il servizio di pubblica illuminazione

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il servizio di pubblica illuminazione
I quaderni
di
Approfondimenti di contabilità e gestione degli enti locali
Direzione scientifica di: E. D'Aristotile
9
Settembre 2013
IL SERVIZIO DI
PUBBLICA ILLUMINAZIONE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO E
PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
Maria Cristina Colombo
Supplemento del periodico telematico www.paweb.it
QUADERNI DI PAWEB - N. 9 - Settembre 2013
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
I quaderni
di
Approfondimenti di contabilità e gestione degli enti locali
Direzione scientifica di: E. D'Aristotile
IL SERVIZIO DI
PUBBLICA ILLUMINAZIONE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO E
PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
Maria Cristina Colombo
Supplemento del periodico telematico www.paweb.it
QUADERNI DI PAWEB N. 9 – Settembre 2013
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
L’autrice
Maria Cristina Colombo - Avvocato amministrativista – E’ specializzata in Diritto Urbanistico e
dei Lavori Pubblici, autore di numerose pubblicazioni in materia – Docente al MAC presso il
Politecnico di Milano
QUADERNI DI PAWEB
Approfondimenti di contabilità e gestione degli Enti Locali
Supplemento mensile del periodico telematico www.paweb.it
Direttore Scientifico
E. D’ARISTOTILE
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settembre 2013
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IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
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IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
1. Introduzione .............................................................................................................................3
2. Inquadramento normativo: la qualificazione giuridica della pubblica illuminazione come
servizio pubblico locale ..............................................................................................................3
3. La posizione dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici..............................................5
4. Le modalità di affidamento del servizio dopo l'abrogazione dell'art. 4 D.L. 138/2011......6
5. Il nodo del riscatto degli impianti prima di procedere a nuova gara ...............................11
6. L'applicazione dei PAES nell'ambito della pubblica amministrazione ............................13
7. Tavole sinottiche sull'evoluzione normativa in tema di servizi pubblici locali...............14
8. Orientamenti giurisprudenziali e dell'AVCP .......................................................................17
8.1 Consiglio di Stato - Sez. V, Sentenza 2 settembre 2013 n. 4339 .....................................17
8.2 Consiglio di Stato - Sez. V, Sentenza 24 agosto 2004 n. 5572 ........................................20
8.3 TAR Lombardia - Brescia Sez. I, Sentenza 27 dicembre 2007 n. 1373 ...........................21
8.4 TAR Lombardia - Brescia Sez. II, Sentenza 15 gennaio 2013 n. 30.................................26
8.5 Consiglio di Stato - Sez. V, Sentenza 25 novembre 2010 n. 8232 ...................................30
8.6 AVCP, Parere n. 128 del 5 novembre 2009 ......................................................................33
8.7 AVCP, Delibera n. 110 del 19 dicembre 2012...................................................................36
8.8 AVCP, Parere n. 5 del 20 giugno 2012 .............................................................................46
9. Riferimenti normativi.............................................................................................................51
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
Approfondimenti
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
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1. Introduzione
La materia dei servizi pubblici locali è stata oggetto di particolare attenzione a seguito
dell’abrogazione dell’art. 4 del D.L. 138/2011 per effetto della nota pronuncia della Corte
Costituzionale n. 199/2012 e del vuoto normativo che ne è scaturito.
Si discute infatti oggi di servizi a rilevanza economica, servizi a rete e non, nel tentativo di ancorare le
varie definizioni alla normativa oggi da ritenersi applicabile a seguito dei vari interventi che si sono
succeduti dall’art. 23 bis del D.L. 112/1998, passando per il referedum del 13.06.2011 per arrivare
all’art. 4 del D.L. 138/2011, oggi anch’esso abrogato.
Tra i servizi pubblici quello qui oggetto di analisi è la pubblica illuminazione, rispetto al quale plurime
sono le questioni operative aperte per le pubbliche amministrazioni che ne hanno in carica la
gestione:
I. anzitutto, le problematiche relative alla sua esatta collocazione giuridica su un piano definitorio
(appalto o servizio?);
II. in secondo luogo, proprio a seguito dell’intervenuta abrogazione dell’art. 4, le modalità
procedurali di affidamento del servizio;
III. da ultimo, ma non in punto di importanza, le problematiche in tema di riscatto degli impianti di
proprietà del gestore uscente.
2.
Inquadramento normativo: la qualificazione giuridica della pubblica
illuminazione come servizio pubblico locale
Come anticipato nell’introduzione, un primo problema che si pone è quello della qualificazione della
pubblica illuminazione come appalto di servizi o servizio pubblico locale. Si tratta di una
differenziazione importante non solo su un piano giuridico formale e quindi in sè, e per sè, ma
sostanziale perché dalla stessa consegue l’individuazione della normativa applicabile per le procedure
di affidamento.
Si ricorda, in termini generali che, allorché si parla di appalto di servizi, l’attività è svolta a favore della
P.A. da cui l’impresa riceve un corrispettivo per lo svolgimento del servizio. Quando si parla di servizio
pubblico locale, invece, l’attività è svolta in favore della collettività locale e la remunerazione
dell’attività deriva prevalentemente dalla gestione del servizio stesso, (in altri termini) il costo del
servizio grava sugli utenti e non sulle Amministrazioni.
L’applicazione di tali categorie concettuali, apparentemente di facile distinzione, non è affatto agevole
in materia di pubblica illuminazione ed ha creato un dibattito nella giurisprudenza amministrativa ed
un succedersi, negli anni, di orientamenti contrapposti.
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In effetti, secondo un primo orientamento, il servizio qui in esame sarebbe reso in favore
dell’Amministrazione e, quindi, non risponderebbe alla nozione di pubblico servizio, che al contrario
richiederebbe un complesso rapporto che si instaura tra gestore pubblico o privato e utente (cfr. tra i
precedenti più risalenti, TAR Campania, sez. I, 29 novembre 2001, n. 5111; Cons. Stato, sez. V, 23
agosto 2004, n. 5572). Ed anche il Consiglio di Stato, nel periodo di validità dell’art. 13 del D.L. n.
223/2006, ha affermato riguardo una società che si era vista aggiudicare la gara di appalto-concorso
indetta da un Comune “per la gestione del servizio integrato di acquisto di energia elettrica, esercizio
e gestione degli impianti di illuminazione, manutenzione ordinaria, programmata e straordinaria” che
venisse “in rilievo non la concessione di un servizio pubblico ma l'aggiudicazione di un appalto di
servizi”. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4080)
All’orientamento che inquadra il servizio di pubblica illuminazione nell’ambito degli appalti pubblici di
servizi, si è tuttavia contrapposto un diverso filone interpretativo che partiva da alcuni presupposti
concettuali quali:
a) l’inclusione della pubblica illuminazione fra i servizi pubblici comunali ex art. 1, lett. c), r.d. n.
2578/1925 e r.d. n. 383/1834,
b) il fatto che per la gestione del servizio si richiede che «il concessionario impieghi capitali,
mezzi, personale da destinare ad un’attività economica rilevante in quanto suscettibile, quanto
meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto
concorrenziale del mercato di settore»; (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. I, sent. 8 settembre 2009, n.
1430)
c) ed ancora la considerazione secondo cui dell’erogazione del servizio di pubblica illuminazione,
da parte dell’appaltatore, «beneficia direttamente ed esclusivamente la collettività (o il singolo
utente), senza alcuna intermediazione del Comune nello svolgimento del processo produttivo».
(cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 27 dicembre 2007, n. 1373; T.A.R. Lombardia Brescia,
Sez. II, 15 gennaio 2013, n. 30).
Tale orientamento è poi divenuto maggioritario tanto che oggi la giurisprudenza amministrativa tende
a dare prevalenza all’individuazione del soggetto beneficiario (la comunità locale) rispetto alle
modalità di remunerazione del servizio, così qualificando l’attività di illuminazione pubblica come
servizio pubblico locale. (cfr., ex multis, T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. I, 11 giugno 2009, n. 966;
T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 27 maggio 2010, n. 2165)
In particolare, il Consiglio di Stato ha osservato che «la subordinazione al pagamento di un
corrispettivo, rilevante nella prospettiva abbracciata dal Codice dei Contratti pubblici in sede di
distinzione tra la figura dell’appalto e quella della concessione, dipende dalle caratteristiche tecniche
del servizio e dalla volontà politica dell’ente, ma non incide sulla sua qualifica di servizio pubblico
locale». (Cons. Stato, Sez. V, sent. 25 novembre 2010, n. 8232).
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3.
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La posizione dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici
Anche l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture ha sin da subito
sostenuto che il servizio di pubblica illuminazione è «per sua stessa natura, rivolto a fini sociali e
destinato a soddisfare direttamente e in via immediata esigenze generali della collettività. Come tale,
ha, quindi, natura di servizio pubblico locale». (cfr. AVCP, parere n. 128 del 5 novembre 2009)
Detta qualificazione è stata di recente confermata con il parere n. 5 del 20 giugno 2012, ove l’Autorità
ha affermato che «non rilevante ai fini della corretta qualificazione del contratto come concessione o
appalto è la natura di servizio pubblico locale della pubblica illuminazione, generalmente accolta dalla
giurisprudenza amministrativa. Il fatto che una determinata attività sia storicamente un servizio
pubblico locale o come tale venga assunta dal legislatore o dagli enti locali su base di scelte
eminentemente politiche, non può mettere in dubbio che le procedure ad evidenza pubblica siano
quelle imposte dal legislatore comunitario e nazionale in relazione alla tipologia di contratto che si è in
concreto inteso affidare»
Da ultimo, anche con la Deliberazione n. 110 del 19 dicembre 2012 l’Autorità qualifica il servizio di
illuminazione delle strade comunali come servizio pubblico locale, trattandosi di attività caratterizzata
«sul piano oggettivo dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile, selezionata in
base a scelte di carattere eminentemente politico quanto alla destinazione delle risorse
economicamente disponibili ed all’ambito di intervento e su quello soggettivo dalla riconduzione
diretta o indiretta ad una figura soggettiva di rilievo pubblico».
Pare opportuno soffermarsi su tale ultima deliberazione in quando con la stessa l’Autorità affronta
numerosi temi concernenti il servizio di pubblica illuminazione, oltre alla natura giuridica. Si tratta delle
questioni, di rilievo pratico per gli enti locali, delle proroghe e rinnovi della gestione del servizio, del
riscatto, dell’obbligo per i gestori uscenti di fornire alla pubblica amministrazione tutte le informazioni
utili per l’approntamento della procedura di gara.
Sotto un primo aspetto, riguardo a rinnovi e proroghe contrattuali, l’Autorità appare contraria ed anzi
ritiene illegittimo un loro uso “indiscriminato” e viceversa sancisce il principio per cui, salvo espresse
previsioni dettate dalla legge e sempre che siano conformi alla normativa comunitaria,
l’Amministrazione, una volta scaduto il contratto, nel caso in cui abbia ancora la necessità di acquisire
lo stesso tipo di prestazioni, è tenuta ad indire una nuova procedura di gara. Le proroghe tacite, infatti,
«contraddicono il generale principio dell’evidenza pubblica, il cui rispetto è imposto anche dal dovere
di preservare il diritto alla libera concorrenza, garantito a livello comunitario in materia di appalti
pubblici»
Riguardo, invece, il tema della partecipazione alle gare dei titolari di affidamenti diretti, l’Autorità
sottolinea come tale evenienza determini condizioni che falsano la concorrenza e creano effetti
distorsivi nel mercato di riferimento. Tali soggetti, infatti, godono di un indebito vantaggio competitivo
nei confronti degli altri operatori economici che non siano affidatari diretti, rendendo concreto il rischio
di operare nel mercato presentando offerte innaturalmente basse.
Ancora, con riferimento alle informazioni che i gestori uscenti devono fornire alle amministrazioni
concedenti ai fini della predisposizione degli atti di gara, l’AVCP ricorda che il comma 6 dell’art. 25
del D.L. n. 1/2012, conv. dalla L. n. 27/2012, prevede che «i concessionari e gli affidatari di servizi
pubblici locali, a seguito di specifica richiesta, sono tenuti a fornire agli enti locali che decidono di
bandire la gara per l’affidamento del relativo servizio i dati concernenti le caratteristiche tecniche degli
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impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile iniziale, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni
altra informazione necessaria per definire i bandi»
In sintesi, quindi, questi i principi, destinati agli enti locali, che scaturiscono dalla deliberazione
dell’AVCP:
sono da escludere tutte le forme di proroga o di tacito rinnovo degli affidamenti in corso, se
non per lo stretto tempo necessario all’espletamento di procedure ad evidenza pubblica;
per le gestioni in essere, occorre, previa determinazione del valore degli impianti per
l’acquisizione al patrimonio comunale e l’assunzione effettiva del titolo di proprietà in capo ai
Comuni, procedere all’espletamento delle procedure di evidenza pubblica, evitando il
mantenimento di situazioni monopolistiche;

i concessionari e gli affidatari di servizi pubblici locali, a seguito di specifica richiesta, sono
tenuti a fornire agli enti locali che decidono di bandire la gara per l'affidamento del relativo
servizio, i dati concernenti le caratteristiche tecniche degli impianti e delle infrastrutture, il loro
valore contabile di inizio esercizio, secondo parametri di mercato, le rivalutazioni e gli
ammortamenti e ogni altra informazione necessaria per definire i bandi (ex art. 25, comma 6,
D.L. n. 1/2012, convertito in L. n. 27/2012).
4.
Le modalità di affidamento del servizio dopo l’abrogazione dell’art. 4
D.L. 138/2011
La materia dei servizi pubblici locali è stata oggetto di diversi interventi normativi, ivi compresa
un'abrogazione referendaria ed una pronuncia di illegittimità costituzionale.
In primo luogo, l'art. 23 bis del D.L. 112/2008 ha riformato il comparto dei servizi pubblici locali, con
l’obiettivo di favorire la diffusione dei principi di concorrenza e libera prestazione dei servizi. Il principio
della gara è stato posto come regola generale degli affidamenti di servizi ed è stata stabilita una
specifica normativa in deroga per le fattispecie che "non permettono un efficace ed utile ricorso al
mercato".
La riforma è stata completata dal regolamento governativo adottato con D.P.R. 168/2010.
L’intera disciplina è stata poi abrogata con le consultazioni referendarie del 12 e 13 giugno 2011 e,
per colmare il vuoto normativo, è stato approvato l’articolo 4 del D.L. 138/2011. Tale articolo ha
previsto una nuova disciplina generale dei servizi pubblici.
Tali disposizioni sono state poi oggetto di ulteriori parziali modifiche per effetto dell’articolo 9, co. 2,
della Legge 183/2011, legge di stabilità 2012, e dell’art. 25, comma 1, del D.L. 1/2012 (c.d. D.L.
Liberalizzazioni) che ha introdotto, l'art. 3-bis nel D.L. 138/2011.
Infine, su tale disciplina è intervenuta la sentenza 199/2012 della Corte costituzionale, depositata il 19
luglio 2012.
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A seguito dell’intervenuta abrogazione dell’art. 4 del D.L. n. 138/2010 per effetto della sentenza della
Corte Costituzionale n. 199/2012, allo stato attuale, il tema delle modalità di affidamento e gestione
dei servizi pubblici locali è caratterizzato da un vuoto normativo, solo formalmente colmato dalla
generica disciplina prevista all’art. 34 del D.L. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella L. n.
221/2012.
Tale norma, al comma 20, prevede che «per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di
assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l'economicità della
gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l'affidamento del servizio
è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell'ente affidante, che dà
conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di
affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio
universale, indicando le compensazioni economiche se previste”.
In mancanza di una disciplina di diritto interno, gli operatori devono fare oggi riferimento al quadro
giuridico comunitario.
Un primo problema che si pone è quello di sgomberare il campo dall’eventuale applicazione dell’art.
3-bis del D.L. n. 138/2011 che prevede l’obbligo per le Amministrazioni di procedere agli affidamenti
dei servizi pubblici locali a rete sulla base di ambiti/bacini ottimali. Questione non semplice
considerato che il legislatore non ha dato una definizione di servizio «a rete», così generando
incertezze in merito all’applicazione della suddetta previsione anche al servizio di pubblica
illuminazione.
D’altra parte, come detto, il vuoto normativo attuale comporta per gli operatori l’obbligo di fare
riferimento ai principi comunitari sulla scorta dei quali l’affidamento del servizio di pubblica
illuminazione può avvenire secondo tre diversi modelli procedurali:
1) Tramite conferimento in favore di imprenditori o di società individuati mediante procedure ad
evidenza pubblica (cd. esternalizzazione);
2) Tramite affidamento a società a capitale misto pubblico privato, il cui partner privato sia
individuato a seguito di gara ad evidenza pubblica cd. a doppio oggetto;
3) Tramite affidamento diretto a società a totale capitale pubblico corrispondente al modello cd.
in house providing.
A seguito dell’abrogazione dell’art.4 del D.L. n. 138/2011, che privilegiava l’affidamento secondo
modalità concorrenziali, deve ritenersi che i tre modelli sopra indicati siano da considerarsi
astrattamente equivalenti, venendo meno il previgente rapporto tra regola ed eccezione.
1)
L’ESTERNALIZZAZIONE
Si tratta dell’affidamento del servizio in favore di terzi, in possesso dei requisiti di capacità per
svolgere il servizio, nell’osservanza delle procedure competitive ad evidenza pubblica. In questo caso
l’Ente Locale gode di autonomia sulla scelta del modello procedurale più idoneo al perseguimento dei
propri obiettivi. La scelta non può tuttavia prescindere da una valutazione, da compiersi caso per
caso, sulla situazione effettivamente esistente e le concrete esigenze dell’Ente Locale.
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2)
L’AFFIDAMENTO A SOCIETA’ MISTA
Si tratta di una forma di Partenariato Pubblico-Privato nell’ambito della quale la collaborazione tra
ente pubblico e impresa privata viene attuata tramite un terzo soggetto, dotato di autonoma
personalità giuridica e partecipato da entrambi oggetti.
In passato si è dibattuto, specie in giurisprudenza, sulla possibilità per l’Ente Locale, una volta
selezionato tramite procedura ad evidenza pubblica il socio privato, di affidare direttamente alla
società partecipata il servizio pubblico. Tale possibilità è stata infatti osteggiata dalla giurisprudenza,
più propensa per l’obbligatorietà di una seconda gara, all’esito della quale la società mista vincitrice
avrebbe potuto effettivamente rendersi affidataria della gestione.
Il Consiglio di Stato, con parere del 18 aprile 2007, n. 456, ha equiparato la gara per l’affidamento del
servizio pubblico alla gara per la scelta del socio, nel caso in cui quest’ultimo si configuri come un
socio «industriale ed operativo». Tale posizione è stata poi avallata dalla Commissione Europea che,
nella Comunicazione 5 febbraio 2008 (C/2007/661), ha sottolineato la difficile praticabilità di una
doppia procedura di gara. L’ipotesi a della gara unica, ha poi trovato riscontro normativo nella
disciplina oggi abrogata (l’art. 4, appunto) che la declinava come gara cd. a doppio oggetto.
3)
SOCIETA’ IN HOUSE
L’intervenuta abrogazione dell’art. 4 del D.L. n. 138/2011 e la conseguente diretta applicazione della
normativa comunitaria determina effetti in ordine alla possibilità di affidare un servizio a rilevanza
economica a società a totale capitale pubblico conformi al modello dell’in house providing.
Non vi è più, infatti, la previsione per cui tale affidamento è consentito solo in presenza di situazioni
eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche
del contesto territoriale di riferimento, non permettano un efficace e utile ricorso al mercato e solo nel
rispetto della soglia di € 900.000 (da ultimo abbassata a € 200.000), corrispondente all’importo
dell’affidamento, previo svolgimento di un’analisi di mercato che acclarasse puntualmente l’effettiva
sussistenza delle condizioni eccezionali di cui sopra.
La disciplina comunitaria, che non prevede limiti alla possibilità di affidamenti in house, prevede
unicamente due condizioni di legittimità del ricorso all’istituto:
1) l’amministrazione aggiudicatrice deve esercitare sul soggetto affidatario un «controllo
analogo» a quello esercitato sui propri organi ed uffici;
2) il soggetto affidatario deve svolgere la maggior parte della propria attività in favore dell’ente
pubblico di appartenenza.
In termini generali per Partenariato Pubblico Privato (PPP) si intende una forma di cooperazione tra il
settore pubblico e quello privato per l’espletamento di compiti pubblici.
Nell’ambito del diritto comunitario la fattispecie è stata delineata nel Libro Verde della Commissione
Europea del 30 aprile 2004.
Nell’ordinamento nazionale, l’art. 3, comma 15-ter, del Codice dei Contratti Pubblici recita: «i contratti
di partenariato pubblico privato sono contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la
progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità,
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
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oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di
privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni
e degli indirizzi comunitari vigenti».
Il menzionato art. 3, comma 15-ter del Codice dei Contratti elenca, a titolo esemplificativo tra i
contratti di PPP:
 la concessione di lavori;
 la concessione di servizi;
 la locazione finanziaria;
 il contratto di disponibilità;
 l’affidamento di lavori mediante finanza di progetto;
 le società miste;
 l’affidamento a contraente generale, ove il corrispettivo per la realizzazione dell’opera sia in
tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell’opera per il committente o per
utenti terzi.
