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Pubblicato il 25 Ottobre 2012
Nel Ristori una brevissima e per ora scadente Stagione sinfonica autunnale dell'Arena
Il teatro della pessima acustica
servizio di Sergio Stancanelli
VERONA - Mi telefona la sempre cara e gentile Daniela Carcereri dell’Ufficio stampa: "Che fai, non vai
al primo concerto del Classicismo?". "Hai ragione, m’è passato di mente, c’è qui da qualche giorno
mio fratello venuto da Trieste ad insegnarmi un po’ di computer, e sulle recensioni sono in arretrato
più del solito. Siamo all’ultima replica, il pomeriggio di domenica 21 ottobre. Ségnami due posti,
grazie".
La Stagione va dal 19 ottobre al 25 novembre e prevede quattro concerti, tutti con musiche di F. Joseph
Haydn, W. A. Mozart e L. van Beethoven. Infatti il breve ciclo s’intitola “Il classicismo”. In copertina del
programma della rassegna (40 pagine, gratuito), in grandi caratteri s’annuncia «teatro Filarmonico» e
si precisa «sinfonica», sottinteso -credo - Stagione. Più sotto, in caratteri piccoli e confusionarî, sta
scritto «teatro Ristori». Nelle trentasei pagine interne, il Filarmonico non è né pur nominato. Infatti non v’ha a che fare:
concerti e repliche (due per il primo, una per gli altri tre) han luogo nel nuovo Ristori. Sabato Aldo riparte e per domenica non
trovo nessuno disposto a venire con me. Faccio diciassette telefonate, e qualcuno sembra dapprima disponibile: poi,
quando a domanda rispondo che si suonano Sinfonie di Haydn e di Beethoven e tre Arie di Mozart, tutti si ricordano di avere
un impegno. Chiamata col cellulare, la formosa Marilisa dice che verrebbe se non fosse che non si trova in Verona bensì in
Padova: mi offro di pagarle il taxi, e allora le sovviene di non avere portato con sé un contenitore adatto per recare in pubblico
con eleganza le sue grandi tette.
Il concerto è alle ore 17: mi lavo, mi
cambio, e senza mettermi in ghingheri
(oltre tutto son mezzo guercio perché dal
ventilatore mi son protetto l’orecchio ma
non l’occhio) con mezz’ora d’anticipo
m’avvio. E’ bensì vero che avevo dichiarato
per iscritto che nel Ristori stante la villania
subìta non avrei più messo piede (“gli
Amici” Settembre, “Non siamo invitati però
veniamo informati” al fine che gli facciamo
- gratis - pubblicità), ma avevo precisato
«permanendo la gestione attuale»: ora è
la fondazione Arena che mi invita, e mi
sollecita anche. L’altra volta ho constatato
che per arrivare al Ristori dalla mia nuova
abitazione, si può percorrere una via più
breve di quella da me percorsa: questa
volta la intraprendo, e mi perdo. So di
essere nei pressi quando m’imbatto in
una giovane signora - ma che dico
giovane signora: una fanciulla - : e perché
non chiedere? Il vicolo Ristori è il primo
dritto di prora. Grazie, vuol venire con me?
(faccio il riassunto: ovviamente le dico che
ho due posti e sono solo). Cosa fanno? Un concerto sinfonico. Mai stata a un concerto sinfonico. E’ l’occasione per provare:
se non le piace, s’alza e se ne va. Viene con me. Dice ch’è uscita senza mèta per togliersi di casa. Ho l’impressione che
abbia questionato col marito.
Nell’atrio del teatro abbastanza affollato, mentre mi incanalo per ritirare i biglietti, poco a poco si fa silenzio: non tanto stupìto
quanto ammirato. Le maschere con le espressioni della faccia mi complimentano. Solo ora m’accorgo che è bellissima,
alta, slanciata, con un viso incantevole, e sempre sorridente. Ed è pure vestita con elegante raffinatezza. Son sempre con
belle donne, è vero, ma questa è un bijou. Abbiamo la fila zero. Si troverà prima della prima, c’è da credere. Scopriremo dopo
(lo scoprirà lei) che era la fila O, tredicesima lettera dell’alfabeto italiano, tredicesima fila. Ma a destra e a manca, le prime file
son del tutto vuote: ci sediamo a manca. Entra l’orchestra, il teatro è piccolo, gli strumentisti sono a un metro da noi. Le
violiniste fan con la testa segni di rallegramenti, il primo violino, ch’è Günther Sanin, non la smette di sorridermi, e di
guardare (non me). Il primo violoncello mi saluta con deferenza e fa mostra di niente, ma quando poi suonerà è evidente che
le partiture le conosce a memoria e non ha bisogno di guardarle.
Siamo nel Ristori ma la gestione è dell’Arena: un minuto prima dell’orario entra il direttore, e alle 17 in punto abbassa la
bacchetta. Con lui è entrata la soprano Désirée Rancatore - insistentemente mutilata del primo accento sul programma di
sala - che canta due sole delle tre Arie in programma perché non sta bene. Le arie sono “Ah se in ciel benigne stelle” K.538
(10’) e “Se tutti i mali miei” K.83 (7’), in ordine inverso a quello stampato sul programma perché se non si fa un po’ di
confusione non ci si diverte neanche. Che non stia bene è evidente: il suo canto manca di naturalezza, i gorgheggi - quando
non li salta - son forzati, e francamente sgradevoli. Me ne dispiace soprattutto per l’effetto poco allettante che certamente
produce nella mia ospite vergine di musica classica.
Segue la graziosa Sinfonia n.88 in Sol
magg. di Haydn, ridotta - a mio avviso
intelligentemente - dai suoi 25 minuti
previsti a soli 19 minuti, nel cui largo si è
distinto con grande sensibilità espressiva
il bravo Zoltan-Zsolt Szabó. Venti minuti
d’intervallo, durante il quale scopriamo
che il bar interno è chiuso (forse, dice la
mia nuova amica, lo aprono quando è
chiuso il teatro), e poi l’ "Ottava" di
Beethoven
(35’),
eseguita
assai
malamente, o forse malamente largita da
un ambiente inadatto che, nonostante il
palcoscenico sia stato tutto avvolto nel
tavolato, soffoca il suono e nei f f f lo
comprime, sommerge la melodia e la
priva di nitidezza. Chi dirige è un a noi
incognito Henrik Nánási, di nazionalità ed
età tenute segrete, il quale dirige a i teatri
(sempre maiuscolo, bisogna avere
rispetto per i teatri) di quattro nazioni
europee ed ora per la prima volta in Italia
(questo lo scopro io) dirige a l Ristori il
primo appuntamento (sic) della Stagione
2012-2013 (scusi, sa, ma se la Stagione termina in novembre ??? mah) della fondazione (maiuscolo) Arena. Giustificate con
l’acustica pessima le interpretazioni scadenti, bisogna dire che resta estranea alle carenze architettoniche, imperterritamente
reiterata l’esecuzione delle prime quattro note dell’allegro vivace, secondo tempo agogico del primo movimento
beethoveniano, in forma d’accordo invece che di arpeggio come l’autore le scrisse. Applausi di contentatura scarsa da parte
del pubblico che solo in parte occupava la platea.
Crediti fotografici: Foto SeSta
Nella miniatura in alto: il soprano Desirée Rancatore
Al centro: la sezione dei violini col violino si spalla Günther Sanin
In basso: il direttore Henrik Nánási e la sezione dei violoncelli