona di selva molto densa e umida, fino a giungere presso il suo corso.
Una volta attraversatolo, abbiamo iniziato una ripida salita del cosidetto “Cerro Miraflores”, inizialmente in
una densissima selva e quindi lungo un enorme costone con poca vegetazione.
Dopo circa tre ore di cammino dal fiume abbiamo deciso di di fermarci ed accampare, anche perché aveva
iniziato a piovere forte.
D’un tratto ci siamo resi conto che ci trovavamo presso un antico tambo pre-incaico di costruzione
rettangolare. Anche qui il fatto che gli angoli della costruzione fossero smussati ci ha fatto pensare ad una
costruzione pre-inca .
Ubicazione del Tambo di Miraflores:
12º36.506’ lat. Sud / 72º 03.681’ long. Ovest
Altezza: 2540 mt. s.l.d.m.
Il quinto giorno abbiamo inizialmente esplorato la parte di selva che si trovava a nord-ovest dal nostro
campo base. Abbiamo trovato alcuni muri di contenzione, anch’essi di origine pre-incaica, indizio che tutta
la zona era abitata e coltivata in epoche remote.
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Poi ci siamo inoltrati in una densissima selva, allontanandoci però dall’antica zona agricola.
Successivamente abbiamo deciso di seguire il sentiero verso nord fino alla cima del monte. E’ stata una
durissima salita lungo un sentiero stretto e fangoso, ma finalmente abbiamo raggiunto la cima e quindi
abbiamo proseguito verso nord lungo un altopiano coperto da un bosco non troppo denso. La nostra
caminata ha avuto fine in un punto situato a 3185 metri s.l.d.m., da dove si poteva scorgere, in lontananza,
l’altopiano di Pantiacolla e il cosidetto “Nudo de Toporake”, un’aspra formazione rocciosa situata presso
lo spartiacque tra la conca del Rio Urubamba e quella del Rio Madre de Dios. Quindi siamo rientrati al
campo base con una caminata di circa tre ore.
Il sesto giorno della nostra esplorazione è stato quello determinante.
Abbiamo nuovamente esplorato la parte di selva a nord-ovest rispetto al nostro campo-base. Ci siamo
quindi inoltrati in una spessa foresta umida, tanto che era molto difficoltoso avanzare.
Dopo circa mezz’ora abbiamo trovato le fondamenta di una abitazione dalla forma trapezioidale e quindi a
pochi metri da essa i basamenti di un’altra abitazione rettangolare e vari muri di di contenzione che
servirono per le classiche “coltivazioni a terrazza”.
Procedendo l’esplorazione abbiamo individuato il centro di un’antica cittadella occulta nella selva: una
spianata di circa 12x12 metri con, nella parte che da ad est, un muro di circa 6 metri di lunghezza con 4
rientranze ubicate all’altezza di circa 80 cm. dal suolo. (foto principale).
Eravamo certi di aver raggiunto un’importante cittadella agricola pre-inca, sconosciuta, però ignoravamo
chi l’avesse costruita e quando. Alcuni mandriani della zona ci avevano accennato al nome “Miraflores”
con il quale si indicava la montagna intera.
Ubicazione della cittadella pre-inca di Miraflores:
Lat. 12º 36.507’ Sud / Long. 72º 03.715’ Ovest
Altezza: 2523 metri sul livello del mare.
Osservando con attenzione il muro principale, mi sono reso conto che probabilmente era crollato
parzialmente e che anticamente era lungo almeno il doppio. Forse le rientranze, che per me erano
utilizzate per motivi rituali, erano 8 in passato, proprio come a Llactapata.
Ma chi poteva aver costruito la cittadella? Potevano essere stati i Chunchos, antenati dei Matsiguenkas,
da cui deriva il nome del fiume Chunchosmayo? Non sembra, perché quei popoli della selva adiacente al
Cusco non hanno mai utilizzato le cosidette “coltivazioni a terrazza”.
Procedendo nella nostra esplorazione abbiamo potuto documentare altre abitazioni, molte delle quali
avevano una specie di finestra o rientranza nei loro muri, probabilmente utilizzata per motivi rituali.
Il settimo giorno abbiamo continuato la nostra esplorazione. Procedendo a fatica attraverso la selva densa
e intricata, abbiamo scoperto altre abitazioni e molti muri di contenzione per le cosidette “coltivazioni a
terrazze”.
Abbiamo potuto comprovare che la cittadella si estende su un totale di circa due ettari, con un totale di
circa 20 abitazioni, oltre alla spianata centrale, dove vi è il muro principale con le 4 rientranze rituali.
La cittadella agricola di Miraflores, fu costruita quasi sicuramente da popoli pre-inca, anche se a tutt’oggi
non è possibile individuare esattamente il popolo che la edificò.
E’ molto probabile che gli Incas utilizzarono il sito, con lo scopo di controllare l’accesso alla vallata e
poter coltivare l’intero versante occidentale della montagna, in modo da poter rifornire di alimenti (mais,
fagioli, patate, coca, zucche), i soldati che presidiavano i limiti estremi dell’impero, nell’altopiano di
Pantiacolla e nelle fortificazioni di Toporake, tutti siti ubicati nello spartiacque (a circa 4000 mt. s.l.d.m.), fra
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il bacino del Rio Urubamba e quello del Rio Madre de Dios.
E’ possibile che la cittadella agricola di Miraflores, sia servita per rifornire di alimenti un sito maggiore,
situato forse al di là della “meseta di Pantiacolla”, mi riferisco al legendario Paititi di Inkarri?
In seguito abbiamo esplorato tutta la zona adiacente, e abbiamo scoperto altri spazi abitativi e cerimoniali.
Molto interesante è stato il ritrovamento di una tomba.
Ubicazione dellaTomba di Miraflores:
Lat. 12º36.521’ Sud / Long. 72º 03.731’ Ovest
Altezza: 2509 mt. s.l.d.m.
Lo studio futuro di questo sito potrebbe svelare l’enigma dell’etnia che costruì l’intera cittadella.
Durante il pomeriggio, siccome non pioveva ed eravamo lontani da corsi d’acqua, abbiamo deciso di
smontare il campo base ed avvicinarci al Rio Chunchusmayo. Abbiamo quindi montato il campo 2 a circa
2000 metri sul livello del mare, a circa dieci minuti di camino dal fiume.
Quindi, siamo scesi sulle rive del Rio Chunchusmayo e abbiamo fatto il bagno, immergendoci nelle sue
acque gelide.
Poco dopo abbiamo cercato i resti di un ponte incaico che secondo alcune voci avrebbe dovuto trovarsi
nella zona, ma senza esito.
L’ottavo giorno siamo rientrati verso Naranjayoc e il giorno sucessivo abbiamo camminato fino alla strada
carrozzabile. Il decimo giorno ci siamo incontrati con il nostro autista in un punto predeterminato, e per
mezzo di un potente fuoristrada siamo rientrati al Cusco, in dieci ore di viaggio.
Il bilancio della spedizione è stato più che positivo. Oltre a documentare i siti di Tambocasa e Llactapata,
abbiamo scoperto e descritto le rovine della cittadella agricola di Miraflores, un ulteriore passo avanti
nell’ambito delle spedizioni Paititi-Pantiacolla.
YURI LEVERATTO
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Foto: Copyright Yuri Leveratto. Proibita la riproduzione senza il consenso scritto dell’autore.
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