I contratti di partenariato pubblico privato sono perciò un complesso articolato di tipologie contrattuali
sulle quali il legislatore pone particolare attenzione.
Pare opportuno soffermarsi sia pure rapidamente su alcune delle forme di PPP citate:
L’affidamento a contraente generale è il contratto di cui all’articolo 3, comma 7 del Codice, con
il quale viene affidata la progettazione e realizzazione di una infrastruttura. Il contraente,
generale si differenzia dal concessionario di opere pubbliche per l’esclusione dalla gestione
dell’opera eseguita ed è qualificato per connotati di capacità organizzativa e tecnico
realizzativa, per l’assunzione dell’onere relativo all’anticipazione temporale del finanziamento
necessario alla realizzazione dell’opera in tutto o in parte con mezzi finanziari privati, per la
libertà di forme nella realizzazione dell’opera, per la natura prevalente di obbligazione di
risultato.
Il contraente generale è perciò un realizzatore dell’opera che, in piena autonomia, ha il
compito di rispondere a due esigenze del mercato:
a) realizzare interventi con processi e tecnologie innovative;
b) affidare l’opera ad un’unica unità organizza in grado di fornire competenze multi disciplinari
progettuali ed esecutive.
Le concessioni di lavori pubblici sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, aventi
ad oggetto, l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la
progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di
pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro
gestione funzionale ed economica, che presentano le stesse caratteristiche di un appalto
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pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel
diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità al Codice.
A titolo di prezzo, le amministrazioni aggiudicatrici possono cedere in proprietà o in diritto di
godimento beni immobili nella propria disponibilità, o allo scopo espropriati, la cui utilizzazione
sia strumentale o connessa all’opera da affidare in concessione, nonché beni immobili che
non assolvono più a funzioni di interesse pubblico, già indicate nel programma triennale.
Tra i contratti di partenariato pubblico - privato, assume rilevanza l’istituto della finanza di
progetto, nelle sue linee generali regolato dall’articolo 153 del Codice, che individua tre
procedure possibili d’intervento, così sintetizzabili:
a) iniziativa delle pubbliche amministrazioni con interventi già inseriti nella programmazione
triennale e nell’elenco annuale;
b) iniziativa di operatori economici con intervento già inserito nell’elenco annuale;
c) iniziativa di operatori economici con interventi non inseriti nel programma triennale dei lavori
pubblici.
Per la realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, ivi inclusi quelli relativi alle
strutture dedicate alla nautica da diporto, inseriti nella programmazione triennale e nell’elenco
annuale, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati
dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, finanziabili in tutto o in
parte con capitali privati, le amministrazioni aggiudicatrici possono, in alternativa
all’affidamento mediante concessione ai sensi dell’articolo 143 del Codice, affidare una
concessione ponendo a base di gara uno studio di fattibilità, mediante pubblicazione di un
bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente o
parzialmente a carico dei soggetti proponenti.
Il bando di gara è pubblicato con le modalità di cui all’art. 66, ovvero art. 122 del Codice,
secondo la rilevanza economica dei lavori, ponendo a base di gara lo studio di fattibilità
predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice o adottato da operatori economici ai sensi del
comma 19 dell’art. 153 del Codice.
Il bando indica i criteri, secondo l’ordine di importanza loro attribuita, in base ai quali si
procede alla valutazione comparativa tra le diverse proposte.
Il nuovo comma 15-bis dell’art. 3 del Codice, stabilisce che il contratto di disponibilità è il
contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spese dell’affidatario, la costruzione e la
messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà
privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. Per messa a
disposizione si intende l’onere assunto dall’affidatario di assicurare all’amministrazione
aggiudicatrice la costante fruibilità dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti
dal contratto, la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche
sopravvenuti, Tale tipologia contrattuale è stata poi specificata dall’art. 160-ter del Codice.
L’affidatario del contratto di disponibilità è retribuito con i seguenti corrispettivi:
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a)
un canone di disponibilità, da versare soltanto in corrispondenza alla effettiva
disponibilità dell’opera;
b)
l’eventuale riconoscimento di un contributo in corso d’opera, comunque non superiore
al cinquanta per cento del costo di costruzione dell’opera, in caso di trasferimento della
proprietà dell’opera all’amministrazione aggiudicatrice;
c)
un eventuale prezzo di trasferimento, parametrato, in relazione ai canoni già versati e
all’eventuale contributo in corso d’opera di cui alla precedente lettera b), al valore di mercato
residuo dell’opera, da corrispondere, al termine del contratto, in caso di trasferimento della
proprietà dell’opera all’amministrazione aggiudicatrice,
L’affidatario assume il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell’opera per il
periodo di messa a disposizione dell’amministrazione aggiudicatrice,
L’art. 4-bis del d.l. 83/2012 ha aggiunto all’art. 160-ter un comma 2 che così prevede: ”Il
contratto determina le modalità di ripartizione dei rischi tra le parti, che possono comportare
variazioni dei corrispettivi dovuti per gli eventi incidenti sul progetto, sulla realizzazione o sulla
gestione tecnica dell’opera, derivanti dal sopravvenire di nonne o provvedimenti cogenti di
pubbliche autorità. Salvo diversa determinazione contrattuale e fermo restando quanto
previsto dal comma 5, i rischi sulla costruzione e gestione tecnica dell’opera derivanti da
mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni pareri, nulla osta e ogni altro atto di natura
amministrativa sono a carico del soggetto aggiudicatore”
Ai sensi dell’art. 160-bis del Codice gli operatori economici possono presentare alle
amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla locazione finanziaria per la realizzazione
di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, non presenti nella programmazione triennale
ovvero negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla
base della normativa vigente.
L’opera oggetto del contratto di locazione finanziaria può seguire il regime di opera pubblica ai
fili urbanistici, edilizi ed espropriativi; l’opera può essere realizzata su area nella disponibilità
dell’aggiudicatario.
5.
Il nodo del riscatto degli impianti prima di procedere a nuova gara
Riguardo agli impianti di pubblica illuminazione occorre quindi distinguere tra due diverse situazioni
nelle quali si può trovare la pubblica Amministrazione:
1) gli impianti sono di proprietà del Comune: in tal caso non si pone alcun ostacolo all’indizione
della gara per l’affidamento del servizio;
2) gli impianti sono di proprietà del gestore del servizio: in tal caso è necessario che il Comune,
prima di bandire la gara, riscatti gli impianti e quindi quantifichi l’indennizzo spettante al gestore
uscente.
E’ la situazione più frequente.
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12
In tali casi, i Comuni prima di procedete a nuova gara devono procedere con il procedimento di
riscatto degli impianti al gestore uscente secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 902/1986, agli artt.
8-14, e dal R.D. n. 2578/1925, all’art. 24: in particolare, la volontà di avvalersi della facoltà di riscatto
deve risultare da una deliberazione del consiglio comunale adottata con la maggioranza dei consiglieri
in carica.
Nella procedura di riscatto assume un ruolo decisivo lo Stato di Consistenza: si tratta del documento
che, costituendo una sorta di fotografia dell’impianto, ne descrive lo stato, l’estensione le condizioni, le
operazioni di manutenzione, sostituzione, rinnovo eventualmente effettuati dal gestore nel corso
dell’affidamento;
La sua determinazione è particolarmente importante in quanto costituisce la base del calcolo
dell’indennità di riscatto, nell’osservanza dei criteri fissati dall’art. 24 del R.D. n. 2578/1986.
Ove fra le parti non sussistono contestazioni circa la determinazione della predetta indennità,
l’accordo relativo deve risultare da una convenzione stipulata fra l’ente ed il concessionario.
Il sistema di determinazione dell’indennizzo è disciplinato da dal R.D. n. 2578/1925 e dal D.P.R. n.
902/1986.
Il D.P.R. n. 168/2010, venuto meno con l’abrogazione referendaria dell’art. 23 bis del D.L. n.
112/2008, prevedeva un regime più favorevole per il Comune in quanto teneva conto del valore
originario dell’impianto.
Ai sensi dell’art. 24 del R.D. n. 2578/1925, invece, l’indennizzo spettante al gestore uscente è
calcolato tenendo conto:
del valore industriale dell’impianto, tenuto conto del tempo trascorso dall’effettivo inizio
dell’esercizio;
delle anticipazioni e contributi dati dai Comuni.
Il valore industriale, secondo l’art. 13 del D.P.R. n. 902/1986, è determinato tenendo conto dello stato
di consistenza dell’impianto e del costo che dovrebbe essere sostenuto per la ricostituzione
dell’impianto stesso, deducendo dall’importo risultante:
il valore di degrado fisico degli impianti, avuto riguardo del tempo trascorso dall’inizio della
concessione ed alla prevista durata utile degli impianti stessi;
il valore degli impianti divenuti obsoleti, al netto dell’eventuale valore di recupero di recupero,
nonché i costi per la trasformazione degli impianti onde adeguarli alle esigenze del processo
produttivo.
La normativa attuale non subordina la possibilità del riscatto al previo raggiungimento di un accordo
tra le parti sullo stato di consistenza, prima e sulla quantificazione dell’indennizzo, poi. La disciplina,
infatti, prevede espressamente la possibilità, in caso di mancato accordo, di rimettere la questione ad
un apposito collegio arbitrale, «ma in nessun punto è espressamente previsto che il trasferimento
degli impianti risulti procrastinato ad un momento successivo all’avvenuta definizione e liquidazione
dell’indennizzo dovuto». (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. II, sent. 27 maggio 2010, n. 2165).
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
13
L’assenza di un diritto di ritenzione da parte del gestore uscente è stata confermata anche dal
Consiglio di Stato, ad avviso del quale «l’esercizio del diritto di riscatto non è in alcun modo
subordinato al previo raggiungimento di un accordo tra le parti sullo stato di consistenza o sulla
quantificazione dell'indennizzo, in quanto la mancata definizione consensuale della questione
patrimoniale, senza paralizzare l’esercizio del potere pubblicistico di disporre il riscatto, implica la
rimessione della controversia economica ad un apposito collegio arbitrale» . (cfr. Cons. Stato, Sez. V,
sent. 28 settembre 2011, n. 5403).
6.
L’applicazione dei PAES nell’ambito della pubblica amministrazione
La normativa in materia ambientale (unificata nel Testo Unico n. 152/2006) ha come obiettivo primario
la promozione dei livelli di qualità della vita umana attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle
condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione e razionale delle risorse naturali.
La tutela dell’ambiente deve essere garantita attraverso un’azione tesa ai principi della precauzione,
dell’azione preventiva e della correzione, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio “chi
inquina paga”.
Partendo dal principio che ogni attività umana deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile
al fine di non compromettere la qualità della vita anche delle generazioni future, anche l’attività della
pubblica amministrazione deve essere finalizzata alla priorità degli interessi alla tutela dell’ambiente.
I temi della sostenibilità ambientale ed energetica non conoscono confini, necessitano di essere
affrontati congiuntamente e rappresentano un tema importante anche nel dialogo tra amministrazioni.
Gli strumenti chiave con i quali un’Amministrazione locale può valorizzare queste opportunità sono:
-
il Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES)
-
il Piano Energetico Comunale (PEC).
In particolare, il PAES deve contenere l’indicazione degli obiettivi che si intendono raggiungere e le
misure specifiche da realizzare a questo fine.
Esso rappresenta la sintesi dell’impegno di un Comune verso una strategia programmatica e
operativa di risparmio energetico.
Il Piano Energetico Comunale — PEC - è lo strumento operativo del PAES che, ottimizzando le
risorse energetiche e ambientali del territorio, attiva un processo di programmazione a breve, medio e
lungo termine, delle azioni da sviluppare.
Le Amministrazioni Comunali stanno lavorando da tempo a progetti per il risparmio energetico
attraverso:
la realizzazione di diversi interventi, quali l’installazione degli impianti per la produzione dì
energia pulita sugli edifici comunali;
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l’affidamento del servizio di erogazione dell’energia elettrica ad Aziende che garantiscano a
parità di condizioni minori costi e maggiore utilizzo di fonti energetiche rinnovabili;
lo studio preliminare dell’adeguamento dell’impianto di pubblica illuminazione che prevede la
sostituzione delle lampade a bassa efficienza, con lampade ad alta efficienza luminosa;
interventi sul sistema dei trasporti locali;
l’introduzione nel Regolamento Edilizio di norme specifiche,

gli obiettivi del Piano di Governo del Territorio atti alla valorizzazione concreta dei principi
sopra richiamati.
7.
Tavole sinottiche sull’evoluzione normativa in tema di servizi pubblici
locali
I. Evoluzione della disciplina normativa
a) disciplina comunitaria;
b) art. 23-bis, D.L. n. 112/2008, convertito nella L. n. 133/2008: conteneva la precedente
disciplina in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica;
c) d.P.R. n. 168/2010 (regolamento di attuazione dell’art. 23-bis);
d) referendum abrogativo di giugno 2011: sono stati abrogati l’art. 23-bis e il regolamento di
attuazione dello stesso;
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15
e) art. 4, D.L. n. 138/2011, convertito nella L. n. 148/2011: contiene la nuova disciplina dei servizi
pubblici locali in seguito al referendum popolare, in vigore dal 13 agosto 2011 fino al 19 luglio
2012, soggetto a diverse modifiche;
f) Sentenza della Corte Costituzione del 20 luglio 2012, n. 199 che ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 4 del D. L. n. 138/2011, nel testo originario e in quello risultante delle
successive modificazioni, con effetti dal 20 luglio 2012;
g) Art. 34, commi 20 e ss., del D.L. n. 179/2012, convertito nella l. n. 221/2012: ha introdotto
alcune disposizioni con particolare riguardo alla procedura di pubblicazione degli affidamenti.
II. La sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012
Le questioni di incostituzionalità erano state sollevate dalle Regioni Puglia, Lazio, Marche, EmiliaRomagna, Umbria e Sardegna.
È venuta meno l’intera disciplina sui servizi pubblici locali, adottata all’indomani del referendum
abrogativo relativo all’art. 23-bis del D. L. n. 112/2008.
La sentenza ha dichiarato incostituzionale l’art. 4 del D. L. n. 138/2011 per violazione del divieto,
desumibile dall’art. 75 Cost., di ripristino della normativa abrogata a seguito del referendum del 12 e
13 giugno 2011.
La sentenza ha travolto anche la disciplina della delibera, introdotta dall’art. 4 e non prevista nell’art.
23 bis del D.L. n. 112/2008.
III. Gli effetti della sentenza costituzionale
La sentenza produce effetti dal 20 luglio 2012, data della sua pubblicazione, anche sui rapporti in
corso alla suddetta data.
Il quadro normativo attuale parrebbe corrispondere a quello esistente all’indomani dell’abrogazione
dell’art. 23-bis del D. L. n. 112/2008. La pronuncia infatti non priverebbe il settore dei servizi pubblici
locali di ogni disciplina normativa relativamente alla gestione.
Si applicherebbe conseguentemente la normativa comunitaria relativa alle regole concorrenziali
minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di
rilevanza economica (cfr. Corte Costituzionale del 26 gennaio 2011, n. 24).
IV. L’art. 34, commi 20 e ss., del D.L. n. 179/2012
Obbligo di pubblicare sul sito internet dell'ente affidante apposita relazione che dia conto delle ragioni
e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento
prescelta e che definisca i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale,
indicando le compensazioni economiche se previste (comma 20); [per «servizio universale» si
intende, nell’ordinamento comunitario, un servizio di qualità a prezzi accessibili per tutti];
Finalità: assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l'economicità della
gestione e garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento;
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Scadenza: 31 dicembre 2013
V. La disciplina attuale e la posizione della giurisprudenza
Ad esito della citata sentenza della Corte Costituzionale, è venuto meno il principio della eccezionalità
del modello in house.
«Venuto meno il criterio prioritario dell'affidamento sul mercato dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica e l'assoluta eccezionalità del modello in house, si deve ritenere che la scelta dell'ente
locale sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali, e in particolare la opzione tra modello
in house e ricorso al mercato, debba basarsi sui consueti parametri di esercizio delle scelte
discrezionali, vale a dire:
valutazione comparativa di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti;
individuazione del modello più efficiente ed economico;
adeguata istruttoria e motivazione».
(cfr. Cons. di Stato Sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762)
Allo stato attuale dunque l’ordinamento nazionale «non indica un modello preferibile – ossia non
predilige né l’in house, né la piena espansione della concorrenza nel mercato e per il mercato, e
neppure il partenariato pubblico-privato – ma rinvia alla scelta concreta del singolo Ente affidante. In
definitiva, si profila una maggiore autonomia degli Enti locali nella direzione da intraprendere, in
quanto l'ordinamento non aderisce a priori ad un'opzione organizzativa ma delinea un percorso di
adeguatezza alle condizioni esistenti. La scelta tra i differenti modelli va effettuata tenendo conto della
concreta situazione di fatto, nel rispetto dei criteri introdotti all'art. 34 comma 20 del D.L. n. 179 del
2012 ossia la parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e l'adeguata informazione alla
collettività di riferimento. Detti obiettivi devono essere necessariamente correlati al preminente
interesse dell'utente del servizio a godere del miglior servizio possibile alle condizioni più
convenienti».
(cfr. TAR Lombardia - Brescia, Sez. II, 11 giugno 2013, n. 558)
VI. Le procedure di affidamento dei servizi pubblici locali
TRE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO:
Procedura di gara ad evidenza pubblica;
La scelta del socio privato con compiti operativi;
Affidamento mediante il sistema in house.
Le tre procedure tendono a conciliare tre diverse esigenze:
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17
tutela del mercato e della concorrenza;
tutela della pubblicità e della trasparenza;
il potere di organizzazione degli enti locali.
8.
Orientamenti giurisprudenziali e dell’AVCP
8.1
Consiglio di Stato - Sez. V, Sentenza 2 settembre 2013 n. 4339
È condivisibile l'orientamento giurisprudenziale che qualifica il servizio di illuminazione pubblica in
termini di servizio pubblico locale, in ragione della qualificabilità in tali termini, ai sensi dell’art. 112 del
d.lgs. n. 267/2000, dei servizi di cui i cittadini usufruiscono uti singuli e come componenti della
collettività, purché rivolti alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali (Cons. St., Sez.
V, 3 maggio 2012, n. 2537; Id., 29 febbraio 2012, n. 1173; Id., 25 novembre 2010, n. 9231, ove si
puntualizza che la subordinazione al pagamento di un corrispettivo, rilevante ai fini della distinzione
tra la figura dell’appalto e quella della concessione in seno al codice dei contratti pubblici, non incide
sulla qualifica di servizio pubblico locale ai fini dell’applicazione della disciplina di cui al T.U. degli enti
locali).
La normativa di cui all'art. 23-bis, co. 9, del d.l. n. 112/2008 vieta la partecipazione alle gare di
affidatari diretti di servizi pubblici, senza annettere alcun rilievo alla circostanza che la titolarità delle
azioni sia nelle mani di un socio pubblico o che si tratti di una società interamente privata. Ne deriva
l’irrilevanza dell’acquisto del patrimonio azionario della società, che gestiva il servizio pubblico
d’illuminazione in numerosi Comuni per effetto di affidamenti diretti non preceduti dall’espletamento di
procedure ad evidenza pubblica, da parte di una società interamente privata facente parte di un
gruppo a sua volta interamente privato.
Si deve soggiungere che risulta a fortiori irrilevante il mutamento della denominazione sociale che non
ha inciso sulla sostanziale identità del soggetto in esame.
Quanto all’aspetto teleologico, si deve rimarcare che le rammentate vicende soggettive non incidono
in alcun modo sul dato dirimente dell’attuale godimento, da parte della società rispetto alla quale si
valuta il divieto, di una situazione di vantaggio che si traduce in un’asimmetria che il legislatore ha
inteso fronteggiare con la disciplina limitativa che qui viene in rilievo.
Né può, in senso contrario, affermarsi – come sostenuto dal Tar – che l’acquisizione della avvenuta a
prezzi di mercato abbia permesso di scontare il vantaggio concorrenziale che giustificava il divieto ex
art. 23 bis, comma 9, cit.. Infatti, tale neutralizzazione della posizione di privilegio derivante
dall’affidamento diretto risulta meramente ipotetica e non gode di alcun rilievo nell’apparato normativo.
È da ritenersi invece che assuma rilievo prioritario la sostanziale continuità aziendale nella gestione
dei servizi pubblici locali affidati direttamente ad alla società e la cui esecuzione è poi proseguita
senza alcuna soluzione ad opera della stessa nella sua rinnovata denominazione. Tale dato si
traduce in un vantaggio competitivo che la norma presume sussistente iuris et de iure, senza
autorizzare l’interprete ad alcuna indagine basata sull’apprezzamento della situazione concreta e sulla
valorizzazione delle eventuali sopravvenienze.
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Si deve infine osservare che il divieto di cui all’art. 23 bis, in base al principio tempus regit actum, si
applica a tutte le fattispecie, quale quella in esame, di affidamento diretto in essere al momento di
espletamento della gara, senza che assuma rilievo la situazione esistente o la disciplina vigente al
momento dell’affidamento diretto a monte.
