I carabidi dell`Astigiano (Coleoptera Carabidae)

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I carabidi dell`Astigiano (Coleoptera Carabidae)
Baldizzone G., Caprio E., Scalfari F. (eds.), 2009 – La Biodiversità della Provincia di Asti. Mem. Ass. Nat. Piem. - Vol. X, pp. 109-115
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I carabidi dell’Astigiano (Coleoptera Carabidae)
Gianni ALLEGRO*
ABSTRACT - The Ground Beetles of the Asti Province (Coleoptera Carabidae).
Carabid beetles (including Cicindelinae) are one of the most diverse insect families in the world with more than 40.000
species described so far and 1.300 species recorded in Italy. They behave usually as generalist predators and are considered
excellent bioindicators in ecological studies. In the Asti province more than 200 species are present, inhabiting with peculiar assemblages the ecological districts of Basso Monferrato, Alto Monferrato and Langa Astigiana, which markedly differ
for climatic as well as pedological conditions. Some interesting species are recorded, such as Dyschiriodes importunus, a
relict halophilous species, Cicindela majalis and Carabus problematicus inflatus, both at the northern limit of their distribution. The specialized forest species and the most demanding hygrophilous and riparian ones are the most endangered due
to agriculture pressure and landscape fragmentation.
Key words: Carabidae, Ground beetles, fauna, Asti province.
RIASSUNTO - I Carabidi, comprensivi dei Cicindelinae, sono una delle più numerose famiglie di insetti, con oltre 40.000
specie descritte nel mondo e 1.300 in Italia. Essi si comportano generalmente come predatori generalisti e sono considerati
ottimi bioindicatori per gli studi ecologici. Nella Provincia di Asti sono presenti oltre 200 specie, distribuite con peculiari cenosi nei distretti ecologici di Basso Monferrato, Alto Monferrato e Langa Astigiana, che differiscono sensibilmente tra loro
per condizioni climatiche e pedologiche. Sono state segnalate alcune specie interessanti, come ad esempio Dyschiriodes importunus, specie alofila relitta, Cicindela majalis e Carabus problematicus inflatus, entrambi al limite settentrionale della
loro distribuzione. Le specie maggiormente minacciate sono quelle strettamente silvicole e quelle igrofile e riparie più esigenti, a causa della pressione dell’agricoltura e della frammentazione degli habitat.
GENERALITÀ SUI CARABIDI
I Carabidi, comprendendo al loro interno anche
la sottofamiglia Cicindelinae, sono una famiglia dell’ordine dei Coleotteri molto ricca di specie, contandone circa 40.000 descritte fino ad oggi a livello mondiale (Lorenz, 2005), ma il loro numero è destinato
ad aumentare poiché ancora rimangono molte zone
del globo da esplorare in modo più approfondito. Essi
rientrano nel sottordine Adephaga, comprendente
anche altre famiglie (Gyrinidae, Dytiscidae, Haliplidae) che però, diversamente dai Carabidi che sono
terrestri (geoadefagi), presentano costumi eminentemente acquatici (idroadefagi). Poche altre famiglie
hanno avuto un successo evolutivo paragonabile a
quello dei Carabidi, che sono riusciti a colonizzare
praticamente tutte le terre emerse e ad occupare le
più diverse nicchie ecologiche. Infatti, benché la maggior parte delle specie viva nella fascia del globo che
va dalla zona tropicale a quella temperata, troviamo
Carabidi perfettamente adattati a climi estremi come
quelli dei deserti e dei ghiacciai. E se la gran parte dei
Carabidi sono predatori terrestri (“ground beetles”),
muovendosi sul suolo o nei suoi strati più superficiali,
esistono tuttavia anche specie che vivono sugli alberi
o nelle fessure delle rocce o all’interno del legno
morto; si osservano inoltre forme estreme di specia-
lizzazione morfologica e fisiologica in specie di ambienti molto particolari come ad esempio le grotte.
I Carabidi comparvero sulla terra nel Triassico,
oltre 200 milioni di anni fa, prima ancora dei dinosauri, ed oggi sono tra le famiglie di insetti più numerose e rappresentano il 3% di tutti gli insetti e il 2,5%
di tutte le specie animali conosciute. In Italia ne sono
note circa 1300 specie, con una ricchezza sia quantitativa (per numero di specie) sia qualitativa (per numero di endemiti e di elementi di elevato interesse
biogeografico) che non ha eguali negli altri Paesi europei (per tutta l’Europa politica sono note circa 3.600
specie) (Vigna Taglianti, 2004).
