I carabidi dell`Astigiano (Coleoptera Carabidae)
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I carabidi dell`Astigiano (Coleoptera Carabidae)
Baldizzone G., Caprio E., Scalfari F. (eds.), 2009 – La Biodiversità della Provincia di Asti. Mem. Ass. Nat. Piem. - Vol. X, pp. 109-115 109 I carabidi dell’Astigiano (Coleoptera Carabidae) Gianni ALLEGRO* ABSTRACT - The Ground Beetles of the Asti Province (Coleoptera Carabidae). Carabid beetles (including Cicindelinae) are one of the most diverse insect families in the world with more than 40.000 species described so far and 1.300 species recorded in Italy. They behave usually as generalist predators and are considered excellent bioindicators in ecological studies. In the Asti province more than 200 species are present, inhabiting with peculiar assemblages the ecological districts of Basso Monferrato, Alto Monferrato and Langa Astigiana, which markedly differ for climatic as well as pedological conditions. Some interesting species are recorded, such as Dyschiriodes importunus, a relict halophilous species, Cicindela majalis and Carabus problematicus inflatus, both at the northern limit of their distribution. The specialized forest species and the most demanding hygrophilous and riparian ones are the most endangered due to agriculture pressure and landscape fragmentation. Key words: Carabidae, Ground beetles, fauna, Asti province. RIASSUNTO - I Carabidi, comprensivi dei Cicindelinae, sono una delle più numerose famiglie di insetti, con oltre 40.000 specie descritte nel mondo e 1.300 in Italia. Essi si comportano generalmente come predatori generalisti e sono considerati ottimi bioindicatori per gli studi ecologici. Nella Provincia di Asti sono presenti oltre 200 specie, distribuite con peculiari cenosi nei distretti ecologici di Basso Monferrato, Alto Monferrato e Langa Astigiana, che differiscono sensibilmente tra loro per condizioni climatiche e pedologiche. Sono state segnalate alcune specie interessanti, come ad esempio Dyschiriodes importunus, specie alofila relitta, Cicindela majalis e Carabus problematicus inflatus, entrambi al limite settentrionale della loro distribuzione. Le specie maggiormente minacciate sono quelle strettamente silvicole e quelle igrofile e riparie più esigenti, a causa della pressione dell’agricoltura e della frammentazione degli habitat. GENERALITÀ SUI CARABIDI I Carabidi, comprendendo al loro interno anche la sottofamiglia Cicindelinae, sono una famiglia dell’ordine dei Coleotteri molto ricca di specie, contandone circa 40.000 descritte fino ad oggi a livello mondiale (Lorenz, 2005), ma il loro numero è destinato ad aumentare poiché ancora rimangono molte zone del globo da esplorare in modo più approfondito. Essi rientrano nel sottordine Adephaga, comprendente anche altre famiglie (Gyrinidae, Dytiscidae, Haliplidae) che però, diversamente dai Carabidi che sono terrestri (geoadefagi), presentano costumi eminentemente acquatici (idroadefagi). Poche altre famiglie hanno avuto un successo evolutivo paragonabile a quello dei Carabidi, che sono riusciti a colonizzare praticamente tutte le terre emerse e ad occupare le più diverse nicchie ecologiche. Infatti, benché la maggior parte delle specie viva nella fascia del globo che va dalla zona tropicale a quella temperata, troviamo Carabidi perfettamente adattati a climi estremi come quelli dei deserti e dei ghiacciai. E se la gran parte dei Carabidi sono predatori terrestri (“ground beetles”), muovendosi sul suolo o nei suoi strati più superficiali, esistono tuttavia anche specie che vivono sugli alberi o nelle fessure delle rocce o all’interno del legno morto; si osservano inoltre forme estreme di specia- lizzazione morfologica e fisiologica in specie di ambienti molto particolari come ad esempio le grotte. I Carabidi comparvero sulla terra nel Triassico, oltre 200 milioni di anni fa, prima ancora dei dinosauri, ed oggi sono tra le famiglie di insetti più numerose e rappresentano il 3% di tutti gli insetti e il 2,5% di tutte le specie animali conosciute. In Italia ne sono note circa 1300 specie, con una ricchezza sia quantitativa (per numero di specie) sia qualitativa (per numero di endemiti e di elementi di elevato interesse