(OMISSIS)
DIRITTO
1.
Il corretto ordine di analisi delle questioni impone di prendere prioritariamente in esame il
ricorso incidentale proposto dal Comune resistente che investe il capo della sentenza di primo grado
che ha configurato il servizio di pubblica illuminazione come servizio pubblico locale, traendone il
corollario dell’applicabilità della disciplina posta ratione temporis dall’art. 23 bis, comma 9, del d.l. 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in merito ai
divieti di acquisire la gestione di servizi ulteriori e di partecipare alle pubbliche gare posti a carico dei
soggetti destinatari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali.
Il Collegio ritiene di respingere il motivo di gravame alla luce del condivisibile orientamento
giurisprudenziale che qualifica il servizio di illuminazione pubblica in termini di servizio pubblico locale,
in ragione della qualificabilità in tali termini, ai sensi dell’art. 112 del d.lgs. n. 267/2000, dei servizi di
cui i cittadini usufruiscono uti singuli e come componenti della collettività, purché rivolti alla produzione
di beni e utilità per obiettive esigenze sociali (Cons. St., Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2537; Id., 29
febbraio 2012, n. 1173; Id., 25 novembre 2010, n. 9231, ove si puntualizza che la subordinazione al
pagamento di un corrispettivo, rilevante ai fini della distinzione tra la figura dell’appalto e quella della
concessione in seno al codice dei contratti pubblici, non incide sulla qualifica di servizio pubblico
locale ai fini dell’applicazione della disciplina di cui al T.U. degli enti locali).
2.
Si può ora passare all’esame dell’appello principale proposto da CITELUM s.a..
2.1. E’ fondato e assorbente il motivo di gravame con il quale l’appellante sostiene l’applicabilità nei
confronti della SMAIL s.p.a. del divieto di partecipazione alle gare per l’affidamento di servizi pubblici
locali sancito dall’art. 23 bis, comma 9, del d.l. n. 112/2008, pacificamente applicabile ratione temporis
alla procedura competitiva in esame. Va rammentato che Acea Luce s.p.a. gestiva il servizio pubblico
d’illuminazione in numerosi Comuni per effetto di affidamenti diretti non preceduti dall’espletamento di
procedure ad evidenza pubblica. Nell’ottobre 2008, la totalità delle azioni dell’Acea Luce s.p.a.,
precedentemente in mano pubblica, è stata acquisita dalla Manutencoop Facility Management s.p.a..
L’Acea Luce ha da ultimo mutato denominazione sociale in SMAIL s.p.a..Il Collegio ritiene che le
vicende modificative che hanno interessato la società in esame non incidano sull’operatività del
precetto normativo in parola.
A sostegno dell’assunto militano sia l’argomento letterale che quello teleologico.
Sul primo versante,la normativa vieta la partecipazione alle gare di affidatari diretti di servizi pubblici,
senza annettere alcun rilievo alla circostanza che la titolarità delle azioni sia nelle mani di un socio
pubblico o che si tratti di una società interamente privata. Ne deriva l’irrilevanza dell’acquisto del
patrimonio azionario di Acea Luce da parte di una società interamente privata facente parte di un
gruppo a sua volta interamente privato.
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
19
Si deve soggiungere che risulta a fortiori irrilevante il mutamento della denominazione sociale che non
ha inciso sulla sostanziale identità del soggetto in esame.
Quanto all’aspetto teleologico, si deve rimarcare che le rammentate vicende soggettive non incidono
in alcun modo sul dato dirimente dell’attuale godimento, da parte di Smail s.p.a., di una situazione di
vantaggio che si traduce in un’asimmetria che il legislatore ha inteso fronteggiare con la disciplina
limitativa che qui viene in rilievo.
Né può, in senso contrario, affermarsi – come sostenuto dal Tar – che l’acquisizione della Acea Luce
s.p.a. a prezzi di mercato abbia permesso di scontare il vantaggio concorrenziale che giustificava il
divieto ex art. 23 bis, comma 9, cit.. Infatti, tale neutralizzazione della posizione di privilegio derivante
dall’affidamento diretto risulta meramente ipotetica e non gode di alcun rilievo nell’apparato normativo.
Questo Collegio ritiene invece che assuma rilievo prioritario la sostanziale continuità aziendale nella
gestione dei servizi pubblici locali affidati direttamente ad Acea Luce s.p.a. e la cui esecuzione è poi
proseguita senza alcuna soluzione ad opera della Smail s.p.a.. Tale dato si traduce in un vantaggio
competitivo che la norma presume sussistente iuris et de iure, senza autorizzare l’interprete ad alcuna
indagine basata sull’apprezzamento della situazione concreta e sulla valorizzazione delle eventuali
sopravvenienze.
Si deve infine osservare che il divieto di cui all’art. 23 bis, in base al principio tempus regit actum, si
applica a tutte le fattispecie, quale quella in esame, di affidamento diretto in essere al momento di
espletamento della gara, senza che assuma rilievo la situazione esistente o la disciplina vigente al
momento dell’affidamento diretto a monte.
2.2. Per le suesposte ragioni, l’appello principale deve essere accolto, con conseguente accoglimento
del ricorso di primo grado e annullamento degli atti in quella sede gravati.
Deve essere altresì accolta, tenuto conto del tipo di vizio riscontrato, della natura del servizio e dello
stato iniziale di esecuzione del contratto, la domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto
stipulato con Smail s.p.a. e di subentro di Citelum, previo conseguimento dell’aggiudicazione
definitiva, nella stipulazione del contratto, con salvezza della verifica del riscontro dei requisiti
soggettivi all’uopo previsti dall’articolo 11 del codice dei contratti pubblici.
Le spese seguono la regola della soccombenza nei termini in dispositivo specificati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando
sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello incidentale proposto dal Comune di Prato e
accoglie l’appello principale proposto da CITELUM s.a.. Per l’effetto riforma la sentenza appellata,
accoglie il ricorso di primo grado proposto da CITELUM, annulla gli atti in quella sede impugnati,
dichiara l’inefficacia del contratto stipulato con Smail s.p.a. e dispone il subentro di Citelum nei sensi
in motivazione specificati.
Condanna il Comune di Prato e la SMAIL s.p.a. al pagamento, in egual misura, delle spese di giudizio
in favore dell’appellante principale, che si liquidano nella misura complessiva di 20.000//00
(ventimila//00) euro.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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8.2 Consiglio di Stato - Sez. V, Sentenza 24 agosto 2004 n. 5572
(OMISSIS)
L’appalto di cui si discute è stato indetto “per il servizio di manutenzione dell’impianto cittadino di
pubblica illuminazione”.
Oggetto dello stesso erano: “l’accensione e lo spegnimento delle lampade; la manutenzione degli
apparecchi illuminanti; la sostituzione delle lampade;
la manutenzione delle linee aeree di proprietà comunale e protezione delle stesse dai rami degli
alberi;
la manutenzione dei sostegni di proprietà comunale su pali e su mensole”.
Ebbene, si tratta di attività che, per loro stessa natura, sono manifestamente estranee all’ambito degli
appalti di lavori.
Secondo il T’AR, peraltro, l’appalto in parola non avrebbe potuto essere ricondotto agli appalti di
servizi in quanto non rientrante nella voci di cui alla tabella 1) allegata al citato d. lgs. n. 157 del 17
marzo 1995, secondo cui tra gli appalti di manutenzione e riparazione (voce n, I di detta tabella)
rientrerebbero solo quelli di cui ai numeri di riferimento della CPC 6112, 6122, 633 e 886,
comprendenti solo attività manutentive relative a veicoli a motore, motocicli e gatt i delle nevi; attività,
quindi, cui sarebbero del tutto estranee quelle messe a concorso (e, inoltre, anche la voce di cui alla
tabella 2) dello stesso decreto legislativo - altri servizi non potrebbe essere utilizzata ai fmi di cui si
tratta, in quanto il fatto che la servizi qui in discussione (cfr., da ultimo, Reg. CE 5 novembre 2002, n.
2195/2002 - Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al vocabolario comune per
gli appalti pubblici - CPV).
Contrariamente a quanto ritenuto, quindi, dal TAR, anche la manutenzione degli impianti di
illuminazione stradale rientra nelle categorie oggetto degli appalti di servizi.
Con la conseguenza che l’impugnato bando di gara, in quanto modulato sulla base della disciplina
relativa agli appalti di servizi, appare pienamente legittimo, mentre correttamente non sono stati con lo
stesso richiesti requisiti relativi all’appalto di lavori e, in particolare, l’iscrizione all’ANC, all’epoca
ancora operante.
5) — Per tali motivi l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto, in riforma della
sentenza appellata deve essere respinto il ricorso di primo grado.
Le spese del doppio grado possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per
l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
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8.3
21
TAR Lombardia - Brescia sez.I, Sentenza 27 dicembre 2007 n. 1373
(OMISSIS)
La ricorrente partecipava al pubblico incanto per l’affidamento del servizio di gestione integrata e
ottimizzazione del sistema energetico (illuminazione pubblica e servizio energia), inetto dal Comune di
Sale Marasino con bando spedito in data 3.11.2006.
L’art. 2 del Capitolato speciale specificava l’oggetto dell’appalto come segue: “..esecuzione del
Servizio di Gestione Integrata e ottimizzazione del Sistema Energetico (Illuminazione Pubblica e
Servizio Energia), comprendente il Servizio di Illuminazione Pubblica e realizzazione di interventi di
efficienza energetica e di adeguamento normativo sugli impianti comunali...., oltre al Servizio Energia
comprendente la fornitura di combustibile, la conduzione, gestione e manutenzione ordinaria e
straordinaria degli impianti di riscaldamento e condizionamento...., nonché l’esecuzione di interventi di
adeguamento alle normative vigenti e di riqualificazione tecnologica degli impianti di riscaldamento e
condizionamento”.
La ricorrente si classificava al secondo posto della graduatoria finale, dietro l’associazione
temporanea di imprese composta da C. Spa, C.G. SrI, SE. Spa e da CR - Consorzio Ravennate delle
Cooperative di produzione lavoro, odierna contro interessata.
Avverso le risultanze di gara viene proposto ricorso affidato alle seguenti censure:
1. Violazione dell’art. 13 del D.L. i-i. 223/06 convertito con modificazioni nella Legge ti. 248/2006, in
quanto l’impresa C. Spa non avrebbe potuto partecipare alla gara stante il divieto di svolgere
prestazioni a favore di amministrazioni diverse da quelle costituenti o partecipanti. Il Comune di Sale
Marasino non figurerebbe infatti tra gli azionisti dell’impresa in oggetto e il servizio posto a gara deve
qualificarsi come strumentale all’attività dell’ente e non come servizio pubblico;
2. Eccesso dì potere per violazione dei principi di par condicio e di concorrenza, in quanto [‘impresa
C. avrebbe comunque dovuto essere esclusa in applicazione:
- del principio secondo cui le società a partecipazione pubblica dovrebbero operare esclusivamente
all’interno dei confini territoriali degli enti costituenti o partecipanti;
- del limite statutario di C. che le prescriverebbe di operare solo per conto degli enti locali titolari delle
relative azioni.
Nell’ambito del motivo in esame viene ulteriormente dedotto, in subordine, eccesso di potere per
difetto di istruttoria, in quanto la stazione appaltante non avrebbe adeguatamente valutato se
l’impegno assunto nei confronti della stessa sarebbe stato comunque compatibile con rimpegno
prioritario assunto nei confronti degli enti territoriali costituenti o partecipanti.
La ricorrente chiede, inoltre, il risarcimento dei danni mediante la declaratoria di nullità del contratto ai
sensi dell’art. 13 comma 4 del D.L. n. 223/06 convertito con modificazioni nella Legge n. 248/2006 e
l’aggiudicazione della gara a proprio favore. In subordine chiede il risarcimento del danno per
equivalente monetario nella misura del 10% dell’importo economico offerto.
La stazione appaltante non si è costituita in giudizio.
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
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Si è invece costituita la controinteressata Impresa C. Spa, in proprio e nella sua qualità di capogruppo
dell’ATI aggiudicataria. Nel merito contesta le deduzioni di parte ricorrente, chiedendone la reiezione
poiché ritenute infondate.
In particolare evidenzia che, nel caso in esame, non troverebbe applicazione l’art. 13 del D.L. n.
223/06 convertito con modificazioni nella Legge n. 248/2006, poiché C. Spa sarebbe una società che
eroga servizi pubblici e l’appalto avrebbe ad oggetto esclusivamente tali servizi, anche per quanto
riguarda il Servizio Energia tenuto conto dell’utenza degli impianti, dell’importo, degli investimenti e
della durata dell’affidamento. In subordine evidenzia il contrasto del predetto art. 13 con le Direttive
CE nn. 17 e 18/2004 (chiedendone la disapplicazione ovvero la proposizione della relativa questione
pregiudiziale davanti la Corte di giustizia), nonché con gli art. 3 e 41 della Costituzione (chiedendo
che venga sollevata la relativa questione di incostituzionalità).
All’udienza del 8,12.2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
2. Con il primo motivo viene dedotta violazione dell’art. 13 deI D.L. n. 223/06 convertito con
modificazioni nella Legge n. 24812006, in quanto l’impresa C. Spa non avrebbe potuto partecipare
alfa gara stante il divieto di svolgere prestazioni a favore di amministrazioni diverse da quelle
costituenti o partecipanti. Il Comune di Sale Marasino non figurerebbe infatti tra gli azionisti
dell’impresa in oggetto e il servizio posto a gara deve qualificarsi come strumentale all’attività della
stazione appaltante.
Al riguardo la controinteressata replica che detta normativa non troverebbe applicazione nel caso in
esame, poiché C. Spa sarebbe una società che eroga servizi pubblici e l’appalto avrebbe ad oggetto
esclusivamente tali servizi, anche per quanto riguarda il Servizio Energia tenuto conto dell’utenza
degli impianti, dell’importo, degli investimenti e della durata dell’affidamento.
In punto di diritto è necessario premettere che l’art. 13 del Di. n. 223/06 convertito con modificazioni
nella Legge n. 248/2006, testualmente recita:
“Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità
degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle
amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di
tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi
consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza,
devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono
svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, nè in affidamento diretto nè con gara, e
non possono partecipare ad altre società o enti. Le società che svolgono l’attività di intermediazione
finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono
escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti.
Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione
delle regole di cui al comma 1.
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
23
Al fine di assicurare l’effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma I cessano
entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto Le attività non consentite.
A tale fine possono cedere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non
consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società. I contratti relativi alle
attività non cedute o scorporate ai sensi del periodo precedente perdono efficacia alla scadenza del
termine indicato nel primo periodo del presente comma.
I contratti conclusi i, dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, in violazione delle
prescrizioni dei commi 1 e 2 sono nulli. Restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al comma 3, i
contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di
aggiudicazione bandite prima della predetta data”.
Il comma 1 di tale articolo contempla pacificamente un divieto, ossia quello che determinate società
non possano svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto
né con gara, rispetto gli enti costituenti o partecipanti alle stesse.
In primo luogo va osservato che C. Spa, contempla, nel suo oggetto sociale, anche attività non
riconducibili alla nozione (di cui si dirà di seguito) di “servizio pubblico locale”, bensì in quella di
servizio strumentale all’attività del committente.
L’art. 2 dello statuto depositato in giudizio prevede, infatti, anche attività di sola “progettazione e
costruzione” di impianti pubblici (disgiunta quindi dalla gestione), nonché gestione (per conto terzi) di
centrali termiche, impianti di riscaldamento, condizionamento e simili; l’organizzazione e la gestione di
servizi per conto dei comuni, enti in genere e loro consorzi nonché imprese private; la coltivazione e
gestione di terreni agricoli; l’attività dì informatizzazione, consulenza e formazione. Tanto basta per
affermare che C. Spa non è stata costituita solo ed esclusivamente per lo svolgimento di servizi
pubblici locali e ciò sarebbe sufficiente per disporre la sua esclusione in forza dì una rigorosa lettura
dell’art. 13 in esame che volesse applicare il divieto, indipendentemente dal servizio oggetto di gara, a
tutte le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni
pubbliche regionali e Locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività ditali enti in
funzione della loro attività ovvero costituite per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative
di loro competenza. Secondo questa lettura resterebbero infatti escluse solo le società costituite
esclusivamente per la gestione del servizi pubblici locali, che potrebbero quindi partecipare ad ogni
sorta di affidamento extra moenia (sia che abbia ad oggetto un vero e proprio servizio pubblico ovvero
un c.d. servizio strumentale).
Il Collegio ritiene comunque di rilevare un concorrente motivo di esclusione sulla base della norma in
esame, ossia quello secondo cui il divieto opera anche nei confronti dell’oggetto della gara e, in
particolare, quanto esso riguarda la produzione di beni e servizi strumentali all’attività della stazione
appaltante (mentre resterebbero invece esclusi tutti gli affidamenti aventi ad oggetto servizi pubblici
locali).
Al riguardo risulta quindi necessario accertare se l’appalto in questione ha per oggetto servizi pubblici
locali o altro.
Sul punto il Collegio ritiene di aderire a quell’orientamento secondo cui la distinzione tra mero servizio
e servizio pubblico va ricercata nel beneficiano diretto dello stesso.
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
Di conseguenza ricorre l’ipotesi del servizio pubblico se la prestazione resa dall’appaltatore viene
tornita per soddisfare in via immediata le esigenze della collettività o del singolo utente.
Costituisce, al contrario, mero servizio strumentale quello le cui prestazioni vengono effettuate
direttamente a favore della stazione appaltante. Ciò, nella letteratura economico-aziendale, viene
identificato con il termine “Outsourcing”, ossia “approvvigionamento esterno”, per lo svolgimento di
alcune fasi del processo produttivo che l’impresa ritiene più vantaggioso affidare a soggetti esterni
anziché gestire direttamente attraverso la propria organizzazione aziendale.
In forza di tali nozioni non vi è dubbio che il servizio di pubblica illuminazione” debba essere
considerato servizio pubblico, poiché dell’erogazione dello stesso, da parte dell’appaltatore, beneficia
direttamente ed esclusivamente la collettività (o il singolo utente) senza alcuna intermediazione del
Comune nello svolgimento del processo produttivo.
Al contrario, il Servizio Energia, così come descritto nel capitolato d’appalto (comprendente la
fornitura di combustibile, la conduzione, gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria degli
impianti di riscaldamento e condizionamento nonché l’esecuzione di interventi di adeguamento alle
normative vigenti e di riqualificazione tecnologica degli impianti di riscaldamento e condizionamento ),
non può essere qualificato tale. La gestione calore non viene infatti resa direttamente alla collettività,
ma viene fornita alle strutture gestite dall’ente (palazzo comunale, scuole e palestre) ovvero a
strutture gestite da altri soggetti rispetto al fornitore del servizio energia (residenza sanitaria assistita,
ufficio postale e distaccamento di protezione civile). Si tratta, in sostanza, di un servizio di supporto (o
strumentale) ad una diversa attività principale. Il cittadino (utisinguli) ovvero la collettività, non
beneficiano del “calore” esclusivamente in quanto tale, ma perché contemporanei fruitori di altri servizi
(principali) di cui chiedono Perorazione all’ente competente (quali l’attività amministrativa del comune,
la pubblica istruzione, lo sport, il servizio assistenziale, il servizio postale e il servizio di protezione
civile).
3. Assumono ora rilevanza le eccezioni pregiudiziali dedotte dalla controinteressata.
La stessa evidenzia il ritenuto contrasto del predetto art. 13 del D.L. n. 223/06, convertito con
modificazioni nella Legge n. 248/2006, con le Direttive CE nn. 17 e 18/2004 (chiedendone la
disapplicazione ovvero la proposizione della relativa questione pregiudiziale davanti la Corte di
giustizia), nonché con gli art. 3 e 41 della Costituzione (chiedendo che venga sollevata la relativa
questione di Incostituzionalità).
Le eccezioni non possono essere condivise.
Il Collegio, al riguardo, ritiene di condividere quanto già espresso dalla giurisprudenze richiamata dal
ricorrente (cfr. Tar Lazio, Roma, Sez. lI 5.6.2007 n. 5192).
3.1 Quanto al dedotto contrasto con il diritto comunitario, va osservato che il più volte richiamato art.
13 trova fondamento nel fatto che l’Unione Europea ha reiteratamente previsto la necessità che gli
Stati membri provvedano alla regolamentazione dell’accesso al mercato degli appalti pubblici da parte
di organismi di proprietà o pantecipati da enti pubblici, evitando distorsioni della concorrenza nei
confronti dei soggetti privati (quarto considerando della Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004
relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e
di servizi).
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
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La finalità della norma è pertanto quella di limitare il vantaggio competitivo nella quale si trovano dette
società con accesso privilegiato al mercato della pubblica amministrazione a scapito di altri operatori
privati.
3.2 Quanto ai dedotti profili di incostituzionalità, va osservato che è la stessa Costituzione, all’art. 41,
che pone limitazioni all’iniziativa economica privata sul libero mercato, sia per tutelare interessi
generali di rilievo pubblicistico, sia per garantire esigenze della concorrenza in conformità ai principi
comunitari costantemente affermati dalla Conte di Giustizia (cfr. Corte Cost,, 26.1.2004 n.36;
16.1.2004 n.17).
