Capitolo 2 - Anna Bonci

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Capitolo 2 - Anna Bonci
II
Shrever risalì il pendio della collina e una volta giunto in cima si fermò
a guardare il panorama che lo circondava. Una conca si stendeva ai
piedi dei monti Owiti, piccola e pallida in confronto all’enorme massa
nera delle montagne. Una strada lunga e sottile partiva dalla conca per
poi tuffarsi nel buio dei versanti. Quel sentiero, battuto da rari eroi, era
denominato passo di Owu, ma molti lo conoscevano come la Via
dell’Oblio, forse perché pochi vi si erano avventurati, di certo perché
mai nessuno era tornato raccontando di averlo percorso fino alla fine.
Shrever si assestò sulla sella con un colpo di reni, il suo destriero
mandò uno sbuffo che il gelo tramutò in vapore. Rimanendo fermo sul
cavallo rimirò l’insieme di soldati accalcati nella conca, un ammasso di
belve vestite quasi tutte di nero e coperte da abiti cenciosi sui quali il
sangue si era ormai impregnato in modo indelebile. I soldati stavano
pressati e formavano una sorta di quadrato deformato. Nonostante
l’ordine di disporsi in fila e rimanere immobili continuavano a
spostarsi, chi per parlare col vicino, chi per lanciare un’ingiuria, chi per
restituire un colpo. A vederli da lontano sembravano degli scarafaggi
racchiusi in una scatola, le corazze tetre e lucenti a mandare sinistri
bagliori. Shrever li studiava riflettendo sulle disposizioni da impartire
in vista di quello che a breve sarebbe diventato il nuovo campo di
battaglia. I guerrieri che aveva di fronte in quel momento erano
certamente i migliori di tutti quelli che si erano messi al suo servizio fin
dal principio. Il suo cammino era stato lungo e tortuoso. Tutto era
iniziato con la strage nel proprio paese d’origine, da lui stesso
perpetrata con piacere. Grazie a quell’episodio la sua fama si era
diffusa, alcuni esseri si erano schierati al suo fianco, bestie poco degne
di considerazione, ma pur sempre seguaci assetati di conquista. Insieme
a un manipolo di mercenari Shrever aveva sconfitto la milizia che
governava i villaggi intorno al suo. Il suo esercito si era dapprima
ingrandito, poi con il passare del tempo e delle battaglie si era
scremato. Insieme ai prescelti Shrever aveva valicato il passo di Lante
addentrandosi nella valle di Phul. Aveva annientato con facilità i
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predoni delle montagne, schiacciandoli come formiche nella polvere,
quindi aveva dilagato nella valle riuscendo a sfondare la barriera di
villaggi dreist. Quegli umanoidi dalla pelle nera simile a scaglie,
famigerati per l’ostilità e il crudo stile di vita, erano stati per lui poco
più di un semplice contrattempo. E finalmente era giunto fino a lì, di
fronte all’estremo ostacolo. Il passo di Owu. La via dell’Oblio. Il valico
che lo avrebbe condotto alla tana di Wyrm.
D’un tratto si sollevò un gelido alito di vento.
Shrever incitò il cavallo e discese la collina. Ansiti e gorgoglii cessarono,
sull’esercito calò un silenzio tombale.
“Sapete che non siamo qui per parlare.” la voce profonda risuonò
metallica oltre la barriera dell’elmo “Siamo qui per conquistare un
impero.” alzò la spada verso il cielo come a trafiggere un immaginario
avversario “E chiunque intralcerà il nostro cammino se ne pentirà. Per
sempre.”
Un terrificante boato esplose. Le armi presero a rullare contro gli scudi
creando un fragore sempre più assordante.
Shrever gettò un feroce ruggito, poi lanciò il destriero verso il sentiero.
La truppa lo seguì con identico slancio. Cavalcarono veloci
inoltrandosi nelle fitte tenebre del bosco, spingendo i cavalli sul ripido
versante, dal buio all’improvviso piovvero viscidi volatili dai becchi
appuntiti.