Dal punto di vista morfologico i Carabidi esibiscono una relativa omogeneità, che conferisce loro un
habitus caratteristico e li rende in genere facilmente
riconoscibili. L’adulto è solitamente di forma ovalare
più o meno slanciata, con capo e mandibole robusti
ed antenne generalmente sottili, allungate. I tegumenti possono essere lucidi od opachi, di colore variabile dal nero al giallo, talvolta con brillanti riflessi
cuprei, bronzei, dorati, blu, viola. Le zampe sono in
genere lunghe, tali da permettere movimenti molto
rapidi. Le ali metatoraciche possono essere completamente sviluppate (in questo caso in riposo vengono
ripiegate su sé stesse e alloggiate sotto le elitre) o essere in varia misura ridotte (alcune specie presentano
* frazione Patro, 11 - 14036 - Moncalvo (AT). E-mail: [email protected]
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Fig. 1 - Calosoma
sycophanta
Fig. 2 - Carabus
coriaceus
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Fig. 3 - Carabus
intricatus
Fig. 4 - Cicindela
campestris
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addirittura elitre saldate). Una caratteristica morfologica che consente, nella grande maggioranza delle
specie, di distinguere agevolmente e a prima vista i
due sessi è costituita dalla dilatazione dei tarsi anteriori dei maschi, che permette una presa più stabile
sul dorso delle femmine durante l’accoppiamento.
Le larve sono molto diverse dagli adulti, anche se
normalmente presentano la loro stessa agilità di movimenti e lo stesso comportamento alimentare. In genere sono strette e lunghe, con processi (urogonfi) più
o meno allungati all’apice dell’addome. Un caso particolare è quello delle larve dei Cicindelini, che vivono
infossate in un cunicolo verticale scavato nel suolo ancorandosi, per non essere trascinate dalla preda, con
due uncini dorsali.
Quanto a dimensioni i Carabidi variano dai circa
2 mm di molti Bembidiini e Trechini fino ai 5 cm e
oltre di Carabus gigas (la più grande specie italiana),
ma alcune specie esotiche presentano dimensioni
anche maggiori (oltre 8 cm in Mormolyce). Le specie
con dimensioni contenute del corpo prevalgono negli
ambienti soggetti a rapide e improvvise variazioni,
come ad esempio gli ambienti ripari, soggetti al rischio di inondazioni, o quelli agrari. Viceversa negli
ambienti ecologicamente molto stabili, come ad
esempio i boschi in condizione ‘climax’, sono numerose le specie di dimensioni medio-grandi. Questa
tendenza è strettamente correlata con lo stato alare,
poichè le specie di maggiori dimensioni sono sovente
brachittere e inadatte al volo, mentre quelle più piccole presentano spesso ali funzionali (con numerose
eccezioni riguardanti ambienti particolari) e hanno
pertanto un’elevata capacità di dispersione, che viene
favorevolmente selezionata in ambienti instabili.
I Carabidi sono nella maggior parte dei casi agili
predatori a dieta zoofaga piuttosto ampia, comprendente altri piccoli artropodi, vermi e molluschi. Si conoscono tuttavia anche Carabidi strettamente legati a
particolari tipi di preda, specializzazione che in molti
casi comporta anche uno spinto adattamento morfologico: è il caso per esempio dei Cychrus, che presentano capo e protorace stretti e allungati in modo da
penetrare nelle conchiglie delle chiocciole, o dei Carabus appartenenti ai sottogeneri Procerus e Procrustes, dotati di capo e mandibole robustissime in grado
di frantumarne la conchiglia. Un altro caso di specializzazione alimentare è quello esibito dalla brillante
Calosoma sycophanta (figura 1), che caccia i bruchi
sugli alberi sincronizzando il proprio ciclo biologico
con quello delle prede. Le specie appartenenti ai generi Lebia e Brachinus hanno un comportamente
strettamente parassitario a spese delle larve e delle
pupe di altri insetti. Si conoscono anche specie mirmecofile e termitofile, che compiono gran parte del
loro sviluppo all’interno di formicai e termitai. Infine,
alcuni Carabidi sono quasi esclusivamente fitofagi
(Zabrini, Harpalini) e molte specie tra quelle a comportamento prevalentemente predatorio integrano la
dieta con elementi vegetali.
