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CENNI DI ISTOLOGIA ED ANATOMIA
L'osteointegrazione, da un punto di vista biomeccanico, rappresenta una connessione diretta tra osso
alveolare e impianto senza strati di tessuto molle (connettivo) interposti. Schroeder e coll (1976) hanno
definito questo intimo contatto tra osso e impianto “anchilosi funzionale”.
L’impianto endosseo osteointegrato (Fig. 1), a differenza dell’elemento dentale, è privo del cemento
radicolare
e del legamento parodontale per la mancanza delle stesse cellule progenitrici nei siti preparati a ricevere
gli impianti (Listgarten e coll. 1991).
Fig. 1 Immagine radiografica di un impianto
osteointegrato
Venendo a mancare le funzioni assicurate dal legamento parodontale, i tessuti peri-implantari presentano
una maggiore rigidità e la conseguenza di ciò sarà una minore capacità di adattarsi prontamente agli stress
cui sono sottoposti. Sia il tessuto gengivale parodontale che quello peri-implantare sono generalmente
caratterizzati da un epitelio orale esterno più o meno cheratinizzato che termina alla cresta del margine
gengivale dove è in continuo con l’epitelio sulculare.
Come la gengiva libera nel dente naturale, anche la mucosa peri-implantare stabilisce un sigillo mucoso
che, aderendo alla superficie dell’abutment di titanio, funge da barriera di protezione dagli insulti
dell’ambiente esterno. Tale meccanismo di barriera contribuisce al mantenimento della stabilità e
funzionalità dell’impianto protesizzato (Berglundh e coll. 1991).
La principale differenza tra i denti e gli impianti è data dal modo in cui essi entrano in contatto con i tessuti
gengivali e l’osso circostante. A tal proposito possiamo distinguere tre interfacce:
1) EPITELIO-IMPIANTO
2) CONNETTIVO-IMPIANTO
3) OSSO-IMPIANTO
1. Interfaccia epitelio-impianto
Come avviene nella dentatura naturale, anche nell’impianto l’epitelio giunzionale costituisce un vero e
proprio
attacco epiteliale sulla superficie implantare. Nel sito implantare l’epitelio giunzionale aderisce alla superficie
dell’impianto attraverso la lamina basale ed emidesmosomi ed è lungo circa 2 mm come nel sito dentale
(Listgarten e coll 1991).
2. Interfaccia connettivo-impianto
L’organizzazione del tessuto connettivo intorno alla superficie di titanio dell’impianto differisce da quella della
dentizione naturale per alcuni aspetti. Nel sito implantare il tessuto connettivo separa l’epitelio dalla cresta
dell’osso alveolare per una zona alta più di 1 mm (Berglundh e coll. 1991).
A causa dell’assenza di uno strato di cemento sulla superficie implantare, molte fibre in questa regione
corrono in una direzione più o meno parallela alla superficie dell’impianto (Listgarten e coll. 1991).
Alcuni studi suggeriscono che il tipo di superficie degli impianti dentali influisce in modo significativo
sull’orientamento delle fibre collagene. Schroeder e coll. (1988) hanno riportato che quando la superficie
contiene delle irregolarità e porosità microscopiche, ad esempio in presenza di plasma- sprayed, è possibile
individuare fibre somiglianti alle fibre dento-gengivali che, all’osservazione al SEM, sembrano inserirsi in
maniera più o meno perpendicolare sulla superficie dell’impianto.
Per quanto riguarda la composizione del tessuto connettivo, la mucosa peri-implantare contiene più
collagene
(85% contro il 60%) e meno fibroblasti (1-3% contro 5-15%) delle corrispondenti regioni nella gengiva
intorno ai denti. Ciò potrebbe suggerire un più lento turn-over cellulare gengivale peri-implantare (Berglundh
e coll. 1991).
3. Interfaccia osso-impianto
Il titanio puro è un materiale fortemente reattivo che forma uno strato di vari ossidi di limitato spessore
(circa 5 mm) quando viene in contatto con aria, acqua o elettroliti (Steinemann 1985). Tale strato di ossido
superficiale protegge efficacemente l’impianto dalla corrosione (Clark 1968) e sembra dare inizio
all’integrazione tra osso e impianto, come dimostrato, in uno studio di Budd e coll. (1992), dalla presenza di
titanio, calcio e fosforo rilevata in questo strato.
