Il Rosso e il Nero

Transcript

Il Rosso e il Nero
Il Rosso e il Nero
Settimanale di strategia
INGEGNERIZZATI
30 luglio 2015
Investire in un mondo artificiale
La distinzione tra naturale e
artificiale
è
arbitraria
e
convenzionale. Nel senso comune è
artificiale
ciò
che
è
intenzionalmente prodotto dagli
uomini, mentre è naturale tutto il
resto. C’è in sottofondo l’idea che se
noi costruiamo una città è perché
siamo soggetti liberi di progettare
creativamente, ma se le formiche si
costruiscono un formicaio è perché
glielo impongono la biochimica e
l’istinto.
L’animalismo e l’ecologismo,
due filosofie new age così tipiche
della nostra epoca ideologicamente
dissociata, spingono però il rapporto
naturale/artificiale in direzioni
opposte. L’animalismo riconduce
Léger. Les constructeurs, état
l’umano all’animale, e quindi al Fernand
définitif. 1950.
naturale. L’ecologismo, all’opposto,
radicalizza la distinzione e considera potenzialmente maligno, in quanto non
naturale, tutto quello che riguarda l’uomo. Un certo ecologismo radicale si
spinge a considerare l’umanità un corpo estraneo e a desiderarne l’estinzione,
che ristabilirebbe l’armonia violata della natura.
Altrettanto arbitraria e convenzionale è la distinzione naturale/artificiale
nelle scienze umane. La società civile è naturale, lo stato è artificiale. Il
mercato è naturale, la pianificazione è artificiale. I mercatisti pensano che il
mercato sia lo stato di natura buono. I pianificatori pensano che il mercato
sia una perversione dello stato di natura. Gli antimercatisti novecenteschi
pensavano che lo stato, dall’alto, dovesse togliere spazio al mercato. Gli
antimercatisti del nostro secolo pensano che le logiche della cooperazione e
del dono (dal volontariato al crowdfunding) debbano togliere, dal basso,
spazio al mercato.
Nel corso del tempo è
cambiato parecchio anche il
rapporto
tra
mercati
finanziari
e
volontà
politica. L’Ottocento si
dota
di
un
sistema
automatico di regolazione
dell’economia globale, il
Gold Standard, che, proprio
perché
automatico,
costringe gli stati ad
adattarvisi e toglie loro
spazio di iniziativa fiscale.
Lo stato raccoglie quel
Fernand Léger. La città. 1919.
tanto di soldi che occorre
per fare le guerre e per il
resto lascia liberi i mercati finanziari di fluttuare come vogliono e le banche
di fallire (i salvataggi sono l’eccezione, non la regola).
Il Novecento vede però un enorme ampliamento dello stato. Le guerre
costano molto di più, i settori industriali e le banche in crisi vengono
nazionalizzati, viene creato il welfare per prevenire la deriva socialista delle
masse. Resta tuttavia in piedi il sistema automatico di regolazione
dell’economia globale. I cambi, a parte il riallineamento valutario degli anni
Trenta e quello immediatamente successivo al 1945, rimangono agganciati
all’oro e, dopo Bretton Woods, al dollaro. Le borse sono però ancora libere di
andare dove vogliono.
Dopo il 1971 si rompe il sistema automatico dei cambi fissi e tutto prende
a fluttuare nel più grande disordine. Gli stati nazionali riprendono sovranità
sui cambi ma i mercati si accorgono presto che tante piccole volontà
politiche, quelle dei singoli stati, sono più deboli del sistema automatico
universale che le aveva precedute e così un solo speculatore, George Soros,
piega nel 1992 la Bank of England e la costringe a svalutare. Anche i mercati
obbligazionari, repressi dal 1933 al 1971 dalla sorveglianza delle banche
centrali e dalla volontà politica di mantenere i tassi reali a lungo termine
2
vicini a zero, ritrovano spazio di libertà e ne approfittano per ristabilire tassi
reali positivi. Quanto alle borse, ridivenute nel frattempo un soggetto
macroeconomicamente importante, le banche centrali provano a indirizzarle
ma i loro moniti cadono nel vuoto. Da termometro della salute economica le
borse diventano, insieme con il mercato immobiliare, un fattore
destabilizzante e amplificano le crisi, come risulta evidente del 2008.
