La Città dei Mestieri: un ponte fra scuola e impresa

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La Città dei Mestieri: un ponte fra scuola e impresa
La Città dei Mestieri:
un ponte fra scuola e impresa
progetto di cultura del lavoro
SINTESI
INDICE
1. I compiti istituzionali della Camera di Commercio e le ragioni del progetto
2. Conoscere il proprio territorio per sapersi orientare è una competenza di cittadinanza
3. Una collaborazione per fare cultura del lavoro insieme alla scuola, per leggere culturalmente il
lavoro e i suoi cambiamenti
4. Il lavoro cambia e cerca i giovani. Gli ambiti professionali sui quali promuovere un allargamento
delle immagini del lavoro.
5. La Città dei Mestieri come progetto della Camera di Commercio in rete con le associazioni di
categoria.
6. Allegati
- Allegato 1. Orientarsi: un approccio psicosociale al tema delle scelte.
- Allegato 2. La funzione delle rappresentazioni sociali nelle scelte formative e professionali. Un
approfondimento.
2
1. I compiti istituzionali della Camera di Commercio e le ragioni del progetto
Il sistema camerale persegue istituzionalmente l’obiettivo di assolvere a funzioni di interesse
generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell’ambito delle economie locali.
Per questo, come accade da tempo anche in altri Paesi, la Camera di Commercio è impegnata
nel campo dell’orientamento e per il raccordo tra sistema delle imprese - scuola - università.
Proprio a partire dal retroterra di esperienze accumulate in tal senso, nasce il progetto “La Città dei
Mestieri: un ponte fra scuola e impresa”, inteso come segmento di un ambito di lavoro scuolaimpresa necessario per ridurre le distanze tra formazione e mondo del lavoro; e, al tempo stesso,
possibile da realizzare grazie alla crescente disponibilità delle imprese a collaborare all’educazione
e alla formazione dei giovani, in un’ottica di responsabilità sociale.
Le ragioni di un crescente impegno sono sotto gli occhi di tutti.
Il paese della moda e della Ferrari non trova sarti né meccanici. Non va meglio con i falegnami,
che sono spesso il braccio operativo del design; né con mestieri antichi e nuovi ignorati dai
giovani, a dispetto di un corrispettivo economico di tutto riguardo. E’ il contrario di quanto accade
per i call center, affollati di giovani spesso mal pagati. Tutte le professioni retroterra del “made in
Italy” sono in sofferenza, non solo quelle che, in qualche modo, richiamano l’idea di mestieri di altri
tempi ma anche quelle che hanno fatto la loro comparsa da pochi anni come gli addetti alle
macchine automatiche.
Le ragioni della scarsa attrazione esercitata dai “lavori che sono in cerca di giovani” sono più
d’una, a partire dallo svilimento del lavoro manifatturiero, delle competenze specialistiche che si
formano attraverso l’apprendimento e la formazione nell’impresa; della cultura tecnica e della
sperimentazione artigianale del sapere.1
In questa situazione che penalizza, anche localmente, la sostenibilità del modello produttivo,
occorre un rinnovato impegno per accompagnare l’orientamento dei giovani, mettendo in evidenza
le opportunità produttive e professionali non sfruttate. Certamente non basta, e tuttavia è
indispensabile perché i giovani scelgono anche in relazione alle prefigurazione dei lavori e alle
informazioni di cui dispongono.
È importante agire, dunque, perché le scelte dei giovani hanno conseguenze sociali ed
economiche. Le risorse umane, la loro qualità e formazione, sono componente essenziale
dello sviluppo socioeconomico di un territorio e della sua possibilità di innovazione. Le
scelte formative degli individui e gli investimenti professionali hanno ricadute sul singolo e
sull’intero sistema. In sostanza, l’orientamento professionale assume sempre di più una valenza
economica, concorre alla tenuta dell’intero sistema. Ecco perché le imprese si preoccupano.
L’informazione da sola, tuttavia, non basta, perché nelle scelte dei giovani intervengono aspetti
non economici tanto che si parla di costruzione sociale del mercato del lavoro. L’informazione sulle
opportunità di lavoro, in sostanza, si mescola con gli stereotipi sulle professioni in un contesto di
condizionamenti sociali e culturali che si origina nel proprio ambiente di vita. Tuttavia è possibile
allargare le rappresentazioni sociali e rendere più realistiche e libere le scelte, se i processi di
orientamento assumono un carattere di continuità e sono gestiti insieme all’impresa nell’interesse
di entrambi gli attori coinvolti.