biogeografico) che non ha eguali negli altri Paesi europei (per tutta l’Europa politica sono note circa 3.600 specie) (Vigna Taglianti, 2004). Dal punto di vista morfologico i Carabidi esibiscono una relativa omogeneità, che conferisce loro un habitus caratteristico e li rende in genere facilmente riconoscibili. L’adulto è solitamente di forma ovalare più o meno slanciata, con capo e mandibole robusti ed antenne generalmente sottili, allungate. I tegumenti possono essere lucidi od opachi, di colore variabile dal nero al giallo, talvolta con brillanti riflessi cuprei, bronzei, dorati, blu, viola. Le zampe sono in genere lunghe, tali da permettere movimenti molto rapidi. Le ali metatoraciche possono essere completamente sviluppate (in questo caso in riposo vengono ripiegate su sé stesse e alloggiate sotto le elitre) o essere in varia misura ridotte (alcune specie presentano * frazione Patro, 11 - 14036 - Moncalvo (AT). E-mail: [email protected] 110 Fig. 1 - Calosoma sycophanta Fig. 2 - Carabus coriaceus 111 Fig. 3 - Carabus intricatus Fig. 4 - Cicindela campestris 112 addirittura elitre saldate). Una caratteristica morfologica che consente, nella grande maggioranza delle specie, di distinguere agevolmente e a prima vista i due sessi è costituita dalla dilatazione dei tarsi anteriori dei maschi, che permette una presa più stabile sul dorso delle femmine durante l’accoppiamento. Le larve sono molto diverse dagli adulti, anche se normalmente presentano la loro stessa agilità di movimenti e lo stesso comportamento alimentare. In genere sono strette e lunghe, con processi (urogonfi) più o meno allungati all’apice dell’addome. Un caso particolare è quello delle larve dei Cicindelini, che vivono infossate in un cunicolo verticale scavato nel suolo ancorandosi, per non essere trascinate dalla preda, con due uncini dorsali. Quanto a dimensioni i Carabidi variano dai circa 2 mm di molti Bembidiini e Trechini fino ai 5 cm e oltre di Carabus gigas (la più grande specie italiana), ma alcune specie esotiche presentano dimensioni anche maggiori (oltre 8 cm in Mormolyce). Le specie con dimensioni contenute del corpo prevalgono negli ambienti soggetti a rapide e improvvise variazioni, come ad esempio gli ambienti ripari, soggetti al rischio di inondazioni, o quelli agrari. Viceversa negli ambienti ecologicamente molto stabili, come ad esempio i boschi in condizione ‘climax’, sono numerose le specie di dimensioni medio-grandi. Questa tendenza è strettamente correlata con lo stato alare, poichè le specie di maggiori dimensioni sono sovente brachittere e inadatte al volo, mentre quelle più piccole presentano spesso ali funzionali (con numerose eccezioni riguardanti ambienti particolari) e hanno pertanto un’elevata capacità di dispersione, che viene favorevolmente selezionata in ambienti instabili. I Carabidi sono nella maggior parte dei casi agili predatori a dieta zoofaga piuttosto ampia, comprendente altri piccoli artropodi, vermi e molluschi. Si conoscono tuttavia anche Carabidi strettamente legati a particolari tipi di preda, specializzazione che in molti casi comporta anche uno spinto adattamento morfologico: è il caso per esempio dei Cychrus, che presentano capo e protorace stretti e allungati in modo da penetrare nelle conchiglie delle chiocciole, o dei Carabus appartenenti ai sottogeneri Procerus e Procrustes, dotati di capo e mandibole robustissime in grado di frantumarne la conchiglia. Un altro caso di specializzazione alimentare è quello esibito dalla brillante Calosoma sycophanta (figura 1), che caccia i bruchi sugli alberi sincronizzando il proprio ciclo biologico con quello delle prede. Le specie appartenenti ai generi Lebia e Brachinus hanno un comportamente strettamente parassitario a spese delle larve e delle pupe di altri insetti. Si conoscono anche specie mirmecofile e termitofile, che compiono gran parte del loro sviluppo all’interno di formicai e termitai. Infine, alcuni Carabidi sono quasi esclusivamente fitofagi (Zabrini, Harpalini) e molte specie tra quelle a comportamento prevalentemente predatorio integrano la dieta con elementi vegetali. Anche se esistono le immancabili eccezioni, i Carabidi sono insetti fondamentalmente igrofili e si