`Ndrangheta a Crotone? Letteratura! (Sculco dixit) Ma un lettore si

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`Ndrangheta a Crotone? Letteratura! (Sculco dixit) Ma un lettore si
'Ndrangheta a Crotone? Letteratura! (Sculco dixit)
Ma un lettore si appella a Napolitano
“La ‘ndrangheta a Crotone non ha know how. E’ un fenomeno letterario”.
Alt. Non ho bevuto cari amici di blog. Non vi preoccupate. A pronunciare questa frase è stato
nientepopodimenoche “Sua Preferenza” Enzo Sculco, condannato in primo grado a 7 anni di
reclusione per truffa, turbata libertà degli incanti, corruzione e concussione nell’ambito
dell’inchiesta sulla Provincia di Crotone di cui era vicepresidente.
Per i motivi che leggerete al fondo di questo articolo sono costretto a rioccuparmi del
personaggio, già potentissimo e temutissimo segretario regionale della Cisl Calabria.
Sua Preferenza– Sculco ci tiene ai 7.209 voti che ha preso alle ultime elezioni regionali che
rappresentano un record storico in provincia e che lo hanno catapultato nientepopodimenoche
in consiglio regionale calabrese, dove ha contributo a un altro record storico, quello
dell’assemblea con il maggior numero di indagati e condannati d’Italia – è in perenne
campagna elettorale, vuol mandare messaggi a chi deve capire e deve far sapere dunque a
tutto il mondo che il politico è tornato. Anzi: non è mai uscito di scena.
E sì perché - e lo abbiamo già raccontato in questo blog il 9 agosto 2008 – dopo essere stato
sospeso dal consiglio regionale è stato riammesso a braccia aperte.
Voi direte: perlomeno avrà avuto l’umiltà di rimanere nascosto, sottotraccia, muto come un
pesciolino rosso. Ma via signori! Non si usa in Calabria! Il galantuomo (tale è fino al passaggio
definitivo in giudicato della sentenza) che non è mai stato un pesciolino rosso, è tornato
“leone” – secondo la definizione di una persona che il 20 settembre l’ha intervistato a pag. 34
per il “Quotidiano della Calabria”. Domande scomode: zero. Anzi: sottozero. Cortesia: da
vendere. Tappeti(ni) rossi: da stendere (anzi stesi e lustrati). Il suo recente passato non è
stato neppure ricordato. Una verginella politica, che “Il Quotidiano della Calabria” nel titolo ha
riassunto cosi: “Io rivoluzionario della politica – Il consigliere regionale più votato in
città torna in campo con l’area dei Demokratici nel Pd – Sculco e le sue regole tra
primarie e nuovi piani di sviluppo”.
Il rivoluzionario Sculco che detta regole, ha preso microfono e intervistatrice, li ha divorati e
digeriti non prima di aver concesso all’intervistatrice stessa perle di politica (del resto sapete
com è, aderisce ai “Demokratici del Pd” che tutti voi sicuramente conoscerete). Come questa
perla a esempio: “Il problema della Calabria e a Roma…A Crotone dopo Zirro non ci sono stati
più mafiosi pericolosi, tanto da bloccare lo sviluppo”.
Sculco chiama amichevolmente per soprannome Luigi Vrenna, detto appunto Zu Luigi u
"Zirro", il recipiente di stagno dove viene raccolto l'olio appena spremuto. Ne lui – c’è da
capirlo – nè l’intervistatrice (e non c’è da capirlo) ricordano che Vrenna è una famiglia
crotonese che ha dato e continua a dare – anche per vie di parentele incrociate con i
Bonaventura e i Corigliano – decine di boss e manovali della ‘ndrangheta. Secondo “Sua
Preferenza” a Crotone, dunque, la ‘ndrangheta non ha know how. E’ un fenomeno letterario.
Anche Sculco è un fenomeno. Di memoria corta. Dimentica – a esempio – che un altro Vrenna,
Raffaele, fino al 13 giugno 2008 presidente degli industriali di Crotone e vicepresidente di
Confindustria Calabria, è stato condannato a 4 anni di reclusione per concorso esterno in
associazione mafiosa.
