La professoressa Maggie-Lee Huckabee dalla Nuova Zelanda all

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La professoressa Maggie-Lee Huckabee dalla Nuova Zelanda all
COMUNICATO STAMPA
LA PROFESSORESSA MAGGIE-LEE HUCKABEE
DALLA NUOVA ZELANDA ALL’IRCCS SAN CAMILLO DI VENEZIA
PER PRESENTARE GLI APPROCCI INNOVATIVI
NELLA VALUTAZIONE E NEL TRATTAMENTO
DELLA DISFAGIA NEUROGENA
L’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico “San Camillo” ha organizzato
un corso di formazione sui disturbi della deglutizione presentando, per la prima volta
in Italia, nuove metodiche di valutazione e di trattamento. Il test della tosse riflessa e
la terapia con biofeedback sono ora applicati, anch’essi per la prima volta in Italia, ai
pazienti della struttura del Lido di Venezia.
Sono stati cento i partecipanti al corso “Cough Test – Biofeedback Therapy”, ospitati
Domenica 27 gennaio all’IRCCS San Camillo di Venezia. Medici, logopedisti, fisioterapisti,
infermieri e studenti universitari hanno affollato, nonostante la giornata festiva, l’auditorium
dell’ospedale lidense per incontrare la professoressa Maggie-Lee Huckabee, tra i massimi
esperti al mondo nella diagnosi e terapia della disfagia neurogena e dei disturbi della
deglutizione, per la prima volta in Italia.
La prof.ssa Huckabee ha illustrato il test della tosse riflessa e la terapia con
biofeedback, due tecniche innovative non ancora introdotte nella pratica clinica di questo
settore in Italia. A fare da apripista è proprio l’IRCCS San Camillo di Venezia, grazie
anche alla dott.ssa Irene Battel, dell’équipe di logopedisti, rientrata da poco nel nostro paese
dopo un periodo di studio e lavoro nel laboratorio di ricerca dei disturbi di deglutizione del
Van der Veer Institute for Parkinson’s and Brain Research a Christchurch, in Nuova Zelanda,
diretto proprio dalla prof.ssa Maggie-Lee Huckabee.
La grande partecipazione al corso al San Camillo ha entusiasmato la prof.ssa
Huckabee, che da anni si dedica con passione ai disturbi della deglutizione, spesso
sottovalutati anche per mancanza di conoscenze o di strumenti. Sono però davvero numerosi
ed incoraggianti i risultati ottenuti, come nel caso di Deb, una signora di 47 anni che in
seguito ad un tumore del tronco cerebrale aveva perso la capacità di deglutire: “Per due anni e
mezzo non è riuscita a mangiare nulla – spiega la prof.ssa Huckabee – ma dopo poche settimane di
terapia è tornata ad inghiottire normalmente, una cosa che sembrava impossibile. Deb, e con lei molti altri, mi
hanno insegnato che anche se non abbiamo abbastanza strumenti per capire le dinamiche alla base della
disfagia, anche se le nostre conoscenze sono ancora limitate, è importante insistere a cercare nuovi interventi che
possano aiutare il paziente a riacquisire le funzioni perdute. Bisogna essere testardi e non mollare mai”.
Contatti: Fabio Cian, Comunicazione e Relazioni Esterne Fondazione Ospedale San Camillo IRCCS
e-mail: [email protected] - Tel. 041.2207264
Maggie-Lee Huckabee è una logopedista americana. Dopo
molti anni di pratica clinica e un dottorato di ricerca presso
l’Università di Memphis (Tennessee – Stati Uniti), attualmente è
coordinatrice del corso di laurea in logopedia dell’Università di
Canterbury (Nuova Zelanda). Inoltre dirige il laboratorio di
ricerca dei disturbi di deglutizione presso il Van der Veer Institute
for Parkinson’s and Brain Research a Christchurch, in Nuova
Zelanda, con un nutrito team di ricercatori e studenti provenienti
da tutto il mondo.
La disfagia è una condizione patologica poco conosciuta dal grande pubblico, ma che
colpisce un gran numero di pazienti con esiti di ictus e affetti da demenze, sclerosi
multipla, sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e da altre malattie a carico del sistema nervoso
centrale. Si tratta di un disturbo della deglutizione che causa difficoltà ad assumere
cibi solidi o liquidi. Se non trattata opportunamente può scatenare polmoniti, dovute
principalmente all’ingestione di cibo nelle vie respiratorie. È quindi importante avere
tecniche e strumenti per poter fare una diagnosi accurata con analisi strumentali.
Il test della tosse riflessa è un metodo molto efficace per individuare precocemente il
rischio di inalare cibo e permette quindi di prevenire le polmoniti, che sono tra le prime
cause di morte, specialmente nella popolazione anziana. Questo metodo permette di
valutare il riflesso della tosse, il più importante meccanismo di difesa delle vie aeree.
Il biofeedback è una terapia, innovativa in questo ambito, che aiuta il paziente a
riprendere il controllo del proprio corpo e delle sue funzioni. L’applicazione di elettrodi a
livelli dei muscoli sottomandibolari consente di registrare un’elettromiografia di
superficie, che permette al paziente di vedere sullo schermo di un computer l’attivazione
dei muscoli interni, proprio quelli più coinvolti nella deglutizione. Questo tipo di rinforzo
visivo aiuta il paziente a migliorare la capacità deglutitoria e ad automonitorare i
progressi.
Contatti: Fabio Cian, Comunicazione e Relazioni Esterne Fondazione Ospedale San Camillo IRCCS
e-mail: [email protected] - Tel. 041.2207264
Venezia, Gennaio 2013