rinvengono con maggiore frequenza negli ambienti umidi. In relazione a questa preferenza, molte specie sono attive soprattutto di notte, ma esistono esempi di specializzazione nella caccia diurna (Cicindelini, Notiophilini, Elaphrini, Bembidiini), comportamento che sovente si accompagna alla presenza di occhi molto sviluppati. I Carabidi sono generalmente utili all’agricoltura, in quanto predatori di altri insetti dannosi; solo poche specie possono in qualche caso procurare danni alle coltivazioni rodendo i teneri germinelli (Zabrus tenebrioides, Clivina fossor). Essi hanno anche il grande pregio di poter essere utilizzati come efficaci indicatori ambientali, caratteristica che li rende un oggetto privilegiato di studio non soltanto dal punto di vista sistematico, faunistico e biogeografico, ma anche da quello ecologico (Stork, 1990). Questa loro capacità deriva dagli stretti legami di ciascuna specie con fattori ambientali quali il grado di copertura vegetale del terreno, le sue caratteristiche fisico-chimiche, i fattori climatici e microclimatici (Thiele, 1977). Per tutti questi motivi ogni cenosi è in grado di fornire importanti informazioni sull’ambiente che la ospita, compreso il suo grado di stabilità o di disturbo antropico. Questi aspetti si riflettono infatti su alcuni parametri delle cenosi carabidiche come ad esempio le strategie alimentari, la riproduzione, il potere di dispersione (legato sia alle dimensioni del corpo sia alla presenza di ali funzionanti), che diventano pertanto efficaci indicatori ecologici. Il successo dei carabidi come oggetto di studio in campo ecologico è anche dovuto alla possibilità di ottenere informazioni quantitative, oltre che qualitative, sulla composizione dei loro popolamenti, mediante indagini realizzate con metodologie appropriate. Sono molto utilizzate a questo scopo le trappole a caduta (pitfall trap), costituite da recipienti interrati fino all’orlo e parzialmente riempiti di un liquido attrattivo e/o conservante. I CARABIDI NELL’ASTIGIANO Come area di riferimento viene considerata, per comodità, la Provincia di Asti, della quale sono a tutt’oggi note, dalla letteratura scientifica o da reperti in collezioni varie, circa 220 specie di Carabidi, numero ragguardevole ma che probabilmente è un’ampia sottostima delle specie effettivamente presenti, poiché ancora esistono ampi settori della provincia poco o nulla studiati. Oggetto di questa breve nota non è tuttavia la presentazione di una checklist delle specie di Carabidi conosciute bensì la caratterizzazione dei principali ambienti dell’Astigiano attraverso le specie più interessanti o significative, indicatrici delle peculiarità del territorio. Vale la pena ricordare che negli ultimi anni le conoscenze sulle faune carabidiche delle colline astigiane si sono arricchite per mezzo di alcuni lavori faunistici riguardanti biotopi di elevato interesse naturalistico come il Parco naturale regionale di Rocchetta Tanaro (Allegro e Cersosimo, 2004), l’Oasi WWF “Il Verneto” di Rocchetta Tanaro (Allegro, 2001) e l’Oasi WWF “Bosco del Lago” di Castello di Annone (Allegro et al., 2002). 113 All’interno della provincia di Asti possono essere distinti, per chiare connotazioni pedologiche, climatiche e vegetazionali, il territorio del Basso Monferrato, che giunge a sud fino al Tanaro, quello dell’Alto Monferrato che arriva verso sud fino all’altezza di Canelli e del Torrente Belbo, e la Langa astigiana, che comprende l’estrema punta meridionale del territorio della provincia. Il Basso Monferrato Sotto il profilo geologico, nel Basso Monferrato prevalgono marne, argille, arenarie, sabbie e conglomerati miocenici, con suoli nella grande maggioranza sub-alcalini (pH 7,5-8,1) e ricchi di calcare libero, anche se al limite meridionale dell’area affiorano terreni pliocenici (sabbie astiane ed argille di Lugagnano) e villafranchiani. Rispetto alla Collina di Torino la vegetazione ha un’impronta più termofila e xerofila (De Biaggi et al., 1990). Nel Basso Monferrato sono ancora presenti numerose specie di Carabus (Allegro, 1997), a testimonianza di una copertura forestale ancora ben rappresentata, benché gravemente minacciata dall’agricoltura, dallo sfruttamento dell’uomo