Il Pm della Direzione distrattuale antimafia Pierpaolo Bruni aveva chiesto 10 anni ricordando
che “Vrenna era in ottimi rapporti con i personaggi della cosca”
Quattro anni di carcere – nell’ambito del processo che scaturiva dalla cosidetta “Operazione
Puma della Dda di Catanzaro - anche per l’ex assessore alla Forestazione della Regione
Calabria, Dionisio Gallo, in carica nell’esecutivo di centrodestra della passata legislatura. Il
sindaco di Botricello, Giovanni Puccio, dei Ds, e il fratello Giuseppe Puccio, ex assessore alla
Provincia di Crotone, del Prc, sono stati condannati a tre anni di reclusione ciascuno.
Al fenomeno (politico e speriamo mai letterario) Sculco basterebbe ricordare questo per
rammentargli che la ‘ndrangheta a Crotone esiste. Anzi: si respira.
Ma c’è di più. Chi diventa amministratore dei beni della famiglia Vrenna, alla quale sono stati
tolti tutti i certificati antimafia per lavorare con le pubbliche aministrazioni? E’ storia nota:
quello che fino a quattro giorni prima era il presidente del Tribunale di Crotone, vale a dire
Franco Tricoli, la cui segretaria particolare era la moglie di Vrenna, affidataria – secondo
l’onorevole Angela Napoli di An che il 27 settembre ha presentato un’interrogazione scritta ai
ministri dell’Interno e della Giustizia – di alcune quote, cedute dal marito, della società
“Soveco”. Secondo l’interrogazione di Angela Napoli, la moglie di Vrenna è ancora cancelliere
presso il Tribunale di Crotone.
Tricoli ha dichiarato che l’incarico è stato accettato per dovere nei confronti di un gruppo che
dà lavoro a 700 persone. Mi ricorda la frase che nel Medioevo i “vestaglioni” porporati del clero
recitavano alle ragazze che arrivavano vergini al matrimonio: “Non lo fo per piacer mio ma per
far piacere a Dio”. Piacere e non godere, dovere o non dovere, l’intreccio tra un (ex)
Procuratore e un condannato (in primo grado) non è andata giù ai più, che hanno sottolineato
la sottile linea grigia che esiste (soprattutto) in Calabria tra bianco e nero, tra bene e male, tra
giusto e ingiusto, tra lecito e illecito, tra morale e immorale. Tra l’etica e il disgusto amorale.
Al fenomeno Sculco deve probabilmente essere sfuggito anche quello che è successo dopo la
sua intervista: a Crotone una scuola, abitazioni (e chissà cos altro) erano state costruite “con “
rifiuti tossici (non “su” rifiuti tossici, cosa alla quale la Campania è ormai abituata; la Calabria è
sempre “oltre”, come aveva già dimostrato la costruzione di alcuni tratti della Salerno-Reggio
Calabria riempiti di rifiuti per fare spessore). E secondo “Sua Preferenza” è possibile costruire
in questo modo senza l’avvallo delle ‘ndrine? Attendo risposte.
Il fenomeno Sculco non deve essere stato neppure informato che il 7 aprile 2008 nell’ambito
dell’operazione Heracles erano state arrestate a Crotone e provincia 42 persone per
‘ndrangheta.
Sua Preferenza non doveva essere neppure davanti al video quando i tg di tutto il mondo
rilanciavano la notizia che il 23 marzo era stato ucciso a Papanice, alle porte di Crotone Luca
Megna, figlio del boss Domenico, attualmente in carcere, la cui cosca si oppone alla rivale
cosca Russelli.
Potrei continuare così per giorni, raccontando il martirio a cui è sottoposta quotidianamente
dalla ‘ndrangheta la provincia di Crotone e l’intera Calabria.
Ma preferisco che leggiate la lettera aperta al Presidente della repubblica Giorgio Napolitano,
che riporto qui sotto, di un lettore del blog, Giorgio Greco, laureato che vuole scappare dalla
Calabria e dall’Italia, che se ne assume ovviamente le responsabilità. Ma visto che mi sfida a
pubblicarla dicendo che nessuno ha il coraggio di farlo, eccolo servito.
