Friedrich Nietzsche PERCHÉ IO SONO UN DESTINO* 1 Conosco la
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Friedrich Nietzsche PERCHÉ IO SONO UN DESTINO* 1 Conosco la
Friedrich Nietzsche PERCHÉ IO SONO UN DESTINO* 1 Conosco la mia sorte. Un giorno sarà legato al mio nome il ricordo di qualcosa di enorme – una crisi, quale mai si era vista sulla terra, la più profonda collisione della coscienza, una decisione evocata contro tutto ciò che finora è stato creduto, preteso, consacrato. Io non sono un uomo, sono dinamite. – E con tutto ciò non c’è nulla in me del fondatore di religioni – le religioni sono affari per la plebe, io sento il bisogno di lavarmi le mani dopo essere stato in contatto con uomini religiosi… Non voglio «credenti», penso di essere troppo malizioso per credere a me stesso, non parlo mai alle masse… Ho una paura spaventosa che un giorno mi facciano santo: indovinerete perché io mi premunisca in tempo, con la pubblicazione di questo libro, contro tutte le sciocchezze che si potrebbero fare con me… Non voglio essere un santo, allora piuttosto un buffone… Forse sono un buffone… E ciononostante, anzi non ciononostante – perché non c’è mai stato sinora niente di più menzognero dei santi – la verità parla in me. – Ma la mia verità è tremenda: perché fino a oggi si chiamava verità la menzogna. – Trasvalutazione di tutti i valori: questa è la mia formula per l’atto con cui l’umanità prende la decisione suprema su se stessa, un atto che in me è diventato carne e genio. Vuole la mia sorte che io debba essere il primo uomo decente, che sappia oppormi a una falsità che dura da millenni… Io per primo ho scoperto la verità, proprio perché per primo ho sentito la menzogna come menzogna, la ho fiutata… Il mio genio è nelle mie narici… Io vengo a contraddire, come mai si è contraddetto, e nondimeno sono l’opposto di uno spirito negatore. Io sono un lieto messaggero, quale mai si è visto, conosco compiti di una altezza tale che finora è mancato il concetto per definirli; solo a partire da me ci sono di nuovo speranze. Con tutto ciò io sono anche, necessariamente, l’uomo del fato. Perché ora che la verità dà battaglia alla millenaria menzogna, avremo degli sconvolgimenti, uno spasimo di terremoti, monti e valli che si spostano, come mai prima si era sognato. Il concetto di politica trapasserà allora completamente in quello di una guerra degli spiriti, tutti i centri di potere della vecchia società salteranno in aria – sono tutti fondati sulla menzogna: ci sarà guerra, come mai prima sulla terra. Solo a partire da me ci sarà sulla terra grande politica. – F. Nietzsche, Perché io sono un destino, in Ecce homo. Come si diventa ciò che si è, Adelphi, Milano 1991, pp. 127-137. * 2 Volete una formula per questo destino, che si fa uomo? – Si trova nel mio Zarathustra. – e colui che deve essere creatore di bene e male: in verità, costui dev’essere in primo luogo un distruttore, e deve infrangere valori. Quindi il massimo male inerisce alla bontà suprema: questa però è la bontà creatrice. Io sono di gran lunga l’uomo più tremendo che mai ci sia stato; ciò non toglie che io possa essere il più benefico. Conosco il piacere del distruggere in misura della mia forza di distruzione, – nell’una e nell’altra cosa obbedisco alla mia natura dionisiaca, che non riesce a distinguere tra il fare no e il dire sì. Io sono il primo immoralista: perché io sono il distruttore par excellence. 3 Nessuno mi ha domandato, e avrebbero dovuto domandarmelo, che cosa significhi, proprio sulla mia bocca, sulla bocca del primo immoralista, il nome Zarathustra: perché ciò che costituisce l’enorme unicità di quel persiano nella storia è proprio l’opposto. Zarathustra fu il primo a vedere nella lotta tra il bene e il male la vera ruota che spinge le cose – è opera sua la traduzione della morale in termini metafisici, in quanto forza, causa, fine in sé. Ma questa domanda, in fondo, varrebbe già da risposta. Zarathustra ha creato questo errore fatale, la morale: di conseguenza egli deve essere anche il primo a riconoscere quell’errore. Non solo perché a questo proposito egli ha una esperienza più grande e più lunga di qualunque altro pensatore – la storia intera è addirittura la confutazione sperimentale del principio del cosiddetto «ordinamento morale del mondo» –: la cosa più importante è che Zarathustra è veritiero più di ogni altro pensatore. La sua dottrina, ed essa sola, pone la veracità a virtù suprema – cioè l’opposto della viltà dell’«idealista», che di fronte alla realtà fugge; Zarathustra da solo ha più coraggio in corpo di tutti gli altri pensatori messi insieme. Dire la verità e tirare bene con l’arco, questa è la virtù persiana. – C’è qualcuno che mi capisce?