e dall’invasione delle essenze esotiche. Infatti le specie del genere Carabus, in particolare quelle caratterizzate da attitudini strettamente silvicole, non possedendo ali funzionali al volo ed avendo scarsa vagilità possono essere considerate efficaci indicatori della presenza di una rete boscata sufficientemente integra, poiché dove queste specie si estinguono per l’isolamento o il degrado del manto forestale difficilmente possono poi ricolonizzare il bosco in tempi brevi. Lo stesso può dirsi di alcune specie del genere Cychrus, anch’esse brachittere e specializzate nella predazione di chiocciole, e del genere Abax. Nei boschi più freschi, Carabus intricatus (figura 2) è una presenza comune, mentre è molto localizzato negli altri distretti astigiani ed in forte rarefazione in ampie porzioni del suo areale (Turin et al., 2003). Carabus rossii è ancora frequente nei boschi delle esposizioni più soleggiate. Carabus italicus è relativamente comune in diverse stazioni, sempre su terreni umidi; questa specie endemica italiana è oggi in forte rarefazione nelle aree planiziali a causa della progressiva intensivizzazione agricola (Turin et al., 2003). Le altre specie presenti sono Carabus monticola, Carabus glabratus latior, Carabus convexus, silvicoli, Carabus granulatus interstitialis, ripicolo, Carabus germarii fiorii e Carabus coriaceus (figura 3), tendenzialmente termofili e presenti anche al di fuori delle aree boscate. È presente inoltre Cychrus italicus, endemita alpino-appenninico ad abitudini strettamente silvicole. Il “Bosco del Lago” di Castello di Annone costituisce invece un esempio degli effetti negativi della frammentazione degli habitat boscati sulle cenosi di Carabidi, poiché in questo piccolo bosco isolato soltanto tre specie di Carabus sono sopravvissute, di cui una più legata agli ambienti umidi che al bosco (C. granulatus interstitialis) ed una rinvenuta in esemplare unico e pertanto da ritenersi sporadica (C. gla- bratus latior) (Allegro et al., 2002). Tra i Cicindelini è molto comune lungo i sentieri soleggiati la vivace Cicindela campestris (figura 4), mentre riveste particolare interesse la presenza, da confermare ai giorni nostri, di Cicindela majalis in Valmanera (R. Barbero legit, 1984), specie endemica appenninica qui all’estremo limite nord-occidentale della sua distribuzione (Cassola, 1973). Gli ambienti umidi (aree impaludate, rive di corsi d’acqua e laghetti) ospitano una taxocenosi molto ricca e interessante. Di alcune rare specie le uniche recenti segnalazioni per il Piemonte riguardano quasi esclusivamente il territorio del Basso Monferrato Astigiano: vengono qui ricordati Trepanes octomaculatus, rinvenuto nei prati impaludati di Casorzo (Allegro, 2003), Asaphidion austriacum, noto soltanto dell’Oasi WWF ‘Bosco del Lago’ di Castello di Annone (Allegro e Cersosimo, 2001), Agonum nigrum, conosciuto dell’Oasi WWF ‘Bosco del Lago’ di Castello di Annone (Allegro et al., 2002), Stenolophus persicus, noto dell’Oasi WWF ‘Bosco del Lago’ di Castello di Annone (Allegro e Cersosimo, 2001) e di Casorzo (Allegro, 2003) ed infine Chlaeniellus nigricornis, presente nei prati impaludati di Casorzo (Allegro, 2003), oltre che nell’Oasi WWF ‘Il Verneto’ di Rocchetta Tanaro (Allegro, 2001), in Alto Monferrato. Merita ricordare anche la più volte confermata presenza di Ocys quinquestriatus in un ambiente antropizzato della zona di Moncalvo (Allegro, 2003), specie in genere nota per reperti che hanno carattere di occasionalità. La rarità e la discontinuità distributiva degli elementi citati sono senza dubbio da attribuire, oltre che alla loro probabile stenoecia, alla progressiva distruzione degli habitat umidi in tutto l’areale padano. Gli ambienti ad impronta più xero-termica sono popolati da specie tendenzialmente termofile, ben adattate ai forti cambiamenti microclimatici che l’irraggiamento solare determina a livello del suolo; esse sono molto vagili e sovente caratterizzate da ampia distribuzione, e per questo sono talvolta ritenute banali e meno interessanti dal punto di vista faunistico ed ecologico. Anche in questo gruppo si trovano tuttavia specie a biologia poco nota, rare o con spinte specializzazioni alimentari. Per esempio