E’ un lettera che si contrappone agli insulti che ho ricevuto da due altri lettori del blog che
difendono a spada tratta Sculco e che sono ancora ben visibili e leggibili da tutti voi sul post
del 9 agosto che dedicavo a Antonino Scopelliti, magistrato incorruttibile assassinato da mafia
e ‘ndrangheta unite per l’occorrenza il 9 agosto 1991.
La democrazia è questa. La democrazia – e lo dico con terrore – è anche sentire il fenomeno
Sculco dichiarare alla solita intervistatrice che “rimarrò a Crotone…devo dare risposte agli
elettori favorendo lo sviluppo sociale ed economico del territorio”.
Che “Sua Preferenza” rimanga a Crotone è un pericolo scampato per il resto d’Italia. Ma per i
crotonesi? Attendo – in risposta - altri insulti e altre lettere come quella che ora leggerete. E se
anche Napolitano rispondesse? (Non a me, ai crotonesi onesti).
[email protected]
LETTERA APERTA A GIORGIO NAPOLITANO
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Signor Presidente,
ci aiuti a non diventare ‘ndranghetisti. Ci aiuti, perché forse non avremo per sempre la forza di
resistere ad un sistema così invasivo e prepotente.
La nostra città è in mano alla criminalità organizzata che fa affari con la politica corrotta, la
massoneria e la classe imprenditoriale (corrotta). Anzi, spesso i confini di queste organizzazioni
si mescolano tra loro e diventano indefinibili ed indefiniti. È una città corrotta nella quale le
connivenze sono andate abbondantemente al di là del livello di guardia.
Qui abbiamo due sole scelte: lasciare la nostra terra, oppure diventare organici a questo
sistema. Potremmo avere una terza strada che è quella di lottare e resistere, ma sarebbe una
lotta impari. Qui lo Stato è sconfitto signor Presidente. Qui le forze dell’ordine (e neanche
tutte) combattono una vera e propria guerra, con la differenza che dall’altra parte, quella di
massoni, n’ndranghetisti e politici corrotti, sparano con i kalashnikov, camminano con i Suv e
hanno talmente tanti soldi (molti dei quali dai rubinetti pubblici) da fare arrossire Bill Gates. È
un sistema collaudato che ha pervaso tutti i settori, anche quelli insospettabili. La piovra è
diventata enorme e non ha più nemmeno bisogno di nascondersi perché, come dice il pm Pier
Paolo Bruni, “il mafioso fa la parte del sindaco, decide i punti all’ordine del giorno del Consiglio
comunale, decide il piano regolatore, le cose che la giunta deve approvare”.
È dura, durissima, signor Presidente.
Ci si sveglia al mattino con la speranza di non essere avvicinato da un uomo con la pistola o da
uno in giacca e cravatta che ti propone di aiutarlo perché gli amici sono pronti a sostenerlo. In
cambio? Un posto di lavoro ovviamente. C’è chi grida contro la ‘ndrangheta e poi va a fare
incetta di voti nelle zone maggiormente controllate da loro, oppure ci va a mangiare insieme la
pizza. Qui la ‘ndrangheta è ovunque e controlla tutto e quasi tutti.
Per loro non esiste destra e sinistra, non sono guelfi e ghibellini, ma un unico, forte e
resistente gruppo di potere che ottiene soldi pubblici, soldi dal racket, dal traffico di droga e da
mille attività illecite.
Questa è una città nella quale una parte della gente è collusa con questo sistema, un’altra
parte non si espone (tra la paura e il poter tornare comunque utile non schierarsi), e il resto
nemmeno si indigna più.
Lei deve immaginare, perché è così, il nostro territorio governato non dalle autorità e dalle
forze italiane, ma dalle autorità e dalle forze della malavita. Il sistema è unico, basato su un
solo principio: l’arricchimento e la gestione del potere a qualsiasi costo. Deve immaginare un
modello di società ben collaudato nel quale esistono i vertici politici, quelli mafiosi e quelli
imprenditoriali (spesso collimano). La ‘ndrangheta (intesa come l’insieme di malavitosi, politici,
imprenditori, professionisti e massoni corrotti) ha ingegneri, architetti, giornalisti, avvocati,
commercialisti ecc. Non ha bisogno di sparare. Quando lo fa è solo per ristabilire gerarchie di
potere. Ognuno lavora per questo status quo. Per mantenere intatto il potere del politico e del
mafioso che poi viene trasmesso su tutto quello che accade. E come ogni società organizzata
ha i manager, i manovali, le strutture, le categorie (e ovviamente i killer).