… La morale che supera se stessa per veracità, i moralisti che superano se stessi diventando il loro opposto – me stesso – questo significa il nome di Zarathustra sulla mia bocca. 4 In fondo sono due le negazioni che implica la mia parola immoralista. Con la 2 prima io nego un tipo di uomo che era stato giudicato finora il tipo più alto, i buoni, i benevolenti, i benefici; dall’altra parte, poi, io nego un tipo di morale che è valsa da morale in sé e come tale ha dominato – la morale della décadence, in termini più concreti, la morale cristiana. Non sarebbe ingiustificato pensare che la negazione propriamente decisiva sia la seconda, in quanto la sopravvalutazione della bontà e della benevolenza, nelle sue grandi linee, è per me già una conseguenza della décadence, un sintomo di debolezza, incompatibile con una vita che ascende e dice sì: condizione del dire sì è il negare e il distruggere. – Mi soffermo un momento sulla psicologia dell’uomo buono. Per giudicare il valore di un tipo di uomo bisogna calcolare quanto costa la sua conservazione – bisogna conoscere le sue condizioni di esistenza. La condizione di esistenza dei buoni è la menzogna: in altri termini, il non voler vedere a ogni costo come in fondo è fatta la realtà, che non è certo fatta per suscitare continuamente istinti benevoli, e ancor meno per consentire a un continuo intervento di mani miopi e bonarie. Considerare tutte le crisi in genere come un’obiezione, come qualcosa che bisogna eliminare, è la niaiserie par excellence, nel complesso, una vera disgrazia nelle sue conseguenze, un destino di sciocchezza –, di tale sciocchezza quasi come lo sarebbe la volontà di eliminare il maltempo – magari per compassione per la povera gente… Nella grande economia del tutto gli aspetti tremendi della realtà (nelle passioni, nei desideri, nella volontà di potenza) sono incommensurabilmente più necessari di quella forma di piccola felicità, la cosiddetta «bontà»; ci vuole anzi prudenza per concedere a quest’ultima anche solo qualcosa, perché essa è fondata sulla falsità dell’istinto. Ho un valido motivo per dare una prova, che valga per tutta la storia, delle conseguenze smisuratamente sinistre dell’ottimismo, questa creatura degli homines optimi. Zarathustra, colui che per primo capì che l’ottimista è altrettanto décadent del pessimista e forse ancora più dannoso, dice: gli uomini buoni non dicono mai la verità. I buoni vi insegnarono false coste e sicurezze false; voi siete nati e assicurati nelle menzogne dei buoni. Tutto è mentito e distorto fin nel profondo per opera dei buoni. Per fortuna il mondo non è costruito su istinti tali che proprio in esso il gregge bonario possa trovare la sua angusta felicità; pretendere che tutti diventino «uomini buoni», animali d’armento, occhiazzurrini, benevoli, «anime belle» – o, come desidera il signor Herbert Spencer, altruistici, vorrebbe dire togliere all’esistenza quella grandezza che è suo carattere, castrare l’umanità e ridurla a misera cineseria. – E proprio questo si è tentato di fare!… Proprio questo è stato chiamato morale… In questo senso Zarathustra chiama i buoni a volte «gli ultimi uomini», a volte «il principio della fine»; soprattutto li considera la specie più dannosa di uomini, perché essi realizzano la loro esistenza a spese sia della verità sia dell’avvenire. I buoni, infatti, non sono capaci di creare: essi sono sempre il principio della fine: – – essi crocifiggono colui che scrive valori nuovi su tavole nuove, essi 3 immolano a se stessi l’avvenire, crocifiggono ogni avvenire dell’uomo! I buoni – costoro furono sempre il principio della fine. E per quanti danni possano fare i calunniatori del mondo: il danno dei buoni è il più dannoso dei danni. 