L’ari 13 del citato D.L. n. 223/06, lungi dal violare l’art. 41 Cost., ne costituisce invece immediata
applicazione mirando dichiaratamente a preservare il mercato da alterazioni e fenomeni distorsivi
delle regole della concorrenza Relativamente alla Part. 3 della stessa Carta Costituzionale, si osserva
che l’intento dichiarato del Decreto ha come finalità precipua quella di tutela dell’interesse pubblico
generale con l’introduzione di un livello ulteriore di concorrenza e di libertà nel mercato al fine di
permettere agli operatori di poter agire in posizione di uguaglianza, evitando che alcune imprese
possano avvantaggiarsi, nel confronto concorrenziale, della struttura della propria compagine
societaria per la presenza di un socio pubblico.
4. Di conseguenza l’impresa C. Spa non può svolgere il servizio oggetto di gara, perlomeno con
riferimento al Servizio Energia. L’ammissione alla gara della controinteressata e la successiva
aggiudicazione in suo favore sono quindi illegittimi e vanno annullati, con conseguente declaratoria di
nullità del relativo contratto ai sensi dell’art. 13 comma 4 del D.L. n. 223/05 convertito con
modificazioni nella Legge n. 248/2006.
5. Le censure di cui al secondo motivo di ricorso possono invece considerarsi assorbite.
6. Da quanto sopra consegue il ristoro della ricorrente nella forma specifica, poiché l’Amministrazione
dovrà rideterminarsi, rinnovando le operazioni di gara a partire dai provvedimenti annullati e dichiarati
nulli.
7. Nonostante la soccombenza il Collegio ritiene che può essere disposta la compensazione delle
spese tra le parti, stante la novità delle questioni trattate.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - definitivamente
pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti
impugnati nella parte in cui dispongono l’ammissione della controinteressata alla gara e la
conseguente aggiudicazione della stessa. Dichiara nullo il relativo contratto ai sensi dell’art. 13
comma 4 del Di. n. 223/06 convertito con modificazioni nella Legge n. 248/2006
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria della
Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
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8.4
TAR Lombardia – Brescia sez. I, Sentenza 15 gennaio 2013 n. 30
(OMISSIS)
Parte ricorrente ha stipulato, con il Comune di Toscolano Maderno, una convenzione in forza della
quale si è impegnata alla gestione degli impianti di illuminazione ricadenti nel territorio del Comune,
compresi quelli di proprietà comunale, nonché alla loro manutenzione ordinaria e alla fornitura dei
relativi materiali e al loro ammodernamento tecnologico, a decorrere dal 19 luglio 2001 e fino al 19
luglio 2016.
Ciononostante, con deliberazione n. 186/2011, la Giunta comunale ha dato impulso al procedimento
per il riscatto degli impianti di illuminazione pubblica di proprietà di Enel Sole esistenti nel territorio
comunale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 9 del D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, sottoponendo
all’attenzione del Consiglio Comunale una proposta dì deliberazione in tal senso. Il Consiglio ha
dichiarato anch’esso di volersi avvalere di tale possibilità e nella deliberazione n. 41/2011, notificata il
2 gennaio 2012, ha manifestato la volontà di modificare, conseguentemente, le modalità di gestione
del servizio, con la cessazione di quello in essere con Enel Sole s.r.l..
I provvedimenti citati sarebbero motivati, secondo quanto esposto da parte ricorrente, dall’operare del
divieto di rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni, introdotto dall’art. 44 della L. n.
724 del 1994: tale conclusione sarebbe, però, frutto dell’erroneo presupposto di partenza del percorso
logico-giuridico seguito dal Comune e rappresentato dalla presenza dì una proroga tacita del
contratto. Al contrario, nel caso dì specie, la convenzione sottoscritta il 19 giugno 2001, con una
precisa durata di quindici anni, sarebbe un contratto del tutto nuovo, legittimo e pienamente efficace.
La ricorrente lamenta, dunque, il mancato rispetto del principio secondo cui le gestioni in essere alla
data di pubblicazione del D.L. n. 138 del 2011 dovrebbero proseguire fino agli esiti della verifica delle
condizioni per poter procedere all’attribuzione di diritti di esclusiva e al conseguente affidamento del
servizio pubblico locale con gara. In tale ottica assumerebbe rilievo anche l’att. 4, comma 35 del D.L.
n. 138 del 2011.
Essa, più puntualmente ha dedotto:
1. Violazione e falsa applicazione dell’art 4, commi 1, 2, 4 e 8 e comma 32 del D.L. n. 138 del 2011,
come modificato dalla L. n. 148 del 2011. Nel caso di specie non si sarebbe in presenza, come
erroneamente ritenuto dal Comune, del rinnovo tacito di un contratto di fornitura di beni e servizi,
vietato dall’art. 44 della L. n. 724 del 1994. Enel Sole sarebbe, invece, titolare del servizio di gestione
degli impianti di illuminazione pubblica in forza di una convenzione con durata certa (15 anni) e
predefinita, sottoscritta nel 2001. In ragione di tale erroneo convincimento ed in particolare della
conseguente ravvisata illegittimità della concessione in essere, il Comune avrebbe erroneamente
omesso di considerare la norma transitoria di cui all’art. 4, comma 32 del D.L. n. 138 del 2011, che
consentirebbe di proseguire nella gestione fino alla naturale scadenza (trattandosi dì affidamento
diretto a società a partecipazione pubblica partecipata da altra già quotata in borsa: Enel s.p.a.). Il
Comune avrebbe dovuto, quindi, in primo luogo, verificare la realizzabilità di una gestione
concorrenziale del servizio de quo per poi riconoscere, nel caso di specie, l’operatività della norma
transitoria di cui all’art. 4 del D.L. n. 138 del 2011 che assicurerebbe ai gestori in essere la
prosecuzione del rapporto fino all’attuazione della delibera quadro così adottata;
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
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2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 e 25, R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, per mancata
indicazione dei mezzi con cui si intenderebbe far fronte alle spese per l’acquisto dell’impianto e per la
gestione del servizio, che il Comune intenderebbe assumere direttamente.
Si è costituito in giudizio il Comune, eccependo l’infondatezza del ricorso sotto molteplici punti.
In primo luogo, l’invocato art. 4 del D.L. n. 138 del 2011 riguarderebbe esclusivamente l’affidamento
del servizio e non anche il riscatto. Nel caso di specie, invece, il ricorso avrebbe ad oggetto solo la
deliberazione afferente al riscatto e non anche alcun atto relativo al conferimento del servizio. Peraltro
sarebbe la stessa ricorrente ad ammettere la compatibilità del riscatto con la norma calendata.
Inoltre, il servizio in questione non avrebbe quei caratteri dell’universalità ed accessibilità generale
che ne farebbero un servizio a fruizione diretta, assoggettabile all’invocato art. 4 del D.L. n. 138 del
2011. Quest’ultima norma (ed in specie la parte che subordina la possibilità dell’attribuzione di diritti di
esclusiva alla previa adozione di una delibera quadro, su cui dovrebbe esprimere il proprio parere
l’Autorità garante della concorrenza e del mercato), peraltro, secondo la difesa del Comune, non
sarebbe applicabile nei Comuni con meno di 10.000 abitanti, in ragione della novella introdotta
dall’art. 25 del D.L. n. 1 del 2012.
In ogni caso l’art. 4 del D.L. n. 138 del 2011 conterrebbe una norma transitoria che assoggetterebbe
l’operatività della normativa in esso contenuta ad un termine dilatorio di 12 mesi, non ancora decorso
e l’intero impianto della normativa di settore tenderebbe comunque ad escludere quanto preteso dalla
ricorrente e cioè la continuazione del servizio. Anzi, il pretendere tale continuazione integrerebbe
un’ipotesi di abuso di posizione soggettiva.
Infine, sottolinea il Comune, nessuna illegittimità potrebbe derivare dall’assenza di un progetto di
massima tecnico e finanziario, in quanto l’adozione di tale progetto sarebbe strumentale alla sola
ipotesi di assunzione diretta del servizio, esclusa dalla vigente normativa.
In sede cautelare si sono ravvisate le condizioni per la concessione della richiesta misura cautelare.
In vista della pubblica udienza entrambe le parti hanno sviluppato quanto già più sopra rappresentato.
Alla pubblica udienza del 19 dicembre 2012, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti
è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
La questione portata all’attenzione del giudice amministrativo con il ricorso in esame solo
apparentemente è riconducibile all’ormai ricorrente contenzioso avente ad oggetto i provvedimenti
preordinati al rilascio degli impianti con cessazione della concessione in essere, in ragione di tacite
proroghe di convenzioni.
La ricorrente ha essa stessa chiarito, infatti, come le illegittimità dedotte riguardino esclusivamente le
modalità di gestione del servizio successivamente al riscatto degli impianti e non anche il
procedimento di riscatto in sé considerato, per cui deve delimitarsi L’oggetto del contendere alla sola
parte dei provvedimenti impugnati in cui gli stessi tendono a disporre la cessazione della gestione del
servizio da parte di Enel Sole sri.
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
A tale proposito si rende necessario puntualizzare che, nel caso di specie, la gestione del servizio non
avveniva, alla data di adozione dei provvedimenti censurati, sulla scorta dì una convenzione
tacitamente rinnovata, ma in forza della nuova convenzione stipulata nel 2001. In tale anno, infatti,
Enel e Comune hanno solo in parte rinnovato la convenzione già in essere, in quanto hanno
modificato in modo non minimale il contenuto degli obblighi contrattuali (ampliando l’oggetto del
servizio e comprendendo un più ampio progetto di implementazione e incremento della sicurezza del
servizio stesso) ed hanno fissato una nuova scadenza della concessione - proprio in ragione degli
investimenti a cui Enel Sole sri si è impegnata -, a quindici anni dal giorno in cui è divenuto efficace il
contratto.
Nel caso di specie non si è, dunque, in presenza di una situazione di proroga di fatto di vecchie
convenzioni scadute e ritenute tacitamente rinnovate nonostante il divieto introdotto dalla L. 24
dicembre 1993, n. 537, ma di un rapporto di concessione disciplinato da una convenzione efficace e
ricadente, dunque, nel regime transitorio di cui alla la lettera d) del comma 32 dell’art. 4 del D.L. n.
138 del 2011.
Ciò chiarito, al fine di verificare la fondatezza della tesi sostenuta da parte ricorrente, si rende,
dunque, preliminarmente necessario accertare se il servizio di illuminazione pubblica possa essere
considerato un servizio pubblico locale ovvero un semplice servizio di cui l’ente locale appalta la
fornitura per poter espletare la propria attività
Sul punto il Collegio ritiene di poter condividere la tesi già affermata da questo Tribunale (cfr la
sentenza T,A.R. Brescia 27 dicembre 2007, n. 1373), secondo cui: “In forza di tali nozioni (cioè quelle
di mero servizio e servizio pubblico, n.d,r.) non vi è dubbio che il servizio di pubblica illuminazione
debba essere considerato servizio pubblico, poiché dell’erogazione dello stesso, da parte
dell’appaltatore, beneficia direttamente ed esclusivamente la collettività (o il singolo utente) senza
alcuna intermediazione del Comune nello svolgimento del processo produttivo.”.
Ne consegue che, quando, alla data di adozione dei provvedimenti impugnati (rispettivamente 4 e 30
novembre 2011), la Giunta del Comune di Toscolano Maderno ha ritenuto di poter disporre, in uno
con il riscatto dell’impianto, La cessazione della gestione del servizio di illuminazione pubblica da
parte dell’odierna ricorrente, è incorsa nella violazione dell’art. 4 del 0.L. n. 138 del 2011, che
espressamente disciplina l’affidamento dei servizi pubblici locali, il quale imponeva l’espletamento del
procedimento puntualmente disciplinato in tale disposizione.
Né appare condivisibile la tesi di parte resistente secondo cui tale norma troverebbe applicazione nei
soli confronti dei Comuni aventi popolazione superiore a diecimila abitanti: la disposizione, infatti,
individua modalità diverse, ma non esclude la sua stessa applicazione per Comuni con popolazione
inferiore a 10.000 abitanti, né può essere interpretata, pur in presenza della previsione di un periodo
transitorio, nel senso di consentire, sino alla sua scadenza, l’avvio di gare nuove e singole per
l’affidamento del servizio.
In ogni caso, la scelta del Comune risulta essere incorsa anche nella violazione della norma di diritto
transitorio di cui alla lettera d) del comma 32 dell’art. 4 del D.L. n. 138 del 2011, secondo la quale “gli
affidamenti diretti assentiti alla data del 1 ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate
in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell’articolo 2359.
del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la
partecipazione in capo a soci pubblici detentori di azioni alla data del 13 agosto 2011, ovvero quella
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
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sindacata, si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero
forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non
superiore al 40 per cento entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre
2015; ove siffatte condizioni non si verifichino, gli affidamenti cessano, improrogabilmente e senza
necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, rispettivamente, alla data del 30 giugno 2013 o
del 31 dicembre 20151t.
La disposizione ora citata appare applicabile alla società ricorrente, in quanto Enel Sole s.r.l. è società
controllata da Enel s.p.a., che, a sua volta, è società quotata in borsa.
Ne deriva che, a prescindere dalla qualificazione del servizio come ‘a richiesta individuale’ e dalla
verifica della possibilità di realizzare una gestione concorrenziale del servizio, di cui si è già detto, il
servizio di illuminazione pubblica in parola doveva ritenersi rientrare nell’ambito di applicazione della
disciplina transitoria dell’art. 4 del D.L n. 138 del 2011 ed in particolare, per quanto di interesse, della
lettera d).
A tale proposito il Collegio ritiene che non fosse ravvisa bile, in capo al Comune, la possibilità di
rinunciare alla, normativamente prevista, prosecuzione del servizio: il dato letterale della norma non
lascia spazio ad una tale interpretazione, né essa risulterebbe essere in linea con la ratio della
disciplina che tende, contestualmente, a garantire la liberalizzazione del mercato, ma anche la tutela,
pur nello spirito innovativo filo-concorrenziale, delle situazioni esistenti e degli interessi,
costituzionalmente rilevanti, della tutela del risparmio (in specie degli azionisti delle società quotate in
borsa) e della libertà di impresa.
Proprio in ragione dì ciò la prosecuzione nella gestione del servizio non risulta integrare alcun abuso
di posizione, in quanto espressamente prevista dal legislatore, nelle more dell’attuazione dei principi
della liberalizzazione, come contempera mento e mediazione nel senso ora detto.
Né appare rilevante il fatto che la Corte Costituzionale, con sentenza 199/2012, abbia dichiarato
l’incostituzionalità dell’art. 4 del D.L. n. 138 del 2001, atteso che, prima della pubblicazione di tale
sentenza, il contenuto della disposizione, immodificato per quanto attiene alla lettera d) del comma
32, è stato sostituito dall’art. 53 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83: ne deriva che la disposizione, in vigore
al momento dell’adozione degli atti censurati avrebbe dovuto condurre il Comune ad escludere
l’affidamento diretto del servizio secondo le modalità scelte, così come lo stesso non avrebbe potuto
avvenire successivamente, per la vigenza dei principi trasposti nella norma, ma anche e soprattutto
per l’effetto normativo della reiterazione del testo nel giugno del 2012, prima della pronuncia di
incostituzionalità della norma: norma, quest’ultima, applicabile alle situazioni non ancora
consolidatasi, come quella in esame.
Il ricorso può, dunque, trovare accoglimento, nella misura in cui tende ad ottenere l’annullamento dei
provvedimenti impugnati, ancorché nella sola parte nella quale incidono sulla futura gestione del
servizio di illuminazione pubblica sottraendolo da subito ad Enel Sole s.r.l. in conseguenza del
riscatto.
Fermo restando, il riscatto, dunque, la gestione del servizio da parte dell’odierna ricorrente dovrà
proseguire secondo le regole e nei limiti di quanto disposto dalla lettera d) del comma 32 deIl’art. 4 del
DL. n. 138 del 2011 e s.m, fatti salvi eventuali, ulteriori e diversi interventi del legislatore, se applicabili
in ragione delle norme di diritto transitorio.
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
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Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la natura pretta
mente interpretativa delta questione dedotta.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione
Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi
di cui in motivazione.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio, fatto salvo il contributo unificato, anticipato da
parte ricorrente, il quale deve essere posto a carico dell’Amministrazione resistente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
8.5
Consiglio di Stato - Sez.V, Sentenza 25 novembre 2010 n. 8232
(OMISSIS)
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1.Con il provvedimento impugnato In primo grado Il Comune di Grugliasco affidava a E.S. Sri.. la
gestione, separazione e messa a norma degli Impianti di pubblica illuminazione sul territorio
comunale, ai sensi dell’art. 113 TU.E.L.
I presupposti dell’affidamento diretto venivano individuati nella considerazione che, a fronte della
sussistenza di più proprietari degli impianti di illuminazione situazione insistenti sul territorio comunale
(E.S. è proprietaria di quota parte degli impianti di pubblica illuminazione presenti sul territorio
comunale mentre gli altri sono di proprietà comunale) e della promiscuità delle linee (collegamento
alla stessa rete di distribuzione dell’energia elettrica), l’adozione di soluzioni diverse dall’affidamento
integrale in favore di E.S. SrI.. avrebbe prodotto difficoltà sul piano dell’organizzazione del servizio ed
avrebbe implicato serie difficoltà di carattere gestionale. Si riteneva quindi inopportuno procedere
all’affidamento dei lavori di manutenzione ordinaria e gestione della rete mediante gara ad evidenza
pubblica.
Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno accolto il ricorso proposto da G. s.p.a. avverso il
provvedimento di che trattasi.
Resiste la parte originariamente ricorrente.
Si è altresì costituito il Comune di Grugliasco.
Le parti hanno affidato al deposito di apposite memore l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi
difensive
All’udienza del 2 luglio 2010 le cause sono tate trattenute per la decisione.
2. La Sezione conviene con il primo Giudice, a confutazione delle censure tese a dedurre la carenza,
in capo a G. s.p.a., dell’interesse e della legittimazione a ricorrere, che, alla stregua di un pacifico e
condivisibile principio giurisprudenziale, le imprese operanti in un determinato settore sono legittimate
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31
ad impugnare la delibera di affidamento di un servizio a trattativa privata ovvero le determinazioni che
riguardano le modalità di conferimento e di svolgimento del servizio, e ciò anche al fine di soddisfare
l’interesse strumentale all’indizione o alla ripetizione di una procedura di gara al fine di spendere, in
seno alla medesima, le proprie chance competitive.
Va soggiunto che nella specie G. s.p.a. ha dimostrato, anche nel separato giudizio relativo al
contenzioso con il Comune di Alessandria, di essere titolare, a seguito di apposita procedura di
evidenza pubblica, della convenzione con la Consip proprio con riferimento al servizio di che trattasi.
3. Con il secondo motivo di appello si osserva che a fronte della titolarità, in capo ad E.S. s.p.a., della
proprietà di una rilevante quota parte degli impianti di illuminazione l’affidamento diretto disposto in
suo favore dal Comune troverebbe fondamento nel dettato dell’art. 113, comma 14, del D.Lgs n.
267/2000, norma la quale attribuisce alle amministrazioni locali il potere dì autorizzare i privati
proprietari dei beni patrimoniali strumentalmente necessari ‘a gestire i servizi o loro segmenti, a
condizione che siano rispettati gli standard di cui al comma 7, e siano praticate tariffe non superiori
alla media regionale”. In definitiva, secondo la prospettazione offerta dalla parte appellante,
corroborata dal richiamo al parere 18 marzo 2004, n. 46, dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti
Pubblici, tale disposizione, che affonda le sue radici nell’esigenza di enucleare una modalità
gestionale efficiente senza costringere gli enti locali ad adottare provvedimenti di esproprio,
consentirebbe, in via di eccezione, di derogare, mediante affidamenti diretti, ai principio della normale
separazione tra proprietà degli impianti ed erogazione del servizio. SI soggiunge che nella specie la
potestà discrezionale sarebbe stata esercitata in coerenza con i canoni di ragionevolezza e logicità,
viste le rilevanti difficoltà organizzative, gestionali ed economiche che avrebbero connotato l’indizione
di una gara o la frammentazione del servizio.
Il motivo non è fondato.
Secondo La condivisibile interpretazione già offerta in subiecta materia da questa Sezione (decisione
16 dicembre 2004, n. 8090) il servizio di r illuminazione delle strade comunali ha carattere di servizio
pubblico locale. Ne deriva che L’affidamento del compito di provvedere alla messa a norma, alla
manutenzione ed alla gestione degli impianti di illuminazione delle pubbliche vie si sostanza
nell’affidamento di un servizio pubblico locale che soggiace alla disciplina dettata dal richiamato art.
113 delTA). Enti Locali approvato con il d.lgs n.267/2000,
La Sezione ha nell’occasione osservato che sono indifferentemente servizi pubblici locali, ai sensi
dell’art. 112, T.U.E.L. n. 267/2000, quelli di cui i cittadini usufruiscano uti singuli e come componenti la
collettività, purché rivolti alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali. Il Consiglio ha
altresì osservato che la subordinazione al pagamento di un corrispettivo, rilevante nella prospettiva
abbracciata dal codice dei contratti pubblici in sede di distinzione tra la figura dell’appalto e quella
della concessione (art. 2, commal2) dipende dalle caratteristiche tecniche dei servizio e della volontà
“politica” dell’ente, ma non incide sulla sua qualifica di servizio pubblico locale ai tini dell’applicazione
della disciplina di cui al T.U.E.L.