Anche se esistono le immancabili eccezioni, i Carabidi sono insetti fondamentalmente igrofili e si rinvengono con maggiore frequenza negli ambienti
umidi. In relazione a questa preferenza, molte specie
sono attive soprattutto di notte, ma esistono esempi di
specializzazione nella caccia diurna (Cicindelini, Notiophilini, Elaphrini, Bembidiini), comportamento
che sovente si accompagna alla presenza di occhi
molto sviluppati.
I Carabidi sono generalmente utili all’agricoltura,
in quanto predatori di altri insetti dannosi; solo poche
specie possono in qualche caso procurare danni alle
coltivazioni rodendo i teneri germinelli (Zabrus tenebrioides, Clivina fossor). Essi hanno anche il grande
pregio di poter essere utilizzati come efficaci indicatori ambientali, caratteristica che li rende un oggetto
privilegiato di studio non soltanto dal punto di vista
sistematico, faunistico e biogeografico, ma anche da
quello ecologico (Stork, 1990). Questa loro capacità
deriva dagli stretti legami di ciascuna specie con fattori ambientali quali il grado di copertura vegetale
del terreno, le sue caratteristiche fisico-chimiche, i fattori climatici e microclimatici (Thiele, 1977). Per tutti
questi motivi ogni cenosi è in grado di fornire importanti informazioni sull’ambiente che la ospita, compreso il suo grado di stabilità o di disturbo antropico.
Questi aspetti si riflettono infatti su alcuni parametri
delle cenosi carabidiche come ad esempio le strategie alimentari, la riproduzione, il potere di dispersione (legato sia alle dimensioni del corpo sia alla presenza di ali funzionanti), che diventano pertanto efficaci indicatori ecologici. Il successo dei carabidi come
oggetto di studio in campo ecologico è anche dovuto
alla possibilità di ottenere informazioni quantitative,
oltre che qualitative, sulla composizione dei loro popolamenti, mediante indagini realizzate con metodologie appropriate. Sono molto utilizzate a questo
scopo le trappole a caduta (pitfall trap), costituite da
recipienti interrati fino all’orlo e parzialmente riempiti di un liquido attrattivo e/o conservante.
I CARABIDI NELL’ASTIGIANO
Come area di riferimento viene considerata, per
comodità, la Provincia di Asti, della quale sono a tutt’oggi note, dalla letteratura scientifica o da reperti in
collezioni varie, circa 220 specie di Carabidi, numero
ragguardevole ma che probabilmente è un’ampia sottostima delle specie effettivamente presenti, poiché
ancora esistono ampi settori della provincia poco o
nulla studiati. Oggetto di questa breve nota non è tuttavia la presentazione di una checklist delle specie di
Carabidi conosciute bensì la caratterizzazione dei
principali ambienti dell’Astigiano attraverso le specie più interessanti o significative, indicatrici delle peculiarità del territorio. Vale la pena ricordare che
negli ultimi anni le conoscenze sulle faune carabidiche delle colline astigiane si sono arricchite per
mezzo di alcuni lavori faunistici riguardanti biotopi
di elevato interesse naturalistico come il Parco naturale regionale di Rocchetta Tanaro (Allegro e Cersosimo, 2004), l’Oasi WWF “Il Verneto” di Rocchetta
Tanaro (Allegro, 2001) e l’Oasi WWF “Bosco del
Lago” di Castello di Annone (Allegro et al., 2002).
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All’interno della provincia di Asti possono essere
distinti, per chiare connotazioni pedologiche, climatiche e vegetazionali, il territorio del Basso Monferrato,
che giunge a sud fino al Tanaro, quello dell’Alto Monferrato che arriva verso sud fino all’altezza di Canelli
e del Torrente Belbo, e la Langa astigiana, che comprende l’estrema punta meridionale del territorio
della provincia.
Il Basso Monferrato
Sotto il profilo geologico, nel Basso Monferrato
prevalgono marne, argille, arenarie, sabbie e conglomerati miocenici, con suoli nella grande maggioranza
sub-alcalini (pH 7,5-8,1) e ricchi di calcare libero,
anche se al limite meridionale dell’area affiorano terreni pliocenici (sabbie astiane ed argille di Lugagnano) e villafranchiani. Rispetto alla Collina di Torino la vegetazione ha un’impronta più termofila e xerofila (De Biaggi et al., 1990).
