Sulmona Diocesi n. 53

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Sulmona Diocesi n. 53
Anno VII n. 1/2 Gennaio - Febbraio 2014
Editoriale
“Poste Italiane S.P.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2° e 3°, Roma aut. n.160/2008”
Padre Angelo Vescovo
Iniziamo con la “P”
DUE CHIESE SORELLE
UNITE NELLA CARITÁ
Francesca Orsatti
N
el cuore di ogni uomo alberga il desiderio
di una vita piena. Ad ogni anno che inizia
ci facciamo gli auguri, esprimiamo i nostri
desideri e facciamo i buoni propositi. Iniziando il
2014, ho scelto come augurio la lettera “P”, come
Pace. Ne sentiamo tanto il bisogno. Oggi è fortemente minacciata e si rischia di morire tutti asfissiati se non si respira aria pulita di pace.
Nel cuore di ogni uomo, oltre il desiderio di una
vita piena, c’è un anelito insopprimibile alla fraternità che spinge verso la comunione con gli altri, nei
quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere e abbracciare. In questo anno, come
indicato dal Piano Pastorale Diocesano “Avvenga
per me secondo la Tua parola”, veniamo chiamati
a porre l’attenzione sulla famiglia che educa alla
liturgia. E’ una occasione perché la famiglia, soggetto attivo, riscopra il senso della fraternità, del
perdono, della pace.
Nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace
del 1°gennaio 2014, Papa Francesco ha scritto: “La
fraternità si comincia a imparare solitamente in seno
alla famiglia, soprattutto grazie ai ruoli responsabili e
complementari di tutti i suoi membri, in particolare del
padre e della madre. La famiglia è la sorgente di ogni fraternità, e perciò è anche il fondamento e la via primaria
della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il
mondo con il suo amore”.
Costruire la pace è riconoscere che abbiamo Dio
come Padre. La radice della fraternità è contenuta
nella paternità di Dio. E’ bello allora mettere Dio al
centro della famiglia e scoprirsi fratelli che sanno
allontanare i rancori, le insidie delle rivalità e delle gelosie, il veleno dell’odio. Costruire una famiglia nel vincolo della fratellanza e della pace deve
essere l’impegno di tutti i giorni in questo anno.
Impariamo in famiglia a prenderci cura di tutti. Il
servizio è l’anima di quella fraternità che edifica la
pace. Ricordiamo che in famiglia tre parole vissute
possono fare molto: permesso, grazie, scusa. E’ un
desiderio, è un impegno di ciascuno, è un augurio per tutte le famiglie vivere in pace, annunciare
la pace, mettere piedi alla pace perché raggiunga
ogni punto della terra, partendo proprio dalla famiglia. Che sia per tutti un anno di pace.
Perdono in famiglia
a pag. 2
Un pulmino per la “Casa
di Nazareth”
a pag. 6
Dalle Parrocchie
a pag. 6-7
L
o scorso 8 gennaio la diocesi
di Sulmona-Valva si è spinta
oltreoceano per raggiungere la lontana terra di Colombia. La
delegazione, formata da sette laici
e tre sacerdoti colombiani, guidata
dal vescovo Angelo Spina, ha toccato diversi luoghi con l’obiettivo di
testimoniare e rafforzare il legame
di unità e fratellanza tra due chie-
se sorelle. La missione è durata due
settimane, articolata in tre tappe
principali: Bogotà, Cartagena de Indias e Istmina. Ad ognuna di queste
città è legato un percorso di conoscenza e di crescita, di comunione
umana e spirituale che ha reso questa esperienza una vera benedizione. Una missione che tutti ricorderemo: uniti nella fede, testimoni di
speranza, un seme di carità.
Uniti nella fede
La prima tappa della missione ha
toccato la città di Bogotà. Situata
sul popoloso altopiano di Cundinamarca, la capitale sfiora con il suo
agglomerato urbano i 9 milioni di
abitanti ed è di gran lunga il massimo centro del Paese. Città dalla
segue a pg 3
I Vescovi Abruzzesi e la ricostruzione delle
Chiese dopo il sisma del 6 aprile 2009
I
Vescovi dell’Abruzzo, a seguito
del terremoto del 2009, subito
chiesero, al Sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, che le Diocesi
venissero riconosciute come enti
attuatori. E’ passato del tempo. Il
riconoscimento alle Diocesi, come
enti attuatori, non è arrivato, ecco
perché i Vescovi hanno inviato
all’attuale Presidente del Consiglio,
Enrico Letta, una nuova richiesta
affinchè le Diocesi vengano riconosciute come Enti attuatori nella
ricostruzione delle chiese colpite
dal sisma. A seguito della lettera
del Sindaco dell’Aquila, Massimo
Cialente, inviata al Presidente Napolitano, in cui ci sono delle inesattezze, per non dire altro, è intervenuto, a nome di tutti i Vescovi,
il Presidente della CEAM, Monsignor Tommaso Valentinetti: “In
Conferenza episcopale abbiamo ritenuto giusto che le diocesi fossero
riconosciute come soggetti attuatori…Ci è sembrato necessario far
sentire la nostra voce, e chiedere di
poter avere il ruolo che spetta alla
ricostruzione degli immobili ecclesiastici. Del resto in situazioni analoghe, ovvero nella ricostruzione
delle zone terremotate di Umbria,
Marche e, più recentemente, dell’Emilia Romagna, le Diocesi sono
state riconosciute come soggetti
attuatori, così come è già accaduto
per gli enti religiosi dello stesso territorio aquilano e non solo…Il fine
è quello di poter disporre di regole
chiare e condivise che consentano
un lavoro di ricostruzione rapido
e trasparente”. In fondo la Conferenza Episcopale Abruzzese Molisana, ha chiesto ciò che gli spetta
di diritto. Perché questa richiesta,
così legittima, ad alcuni non piace?
Perché ci sono esternazioni inesatte e che gettano fango sulla Chiesa,
come quella del Sindaco di L’Aquila? Ecco perché i Vescovi hanno fatto sentire la loro voce perché
sono dalla parte della gente e, nella
ricostruzione delle chiese, di cui
sono i proprietari, vorrebbero essere informati, coinvolti, non come
benevola concessione, ma come un
diritto che gli spetta.
2
Gennaio - Febbraio 2014
N
ell’Anno Giubilare Celestiniano
Diocesano
che
stiamo vivendo, veniamo
invitati a porre l’attenzione sul perdono. La carità
senza quotidiano perdono
reciproco è solo apparente. Bisogna crescere nella
capacità e nella volontà di
comprendere l’altro e le
sue debolezze; di accettare
la diversità; di controllare
il proprio orgoglio; di superare anche gli ostacoli
più ostici della divisione.
I contrasti in famiglia sono pane quotidiano. C’è uno sforzo da fare, da parte di tutti,
perché la vita non diventi insopportabile. Per
prima cosa. E’ bene considerare gli aspetti positivi. Troppo spesso i litigi mettono in
ombra le cose belle e meravigliose che ci sono
in una famiglia. E’ importante relativizzare i
miniproblemi. Seconda cosa. L’amore cresce
attraverso i piccoli perdoni. Più ci si abitua
a perdonare le piccole cose, più si perdoneranno quelle grandi. E più lo si fa, meglio è.