Oggi “orientarsi” è certamente più difficile che in passato, per tante ragioni: i grandi e repentini
cambiamenti che sono intervenuti e che rendono meno prevedibile il lavoro; l’apparente eccesso di
1
G. Roma, direttore generale Censis Corriere della Sera, 20.3.2008
3
opzioni tra le quali indirizzarsi; la mancanza di un sistema di formazione parallelo all’università.
Anche a Rimini le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: troppi giovani faticano ad inserirsi
professionalmente o lamentano un’occupazione non in linea con la loro formazione; troppe
imprese faticano a trovare personale motivato e qualificato.
2. Conoscere il proprio territorio per sapersi orientare è una competenza di
cittadinanza
In virtù di recenti provvedimenti2, a l’obbligo di istruzione è stato elevato a 16 anni e viene assolto
come segue:
- scuola primaria, da 6 a 11 anni
- scuola secondaria di 1° grado, da 11 a 14 anni
- scuola secondaria di 2° grado, da 14 a 16 anni
- oppure nella formazione professionale per l’acquisizione di una qualifica triennale3
L’obbligo di istruzione è finalizzato al conseguimento di otto competenze chiave di cittadinanza, da
acquisire attraverso le conoscenze e le abilità ricondotte a quattro assi culturali: linguaggi, asse
matematico, asse scientifico-tecnologico, asse storico-sociale4.
Le competenze chiave di cittadinanza sono così definite: imparare ad imparare, progettare,
comunicare, collaborare e partecipare, agire in modo autonomo e responsabile, risolvere problemi,
individuare collegamenti e relazioni, acquisire ed interpretare l’informazione.
A conclusione dell’obbligo di istruzione, le competenze di base relative all’asse storico-sociale
riguardano la capacità di “riconoscere le caratteristiche essenziali del sistema socioeconomico, per
orientarsi nel tessuto produttivo del proprio territorio”.
3. Una collaborazione per fare cultura del lavoro insieme alla scuola, per
leggere culturalmente il lavoro e i suoi cambiamenti
Nella scelta dei percorsi formativi e, successivamente, dei percorsi professionali, intervengono
anche aspetti non economici.5
Come precedentemente richiamato, le principali teorie dell’orientamento evidenziano il ruolo che
viene assunto, nel processo di scelta, dalle immagini sociali della formazione, del lavoro, delle
singole professioni. Gli stereotipi professionali riducono la libertà delle scelte; l’insufficiente
informazione penalizza la capacità dei ragazzi di progettarsi nel futuro. Ne sono eloquente
testimonianza i dati dei Centri per l’impiego e delle agenzie per il lavoro che troppo spesso
descrivono neodiplomati con progetti di lavoro molto distanti dai percorsi scolastici compiuti; o
laureati disorientati da idee stereotipate delle professioni e del mercato del lavoro.
Anticipare con metodologie educative la conoscenza del lavoro e delle professioni, permette
alla scuola di realizzare le proprie finalità orientative e di presentare ai ragazzi il lavoro come
2
Legge 26 dicembre 2006 n. 296 art. 1 comma 622
In Emilia Romagna l’iscrizione ai corsi di f.p. è possibile solo a partire dal 15 anno di età
4
Decreto 22 agosto 2007 “Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione”
5
Centro Studi e politiche sociali della Provincia di Rimini
3
4
valore e strumento di cittadinanza; come specifico statuto professionale; come espressione in un
individuo, del complesso di capacità, attitudini, interessi, opportunità e vincoli; come varietà di un
territorio in cui le opportunità occupazionali si declinano in modo specifico all’interno dei settori
economici.
Fare cultura del lavoro significa rendere riconoscibili i valori di cui il lavoro si fa espressione per
connetterli con i valori della scuola; significa favorire la conoscenza del proprio territorio;
significa utilizzare metodologie educative che, contemporaneamente, danno l’opportunità di
consolidare competenze orientative generali imparando a leggere una professione o un settore;
significa favorire una prima risonanza con gli interessi e le capacità.
Portare in classe il lavoro attraverso il racconto e la testimonianza “esemplare” di chi lo
esercita, consente di realizzare una molteplicità di apprendimenti, riconducibili al concetto di
allargamento delle immagini del lavoro e di contrasto agli stereotipi professionali.
Comunicare la passione. Chi trova piacere nel proprio lavoro riesce a trasmettere una
dimensione immateriale molto difficile da comunicare con altri strumenti. Espressioni come
“interessi”, “gusto”, così influenti nelle scelte, assumono notevole concretezza. Il lavoro, inoltre,
può essere meglio esemplificato come strumento di realizzazione di sé e come esperienza per
trovare il proprio posto nel mondo. Chi ama il proprio lavoro, infine, trova sempre un po’ di tempo
per parlarne, per mostrare la propria azienda.