L’osso circostante l’impianto è regolarmente organizzato e i sistemi haversiani sono facilmente osservabili,
attraverso il microscopio ottico, nei processi ossei in stretta connessione con l’impianto filettato.
CRITERI DI SUCCESSO IN IMPLANTOLOGIA
Il successo e la sopravvivenza degli impianti dentali rappresentano i criteri in base ai quali viene definita la
92 prognosi del trattamento implantare. I criteri di successo si basano attualmente sul concetto di
osteointegrazione comprendendo tutti quei parametri che permettono una valutazione oggettiva della
performance clinica degli impianti dentali.
I criteri di successo dovrebbero essere d’ausilio per il follow-up clinico e come aiuto per valutare nella ricerca
i risultati clinici di differenti sistemi implantari. Albrektsson e coll. nel 1986 e Smith & Zarb nel 1989,
proposero i seguenti criteri di successo:
• assenza di mobilità
• assenza di radiotrasparenze peri-implantari
• riassorbimento osseo marginale inferiore a 1,5 mm un anno dopo il carico e inferiore a 0,2 mm per
anno successivo
• assenza di sintomi persistenti e/o irreversibili come ad esempio dolore, infezione, neuropatie, parestesia
o violazione del canale mandibolare
• tasso di successo del 90% alla fine del 5° anno del periodo di osservazione e del 85% alla fine del 10°
anno per gli impianti posizionati nell’arcata superiore, e rispettivamente del 85% e del 80% per gli impianti
dell’arcata inferiore
• soddisfazione soggettiva ed oggettiva del risultato.
Molti sistemi implantari hanno mostrato tassi di successo a lungo termine più alti del 90% per i pazienti
completamente edentuli e, similmente, studi longitudinali su impianti inseriti su pazienti parzialmente edentuli
hanno riportato tassi di successo più alti del 90% sia per la sede mascellare che mandibolare (AAP 2000).
Tuttavia, ad oggi, mancano dei criteri di successo universalmente accettati e ben definiti anche per la
presenza in commercio di numerosi tipi di impianti che si differenziano per design e materiali, oltre che per
procedure chirurgiche e protesiche. Una metanalisi condotta da Esposito M. e coll. (1997) ha confermato
come la standardizzazione dei criteri di successo sia un requisito urgente.
LE PATOLOGIE PERI-IMPLANTARI
Analogamente a quanto è accaduto per lo studio delle malattie parodontali, anche in Implantologia sono stati
prodotti numerosi lavori su animali prima e umani poi al fine di indagare sull’eziopatogenesi delle patologie
peri-implantari.
I processi infiammatori che colpiscono i tessuti periimplantari si possono evidenziare in due distinte
manifestazioni cliniche: la mucosite peri-implantare e la peri-implantite.
Mucosite peri-implantare
La mucosite peri-implantare (Fig. 2) è un’infiammazione reversibile dei tessuti molli che circondano l’impianto
e, come la gengivite, è caratterizzata dagli stessi segni clinici quali arrossamento gengivale, sanguinamento
al sondaggio ed edema (Mombelli & Lang 1998). Uno studio clinico di Pontoriero e coll. del 1994 ha
evidenziato una similitudine con la gengivite nel rapporto di causa-effetto tra l’accumulo di placca batterica e
lo sviluppo della mucosite peri-implantare.
La microflora associata ai tessuti peri-implantari con mucosite è praticamente identica a quella rilevabile
intorno agli elementi dentali (Mombelli e coll. 1988).
Riguardo alla risposta dei tessuti molli peri-implantari in seguito ad una prolungata esposizione alla placca
batterica, Ericsson e coll. nel 1992 ipotizzarono che la risposta del tessuto gengivale potesse essere più
efficace nel prevenire la propagazione apicale dei microrganismi della tasca comparata alla risposta della
mucosa peri-implantare.
Peri-implantite
La peri-implantite (Fig. 3) è un processo infiammatorio che interessa i tessuti intorno agli impianti
osteointegrati
con conseguente perdita di osso di supporto (Albrektsson e Isidor 1994). I segni clinici che la caratterizzano
sono distruzione verticale dell’osso crestale intorno all’impianto diagnosticata radiograficamente con
formazione di una tasca peri-implantare, sanguinamento e/o suppurazione al sondaggio, mobilità ed
iperplasia della mucosa.