5 Zarathustra, il primo psicologo dei buoni, è – di conseguenza – un amico dei malvagi. Se una specie di uomini della décadence si è innalzata al rango di specie suprema, ciò è potuto avvenire solo a spese della specie a loro opposta, la specie degli uomini forti e sicuri della vita. Se l’animale d’armento brilla nello splendore delle più pure virtù, l’uomo eccezionale deve per forza essere degradato a malvagio. Se la falsità pretende a ogni costo che la sua ottica sia chiamata «verità», l’uomo propriamente veritiero lo ritroveremo sotto i nomi peggiori. Zarathustra non permette dubbi su questo punto: egli dice che proprio la conoscenza dei buoni, dei «migliori» è stato ciò che gli ha dato l’orrore per l’uomo in genere; questa sua avversione gli ha fatto spuntare le ali per «librarsi in volo su lontani tempi futuri», – egli non nasconde che il suo tipo di uomo, relativamente un tipo superumano, è superumano proprio in rapporto con i buoni, e che i buoni e i giusti chiamerebbero diavolo il suo superuomo… Voi, uomini più alti in cui il mio sguardo si è imbattuto, tale è il mio dubbio su di voi e il mio riso segreto: voi chiamereste il mio superuomo, lo indovino – diavolo! A ciò che è grande siete tanto estranei nella vostra anima, che il superuomo sarebbe per voi, nella sua bontà, terribile… Su questo passo e su nessun altro bisogna basarsi se si vuole comprendere che cosa Zarathustra vuole: questa specie di uomo, che egli concepisce, concepisce la realtà come essa è: è abbastanza forte per farlo –, non è estraniato, separato da essa, è identico a essa, contiene in sé tutto ciò che la realtà ha di terribile e problematico, e ciò solo può fare la grandezza dell’uomo… 6 – Ma anche per un’altra ragione ho scelto la parola immoralista come mio distintivo, come titolo onorifico: io sono fiero di avere questa parola per contrappormi a tutto il resto dell’umanità. Mai nessuno aveva sentito al di sotto di sé la morale cristiana; per giungere a questo era necessaria una elevatezza, una 4 lungimiranza, una abissale profondità psicologica finora affatto inaudita. Fino a oggi la morale cristiana era la Circe di tutti i pensatori, – stavano al suo servizio. – Chi è entrato prima di me nelle caverne dove spira il soffio venefico di questa specie di ideale – il calunniamento del mondo? – Chi mai ha anche solo osato supporre che siano caverne? In generale, chi, prima di me, tra i filosofi, è stato psicologo e non invece il suo opposto, «sublime imbroglione», «idealista»? Prima di me la psicologia non esisteva. – In questo caso essere il primo può significare una maledizione, in ogni caso è un destino: perché si è anche i primi a disprezzare… La nausea per l’uomo è il mio pericolo… 7 Sono stato capito? – Ciò che mi distacca, ciò che mi mette a parte da tutto il resto dell’umanità è il fatto di avere scoperto la morale cristiana. Per questa ragione mi occorreva una parola che avesse un senso di sfida verso tutti. Non aver aperto prima gli occhi a questo proposito è per me la più grossa sudiceria che l’umanità abbia sulla coscienza, in quanto autoinganno diventato istinto, in quanto volontà di non vedere, per principio, nessun fatto, causa, realtà, in quanto moneta falsa in psychologicis, fino al delitto. La cecità di fronte al cristianesimo è il delitto par excellence – il delitto contro la vita… I millenni, i popoli, i primi e gli ultimi, i filosofi e le vecchiette – eccettuati cinque, sei momenti nella storia, e me come settimo – si equivalgono su questo punto. Fino a oggi il cristiano era l’«essere morale», una curiosità senza pari, – e, in quanto «essere morale», più assurdo, menzognero, vano, leggerone, dannoso a se stesso di quanto si sarebbe mai sognato anche il più grande spregiatore dell’umanità. La morale cristiana – la forma più maligna della volontà di menzogna, la vera Circe dell’umanità: la sua corruttrice –. Non è l’errore in quanto errore a spaventarmi in questo quadro, non la mancanza millenaria di «buona volontà», di disciplina, di decenza, di coraggio nelle cose dello spirito, che si rivela in quella vittoria – è la mancanza di natura, è il fatto assolutamente raccapricciante che la contronatura stessa ha avuto gli onori supremi in quanto morale e ha continuato a pesare sull’umanità sotto specie di legge, di imperativo categorico!… Sbagliarsi fino a questo punto, e non un singolo, non un popolo, ma l’umanità!… Che si sia imparato a disprezzare gli istinti primari della vita; che si sia finta l’esistenza di un’«anima», di uno «spirito», per far andare in rovina il corpo; che si sia imparato a considerare come qualcosa di impuro ciò che è il presupposto della vita, la sessualità; che si sia andati a cercare il principio del male nella profondissima necessità del crescere, nel rigoroso egoismo ( – e già la parola è una calunnia! – ); e che, all’inverso, si sia visto un valore superiore, ma che dico! il valore in sé!, nei segni tipici del declino e della contraddizione degli istinti, nel «disinteresse», nella perdita del centro di gravità, nella «spersonalizzazione» e 5 nell’«amore del prossimo» ( – morbo del prossimo!)