Comunicare le attività e le capacità. Chi esercita un lavoro riesce ad essere molto preciso nella
descrizione di ciò che realmente si fa, dei luoghi in cui le singole attività vengono svolte; degli
strumenti e dei macchinari necessari a produrre o a erogare il servizio. È un passaggio importante
perché l’elenco delle attività è fondamentale per formarsi un’immagine corretta e per metterla a
confronto con le proprie attese. Va ricordato, infatti, che molte attività lavorative pur mantenendo la
stessa denominazione, sono profondamente cambiate al proprio interno tanto da richiedere
capacità e conoscenze in passato non necessarie. Un testimone professionale sa descrivere le
capacità che servono nel lavoro e, anche in questo caso, interviene proponendone una visione
aderente alla realtà.
Comunicare l’importanza della scuola e della formazione continua. In generale, il lavoro
permette alle persone di soddisfare bisogni professionali in linea con la loro personalità. Chi lavora,
però, sa comunicare un “comune denominatore” che consiste nell’importanza della formazione
continua, nel valore dello studio, nell’assunzione di responsabilità verso i compagni, verso i
risultati, verso gli strumenti. In questo senso chi esercita un lavoro riesce a rendere concreto il
legame tra scuola e lavoro e a dare valore all’esperienza scolastica. Ogni impresa, non importa il
suo settore di attività, ha uno spazio in cui conserva libri, manuali, guide, spesso scritti in inglese,
proprio ad esemplificare l’importanza della scuola ai fini del lavoro, l’importanza di continuare ad
aggiornarsi nel corso della vita.
Interventi di cultura del lavoro, in sostanza, se gestiti con metodologie formative, favoriscono più
obiettivi:
di tipo informativo, perché permettono di conoscere la varietà di lavori presenti nel territorio e la
consistenza dei settori in cui si raggruppano;
di tipo orientativo, perché favoriscono un allargamento delle rappresentazioni sociali del lavoro e
delle specifiche attività professionali presentate;
di tipo educativo, nel senso che potenziano l’acquisizione di competenze orientative generali, cioè
quelle che vengono attivate dall’esperienza proposta (raccogliere informazioni, confrontare il prima
e il dopo, fare sintesi; rappresentare il processo di scelta; ecc.).
5
Interventi di cultura del lavoro, reiterati negli anni, aiutano la scuola a fare orientamento nel
senso che offrono strumenti per leggere le professioni, arricchiscono la conoscenza delle
professioni e del tessuto produttivo locale. Ecco perché le attività professionali proposte,
necessariamente, saranno un ampio ventaglio di quelle rappresentative del territorio
incluse quelle che risultano meno attrattive per i giovani.
4. Il lavoro cambia e cerca i giovani. Gli ambiti professionali sui quali
promuovere un allargamento delle immagini del lavoro.
Viviamo in un Paese che ha svilito il lavoro manifatturiero e squalificato il sapere tecnico. Ciò vale
anche per Rimini.
Secondo i dati Excelsior della regione Emilia Romagna relativi all’anno 2012, il 15,5% delle
assunzioni previste dalle imprese risulta di difficile reperimento. In particolare, disaggregando il
dato, le professioni con previsione di assunzione più significative che presentano la maggiore
difficoltà di reperimento riguardano:
- Esercenti e addetti nelle attività di ristorazione (difficoltà di reperimento 22,6%)
- Professioni qualificate nei servizi personali e assimilati (difficoltà di reperimento 14,8%)
- Tecnici dei rapporti con i mercati (difficoltà di reperimento 30,6%)
- Meccanici artigianali, montatori e manutentori macch. fisse e mobili (difficoltà di reperimento
18,9%)
- Professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali (difficoltà di reperimento 32,3%)
- Tecnici della salute (difficoltà di reperimento 29%)
Nella provincia di Rimini, l’11,8% delle assunzioni previste dalle imprese risulta di difficile
reperimento. Le professioni più richieste risultano:
- Professioni qualificate nelle attività ricettive e della ristorazione (esercenti e addetti nelle attività
di ristorazione): 32% (di cui il 3,6% di difficile reperimento)
- Professioni non qualificate nel commercio e nei servizi: 16,8% (personale non qualificato nei
servizi di pulizia)
- Professioni qualificate nelle attività commerciali (addetti alle vendite): 12,8%
Oltre 6 assunzioni su 10 sono previste dalle piccole e medie imprese con meno di 50 dipendenti.