Nel Basso Monferrato sono ancora presenti numerose specie di Carabus (Allegro, 1997), a testimonianza di una copertura forestale ancora ben rappresentata, benché gravemente minacciata dall’agricoltura, dallo sfruttamento dell’uomo e dall’invasione
delle essenze esotiche. Infatti le specie del genere Carabus, in particolare quelle caratterizzate da attitudini
strettamente silvicole, non possedendo ali funzionali
al volo ed avendo scarsa vagilità possono essere considerate efficaci indicatori della presenza di una rete
boscata sufficientemente integra, poiché dove queste
specie si estinguono per l’isolamento o il degrado del
manto forestale difficilmente possono poi ricolonizzare il bosco in tempi brevi. Lo stesso può dirsi di alcune specie del genere Cychrus, anch’esse brachittere
e specializzate nella predazione di chiocciole, e del genere Abax. Nei boschi più freschi, Carabus intricatus
(figura 2) è una presenza comune, mentre è molto localizzato negli altri distretti astigiani ed in forte rarefazione in ampie porzioni del suo areale (Turin et al.,
2003). Carabus rossii è ancora frequente nei boschi
delle esposizioni più soleggiate. Carabus italicus è relativamente comune in diverse stazioni, sempre su terreni umidi; questa specie endemica italiana è oggi in
forte rarefazione nelle aree planiziali a causa della
progressiva intensivizzazione agricola (Turin et al.,
2003). Le altre specie presenti sono Carabus monticola, Carabus glabratus latior, Carabus convexus, silvicoli, Carabus granulatus interstitialis, ripicolo, Carabus germarii fiorii e Carabus coriaceus (figura 3),
tendenzialmente termofili e presenti anche al di fuori
delle aree boscate. È presente inoltre Cychrus italicus, endemita alpino-appenninico ad abitudini strettamente silvicole. Il “Bosco del Lago” di Castello di
Annone costituisce invece un esempio degli effetti negativi della frammentazione degli habitat boscati sulle
cenosi di Carabidi, poiché in questo piccolo bosco isolato soltanto tre specie di Carabus sono sopravvissute,
di cui una più legata agli ambienti umidi che al bosco
(C. granulatus interstitialis) ed una rinvenuta in esemplare unico e pertanto da ritenersi sporadica (C. gla-
bratus latior) (Allegro et al., 2002). Tra i Cicindelini è
molto comune lungo i sentieri soleggiati la vivace Cicindela campestris (figura 4), mentre riveste particolare interesse la presenza, da confermare ai giorni nostri, di Cicindela majalis in Valmanera (R. Barbero
legit, 1984), specie endemica appenninica qui all’estremo limite nord-occidentale della sua distribuzione (Cassola, 1973).
Gli ambienti umidi (aree impaludate, rive di corsi
d’acqua e laghetti) ospitano una taxocenosi molto
ricca e interessante. Di alcune rare specie le uniche recenti segnalazioni per il Piemonte riguardano quasi
esclusivamente il territorio del Basso Monferrato
Astigiano: vengono qui ricordati Trepanes octomaculatus, rinvenuto nei prati impaludati di Casorzo (Allegro, 2003), Asaphidion austriacum, noto soltanto
dell’Oasi WWF ‘Bosco del Lago’ di Castello di Annone (Allegro e Cersosimo, 2001), Agonum nigrum,
conosciuto dell’Oasi WWF ‘Bosco del Lago’ di Castello di Annone (Allegro et al., 2002), Stenolophus
persicus, noto dell’Oasi WWF ‘Bosco del Lago’ di Castello di Annone (Allegro e Cersosimo, 2001) e di Casorzo (Allegro, 2003) ed infine Chlaeniellus nigricornis, presente nei prati impaludati di Casorzo (Allegro,
2003), oltre che nell’Oasi WWF ‘Il Verneto’ di Rocchetta Tanaro (Allegro, 2001), in Alto Monferrato.
Merita ricordare anche la più volte confermata presenza di Ocys quinquestriatus in un ambiente antropizzato della zona di Moncalvo (Allegro, 2003), specie in genere nota per reperti che hanno carattere di
occasionalità. La rarità e la discontinuità distributiva
degli elementi citati sono senza dubbio da attribuire,
oltre che alla loro probabile stenoecia, alla progressiva distruzione degli habitat umidi in tutto l’areale
padano.