Terza cosa. Parlare, spiegarsi. Perdonare è
più facile quando c’è comunicazione. E’ necessario chiedere perdono. Semplicemente,
umilmente, sinceramente. Non esitare a fare
Si è fatto povero per arricchirci
con la sua povertà
il primo passo. La parola
compie miracoli quando il suo tono è giusto,
privo di giudizi, perché
crea e ricrea. Per perdonare ed essere perdonato
abbiamo bisogno di sentire queste parole: “Ti
chiedo perdono”, “Ti ho
dato un dispiacere” “Mi
sono innervosito”, “Ho
torto”. Queste parole
toccano il cuore e suscitano un dialogo talvolta
improntato di umiltà
e di sincerità, che altrimenti non avrebbe altro luogo. Quarta cosa.
Riconoscere la ferita che si è fatta. Colui che
è stato ferito ha bisogno di sapere che la sua
ferita è stata presa in considerazione. Bisogna
dimostrare all’altro che si è consapevoli della
sofferenza che ha vissuto, della sua intensità…E’ tanto naturale giustificarsi…E’ importante impegnarsi in un processo di verità per
scoprire i propri torti personali, e riconoscerli
umilmente…E’ la grazia più grande, quella
del perdono. La preghiera familiare alla sera
è un’occasione meravigliosa per scambiarsi il
perdono. Amare è essere capaci di dire insieme il Padre nostro. Nessun vincolo coniugale
resiste senza perdono.
(Cfr. 2 Cor 8,9)
I
PAPA FRANCESCO RISPONDE AI BAMBINI DI PRATOLA PELIGNA
N
el mese di ottobre, per la festa di San Francesco, i bambini
delle classi III A e III B del plesso di Scuola Primaria di
Valle Madonna, Istituto Comprensivo di Pratola Peligna, hanno inviato al Papa un disegno raffigurante San Francesco per
fare al Santo Padre gli auguri di Buon Onomastico.
Dopo qualche tempo a scuola è giunta la seguente lettera:
Papa Francesco ha accolto con vivo piacere il grazioso pensiero, con il
quale avete voluto manifestarGli affetto e vicinanza.
Egli vi ringrazia per il cortese gesto e, mentre vi incoraggia a conoscere sempre più Gesù e il suo Vangelo, chiede di pregare per Lui, e di
cuore invia a ciascuno la Sua Benedizione, che volentieri estende ai familiari, al Dirigente scolastico, agli Insegnanti e a quanti vi sono cari.
Mons. Peter B. Wells
l Messaggio di Papa Francesco per
la Quaresima del 2014 è centrato
sulla povertà. Il tema, proposto per
illuminare il cammino della Chiesa verso la celebrazione della Pasqua, è tratto
dalla seconda lettera dell’Apostolo Paolo alla comunità di Corinto: “Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù
Cristo: da
ricco che
era, si è
fatto povero per voi,
perché voi
diventaste ricchi
per mezzo
della sua
povertà” (2
Cor 8,9).
L’ e s s e r e
cristiano
consiste nel rispecchiare, nell’agire
quotidiano i tratti di Cristo Signore.
Perciò, il Santo Padre presenta una
delle caratteristiche qualificanti i discepoli missionari del Vangelo, ovverosia: l’affidamento filiale a Dio. Egli
amorevolmente si prende cura di ogni
uomo e donna, e invita i battezzati ad
avere come unica sicurezza la benevolenza del Padre per essere al servizio
del regno. Il mistero dell’Incarnazione
e della Pasqua, sono la testimonianza
eloquente dell’amore di Dio per l’umanità. Il tempo liturgico di Quaresima,
dunque, è per la Chiesa l’opportunità
propizia per approfondire la propria
fiducia nell’amorevolezza di Dio. Da
questa incrollabile certezza nasce, per
il popolo della nuova alleanza, la sfida di annunciare la povertà evangelica
Natale nel cuore
E
Natale: magia, gioia, felicità, serenità,
calore, allegria…famiglia.
Il Natale è una festa speciale,
non esiste un’altra
in grado di eguagliarla.
Il Natale lo senti quando si avvicina,
è nell’aria che si respira,
lo senti dentro,
lo leggi negli occhi della gente.
Ma rimane pur sempre un periodo,
un momento che arriva e poi va via,
lasciandosi dietro tutto.
Non è reale,
non dura che un momento.
Nel cuore si,
lì dentro la magia, la gioia,la felicità,
la serenità, il calore, l’allegria…
e la famiglia,fanno sempre Natale.
Natale è come lo vivi dentro,
ciò che senti per le persone che ami,
non importa se le hai accanto
oppure sono lontane.
Non ci sono distanze,
né confini in grado di fermare il pensiero,
il sentimento, essi volano liberi, e non
c’è carcere che possa controllarli,
né rinchiuderli tra mura gelide.
Natale è nel cuore,
ognuno lo vive in base alla capacità
che hai di Amare.
’ Natale! Nei corridoi della Casa Circondariale
di Sulmona si respira aria di festa nonostante la
sofferenza e la lontananza dalla propria famiglia.
Numerosi i bellissimi presepi, incoraggiati dagli agenti
penitenziari e realizzati dagli stessi detenuti: espressione
di fede e di gioia per l’Emmanuele, il Dio venuto tra noi.
Numerosa anche la presenza di questi fratelli alle Sante
Messe: si prega,si canta, si scambiano auguri di pace, di
serenità e di tanta speranza per il nuovo anno. Il nostro
Vescovo, Sua Eccellenza Mons. Angelo Spina, che nel
giorno di Natale ha celebrato la Santa messa per un numeroso gruppo di loro, nell’omelia ha incoraggiato tutti
ad aprire la “porta” del cuore a Dio che viene a portare
luce, perdono e pace. Se accolto, saremo davvero suoi
figli. “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di divenire
figli di Dio” (Gv 1,12)
alla cultura contemporanea, nella quale Papa Francesco individua tre forme
di miseria che attanagliano la società
odierna: la miseria materiale, morale e
spirituale. Egli chiama i cristiani ad affrontare con la solidarietà questo triplice flagello che tormenta oggi la famiglia umana. L’impegno del discepolo
missionario
di Cristo è
l’essere povero come
il Maestro e
combattere
per sradicare l’indigenza con
l’amore che
nasce dalla Pasqua,
pertanto
alla carestia
materiale
deve anteporre la diaconia – servizio
–, la sobrietà e la condivisione. Alla
penuria morale, che inficia la dignità
della persona, si deve rispondere collaborando alla promozione integrale
dell’uomo e della donna, alla miseria
spirituale annunciando e testimoniando la radicalità del Vangelo, ossia la
libertà d’animo, la gratitudine per
la misericordia divina e il dono di sé
nell’edificazione della fraternità. Papa
Francesco, in definitiva, ci esorta a
vivere l’itinerario quaresimale con gli
occhi fissi su Cristo povero e sui fratelli segnati dal dolore e dalla sofferenza,
per arrivare alla Pasqua con la gioia
di aver contribuito ad incrementare la
speranza e la fratellanza nel cuore della
società attuale.