La crisi del 2008-2009 coincide con l’inizio del drammatico aggravarsi del
quadro demografico globale. Gli stati nazionali, già con alti livelli di
indebitamento prima del crash, si trovano davanti a sfide molteplici. C’è da
ammortizzare con il welfare il costo sociale della crisi, ci sono le banche da
salvare e ci sono i nuovi oneri sanitari e previdenziali dovuti
all’invecchiamento della popolazione.
A sfide di portata paragonabile a quelle degli anni Trenta gli stati non
reagiscono con le nazionalizzazioni o con svalutazioni cui segue il ritorno a
cambi fissi. Il perimetro e la libertà formale dei mercati finanziari vengono
lasciati intatti ma, per la prima volta, si cerca di indirizzarne il corso con la
volontà di riuscirci. I mercati, in pratica, non sono ridimensionati e messi in
un angolo, ma vengono addomesticati, resi obbedienti e gestiti non solo a
grandi linee ma anche nel loro andamento
quotidiano.
Vengono
così
pianificati
e
ingegnerizzati, accanto alla straordinaria
espansione monetaria, i tassi reali
negativi lungo tutta la curva dei
rendimenti. I cambi vengono riallineati
velocemente attraverso decisioni politiche
ma rimanendo nella finzione di
fluttuazioni liberamente decise dai
mercati. Quanto alle borse, se ne pianifica
apertamente, con tanto di pubblici
annunci, la sostanziosa rivalutazione fino
a quando la Yellen, il 6 maggio 2015,
segnala la fine del rialzo americano.
La crescente ingegnerizzazione del
Fernand Léger. Dans l'usine. 1918.
sistema appare evidente anche in Europa,
dove cresce il peso delle espressioni
tecnocratiche della volontà politica. Omt, Esfs, Esm si affiancano a Fondo
Monetario e Bce, rassicurano i mercati sulla volontà di tenere insieme
l’Eurozona e salvano le periferie in crisi fiscale e produttiva. Con il Qe la Bce
pianifica e realizza la svalutazione dell’euro, il mantenimento di tassi reali
negativi e la rivalutazione delle borse.
3
In questo contesto suonano ingenue o ipocrite le critiche
all’interventismo governativo cinese in borsa. Certo, la gestione tecnica è
stata maldestra, ma la sostanza non cambia. Si voleva e si continua a volere,
per decisione politica, una borsa rivalutata. C’è stato un crash ed è in corso
un salvataggio che, probabilmente in modo voluto, mantiene qualche
incertezza nel mercato pur sostenendone la forza di fondo. Il partito ha
deciso che la borsa è strategicamente importante e non cambierà idea
facilmente.
Come comportarsi, da investitori, in questo nuovo mondo in cui la
volontà politica tiene al guinzaglio i mercati? In una parola, adeguandosi.
Finché la volontà politica non si discosta troppo dalla realtà è meglio non
sfidarla. Chi ha venduto i bond già nel 2010 pensando all’inflazione o, quanto
meno, al ripristino della normalità sui tassi reali, si è perso un grande rialzo
dei corsi obbligazionari. Chi ha sfidato l’espansione dei multipli azionari
pianificata dalle banche centrali e ha venduto in borsa si è perso uno di quei
rialzi che capitano due o tre volte al secolo. Chi ignora oggi l’avvertimento
della Yellen sulla borsa “piuttosto alta” lo fa a suo rischio e pericolo.
Certo, anche gli ingegneri qualche volta sbagliano i conti e i ponti e le
case crollano. I pianificatori sociali ed economici hanno del resto una lunga
tradizione di errori anche drammatici. Quello che vogliamo dire è che i
rapporti di forza tra mercati e decisori politici sono cambiati in profondità
dal 2008 per cui opporsi alla volontà dei policymaker va considerato solo
quando questa si discosta palesemente dalla realtà delle cose. Finora questo
scostamento non è stato clamoroso. I cambi si sono aggiustati in linea con i
fondamentali e le borse, benché piuttosto care, non sono né euforiche né
sconsideratamente valutate. Quanto ai bond, il futuro di bassa crescita che ci
aspetta è compatibile, pur in presenza di un esaurimento dell’output gap, con
rendimenti a lungo più
alti, ma non tanto più alti,
degli attuali.
