1 Difficoltà e impossibilità nella traduzione della D. C. in giapponese

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1 Difficoltà e impossibilità nella traduzione della D. C. in giapponese
DEI PROBLEMI TRADUTTOLOGICI DELLA DIVINA COMMEDIA
Difficoltà e impossibilità nella traduzione della D. C. in giapponese (seconda parte)
Pavia, 13 marzo 2008
Michio Fujitani
1. Il primo verso della D.C.
- esame dei quattro sensi danteschi e intraducibilità, se non del senso letterale
- vita: “forza vitale degli esseri animali e vegetali” è inochi 命; “vita biologica” 生命 seimei; “vivacità”
kakki 活気, “durata della vita” è jumyo 寿命; “durata della vita umana dalla nascita o dal punto di vista
della condotta morale” è jinsei 人生, “vivere” o “nascere” si dice sei 生, “dalla nascita alla morte” issho
一生, lo stile di vita da un punto di vista sociale o economico seikatsu 生活 o kurashi 暮らし e così
via.
- nostra, cfr. Isaia (38, 10)
i) In dimidio dierum meorum vadam ad portas inferi
ii) annus magnus, ai)w /n di 13000 anni (chiosa di Filippo Villani)
- nel mezzo
i) nec gemino bellum Troianum orditur ab ovo: / semper ad eventum festinat et in medias res / non secus ac notas
auditorem rapit et quae / desperat tractata nitescere posse relinquit / atque ita mentitur, sic veris falsa remiscet, / primo
ne medium, medio ne discrepet imum. (“né, per la guerra troiana, dall’uovo di Leda; egli avanza sempre diritto alla
metà, e rapisce il lettore, come attraverso una via conosciuta, in mezzo agli eventi; e quel che non può sperare di
mettere in luce passa sotto il silenzio: e così finge, così mescola le cose immaginate alle vere, che il mezzo non
discordia dall’inizio, né la fine dal mezzo.”)
(Orazio, Ars Poetica, 146-152)
ii) In principio creavit Deus caelum et terram
(Genesi I, I).
Il cammin di nostra vita
13000 anni (13×103)
In principio
Deus creavit caelum et terram
931 anni siderali
Vita di Adamo
In medio
(Nel mezzo) del cammin di nostra vita
4302 anni tropici 1267 anni
attesa di Adamo lunisolari
nel Limbo
549 anni
di Giove
A.D.1300
6500 anni
6500 anni
Creazione
di Adamo
Discesa di Dante al Limbo
Discesa di
Adamo al Limbo
Discesa di Cristo al Limbo
1
giudizio
universale
da Adamo fino al viaggio dantesco
931 anni (Par. XXVI, 121)
+4302 anni (Par. XXVI, 119)
+1267 anni (Inf. XXI, 112)
= 6500 anni
dal viaggio di Dante al Giudizio Universale
6500 anni (Par. IX, 37-40)
6500 anni (Par. XVIII, 76-79)
6500 anni (Par. XXVII, 142-148)
2. Strutture linguistiche in Dante e loro traduzione
2.1. Le scelte sintattiche e la posizione delle parole: la tradizione letteraria (esempio oraziano), il canto
di Maometto, Virgilio lascia Dante nel Paradiso Terrestre.
Quis multa gracilis te puer in rosa
perfusus liquidis urget odoribus
grato, Pyrrha, sub antro?
(Orazio, Carmina, I, 5)
(“Qual delicato giovinetto, asperso di profumi, si stringe a te, Pirra, sovra un cumulo di rose nella
grotta accogliente?”). Si confrontino le due figure seguenti
a)
Q u i s mu l t a g r a c i l i s te p u e r i n r os a
p e r f us u s l i qu i d i s u r g et o d o r ib u s
g r a t o, P y r r h a , s u b a nt r o ?
b)
la grotta accogliente
le rose e il profumo di rose
il profumo del giovinetto
le braccia del giovinetto
Pirra
La stessa struttura viene usata da Dante in senso teologico-filosofico nel canto di Maometto (Inf. XXVIII, 21-24)
il modo della nona bolgia sozzo
(= il modo sozzo della nona bolgia)
Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com’io vidi un, così non si pertuggia,
rotto dal mento infin dove si trulla.
7 parole
8 parole (4+4)
7 parole
La struttura normale sarebbe
Già veggia per perdere mezzul o lulla così non si pertugia,
(inserito)
com'io vidi un rotto dal mento infin dove si trulla.