Ultimi scampoli di Natale
Non solo…”carcere”
Suor Chiara
Ramón Peralta
Giovanni Prinari
25/12/2013
Dolce Natale
O mio dolce Natale, in tutte
le parti del mondo vieni festeggiato,
anche i non credenti,inconsapevolmente
ti onorano vicino a noi Cristiani!
E’ una magica storia, che nessuno
di noi potrà mai dimenticare, il
Tuo giorno natìo o mio dolce Gesù,
il Salvatore,di tutti i peccatori.
Le città illuminate diversamente, e la
gente per le strade, tutti son
felici di gridare “Buon natale,
Buon Natale”. Si scambiano gli
Auguri anche gli sconosciuti, e quel
gesto è un segno di “Pace”.
Le chiese si adornano per celebrare la
Santa Messa e il Sacramento dell’Eucarestia,
si effettua la comunione con il corpo di
Cristo, nostro Salvatore, per amare tutto
ciò che circonda, perché dietro
Tutto ciò c’è la mano divina
del nostro “Dio”, Signore.
Buon Natale, Buon Natale,
a voi tutti cari fratelli e sorelle.
Carlo Marsala
SulmonaValva
Diocesi
La Missione in Colombia
3
vita: Dio è amore. Apostolica perché in movimento: a piedi, in barca, per mare o
per terra siamo in cammino, come gli apostoli, per annunciare il Vangelo, mai soli
ma contando sui fratelli e sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale.
A Bogotà e dintorni abbiamo visitato:
El Señor Caido Santuario di Monserrate
Il santuario a 3.152 m d’altezza domina la città di Bogotà. La cima è sormontata da
una chiesa bianca, importante meta di pellegrinaggio per la presenza della statua
del Cristo Caduto, alla quale sono stati attribuiti numerosi miracoli. Preziosa la via
crucis che occupa la salita verso il santuario; nel periodo quaresimale circa sessantamila persone partecipano con devozione.
Grazie alla cordialità del rettore del santuario don Sergio.
continua dal pag. 1
evidenti contraddizioni, rese visibili agli occhi del viaggiatore dal contrasto tra
quartieri raffinati con grattacieli di vetro, sedi amministrative e finanziarie, e piccole casupole allineate, completamente immerse nel degrado e nell’abbandono. La
nostra casa per qualche giorno è l’antico quartiere de La Candelaria, un borgo pittoresco formato da costruzioni di tipo coloniale, di eredità ispanica, caratterizzate da
finestre protette da inferriate, spessi portoni, balconi di legno e patii interni che nascondono giardini. Il cuore della città è Plaza Bolivar, al cui centro si erige la Statua
di Simon Bolivar, il Libertador. Sulla piazza si affaccia la Cattedrale che fu costruita
nel luogo dove venne innalzata la prima chiesa di Bogotà, nel 1539. Riveste una
notevole importanza dal punto di vista del patrimonio storico poiché raccoglie da
più di quattro secoli una collezione di oggetti liturgici e tessili.
Lo sguardo è, però, catturato dalla presenza di militari armati: presidiano ogni angolo, dalle sedi istituzionali, alle vie commerciali, chiese e crocicchi delle strade. La
gente in questa zona è piuttosto diffidente, abituata a nascondere molto spesso delle scomode verità. Percorriamo quotidianamente una di queste strade, blindati nel
nostro mezzo, per raggiungere la comunità di Cristo Sacerdote. Le suore, generosissime e premurose nell’ospitalità, gestiscono una struttura adiacente che recupera
bambine e ragazze violate o abbandonate. Non ci è accordata, per ovvi motivi, la
possibilità di parlare con le fanciulle. Le vediamo, da una terrazza adiacente, giocare tra loro. Qualcuna rassetta il giardino, altre si scambiano confidenze. Provano
a sorridere, nonostante l’odio e il male ricevuto e colpisce scoprire un’espressione
apparentemente serena in quei volti piegati dal dolore. Una presenza significativa
quella della Chiesa cattolica in Colombia e nell’America latina in generale la cui
incisività, lungi dal limitarsi al capo spirituale e sacro, è ampiamente diffusa e inestricabilmente aggrovigliata nelle tortuosità della vita quotidiana.
Il prezioso colloquio con il cardinale Rubén Salazar Gomèz, arcivescovo di Bogotà
Santuario del Divino Niño
Retto dai padri Salesiani il santuario è meta di pellegrinaggio e forte devozione.
Principalmente frequentato da famiglie, i genitori elevano al cielo i bambini ad ogni
Celebrazione per riceverne una benedizione. Piccola e semplice la statua del Bambino Gesù, custodita in una cappella laterale. Si tocca con mano la fede e la devozione
popolare.
Zipaquirà – Catedral de Sal
La cattedrale del sale è uno spazio sacro ospitato all’interno delle miniere di sale di
Zipaquirà, nel dipartimento di Cundinamarca. Costrutita dai minatori in memoria
delle tante vittime cadute sul lavoro, ospita al suo interno una magnifica via crucis
sotterranea che ripercorre con grande commozione le tappe dell’agonia di Gesù.
L’importanza della cattedrale risiede nel suo valore culturale, religioso e ambientale che la rese la prima Meraviglia della Colombia nel 2007.
Chiquinquirà Basilica di Nostra Signora del Rosario
Il titolo è legato all’immagine conservata nella basilica, un dipinto di Alonso de
Narváez su un telo di cotone tessuto secondo le tecniche usate dagli indios tra il
1560 e il 1562. Rappresenta una delle più antiche testimonianze dell’arte religiosa
cristiana in Colombia la cui devozione risale al XVI secolo, anno delle spedizioni
coloniali nel centro della regione accompagnate quasi sempre dall’opera di evangelizzazione di sacerdoti spagnoli. Secondo la tradizione il dipinto della Vergine
perse il colore per un certo periodo di tempo, dando l’impressione di essersi dissolto per sempre. L’immagine ricomparve molto dopo in circostanze miracolose e da
quel momento è diventata luogo di pellegrinaggio e di orazione. Nostra Signora del
Rosario è la patrona della Colombia.