In pratica è tempo di
considerare una riduzione
lenta ma costante del
rischio azionario e del
rischio tassi nei prossimi
mesi e anni. Stare in borsa
permetterà di ricevere
dividendi e di navigare tra
le grandi onde di rotazione
tra i settori. Ci sono poi
aree, in particolare tra i
Fernand Léger. Les disques dans la ville. 1920.
ciclici, che sono in effetti
sottovalutate e altre, come il biotecnologico, che stanno vivendo
4
un’effervescenza straordinaria. Detto questo, chi ha il 60 per cento in borsa
potrà scendere al 40 per la fine dell’anno prossimo, chi ha il 30 potrà scendere
al 20. Tutto con calma, senza farsi spaventare dai momenti di debolezza e
aspettando anzi i momenti di forza per ridurre. Con un occhio di riguardo per
l’Europa, che ha ancora spazi di rialzo.
Alessandro Fugnoli +39 02 777181
Disclaimer
Gruppo Kairos. Via San Prospero 2, 20121 Milano.
La presente pubblicazione è distribuita dal Gruppo Kairos. Pur ponendo la massima cura nella predisposizione della presente pubblicazione e considerando
affidabili i suoi contenuti, il Gruppo Kairos non si assume tuttavia alcuna responsabilità in merito all’esattezza, completezza e attualità dei dati e delle
informazioni nella stessa contenuti ovvero presenti sulle pubblicazioni utilizzate ai fini della sua predisposizione. Di conseguenza il Gruppo Kairos declina ogni
responsabilità per errori od omissioni.
La presente pubblicazione viene a Voi fornita per meri fini di informazione ed illustrazione, non costituendo in nessun caso offerta al pubblico di prodotti
finanziari ovvero promozione di servizi e/o attività di investimento né nei confronti di persone residenti in Italia né di persone residenti in altre giurisdizioni, a
maggior ragione quando tale offerta e/o promozione non sia autorizzata in tali giurisdizioni e/o sia contra legem se rivolta alle suddette persone.
Nessuna società appartenente al Gruppo Kairos potrà essere ritenuta responsabile, in tutto o in parte, per i danni (inclusi, a titolo meramente esemplificativo, il
danno per perdita o mancato guadagno, interruzione dell’attività, perdita di informazioni o altre perdite economiche di qualunque natura) derivanti dall’uso, in
qualsiasi forma e per qualsiasi finalità, dei dati e delle informazioni presenti nella presente pubblicazione.
La presente pubblicazione può essere riprodotta unicamente nella sua interezza, a partire dalle 48 ore successive la diffusione ufficiale, ed esclusivamente citando
il nome del Gruppo Kairos, restandone in ogni caso vietato ogni utilizzo commerciale e previa comunicazione all’ufficio stampa (Mailander – 011.5527311). La
presente pubblicazione è destinata all’utilizzo ed alla consultazione da parte della clientela professionale e commerciale del Gruppo Kairos cui viene indirizzata, e,
in ogni caso, non si propone di sostituire il giudizio personale dei soggetti a cui si rivolge. Il Gruppo Kairos ha la facoltà di agire in base a/ovvero di servirsi di
qualsiasi elemento sopra esposto e/o di qualsiasi informazione a cui tale materiale si ispira ovvero è tratto anche prima che lo stesso venga pubblicato e messo a
disposizione della sua clientela. Il Gruppo Kairos può occasionalmente, a proprio insindacabile giudizio, assumere posizioni lunghe o corte con riferimento ai
prodotti finanziari eventualmente menzionati nella presente pubblicazione. In nessun caso e per nessuna ragione il Gruppo Kairos sarà tenuto, nell’ambito dello
svolgimento della propria attività di gestione, sia essa individuale o collettiva, che nell’ambito della prestazione dei servizi di investimento (quali la consulenza in
materia di investimento in strumenti finanziari) ad agire conformemente, in tutto o in parte, alle opinioni riportate nella presente pubblicazione.
5