Shrever riuscì a superare l’attacco dei subdoli mostri grazie all’ausilio
dell’armatura integrale e all’incessante mulinare della spada, i suoi
seguaci dovettero invece affidarsi agli scudi, picche e mazze. Il ridotto
spazio del sentiero costringeva i soldati ad avanzare in fila uno dopo
l’altro e impediva loro di respingere con efficacia gli attacchi dei
fulminei volatili.
“Ripariamoci tra gli alberi!” disse Shrever deviando il cavallo verso il
fondo della foresta.
Appena compiuto un passo il destriero si bloccò, ma comunque troppo
tardi. Il terreno franò di colpo sotto i suoi zoccoli. Shrever ruggì di
rabbia, s’alzò in piedi sulla sella, quindi si gettò sul sentiero mentre
l’animale sprofondava nel baratro. Nel volgersi notò che molti suoi
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seguaci si erano avventurati nella stessa impresa e stavano franando
nella melmosa oscurità.
Shrever s’adoperò per soccorrere alcuni soldati, non certo per
generosità, quanto più per convenienza tattica. Sapeva che la sua meta
era in cima al sentiero, che non ci sarebbe stata gloria per chi si fosse
fermato senza giungere alla fine, ma più di tutto sapeva d’essere l’unico
che avrebbe potuto farcela. Ma non da solo.
Con la sola forza delle braccia recuperò un chreipt insieme al suo
cavallo, l’orco deforme gli riservò uno dei ghigni ricolmi di storte zanne
tipici della propria razza. Sul sentiero più indietro altre creature erano
ancora impegnate nella lotta contro i volatili. Senza più voltarsi Shrever
riprese il cammino. Tutte le creature che erano ancora in grado di
camminare lo seguirono.
Il pendio aumentava man mano che si procedeva, la strada si faceva
sempre più impervia, stretta, ricoperta di pietre e fango. Lo squadrone
arrancava ansimando, il comandante era il solo ad avanzare a grandi
passi, senza difficoltà, la sua spada enorme tranciava i rami che
ostruivano il varco. Il bosco, nel primo tratto folto e oscuro, andava
diradandosi in un cimitero di tronchi isolati. Un nuovo attacco venne
proprio dai rami scheletrici degli ultimi alberi rimasti. Come una
tempesta di ghiaccio uno stormo di rapaci si rovesciò sui guerrieri. La
dentatura dei mostri era spropositata rispetto alle loro dimensioni,
penetrava letale sulla pelle squarciandola come frutta marcia.
I guerrieri ingaggiarono lotta contro i rapaci, in pochi attimi il sentiero
divenne viscido, ricoperto da un ruscello di sangue. Con estrema
difficoltà Shrever e i suoi compagni riuscirono a sconfiggere anche
quella minaccia, ma l’esito dello scontro fu sconfortante. Da un
centinaio di creature che erano partite ora stavano in piedi non più
d’una trentina di esseri.
I superstiti si guardarono gli uni gli altri, sorpresi e furiosi. Il gemito
straziato di un ferito dilaniò il silenzio.
Preso da un moto di rabbia Shrever strappò di mano a uno dei suoi
soldati una mazza chiodata e l’abbatté sulla testa della creatura a terra.
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“Chi non se la sente di proseguire è meglio che torni indietro. Ora.”
disse puntando la mazza contro i propri seguaci. Senza attendere
risposta buttò a terra la mazza, si voltò e riprese la via.
I gemiti cessarono all’istante. I passi della marcia echeggiarono sul
sentiero.