nel Moncalvese è presente Dixus clypeatus (Allegro, 2003), che si nutre delle capsule dei semi di Plantago, che vengono estratte dai frutti e portate in una tana sotterranea per essere ammorbidite mediante fermentazione (Schremmer, 1960). In Italia questa specie si rinviene abbondante nel centro-sud e nelle isole, mentre al nord è rara e localizzata come relitto termofilo. Infine il raro Zuphium olens, anch’esso noto del Moncalvese (Allegro, 1997), presenta biologia ancora poco conosciuta, probabilmente legata a suoli argillosi e umidi. L’Alto Monferrato Dal punto di vista pedologico, su una base di ‘Argille di Lugagnano’, che formano il basamento delle colline, affiorano i terreni noti come ‘Sabbie di Asti’, 114 sciolti e friabili, di colore giallastro e ricchi di fossili. Questo strato è particolarmente poroso, arido, ed essendo soggetto a dilavamento ha reazione neutra o sub-acida ed è povero di sostanza organica. Dal punto di vista geologico, i suoli del Bacino Astiano si differenziano pertanto in modo netto da quelli del Basso Monferrato, dove prevalgono marne, argille, arenarie, sabbie e conglomerati miocenici a reazione sub-alcalina. Le escursioni termiche sono più limitate rispetto al Basso Monferrato (De Biaggi et al., 1990). Di questo territorio sono note le carabidocenosi del Parco naturale regionale di Rocchetta Tanaro (Allegro e Cersosimo, 2004) e dell’Oasi WWF “Il Verneto” di Rocchetta Tanaro (Allegro, 2001), ciascuna con sue precise peculiarità. Nel Parco regionale è di rilievo la presenza, insieme ad altre 5 specie dello stesso genere, di Carabus problematicus, la cui sottospecie inflatus tocca qui l’estremo limite settentrionale del suo areale, nonché di Trechus fairmairei e Cymindis cingulata, elementi a distribuzione relitta e puntiforme in ambito planiziale. Si spiega inoltre con la natura alluvionale e sabbiosa dei suoli la presenza di una ricca taxocenosi psammofila tipica degli ambienti ripari della pianura piemontese (Allegro e Sciaky, 2001) ma decisamente inconsueta, quanto meno nella sua ricchezza, in ambiente collinare. Di questa cenosi fanno parte elementi non comuni come Sinechostictus inustum, Sinechostictus elongatus, Sinechostictus decoratus e Trechoblemus micros. “Il Verneto” è un bosco relitto di ontano nero in un alveo abbandonato del fiume Tanaro dove hanno trovato rifugio diversi elementi igrofili e luticoli ormai rari sul territorio italiano (Anthracus longicornis, Badister sodalis, Chlaeniellus nigricornis) oppure, come nel caso di Dyschiriodes importunus, distribuiti in modo frammentato su tutto il territorio nazionale. Quest’ultima specie, quasi esclusivamente confinata lungo le coste della Penisola, rappresenta probabilmente un relitto della fauna alofila che popolava gli ambienti litoranei quando le acque marine occupavano il golfo padano, oltre 2 milioni di anni fa. Nel “Verneto” sono per contro assenti quasi del tutto gli elementi silvicoli in senso stretto, condizionati dalla presenza di una falda acquifera affiorante per molti mesi all’anno. La sopravvivenza delle rare specie igrofile che il Verneto ospita è legata alla salvaguardia di una rete di aree umide integre. Non hanno avuto la stessa sorte alcune specie già oggi probabilmente estinte in Provincia di Asti, come ad esempio Parallelomorphus terricola, elemento alofilo raccolto da Giorgio Baldizzone nel 1964 intorno agli stagni della frazione Perosini di Antignano (AT), oggi distrutti dalla pressione antropica insieme a tutta la fauna che ospitavano. Langhe Astigiane I terreni sono costituiti da materiali più compatti e cementati rispetto all’Alto Monferrato, per lo più marne di età tardo-oligocenica-miocenica (De Biaggi et al., 1990). Sono purtroppo pochissimi i dati reperi- bili in letteratura sui Carabidi delle Langhe incluse in territorio astigiano. Reperti conservati nella collezione dell’Autore confermano la presenza di alcuni interessanti elementi termofili come Masoreus wetterhallii, Semiophonus signaticornis, Poecilus koyi viaticus, nonché quella di Abax parallelepipedus contractus, che risalendo dall’Appennino Ligure tocca qui uno dei punti più settentrionali della sua distribuzione. Ma l’elemento di maggiore spicco dell’area è senza