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De humana arrogantia
De humana arrogantia
Indice
I. Personaggi
II. Introduzione
III. Prologo
IV. Simposio
V. Il compromesso come distorsione della Natura
VI. La doxa
VII. Cos‟è l‟arroganza
VIII. Experimentum Crucis
IX. Conclusione
X. Bibliografia
I. Personaggi
Tertius
Dealiquo
Umile
Supério
Tetrapròsopo
Un servo
Invitati al banchetto
II. Introduzione
Quale miglior modo per imprimere su carta la filosofia, se non il dialogo? Quale miglior
dialogo, se non il Simposio, in cui personaggi nobili si incontrano per discutere della natura
umana? Quale miglior dialogo se non il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, in
cui tre uomini trattano delle conoscenze umane?
Non c‟è risposta, esempio, citazione, nome e persino vocabolo che sia stato inserito in modo
casuale; ogni parola è stata pensata, modificata e vagliata, per dare al testo maggiore intensità
e immediatezza; ogni sinonimo è stato prima considerato in tutte le sue sfumature, per far
percepire il messaggio in tutta la sua pienezza.
Gli interventi dei personaggi sono frutto di pensieri, opinioni e riflessioni nati spontaneamente
durante il corso della stesura dello scritto. L‟aver inserito un personaggio quasi
completamente estraneo all‟ambiente filosofico, ha permesso di sviluppare il dialogo senza
nessi logici troppo azzardati e rendendo tutto l‟elaborato più scorrevole e simile ad una vera
discussione.
III. Prologo
Tertius:
Credo proprio di essere ben preparato per soddisfare la vostra curiosità. L'altro giorno, infatti,
venivo in città da casa mia, quando uno che conosco, Dealiquo, dietro di me, mi chiama da
lontano in tono scherzoso:
- Ehi tu, Tertius, mi aspetti un momento?
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Mi fermai e l'aspettai. E quello:
- Tertius, t'ho cercato ovunque. Volevo domandarti dell'incontro di Supério, Umile e degli
altri che erano con loro al simposio, e così sapere quali discorsi lì si son fatti sull'arroganza.
Mi ha già raccontato qualcosa un altro, che ne aveva sentito parlare; mi ha detto che tu eri al
corrente di tutto, ma lui, purtroppo, non poteva dir niente di preciso. E quindi ti prego,
racconta: nessuno meglio di te può riportare i discorsi del tuo amico, Umile. Ma dimmi, per
cominciare: eri presente a quella riunione o no? […] E allora racconta, presto. La strada per la
città sembra fatta apposta per chiacchierare, mentre andiamo.
Ed eccoci dunque in cammino, parlando di queste cose. Se dunque questo racconto deve
essere fatto anche a voi, son ben felice di farlo. Del resto, quando parlo io della natura umana,
o altri ne parlano in mia presenza, provo la gioia più grande. Al contrario, quando sento
parlare certe persone, e soprattutto i ricchi, i banchieri, quelli che parlano d'affari, la gente
come voi, superbi, allora mi annoio e ho anche un po' pena per voi, che pretendete chissà cosa
e invece dite cose che non valgono niente. Da parte vostra, del resto, mi giudicate un
poveretto, e forse lo sono davvero. Ma che siate voi dei poveretti, questo non lo sapete affatto,
e io invece lo so.
Dealiquo quindi mi disse:
- Sei sempre lo stesso, Tertius. Dici sempre male di te e degli altri. Tu hai l'aria di pensare
che, Umile a parte, tutti gli altri siano dei poveretti, a cominciare da te stesso. Tu non cambi
proprio mai: ce l'hai sempre con te stesso e con tutti gli altri, a parte Umile. Dai, Tertius, non
val la pena adesso di star qui a litigare. Fa' piuttosto quel che ti abbiamo chiesto e raccontaci:
che discorsi si fecero quella notte?
Tertius:
- E va bene, ti racconterò più o meno cosa si disse. Ma forse è meglio che parta dall'inizio e
cerchi di rifare per voi, a mia volta, il racconto.
IV. Il simposio
Incontrai Umile che usciva dal bagno e si era messo dei sandali, contro le sue abitudini. Gli
domandai dove andasse, visto che si era fatto così bello. E lui mi rispose:
“Vado a cena da Supério. Ieri alla festa me ne son venuto via, perché mi dava fastidio tutta
quella gente. Ma ho accettato di andar da lui oggi e così mi son fatto bello. E tu? Che ne pensi
di venire anche se non sei stato invitato?”