Gli ambienti ad impronta più xero-termica sono
popolati da specie tendenzialmente termofile, ben
adattate ai forti cambiamenti microclimatici che l’irraggiamento solare determina a livello del suolo; esse
sono molto vagili e sovente caratterizzate da ampia
distribuzione, e per questo sono talvolta ritenute banali e meno interessanti dal punto di vista faunistico
ed ecologico. Anche in questo gruppo si trovano tuttavia specie a biologia poco nota, rare o con spinte
specializzazioni alimentari. Per esempio nel Moncalvese è presente Dixus clypeatus (Allegro, 2003), che si
nutre delle capsule dei semi di Plantago, che vengono
estratte dai frutti e portate in una tana sotterranea per
essere ammorbidite mediante fermentazione
(Schremmer, 1960). In Italia questa specie si rinviene
abbondante nel centro-sud e nelle isole, mentre al
nord è rara e localizzata come relitto termofilo. Infine
il raro Zuphium olens, anch’esso noto del Moncalvese
(Allegro, 1997), presenta biologia ancora poco conosciuta, probabilmente legata a suoli argillosi e umidi.
L’Alto Monferrato
Dal punto di vista pedologico, su una base di ‘Argille di Lugagnano’, che formano il basamento delle
colline, affiorano i terreni noti come ‘Sabbie di Asti’,
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sciolti e friabili, di colore giallastro e ricchi di fossili.
Questo strato è particolarmente poroso, arido, ed essendo soggetto a dilavamento ha reazione neutra o
sub-acida ed è povero di sostanza organica. Dal punto
di vista geologico, i suoli del Bacino Astiano si differenziano pertanto in modo netto da quelli del Basso
Monferrato, dove prevalgono marne, argille, arenarie,
sabbie e conglomerati miocenici a reazione sub-alcalina. Le escursioni termiche sono più limitate rispetto
al Basso Monferrato (De Biaggi et al., 1990).
Di questo territorio sono note le carabidocenosi
del Parco naturale regionale di Rocchetta Tanaro (Allegro e Cersosimo, 2004) e dell’Oasi WWF “Il Verneto” di Rocchetta Tanaro (Allegro, 2001), ciascuna
con sue precise peculiarità. Nel Parco regionale è di
rilievo la presenza, insieme ad altre 5 specie dello
stesso genere, di Carabus problematicus, la cui sottospecie inflatus tocca qui l’estremo limite settentrionale del suo areale, nonché di Trechus fairmairei e
Cymindis cingulata, elementi a distribuzione relitta e
puntiforme in ambito planiziale. Si spiega inoltre con
la natura alluvionale e sabbiosa dei suoli la presenza
di una ricca taxocenosi psammofila tipica degli ambienti ripari della pianura piemontese (Allegro e
Sciaky, 2001) ma decisamente inconsueta, quanto
meno nella sua ricchezza, in ambiente collinare. Di
questa cenosi fanno parte elementi non comuni come
Sinechostictus inustum, Sinechostictus elongatus, Sinechostictus decoratus e Trechoblemus micros.
“Il Verneto” è un bosco relitto di ontano nero in
un alveo abbandonato del fiume Tanaro dove hanno
trovato rifugio diversi elementi igrofili e luticoli ormai
rari sul territorio italiano (Anthracus longicornis, Badister sodalis, Chlaeniellus nigricornis) oppure, come
nel caso di Dyschiriodes importunus, distribuiti in
modo frammentato su tutto il territorio nazionale.
Quest’ultima specie, quasi esclusivamente confinata
lungo le coste della Penisola, rappresenta probabilmente un relitto della fauna alofila che popolava gli
ambienti litoranei quando le acque marine occupavano il golfo padano, oltre 2 milioni di anni fa. Nel
“Verneto” sono per contro assenti quasi del tutto gli
elementi silvicoli in senso stretto, condizionati dalla
presenza di una falda acquifera affiorante per molti
mesi all’anno.
La sopravvivenza delle rare specie igrofile che il
Verneto ospita è legata alla salvaguardia di una rete di
aree umide integre. Non hanno avuto la stessa sorte
alcune specie già oggi probabilmente estinte in Provincia di Asti, come ad esempio Parallelomorphus
terricola, elemento alofilo raccolto da Giorgio Baldizzone nel 1964 intorno agli stagni della frazione Perosini di Antignano (AT), oggi distrutti dalla pressione
antropica insieme a tutta la fauna che ospitavano.