Relativamente ai servizi pubblici locali, l’art. 117 T.U.E.L. n. 267/2000 precisa che la tariffa ne
costituisce il corrispettivo ma non ne definisce Il contenuto, determinato dalla possibilità concreta
dell’ente di dividere sui singoli l’onere della gestione ed erogazione della prestazione.
Che lo stesso Titolo V° del T.U.E.L. n. 267/2000 disciplini anche i criteri per la determinazione e la
riscossione delle tariffe non esclude dall’ambito dei servizi pubblici locali quelli erogati senza un
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
32
corrispettivo, sempre che le prestazioni siano strumentali all’assolvimento delle finalità sociali
dell’ente, come avviene per il servizio di pubblica illuminazione.
Sul piano interpretativo, il carattere di servizio pubblico locale dell’illuminazione delle strade comunali
è confermato dai richiami “storici” - Fa pubblica illuminazione era, infatti, inclusa fra i servizi pubblici
comunali ex ari. 1, lett. c) r.d. n. 2578/1925 e nel t.u.l.c.p. n. 383/1934 - e ribadito dal divieto di
cessione della proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all’esercizio dei servizi
pubblici, introdotto nell’art. 113 del T.U.E.L. 267/2000 (I. n. 448/2001 e il. n 269/2003).
Nella specie l’analisi del testo del provvedimento comunale impugnato in prime cure e della
convenzione ad esso allegata suffraga l’assunto secondo cui, al di là del profili nominalistici, è stato
disposto in favore di E.S. s.p.a. l’affidamento di tutte le attività di messa a norma, manutenzione e
gestione degli impianti necessarie per l’assicurazione del servizio dell’illuminazione pubblica, e quindi,
l’affidamento integrale del servizio pubblico.
Tanto premesso o sul piano qualificatorio, va osservato che, alla luce dei principi comunitari che
informano la materia, la regola della selezione competitiva costituisce l’opzione naturale e primaria
(art. 113, comma 5, lett. a) alla quale è possibile derogare nei soli casi espressamente previsti dalla
legge. Ala luce di detti principi, da ultimo recepiti dall’art. 23 bis, comma 11, del di. n. 112/2008, conv.
dalla legge n. 133/2008, deve accedersi ad un’interpretazione restrittiva dell’eccezione contemplata
dal richiamato ari. 113, comma 14, laddove si consente (rectius, si consentiva, prima dell’abrogazione
della norma disposta per effetto dell’ ari. 12 del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 168) l’affidamento diretto
del servizio in favore del proprietario dei beni strumentali necessari ai fini dell’erogazione del servizio
pubblico. Detta norma, ratione temporis vigente, va interpretata nel senso di consentire l’affidamento
diretto solo nell’ipotesi in cui i beni strumentali sia no integralmente nella proprietà di soggetto privato
diverso dall’amministrazione locale. Nel caso, che qui viene in rilievo, in cui i beni patrimoniali siano
invece solo in parte nella proprietà di soggetto diverso dall’amministrazione locale, si riespande la
regola generale in forza della quale, ove il Comune intenda affidare il servizio nella sua unitarietà
senza procedere ad un frazionamento (ammesso dal testo del comma 14 cit prima della sua
abrogazione), non è percorribile la via dell’affidamento diretto ma occorre seguire la via ordinaria della
procedura competitiva.
Merita quindi sostanziale conferma, pur se va adattato ai principi che regolano la materia degli
affidamenti dei servizi pubblici locali, l’assunto fondamentale che sorregge la sentenza appellata
secondo cui le difficoltà sotto il profilo organizzativo e gestionale sottese ad ogni soluzione diversa
dall’affidamento diretto in favore del soggetto proprietario della maggior parte degli impianti integrano
esigenze di economicità, efficienza ed opportunità senza dar luogo ad impedimenti tecnici ostativi alla
regola della gara pubblica e, soprattutto, senza integrare alcuna delle eccezioni tassativamente
sottese alla disciplina di cui all’art. 113 del T.U.E.L. oltre che ai principi sottesi al codice dei contratti
pubblici (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n.7239/2010).
4. L’appello deve, in definitiva, essere respinto con conferma, pur se con diversa motivazione, della
sentenza appellata.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
PQM.
Respinge l’appello e conferma, con diversa motivazione, la sentenza appellata.
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33
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
8.6
AVCP, Parere n. 128 del 5 novembre 2009
(OMISSIS)
Ritenuto in diritto
In via preliminare va disposta la riunione delle due istanze indicate in epigrafe per evidenti ragioni di
connessione soggettiva e oggettiva, stante l’identità sostanziale delle richieste.
Le questioni all’esame attengono all’individuazione dei limiti di operatività del divieto a partecipare a
gare pubbliche posto: - dall’art. 23 bis, comma 9, del decreto legge n. 112 del 2008, convertito dalla
legge n. 133 del 2008, a carico dei soggetti, titolari di affidamenti “diretti”, il cui capitale azionario sia
detenuto da società quotate in mercati regolamentati; - dall’art. 13 del decreto legge n. 223 del 2006,
convertito dalla legge n. 248 del 2006, a carico delle società a capitale interamente pubblico o misto,
aventi ad oggetto lo svolgimento di servizi strumentali all'attività dell'ente locale di riferimento, in
relazione a procedure di gara extraterritoriali indette da amministrazioni diverse da quelle che ne
detengono il capitale azionario.
Le fattispecie in esame sono, in parte, riconducibili ad altre questioni già esaminate da questa Autorità
con i Pareri n. 61/2009, n. 92/2008 e n. 213/2008 in materia di applicabilità dell’art. 13 della legge n.
248 del 2006; con il Parere n. 201/2008 in tema di definizione di servizio pubblico locale; con la
Deliberazione n. 135 del 2007 in materia di divieto posto alle società indirettamente partecipate di
prendere parte a gare indette da amministrazioni diverse da quelle che ne detengono il capitale.
Per quanto riguarda la prima delle due questioni, relativa all’applicabilità o meno dell’art. 23 bis,
comma 9, del decreto legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, alla Sinergie
S.p.A., stante la sua composizione azionaria, preme innanzitutto evidenziare che il divieto, di cui al
citato comma 9 (nel testo vigente ratione temporis), si applica esclusivamente alle società titolari di
affidamenti “diretti” di servizi pubblici locali a rilevanza economica e non anche alle “società quotate in
mercati regolamentati”, come si evince dal tenore letterale della disposizione in questione che recita “I
soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante le procedure competitive di
cui al comma 2, nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre
dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall’attività di erogazione dei servizi, non
possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi
o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che
siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. Il divieto di cui al periodo precedente
non si applica alle società quotate in mercati regolamentati”.
Premesso che il ricorso agli affidamenti “diretti”, mediante il sistema del cosiddetto in house providing
o in “autoproduzione” senza confronto concorrenziale, è consentito solo in presenza di talune
specifiche condizioni (che l’ente affidante eserciti sulla società affidataria un controllo analogo a quello
dallo stesso esercitato sui propri servizi e che questa realizzi la parte più importante della propria
attività nei confronti dell`ente o degli enti che la controllano), va osservato che la finalità del divieto, di
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34
QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
cui al citato art. 23 bis, è di evitare che soggetti particolarmente qualificati, già titolari di affidamenti
“diretti” e di un rapporto privilegiato con l’ente di riferimento - proprio in relazione alla stretta contiguità
dei rapporti in essere con il soggetto pubblico - possano lucrare, in questa loro veste di enti
"strumentali", ulteriori rendite di posizione in altri mercati o servizi pubblici locali a danno del libero
gioco della concorrenza.
Nel caso di specie, la Sinergie S.p.A., aggiudicataria del servizio, è partecipata solo indirettamente da
enti locali, in quanto controllata da Acegas-Aps S.p.A., la quale, quotata in borsa, è a sua volta
controllata con una quota del 62,691% del capitale dalla società Acegas-Aps Holding s.r.l., la quale è,
a sua volta, partecipata dai Comuni di Padova e Trieste.
Ad essa la Citelum s.a. contesta di essere titolare di affidamento “diretto” del servizio di gestione e
manutenzione degli impianti del nuovo Palazzo di Giustizia del Comune di Padova.
In effetti, dalla documentazione versata in atti risulta che tale servizio viene svolto in base a contratto,
che nel corso degli anni ha formato oggetto di rinnovi (dal 01.01.2001 al 31.12.2004 e dal 01.01.2005
al 31.12.2008) e di successive proroghe (sino al 30.04.2009 e al 31.12.2009).
Tuttavia, sotto il profilo oggettivo, il servizio in questione non sembra potersi annoverare nella nozione
di servizio pubblico locale, trattandosi del servizio di gestione e manutenzione degli impianti del nuovo
Palazzo di Giustizia, per cui le prestazioni previste sono dirette unicamente al Comune, che ne fruisce
alla stregua di qualsiasi altro soggetto, e non alla collettività (cfr., in tal senso, Parere dell’Autorità n.
201 del 17 luglio 2008 e Cons. Stato, Sez, V, sentenza 10 marzo 2003, n. 1289).
Inoltre, nella Determinazione del Comune di Padova n. 2009/48/0027 del 28.04.2009 di proroga del
servizio al 31.12.2009, è evidenziato che: “Non è possibile nella fattispecie l’affidamento diretto in
house non avendo Sinergie S.p.A. i requisiti per tale tipo di affidamento”.
Anche dall’elenco dei servizi espletati negli ultimi anni da parte di Sinergie S.p.A., non si ricava alcun
elemento caratterizzante eventuali affidamenti in house con le amministrazioni comunali che la
controllano indirettamente (Comune di Padova e di Trieste). Su di essa nessuno dei due enti comunali
sembra, infatti, esercitare alcun potere di influenza determinante con riferimento tanto agli obiettivi
strategici, quanto alle decisioni societarie. Essa, inoltre, sembra operare con spirito imprenditoriale di
fuori dei rapporti di “strumentalità necessaria” con le amministrazioni comunali che indirettamente la
controllano. Ad essa, in quanto società non affidataria “diretta” di alcun servizio pubblico locale, non si
applica, pertanto, il citato art. 23 bis.
Impregiudicata ogni questione relativa all’estensione dell’eccezione - valevole per le società quotate alle società da queste partecipate o controllate, che, incidentalmente, questa Autorità ritiene
comunque non operante, stante la natura eccezionale della previsione derogatoria, l’operato
dell’amministrazione è - nei limiti indicati - conforme alla normativa di settore.
Per quanto riguarda la seconda delle due questioni, relativa all’applicabilità, ai sensi dell’art. 13 del
decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006 (cosiddetto decreto Bersani
vigente all’epoca dei fatti) alla Sinergie S.p.A., in veste di società a capitale maggioritario pubblico, del
divieto a partecipare a procedure di gara extraterritoriali, indette da amministrazioni diverse da quelle
che ne detengono il capitale azionario, va, in via preliminare, chiarito che detto art. 13 non si applica
alle procedure di affidamento di servizi pubblici locali.
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
35
Nel caso di specie, il servizio di gestione, esercizio, manutenzione ordinaria e straordinaria degli
impianti di illuminazione pubblica e semaforica del Comune di Cavallino è, per sua stessa natura,
rivolto a fini sociali e destinato a soddisfare direttamente ed in via immediata esigenze generali della
collettività. Come tale, ha, quindi, natura, ai sensi dell’art. 112 del TUEL, di servizio pubblico locale.
Trattandosi di servizio pubblico locale, l’art. 13 della legge n. 248 del 2006, non trova, quindi, nel caso
di specie, applicazione.
Tanto premesso, resta assorbita ogni altra questione, siccome evidenziata nelle istanze di parere e
nelle controdeduzioni di parte, fermo restando la validità dell’orientamento già assunto da questa
Autorità in materia, secondo cui anche per le società partecipate in via indiretta da altre società a
capitale interamente pubblico o misto sussiste il divieto di partecipare a gare extraterritoriali al di fuori
del territorio dell’ente locale di riferimento o aventi ad oggetto finalità ad esso estranee - cosiddette
extra moenia.
Conclusivamente, ritiene questa Autorità che nel caso di specie la società aggiudicataria non riveste
alcuno dei requisiti o delle condizioni preclusive poste dalle citate disposizioni di legge, atteso che
dalla documentazione e dalle dichiarazioni in essere, risulta che la stessa non è titolare di affidamenti
“diretti” di servizi pubblici locali e che il servizio oggetto di gara ha natura di “servizio pubblico locale”.
In ultima analisi, preme, comunque, evidenziare che il divieto a partecipare alle gare posto dall’art. 23
bis, comma 9, del decreto legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, opera nei
confronti dei soggetti, titolari di affidamenti “diretti” di servizi pubblici locali e delle società possedute o
controllate da società quotate nei mercati regolamentati, mentre il divieto di partecipazione posto
dall’art. 13 del decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006 (a carico delle
società a capitale interamente pubblico o misto, aventi ad oggetto lo svolgimento di servizi strumentali
all'attività dell'ente locale di riferimento, in relazione a procedure di gara extraterritoriali, indette da
amministrazioni diverse da quelle che ne detengono il capitale azionario) non opera nel mercato dei
servizi pubblici locali e il divieto a partecipare a gare extraterritoriali o extra moenia si applica, invece,
anche alle società - indirettamente o mediamente - possedute o controllate da società a capitale
interamente pubblico o misto.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio
ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’operato della stazione appaltante è conforme alla
normativa di settore.
Depositato presso la segreteria del Consiglio in data 3 dicembre 2009
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
36
8.7
AVCP, Delibera n. 110 del 19 dicembre 2012
(OMISSIS)
Premesse
La tematica rappresentata riguarda l’affidamento, senza previo espletamento di procedure ad
evidenza pubblica, del servizio di gestione e manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione da
parte di numerose Amministrazioni comunali prevalentemente della Lombardia attraverso la stipula o
il rinnovo, ai sensi dell’art. 113 T.U.E.L., approvato con il d.lgs.267/2000 così come successivamente
modificato, di Convenzioni per la gestione e manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica
insistenti sul territorio comunale in favore della Società Enel Sole, precedente gestore e, in taluni
casi, proprietaria di tutti o di parte degli impianti.
Le segnalazioni al riguardo pervenute, sia da parte di numerosi Comuni sia da singoli operatori
economici e associazioni di categoria, vertono sull’ipotesi che in tal modo sia stata sottratta al
mercato e alla concorrenzialità una quota-parte consistente di servizi pubblici locali e che sia stata
di fatto ostacolata la libera competizione degli operatori del settore.
FATTO
Qualificazione del servizio
La valutazione del caso non può prescindere dall’esatta individuazione della natura del servizio in
argomento.
Sotto il profilo della sua qualificazione giuridica, e come chiarito anche dalla giurisprudenza
amministrativa, il servizio di illuminazione delle strade comunali ha carattere di servizio pubblico
locale.
Infatti la qualificazione di servizio pubblico locale spetta a quelle attività caratterizzate sul piano
oggettivo dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile, selezionate in base a
scelte di carattere eminentemente politico quanto alla destinazione delle risorse economicamente
disponibili ed all’ambito di intervento e su quello soggettivo della riconduzione diretta o indiretta ad
una figura soggettiva di rilievo pubblico.
Assetto normativo in materia di SPL dal Referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011 alla sentenza
della Corte Costituzionale n. 199 del 20 luglio 2012
Sotto il profilo della ricostruzione del quadro normativo, va rilevato che il Referendum popolare del 12
e 13 giugno 2011 ha abrogato l'intero art.23-bis del d.l. 112/2008, convertito in legge n.133/08, che
racchiudeva la disciplina dei servizi pubblici locali; tale abrogazione comportava, secondo
l'interpretazione della Corte Costituzionale (sent. n.24/2011) da un lato, la non reviviscenza delle
norme abrogate dall'art. 23-bis, espressamente o tacitamente, dall'altro l'immediata applicazione
nell'ordinamento italiano della normativa comunitaria, ergo l'espletamento di procedure ad evidenza
pubblica per gli affidamenti in questione e la riemersa necessità di contemperare la vigente disciplina
comunitaria, relativa alle regole concorrenziali minime, con una "nuova" disciplina nazionale,
destinata ad integrare la prima in quanto pro-concorrenziale.
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
37
Il vuoto normativo determinatosi in seguito all’abrogazione referendaria, veniva colmato con un primo
provvedimento che, all'art. 4 (rubricato "Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al
referendum popolare e alla normativa dell'Unione europea") del decreto-legge 13 agosto 2011,
n.138, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 settembre 2011, n.148, noto anche come decretolegge "manovra di ferragosto", racchiudeva la disciplina generale in materia di affidamento e gestione
dei servizi pubblici locali.
Ad esso sono seguiti numerosi interventi normativi di modifica e integrazione della disciplina, in
appresso chiariti.
Il processo di liberalizzazione nel settore di cui trattasi, voluto dalla legge di stabilità 2012, rispondeva
in definitiva all'intendimento manifestato dal Governo nella lettera dell'Italia all'Unione Europea del
27 ottobre 2011, nella quale, con riguardo al detto settore, veniva detto che si intende varare
disposizioni al fine di rafforzare "il processo di liberalizzazione e privatizzazione prevedendo che non
è possibile attribuire diritti di esclusiva nelle ipotesi in cui l'ente locale affidante non proceda alla
previa verifica della realizzabilità di un sistema di concorrenza nel mercato, ossia di un sistema
completamente liberalizzato" e di prevedere "un ampliamento delle competenze dell'Autorità garante
della concorrenza e del mercato, nonché un sistema di benchmarking al fine di assicurare il
progressivo miglioramento della qualità di gestione e di effettuare valutazioni comparative delle
diverse gestioni”.
Ciò nella convinzione, di derivazione europea, che la tutela della libera concorrenza produce effetti
benefici non solo per il mercato, e quindi per le imprese di settore che vi operano, ma per gli stessi
utenti, destinatari dei servizi, cui dovrebbe derivarne l'efficienza, l'efficacia e l'economicità dei servizi,
nell'interesse di tutti i protagonisti del settore: enti pubblici affidanti, soggetti gestori e utenti. Quindi,
la liberalizzazione non è fine a se stessa ma costituisce modalità per il raggiungimento di un
risultato.
Successivamente, in data 20 luglio 2012, è intervenuta la sentenza n. 199 della Corte Costituzionale
che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sia nel testo originario, sia nel
testo risultante dalle successive modificazioni.
Da ultimo, è stato emanato il D.L. 22 giugno 2012 n. 83 (“Misure urgenti per la crescita del Paese”),
convertito dalla legge 7 agosto 2012 n. 134 che ha ulteriormente modificato la disciplina dei servizi
pubblici di rilevanza locale con le disposizioni recate dall’art. 53, il cui comma 1, lett. b) è stato poi
espressamente abrogato dall’art. 34, comma 17, D.L. n. 179 del 18/10/2012.
Il legislatore è intervenuto, infatti, sulla materia con l’art. 34 del D.L. 179/2012 (rubricato “Misure
urgenti per le attività produttive, le infrastrutture e i trasporti, i servizi pubblici locali, la valorizzazione
dei beni culturali ed i comuni”), con cui ha dettato una prima disciplina degli affidamenti dei servizi
pubblici locali dopo l’abrogazione dell’art. 4 D.L. 138/2011 (operata dalla già citata sentenza della
Corte Costituzionale n. 199 del 20 luglio 2012).
Tale norma stabilisce, al comma 15, che gli affidamenti diretti in essere alla data del 1° ottobre 2003,
affidati a società a partecipazione pubblica, quotate in borsa a tale data, e alle società da esse
controllate ai sensi dell’art. 2359 C.C., cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio ovvero
alla data del 31 dicembre 2020, nel caso in cui una scadenza non sia prevista, “improrogabilmente e
senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante“.
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
38
DIRITTO
Gestioni dirette da parte di Enel Sole
Esaminando i servizi oggetto di esame, viene in rilievo da un lato che Enel è società a partecipazione
pubblica, quotata in borsa alla data del 01/10/2003 e che Enel Sole è una sua controllata; dall’altro
che nella prevalenza dei casi in cui Enel Sole gestisce (attualmente) i servizi in argomento, essa li
gestiva già alla data del 1° ottobre 2003 in virtù di affidamenti diretti, non preceduti da gara,
disciplinati da contratti di servizio (o da altri atti diversamente denominati che disciplinavano il
rapporto). Pertanto, gli affidamenti diretti in favore di Enel Sole dei servizi di pubblica illuminazione
costituiscono una fattispecie che può rientrare in quella descritta dal comma 15 dell’art. 34 D.L.
179/2012, sopra menzionato.
In virtù del disposto del comma 15 essi continuano a produrre effetti sino alla data della loro
scadenza naturale e, nel caso in cui non prevedano alcuna scadenza, continuano a produrre effetti
sino alla data del 31/12/2020, data in cui cessano improrogabilmente e senza necessità di
deliberazione alcuna.