(versione in prosa da Bondioni: “Certo una botte (veggia) per aver perduto la doga centrale (mezzul)
o laterale (lulla) non si sfascia (si pertugia) così, come uno che io vidi spaccato dal mento fino all’ano”)
tra le gambe pendevano le minugia;
la corata pareva e ’l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia.
Mentre che tutto in lui veder m’attacco,
guardommi e con le man s’aperse il petto,
2
dicendo: «Or vedi com’ io mi dilacco!»
(Inf. XXVIII, 25-30)
Un’altra imitazione della letteratura classica ha invece un senso completamente diverso nel Paradiso Terrestre,
quando Virgilio abbandona Dante senza salutarlo.
ma, Virgilio n’avea lasciati scemi
di sé, Virgilio dolcissimo patre
Virgilio, a cui per mia salute die’mi.
(Purg. XXX, 49-51)
tum quoque, marmoreā caput ā cervīce revolsum
gurgite cum mediō portans Oeagrius Hebrus
volveret, «Eurydicen» vox ipsa et frīgida lingua
«ā miseram ‘Eurydicen» animā fugiente vocābat
«Eurydicen» tōtō referēbant flumine rīpae.
(Georg. IV, 523-527)
(“E anche allora, quando l’Eagrio Ebro travolgeva il capo spiccato dal marmoreo collo portandolo in mezzo
ai gorghi, la voce e la fredda lingua mentre l’anima fuggiva, chiamava: «Euriduce! ah, misera Euridice!» e le rive lungo
tutto il fiume ripetevano: «Euridice!» ”)
2.2. Problemi sintattici (es. la negazione, struttura della similitudine)
Inf. XIII, 1-9
Non era ancor di là Nesso arrivato,
quando noi ci mettemmo per un bosco
che da neun sentiero era segnato.
non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti;
non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco.
Non han sì aspri sterpi né sì folti
quelle fiere selvagge che ’n odio hanno,
tra Cecina e Corneto, i luoghi cólti.
Dante utilizza qui il topos della negazione come lo si può leggere, ad es. in Ovidio, Epistulae ex Ponto, I, iii,
50-56.
Un altro esempio di difficoltà è nella traduzione di similitudini che si snodano per molti versi. Per es. Inf.
XXVI, 25-42, di cui si riporta qui solo la prima parte. I numeri alla fine del verso indicano l’ordine in
cui devono essere tradotti in giapponese perché la similitudine risulti comprensibile.
Quante ’l villan ch’al poggio si riposa,
nel tempo che colui che ’l mondo schiara
la faccia sua a noi tien meno ascosa,
come la mosca cede a la zanzara,
vede lucciole giù per la vallea,
forse colà dov’ e’ vendemmia e ara:
di tante fiamme tutta risplendea
l’ottava bolgia, sì com’ io m’accorsi
tosto che fui là ’ve ’l fondo parea.
3
④
①
②
③
⑥
⑤
⑧
⑨
⑦
2.3. Scelte lessicali
2.3.1. Sostantivi (e nomi propri)
Il rapporto fra lonza, leone, lupa, El, Lucifero
lonza leone lupa (Inf. I, 16-39) ma la bestia (al singolare) in Inf. I, 58-102
kemono 獣 “bestia” in giapponese può essere sia singolare che plurale
lonza (“invidia”), leone (“superbia”), lupa (“avarizia”)
Inf. I, 109-111
Questi [= Veltro] la caccerà per ogni villa,
fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno,
là onde ’nvidia prima dipartilla (=Lucifero).
Par. I, 111: Più al principio loro, e men vicine(=Dio).
Capitalia vitia tanta sibi coniunctione coniunguntur ut non nisi unum de altero proferatur. Prima namque
superbiae soboles inanis est gloria, quae dum oppressam mentem corruperit, mox invidiam gignit. (“i vizi
capitali sono così connessi tra loro, che nascono l’uno dall’altro. Infatti la prima figlia della superbia è la
vanagloria, la quale appena ha corrotto un’anima, subito partorisce l’invidia.”) (Gregorio Magno,
Moralia, XXI, 45)
2.3.2. Numerali (es. undici, cinque)
a) Inf. XI: classificazione dei peccati
- profecto numerus undenarius, quoniam transgreditur denarium, transgressionem legis ac per hoc peccatum significat.
(“Senza dubbio il numero 11, poiché oltrepassa (quindi trasgredisce) il 10, indica la trasgressione della
legge e perciò il peccato”). (Agostino, De civitate Dei, XV, 20, 4)
- La spiegazione del peccato finisce al verso 111 (100, numero perfetto perché equivalente a 10×10,
che enfatizza il Decalogo più 11, il peccato stesso).