Fig. 2 Mucosite peri-implantare
Fig. 3 Immagine radiografica di peri-implantite
Nella lesione peri-implantare è stato osservato un grado di distruzione maggiore rispetto a quanto accade a
livello parodontale (in media 3,2 mm negli impianti contro 1,1 mm nei denti in un periodo di 10 settimane)
(Lindhe e coll. 1992). Inoltre, Lindhe e coll. nel 1992 hanno dimostrato come la lesione peri-implantare
raggiunga direttamente l’osso alveolare con presenza di suppurazione nella midollare ossea, a differenza
della lesione parodontale dove tra l’infiltrato connettivale e l’osso alveolare vi è uno strato di connettivo
senza segni di infiammazione.
La ragione di questa differenza d’intensità del processo distruttivo non è attualmente conosciuta, però può
essere collegata all’assenza nell’impianto del cemento radicolare e quindi delle fibre collagene che vi si
inseriscono, il cui orientamento parallelo potrebbe avere un ruolo rilevante nella velocità di diffusione della
lesione nella mucosa intorno all’impianto.
La peri-implantite può non svilupparsi in tutti i siti peri-implantari con mucosite così come la parodontite non
necessariamente si sviluppa in tutti i denti con gengivite (Lang e coll. 1993).
Dal punto di vista microbiologico i microrganismi identificati nella peri-implantite sono molto simili a quelli
presenti nelle tasche parodontali di denti con parodontite avanzata (Leonhardt e coll. 1992). Sia in impianti
che in denti di cani Beagle con peri-implantite/parodontite sperimentale, è stato infatti osservato un aumento
del numero totale di colony-forming units (CFU). È stato anche rilevato un aumento di microrganismi
anaerobi Gram negativi e contemporaneamente una diminuzione della percentuale di streptococchi, che
invece predominavano nella flora batterica di siti peri-implantari e dentali sani.
La composizione della microflora associata a flogosi peri-implantare è stata studiata anche nell’uomo
analizzando la flora batterica attorno agli impianti falliti. Diversi studi hanno infatti riportato la presenza di
elevati livelli di spirochete (Rams T. E. e coll. 1983, 1984, Mombelli A. e coll. 1987), considerate tra i batteri
più patogeni presenti nella parodontite dell’adulto. Inoltre Porphyromonas gingivalis, Prevotella
intermedia/Prevotella nigrescens e Actinobacillus actinomycetesmcomitans sono stati trovati nel 60% degli
impianti con periimplantite e anche microrganismi non primariamente associati alla parodontite, come
stafilococchi, enterobatteri e lieviti, sono stati trovati nel 55% delle lesioni peri-implantari
(Leonhardt e coll. 1999).
Una corretta igiene orale nel paziente implantare è dunque un requisito indispensabile per il successo a
lungo termine degli impianti dentali. Così come per gli elementi dentali, anche la mucosa peri-implantare
forma intorno all’impianto un sigillo mucoso che costituisce la prima linea di difesa a livello peri-implantare, e,
di conseguenza, la conservazione della sua integrità risulta di fondamentale importanza per il successo della
terapia implantare.
Inoltre, oggi, sempre più impianti dentali vengono inseriti in bocche parzialmente edentule, in cui la
microflora dentale presente può costituire un’importante sorgente di colonizzazione batterica per gli impianti
stessi.
È perciò necessario che il paziente candidato alla terapia protesica sia preventivamente istruito e motivato
ad una corretta igiene orale, e venga da subito inserito in un programma di mantenimento in modo da evitare
l’insorgenza di complicanze biologiche e abitudini scorrette che potrebbero portare ad un insuccesso
della terapia.
La terapia di mantenimento per pazienti con impianti dentali, come avviene per la terapia parodontale di
supporto, inizia sempre con una valutazione diagnostica che prenderà in considerazione:
• la revisione dell’anamnesi generale ed odontoiatrica
• la valutazione dentale (nei pazienti parzialmente edentuli)
• la valutazione parodontale/peri-implantare
• un’eventuale indagine radiografica.
A cui conseguirà una fase terapeutica, con la messa in atto delle seguenti operazioni:
• ri-motivazione del paziente
• verifica delle corrette manovre d’igiene orale domiciliare
• igiene orale professionale per il mantenimento della salute peri-implantare e la cura di eventuali recidive
• eventuale terapia coadiuvante farmacologica.