L`analisi diretta dei porcini rimane l`unico modo per essere certi di
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L`analisi diretta dei porcini rimane l`unico modo per essere certi di
L’analisi diretta dei porcini rimane l’unico modo per essere certi di acquistare un prodotto che risponda alle proprie esigenze. Un addetto ai lavori riesce a valutare con il semplice colpo d’occhio specie, freschezza ed in alcuni casi anche l’area di provenienza, ma può essere sufficiente imparare a distinguere tra loro le quattro specie presenti sul mercato. Ciascuna di esse è infatti adatta a specifiche preparazioni culinarie piuttosto che ad altre, ed è inoltre di primaria importanza capire come evitare i porcini con scarso sapore. Ad una prima ispezione la carne deve apparire soda, non troppo asciutta o raggrinzita. La parte sottostante il cappello (comunemente chiamata “spugna”) appare bianca negli esemplari giovani e freschi, ma vira col tempo al giallo ed infine al verdebrunastro: questa caratteristica può essere utilizzata come primo, fondamentale criterio di qualità. La presenza di zone della carne brune o intensamente giallastre indica che sono iniziati i processi di decomposizione: in questo caso il fungo dovrà essere assolutamente scartato, in quanto potenziale vettore di intossicazioni anche rilevanti. Lo stesso dicasi per l’eventualità di parti colpite da muffa, che non devono mai essere presenti. Boletus aereus (bronzino, porcino nero) Boleto termofilo per eccellenza, tipico delle zone mediterranee, tra tutti possiede l’aroma più intenso. Si riconosce per l’odore particolarmente penetrante, il cappello liscio e mai viscido, caratterizzato da tonalità bronzee. Per le sue caratteristiche è adatto in particolar modo a preparazioni complesse come lasagne, crespelle e cannelloni, in quanto il profumo riesce comunque a risaltare pur in presenza di altri ingredienti. E’ soggetto a precoce presenza di larve, in particolare nel gambo. Boletus aestivalis (estatino, fiorone, boleto reticolato) Tipico del periodo estivo, presenta un sapore dolciastro e delicato, dal profumo intenso ma non eccessivo. Si riconosce per il cappello dalla superficie vellutata e dalle tinte di norma uniformi, l’odore molto gradevole e la consistenza cedevole della carne del cappello. Il migliore da consumare crudo, molto delicato, è in generale adatto a tutte le ricette semplici dove si volesse valorizzare il sapore del porcino. È purtroppo il più colpito da larve e facilmente deperibile, ed è quindi necessario valutare con attenzione l’acquisto di esemplari non giovanissimi. Boletus edulis (porcino, brisa bianca) Il più comune tra tutti i porcini, presenta aromi e gusto molto variabili in relazione all’habitat di crescita. Eccellente quello di castagno, ottimo quello di faggio, decisamente meno saporito quello di conifera. Si riconosce per il cappello liscio ed untuoso quando umido, caratterizzato dalla presenza di un orlo bianco al margine dello stesso. Il più versatile in cucina, è adatto al crudo tanto quanto alla frittura o a preparazioni più complesse. Di buona conservabilità, è comunque necessario conoscerne l’habitat di provenienza. Boletus pinophilus (porcino rosso, brisa mora) Senza dubbio il meno saporito tra tutti i porcini, presenta un aroma poco invitante con uno spiccato sentore terroso. Premiato dal mercato per il suo bell’aspetto, che si mantiene per alcuni giorni, non è adatto alle comuni preparazioni tipiche della cucina italiana e viene valorizzato soprattutto sott’olio. Si riconosce, come detto, per l’odore meno invitante e le tonalità rosso-granata del cappello. Ottima conservabilità – può rimanere esposto anche alcuni giorni – e rara presenza di larve e marciumi.