Promuovere nuove immagini del lavoro a Rimini, più aderenti alla realtà, significa intervenire in
particolare sulle grandi direttrici dello sviluppo locale così come sono descritte dai documenti
relativi alla formazione superiore, ai tecnopoli: i turismi, il benessere, l’ambiente, le relazioni e la
comunicazione, la manifattura. Ne trarranno beneficio le attività produttive e di servizio del turismo
e del commercio; le professioni dell’artigianato e dell’industria, praticamente tutte, cioè sia
quelle manifatturiere sia quelle di servizio; le professioni a cavallo tra turismo, agricoltura e
artigianato, come quelle legate all’enogastronomia; le professioni tecniche nelle imprese
sociali, soprattutto quelle specializzate nella sanità e nei servizi operativi.
Annualmente i dati Excelsior permetteranno di focalizzare l’attenzione degli alunni su specifici
gruppi professionali, in modo tale da favorire un allargamento delle immagini del lavoro sulle
attività professionali più stereotipate.
6
5. La Città dei Mestieri come progetto della Camera di Commercio in rete con le
associazioni di categoria.
Il progetto La Città dei Mestieri mette in rete sia le risorse imprenditoriali delle associazioni, la cui
sensibilità verso la scuola è cresciuta anche grazie ai progetti alternanza scuola-lavoro; sia il
“saper fare” capitalizzato nel corso di anni e spesso già declinato in strumenti didattici (giochi
didattici, quaderni di lavoro, strumenti informativi ecc.) e setting (architettura didattica e
metodologie).
Per lavorare in rete è necessario, infatti, condividere un linguaggio che si sostanzia in
riferimenti teorici e metodologici.
L’esperienza del progetto richiama alcuni elementi, molto importanti per il carattere educativo
dell’attività che si realizza e per la possibilità di conseguire gli obiettivi attesi.
Approccio teorico
Una visione dell’orientamento come processo che ha risvolti anche economici oltre che sociali. Per
evolvere, la società ha bisogno di giovani motivati a lavorare nei diversi settori.
In tutte le esperienze c’è la consapevolezza sia del peso esercitato sulle scelte da immagini
distorte delle attività professionali; sia dell’opportunità di introdurre note dissonanti attraverso
testimonianze esemplari.
Approccio metodologico
Le testimonianze imprenditoriali, le visite aziendali, sono opportunamente preparate. Vengono
individuati e selezionati imprenditori motivati a incontrare i giovani e capaci di raccontare e
descrivere il lavoro.
La testimonianza/visita aziendale è preceduta da un momento di preparazione ed è seguita da
un’attività di rielaborazione.
Collaborazione con la scuola e collegamento con le discipline
L’attività è integrata nel curricolo scolastico, è svolta in collaborazione con l’insegnante e trova un
collegamento con una o più discipline. In questo modo l’esperienza è oggetto di valutazione e di
miglioramento.
Valorizzazione degli apprendimenti e dell’esperienza
Ciò che l’esperienza ha permesso di imparare e l’importanza che ha assunto per la classe, sono
oggetto di valorizzazione attraverso organi di informazione.
7
Allegato 1 - Orientarsi: un approccio psicosociale al tema delle scelte
I quadri teorici generali che sono alla base dell’approccio sociopsicologico oggi6, possono essere
riassunti nella centralità riconosciuta all’individuo e alla responsabilità di realizzarsi che gli viene
attribuita; nell’individuazione dell’attività lavorativa come perno del processo di costruzione
dell’identità e nell’integrazione sociale; in una concezione dell’avvenire come incerto e instabile e
che esige la capacità di sognare e di progettarsi.
Per questo l’orientamento deve aiutare l’individuo nella sua realizzazione personale, a partire dalla
propria storia, in un contesto di vincoli e di opportunità spesso difficilmente modificabili. Come si
ricordava nelle pagine precedenti, all’orientamento viene chiesto oggi di aumentare l’efficacia del
sistema della formazione, per il benessere scolastico e la prevenzione della dispersione scolastica.
Ma cruciale è anche la sua funzione nell’ambito delle politiche del lavoro, poiché l’inserimento nel
mercato è sempre più l’esito della progressiva costruzione di un progetto personale, piuttosto che
l’automatico e definitivo incrocio tra domanda e offerta di lavoro.