Io risposi:
“Ai tuoi ordini!”
“Allora seguimi”, mi disse,“Per questa volta faremo una piccola modifica al proverbio e
diremo che le persone per bene vanno a cena senza invito dalle persone per bene.”
E a questo risposi così:
“Io non dirò certo di non essere stato invitato, dirò che mi hai invitato tu". […]
E con questo proposito ci mettemmo in cammino. Ma, concentrato nei suoi pensieri, rimaneva
indietro. Quando l'aspettavo, mi diceva di andar pure avanti. Arrivai da Supério e mi disse:
“Tertius, arrivi al momento giusto per cenare con noi. Se sei venuto per qualcos'altro, rimanda
tutto a più tardi, perché ieri ho cercato di invitarti, ma non t'ho trovato. Bene Umile, ci sei
anche tu, così siamo in venti”.
“Sarebbe una buona cosa, Supério, se i pensieri potessero scivolare da chi ne ha più a chi ne
ha meno per contatto diretto, quando siamo accanto, tu ed io; come l'acqua che, attraverso un
filtro, passa dalla coppa più piena alla più vuota. Se è così, voglio subito mettermi al tuo
fianco, perché la tua grande e bella saggezza possa riempire la mia coppa. Che per la verità è
un po' così, incerta come un sogno, mentre la tua sapienza è limpida e può sfavillare ancora di
più.”
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“Che fai, mi prendi in giro, Umile?” disse Supério,“Sulla saggezza faremo i conti più tardi, tu
ed io, e prenderemo Tertius a nostro giudice. Ma intanto pensiamo a cenare".
E così Umile prese posto sul divano. Dopo aver cenato fu un invitato, Tetrapròsopo, allora, a
prendere la parola per dire più o meno così:
“Passeremo la serata chiacchierando. Di cosa possiamo parlare? Io quasi quasi un'idea ce
l'avrei, se volete ve la dico”.
Tutti furono d'accordo e chiesero di fare la sua proposta. Questi riprese dicendo:
“Ci si è data molta pena di trattare di parecchi argomenti, ma dell'arroganza, non ha trovato
ancora nessuno fino ad ora che ne abbia parlato. Adesso quindi potremmo discorrere di
codesto tema. Se siete d'accordo, avremmo così un argomento senza alcun dubbio davvero
assai interessante con cui passare il nostro tempo. Potresti cominciare tu, Supério.”
V. Il compromesso come distorsione della Natura
Supério:
“Per me tutti gli uomini sono arroganti perché si fanno domande e si danno risposte. Prima di
approfondire la propria conoscenza è necessario distruggere le proprie certezze perché queste
sono sintomo di arroganza. È vero, infatti, che riguardo ad alcune cose abbiamo delle certezze
che sono personali e non dimostrabili universalmente, ma che consideriamo comunque
corrette come l‟idea del bene, del giusto o simili.”
Umile:
“Però ti devo interrompere mio buon amico, Supério. Tu hai appena detto che la superbia
degli uomini deriva dalle risposte che gli stessi si danno, ma io penso che non sia così: noi sì,
ci facciamo domande, ma ne ponderiamo le risposte. Il semplice fatto che domandiamo,
indica la nostra consapevolezza di non sapere tutto. Ci sono poi anche domande a cui non
possiamo rispondere. E poi, ancora, le certezze di cui tu parlavi, come l‟idea del bene o del
giusto, sono innate in ciascuno di noi, anche se in alcuni casi diverse, e poiché noi le abbiamo
è giusto che le usiamo.”
Supério:
“O Umile, abbiamo sì concezioni differenti, ma se tutti le usassimo contemporaneamente,
trovando un compromesso, saremmo delle persone arroganti.”
Intervenni io:
“Non capisco, perché parli di arroganza?”
Supério:
“Ti rispondo subito, Tertius, arrivare ad un compromesso è come creare una verità distorta,
piegare la natura al proprio volere, quale cosa più arrogante può esserci se non pretendere di
dominare la natura stessa?”
Tertius:
“Ancora non ti seguo”
Supério:
“Questo esempio potrebbe esserti di chiarimento: mettiamo che la metà degli uomini sostenga
di vedere il cielo azzurro e che invece l‟altra metà lo veda giallo; non riuscendo a dimostrare
quale delle due affermazioni sia corretta, per il quieto vivere, giungiamo ad un‟intesa,
conveniamo che quindi è verde. Non è questo un compromesso che piega a sé le leggi della
Natura? Infatti tutti noi, al di fuori dell‟esempio, sappiamo che è azzurro. Cosa avremmo
ottenuto? Che, a causa della nostra arroganza, chi è nel giusto cada in errore e chi è in errore
continui ad esserlo.”