Fontibon-Cristovisiòn
Negli studi di Cristovision, la prima rete cattolica nazionale colombiana, siamo stati
ricevuti da tutto lo staff di redazione per una presentazione e confronto. Il Vescovo
Spina è stato intervistato in diretta ed ha, poi, celebrato la santa messa in lingua
spagnola.
e presidente della Conferenza Episcopale, ha delineato un profilo chiaro e preciso di
questo ruolo. La Chiesa cattolica è presente sul territorio con 13 sedi metropolitane,
52 diocesi suffraganee, 11 vicariati apostolici e 1 ordinario militare. La Costituzione
colombiana del 1991 garantisce la libertà di culto e la parità di tutte le fedi davanti
alla legge e non rappresenta alcuna religione ufficiale. Prima di tale costituzione il
cristianesimo cattolico era la religione ufficiale dello Stato, e il paese era consacrato
al Sacro Cuore di Gesù. Circa l’80% della popolazione è cristiana cattolica ma sono
presenti anche altri gruppi religiosi, sette cristiane o meno, soprattutto di corrente
evangelica, pentecostali e neopentecostali. A causa della grande mole di popolazione che abita il vastissimo territorio colombiano, la Chiesa è incapace di coprire in
maniera efficace le necessità dei fedeli e rinuncia, inevitabilmente, a quello stile di
prossimità che alimenta la religiosità popolare. Trovano terreno fertile i predicatori
occasionali e proliferano, così, chiese improvvisate nei garage dei palazzi, in cui noi
stessi ci siamo imbattuti girovagando nel paese.
Un altro campo in cui si spendono gli sforzi della Chiesa riguarda la promozione
della pace. La guerra in Colombia nega i diritti fondamentali ed essenziali della
popolazione come la vita, l’accesso alla sanità, all’istruzione, alla casa. La Colombia
è un paese ricco spiritualmente ma è inesorabilmente schiacciato nella società e
nell’economia dal potere politico. La guerriglia che diffonde terrore e miete vittime
è solo la conseguenza di questi mali che affliggono il paese. La Chiesa resta l’unica
agenzia ancora viva e stabile che promuove la crescita e l’istruzione dei ragazzi, che
difende la donna nel suo ruolo di moglie e madre, che promuove il rispetto delle
diversità. Dove tutto manca la Chiesa è prossima, con la vicinanza e con l’annuncio
del Vangelo.
Torno a casa dopo questa prima tappa con una consapevolezza in più: la Chiesa
è davvero una ed apostolica. Una, senza confini fisici e mentali, senza discordie
interne o giochi di potere. Una, nell’annuncio dell’unica vera notizia che salva la
Villa de Leyna
Piccolo gioiello di architettura coloniale, qui il tempo sembra essersi fermato. La
struttura urbanistica è stata preservata intatta con strade acciottolate e muri imbiancati a calce. Passeggeremo lungo graziose vie di pietra per visitare i suoi edifici
coloniali per raggiungere la Plaza Mayor, una delle più grandi piazze delle Americhe.
Una buona speranza
Con un volo di circa 40 minuti raggiungiamo Cartagena de Indias, dove inizia la
nostra preparazione spirituale alla missione. La quantità e la varietà delle tradizioni
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La Missione in Colombia
e delle manifestazioni del folclore in Colombia hanno pochi eguali in tutto il continente americano. La regione dei Caraibi, sui cui si affaccia questa città, ne esprime
pienamente i ritmi e i colori. Lo stile di vita della popolazione, senza distinzione di
etnia o appartenenza, è intriso di spiritualità e di energia che stanno alla base di tanta produzione artistica, architettonica, letteraria, musicale che ha sovente varcato i
confini nazionali per farsi apprezzare in tutto il mondo. Il soggiorno a Cartagena
è stato caratterizzato dall’incontro e dal confronto. Nella parrocchia di Turbaco,
a pochi chilometri di distanza, abbiamo riscoperto la freschezza di una comunità
giovane e gioiosa. Elementi questi ultimi che fanno delle parrocchie colombiane
dei luoghi accoglienti e vivaci, dove chiunque, persino uno straniero trova, tra quei
banchi, la sua casa. Mi ha colpito moltissimo l’organizzazione dei compiti all’interno della comunità: il coro con la divisa, un gruppo incaricato dell’accoglienza
che dà il benvenuto sulla porta della chiesa rigorosamente aperta...anzi spalancata
sulla strada, i lettori con la pettorina, tanti ministri dell’eucarestia e delle offerte. E
poi la gente. Folle immense, anche nei giorni feriali, che si ritrovano insieme, come
per una festa, cantando e danzando la propria lode al Signore. Banditi i visi tristi,
le lamentele, le discordie che spesso, ahimè, offuscano le nostre piccole parrocchie
di paese, stanche e rassegnate. Significativa la presenza dei giovani e dei bambini.
Il protagonismo dei laici è volto vero del tanto invocato Concilio Vaticano II che
forse, paradossalmente, ha trovato la sua prima applicazione proprio oltreoceano.
In questo soggiorno ci siamo imbattuti nella figura di San Pedro Claver, presbitero
e missionario gesuita vissuto tra la fine del 1500 e gli inizi del 600. In un periodo in
cui ferveva la tratta degli schiavi Claver li istruiva e battezzava, difendendoli contro
i loro oppressori. Patrono di tutte le missioni tra i neri, questo santo si è battuto per
la difesa e la dignità dei suoi fratelli. Un esempio di grande umanità e speranza che
riportiamo nel vecchio mondo occidentale, spesso ingrigito dall’ansia di potere e di
ricchezza. Una buona speranza che germoglia rigogliosa come la fitta vegetazione
caraibica talmente bella che a guardarla ci mozza il fiato. Mi piacerebbe che un po’
di quella bellezza fosse venuta con noi nel viaggio di ritorno, capace di contagiare
ed entusiasmare la nostra chiesa diocesana. E la speranza ha qualcosa di questo.
La speranza cristiana è “dinamica e dona vita: è quella gioia che riempie la nostra
bocca di sorrisi”. (Papa Francesco)
A Cartagena abbiamo visitato:
La Popa – Nostra Signora della Candelaria
Su una collina di circa 150 m, che per la sua forma ricorda la poppa di una nave e da
cui deriva il soprannome del convento. E’ il punto più alto della città da cui si gode
di un bellissimo panorama. Il vero nome è il Convento di Nostra Signora della Candelaria, fondato nel 1607 dai padri agostiniani era di dimensioni più modeste con
una piccola cappella in legno, che venne sostituita da una struttura più imponente
due secoli dopo. La statua della Vergine de la Candelaria, santa patrona della città,
si trova nella cappella. La festa della patrona cade il 2 febbraio.