La natura dell’orientamento è multifattoriale, poiché nelle scelte professionali e formative la
persona coniuga la relazione stabilita tra l’immagine di sé, così come egli l’ha definita nel
corso del tempo; l’immagine delle professioni così come esse si sono formate nel contesto
socio-culturale di appartenenza; i vincoli e le opportunità presenti nell’ambiente e nella
storia personale. All’orientamento è necessario un approccio educativo grazie al quale le persone
sviluppino la competenza di auto-orientarsi nel corso della vita. Orientarsi -diversamente dal
passato- non significa scegliere un mestiere bensì individuare un itinerario che contenga più
ipotesi di futuro, magari gerarchizzate tra loro. In questo modo, senza attaccarsi ad un’idea, ci può
essere una evoluzione dei progetti, sopprimendo o aggiungendo ipotesi o cambiando la gerarchia.
Scegliere, cambiare, sono processi che passano attraverso una costruzione e decostruzione di
progetti, il che rende evidente l’importanza del processo. Come precisano alcuni autori, “Di fronte
alla discontinuità di elementi socio-economici instabili e fluttuanti, il nostro obiettivo è far acquisire
agli adolescenti una competenza che permetterà loro di analizzare, nell’immediato ma anche più
tardi, ad ogni bivio che si presenterà nel corso dello svolgimento del proprio orientamento, gli
elementi di sé, le proprie risorse e i propri limiti, la struttura del mondo circostante con le sue
strade maestre e i tornanti, le sue opportunità e le sue forzature. Se, in un mondo in evoluzione,
non è più possibile costruire progetti a lungo termine, occorre fare proprie le strategie a breve
termine, gli aggiustamenti conseguenti e la disponibilità.7
Per molti autori, i motori del processo di orientamento sono i sogni e la scoperta del mondo
professionale. Sembrerebbe un paradosso nell’età dell’incertezza. In realtà per ogni individuo,
progettarsi richiede la presenza di un’idea desiderabile e che sia capace di valorizzare l’idea che la
persona ha di sé. Ecco perché l’idea di lavoro ha un posto importante nei sogni di un individuo per
il suo futuro. Certo i sogni non possono essere presi alla lettera ma si può scoprire, durante il
lavoro didattico, “cosa c’è dietro al suo sogno”, cioè come è fatto il lavoro verso il quale ci si vuol
orientare. È, poi, necessario avvicinare a quelle descrizioni alcune informazioni e far comprendere
che ci sono tante attività lavorative che utilizzano i “tratti” di quel sogno.
Accanto alla capacità di sognare è fondamentale quella di “progettarsi”. Nella società
dell’incertezza, anche “progettarsi” può sembrare un paradosso. In realtà, più il mondo diventa
incerto, scarsamente prevedibile, più è necessario fare dei progetti che possono non dare una
6
J. Guichard, M.Huteau “Psicologia dell’orientamento professionale” Raffaello Corina Editore 2003
7
Pellettier, Dimora, 1984
8
risposta definitiva ma che permettono di avanzare, di procedere. Il processo di costruzione e
decostruzione dei progetti permette proprio di gestire lo scarto tra sogni e realtà, tra spazio da
amministrare e tempo da anticipare, tra logiche individuali e logiche collettive, tra riuscita e
insuccesso dell’azione progettata.
Una definizione di orientamento8
Orientamento è un compito di tutti. Lo sostengono i documenti di riforma della scuola, le
raccomandazioni comunitarie, i piani di sviluppo provinciali e regionali. È una consapevolezza che
sta maturando sempre di più negli educatori, nei genitori più sensibili, presso chi lavora nei servizi
per l’orientamento e per il lavoro, nelle associazioni di categoria, nelle parti sociali.
Sottolineare che è un compito di tutti richiama per la scuola, l’importanza di cercare l’esperienza e
la collaborazione che altri soggetti e altri punti di vista al di fuori della scuola possono offrire ai
ragazzi per dare loro una prospettiva più ampia sul mondo del lavoro e sul territorio in cui vivono.
Grazie a queste collaborazioni si può avere un supporto esperto per far riflettere i ragazzi sulle loro
caratteristiche e risorse personali, realizzare visite nelle aziende o esperienze di stage e di
alternanza, conoscere le professioni nella realtà della loro evoluzione9
L’orientamento, inteso come processo che l’individuo attiva per affrontare il cambiamento e che
definisce mettendo in relazione la propria immagine di sé con le opportunità e i vincoli presenti nel
suo contesto di vita, ha bisogno di informazioni necessarie per sostenere la scelta. E qui è l’aiuto
grande che promette il progetto “La città dei mestieri”.
Le informazioni hanno a che fare con tre grandi aree, che nella pratica operativa non sono mai
così distinte e separate: le caratteristiche del mercato del lavoro, le professioni, le opportunità di
formazione. Un tema chiave è quello degli sbocchi professionali. Conoscere il mondo del lavoro e
le professioni è un pezzo importante del puzzle da costruire, cercando di separare stereotipi o
preconcetti e di mettere in relazione attitudini e interessi con i settori più ricchi di prospettive. La
letteratura di riferimento conferma che l’immagine, corretta o stereotipata, di una professione
incide molto sul processo di decisione, per cui questo è un punto essenziale su cui cercare con
attenzione informazioni e testimonianze.