Le assicuriamo Presidente, che non ci inventiamo niente (può chiedere al Prefetto o ai
magistrati, quelli buoni però). Qui tutto è gestito secondo uno schema ben preciso. Quel poco
di lavoro va a quelli segnalati dalla politica e dalla ‘ndrangheta. La maggior parte degli
imprenditori che assumono queste persone sono gli stessi che ricevono grossi finanziamenti
pubblici grazie all’aiuto dei politici e della massoneria, oltre che dalla ‘ndrangheta. Sono gli
stessi che poi hanno grosse commesse con le pubbliche amministrazioni (come emerge da
ultime inchieste della Magistratura). Troppi interessi signor Presidente, (anche da imprenditori
del nord che non sono restii al “fascino” dalla ‘ndrangheta, perché li arricchisce) che bloccano
lo sviluppo di questo territorio e fanno andare via le migliori menti, quelle più illuminate.
Quando un crotonese decide di andare via è come se andasse in esilio. L’unica differenza è che
rispetto all’esiliato puoi tornare a farti un bagno in uno splendido mare e poi subito scappare.
Anche pezzi della magistratura e del giornalismo non sfuggono a questo sistema e non lo
rifuggono, anzi a volte ne diventano parte integrante (l’ultimo esempio di Saviano lo può
catapultare anche su alcune realtà crotonesi). L’ultimo schiaffo (in ordine cronologico) è
l’elezione alla presidenza della Camera di Commercio di Crotone di un uomo che ha una
condanna a 4 mesi per reati contro la pubblica a amministrazione e che è uno dei principali
sostenitori di Europaradiso, con tutto quello che ha rappresentato la vicenda Europaradiso
(vedi relazione Commissione antimafia). Ovviamente è un uomo legato a una parte politica ben
precisa che fa riferimento ad un altro condannato eccellente in primo grado.
Le sembra normale, signor Presidente?
Qui la situazione è davvero drammatica. Non si ribella più nessuno o quasi.
Non abbiamo menti illuminate. Non abbiamo intellettuali capaci di guardare al futuro di questo
territorio. Quei pochi intellettualoidi radical chick che vivono qui scrivono a comando e tirano
fuori argomenti che fanno piacere al loro mentore politico (che bella libertà di pensiero!).
Crotone e la Calabria sono culturalmente mafiosi. Perché la mafia non è solo un modo di agire,
ma anche un modo di pensare e di concepire la vita, la propria e quella degli altri. Chi resta si
tappa occhi, naso e bocca (prima che glieli tappi qualcun altro, e per sempre) e cerca in
qualche modo di tirare avanti (può immaginare con quale ottimismo e felicità). Pagando il pizzo
e non denunciando. Perché non si sa mai chi raccoglie la tua denuncia. Forse la moglie di uno
condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa che lavora per anni
nella stanza del Procuratore. Chi parla di Sud e di Calabria molte volte non sa di cosa sta
parlando. La Calabria, come altre regioni, sono completamene in mano ad altre organizzazioni
che non sono quelle dello Stato. Ma lo Stato dovrebbe controllare anche i suoi dipendenti
collusi e qui ce ne sono. Se un magistrato osa indagare, succede la fine del mondo (non sto qui
ad elencarle i casi). Qui capita che c’è un territorio (ex fabbriche Pertusola, Montedison) che
ogni giorno sviscera veleni, in mare e in terra, e provoca morti di tumore, ma sembra non
interessare a nessuno (e pure è dichiarata emergenza nazionale). Invece di chiudere in un
angolo l’Eni e chiamarlo alle sue responsabilità, si firmano patti scellerati per un piatto di pasta
e ceci oppure, come sta emergendo ultimamente, per rilanciare la chimica a Crotone. Ma siamo
impazziti? E a promuovere questa “grande” idea è uno dei primi candidati al Consiglio
comunale con i Verdi (complimenti), oltre che essere uno degli alfieri del Consigliere regionale
condannato a 7 anni per concussione e reati contro la pubblica amministrazione.
