Ruolo e funzioni dello psicologo a scuola

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Ruolo e funzioni dello psicologo a scuola
Caleidoscopio
Formazione&Lavoro
Catia Isabel Santonico Ferrer
Senior researcher – IPRS, Roma
Ruolo e funzioni
dello psicologo
a scuola
Alcune riflessioni
Se la scuola dovrebbe
essere (anche) un luogo
di benessere e salute
sia per studenti che
per docenti, è evidente
che la consulenza
psicologica andrebbe
incardinata nel
programma scolastico.
Ma questa è una pratica
ancora assente in molti
istituti. Il confronto con
lo psicologo può essere
utile, tra l’altro, anche
per superare un certo
stereotipo che vuole
l’insuccesso scolastico e
il bullismo come gli esiti
di problemi emotivi o
di negative influenze
da parte della famiglia
o dell’ambiente.
L
e considerazioni di ordine teorico sul ruolo e le funzioni dello
psicologo a scuola che seguono, nascono dall’esperienza condotta nell’ambito del progetto Di.Sco.
Bull che ha coinvolto nove scuole al
Sud in alcuni territori estremamente problematici, segnati dal degrado e dalla disoccupazione, con risorse sociali scarse e condizioni familiari
che cumulano forme e tipologie di
disagio (povertà, criminalità, ritardo
culturale).
Contesti in cui esiste una estrema sproporzione tra le risorse pubbliche disponibili sul versante dei servizi psicosocio-sanitari e l’entità e la gravità del
fenomeno del disagio e della dispersione scolastica.
Dai pionieristici interventi di Alfred
Adler nelle scuole viennesi intorno agli
anni venti si è reso evidente che l’apprendimento può essere fortemente influenzato dalle condizioni psicologiche del minore e dal suo sviluppo
evolutivo.
L’essere passati da un paradigma educativo di tipo disciplinare teso a portare tutti i discenti agli stessi risultati di apprendimento, a una modalità
pedagogica tesa a promuovere le potenzialità creative del singolo, vuol dire
porre un’attenzione completamente
differente al benessere psicologico del
discente, condizione indispensabile
per un proficuo apprendimento.
Tuttavia, accanto a questa necessità si pone anche con forza l’esigenza di sostegno per i docenti in quei
casi in cui la difficoltà di presa in carico pone un problema interpretativo specifico: ci si trova, cioè, di fronte
a un caso che sollecita diverse strategie educative, o, invece, si è di fronte a un problema psicologico che
necessita un intervento clinico specialistico? Questo dubbio è sempre
più diffuso in quanti a vario titolo lavorano con i minori. Proprio la considerazione che la scuola è un’agenzia
di promozione del benessere dei minori rende evidente quanto la funzione psicologica debba essere ormai
incorporata nei saperi presenti nella
scuola, come previsto dalle normative, e tuttavia non realizzato.
Le ragioni effettive dell’insuccesso scolastico rimangono difficili da circoscrivere, così come il peso sull’apprendimento della qualità della relazione
discente-docente. A prevalere è ancora
la tendenza a leggere il successo scolastico come risultato di buone scelte
pedagogiche e di aspetti motivazionali che predispongono lo studente
ad un buon rapporto con lo studio e
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la scuola, mentre l’insuccesso scola- lo psicologo è una figura calmieranstico viene letto come l’effetto di in- te, che interviene per stemperare il
fluenze prevalentemente sociali e cul- malessere che lo studente manifeturali e circoscritto nella relazione tra lo sta a scuola e mettere ordine nella
studente e la famiglia o l’ambiente di confusione.
provenienza.
Il repertorio di problemi portati allo
Una volta istigato il dubbio che l’insuc- sportello è evidentemente quello
cesso pedagogico sia legato a proble- dell’adolescenza nella sua espressiomi di ordine emotivo, relazionale, esi- ne più ampia, molto spesso accomstenziale è chiaro che i docenti devono pagnata da disorientamento sociaessere aiutati nell’acquisizione degli strumenti di
valutazione del peso di
tali fattori nella relazione
Prevale la tendenza
educativa.