Va condivisa, dunque, una visione dell’orientamento come insieme di azioni per sostenere le
persone a prendere decisioni e a implementare attivamente tali decisioni.
I punti principali del nuovo approccio, benché solo in parte pertinenti l’azione delle parti sociali,
possono essere così sintetizzati:
Orientamento permanente, cioè nel corso della vita e non più legato solo alle principali fasi di
transizione.
C’è una stretta correlazione, dunque, tra l’orientamento e una prospettiva di apprendimento lungo
l’arco della vita e con un percorso professionale in evoluzione, con opportunità di rientri in
formazione e di formazione continua.
Auto-orientamento come modello di approccio. La filosofia di approccio si ispira alla valorizzazione
dell’autonomia e dell’autodeterminazione di un individuo. Come in ambito formativo la cosa più
importante è imparare ad apprendere, nell’ambito dell’orientamento il punto chiave in una
8
Maria Luisa Pombeni, Finalizzare le azioni e differenziare le professionalità, in Orientamento: modelli, strumenti ed
esperienze a confronto, a cura di Anna Grimaldi, 2002
9
M. Consolini, relazione conclusiva progetto Orienta da Vinci
9
prospettiva che considera la necessità di scegliere più volte e in situazioni diverse è imparare a
scegliere, sviluppando adeguate competenze orientative.
Orientamento come processo continuo, sistemico e relazionale. Per fare scelte motivate occorre
fare un “percorso” tenendo conto di alcune grandi aree e delle relazioni fra esse, partendo
dall’analisi delle proprie risorse personali fino a un approfondimento sui possibili sbocchi
professionali. È ugualmente importante ricercare una corretta informazione sulle opportunità di
formazione relative a una prima ipotesi professionale, senza dimenticare gli aspetti legati alle
regole e ai dispositivi di inserimento nel mercato del lavoro, come forme di contratto e tirocini.
Per fare ciò ed aiutare le persone a collegare meglio i mondi ancora distanti della
formazione e del lavoro i documenti comunitari invitano a lavorare in un’ottica sistemica e
relazionale, potenziando al massimo la collaborazione tra scuola, imprese, servizi.
Mettere la persona al centro delle attività e individualizzare l’intervento.
Competenze orientative generali e competenze specifiche. Mentre la formazione di competenze
orientative generali è compito specifico della scuola, le altre azioni si avvantaggiano della
collaborazione con altri soggetti che sul territorio possono offrire azioni specifiche. Tutto questo
chiama in causa l’esigenza di collaborazione fra i diversi soggetti territoriali, tra cui i partner sociali,
che possono fornire servizi utili per la crescita e l’ampliamento di opportunità ai giovani.
Le aree chiave dell’orientamento. In coerenza con la teoria psicosociale sopra richiamata,
accompagnare l’orientamento dei giovani significa tenere conto di alcune aree chiave: risorse
personali; sbocchi professionali; percorsi formativi; mercato del lavoro. Dal punto di vista
metodologico, per approfondire le aree chiave inclusa quella dell’informazione, occorre articolare
l’intervento su più livelli: la ricostruzione, l’allargamento, l’attivazione.
Nella preparazione alla scelta occorre offrire pari opportunità, attraverso l’accesso a informazioni
corrette e aggiornate; prevedere esperienze di contatto con il mondo produttivo, attraverso visite
guidate, stage, laboratori per aiutare la comunicazione fra scuola e mondo del lavoro e
promuovere opportunità di socializzazione al lavoro.
10
Allegato 2 - La funzione delle rappresentazioni sociali nelle scelte formative e
professionali. Un approfondimento
Il mondo del lavoro sconta una persistente difficoltà a trovare sul mercato del lavoro giovani
realmente interessati e con qualifiche adeguate ai nuovi e complessi contesti di lavoro.
Il fatto è che le rappresentazioni relative alla realtà del lavoro in generale, e dell’artigianato in
particolare, sono generalmente fondate su immagini obsolete e spesso negative.
A rendere obsolete le rappresentazioni della realtà lavorativa sono state le trasformazioni
dirompenti intervenute a livello dei contenuti e dell’organizzazione del lavoro negli ultimi 10/15
anni. Queste rappresentazioni sono basate, infatti, su esperienze passate, su descrizioni e
narrazioni che non riescono ad integrare le profonde innovazione tecnologiche intervenute nel
corso degli ultimi due decenni.