Qui, signor Presidente, a Crotone non a Kabul, succede che scompaiano miliardi di euro di
finanziamenti pubblici e non si sa che fine fanno (Contratto d’Area, sovvenzione globale,
L.488). Le fabbriche chiudono, i soldi arrivano e i soliti noti spartiscono la torta.
Qui signor Presidente, a Crotone non a Kabul, succede che arrestano nel giro di pochi anni, o
forse mesi, l’ex presidente della Camera di Commercio, l’ex Presidente della Provincia (già
sindaco della città) e l’ex Vicepresidente della Provincia (attualmente consigliere regionale con
condanna in primo grado), arrestano un ex assessore regionale e consigliere provinciale, si
devono dimettere perché indagati due assessori provinciali, indagano e condannano, per
concorso esterno in associazione mafiosa, il presidente di Confindustria e vice presidente
regionale degli industriali. Arrestano il presidente del Nucleo industriale per tangenti (colto con
tanto di foto in flagranza di reato), arrestano il Vicedirettore dell’Ufficio dogane per tangenti,
arrestano e denunciano il direttore dell’Ufficio del lavoro e tanti collaboratori per truffa.
Nelle indagini tra mafia, massoneria, e finanziamenti pubblici, qui a Crotone e non a Kabul,
finiscono indagati anche preti legati ai cavalieri di Malta. Cos’altro deve succedere perché chi di
dovere si renda conto di cosa sia Crotone? Oppure chi di dovere fa affari con i crotonesi?
Crotone, signor Presidente, è un enclave di illegalità in una Europa che cerca di guardare oltre.
Lei è il Presidente della Repubblica italiana, ma di questa Repubblica non fa parte il territorio
crotonese, ci creda. Qui il presidente della Repubblica non esiste, perché qui è tutta “cosa
loro”. Perché qui le regole non sono scritte, ma le rispettano tutti e non sono regole della
Repubblica italiana. Intervenga signor Presidente e lo faccia in fretta. Venga a vedere con i suoi
occhi ne hanno bisogno i cittadini onesti di Crotone, ormai pochi, che vivono uno stato di
dittatura mafiosa, culturale, politica ed economica. Per il resto va tutto bene.
Crotonesi onesti per dimostrare che non raccontiamo favole (tratto da giornali, agenzie e
media dell’epoca n.d.a):
1) L'imprenditore Luigi Siciliani è indagato per il crack dell'azienda agroalimentare
"La Giara". Coinvolti anche due commercialisti Crotone, arrestato per bancarotta il presidente
della Camera di Commercio Tra i truffati anche Samaritana Rattazzi, nipote di Gianni Agnelli
(23 maggio 2006)
2) Crotone, arrestato presidente Provincia Carmine Talarico, 49 anni, Ds, è ai domiciliari
per presunti illeciti negli appalti. Coinvolti altri politici e imprenditori (2 luglio 2001)
3) Appalti, arrestato Enzo Sculco vicepresidente della Provincia
Il Tribunale di Crotone presieduto da Maria Luisa Mingrone (Rosa Larocca e Michele Sessa a
latere), ha emesso in serata la sentenza per il c.d. "Processo alla Provincia", relativo al
fascicolo dell'inchiesta "Sculco + 14", condannando a sei anni di reclusione l'ex Presidente
della Provincia, Carmine Talarico (Ds) e a 7 anni Vincenzo Sculco, all'epoca dei fatti vice
Presidente, attualmente capogruppo dei deputati della Margherita alla Regione Calabria. Per
entrambi il Tribunale ha disposto come pena accessoria la interdizione perpetua dai pubblici
uffici. Il "padre di tutti i processi" agli esponenti di primo piano del centrosinistra crotonese ha
riguardato l'indagine su presunte irregolarità nella gestione di appalti e concorsi alla Provincia
prima del 2001. (2 febbraio 2007)
Nella sua qualità di ex Presidente della Provincia di Crotone, peraltro, Talarico era stato
condannato in un'altro processo il 10 ottobre scorso a tre anni ed otto mesi (pena ridotta per
indulto) per corruzione e truffa, insieme a Donato De Pietro, l'editore della tv crotonese Rti.