- Omo o uomo appare nella D.C. 111 volte.
b)
Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che ’ntrati eravam ne l’alto passo
(Inf. XXVI, 130-132)
2.3.3. Aggettivi (es. aspro, crudo)
“esta selva selvaggia e aspra e forte”
3. Locuzioni particolari (es. di retro al sol, il piè fermo)
a) Inf. XXVI, 117 Ulisse dice
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Par. I, 54 e fissi li occhi al sole oltre nostr’ uso.
b) Inf. I, 30 sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso
4
I passi che fa in avanti non erano certi. (trad. di Hirakawa)
In modo che il piede destro sia sempre basso. (trad. di Jugaku)
Pes firmus infirmior erat. Hic est figura; nam sicut cor pus humanum habet duos pedes, per quos vadit ad bonum vel
malum, ita anima habet duos pedes, per quos bene vel male incedit, idest duos affectus. Igitur ad propositum, pes
auctoris, idest affectio, in quo magis adhuc firmabatur, erat infimior, quod adhuc ad infima terrena relicta aliquantulum
magis inclinabatur, quamquam superior pes ad superiora ascenderet, et sicut claudus ibat.(Pietro Alighieri, p.37-38)
3.1. Uso di espressioni e/o metafore sessuali
1)
Al fine delle sue parole il ladro
le mani alzò con amendue le fiche
gridando: “Togli, Dio, ch’a te le squadro!”
(Inf. XXV, 1-3)
cfr. Bondioni: levo manum meam ad Dominum Deum excelsum, possessorem caeli et terrae
(Gen. 14, 22)
2)
colui potei [vedere] che dal servo de’ servi [= papa]
fu trasmutato d’Arno in Bacchiglione [= Vicenza],
dove lasciò li mal protesi nervi.
(Inf. XV, 111-114)
In giapponese questi versi sono stati tradotti come segue:
a) dove ha lasciato dopo la morte il suo corpo incontinente. (traduzione di Hirakawa)
b) dove si è spogliato della carne peccaminosa e molto molle. (traduzione di Jugaku)
- scilicet de nervo genitali (Benvenuto da Imola), perifrasi nota anche nella letteratura classica.
- cioè li nervi del membro virile che avea teso a malo uso, in quanto l’avea usato contra natura.
(Francesco da Buti)
3) Inf. XV 21, metafora del sarto: come il vecchio sartor fa nella cruna, agens nel rapporto di sodomia,
“aguzzare le ciglia”, ecc., mentre in Inf. XVI i dannati stanno in cerchio (rota simbolo del ruolo patiens)
mostrando le natiche .
Si veda Ranieri de Calzibigi Lulliade “ed or d’ago servire, ed or di cruna.”
(da G. Muresu, Saggi Danteschi)
4. Effetto uditivo
1) Inf. V, 103
3A
centro
↓
3A
①
②
③ ④ ③ ②
①
Amor ch’A nullo AmAto AmAr perdonA
1 2
3 4 5 6 5 4
3 2 1
5 sillabe
5 sillabe
2) Tre tipi di rime: rime equivoche (lo stesso suono ma il senso diverso), le rime rare e le rime uniche.
Le rime uniche nella descrizione della quinta bolgia, soprattutto in Inf. XXIII alludono alla situazione
politica di Firenze
5
Per es.
vv.
vv.
vv.
vv.
vv.
vv.
4 -9
8 – 12
14 - 18
31 - 36
103 – 108
127 -132
rissa / issa / fissa
accoppia / scoppia / doppia
beffa / aggueffa / acceffa
scendere / rendere / prendere
Loderingo / solingo / Gardingo
dirci / uscirci / dipartirci
Lo stesso anche in Inf. XV, 61-69 (la profezia di Brunetto)
Ma quello ingrato popolo maligno
che discese di Fiesole ab antico,
e tiene ancor del monte e del macigno,
ti si farà, per tuo ben far, nimico;
ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi
si disconvien fruttare al dolce fico.
Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;
gent’è avara, invidiosa e superba:
dai lor costumi fa che tu ti forbi.
A cui si può aggiungere anche la predizione di Vanni Fucci (Inf. XXIV, 142-150)
apri li orecchi al mio annunzio, e odi.
Pistoia in pria d’i Neri si dimagra;
poi Firenze rinova gente e modi.
Tragge Marte vapor di Val di Magra
ch’è di torbidi nuvoli involuto;
e con tempesta impetüosa e agra
sovra Campo Picen fia combattuto;
ond’ ei repente spezzerà la nebbia,
sì ch’ogne Bianco ne sarà feruto. (Inf. XXIV)
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