Soprattutto nel caso dell’artigianato, nomi antichi descrivono competenze e attività sempre
nuove. Benché la rivoluzione informatica abbia, per esempio, drasticamente alzato la soglia delle
conoscenze di base necessarie per il lavoro artigianale, resta ancora prevalente l’idea di una
connessione stretta fra artigianato, lavoro manuale, basso livello d’istruzione in ingresso e
conseguente status sociale poco elevato se non addirittura marginale.
Gli stereotipi e le rappresentazioni relative al lavoro e alla scuola presenti nell’ambiente di vita degli
adolescenti svolgono, dunque, un ruolo centrale nell’orientare le loro scelte formative e
professionali. Ma per comprendere l’importanza e il ruolo giocato da tali rappresentazioni è
opportuno analizzarne la natura. Lo studio delle rappresentazioni può fornirci, in particolare,
indicazioni interessanti sul significato attribuito al lavoro, sulle sue caratteristiche ideali e sul
giudizio di valore che ne viene dato, sui modelli di comportamento in relazione ad esso.
Le scelte formative e professionali sono, infatti, anche il riflesso delle idee di lavoro presenti
nell’ambiente di vita della persona. E soprattutto quando queste idee sono proposte dalle agenzie
di socializzazione primarie (famiglia e scuola), assumono un ruolo strutturante. Scuola e contesto
familiare, infatti, hanno un rilievo particolare nel definire e legittimare le rappresentazioni degli
oggetti sociali sui quali l’adolescente è chiamato a scegliere: forniscono e convalidano le
rappresentazioni destinate a diventare la cornice interpretativa di riferimento, all’interno della quale
verranno assegnati significati alle informazioni successive.
Le rappresentazioni sociali delle professioni sono un elemento fondamentale nell’elaborazione
delle preferenze professionali.
La rappresentazione che un adolescente si fa delle professioni (Bernardette Dimora, 1999) e, di
conseguenza, i loro progetti di avvenire professionale, sono condizionate dalla loro cultura
famigliare, dal sesso, dalla posizione attuale nel sistema scolastico, dalla loro traiettoria sociale.
Porre attenzione alle rappresentazioni sociali10 significa considerare che nelle scelte entrano in
relazione le rappresentazioni di sé (cioè gli schemi di sé che un individuo si è costruito) e le
rappresentazioni del mondo, che riguardano in particolare la formazione e il lavoro.
Le rappresentazioni hanno la funzione di orientare e fornire un codice per gestire la realtà,
consentendo di operare in una situazione fornita di senso: con questo il soggetto giunge a definire
meglio le proprie strategie di azione sia per la scelta (collocamento/ricollocamento nel percorso
10
Le modificazioni delle rappresentazioni del lavoro nell’arco di una vita ne fanno un’attività storicamente determinata.
Sono il frutto di una costante verifica della realtà che, fin dopo il primo ingresso nel lavoro, porta la persona a ridefinire le
prospettive e ad elaborare nuovi piani che sviluppino un proprio orientamento ad agire.
11
lavorativo individuale) sia per l’orientamento dei comportamenti concreti (da assumere di volta in
volta all’interno dei diversi ambiti professionali).
Il bisogno di conferire ordine al mondo e alla nostra esperienza e di rendere prevedibile la vita
sociale, ci impone di fare ricorso a processi di semplificazione dei percorsi di conoscenza, che
altrimenti risulterebbero troppo onerosi per l’individuo e sarebbero di intralcio al fluire normale della
via sociale quotidiana.
La semplificazione è un meccanismo fondamentale del cosiddetto “pensiero quotidiano” la cui
forza sta nella sua capacità di ridurre drasticamente il livello di problematicità del reale, e nell’alto
grado di consenso e di condivisione che incontra nel gruppo cui si appartiene.
Cosa sono le rappresentazioni sociali. Si tratta di sistemi di riferimento mentale che permettono di
comprendere il mondo. Permettono di dare senso alla realtà e dunque intervengono in ogni attività
cognitiva e in ogni pratica sociale: nei nostri rapporti con gli altri e nel nostro rapporto con
l’ambiente.
È una forma di conoscenza socialmente elaborata e condivisa, le rappresentazioni sociali non
sono le stesse nei diversi gruppi sociali ma all’interno di uno stesso gruppo godono di un consenso
generale.
È un’insieme organizzato di informazioni, credenze, conoscenze, cioè una visione collettiva di uno
stesso oggetto. Sono costruite rispetto ad un contesto particolare e a fini specifici, è finalizzata dal
compito e dalla decisione da prendere.