Tertius:
“Credo di aver capito”
Umile:
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“In parte mi hai convinto, non avevo preso in considerazione questo aspetto del
compromesso, ma continuo a pensare che l‟uomo non sia arrogante per questo. Infatti è
proprio della natura umana il confronto tra gli individui e gli uomini, come diceva Aristotele,
essendo animali sociali interagiscono fra loro e non potendo arroccarsi sulle loro posizioni per
sempre, devono per forza arrivare ad un punto di incontro. Non è detto però che questo sia il
traguardo finale.”
Riflettendo su quanto appena udito, pronunciai queste parole fra me e me:
“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza 1”
Umile:
“Sì, Tertius, questa è la natura umana, non la sua arroganza! L‟uomo, poiché dotato di
ragione,cerca sempre di giungere al vero e non si accontenta mai; e, fino a quando non è
propriamente certo di esservi arrivato, non cessa nella sua ricerca, anzi, anche quando crede di
essere arrivato alla fine si mette nuovamente in discussione e così da secoli. E questo a me
sembra segno di umiltà e curiosità, più che di arroganza. E‟ talmente innato in noi che fin
dall‟infanzia è visibile, i bambini ne sono l‟esempio perfetto: in loro non vi è alcuna
conoscenza del mondo che li circonda e quindi assillano noi più sapienti con continui perché.”
Supério:
“Umile, ma sostenendo questa posizione, dicendo noi essere „più sapienti‟ pecchi in
arroganza. Vedi quindi che l‟uomo è arrogante?”
Umile:
“Non mi fraintendere, intendevo dire che, rispetto ai bambini, noi abbiamo più conoscenza
delle cose di questo mondo, ma ovviamente restiamo sempre ignoranti in molteplici altri
aspetti, non possediamo certo una conoscenza perfetta, su questo dovresti essere d‟accordo. E
proprio per questo, fin dalle origini, l‟uomo ha sempre cercato di darsi delle risposte.”
VI. La doxa
Supério:
“Risposte comunque influenzate dalla doxa.”
A questo punto mi intromisi nella conversazione tra Supério e Umile:
“Nonostante l‟uomo cerchi di distaccarsi dalla doxa non ci riuscirà mai; una volta che entra a
far parte della nostra vita, inficia per sempre la nostra conoscenza. Siamo influenzati, volenti
o nolenti, dalla realtà in cui viviamo, dal tempo, dal paese, dalla cultura, insomma da tutto ciò
che ci circonda.”
Supério:
“Ne sono convinto, infatti questo prova ulteriormente l‟arroganza umana. Alla doxa non
arriviamo attraverso un ragionamento frutto della condivisione dei nostri pareri, ma è come se
la ricevessimo passivamente e ne venissimo influenzati, come hai detto tu, volenti o nolenti,
fin dalla nostra nascita.”
Umile:
“Ancora una volta mi trovi parzialmente in disaccordo con te. Anche io penso che la doxa
abbia un aspetto negativo, ma non solo quello. Essendo una sorta di schema di pensiero fisso,
una cosa vincolante, instilla pregiudizi comuni nell‟uomo. E questi „idola‟ lo rendono troppo
sicuro, anche perché sono condivisi dalla maggioranza e quindi sono, nel pensiero comune,
più degni di fiducia; inoltre l‟uomo teme il diverso e di essere identificato come tale, per cui,
a maggior ragione, difficilmente si distacca dalla doxa. Ma d‟altra parte non si possono
trascurare i lati positivi.”
Supério:
“Quali sarebbero, di grazia?”
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Dante Alighieri, Divina Commedia (Inferno, canto XXVI, vv. 119-120)
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Umile:
“Non mi interrompere, porta pazienza un attimo, amico mio, e lasciami finire! Prima della tua
inopportuna interruzione stavo per dire che la doxa è stata vagliata nei secoli, che quindi c‟è
stata un‟analisi e una indagine succedutesi nei tempi.”
Supério:
“Ciò non dimostra che non siamo arroganti, infatti se gli uomini del passato erano anch‟essi
arroganti avrebbero fatto scelte non corrette, che sono giunte a noi sotto forma di doxa. Quale
segno di arroganza più grande se non fidarsi cecamente della ragione umana?”