(Questo secondo processo è andato in prescrizione in appello)
4) Crotone, le mani della cosca sul turismo, arrestato consigliere regionale
Ancora intrecci tra politica e mafia in Calabria novantasei indagati, di cui otto amministratori
locali Coinvolto un consigliere regionale, Dionisio Gallo, Udc, vicepresidente della commissione
regionale antimafia. E' accusato di corruzione. Nell'elenco, tra gli altri, i nomi del sindaco di
Botricello, Giovanni Puccio, Ds, di suo fratello Giuseppe Puccio (Prc), assessore allo Sport della
Provincia di Crotone, e del cugino, Antonio Puccio, assessore all'Urbanistica del comune di
Botricello; di Antonio Megna (Udeur), assessore della Provincia di Crotone alle politiche sociali.
Nella stessa inchiesta indagato il presidente di Confindustria Crotone e presidente dell’Fc
Crotone calcio, Raffaele Vrenna. (28 dicembre 2006)
Processo Puma, sedici condanne e trentatrè assoluzioni
Tra le condanne spiccano quelle del presidente del Crotone calcio ed ex vertice degli industriali
crotonesi, Raffaele Vrenna, al quale sono stati inflitti 4 anni di reclusione con l’aggravante del
metodo mafioso. Quattro anni anche a Dionisio Gallo, attuale consigliere regionale (ex Udc,
recentemente passato con il Pdl), finito nell’inchiesta per fatti risalenti a quando ricopriva la
carica di assessore regionale alla Forestazione. L’ex assessore provinciale di Crotone, Giuseppe
Puccio, dovrà scontare invece tre anni di reclusione così come Giovanni Puccio, sindaco di
Botricello (Catanzaro); ad entrambi veniva contestato l’abuso d’ufficio con l’aggravante
(riconosciuta) del metodo mafioso. (14 Giugno 2008)
5) Tangenti. Consigliere comunale di An arrestato a Crotone, i carabinieri lo hanno
filmato mentre prendeva denaro. Ai carabinieri che lo avevano ripreso mentre intascava
una busta contenente denaro, il presidente del Consorzio industriale di Crotone Carlo Turino ha
dichiarato che si trattava di un "contributo" al partito.
6) Il vice direttore dell’ufficio Dogane di Crotone, Sergio Proietto, di 57 anni, è stato
arrestato dai carabinieri del reparto operativo perché sorpreso mentre stava ritirando una
somma di denaro dal titolare di una azienda che era sottoposta ad accertamenti (17/11)
7) Ufficio del lavoro: scattano denunce e arresti. Operazione dei Carabinieri di Crotone.
8) Le mani della ‘ndrangheta sulla “488” - Operazione della Guardia di Finanza nel
Crotonese. Indagate 21 persone, tra queste c’è anche un parroco
CROTONE. “Questa indagine conferma che i mafiosi sono entrati alla grande nella legge 488”:
è quanto ha affermato il procuratore Mariano Lombardi coordinatore della Direzione
distrettuale antimafia, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta venerdì 10
novembre a Crotone per illustrare l’operazione “Wood Line” condotta dalla Guardia di Finanza.
Un’indagine che vede indagate 21 persone accusate di associazione per delinquere finalizzata
alla malversazione a danno dello Stato, truffa aggravata, riciclaggio, istigazione alla corruzione,
ricettazione, corruzione, turbata libertà degli incanti, con l’aggravante di aver agito con
modalità mafiose. Tutta la vicenda ruota intorno al “Consorzio mediterraneo del legno”. In
questo contesto si inquadra la figura di un sacerdote che figura tra le persone indagate; si
tratta di don Francesco Giungata, 35 anni, parroco della chiesa di Santa Rita di Crotone, che si
sarebbe prodigato per fare ottenere a Cavarretta la certificazione antimafia necessaria alla
Catarsi Marine.
Giorgio Greco