Occorre rilevare che tale ultima previsione, sebbene abbia il pregio di delimitare tali affidamenti ad
una data certa, non ulteriormente prorogabile, suscita perplessità sotto il profilo della conformità al
diritto comunitario e ai noti principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione,
trasparenza, proporzionalità e pubblicità poiché introduce, di fatto, un regime transitorio
ingiustificatamente favorevole solo per alcuni specifici operatori, caratterizzati dalla partecipazione
pubblica e che si avvalgono, dunque, di un vantaggio concorrenziale sul mercato. Tale previsione
crea ulteriori perplessità se comparata con quella di cui al comma 14 del medesimo articolo che
prevede una diversa scadenza, il 31/12/2013, per quegli affidamenti in corso alla data del 20/10/2002
(senza specificazione se affidati con o senza gara), privi di una scadenza iniziale e per i quali l’ente
affidante non abbia provveduto ad inserire una scadenza certa nel contratto di servizio,
contestualmente alla pubblicazione della citata relazione di cui allo stesso comma 14. E’ evidente la
disparità di trattamento anche sotto tale profilo con gli altri operatori economici, anch’essi attuali
gestori di servizi pubblici locali, affidatari di contratti privi di scadenza, disparità che permane anche
se valutata alla luce del fine perseguito dal legislatore, per le società quotate in mercati
regolamentati, di tutelare il valore delle società e dei risparmiatori che in esse hanno investito.
Esistono poi casistiche più recenti, riguardanti Amministrazioni comunali che, oltre ad aver attivato
con Enel Sole Convenzioni nel 2009, della durata di sedici/venti anni per la gestione degli impianti,
hanno altresì affidato alla stessa Enel Sole, con procedura negoziata senza previa pubblicazione di
bando di gara ex art. 57, comma 2, lett. b) del d.lgs.163/06, anche i lavori di riqualificazione, a fini di
sicurezza e di risparmio energetico, degli impianti di illuminazione pubblica. Tra questi si rilevano
diversi casi di affidamenti di gestione di servizi di pubblica illuminazione in ragione di interventi di
contenimento dei consumi energetici coperti da privativa industriale o sulla base di situazioni di
urgenza.
Tali procedure negoziate senza bando, nell’attuale impostazione del Codice dei contratti pubblici,
assumono carattere eccezionale e sono ammesse nei soli casi tassativamente previsti dal le vigenti
disposizioni legislative in materia; i pareri e le sentenze (Corte di giustizia 15/45) resi sulla stessa,
confermano l'obbligo in generale di porre in gara la gestione del servizio di pubblica illuminazione
alla cessazione della Convenzione.
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
39
Le circostanze che:
- Enel Sole sia proprietaria di parte degli impianti e che corrispondentemente vi sarebbe carenza di
legittimazione da parte dell’ente locale in ordine ad interventi da parte di terzi sugli impianti stessi;
-sussistono motivazioni di risparmio economico legate alle nuove tecnologie utilizzate da Enel e
all’assenza di spese a carico del Comune per consulenze peritali, dismissione degli impianti,
progettazione e direzione lavori da affidare all’esterno, non possono far assurgere a canone di
ordinarietà un sistema di affidamento che si pone fuori dalle dinamiche concorrenziali in modo, come
detto, usuale e tutt’altro che temporaneo e straordinario.
Né può essere condiviso, come si dirà innanzi, quanto sostenuto da Enel Sole nel corso
dell’istruttoria - a sostegno dell’ammissibilità di forme di affidamento diverse dalla gara- circa
l’ammissibilità della proroga automatica e del tacito rinnovo pattuita ab origine nella Convenzione, in
assenza di disdetta.
In proposito la stessa giurisprudenza citata da Enel in corso di istruttoria esclude una distinzione
concettuale tra i due istituti della proroga e del tacito rinnovo, che in sostanza definiscono in
entrambi i casi il fenomeno del mantenimento nel tempo e oltre la scadenza pattuita, di un rapporto
sinallagmatico a esecuzione continuata e periodica, in difetto di una disdetta, con un meccanismo
che può astrattamente reiterarsi per un numero indeterminato di volte, con la volontà tacita dei
contraenti.
In ogni caso la prosecuzione del rapporto contrattuale così concepita non trova fondamento
normativo, in quanto fondata su una presunta legittimità dei rinnovi automatici, notoriamente vietata
alle P.A. e ammessa, come confermato dalla giurisprudenza, per il solo tempo necessario a
consentire l'espletamento delle procedure di evidenza pubblica.
Al fine di evitare la permanenza di gestioni da parte di soggetti che non sono stati scelti ad esito di
una procedura competitiva, anche l'Antitrust, nell'AS 864 del 26 agosto 2011, osservava che i casi di
cui alla lettera d) del comma 32 (poi 33) dell’art. 4 D.L. 138/2011, oggi dichiarato incostituzionale, non
potevano ricomprendere anche affidamenti in essere in base a rinnovi o proroghe tacite, già definiti
dal giudice amministrativo quali gestioni di fatto, in quanto esercitati sulla base di un titolo illegittimo.
Sull’improprio sistematico uso delle proroghe contrattuali è utile richiamare altresì la Delibera n. 34
del 2011 con cui questa Autorità si è ampiamente espressa. Si osserva, infatti, che il reiterato ricorso
a tale istituto, utilizzabile solo in via eccezionale, oltre a violare il disposto dell’art. 23 della L. n.
62/2005, costituisce una violazione dei principi di cui all'art. 2 del Codice dei contratti pubblici e, in
particolare, della libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza. Invero,
è pacifico che, in tema di rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalto, non vi è alcuno spazio
per l’autonomia contrattuale delle parti, ma vige il principio che, salvo espresse previsioni dettate
dalla legge in conformità della normativa comunitaria, l’amministrazione, una volta scaduto il
contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni,
effettuare una nuova gara. La proroga, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di
strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro. Le
proroghe in questione, quindi, contraddicono il generale principio dell’evidenza pubblica, il cui
rispetto è imposto anche dal dovere di preservare il diritto alla libera concorrenza, garantito a livello
comunitario in materia di appalti pubblici. Trattandosi di contratti pubblici di servizi, o di appalti misti,
affidati direttamente e senza gara, al momento della cessazione del contratto gli enti affidanti
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40
QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
avrebbero dovuto quindi indire nuove gare per la selezione nel mercato di idonei operatori economici,
nel rispetto dei principi del Trattato UE nonché del d.lgs. 163/2006. Gli affidamenti diretti
costituiscono un’eccezione a tale regola, ammissibili solo nei casi espressamente previsti dalla
normativa comunitaria (ad es. affidamenti in house providing) e dal Codice dei contratti. Al di fuori di
tali specifiche eccezioni, gli affidamenti in argomento non rispondono ai canoni della legittimità e
della concorrenzialità. E' evidente, infatti, come, alla luce della filosofia che ispira l'intero intervento
normativo, gli affidamenti di che trattasi, avvenuti al di fuori di ogni logica concorrenziale, siano in
assoluta "controtendenza" e, in quanto affidamenti diretti non preceduti da gare pubbliche, presentino
profili di evidente anomalia.
Queste considerazioni valgono a maggior ragione oggi, alla luce non solo della pronuncia della
Consulta ma anche della recente normativa dettata dal D.L. 179/2012 in cui è ribadita l’esigenza del
rispetto della disciplina europea e dei principi comunitari di par condicio, economicità trasparenza e
pubblicità.
Molte delle gestioni attualmente in essere, pur essendo affidamenti diretti, non risultano assentite alla
data del 1° ottobre 2003 bensì successivamente (molti sono databili al biennio 2009-2011) e come tali
non possono essere ascritti alle fattispecie di cui al comma 15 dell’art. 34 del D.L. 179/2012.
Inoltre, si ritiene che valgano, nei casi in esame, anche considerazioni di carattere più generale
riconducibili alla situazione di indebito privilegio di cui possono trovarsi a godere taluni operatori nel
mercato di riferimento. Difatti Enel Sole è società che opera nel libero mercato ed è al contempo
affidataria diretta di gestioni in corso; tale condizione, fintanto che perdura l’affidamento diretto,
dovrebbe comportare la preclusione per la Società stessa alla partecipazione a gare di appalto.
Infatti, in forza di contratti ottenuti senza una regolare procedura ad evidenza pubblica, le società
titolari di affidamenti diretti ottengono un indebito vantaggio rispetto a tutti gli altri operatori economici
operanti sul mercato e non titolari di affidamenti diretti. Enel Sole, quindi, per quanto in atti, continua,
da un lato, a beneficiare di una posizione di fatto esclusiva nel rapporto con gli enti locali, dovuta al
mantenimento di un regime di esclusiva dei servizi di pubblica illuminazione, e, contestualmente,
procede a vendere i propri servizi a terzi, anche mediante la partecipazione a gare pubbliche, con
effetti distorsivi a carico del mercato di riferimento.
Ciò rende concreto il rischio che si creino situazioni di particolare privilegio non solo per quelle
imprese che possono usufruire di “aiuti di Stato” (quali, a titolo esemplificativo, contributi, sussidi ed
agevolazioni) ma anche per quelle imprese (Enel Sole, nel caso di specie) che possono fruire in
concreto di posizioni di evidente vantaggio nell’acquisizione di taluni contratti, fattori che possono
consentire una partecipazione nel libero mercato con offerte innaturalmente basse e quindi alterare la
par condicio tra gli operatori economici.
A tal proposito, la giurisprudenza amministrativa ha sviluppato importanti argomentazioni sulla
turbativa della concorrenza, elaborando anche il concetto di “minimo garantito” che ritiene di per sé
idoneo, ove sussistente, a turbare il regolare funzionamento della concorrenza. Secondo tale
orientamento giurisprudenziale “Il privilegio economico non necessariamente si concretizza nel
contributo o sussidio o nell’agevolazione fiscale o contributiva, ma anche garantendo una posizione
di mercato avvantaggiata rispetto alle altre imprese”, che si può realizzare anche “garantendo ad
un’impresa una partecipazione certa al mercato cui appartiene, garantendo, in sostanza,
l’acquisizione sicura di contratti il cui provento sia in grado di coprire, se non tutte, la maggior parte
delle spese generali; in sintesi: un minimo garantito”; si aggiunga poi che non è necessario che tale
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
41
privilegio si sostanzi in un profitto, ma è sufficiente che dai contratti garantiti l’impresa ottenga quanto
sufficiente a coprire i costi generali di mantenimento dell’apparato aziendale. In tali condizioni, infatti,
l’impresa al fine di acquisire nuove commesse, potrà offrire condizioni concorrenziali perché sui futuri
contratti graveranno solo i costi diretti di produzione (dato che l’ammortamento delle spese generali
risulta già coperto, come sopra); ciò consentirà all’impresa stessa di realizzare un maggiore profitto in
riferimento alla normale economia aziendale del settore ovvero di offrire prezzi innaturalmente più
bassi: “Nell’uno o nell’altro caso, il meccanismo del minimo garantito altera la par condicio delle
imprese in maniera ancora più grave perché con riflessi anche sul mercato dei contratti privati.
L’impresa beneficiaria di questa sorta di minimo garantito, infatti, è competitiva non solo nelle gare
pubbliche, ma anche rispetto ai committenti privati, sicché, in definitiva, un tale sistema diviene in sé
assai più pericoloso e distorcente di una semplice elusione del sistema delle gare”.
Appare fuor di dubbio, alla luce di quanto sin qui detto che, nell'interpretazione legislativa e
giurisprudenziale, tanto comunitaria che nazionale, si verte su affidamenti che devono essere
ricondotti, in una logica concorrenziale, a sistemi di affidamento ad evidenza pubblica, strumento
privilegiato per la scelta del gestore del servizio .
Partecipazione di Enel Sole s.r.l. alle gare indette da Consip
Le considerazioni appena svolte trovano concreta evidenza relativamente alla gara “per il Servizio
Luce 2” per la pubblica illuminazione dei Comuni italiani che comprende la gestione integrata di
impianti di illuminazione pubblica, la fornitura di energia elettrica, i lavori per gli interventi di
adeguamento normativo, tecnologico e di riqualificazione energetica e la gestione degli impianti
semaforici, indetta da Consip nel 2009. In questo caso specifico la posizione avvantaggiata di Enel
Sole nel mercato di riferimento è risultata palese nel momento in cui essa ha partecipato alla
menzionata gara Consip pur sussistendo il divieto di partecipazione a gare indette da enti pubblici per
le società partecipate da società quotate in mercati regolamentati (Enel Sole nella fattispecie in
esame), divieto dal quale il legislatore ha in seguito esonerato detto tipo di società, in tal modo
determinando, come si diceva, situazioni di scarsa apertura al mercato ed effetti anticoncorrenziali
nel settore dei servizi pubblici locali.
Tralasciando in questa sede di esaminare gli aspetti connessi alla possibilità per Consip di espletare
gare per conto di enti locali, va sottolineato che alla data della gara (pubblicazione G.U.U.E, del
8.10.2009), la società Enel Sole s.r.I. (controllata e partecipata da Enel S.p.A.) risultava affidataria
diretta di Servizi di Pubblica Illuminazione senza preliminare gara pubblica in vigenza dell’art. 23-bis,
comma 9, del decreto-legge 112/2008, convertito in l. 133/2008. La norma richiamata poneva il
divieto della partecipazione a gare indette da enti pubblici, per società, loro controllate, controllanti e
controllate da una medesima società che godevano o avessero goduto di assegnazioni dirette di
gestione di reti e servizi, mentre l'esonero da tale divieto valeva solo per le società quotate in mercati
regolamentati, in funzione del fine perseguito dal legislatore di tutelare il valore delle società e dei
risparmiatori che in esse hanno investito, quindi Enel Sole non avrebbe potuto partecipare a gare
indette da enti locali in quanto società non quotata e titolare di affidamenti diretti.
Tale formulazione della norma è anteriore alle modifiche ad essa introdotte dal decreto-legge
70/2011 (convertito in l. 106/2011) che, a decorrere dal 14 maggio 2011, ha espressamente
esonerato dal suddetto divieto anche le "società da queste direttamente o indirettamente controllate
ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile ( ... )". Motivo per cui il divieto di partecipazione alle gare
per le società partecipate dalle società quotate in mercati regolamentati è stato vigente sino al
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
maggio 2011.
Ma in più, il suddetto art. 23-bis, comma 9, del decreto-legge 112/2008, è stato abrogato a far data
dal 21 luglio 2011 con d.P.R. 113/2011 ed è stato sostituito dall'art. 4, comma 33, del decreto-legge
138/2011, convertito in l. 148/2011 (come modificato dall'art. 9, comma 2, della legge n.183 del
2011), che sostanzialmente ne riproduceva il testo e che, tra l’altro, recita “Il divieto di cui al primo
periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società quotate in mercati
regolamentati e alle società da queste direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo
2359 del codice civile, nonché al socio selezionato ai sensi del comma 12 e alle società
apartecipazione mista pubblica e privata costituite ai sensi del medesimo comma”.
Quindi, dal tenore letterale della norma nel testo vigente al momento dell'indizione della gara (nonché
per tutta la durata della stessa), nonché in via sistematica, tenuto anche conto dell'evoluzione
normativa sopra illustrata, si evince chiaramente che al momento dell’indizione della gara da parte di
CONSIP sussisteva ed era pienamente vigente il divieto di partecipazione alle gare anche per le
società partecipate da società quotate in mercati regolamentati (Enel Sole nella fattispecie in esame).
Tutto quanto sopra premesso, si deve concludere per l'illegittimità dell'ammissione della società Enel
Sole s.r.l. alla gara in esame, operata da CONSIP, e dell'aggiudicazione in favore della stessa di n. 3
lotti poiché in aperta violazione dell'art. 23-bis, comma 9, decreto-legge 112/2008 (convertito in l.
133/2008) nel testo all'epoca vigente.
Adeguatezza delle informazioni da fornire da parte del gestore uscente all’Ente locale ai fini della
predisposizione dei bandi di gara
Nel caso di riaffidamenti con gara sono stati rilevati aspetti critici legati alle informazioni fornite dalla
Stazione Appaltante agli operatori economici. Talvolta si chiede agli offerenti di effettuare un’analisi
accurata dello stato effettivo dell’impianto, segnalando all’Amministrazione tutte le situazioni critiche
che rendano necessari interventi immediati di ripristino e/o sostituzione, analisi che non sempre i
concorrenti sono in grado di effettuare a causa della mancata conoscenza dell’impianto, il cui stato
effettivo è invece ben noto solo al gestore uscente.
Riguardo al problema, Enel Sole fa presente che, in forza di quanto disposto dall’art. 25, comma 6,
della legge 27/2012, disposizione tuttora vigente e non toccata dalla sentenza n.199/2012 della Corte
Costituzionale, essa è tenuta a fornire esclusivamente “i dati concernenti le caratteristiche tecniche
degli impianti e delle infrastrutture”, mentre dati ulteriori sono dipendenti dalle prescrizioni di gara che
ogni Comune ritiene di dover indicare nel capitolato tecnico e rispondono ad attività necessarie per
verificare lo stato dei centri luminosi che ciascun concorrente riterrà di dover effettuare per soddisfare
le richieste della SA e per formulare l’offerta tecnica.
Viene lamentato, con riferimento a tali dati, che Enel Sole ha invece inviato in taluni casi il mero
censimento delle consistenze e non abbia indicato il VRI richiesto fornendo dati generici e non
giustificati da specifici riscontri contabili sul patrimonio impiantistico, costituiti dal solo valore
contabile calcolato ad inizio esercizio (valore contabile iscritto a bilancio alla data di installazione
ovvero alla data di presa in carico da parte di Enel: 1999) con indicazione degli ammortamenti e
rivalutazioni intercorse sino alla data odierna.
Si ritiene che l’Amministrazione dovrebbe essere messa in grado di conoscere puntualmente lo stato
degli impianti. Il disposto normativo dell’art. 25 (commi 4 e 5) della legge 27/2012, prevede l’obbligo
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
43
da parte del gestore uscente di fornire i dati relativi alle “caratteristiche tecniche degli impianti e delle
infrastrutture, il loro valore contabile di inizio esercizio, secondo parametri di mercato, le rivalutazioni
e gli ammortamenti e ogni altra informazione necessaria per definire i bandi” entro 60 giorni dalla
richiesta e sanzionando l’eventuale inadempimento con il ricorso al Prefetto che può altresì
comminare anche sanzioni pecuniarie per il persistente inadempimento.
Sulla base dei dati forniti dal gestore, dovrebbe essere possibile redigere uno studio descrittivo
completo dell’esistente tale da consentire agli operatori economici di redigere un’offerta economica
consapevole, precisa e puntuale, fondata su dati attendibili.
La mancanza di tale studio potrebbe infatti risultare cruciale per gli operatori economici
potenzialmente interessati all’affidamento. Una dettagliata descrizione degli impianti esistenti, della
relativa funzionalità o della necessità di interventi di messa a norma, nonché precise indicazioni
sull’oggetto dell’appalto sono infatti necessarie per la predisposizione di un’offerta tecnico-economica
consapevole ed affidabile da parte degli operatori.
Senza considerare, peraltro, che la spendita di pubblico denaro da parte dei Comuni impedisce di
stabilire valori forfettari o generici ed obbliga ad acquisire elementi di conoscenza specifici per
verificare la congruità dei costi.
La restrittiva interpretazione dell’obbligo informativo posto dalla legge a carico del gestore uscente,
così come operata da Enel, non appare quindi in linea con lo scopo perseguito dal legislatore.
Ne consegue che ENEL dovrà adoperarsi nel fornire alle amministrazioni appaltanti, oltre ai dati che
individuano rigidamente le caratteristiche tecniche degli impianti, anche quelle ulteriori informazioni
sull’esistente che possano consentire alle S.A. la predisposizione della documentazione di gara
sufficiente a consentire la formulazione di offerte ragionate.
Determinazione del valore degli impianti
Il passaggio dal vecchio regime a quello basato sull'affidamento con procedure ad evidenza pubblica,
implicando la titolarità della proprietà dell'impianto in capo all'ente appaltante, comporta delicati
problemi connessi in primo luogo alla determinazione del loro valore, onde remunerare l'ente gestore
uscente, nonché ricadute di ordine pratico riferite all'esatta conoscenza degli impianti stessi,
elemento di notevole impatto anche ai fini della determinazione dell'importo da porre a base d'asta.
Il decreto-legge n. 1/2012, convertito nella legge n.27/2012, al comma 6 dell'art. 25, ha precisato che
i concessionari e gli affidatari di servizi pubblici locali, a seguito di specifica richiesta, sono tenuti a
fornire agli enti locali che decidono di bandire la gara per l'affidamento del relativo servizio, i dati
concernenti le caratteristiche tecniche degli impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile di
inizio esercizio, secondo parametri di mercato, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni altra
informazione necessaria per definire i bandi.