Umile:
“E‟ vero, l‟uomo stolto segue incondizionatamente l‟opinione comune, ma per l‟uomo colto
non è altro che un trampolino di lancio, che, come disse S. Agostino, lo proietta oltre sé
stesso.
VII. Cos‟è l‟arroganza
Tertius:
“Fino adesso abbiamo passato il nostro tempo discorrendo se l‟uomo sia o meno arrogante,
ma che cos‟è questa cosa che voi e che noi chiamiamo arroganza? Che sia uno stato della
mente umana è fuor di dubbio, ma non è forse bene chiarire per noi stessi e per i fini della
nostra discussione cosa sia precisamente?”
Umile:
“Nei secoli ci sono stati molti filosofi che hanno cercato l‟essenza dei fenomeni tramite
ragionamenti logici. Qualcuno proponga un metodo, di esempi ne abbiamo tanti.”
Superio:
“Allora io suggerisco un metodo induttivo come quello esposto nel Novum Organon, di
Bacone. Proveremo allora insieme a percorrere questa nuova strada e siccome non tutti ne
siete a conoscenza procederemo con cautela, come coloro che si accingono ad esplorare terre
sconosciute. Quindi se tutti siete d‟accordo incominciamo. „In primo luogo, sopra ad una
natura data si devono far comparire, davanti all‟intelletto, tutte le istanze note che si
congiungono nella medesima natura‟2”.
Tertius:
“Se non ho capito male, il metodo che tu proponi suggerisce di incominciare con cose a noi
note. Quindi in quali situazioni si presenta l‟arroganza?”
Umile:
“Bene, cominciamo quindi con quella che Bacone ha definito Tavola di Presenza.
L‟arroganza umana si manifesta quando l‟individuo reputa il proprio pensiero superiore a
quello degli altri, non accettando le altrui opinioni. Vero, Superio?”
Superio:
“In questo caso, mio buon amico, concordo con quanto hai appena detto. Però io aggiungerei
anche che un essere umano manifesta la sua arroganza quando teme e non vuole vedere le
proprie certezze sgretolarsi, anche davanti alla prova evidente dei fatti. Ora dobbiamo passare
alla Tavola di Assenza in Prossimità.”
Umile:
“Credo che per quanto riguarda la prima Tavola non ci sia più nient‟altro da aggiungere. „In
secondo luogo, si devono far comparire davanti all‟intelletto le istanze che sono prive della
natura data‟3; in poche parole dobbiamo osservare fenomeni simili in cui non è presente
l‟arroganza. Reputare il proprio pensiero superiore a quello altrui non è per forza indice di
arroganza, se questo pensiero è supportato da prove evidentemente corrette. Inoltre un uomo
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Dario Zucchello, Dal labirinto al testo, Scienza e metodo in Bacone, Galilei e Cartesio
V. nota 2, pag. 6
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può provare paura senza peccare di superbia, come quando si trova a contatto con animali
feroci. E quindi non è il semplice timore la causa della cosa.”
Tertius:
“Se non ricordo male, dopo aver completato la Tavola di Assenza in Prossimità, cioè quello
che abbiamo appena concluso, si deve procedere con la Tavola dei Gradi. Bisogna, quindi,
prendere in esame „le istanze nelle quali la natura sottoposta ad indagine è presente in misura
maggiore o minore‟4.”
Superio:
“Dunque possiamo notare che più un uomo, dotato di una certa conoscenza in un qualsiasi
campo, crede di essere giunto ai limiti di tutto lo scibile possibile, più è arrogante. D‟altra
parte più un uomo ha la consapevolezza dei suoi limiti di fronte alla vastità del conoscibile,
meno in lui si potrà riscontrare il germe dell‟ arroganza.
Umile:
“Ciò che tu affermi non deriva però da quanto noi abbiamo pocanzi asserito, ovvero, questa
Tavola dei Gradi non trova perfettamente riscontro nelle due tavole precedenti, per cui
sembrerebbe non corretto proseguire con nessi così arditi. Ma d‟altro canto se
abbandonassimo questa strada, tutto ciò a cui siamo arrivati fino ad ora, sarebbe stata ricerca
vana. Quindi suggerisco di proseguire a modo nostro, ma comunque supportati dalle
istruzioni di Bacone.”
Tertius:
“Si potrebbe fare. Infatti il percorso finora seguito è sostenuto da ragionamenti logici corretti;
siamo tutti di questo parere? Bene, se non vado errando a questo punto bisognerebbe provare
a verificare ciò che abbiamo affermato nella Tavola dei Gradi.”