Langhe Astigiane
I terreni sono costituiti da materiali più compatti e
cementati rispetto all’Alto Monferrato, per lo più
marne di età tardo-oligocenica-miocenica (De Biaggi
et al., 1990). Sono purtroppo pochissimi i dati reperi-
bili in letteratura sui Carabidi delle Langhe incluse in
territorio astigiano. Reperti conservati nella collezione dell’Autore confermano la presenza di alcuni
interessanti elementi termofili come Masoreus wetterhallii, Semiophonus signaticornis, Poecilus koyi
viaticus, nonché quella di Abax parallelepipedus
contractus, che risalendo dall’Appennino Ligure
tocca qui uno dei punti più settentrionali della sua distribuzione. Ma l’elemento di maggiore spicco dell’area è senza dubbio lo splendido Carabus solieri liguranus, che popola le Alpi Marittime e Liguri e le
Langhe, arrivando fino alla zona di Canelli (Casale e
Cavazzuti, 1975). Distribuito su un orizzonte altitudinale estremamente ampio, che va dalla prateria alpina ai rilievi collinari, esso popola nelle Langhe i boschi freschi di castagno e le faggete relitte, ambienti
nei quali è probabile che indagini più approfondite
portino alla luce altri interessanti elementi di chiara
penetrazione alpino-appenninica, già noti per altre
parti di territorio di Langa (Casale e Cavallo, 1985).
CONCLUSIONI
Le colline dell’Astigiano ospitano una carabidofauna ricca non soltanto per numero di specie ma
anche per la qualità legata all’interesse ecologico e
biogeografico dei reperti. La particolare posizione
geografica, che conferisce all’Astigiano un ruolo di
transizione tra la catena alpina, la zona continentale
padana e l’area mediterranea, nonché la particolare
morfologia del territorio e le sue caratteristiche climatico-pedologiche, che hanno favorito la formazione di ambienti dai microclimi molto diversificati,
concorrono ad accentuare un ruolo di ponte ecologico dove hanno potuto sopravvivere e coesistere una
flora e una fauna molto ricche. Da qui il grande interesse ecologico che viene unanimemente riconosciuto
a quest’area del Piemonte.
Le cenosi carabidiche del territorio rispecchiano
inoltre i grandi sconvolgimenti climatici dell’Era
Quaternaria, che hanno determinato lo spostamento
verso sud dei biomi centroeuropei durante i periodi
glaciali e la risalita invece verso nord di quelli mediterranei nei periodi temperato-caldi inter- e post-glaciali. La presenza di relitti termofili negli ambienti
aperti ed esposti a sud si coniuga pertanto con la presenza di elementi igrofili, talvolta microtermofili,
nelle vallette incassate e in prossimità dei corsi d’acqua. Gli ambienti boscati possiedono ancora una nutrita schiera di elementi silvicoli specializzati, tra cui
numerose specie di Carabus le cui popolazioni mostrano chiari segni di regressione in molte aree del
nord-Italia; esistono tuttavia concreti rischi di perdita
di biodiversità per la frammentazione ed il degrado
progressivo degli ambienti forestali, come dimostra
l’esempio del “Bosco del Lago” dove sopravvivono
soltanto pochi elementi silvicoli specializzati. Nelle
poche stazioni umide relitte sono stati rinvenuti elementi rari, distribuiti in modo ormai discontinuo in
tutto l’areale padano e gravemente minacciati dalle
bonifiche e dallo sviluppo dell’agricoltura.
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Questa ricchezza non deve tuttavia indurre a facili ottimismi perché anche l’Astigiano rischia di pagare un prezzo elevato in termini di perdita di biodiversità se non verrà garantito un uso meno invasivo
del territorio e non verranno prese coraggiose decisioni per la protezione dei biotopi di maggior pregio.
È importante che le Amministrazioni pubbliche acquisiscano adeguata sensibilità al riguardo ed in questa direzione si stanno muovendo gli sforzi del WWF
e di altre Associazioni di volontariato, che cercano di
promuovere la cultura del territorio e della biodiversità come beni comuni da salvaguardare anche per le
future generazioni.
Numerosi dati riguardanti i Coleotteri Carabidi
dell’Astigiano sono già entrati a far parte della banca
dati informatizzata del progetto “A.B.I.T.AT”, a cura
della Sezione WWF di Asti (Centro di Educazione
Ambientale di Villa Paolina), che si pone l’obiettivo
di archiviare, su base territoriale, tutti i dati disponibili
sulla biodiversità dell’Astigiano (Baldizzone, 2003).
RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia Stanislav Krejcik (www.meloidae.com) per
avere gentilmente concesso la pubblicazione delle sue fotografie di carabidi ripresi in habitat.
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