Gennaio - Febbraio 2014
l’oceano Pacifico dall’altro le Ande) offre un rifugio naturale a guerriglieri e narcotrafficanti. Ci imbattiamo nella pericolosità del posto nei diversi spostamenti che ci
portano su e giù per la diocesi, vasta circa quanto il Belgio e percorribile in strada
solo per alcuni tratti. La nostra guida è il vescovo Julio, un uomo minuto e riservato
quanto tenace e autorevole. Non potrò mai dimenticare il suo grembiule azzurro
intento a prepararci la colazione, senza formalismi sterili o antiquati cliché. Un amico, un saggio, un esempio di grande fede e disarmante umanità. Tra le tante mani
strette quella di suor Yolanda merita qualche parola. Ci accoglie nella sua modesta
casa, pulita ed ordinata in cima ad una gradinata di legno. Da anni con due sorelle
gira tra i circa 300 villaggi indigeni che popolano la zona, raccogliendo i neonati
respinti dalla stessa madre perché malformati. L’impatto con la cultura indigena,
sebbene preparati, non è facile. L’aspetto dei nativi richiama alla mente le fotografie di piccoli uomini preistorici fermi in un’era passata e non trascorsa. Il corpo è
dipinto a mano, le stoffe sfavillanti, i gioielli grandi ed ingombranti: l’ospite che si
apprestano a ricevere è particolarmente importante e lo capiamo dall’intero popolo
schierato sulle rive del fiume Baudò, in attesa di festeggiarci. Sono rimasta colpita
dal rispetto e ammirazione con cui tutti, non solo gli indigeni, hanno ricevuto la
delegazione e in particolare il Vescovo Angelo. Riempie di orgoglio sentire pronunciare il nome Sulmona, ogni volta da un altare diverso, come se fosse un luogo
misterioso nella lontana Italia, abitata da gente generosa e cordiale che ha regalato
una possibilità alle donne chocoane. L’opera realizzata con il sostegno della Caritas
ed il contributo dei fedeli delle parrocchie, infatti, ha permesso la costruzione di
due grandi sale che saranno destinate alla formazione e professionalizzazione delle
donne, vero cardine e volano della vita famigliare. Significativa, a tale proposito, la
presenza di una famiglia (Antonio, Gina e la figlia Maria Stella) che ha saputo testimoniare la serietà del sacramento in una società dove il numero dei matrimoni è
bassissimo e prolifera senza controllo la poligamia, anche tra i giovani. Ascoltare le
parole commosse di vescovi e parroci, ma anche di semplici fedeli, di riconoscenza
Un seme di carità
La Chiesa deve essere missionaria. Lo ha ribadito papa Francesco nella Evangelii
gaudium: dobbiamo essere audaci e creativi camminando con generosità e coraggio
nell’annuncio del Vangelo. Ecco perché la scelta della diocesi di Sulmona-Valva,
in collaborazione con l’Ufficio Missionario e la Caritas, è caduta sulla diocesi di
Istmina-Tadò nella regione colombiana del Chocò. Ti accorgi subito di essere in un
posto diverso già dall’arrivo in aeroporto. L’aria è rarefatta, molto umida come i
migliori climi equatoriali. Tutto intorno un crogiolo di rumori, colori, motorini che
sfrecciano, clacson impazziti. Questa è l’Africa colombiana, una terra dimenticata
dal suo stesso Paese perché a causa della sua conformazione geografica (da un lato
profonda per essere lì presenti, forse i primi italiani ad interessarsi a quella terra che
sembra più una macchia di vergogna che un paradiso di fecondità, fa dimenticare
la fatica, i disagi, la mancanza di acqua, gli imprevisti vari che hanno provato la
nostra missione. Il ricordo più bello che porto con me è il volto innocente di ciascun
bambino che ha incrociato la mia vita, seppur per un periodo brevissimo. Bambini
capaci di giocare con niente, di sorridere nella miseria e nel degrado in cui, per cattiveria dell’uomo, hanno in sorte di vivere. L’esperienza del pellegrinaggio offre la
possibilità di riscoprire i valori della vita e rieduca all’ascolto, al dialogo, al rispetto
della diversità, alla condivisione e all’accoglienza. Un seme di carità, difficile da
dimenticare, torna con me in Italia. Non un addio ma un arrivederci.
Approfondimenti su:
www.santuariomonserrate.org
www.catedraldesal.gov.co
www.diocesisdechiquinquira.org
www.cristovision.tv
La Missione in Colombia
SulmonaValva
Diocesi
L
5
L’opera Caritas per le donne del Chocò
a Chiesa di Istmina-Tadò aspettava, con gioia,
l’arrivo della delegazione missionaria composta
dal Vescovo Angelo, da Don
Gilberto, Don William e Don
Daniel, sacerdoti colombiani,
dagli operatori della Caritas
diocesana e da alcuni laici che
hanno voluto condividere questa esperienza di fraternità. Nel
periodo d’Avvento, da oltre un
anno, le offerte raccolte nelle
parrocchie hanno alimentato
un sogno di Speranza nelle terre selvagge del Chocò.
La diocesi di Istmina è una delle tre chiese particolari della regione chocoana: la più povera
della Colombia, ma la più ricca
di risorse naturali e minerarie
come oro e platino. Che paradosso!
Qui l’abbandono da parte dello
stato è quasi totale e il senso di
solitudine e d’impotenza che ne
deriva rischia di schiacciare la vitalità della popolazione e di spingerla alla resa e
all’esodo definitivo. Più dell’80% degli abitanti è composto da popolazioni ‘afro’,
discendenti degli schiavi africani condotti in Colombia alla fine del ‘600 per lavorare nelle miniere; il 9% di indigeni e il resto, meticci.
impartito la solenne benedizione e proceduto al “taglio del
Cristian Iannarelli nastro”. Dopo i saluti delle autorità civili, il Vescovo Angelo ha
illustrato i motivi che ci hanno
spinto ad iniziare un cammino
con i fratelli di Istmina sottolineando come l’inaugurazione di
questi locali rappresenta l’avvio
di un percorso di emancipazione della condizione femminile. I
processi di disgregazione familiare stanno provocando un’alta
diffusione del ‘madresolterimo’,
del numero, cioè, di donne sole,
abbandonate con i figli dai loro
mariti e compagni. Le difficoltà
che la crisi economica e il conflitto hanno provocato aumentano
le dimensioni dell’abbandono
di donne e bambini. Gli uomini
vanno via dirigendosi verso le
grandi città per trovare un lavoro e pensare alla sopravvivenza
della famiglia ma generalmente
non tornano, lasciando la famiglia stessa sulle spalle delle donne. Il fenomeno del madresolterismo è in molti casi
all’origine della fuga delle stesse verso le grandi città dove i servizi domestici, per le
più fortunate, o la prostituzione finiscono per fornire l’unico strumento di sopravvivenza. E dal Chocò parte una grossa fetta di quelle donne colombiane che vanno
La situazione sociale ed economica è altrettanto drammatica: solo nel 23% delle
case c’è acqua potabile e l’85% di esse non è collegata al sistema fognario, le strade
asfaltate sono pochissime, non ci sono servizi sociali, impianti sportivi, centri di attenzione per categorie particolari come giovani, donne e disabili. I livelli di povertà
sono i più allarmanti del paese. Il 79.7% della popolazione del Chocò non riesce a
soddisfare le necessità basilari; il 56% delle famiglie ha un reddito inferiore al salario minimo, che in Colombia è di circa 300 Euro e il costo della vita è simile a quello
italiano. La speranza di vita è di 55 anni contro una media nazionale di 64. Qui lo
stato non esiste o si manifesta nelle sue forme peggiori. Più che in qualunque parte
del paese la sovrapposizione tra forze armate, paramilitarismo, gruppi di sicurezza
privata è evidentissima. Ci accolgono palafitte di legno divise da stradine somi-
all’estero, vittime del traffico di esseri umani. In questa regione – ahimè - esiste
ancora una concezione della donna come oggetto ed unica fonte di reddito per la
famiglia. Oggi si dà l’opportunità a queste ragazze-madri di ritrovarsi assieme, di
condividere le loro sofferenze e di ricevere un’adeguata formazione professionale
nell’opera realizzata nel quartiere di San Agostino. Gli operatori della Caritas diocesana hanno avuto la possibilità di osservare direttamente le situazioni di bisogno,
hanno ascoltato i parroci e l’intera collettività e d’intesa hanno ritenuto di non poter
terminare questo viaggio ora, anzi siamo all’inizio. Col Vescovo Julio è emerso che
la prosecuzione di questo gemellaggio deve passare necessariamente dallo scambio
reciproco. Si è pensato, quindi, di costruire progettualità in cui giovani, esperti,
tecnici del nostro territorio possano recarsi in Istmina ad insegnare le proprie arti
e a mettersi a disposizione in questa terra abbandonata. Allo stesso tempo si potrà
prevedere di accogliere bambini e giovani per vacanze studio in Italia. Giorni di intense emozioni in cui le domande sono state tante: come cristiani possiamo voltare
lo sguardo di fronte a tanta ingiustizia, possiamo abbandonare a se stessa questa
chiesa sorella? Oppure abbiamo l’obbligo di aiutarla ad alzarsi e a camminare da
sola? La testimonianza del Vescovo Julio è emblematica: un pastore destinato a
cavalcare, per intere giornate, le onde dell’oceano Pacifico e le insidie dei fiumi
circondati dalla foresta tropicale pur di visitare tutte le parrocchie della sua diocesi,
un pastore che soffre col suo gregge, che gioisce con esso, che ha a cuore lo sviluppo
della sua comunità. Questo esempio di vita cristiana non può che darci la forza di
continuare la nostra Opera nel Chocò colombiano.