L’azione
consulenziale
a considerare il successo
dello psicologo nei cona scuola come l’esito
fronti del docente è quindi soprattutto volta a sodi buone scelte didattiche
stenere
quest’ultimo
o di forti motivazioni,
nell’acquisizione di quegli
e l’insuccesso come il
strumenti di osservazione degli studenti in clasrisultato di cattive influenze
se che appartengono al
sociali. Ma le ragioni del
bagaglio delle conoscenze e delle competenze
fallimento di uno studente
psicologiche.
sono difficili da circoscrivere,
In particolare si tratta
di addestrare l’abitudie possono dipendere da
ne a rivolgere l’attenzioproblemi emotivi, relazionali,
ne oltre che agli eventi
esistenziali.
esterni e all’oggettività
dei dati concreti, anche
Il docente va quindi aiutato
al proprio mondo intera misurare il peso che hanno
no e alle risonanze emotive che questo contali problemi nel condizionare
fronto (mondo esterno/
sia il rendimento,
mondo interno) genera,
sia la relazione educativa.
per operare una riflessione su di sé e sul proprio modo di gestire gli
aspetti “emotivi” che informano la relazione
istaurata con la classe e con singoli le, assenza di contenimento da parte
studenti problematici.
delle famiglie e mancato confronto
Accanto alla consulenza indiretta con adulti di riferimento.
prestata a sostegno del docente, lo Il mal di scuola in questa fase è un sinpsicologo può offrire ascolto diret- tomo ricorrente, che si associa spesso
to al ragazzo in difficoltà attraver- a comportamenti di tipo espressivo e
so il counseling. In questa funzione provocatorio e che, se non gestito nel
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momento di maggior confusione, trascina con sé evidenti rischi evolutivi.
L’avvio di un dialogo dello psicologo
con lo studente in difficoltà consente
inoltre di spostare il piano della conflittualità dalla relazione docente-discente a quella con lo psicologo che
offre uno spazio in cui la sofferenza
può venir elaborata prima di cristallizzarsi in ruoli disfunzionali.
Va sottolineato che lo psicologo a
scuola gode di una prospettiva di osservazione privilegiata del minore in
quello che è il principale contesto di
socializzazione e apprendimento a
cui partecipa, e interviene nel setting
scolastico con specifiche competenze
di gestione dei soggetti in età evolutiva, e di lettura dei comportamenti e
delle relazioni in atto. Lo psicologo a
scuola ha un’attenzione egualmente
centrata sull’individuo e sul contesto:
interviene a potenziare il sistema individuo-contesto agendo sulle competenze di osservazione, comunicazione
e collaborazione di tutte le componenti della scuola. I servizi specialistici
che prendono in carico il minore fuori
da tale contesto non possono che basarsi su una visione unilaterale e decontestualizzata dell’esperienza del
minore e del modo in cui si relaziona
con i pari e con gli adulti entro la comunità di appartenenza.
Lo psicologo ha poi un delicato compito di mediazione nel complesso
rapporto tra scuola e famiglia. Come
mostra la grande attenzione che la
letteratura dedica a questo tema, la
relazione con le famiglie e i genitori è forse oggi uno dei fattori di maggiore fatica nel lavoro educativo sugli
alunni. La complessità della relazione
scuola-famiglia è andata intensificandosi di pari passo con la trasformazione del medesimo ruolo educativo della famiglia e con l’acuirsi di
approcci eccessivamente deleganti verso la scuola ovvero eccessivamente conflittuali, in virtù di un
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maggiore coinvolgimento delle famiglie nelle decisioni di competenza
dell’istituzione.
Tra delega aperta e conflitto aperto o inconsapevole, la scuola si trova a dover individuare nuove modalità di comunicazione con la famiglia,
per consentire l’esercizio di un possibile sostegno, ove necessario. Spesso,
scuola e famiglia si accusano reciprocamente di non riuscire a gestire il minore in difficoltà, e di adottare approcci pedagogici ed educativi inefficaci.