Altro dato saliente si rinveniva nel testo dell'art. 4, comma 32-ter introdotto con l'ultima riforma, il
quale recitava:
“32-ter. Fermo restando quanto previsto dal comma 32 ed al fine di non pregiudicare la necessaria
continuità nell'erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, i soggetti pubblici e privati
esercenti a qualsiasi titolo attività di gestione dei servizi pubblici locali assicurano l'integrale e
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
regolare prosecuzione delle attività medesime anche oltre le scadenze ivi previste, ed in particolare il
rispetto degli obblighi di servizio pubblico e degli standard minimi del servizio pubblico locale, alle
condizioni di cui ai rispettivi contratti di servizio e dagli altri atti che regolano il rapporto, fino al
subentro del nuovo gestore e comunque, in caso di liberalizzazione del settore, fino all'apertura del
mercato alla concorrenza. Nessun indennizzo o compenso aggiuntivo può essere ad alcun titolo
preteso in relazione a quanto previsto nel presente articolo” (comma introdotto dall'art. 25, comma 1,
lettera 8), numero 7, della legge n.27 del 2012 e, successivamente, così modificato dall'art. 53,
comma 1, lett. b), n. 5, D.L. 22 giugno 2012, n. 83).
Detta disposizione costituiva uno degli strumenti che consentivano di gestire il periodo transitorio,
durante il quale i Comuni spesso avevano attivato le procedure per l'acquisizione della proprietà
degli impianti o mediante riscatto (ex art. R.D. 2578/1925) o mediante i sistemi indicati dalla
normativa in materia di servizi pubblici locali (ex art. 4, commi 29, 30 e 31 della legge 27/2012).
Con specifico riguardo allo strumento del riscatto, il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 3607
del 14.06.2011, ha confermato la legittimità dell'esercizio del riscatto affermando l'importante
principio che la determinazione dell'indennità di riscatto non costituisce necessario presupposto per
l'esercizio di tale diritto né per l'indizione di una gara per l'affidamento del servizio stesso e non è
condizionata al preventivo accordo tra le parti.
In altre parole la verifica della legittimità del riscatto prescinde dalle decisioni che l'Amministrazione
deve assumere per la successiva gestione del servizio, ponendosi su un piano logico e temporale in
un momento antecedente ad esse, anche se, come rilevato dal TAR nella sentenza appellata innanzi
al Consiglio di Stato "il riscatto e l'effettiva consegna degli impianti non può che precedere il
successivo affidamento del servizio e (...) sia tecnicamente arduo, se non impossibile, immaginare
l'indizione di una gara contestualmente al provvedimento di riscatto, senza avere certezze sui tempi
di esecuzione del provvedimento, sulla consistenza dei beni e, quindi, su elementi in base ai quali
vanno redatti gli atti di gara."
Non va sottaciuto che nella maggior parte dei casi i punti luce di proprietà Enel sono obsoleti e fuori
norma, talora, a parere dei Comuni, anche per carenze manutentive determinate da parte di Enel nel
corso degli anni.
Risulta inoltre che già nel 2007 la Regione Lombardia nel suo piano energetico (PER), invitava gli
enti locali a riscattare i punti luce e ad intraprendere un percorso di risparmio energetico.
Nel periodo antecedente alla pronuncia della Corte Costituzionale, gli enti locali potevano scegliere
due differenti procedure per la determinazione del valore degli impianti da acquisire in proprietà, da
calcolare, a seconda della procedura prescelta, secondo criteri che:
-nel riscatto ex RD 2578/1925, sono quelli (valore industriale dell'impianto, anticipazioni o sussidi dati
dai Comuni, profitto che al concessionario viene a mancare a causa del riscatto) che contribuiscono
a determinare l'indennità spettante al cedente (il cui ammontare può essere determinato anche
d'accordo tra le parti con l'approvazione della giunta provinciale amministrativa);
-nella procedura ex lege 148/2011, come modificata, erano quelli indicati ai commi 29, 30 e 31
dell'articolo 4 (valore contabile originario non ancora ammortizzato, al netto di eventuali contributi
pubblici riferibili ai beni stessi, salvi diversi accordi tra le parti stipulati prima dell'entrata in vigore della
legge). Oggi tali ultime indicazioni non costituiscono normativa di riferimento.
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
45
Giova sottolineare che, considerata la durata prevista delle Convenzioni, spesso molto varia e
frequentemente di entità rilevante (talvolta di 20/30 anni), assumono notevole rilievo i parametri
utilizzati per valutare la redditività di tali affidamenti in ragione del tempo e delle altre variabili
incidenti su tale valutazione quali il prezzo, specialmente con riguardo ai possibili interventi di
manutenzione ordinaria, straordinaria e di efficientemente energetico effettuato ai sensi del d.lgs.
115/2008.
Il principio della scadenza anticipata dei contratti di lunga durata, enunciato in vigenza della
preesistente disciplina transitoria dettata dall’art. 4, comma 32, D.L. 138/2011, può comportare
conseguenze penalizzanti sul piano della redditività.
In linea generale, riferisce Enel, la redditività delle Convenzioni varia a seconda dell’articolazione dei
servizi offerti, mentre il prezzo dei servizi è calcolato a partire dai costi unitari dei servizi stessi,
adeguato ai parametri ISTAT. Per quanto concerne gli interventi di manutenzione straordinaria e di
efficientamento energetico, laddove non ricompresi nei canoni, essi vengono offerti da Enel in base a
specifici preventivi di dettaglio od elenchi prezzi unitari.
Nei casi di anticipazioni di capitali per la realizzazione di interventi iniziali di manutenzione
straordinaria e/o di efficientamento energetico, il prezzo del servizio sconta l’orizzonte temporale di
recupero del capitale anticipato.
A fronte di tali precisazioni, va considerato che i parametri economici utilizzati richiederebbero
l’ancoraggio ad elementi oggettivi e non unilaterali, basati su indagini di mercato e prezzi medi
nonché la definizione di canoni sottoposti a verifiche di congruità.
In base a tutto quanto sopra considerato, sia con specifico riferimento alle Convenzioni con Enel Sole
s.r.l., sia con riferimento a tutte le gestioni in corso derivanti da affidamenti diretti condotte da diversi
gestori
Il Consiglio
esprime le seguenti considerazioni:
·
il servizio di pubblica illuminazione è un servizio pubblico locale e in quanto tale soggiace alle
regole previste per essi e la sua gestione deve essere affidata con procedure ad evidenza pubblica
conformi al diritto comunitario e al Codice dei contratti pubblici;
·
sono da escludere tutte le forme di proroga o di tacito rinnovo degli affidamenti in corso, se
non per lo stretto tempo necessario all’espletamento di procedure ad evidenza pubblica;
·
per le gestioni in essere, occorre, previa determinazione del valore degli impianti per
l’acquisizione al patrimonio comunale e l’assunzione effettiva del titolo di proprietà in capo ai Comuni,
procedere all’espletamento delle procedure di evidenza pubblica (ovvero agli affidamenti in
conformità alla normativa europea), evitando il mantenimento di situazioni monopolistiche, sulla base
della relazione di cui al comma 13 dell’art. 34 D.L. 179/2012, da pubblicarsi entro la data del
31/12/2013;
·
i concessionari e gli affidatari di servizi pubblici locali, a seguito di specifica richiesta, sono
tenuti a fornire agli enti locali che decidono di bandire la gara per l'affidamento del relativo servizio, i
dati concernenti le caratteristiche tecniche degli impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
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di inizio esercizio, secondo parametri di mercato, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni altra
informazione necessaria per definire i bandi (ex art. 25, comma 6, D.L. 1/2012, convertito in l.
27/2012). Pertanto, deve essere fornita all’ente locale una dettagliata descrizione degli impianti
esistenti, della relativa funzionalità o della necessità di interventi di messa a norma, al fine di mettere
in condizione gli stessi di predisporre bandi atti a consentire un’offerta tecnico-economica
consapevole ed affidabile da parte degli operatori;
·
l'ammissione della società Enel Sole s.r.l. alla gara indetta da CONSIP in data 8.10.2009
nonché l'aggiudicazione in favore della stessa di n. 3 lotti è avvenuta in aperta violazione dell'art. 23bis, comma 9, decreto-legge 112/2008 (convertito in L. 133/2008) nel testo all'epoca vigente, ove
sussisteva ed era pienamente vigente il divieto di partecipazione alle gare anche per le società
partecipate da società quotate in mercati regolamentati;
Manda alla Direzione vigilanza lavori, servizi e forniture affinché invii la presente deliberazione alla
Società Enel Sole, alla Consip, e ai Sindaci dei Comuni interessati con l’invito rivolto a questi ultimi a
porre in essere gli atti necessari per uniformare le gestioni anomale ancora in corso ai principi
comunitari e nazionali di libera concorrenza;
dispone l’invio, a cura della Direzione
all’esponente e all’AGESI.
sopra menzionata, della presente deliberazione anche
Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data 19 gennaio 2013
8.8
AVCP, Parere n. 5 del 20 giugno 2012
(OMISSIS)
In esito a quanto richiesto dal Comune di Borgia (di seguito l’Istante) con nota prot. n. 252/2012 in
data 11 gennaio 2012, acquisita al protocollo dell’Autorità n. 3369 in data 12 gennaio 2012, si
comunica che il Consiglio dell’Autorità nell’adunanza del 30 maggio 2012 ha approvato le seguenti
considerazioni.
L’Istante, a seguito di gara informale, ha affidato dalla ditta Tavano Giuseppe s.r.l. (di seguito, la Ditta)
la concessione trentennale del servizio di manutenzione e gestione degli impianti di pubblica
illuminazione, installazione di luminarie natalizie, nonché l’adeguamento alle norme,
ammodernamento tecnologico e funzionale, risparmio energetico e ampliamento, per un valore
complessivo a base d’asta di € 1.581.000,00, da corrispondere nella forma di canoni mensili. Il
contratto prevede a carico della Ditta l’obbligo di realizzare nel primo anno della concessione lavori
per € 240.000,00, interamente finanziati dalla Ditta.
L’Istante interroga l’Autorità sulla possibilità di annullare in autotutela la gara informale, che ha portato
alla sottoscrizione della suddetta concessione di servizi. A parere dell’Istante, sembrerebbero non
ricorrere, nel caso di specie, le condizioni richieste dalla legislazione comunitaria per qualificare il
contratto come concessione e sarebbero state violate, pertanto, le ordinarie procedure di affidamento
degli appalti di servizi. In particolare l’Istante evidenza che: in nessun modo è previsto il pagamento di
tariffe da parte degli utenti; non vi sono patti contrattuali in forza dei quali verranno instaurati rapporti
diretti tra la ditta affidataria e i terzi utenti del servizio; non si rinvengono elementi che indichino che la
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
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ditta affidataria si sia sostituita all’amministrazione nell’erogazione del servizio; la fornitura di energia
elettrica è pagata direttamente dal Comune.
La differente qualificazione del contratto quale appalto e non concessione di servizi, metterebbe in
risalto l’originaria illegittimità della procedura di gara, consistita in una procedura negoziata senza
pubblicazione di un bando di gara, in luogo di una procedura aperta o ristretta di rilevanza
comunitaria. Sempre secondo quanto sostenuto dall’Istante, infine, l’annullamento d’ufficio degli atti
della procedura determinerebbe l’inefficacia sopravvenuta del contratto.
Ritenuta la questione rilevante dal punto di vista giuridico ed economico, è stato avviato il
procedimento ex art. 4 del Regolamento sulla istruttoria dei quesiti giuridici, dandone contestuale
notizia all’Istante e alla Ditta controinteressata con lettera prot. n. 16618 in data 21 febbraio 2012.
Successivamente, con nota acquisita al protocollo dell’Autorità n. 23914 in data 12 marzo 2012, la
Ditta ha presentato una memoria procedimentale della quale si dà succintamente conto. La relazione
negoziale tra l’Istante e la Ditta sarebbe senz’altro ascrivibile al genus della concessione di servizio.
Militerebbero a favore di tale interpretazione la durata trentennale del contratto, l’espressa
qualificazione compiuta dall’amministrazione e la previsione, nella convenzione, che la Ditta avrebbe
assunto “ogni possibile rischio di carattere economico conseguente a difficoltà note ed ignote relative
ai lavori da eseguire”, l’obbligo di sostenere lavori per un valore di € 240.000,00 per
l’ammodernamento degli impianti, il diritto di recesso stabilito a favore del Comune in caso di
inadempimento della Ditta o di fallimento. La Ditta, poi, evidenzia che il pagamento di una tariffa da
parte dell’utenza può costituire criterio dirimente per qualificare il contratto pubblico come
concessione solo quando il servizio, per le sue caratteristiche oggettive è divisibile tra gli utenti che in
concreto ne beneficiano. Inoltre, la giurisprudenza ricondurrebbe la pubblica illuminazione tra i servizi
pubblici locali di cui all’art. 113 T.U.E.L., a prescindere dalla volontà politica dell’amministrazione o
dalla concreta possibilità di imporre o percepire tariffe da parte degli utenti. La convezione, inoltre,
darebbe vita ad un rapporto trilaterale tra l’Istante, la Ditta e i cittadini utenti del servizio di
illuminazione. Nel caso in cui, infine, il contratto dovesse essere qualificato come appalto e, quindi,
fosse messa in dubbio la legittimità dell’affidamento, la Ditta pone in dubbio la sussistenza delle
condizioni richieste dall’art. 21 nonies l. 7 agosto 1990, n. 241 per l’esercizio del potere di autotutela
da parte dell’amministrazione: interesse pubblico, termine ragionevole e tutela del legittimo
affidamento.
Così rappresentate le posizioni delle parti del procedimento, si ritiene di dover precedere
preliminarmente alla qualificazione del contratto pubblico stipulato tra l’Istante e la Ditta. Secondo il
costante insegnamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea la qualificazioni dei contratti a
prestazioni corrispettive tra operatori economici e amministrazioni aggiudicatrici deve essere valutata
esclusivamente alla luce del diritto dell’Unione (CGCE, sentenza 18 luglio 2007, causa C-382/05,
Commisione/Italia, punto 31). Nei contratti di concessione il corrispettivo dell’operatore economico
consiste nel diritto a gestire il servizio (o l’opera) o in tale diritto accompagnato da un prezzo. È stato
anche chiarito che la concessione comporta che l’operatore economico assuma il rischio della
gestione e che, normalmente, il pagamento di una tariffa da parte degli utenti quale corrispettivo del
servizio evidenzia la presenza di un contratto di concessione, anche quando il rischio trasferito
all’operatore economico risulta essere minimo (CGCE, sentenza 10 settembre 2009, causa C-206/08,
Eurawasser). Ciononostante, non è escluso che la volontà politica dell’amministrazione o le modalità
di erogazione del servizio determinino che non vengano percepiti canoni o tariffe da parte degli utenti.
Anche in questo caso, particolari modalità di allocazione del rischio di gestione consentono di
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
qualificare il contratto come concessione: si pensi alle autostrade a pedaggio ombra (shadow-toll), al
sovvenzionamento da parte dell’amministrazione alle imprese di trasporto sulla base del numero dei
biglietti venduti o al caso in cui la remunerazione dell’operatore economico sia fortemente
condizionata dalla rilevazione delle performance del servizio. È necessario, insomma, che
sull’operatore economico sia trasferito o il rischio di domanda o il c.d. rischio di disponibilità, oltre, nel
caso di concessioni di lavori, al rischio di costruzione. Tali indicazioni, inizialmente contenute in una
decisione di Eurostat, sono state più volte utilizzate dall’Autorità ai fini della corretta classificazione dei
contratti pubblici e, al momento, risultano recepite nella bozza di direttiva europea sulle concessioni
attualmente all’esame del Parlamento Europeo (cfr. Eurostat, Long term contracts between
government units and nongovernment partners, Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la
Lombardia, del. 1139/2009/PRSE, AVCP, determinazione 26 ottobre 2011 n. 6, parere di
precontenzioso 9 febbraio 2011, n. 28, deliberazione 24 febbraio 2011, n. 29, deliberazione 31 marzo
2010, n. 19, determinazione 11 marzo 2010, n. 2). La Corte di Giustizia, chiamata nuovamente a
pronunciarsi sulla differenza tra appalto e concessione ha recentemente affermato che “[…] occorre
rilevare che il rischio di gestione economica del servizio deve essere inteso come rischio di
esposizione all’alea del mercato (v., in tal senso, sentenza Eurawasser, cit., punti 66 e 67), il quale
può tradursi nel rischio di concorrenza da parte di altri operatori, nel rischio di uno squilibrio tra
domanda e offerta di servizi, nel rischio d’insolvenza dei soggetti che devono pagare il prezzo dei
servizi forniti, nel rischio di mancata copertura integrale delle spese di gestione mediante le entrate o
ancora nel rischio di responsabilità di un danno legato ad una carenza del servizio (v., in tal senso,
sentenze 27 ottobre 2005, causa C-234/03, Contse e a., Racc. pag. I-9315, punto 22, nonché Hans &
Christophorus Oymanns, cit., punto 74). Al contrario, rischi come quelli legati a una cattiva gestione o
ad errori di valutazione da parte dell’operatore economico non sono determinanti ai fini della
qualificazione di un contratto come appalto pubblico o come concessione di servizi, dal momento che
rischi del genere, in realtà, sono insiti in qualsiasi contratto, indipendentemente dal fatto che
quest’ultimo sia riconducibile alla tipologia dell’appalto pubblico di servizi ovvero a quella della
concessione di servizi” (CGUE, sent. 10 marzo 2011, causa C-274/09, Privater Rettungsdienst und
Krankentransport Stadler).
Con riferimento al contratto oggetto di questo parere, appare pacifico che sulla Ditta, stante la natura
del servizio a domanda indifferenziata, non gravi e non possa gravare il rischio di domanda derivante
dall’esposizione all’alea del mercato. Parimenti, in base alla documentazione versata in atti, non
risulta che la remunerazione dell’operatore economico sia legata alle perfomance di erogazione del
servizio o al grado di soddisfazione degli utenti. La mera previsione di penali contrattuali, infatti, non è
sufficiente a determinare un rischio di disponibilità, essendo il sistema delle penali generalizzato per
tutti i contratti pubblici e disciplinato dall’art. 133 del d. lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e dagli art. 145, 257
e 298 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. Le penali, peraltro di valore molto esiguo, si limitano a
predeterminare il danno derivante dall’inadempimento e non introducono un sistema complesso di
valutazione sufficiente a mettere in forse l’equilibrio economico finanziario dell’operazione. Si
evidenzia, infine, la mancanza di un sistema di rilevazione di soddisfazione dell’utenza e il fatto che la
Ditta non sopporti nemmeno il rischio derivante da danni causati agli impianti di pubblica illuminazione
da terzi o da eventi di forza maggiore – esclusi i lavori inerenti il finanziamento a suo carico –
rimanendo, pertanto, detto rischio in capo all’Amministrazione comunale, che è tenuta a rimborsare
alla Ditta le spese relative alle opere di ripristino necessarie per garantire il loro funzionamento (artt. 9
e 18 del Capitolato Speciale d’Appalto).
Non rilevante, poi, ai fini della corretta qualificazione del contratto come concessione o appalto è la
natura di servizio pubblico locale della pubblica illuminazione, generalmente accolta dalla
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
49
giurisprudenza amministrativa (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, sent. 25 novembre 2010, n. 8231). Il
fatto che una determinata attività sia storicamente un servizio pubblico locale (illuminazione, trasporto
pubblico, distribuzione di acqua e gas, etc..) o come tale venga assunta dal legislatore o dagli enti
locali su base di scelte eminentemente politiche (Cons. Stato, sez. V, sent. n. 7369 del 13-12-2006),
non può mettere in dubbio che le procedure ad evidenza pubblica esplicitamente richiamate prima
dall’art. 113 T.U.E.L., poi dall’art. 23 bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 122 e, oggi dall’art. 4 del d.l. 13
agosto 2011, n. 138 siano quelle imposte dal legislatore comunitario e nazionale in relazione alla
tipologia di contratto che si è in concreto inteso affidare.
In conclusione, si può affermare che non tutti i servizi pubblici locali devono o possono essere affidati
tramite concessione, ché è possibile siano prestati nelle forme di appalto (si pensi alle gare per il
servizio di trasporto con remunerazione c.d. net cost), e non tutte le concessioni di servizi sono servizi
pubblici locali (per esempio, la distribuzione di bevande e alimenti negli istituti scolastici, Cons. Stato,
sez. VI, sent. 20 maggio 2011, n. 3019).
Inoltre, si deve richiamare l’attenzione delle parti del procedimento sul fatto che, anche nel caso in cui
si ritenesse che il contratto presenti i caratteri della concessione, l’art. 30 del d. lgs. 163/2006, nel
prescrivere lo svolgimento di una gara informale con invito di almeno cinque soggetti, fissa livelli
minimi e necessari di evidenza pubblica, ma non necessariamente sufficienti ad assicurare il rispetto
dei principi comunitari richiamati nel terzo comma della disposizione. Vale la pena di richiamare il
leading case della Corte di Giustizia in materia di concessioni di servizi: “A tale proposito occorre
rilevare come, nonostante il fatto che siffatti contratti, allo stadio attuale del diritto comunitario, siano
esclusi dalla sfera di applicazione della direttiva 93/38, gli enti aggiudicatori che li stipulano siano
cionondimeno tenuti a rispettare i principi fondamentali del Trattato, in generale, e il principio di non
discriminazione in base alla nazionalità, in particolare. 61 Infatti, come ha statuito la Corte nella
sentenza 18 novembre 1999, causa C-275/98, Unitron Scandinavia e 3-S (Racc. pag. I-8291, punto
31), tale principio implica, segnatamente, un obbligo di trasparenza al fine di consentire
all'amministrazione aggiudicatrice di accertare che il detto principio sia rispettato. Tale obbligo di
trasparenza cui è tenuta l'amministrazione aggiudicatrice consiste nel garantire, in favore di ogni
potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l'apertura degli appalti dei servizi
alla concorrenza, nonché il controllo sull'imparzialità delle procedure di aggiudicazione” (CGCE, sent.