glianti a solchi pietrosi che nei giorni di pioggia si trasformano in altri affluenti del
fiume San Juan in cui la popolazione riesce a lavarsi. Ad aspettarci una banda musicale composta da ragazzi e bambini della parrocchia di San Agostino che, assieme
a mons. Julio, pastore di questa diocesi, e alle autorità civili ci “scortano” in chiesa.
Sono le 10 del mattino e già il calore fa sentire i suoi effetti nella seconda regione
più umida della Terra. Un giorno tanto atteso: finalmente sarebbe stata inaugurata
un’opera fondamentale per questa comunità poiché, grazie alla generosità dei fedeli della nostra diocesi, è stato possibile realizzare un edificio di due piani destinato
ad attività d’aggregazione e nello specifico alla promozione della donna.
Tra musica e danza, il corteo è giunto all’ingresso della costruzione dove le due
Chiese sorelle di Istmina e Sulmona, rappresentate dai rispettivi Vescovi, hanno
6
Dalle Parrocchie
Gennaio - Febbraio 2014
Un pulmino per la “Casa di Nazareth”
La Comunità Giovanni XXIII lancia un appello tramite la Caritas diocesana
La Caritas Diocesana di Sulmona-Valva, accogliendo l’invito di Sergio e Adele che in
sintesi viene riportato, rivolge a tutti l’invito per un gesto di generosità.
“Siamo Sergio e Adele, papà e mamma della casa famiglia “Casa di Nazareth” della Comunità Papa Giovanni
XXIII. Le Case Famiglia dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
sono famiglie un po’ particolari , spesso numerose, aperte all’accoglienza e
alla condivisione. Sono una risposta
unica e straordinaria alle richieste di
sostegno che giungono continuamente,
proponendo un approccio diverso dagli istituti. Nelle Case Famiglia APG23
veri papà e mamme donano la propria
vita a bambini, disabili, persone sole
e abbandonate, anziani e chiunque necessiti di essere accolto e aiutato ogni giorno. La nostra “Casa di Nazareth” di Pacentro […] è sempre aperta a chi bussa e,
in questi anni, tanti sono entrati e sono rimasti, per brevi o lunghi periodi. Ora con
noi vivono, oltre le nostre 3 figlie naturali Simona, Teresa e Chiara, rispettivamente di 24, 20 e 19 anni; Kevin un ragazzino autistico di 16 anni che è stato adottato; 2
sorelline rumene di 10 e 8 anni con il loro fratello di 14 e Alessandra, una ragazza
di 19 anni. E poi c’è Luca, anche lui adottato. Luca è il pilastro della nostra casa!
Luca è un ragazzino autistico, non parla, ha un grave ritardo psicomotorio ed è affetto
da una rara malattia cardiaca molto grave che potrebbe causargli morte improvvisa.
Nel marzo 2012 ha avuto una crisi e la sua vita è stata seriamente in pericolo. Si è salvato grazie al tempestivo intervento del suo educatore domiciliare che ha usato il defibrillatore per far ripartire il suo cuore. Ora a Luca è stato impiantato un defibrillatore
cardiaco e si deve sottoporre frequentemente a controlli medici a Milano o a Pavia.
Per affrontare questi viaggi, la nostra famiglia sale su un vecchio pulmino che ha più di
10 anni e ha fatto già quasi 300.000 chilometri.
Ogni volta abbiamo il timore che possa accadere
qualcosa e quasi ogni mese il pulmino ha bisogno
di manutenzione e le spese sono considerevoli.
Vorremmo poter donare a Luca un pulmino adatto
ai suoi lunghi e frequenti viaggi, che possa portarlo in tutta sicurezza ai controlli medici in ospedale.
Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, per raccogliere la cifra necessaria”. Quanti volessero raccogliere l’invito di Sergio e Adele possono utilizzare i
seguenti riferimenti:
A 50 anni dal Concilio Vaticano II
La Costituzione sulla Divina Rivelazione:
Dei Verbum
Eulo Tarullo
L
a Costituzione conciliare Dei Verbum sulla Divina Rivelazione è la
“terza ruota del carro conciliare”. E’ stata promulgata il 18 novembre
1965, memoria della Dedicazione delle Basiliche Vaticana ed Ostiense. Nello stesso giorno fu promulgato anche il Decreto sull’Apostolato dei
laici.
Nella Dei Verbum si parla della Bibbia. Giovanni Paolo II, “riconsegnando” ai
laici, nel giorno del Giubileo del 2000 loro dedicato, il Concilio, raccomandò
di “leggerlo” alla luce della Divina Rivelazione, che è la Bibbia e la Tradizione, insieme alla Vita e al Magistero della Chiesa.
È stata certamente una riscoperta, quella sottolineata dalla Dei Verbum, che
il cristianesimo non è primariamente un “insieme di riti”, un “insieme di verità teologiche”, un “insieme di norme morali”, ma una Storia di salvezza che va
raccontata e vissuta. Così come è una prospettiva più completa quella che
la Dei Verbum ci dà della fede che è «risposta e obbedienza alla Parola di Dio».
Il nostro Dio non è muto, ma parla continuamente, ha parlato nella storia
biblica per mezzo dei profeti, ha parlato nel suo Verbo fatto carne e continua a parlare nella Chiesa.
La Parola di Dio col Concilio è rimessa al centro della Liturgia e della Catechesi, essa sostanzia e dà autorevolezza a tutti i Documenti Conciliari e
all’abbondante Magistero della Chiesa.