Quando il pendio prese a essere meno duro la vegetazione era ormai
scomparsa da tempo. Un vento rabbioso prese a ululare, spazzando in
direzione contraria alla salita. Avanzarono nella feroce bufera per
interminabili ore. Ogni tanto qualcuno degli esseri che era stato ferito
cadeva al suolo, stremato dalla sofferenza e vinto dall’immane violenza
del vento. Il buio era ormai padrone d’ogni elemento, il sole un
lontano ricordo. Nella penombra della notte la parete di roccia pareva
un nero sudario calato sugli occhi, enorme e opprimente. Il terreno
s’inerpicava sul monte zigzagando, il sentiero si andava stringendo,
divenendo sempre più ripido e scosceso, rasentando il filo di profondi
crepacci. Shrever aumentò il passo. Il traguardo doveva essere vicino.
Ansiti e brontolii si moltiplicarono alle sue spalle, ma egli non ci fece
caso. Tutta la sua concentrazione era rivolta a ciò che gli stava davanti.
A ogni metro s’aspettava un nuovo attacco, a ogni curva una nuova
minaccia. D’un tratto, svoltata l’ennesima ansa, si ritrovò il passaggio
sbarrato da una protuberanza della montagna. Il sentiero
s’interrompeva di colpo affondando in un antro buio. Il vento si era
quietato, ma l’aria era pesante. All’improvviso respirare si era fatto
difficile, come fossero immersi nelle profondità di un cupo oceano.
Shrever osservò la parete che incombeva su di loro, a qualche metro da
terra vide un buio varco, spaventoso e immenso come la creatura che vi
dimorava.
Non fece in tempo a gioire che subito i guardiani della grotta, due
immensi troll, si presentarono al suo cospetto.
Con un solo balzo i mostri piombarono sull’esiguo esercito.
Shrever con la pura forza della rabbia si gettò su uno dei troll, gli si
aggrappò ad un braccio e si lanciò verso il suo viso. La spada, precisa e
letale, tagliò di netto la gola del nemico.
L’altro troll venne circondato dai soldati, alcuni gli si aggrapparono alle
gambe, altri alle braccia. Shrever si aprì la strada verso il mostro, questi
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si girò tagliando l’aria con uno degli arti. Shrever si abbassò evitando il
colpo, con un gesto rapido si rialzò, con furia affondò la larga lama
nell’inguine del troll, ritrasse svelto l’arma, quindi con un terrificante
ruggito la spinse nel petto del gigante.
Il secondo guardiano precipitò a terra con fragore. Un lago di sangue si
versò ovunque avvelenando il terreno.
Shrever alzò entrambe le braccia e gettò al cielo un ululato d’euforica
rabbia.
Fu allora che Wyrm si mostrò alla luce di una notte senza stelle.
L’enorme drago uscì dalla grotta calando le immense ali come un
cappuccio sul condannato.
“Io sono uno dei prediletti della Stirpe” ruggì Shrever “Inchinati al tuo
nuovo padrone, Wyrm.”
Le ali del drago presero a muoversi, la creatura s’alzò da terra facendo
tremare il suolo fin nelle viscere.
I soldati vennero travolti dal vortice e franarono a terra, soltanto
Shrever rimase in piedi.
Il comandante rimase immobile per infiniti istanti mentre il drago
volteggiava nel cielo di tenebra, quindi con lenti gesti si tolse l’elmo.
Il silenzio si fece assoluto. L’aria sembrò sciogliersi in una pioggia
impercettibile.
Tutti i soldati rimasero sconvolti. Da quando avevano incontrato il
loro comandante mai nessuno lo aveva visto in viso.
Il drago planò sullo spiazzo di fronte alla tana, un brontolio echeggiò
nell’aria.
La montagna s’accostò al guerriero. L’immenso occhio argenteo del
drago esplorò la figura che si elevava di fronte a lui, minuscola al suo
cospetto, ma fiera, tonante.
Shrever stese il braccio, aprì la mano indicando i suoi seguaci. Non
proferì alcuna parola e rimase impassibile a osservare mentre il drago
saziava la propria fame con quel che rimaneva del suo esercito.
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