È una modalità di conoscenza che concorre alla costruzione di una realtà comune e ha la funzione
di orientare i comportamenti e di permettere la comunicazione tra gli individui. Non è una semplice
copia della realtà, perché anzi svolge un ruolo importante nella costruzione dell’informazione:
comprendere è costruire una rappresentazione:
Nella rappresentazione entrano in gioco anche i sentimenti, che accompagnano la presa di
coscienza delle proprietà dell’oggetto, che si tratti di un sentimento globale verso l’oggetto o
parziale verso sue specifiche caratteristiche e proprietà.
Le rappresentazioni sociali hanno la funzione di rendere concrete le cose (oggettivazione) e,
proprio perché fornisce una immagine globale e relativamente completa dell’oggetto, permettono di
incorporare nuove informazioni su esso (ancoraggio). Per quanto riguarda la loro costituzione, la
struttura delle rappresentazioni sociali posa su due elementi forti:
- un nucleo centrale. È l’elemento che dà significato alla rappresentazione, determinato dalla
storia del gruppo (continuità), dai suoi riferimenti ideologici e normativi e segnato dalla memoria
collettiva. È la base condivisa della rappresentazione sociale. Il sistema centrale è generatore di
senso e assicura la coerenza della rappresentazione. Resiste al cambiamento e a tutto ciò che
mette in discussione la rappresentazione (persistenza); è poco sensibile al contesto immediato
(stabilità).
- elementi periferici. Possono essere definiti come prescrittori di comportamenti, cioè
concretizzano il nucleo in termini di comportamenti, prese di posizione ecc. Sono flessibili, duttili,
mutevoli. Da un lato proteggono il nucleo centrale dai cambiamenti, mentre dall’altro permettono
ai singoli di adattarsi ai contesti. Riguarda ciò che è accessibile e più concreto, grazie a cui la
rappresentazione si ancora alla realtà del momento.
Possono cambiare le rappresentazioni? Le immagini che ognuno di noi ha del lavoro sono in
relazione alla cultura specifica che abbiamo acquisito in famiglia, nel sistema educativo, nel nostro
ambiente di vita e nel contesto in cui operiamo: una cultura che può cambiare, perché cambia il
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modo di vivere il lavoro e di rapportarsi ad esso nel corso della vita11. La "cultura del lavoro"
è soprattutto espressione dei valori psicosociali elaborati dagli individui nei diversi contesti e tempi.
L’evoluzione delle rappresentazioni sociali dipende, infatti, sia dallo sviluppo psicologico e
cognitivo del soggetto, sia dalle esperienze che vive
La trasformazione12 di una rappresentazione sociale passa essenzialmente attraverso “le pratiche
sociali” di un individuo: le rappresentazioni sociali si trasformano perché le pratiche sociali
evolvono. Affinché tale trasformazione sia portata a termine è necessario che i cambiamenti
dell’ambiente siano tali da far sì che il gruppo senta la necessità assoluta di adattarsi alle nuove
circostanze; che le pratiche nuove non siano in aperta contraddizione con le antiche
rappresentazioni e che siano condivise dalla maggioranza del gruppo.
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Le modificazioni delle rappresentazioni del lavoro nell’arco di una vita ne fanno un’attività storicamente determinata.
Sono il frutto di una costante verifica della realtà che, fin dopo il primo ingresso nel lavoro, porta la persona a ridefinire le
prospettive e ad elaborare nuovi piani che sviluppino un proprio orientamento ad agire.
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Si può parlare di almeno 3 tipi di trasformazione delle rappresentazioni sociali:
1) Progressiva = il cambiamento avviene senza rottura con il passato, cioè le nuove pratiche si incorporano e si
fondono con quelle del nucleo centrale e si ha una nuova rappresentazione
2) Resistente = c’è una rottura perché le nuove pratiche sono in esplicito contrasto con il nucleo centrale della
rappresentazione. Le contraddizioni sono assorbite dagli schemi periferici come estranee, ma poiché si
moltiplicano, la rappresentazione si trasforma integralmente. Si verifica cioè un’incoerenza inter ed intra
individuale che diventa insostenibile e dalla quale si può uscire solo o tornando indietro o ristrutturando il campo
di rappresentazione.
3) Brutale = quando c’è una trasformazione violenta della rappresentazione; quando pratiche nuove rimettono in
discussione il sistema centrale della rappresentazione, senza che il sistema periferico possa assorbire queste
contraddizioni: quando queste pratiche vengono percepite come irreversibili, la rappresentazione sociale si
trasforma completamente.
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