dubbio lo splendido Carabus solieri liguranus, che popola le Alpi Marittime e Liguri e le Langhe, arrivando fino alla zona di Canelli (Casale e Cavazzuti, 1975). Distribuito su un orizzonte altitudinale estremamente ampio, che va dalla prateria alpina ai rilievi collinari, esso popola nelle Langhe i boschi freschi di castagno e le faggete relitte, ambienti nei quali è probabile che indagini più approfondite portino alla luce altri interessanti elementi di chiara penetrazione alpino-appenninica, già noti per altre parti di territorio di Langa (Casale e Cavallo, 1985). CONCLUSIONI Le colline dell’Astigiano ospitano una carabidofauna ricca non soltanto per numero di specie ma anche per la qualità legata all’interesse ecologico e biogeografico dei reperti. La particolare posizione geografica, che conferisce all’Astigiano un ruolo di transizione tra la catena alpina, la zona continentale padana e l’area mediterranea, nonché la particolare morfologia del territorio e le sue caratteristiche climatico-pedologiche, che hanno favorito la formazione di ambienti dai microclimi molto diversificati, concorrono ad accentuare un ruolo di ponte ecologico dove hanno potuto sopravvivere e coesistere una flora e una fauna molto ricche. Da qui il grande interesse ecologico che viene unanimemente riconosciuto a quest’area del Piemonte. Le cenosi carabidiche del territorio rispecchiano inoltre i grandi sconvolgimenti climatici dell’Era Quaternaria, che hanno determinato lo spostamento verso sud dei biomi centroeuropei durante i periodi glaciali e la risalita invece verso nord di quelli mediterranei nei periodi temperato-caldi inter- e post-glaciali. La presenza di relitti termofili negli ambienti aperti ed esposti a sud si coniuga pertanto con la presenza di elementi igrofili, talvolta microtermofili, nelle vallette incassate e in prossimità dei corsi d’acqua. Gli ambienti boscati possiedono ancora una nutrita schiera di elementi silvicoli specializzati, tra cui numerose specie di Carabus le cui popolazioni mostrano chiari segni di regressione in molte aree del nord-Italia; esistono tuttavia concreti rischi di perdita di biodiversità per la frammentazione ed il degrado progressivo degli ambienti forestali, come dimostra l’esempio del “Bosco del Lago” dove sopravvivono soltanto pochi elementi silvicoli specializzati. Nelle poche stazioni umide relitte sono stati rinvenuti elementi rari, distribuiti in modo ormai discontinuo in tutto l’areale padano e gravemente minacciati dalle bonifiche e dallo sviluppo dell’agricoltura. 115 Questa ricchezza non deve tuttavia indurre a facili ottimismi perché anche l’Astigiano rischia di pagare un prezzo elevato in termini di perdita di biodiversità se non verrà garantito un uso meno invasivo del territorio e non verranno prese coraggiose decisioni per la protezione dei biotopi di maggior pregio. È importante che le Amministrazioni pubbliche acquisiscano adeguata sensibilità al riguardo ed in questa direzione si stanno muovendo gli sforzi del WWF e di altre Associazioni di volontariato, che cercano di promuovere la cultura del territorio e della biodiversità come beni comuni da salvaguardare anche per le future generazioni. Numerosi dati riguardanti i Coleotteri Carabidi dell’Astigiano sono già entrati a far parte della banca dati informatizzata del progetto “A.B.I.T.AT”, a cura della Sezione WWF di Asti (Centro di Educazione Ambientale di Villa Paolina), che si pone l’obiettivo di archiviare, su base territoriale, tutti i dati disponibili sulla biodiversità dell’Astigiano (Baldizzone, 2003). RINGRAZIAMENTI Si ringrazia Stanislav Krejcik (www.meloidae.com) per avere gentilmente concesso la pubblicazione delle sue fotografie di carabidi ripresi in habitat. BIBLIOGRAFIA ALLEGRO G., 1997 – Cenosi carabidologiche dei boschi del Basso Monferrato. Riv. Piem. St. Nat., 18: 183-204. ALLEGRO G., 2001 – La carabidofauna dell’Oasi WWF ‘Il Verneto’ di Rocchetta Tanaro (Asti, Piemonte) (Coleoptera, Carabidae). Riv. Piem. St. Nat., 22: 165-182. ALLEGRO G., 2003 – Nuovi interessanti reperti di Carabidi (Coleoptera, Carabidae) per il Basso Monferrato (Piemonte). Riv. Piem. St. Nat., 24: 233-238. 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