In questo ambito lo psicologo interviene con una funzione strategica insita nella sua terzietà: offre alla
famiglia garanzie che la componente psicologica ed emotiva delle difficoltà palesate a scuola dal minore vengano adeguatamente prese in
considerazione; può esplorare ambiti della sfera familiare preclusi all’indagine del docente; può introdurre
nuovi linguaggi nella relazione scuola-famiglia e allargare i margini per la
negoziazione di forme efficaci di collaborazione pedagogica; può aiutare la famiglia a uscire da una visione
astratta e idealizzata del figlio o della figlia, restituendo loro informazioni sul modo in cui nel contesto scolastico il ragazzo entra in relazione con
i pari e con gli adulti.
Può accadere che a scuola venga richiesto allo psicologo di intervenire
in funzione terapeutica nei confronti di studenti che palesano disturbi
psicopatologici, per mancanza di altre opportunità accessibili, per la relazione di fiducia che si è creata con
un particolare studente. La possibilità di un intervento di questo tipo ovviamente esiste ma va percorsa con
estrema cautela dato che un intervento psicoterapeutico deve necessariamente fondarsi su una riformulazione della domanda e del mandato,
prevedere un diverso setting e avvenire all’interno di un servizio pubblico
di psicologia per l’età evolutiva e di un
appropriato inquadramento diagnostico. Oltre ad essere problematica,
tale prassi tradirebbe le funzioni che
abbiamo descritto tipiche dello psicologo a scuola (consulenza ai docenti,
counseling con i ragazzi, mediazione
con la famiglia) e che sostanzialmente
riguardano la fase che precede la clinicizzazione dei problemi.
La presenza dello psicologo a scuola
rimane comunque cruciale nel caso di
esordio di disturbi psicopatologici in
ragazzi che non hanno mai presentato in passato comportamenti problematici, sia perché la tempestività della
segnalazione del problema alle famiglie e agli specialisti è essenziale per
una rapida presa in carico del paziente, nell’auspicio di una prognosi felice, sia perché eventi di questo tipo
provocano forte disorientamento nel
gruppo dei compagni di classe e dei
pari in primo luogo ma anche dei docenti, disorientamento che deve poter
trovare ascolto per essere elaborato.
Infine, un ruolo particolarmente incisivo lo psicologo può giocarlo in relazione al gruppo classe e al potenziamento delle risorse per il “contenimento”
del disagio che i singoli esprimono. Lo
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psicologo interviene quando la classe
è teatro di episodi di prevaricazione
a danno di soggetti particolarmente
fragili, quando si organizzano sottogruppi particolarmente coesi e molto conflittuali oppure ostili e ingestibili. Il buon funzionamento del gruppo
classe a sua volta influenza tutte le dimensioni della vita scolastica: dagli
aspetti disciplinari e di gestione della
convivenza in uno spazio necessariamente ristretto come quello dell’aula, ai processi di apprendimento. Oltre che le caratteristiche degli alunni,
il clima della classe quindi riflette processi radicati nella cultura locale della
scuola (le politiche della dirigenza, le
caratteristiche dei docenti e le relazioni che intercorrono tra loro) e determina le risposte che il gruppo è in grado
di fornire di fronte al disagio dei singoli. L’intervento sui gruppi classe è sempre complesso perché deve raccogliere le disponibilità da parte di tutti gli
insegnanti che operano in una classe
e, talvolta, anche della dirigenza scolastica, quando, ad esempio sia necessario assumere interventi che implicano sanzioni disciplinari di particolare
importanza.
In ogni caso l’elaborazione di accadimenti particolarmente gravi, accompagnata dallo psicologo, può divenire
un’occasione corale per rivedere scelte di intervento, comportamenti, significati ad essi associati, messaggi veicolati, e per costruire relazioni più funzionali
e capaci di prevenire il disagio a scuola
dei ragazzi come degli adulti.
Ringraziamenti
Il nostro ringraziamento per la qualità del lavoro svolto va al gruppo degli psicologi che, coordinati dall’Istituto Psicoanalitico
per le Ricerche Sociali, hanno curato i servizi di ascolto nei nove istituti scolastici: Ettore Tavoletta a Ponticelli, a Scampia (Napoli)
e Aversa (Caserta); Luciangela Piras a Reggio Calabria, Alessandra Siniscalchi a Crotone; Giulia Abbruzzese a Bari, Lucia Elia a
Mola di Bari; Domenica Rita Giuffrida e Salvatore Spampinato a Catania e Laura Siniscalchi a Palermo.
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