7 dicembre 2000, causa C-324/98, Telaustria). In seguito è stato chiarito che quando le stazioni
appaltanti affidano contratti che rivestono un interesse transfrontaliero certo devono permettere agli
operatori economici stabiliti in altri paesi dell’Unione di avere accesso ad informazioni adeguate e di
manifestare il loro interesse (CGCE, sent. 13 novembre 2007, causa C-507/03,
Commissione/Irlanda). Nel caso di specie, considerato che la presunta concessione oggetto di
affidamento poteva assumere un valore pari a più di sette volte la soglia stabilita per i servizi, la
pubblicità realizzata dall’Amministrazione comunale (meglio, la mancanza di pubblicità) risulta del
tutto insufficiente. Peraltro, anche al giurisprudenza nazionale, di recente, ha ritenuto insufficiente la
pubblicità mediante affissione all’albo pretorio nel caso di affidamento di concessione di servizio
pubblico locale (cfr. T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 27-01-2011, n. 162 e anche AVCP,
deliberazione 18 aprile 2012, n. 39).
Ciò debitamente premesso, l’Autorità non può che richiamare la costante giurisprudenza in materia di
autotutela amministrativa, che trova oggi compiuta disciplina nell’art. 21 nonies l. n. 241/1990: “L'art.
21-nonies della l. n. 241/90 ha codificato le seguenti condizioni per l'esercizio del potere di
annullamento di ufficio da parte della P.A.: a) l'illegittimità dell'atto; b) la sussistenza di ragioni di
interesse pubblico; c) l'esercizio del potere entro un termine ragionevole; d) la valutazione degli
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
interessi dei destinatari e dei controinteressati rispetto all'atto da rimuovere (Cons. Stato, sez. V, sent.
7 aprile 2010, n. 1946). È parimenti pacifico in dottrina e in giurisprudenza che normalmente
l’interesse pubblico non può consistere nel mero ripristino della legalità violata, dovendo tale esigenza
essere bilanciata con l’affidamento ingenerato nei soggetti interessati, in questo caso la ditta
contraente (da ultimo, T.A.R. Basilicata, 06 aprile 2012, n. 165). In un suo precedente in materia di
autotutela l’Autorità, già nel 2002, affermava che “la illegittimità della procedura di gara giustifica
l'esercizio del potere di autotutela nel caso in cui l'aggiudicazione sia stata determinata sulla base di
vizi inerenti la procedura di gara che doveva essere espletata assicurando il puntuale rispetto della
concorrenza tra imprese e la par condicio delle stesse, occorrendo peraltro che vengano individuati
da parte della stazione appaltante tutti gli interessi pubblici attuali, distinti dal mero interesse al
ripristino della situazione di legittimità che giustifica la rimozione dell'atto viziato (AVCP,
determinazione 10 luglio 2002, n. 17 e, più di recente, parere di precontenzioso 12 febbraio 2009, n.
19).
Ferma restando la suddetta necessaria e motivata valutazione da parte della stazione appaltante, in
via generale, è possibile affermare che i vizi di legittimità sintomatici di una grave alterazione delle
condizioni di concorrenza tra gli operatori economici rendono l’interesse del privato aggiudicatario o
contraente tendenzialmente recessivo (T.A.R. L'Aquila Abruzzo sez. I, 29 marzo 2012, n. 198). Tale
lettura appare confermata anche dal fatto che il legislatore comunitario ha imposto la sanzione
massima della privazione degli effetti del contratto nel caso in cui l’appalto sia stato aggiudicato senza
pubblicità nella GUCE (art. 2, co. 2, lett. a) dir. 2007/66/CE (fatta salvo l’unico caso di esigenze
imperative connesse ad un interesse generale). Come noto la disposizione citata è contenuta, oggi,
nel codice del processo amministrativo, art. 121: “Il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva
dichiara l’inefficacia del contratto nei seguenti casi, precisando in funzione delle deduzioni delle parti e
della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la
declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione
del dispositivo o opera in via retroattiva: a) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa
pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione
europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”. Dal punto di vista sistematico, quindi, emerge che il
contratto deve essere privato di effetti in tutti i casi in cui la mancanza di pubblicità o il mancato
rispetto del termine di stand still abbiano impedito agli operatori economici potenzialmente interessati
di essere informati della procedura di gara o di far valere le proprie ragioni di fronte al giudice
amministrativo. Non rilevano, nella valutazione del giudice, né l’interesse dell’operatore economico
aggiudicatario o contraente, né quello della stazione appaltante (fatti salvi i casi di esigenze
imperative), a differenza di quando avviene per le altre violazioni della normativa (art. 122 c.p.a.).
Nel nuovo contesto normativo successivo al recepimento della direttiva 2007/66/CE, certa dottrina
aveva messo in dubbio che fosse ancora possibile per l’amministrazione annullare in autotutela gli atti
della procedura di gara una volta stipulato il contratto. Tali dubbi appaiono fugati da un filone
giurisprudenziale della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, che conferma i prevalenti orientamenti
precedenti alle ultime riforme. È stato chiarito, infatti, che “non vi è dubbio circa l'effettiva
configurabilità del potere della pubblica amministrazione di procedere in via di autotutela
all'annullamento degli atti di un procedura ad evidenza pubblica, ivi compreso il provvedimento di
aggiudicazione definitiva dell'appalto (di lavori, di servizi o di fornitura) e fermo restando quanto si dirà
in seguito sul corretto esercizio nel caso di specie del predetto potere di autotutela, occorre rilevare
che, come per altro già puntualmente sottolineato dalla giurisprudenza di questo consesso,
l'annullamento dell'aggiudicazione ‘...in virtù della stretta consequenzialità tra l'aggiudicazione della
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
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gara pubblica e la stipula del relativo contratto, l'annullamento giurisdizionale ovvero l'annullamento a
seguito di autotutela della procedura amministrativa comporta la caducazione automatica degli effetti
negoziali del contratto successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali atti”
(Cons. Stato, sez. V, sent. 7 settembre 2011, n. 5032; conf.: 14 gennaio 2011, n. 11; 20 ottobre 2010,
n. 7578).
Con riferimento, infine, al consolidamento dell’affidamento della Ditta determinato dal tempo trascorso
dalla stipula del contratto, si ritiene che l’intervallo di tempo di circa tre anni deve essere apprezzato
con riferimento alla durata complessiva della concessione e al termine finale pattuito (fissato nel
2039). Anche in tale prospettiva l’affidamento del soggetto privato interessato appare recessivo
rispetto al danno alla concorrenza producibile da una così lunga chiusura al confronto concorrenziale.
Si consideri, infine, che l’art. 1, co. 136 l. 311/2004 (che peraltro potrebbe anche trovare applicazione
nella fattispecie) stabilisce in tre anni il termine in cui l’interesse dell’amministrazione all’annullamento
dell’atto è considerato tendenzialmente prevalente, quando ciò possa garantire risparmi di spesa
(Cons. Stato, sez. VI, sent. 18 settembre 2009, n. 5621).
9.
Riferimenti normativi
D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902
Approvazione del nuovo regolamento delle aziende di servizi dipendenti dagli enti locali
(OMISSIS)
Capo II
Riscatto dei servizi affidati in concessione
Articolo 8
Nell’ipotesi in cui i comuni intendano avvalersi della facoltà di riscatto dei servizi affidati in
concessione all’industria privata la data di effettivo inizio dell’esercizio della concessione stessa è
quella risultante dall’atto di concessione o da atti di natura certa. In mancanza, l’inizio dell’esercizio
predetto decorre dal centottantesimo giorno successivo alla stipula del contratto di concessione o di
appalto.
Nel caso di proroga o di rinnovo della concessione, ovvero in caso di mutamento del titolare
della concessione, la data di inizio dell’esercizio, ai fini del riscatto, rimane quella della prima
concessione anche se sono intervenute modificazioni ai patti d’esercizio.
Articolo 9
La volontà di avvalersi della facoltà di cui al precedente articolo deve risultare da una
deliberazione del consiglio adottata con la maggioranza di cui al precedente art. 2.
Entro trenta giorni dalla predetta deliberazione l’ente concedente deve notificare al
concessionario l’atto di preavviso a mezzo dell’ufficiale giudiziario o, se il destinatario ha il domicilio
nel comune, a mezzo del messo di conciliazione oppure del messo comunale.
Il preavviso è valido anche se la deliberazione non e ancora esecutiva.
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QUADERNI DI PAWEB - N. 9/2013
Articolo 10
Entro trenta giorni dall’avvenuta notifica del preavviso, il concessionario deve redigere lo stato
di consistenza dell’impianto o dell’esercizio riferito alla data in cui il preavviso è notificato.
Detto stato di consistenza dovrà essere immediatamente comunicato all’ente concedente che,
previo accesso all’impianto od esercizio, dovrà, entro trenta giorni successivi al ricevimento,
comunicare al concessionario il proprio accordo o le eventuali osservazioni e proposte di rettifica.
Le comunicazioni di cui al precedente comma sono fatte a mezzo lettera raccomandata con
avviso di ricevimento.
Nel caso di rifiuto o di mancato rispetto del termine perentorio di cui al primo comma da parte
del concessionario, lo stato di consistenza è formato, nel termine dei successivi centoventi giorni,
dall’ente concedente, i cui incaricati, in base ad un decreto del prefetto, potranno accedere anche
coattivamente nelle officine o negli altri locali dell’impianto o dell’esercizio.
Lo stato di consistenza è immediatamente comunicato dal comune al concessionario che, nel
termine perentorio dei quindici giorni successivi al ricevimento della comunicazione, potrà far
pervenire le sue controdeduzioni, in mancanza delle quali lo stato di consistenza s’intende accettato.
Nel caso di disaccordo fra le parti decide, limitatamente all’oggetto della controversia, un collegio di
tre periti, nominati uno per parte dall’ente concedente e dal concessionario, ed un terzo, con funzioni
di presidente, dal presidente del tribunale nella cui giurisdizione ha sede l’ente riscattante.
Articolo 11
Lo stato di consistenza costituisce la base per la determinazione dell’indennità di riscatto,
tenuti presenti i criteri fissati dall’art. 24 del testo unico 15 ottobre 1925, n. 2578. Ove fra le parti non
sussistono contestazioni circa la determinazione della predetta indennità, l’accordo relativo deve
risultare da una convenzione stipulata in forma pubblica amministrativa fra l’ente e il concessionario.
Quando l’indennità di riscatto come sopra determinata risulti superiore a quella presunta il
consiglio comunale provvede al finanziamento della differenza con deliberazione adottata con la
maggioranza di cui all’art. 2.
Articolo 12
Nella ipotesi del ricorso ai collegi arbitrali di cui al settimo e all’ottavo comma dell’art. 24 del
testo unico 15 ottobre 1925, n. 2578, la deliberazione esecutiva di nomina dell’arbitro, nella quale
debbono farsi fra l’altro constare i motivi e l’entità del disaccordo, sarà notificata al concessionario nei
modi previsti dal terzo comma dell’art. 10 del presente regolamento.
Articolo 13
Il valore degli impianti di cui alla lettera a) del quarto comma dell’art. 24 del testo unico 15
ottobre 1925, n. 2578, è determinato sulla base dello stato di consistenza di cui al precedente art. 11
e del costo che dovrebbe essere sostenuto alla data di scadenza del preavviso di cui al secondo
comma del precedente art. 10 per la ricostituzione dell’impianto stesso, deducendo dall’importo
risultante:
a) il valore del degrado fisico degli impianti, avuto riguardo al tempo trascorso dall’inizio della
concessione ed alla prevista durata utile degli impianti stessi. Il degrado si presume direttamente
proporzionale al decorso del tempo, salvo prova contraria fornita da una delle parti mediante perizia
tecnica;
b) il valore degli impianti divenuti obsoleti, al netto dell’eventuale valore di recupero, nonché i costi per
la trasformazione degli impianti onde adeguarli alle esigenze del processo produttivo.
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE: INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
53
Articolo 14
Per la determinazione del profitto di cui alla lettera c) del quarto comma dell’art. 24 del testo
unico 15ottobre 1925, n. 2578, si tiene conto dei redditi accertati ai fini dell’imposta sui redditi delle
persone fisiche o delle persone giuridiche.
Nel caso in cui il concessionario eserciti più attività o sia titolare di più concessioni, in
mancanza di accertamento fiscale specifico relativo all’esercizio riscattato, si potrà tener conto delle
risultanze delle scritture contabili del concessionario, purché regolarmente tenute.
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QUADERNI DI PAWEB N. 9 – Settembre 2013
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
Elenco dei Quaderni pubblicati
2007
n. 1 - E. D’Aristotile : Il Patto di Stabilità
n. 2 - E. D’Aristotile : Il rendiconto della gestione
n. 3 - E. D’Aristotile: La rimodulazione dei prestiti della CC.DD.
n. 4 - A. Di Filippo: Il personale nella Finanziaria 2007
n. 5 - A. D’Alessandri: La responsabilità amministrativa e contabile nell’ente locale
n. 6 - N. Cinosi: IVA e IRAP negli enti locali. Caratteristiche e dichiarazione
n. 7 - N. Parmentola: Governance e territorio. Le politiche per lo sviluppo locale
n. 8 - M. Collevecchio: Verso la Carta delle Autonomie. Il ddl n. 1464 all’esame del Senato
n. 9 - D. Angiolelli: Analisi dei costi. Un caso pratico
2008
n. 1 - Maria Concetta Rosati: Avvalimento nei contratti pubblici. Alcune considerazioni
n. 2 - Agostino Bultrini: Privacy ed Enti Locali: l'uso degli strumenti informatici a prova di
riservatezza
n. 3 - M. Russo & G. Di Pangrazio: Trasparenza ed etica nella p.a.: due esempi. Il Difensore Civico
nella Regione Abruzzo - Il Codice di Autodisciplina degli Enti Locali
n. 4 - Argentino D’Auro: Riscossione coattiva: tributi ed altre entrate degli Enti Locali
n. 5 – Paolo Braccini: Balanced Scorecard negli Enti Locali
n. 6 – Giuseppe Leopizzi: Profili amministrativi di responsabilità nell’ente locale
n. 7 – Stefano Barera: Il condono erariale alla luce della giurisprudenza costituzionale
n. 8 – Matteo Barbero: Federalismo fiscale: stato dell’arte e prospettive future
n. 9 – Argentino D’Auro: La partecipazione dei comuni all’accertamento fiscale
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QUADERNI DI PAWEB N. 9 – Settembre 2013
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
n. 10 – E.D’Aristotile & M.Marafini: Il Patto di stabilità 2009 dopo la Legge 6 agosto 2008, n. 133
n. 11 – Marcello Collevecchio: Il promotore finanziario nel Codice dei contratti pubblici
2009
n. 1 - Roberto Mastrofini: Dismissioni e valorizzazioni di patrimonio immobiliare pubblico nell’art. 58
della legge 6 agosto 2008
n. 2 – Marcello Faviere: La sicurezza negli appalti di forniture e servizi: il DUVRI e non solo.
Considerazioni sulla gestione delle procedure di gara e dei contratti
n. 3 – Achille D’Alessandri: Il controllo collaborativo della Corte dei Conti
n. 4 – Carlo Amoroso: Affidamenti in house providing e alle società a capitale misto pubblico – privato
n. 5 – Vincenzo Angeloni: La certificazione ambientale degli enti locali. UNI EN ISO 14001, EMAS
n. 6 – Matteo Barbero : Verso il federalismo fiscale. Una prima analisi della Legge Calderoli
n. 7 – Arturo Bianco: Gli errori della Contrattazione Decentrata
n. 8 – Stefano Barera: Manuale dei congedi parentali per i dipendenti degli Enti Locali
n. 9 – Roberta Guastaveglia & Michela Niccacci: Fondo del salario accessorio per il personale del
Comparto Regioni – Enti Locali
n. 10 – Giuseppe Salvatore Alemanno: Dall’Ordinamento al Codice delle Autonomie Locali
2010
n. 1 – Giunio Faustini: Il Governo dei Servizi pubblici tra la Legge Giolitti e il Decreto Brunetta: oltre
cento anni di riforme incompiute
n. 2 – Marcello Faviere & Giuseppe Tomasino: Le società pubbliche ed il procedimento
amministrativo: nuove prospettive per un controverso rapporto dopo l’ultima riforma della
Legge n. 241/1990
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QUADERNI DI PAWEB N. 9 – Settembre 2013
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
n. 3 – Patrizio Belli & Nicola Cinosi: Appunti di approccio alla “governance territoriale”
n. 4 – Argentino D’Auro: Fiscalità territoriale e decentramento catastale
n. 5-speciale – E. D’Aristotile & M. Marafini: Il Patto di Stabilità 2010
n. 6 – Mario Collevecchio: Il Direttore Generale dei Comuni e delle Province
n. 7 – Gianfranco Buttarelli: Il partenariato pubblico – privato nella governance dell’ente locale
n. 8 – Fabio Amatucci: Il leasing immobiliare per la realizzazione di investimenti pubblici
n. 9 – E.D’Aristotile & G.Profenna: La rimodulazione dei prestiti 2010 della Cassa Depositi e Prestiti
n.10 – Anna Maria Coppola: Il controllo di regolarità amministrativa negli enti locali
2011
n. 1- Matteo Barbero: La territorializzazione del Patto di Stabilità interno
n. 2 – Stefano Barera: Le relazioni sindacali negli enti locali dopo il D.Lgs. n. 150/2009
n. 3 – Stefano Usai: Le acquisizioni in economia di beni e servizi nel regolamento attuativo del Codice
degli appalti
n. 4 – Matteo Barbero: Il nuovo Federalismo municipale: un’analisi a prima lettura
n. 5 – Giuseppe Leopizzi: I cittadini comunitari ed extracomunitari a confronto: profili giuridici e
conseguenze alla luce delle disposizioni della Legge n. 94/2009
n. 6 – Argentino D’Auro: Gli strumenti di attuazione del Federalismo fiscale municipale
n. 7 – Giuseppe Salvatore Alemanno: Il sistema delle camere di commercio nello sviluppo locale
n. 8 – Marco Morgione: I delitti di concussione e corruzione nella giurisprudenza della Suprema Corte
di Cassazione
n. 9 – Marco Giuri & Michele Morriello: Responsabilità e sicurezza nelle società partecipate
n. 10 – Patrizia Cartone: I procedimenti di autorizzazione degli impianti di energia rinnovabile
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QUADERNI DI PAWEB N. 9 – Settembre 2013
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
2012
n. 1 - Giuseppe Salvatore Alemanno: Lo Statuto delle imprese & the Small Business Act
n. 2 – Stefano Usai: Percorsi giurisprudenziali in tema di appalti pubblici
N. 3 – Ebron D’Aristotile: Il Patto di stabilità 2012 dei Comuni e delle Province
N. 4 – M. Cristina Colombo: La responsabilità ambientale: inquadramento normativo e casi
problematici
N. 5 - E.D’Aristotile & G.Profenna: L’operazione straordinaria di trasformazione dei prestiti Cassa
DD.PP. 2012
N. 6 – Nicola Parmentola: Cultura e sviluppo locale
N. 7 – Manuela Galassi: La trasparenza nella disciplina dei contratti pubblici
N. 8 - Manuela Galassi: L’accesso nella disciplina dei contratti pubblici
N. 9 – G. Buttarelli & I. Buttarelli: La fattibilità nella pianificazione, programmazione e esecuzione delle
opere
N. 10 – Marco Morgione: La tutela legale per amministratori e dipendenti degli enti locali
N. 11 – Stefano Barera: Il procedimento disciplinare negli enti locali
N. 12 – N. Cinosi & M. Stopponi: Cenni sull’IVA degli Enti locali ante D.L. n. 83/2012
2013
N. 1 - Giuseppe Salvatore Alemanno: Nuove tipologie di controllo negli enti locali. Le novità dopo le
leggi sui controlli
N. 2 – Argentino D’Auro: La partecipazione dei Comuni con le Agenzie fiscali all’accertamento dei
tributi erariali
N. 3 – Matteo Barbero: Il Fondo “anti-default” e gli interventi a favore degli enti dissestati
N. 4 – Nicola Parmentola: Governance delle infrastrutture a livello locale
N. 5 – Mattia Casati: Il subappalto quale strumento di partecipazione e di esecuzione dei lavori
pubblici: tra limitazioni e libertà d’impresa
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QUADERNI DI PAWEB N. 9 – Settembre 2013
IL SERVIZIO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
N. 6 – Giuseppe Leopizzi: La valutazione delle performance dei dirigenti nella programmazione e
controllo dell’ente locale
N. 7 – Alessandra Leonardi: La tassatività delle cause di esclusione da una pubblica gara:
applicazioni operative in un piccolo comune
N. 8 – Ebron D’Aristotile: I debiti degli enti locali. Ricognizione, certificazione, interessi e costi per
ritardati pagamenti
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