«Il Verbo si è fatto carne». Carne viva è la Parola di Dio nella Bibbia e nella
Tradizione della Chiesa e, quindi, nel suo Magistero. Il Verbo continua a
parlare, lo Spirito ci introduce gradualmente nella Verità di Dio tutta intera
e noi, leggendo le Scritture Sante, sentiamo palpitare in esse lo Spirito che
le fa vivere e, come diceva san Gregorio Magno, «riconosciamo il cuore di Dio
nelle Parole di Dio».
Dobbiamo ringraziare il Concilio che ci ha rimesso nelle mani e nel cuore
il Libro Sacro. Ci sono oggi tanti utili strumenti per imparare a leggere la
Bibbia e renderla accessibile a tutti.
Grazie al Concilio che ha imbandito per noi una più abbondante “mensa
della Parola di Dio” nella Liturgia, così che le pagine più importanti del libro
sacro possiamo udirle leggere nella Messa, nella Liturgia delle Ore e nelle
Celebrazioni sacramentali. (continua)
Coordinate bancarie
CARITAS DIOCESI DI
SULMONA-VALVA
Banca Popolare dell’Emilia Romagna
IBANIT72U0538740802000000064947
causale “Un pulmino per la casa di Nazareth”
Coordinate postali
CARITAS DIOCESI DI SULMONA-VALVA
CCP n. 10562676
causale “ Un pulmino per la casa di Nazareth”
Emanuele De Filippo
è stato ordinato diacono
ne si sono susseguite durante la celebrazione animata dai canti della Cappella
Pamphiliana. Un momento di grazia per
la Chiesa diocesana che ha ringraziato il
Signore per il dono di un nuovo diacono
a cui fa gli auguri e assicura preghiera.
Lorenzo Conti è stato
ammesso agli ordini sacri
Tanti seminaristi, venuti dal seminario
Regionale di Chieti con il Rettore e il Padre spirituale, sono stati presenti all’ordinazione diaconale di Carmine Emanuele De Filippo, unitamente ai sacerdoti e
religiosi della diocesi. La celebrazione,
che si è tenuta in cattedrale, scandita dai
diversi segni liturgici, ha visto Carmine
Emanuele prostrarsi a terra durante la
litanie, ricevere l’imposizione delle mani
da parte del Vescovo e mettere le mani in
quelle del Pastore della diocesi, indossare la stola di traverso e la dalmatica.
Silenzio, preghiera e grande commozio-
Nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Evangelista si è tenuta la celebrazione eucaristica, presieduta dal Vescovo,
durante la quale Lorenzo Conti ha chiesto di essere ammesso agli ordini sacri.
Quando è stato chiamato e ha risposto:
“Eccomi”, i genitori, il fratello e le due
sorelle, nella prima fila dei banchi, si
sono commossi, così come le tante persone che gremivano la chiesa.
Alla celebrazione hanno preso parte alcuni seminaristi, compagni di Lorenzo, il
Vice rettore del Seminario Regionale di
Chieti, don Antonio D’Angelo e alcuni
sacerdoti della diocesi. Prima della benedizione finale il parroco, monsignor Eulo
Tarullo, ha ringraziato tutti, ha invitato a
pregare per le vocazioni e fatto gli auguri
a Lorenzo.
Dal canto suo Lorenzo ha mostrato tutta la gioia derivante dal fatto di avere
apertamente, con libertà e convinzione
espresso la sua volontà di seguire il Signore sulla via del sacerdozio. L’incontro è terminato con un momento di convivialità preparato dalla parrocchia per
festeggiare Lorenzo.
Riaperta a Popoli la chiesa
della Madonna delle Grazie
A Popoli, con la gioia dei tanti convenuti, è stata riaperta al culto la chiesa della
Madonna delle Grazie, chiusa al culto a
causa del terremoto del 6 aprile del 2009.
Tra le persone che abitano il quartiere e
la chiesa c’è un forte legame.
La riapertura è stata possibile grazie
alla generosità del sacerdote don Ugo,
che, prima di morire, aveva lasciato una
somma a cui si è aggiunta quella di don
Panfilo e della gente. Alla celebrazione
presieduta dal Vescovo hanno preso par-
te il parroco, don Luigi, don Panfilo, don
Eugenio, don Vincenzo e il diacono Carmine Emanuele.
La chiesa è il luogo dove si entra per lasciarsi amare da Dio e si esce per amare
il prossimo con un impegno missionario:
portare al mondo l’annuncio dell’amore
di Dio dato nel suo Figlio, crocifisso e risorto, ha detto il Vescovo.
Dalle Parrocchie
SulmonaValva
Diocesi
Al termine della celebrazione, l’Eucaristia è stata posta nel tabernacolo, rimasto vuoto per lunghi anni. La presenza
reale di Gesù nel Sacramento è per tutti
forza e coraggio. Lui continua ad essere con noi tutti i giorni sino alla fine del
mondo. Una bella giornata per la città di
Popoli da scrivere nel libro dei ricordi.
Una giornata di commozione, di gioia e
di speranza.
Ricordato don Ariosto ad un
anno dalla morte nella chiesa dove era parroco
Il 6 gennaio, la nuova chiesa di S. Maria
della Pace si è riempita di parrocchiani e
di persone provenienti da altri paesi per
ricordare don Ariosto, a un anno dalla
morte. Presenti il parroco don Luigi, don
Panfilo, don Eugenio, il diacono Carmine
Emanuele, il Sindaco di Popoli e quello
di Anversa. La S. Messa è stata presieduta dal Vescovo che ha invitato a pregare
per don Ariosto, che nella vita ha servito il Signore e lo ha seguito sulla via del
Vangelo perché il Signore doni a lui il
premio della beatitudine eterna. Presenti
due sorelle di don Ariosto e la nipote. Al
termine della celebrazione una parrocchiana ha voluto ricordare don Ariosto
con uno scritto che ha toccato il cuore di
tutti.
Mons. Camillo Lombardi
è tornato alla Casa del Padre
Il giorno 10 gennaio 2014 ha concluso il
suo cammino ed è tornato alla Casa del
Padre Mons. Camillo Lombardi, Parroco emerito di Alfedena. Era nato a Villa
San Michele nel Comune di Vastogirardi
(Isernia) da Luigi e Lombardi Maria Domenica il 22 settembre 1922.
Dopo gli studi ginnasiali negli anni 19341939 nel Seminario Diocesano di Trivento, passò al Seminario Regionale di Chieti per gli studi liceali e di teologia.
Fu ordinato sacerdote da S.E. Mons. Epimenio Giannico, Vescovo di Trivento, il
22 luglio 1945.
Esercitò il suo ministero di Parroco prima a Pescopennataro (Isernia) dal 1° ottobre 1945, poi dal 1° settembre 1950, per
ben 62 anni, ad Alfedena (AQ) fino al suo
collocamento a riposo nel 2012.
Quando nel 1977 alcune comunità della
Diocesi di Trivento e quindi anche Alfedena passarono, per volontà della Santa
Sede, alla Diocesi di Sulmona-Valva, don
Camillo rimase ad Alfedena e il 12 dicembre 1977 fu incardinato nella nuova
Diocesi.