Umile:
“Penso che in questo momento, il buon Bacone, si stia rivoltando nella tomba per due motivi:
primo perché profaniamo il suo metodo, secondo perché stai dimenticando, Tertius, un
passaggio importante: la Prima Vendemmia. Qual è dunque l‟ipotesi che vogliamo affermare
e provare?”
Superio:
“Ripensando a quanto appena detto, ritengo che l‟ipotesi da cui dobbiamo partire sia che
l‟arroganza è causata da un‟eccessiva stima del nostro sapere. Ora quindi possiamo procedere
con l‟Experimentum Crucis.”
VIII. Experimentum Crucis
Arrivati a questo punto, Umile e Supério decisero di verificare l‟ipotesi con un esperimento.
Dopo aver confabulato tra loro, chiesero a Tetrapròsopo, che aveva proposto il tema della
serata, di andare a chiamare un giovinetto che serviva in quella casa. Noi altri ci guardammo
perplessi aspettando una qualche delucidazione. Non appena questi fu uscito dalla stanza del
banchetto, Supério ci spiegò che avevano in mente di sottoporre all‟esperimento entrambi i
personaggi, Tetrapròsopo e il servo.
Umile:
“Abbiamo deciso che, non appena il nostro amico tornerà nella sala insieme al giovane,
porgeremo a tutti la medesima domanda su un argomento che noi sappiamo essere a lui
sconosciuto. Ognuno di voi dovrà dare la stessa risposta errata, senza mostrare alcun sintomo
di incertezza, poi spetterà a loro.”
Supério:
“Vi preghiamo di fidarvi di noi senza ulteriori spiegazioni, tutto verrà chiarito e alla fine
potremo insieme giungere ad una conclusione.”
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V. nota 2, pag. 6
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Tutti noi, seppur perplessi, acconsentimmo e così l‟esperimento ebbe inizio.
Procedemmo secondo il comune accordo. Entrati nella stanza, i due ignari trovarono mutato
l‟argomento della discussione; i convitati stavano rispondendo ad uno ad uno alla medesima
domanda posta da Supério. Una volta che tutti ebbero risposto, fu chiesto anche a loro cosa ne
pensassero. Il primo fu il servo, che, essendo consapevole della propria mancanza di
conoscenze in tale campo, ammise senza remore di non poter fornire una risposta. L‟altro,
invece, con un po‟ di esitazione, per non apparire agli occhi degli altri come un servetto
ignorante, fornì la stessa risposta data dai suoi pari. Umile quindi gli chiese di motivare la sua
affermazione, ma le argomentazioni apparivano confuse e prive di logica e, nonostante
Supério apportasse prove evidenti, quindi chiare e distinte, a favore della tesi contraria, lui
perseverava nella sua sterile arroganza.
IX. Conclusione
Umile:
“Amici miei, non è forse vero che, come abbiamo detto in precedenza, l‟uomo è arrogante
quando si ostina a sostenere le proprie false convinzioni e che questa arroganza è per di più
accresciuta dal suo incaponirsi nelle proprie idee?”
Supério:
“Questo esperimento ci ha infatti dimostrato che l‟uomo può essere arrogante quando fonda le
proprie convinzioni sulla base delle sue conoscenze, che, però, essendo conoscenze umane,
sono limitate, quindi l‟uomo può cadere in errore.”
Umile:
“Ma, il vero segno di arroganza, non è sbagliare, bensì perseverare nell‟errore anche quando
questo appare evidente.”
Supèrio:
“Non è il farsi domande e darsi risposte indice dell‟ arroganza umana, ma credere di essere
giunto a una conoscenza perfetta.”
Bene Dealiquo, questo è tutto. Spero di aver soddisfatto la tua curiosità su quanto si disse
quella sera.
X. Bibliografia
PLATONE, Simposio, A. Mondadori, Milano, 1991
PLATONE, Menone
SANT‟AGOSTINO, Confessioni, Garzanti Editore, Milano, 2011
ARISTOTELE, Politica (libro I)
FRANCESCO BACONE, Novum Organon
DANTE ALIGHIERI, Divina Commedia (Inferno – Canto XXVI – vv. 119-120)
GALILEO GALILEI, Discorso sopra i due massimi sistemi del mondo
DARIO ZUCCHELLO, Dal labirinto al testo, Scienza e metodo in Bacone, Galilei e Cartesio
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