… E come! Sarebbe forse l’umanità stessa in décadence? E lo è stata sempre? – Resta sicuro che le hanno insegnato a considerare valori sommi solo i valori della décadence. La morale della rinuncia a sé è la morale della rovina par excellence, il fatto «io perisco» tradotto nell’imperativo: «dovete tutti perire» – e non solo nell’imperativo!… Questa morale, l’unica che fino a oggi sia stata insegnata, la morale della rinuncia a sé, tradisce una volontà della fine, nega la vita nel suo ultimo fondamento. – A questo punto resterebbe aperta una possibilità, che la degenerazione non sia dell’umanità tutta, ma solo di quella specie di uomini parassitari, i sacerdoti, che hanno spinto la finzione della morale fino al punto di fissare essi stessi i valori per l’umanità tutta – che seppero vedere nella morale cristiana un mezzo per la loro potenza… E di fatto questa è la mia visione delle cose: i dottrinari, le guide dell’umanità, tutti i teologi, erano tutti dei décadents: perciò la trasvalutazione di tutti i valori in elementi ostili alla vita, perciò la morale… Definizione della morale: morale – l’idiosincrasia di alcuni décadents, che hanno la mira segreta di vendicarsi della vita – e ci riescono. Io do valore a questa definizione. – 8 – Sono stato capito? – Non ho detto una sola parola che non avessi già detto cinque anni fa per bocca di Zarathustra. – La scoperta della morale cristiana è un avvenimento che non ha uguali, una vera catastrofe. Chi può far luce su di essa, quegli è una force majeure, un destino – spacca in due la storia dell’umanità. Si può vivere prima di lui o dopo di lui… Il fulmine della verità ha colpito proprio ciò che prima stava in cima a tutto: chi comprende che cosa esso abbia distrutto, guardi se gli resta ancora qualcosa fra le mani. Tutto ciò che fino a oggi si chiamava «verità» viene riconosciuto come la forma più dannosa, più maligna, più sotterranea della menzogna; il sacro pretesto di «migliorare» l’umanità come un’astuzia per succhiare la vita stessa, per renderla anemica. Morale come vampirismo… Chi scopre la morale scopre anche il non valore di tutti i valori nei quali si crede o si è creduto; nei tipi umani più venerati o addirittura santificati, quegli non vede più nulla di venerabile, vede la più fatale specie di mostri, fatali, perché hanno saputo affascinare… Il concetto di «Dio» inventato in opposizione alla vita – tutto ciò che è dannoso, venefico, calunnioso, mortalmente ostile alla vita vi è raccolto in una terrificante unità! Il concetto di «al di là», di «mondo vero» inventati per svalutare l’unico mondo che esista – per non lasciare alla nostra realtà sulla terra alcun fine, alcuna ragione, alcun compito! Il concetto di «anima», di «spirito» e infine anche di «anima immortale», inventati per spregiare il corpo, per renderlo malato – «santo» –, per opporre una orribile incuria a tutte le cose che meritano di essere trattate con serietà nella vita, i problemi della alimentazione, dell’abitare, della dieta 6 spirituale, della cura dei malati, della pulizia, del tempo che fa! Invece della salute la «salvezza dell’anima» – cioè una folie circulaire fra le convulsioni della penitenza e l’isteria della redenzione! Il concetto di «peccato» inventato insieme con gli opportuni strumenti di tortura, insieme col concetto di «libero arbitrio», per confondere gli istinti e fare una seconda natura della diffidenza per gli istinti! Del concetto di «disinteresse», «rinnegamento di sé», che è il vero segno distintivo della décadence, la fascinazione della rovina, il non-poter-più-trovare-il-proprio-utile, l’autodistruzione, si è fatto il segno del valore in generale, del «dovere», del «sacro», del «divino» nell’uomo! Infine – ed è la cosa più tremenda – nel concetto dell’uomo buono si è preso il partito di tutto ciò che è debole, malato, malriuscito, sofferente-di-se-stesso, di tutto ciò che deve perire –, si è invertita la legge della selezione, si è fatto un ideale di ciò che contraddice l’uomo fiero e benriuscito, colui che dice sì, che è certo dell’avvenire, che è garante dell’avvenire, – questi ormai viene chiamato il malvagio… E tutto questo fu creduto come la morale! – Écrasez l’infâme! – – 9 – Sono stato capito? – Dioniso contro il Crocifisso… 7