Il 18 dicembre 1993 fu nominato dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, Cappellano di Sua Santità.
Oltre al ministero di Parroco esercitato
sempre con grande zelo pastorale e passione sacerdotale è stato a lungo insegnante di Religione nella Scuola Media
di Castel di Sangro. Fra i suoi impegni
la ricostruzione delle Chiese di Pescopennataro e di Alfedena danneggiate
dai bombardamenti durante la seconda
guerra mondiale. Lascia un ottimo ricordo nelle Comunità che lo hanno avuto
come Pastore e anche tra i confratelli di
Trivento e di Sulmona-Valva. Lo accompagniamo con la nostra fraterna preghiera all’ultimo approdo della vita. Il Signore gli faccia sentire tutto il suo amore
misericordioso di Padre, gli dia la gioia
eterna che riserva ai suoi servi fedeli e lo
ammetta a celebrare la liturgia eterna del
cielo.
Don Baiju Silva è stato nominato Amministratore Parrocchiale della Parrocchia S.
Maria Assunta in Roccaraso
Domenica 26 gennaio, il Vescovo ha presentato alla comunità parrocchiale di
Roccaraso , don Baiju come Amministratore Parrocchiale, a seguito delle dimissioni, per motivi di salute, del parroco
don Renato. Prima della celebrazione
eucaristica il Vescovo ha esposto alla Comunità la situazione, ha dato poi la parola a don Renato, al Superiore generale
della Congregazione di S. Giovanni Battista, don Paolo e a don Bajiu. I fedeli, visibilmente commossi, hanno ringraziato
e salutato don Renato per il suo impegno
zelante e sempre attento a tutte le realtà
parrocchiali e anche ai tanti turisti che
frequentano Roccaraso. Don Baiju, salutando la Comunità ha chiesto preghiera e
collaborazione.
Nella chiesa del Crocifisso è
stata celebrata la S. Messa in
suffragio del giovane Salvatore Di Padova
Nella chiesa del Crocifisso, il parroco
monsignor Maurizio Nannarone, ha accolto il Vescovo con cui ha concelebrato
la S. Messa in suffragio del giovane Salvatore Di Padova. Presenti la mamma, il
papà e la sorella insieme agli altri familiari e a tanta gente, che la chiesa non è
riuscita a contenere. Un momento forte
di preghiera e di raccoglimento. Il Vesco-
vo ha voluto esprimere la sua vicinanza
e quella di tutta la Diocesi alla famiglia,
in un momento così difficile e colmo di
dolore. Nell’omelia ha detto: “Le anime
dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun
tormento le toccherà…Salvatore è nelle
mani di Dio, un fiore candido sradicato
dalla terra per essere trapiantato nel giardino di Dio … La fede nella risurrezione
del Signore Gesù è la nostra forza … la
speranza della risurrezione è sorgente di
consolazione … Come la Vergine Maria,
sofferente, ai piedi della croce, ma aperta
alla luce della risurrezione, sappiamo accogliere e compiere la volontà di Dio …
- Rivolgendosi, poi a Salvatore – dal cielo
dove tu sei nella gloria, prega per i ragazzi e i giovani perché sappiano dare valore alla vita.”. Al termine della S. Messa,
il Vescovo ha rivolto una preghiera alla
Vergine Maria per le altre persone coinvolte nell’incidente perché interceda per
la loro guarigione e salute.
Ha salutato i genitori e i familiari e ha
ricordato loro le parole di S. Agostino:
“La morte non è niente. Sono solamente
passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per
l’altro lo siamo ancora. Chiamami con
il nome che mi hai sempre dato, che ti è
familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria
solenne o triste. Continua a ridere di
quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando
eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima
traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato
che ha sempre avuto: è la stessa di prima,
c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri
e dalla tua mente, solo perché sono fuori
dalla tua vista? Non sono lontano, sono
dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai
il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza
purificata. Asciuga le tue lacrime e non
piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia
pace”.
Festa di don Bosco a Scanno
e a Sulmona
A Scanno è stata celebrata la festa di don
Bosco con la presenza dei ragazzi delle
scuole. Alla celebrazione eucaristica, presieduta dal Vescovo, erano presenti alcuni sacerdoti, il sindaco, le autorità civili e
militari, le famiglie dei ragazzi e le Suore
salesiane. E’ stata l’occasione per fare gli
auguri a Monsignor Carmelo Rotolo per i
suoi 83 anni, che al termine della celebrazione, ha donato a tutti i ragazzi il dolce
7
detto “maritozzo”.
A Sulmona la parrocchia di Cristo Re,
con la presenza dei Salesiani, ha festeggiato don Bosco. E’ stato fatto un concorso sulla figura di S. Giovanni Bosco, 22 le
scuole della Dcioesi che hanno risposto
all’iniziativa. I ragazzi hanno prodotto
disegni, lavori multimediali, ecc., che
ora sono esposti all’interno della chiesa.
Il parroco, don Waldemar, unitamente a
don Giuseppe, don Carnevale e agli altri confratelli salesiani, ha messo in evidenza la figura di don Bosco, santo dei
giovani. Il Vescovo sia nella celebrazione
a Scanno che a Sulmona ha invitato gli
educatori e i genitori a tenere presente
i punti educativi di san Giovanni Bosco
che sono sempre attuali, perché ogni giovane sia buon cristiano e onesto cittadino.
Festa della Famiglia a Ateleta
Nicola Perella
Domenica 12 Gennaio 2014 nella Parrocchia S. Gioacchino di Ateleta si è svolta,
come è consuetudine da diversi anni, la
“FESTA DELLA FAMIGLIA”
All’inizio della celebrazione della S. Messa vi è stata l’accoglienza delle coppie
che hanno festeggiato il 50° ed il 25° anniversario di matrimonio nell’anno 2013.
Durante lo svolgimento si è proceduto al
rinnovo delle promesse sponsali, all’invito a rivivere il significato ecclesiale del
sacramento del matrimonio ed alla riaffermazione dell’impegno a favore della
crescita cristiana della comunità.
L’omelia ha avuto come argomento: - la
riscoperta della famiglia come “Chiesa
domestica”, e della “sponsalità” come
dimensione fondamentale dell’esistenza
cristiana e dell’essere Chiesa, - la riaffermazione che realmente la famiglia è la
risorsa per rigenerare il tessuto cristiano
della comunità ecclesiale.
La famiglia è “custode dell’amore”.
Inoltre la stessa va intesa come “patrimonio di valori, di stili di vita, di risorse che
proprio nei momenti difficili si riscoprono come essenziali per dare speranza e
promuovere una ripresa morale ed economica a sostegno della stessa coesione
sociale”.
La famiglia ha una funzione ancora più
importante nei momenti di crisi, ed è non
solo il centro della risoluzione dei problemi ma anche un ponte verso il futuro.
Il bene della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna, aperta alla vita, è e sarà sempre un pilastro
del bene comune. La difesa della famiglia è la difesa della vita.
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