Nani sulle spalle dei giganti

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Nani sulle spalle dei giganti
THE FUTURE OF SCIENCE
Nanotech contro il cancro
Nani sulle spalle
dei giganti
Con l’infinitamente piccolo
si possono battere i tumori:
è solo questione di tempo
e di sviluppo di tecnologie
che, in vent’anni, hanno già
rivoluzionato la medicina
a cura di FABIO TURONE
i definisce scherzosamente “un
tassinaro”, ma andrebbe semmai
accostato a un
astronauta che si muove con
sempre maggiore competenza e maestria in un ambiente
pericoloso e ostile, verso galassie inesplorate in cerca di
una nuova
cura contro il cancro.
In effetti nelle appassionate
parole con cui Mauro Ferrari
ha illustrato il futuro della
nanomedicina al pubblico
della AIRC lecture tenuta a
Venezia – durante la conferenza “The Future of Science”
organizzata come ogni anno
dalla Fondazione Veronesi –
ricorrono le metafore spaziali, forse perché il geniale ricercatore friulano è da anni
S
trapiantato a Houston, in
Texas, dove la NASA ha avuto
per lunghi anni un poligono
di lancio.
Nella città texana – ha raccontato con uno dei tanti sorrisi dispensati alla platea
piena di giovani, raccolti attorno a Umberto Veronesi per
imparare tutto sulle nanoscienze – sono da tempo abituati a sentirsi ripetere la storica frase
“Houston,
we have a
problem” e
a darsi da fare per trovare una
soluzione all’altezza. Nel caso
della battaglia contro il cancro, la promettente soluzione
alla quale Ferrari sta lavorando da molti anni prevede, tra
le altre cose, la costruzione di
un razzo a tre stadi, montato
in una scala infinitamente
piccola, misurabile in nanometri, miliardesimi di metro.
Un razzo
molto piccolo
per trasportare le
cure al bersaglio
14 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2012
“STREPITOSAMENTE
MULTIDISCIPLINARE”
Umberto Veronesi, che
nel presentare la sessione organizzata da AIRC ha elogiato Ferrari per i risultati ottenuti alla testa della massima
istituzione mondiale di ricerca sulle nanotecnologie
applicate all’oncologia – il
Methodist Hospital di Houston –, ha ricordato il suo
percorso di studi inusuale
per un clinico, ma utilissimo
a unire le competenze oggi
richieste allo specialista in
nanomedicina: laureato in
matematica a Padova, Ferrari si è trasferito negli Stati
Uniti per prendere prima un
dottorato in ingegneria a
Berkeley, in California, quindi la seconda laurea in medicina a Columbus, in Ohio,
dove ben presto è stato chiamato a dirigere il Centro di
ingegneria biomedica.
A quel punto si è trovato a
essere la persona giusta, nel
posto giusto e al momento
giusto perché il National
Cancer Institute americano
gli affidasse, nel 2003, la direzione del programma di sviluppo della nanomedicina,
con un approccio “strepitosamente multidisciplinare”.
Quell’approccio che permette al tempo stesso di affrontare le nuove sfide dell’innovazione, tenendo i
piedi ben piantati sulle soli-
I relatori M. Ferrari, F. Beltram, P.P. Di Fiore
In questo articolo:
nanotecnologia
oncologia molecolare
nuove cure
de basi del metodo scientifico affinato dalle discipline, per così dire, classiche.
Anche per i nanoscienziati,
ha infatti ricordato il ricercatore omaggiando il suo
“grande maestro Veronesi”,
vale l’immagine coniata nel
dodicesimo secolo da Bernardo di Chartres (e poi ripresa anche da Newton) dei
nani in piedi sulle spalle
dei giganti, che per questo
motivo riescono a vedere
sempre un po’ più lontano
degli altri.
IL PRIMO NANOFARMACO
È ITALIANO
“La nanotecnologia non è
una cosa nuova. Risale al
1986 il premio Nobel a chi ha
saputo per primo spostare
singoli atomi, al 1996 quello
per la scoperta dei fullereni e
dei nanotubi, e al 2010 quello
assegnato per la scoperta del
grafene” spiega Ferrari. “Il
primo e il terzo sono stati assegnati per la fisica, mentre il
secondo per la chimica, a riprova del fatto che a livello
nanoscopico le differenze tra
queste diverse discipline tendono a svanire”.
D’altra parte anche la nanomedicina applicata al
cancro esiste da una ventina d’anni: “Il primo nanofarmaco è l’adriamicina,
messa a punto all’Istituto
tumori di Milano da Gianni
Bonadonna e approvato
quasi vent’anni fa. Oggi
circa il cinque per cento dei
Ferrari con alcuni
studenti presenti all’evento
farmaci usati in oncologia è
nano, e in ambiti come il
cancro del seno o dell’ovaio
sono addirittura il 20 per
cento circa” riepiloga il luminare friulano, sottolineando il fatto che le nuove
conoscenze e competenze
che si stanno affinando su
scala nanometrica offrono
prospettive di enormi passi
avanti in molti ambiti diversi. A differenza di molti
farmaci venuti dopo, l’adriamicina non dispone di
nessuna capacità di riconoscimento delle molecole su
cui deve agire: si concentra
nel tessuto tumorale in
virtù di alcune irregolarità
che caratterizzano i vasi
sanguigni creati dal tumore.
“Uccidere le cellule cancerose è facile: si può fare
anche con l’acqua del rubinetto” spiega Ferrari ricorrendo a un paradosso. “La
difficoltà vera è il trasporto
del farmaco sul bersaglio”.
PROBLEMI RISOLVIBILI
E in questo ambito le nanotecnologie promettono di
far compiere all’oncologia
un balzo da gigante: “Io
sono tassinaro delle particelline: il mio lavoro consiste nel portare le nanoparticelle dove servono” racconta
con tono scherzoso. Il taxi è
appunto un sofisticatissimo
razzo a tre stadi realizzato
assemblando insieme tante
strutture di dimensioni nanometriche, ciascuna con
una funzione specifica: “Il
corpo umano è come una
fortezza medievale e la cosa
più difficile è superare tutte
le barriere biologiche, come
la barriera emato-encefalica
o il fegato”.
Il primo stadio del vettore
potrà quindi essere un travestimento capace di ingannare le cellule del fegato, pronte
a distruggere gli intrusi, permettendo di far
passare un
potente
esercito,
come con un cavallo di Troia.
“Oggi, dopo vent’anni di
studi, vedo il cancro in
modo diverso, come una patologia del trasporto. È un
male che invade posti in cui
non doveva andare, agendo
sui meccanismi biologici
con cui l’organismo crea barriere e provvede al riconoscimento” conclude. L’oncologia del futuro, insomma,
saprà usare tutte le competenze disponibili per costruire strumenti capaci di inseguire il cancro e combatterlo
con sempre maggiore abilità
e destrezza.
Le nuove generazioni
sono già in pista: per un’iniziativa promossa da Ferrari
insieme alla moglie Paola,
nel paesino
calabrese di
Gagliato –
ribattezzato “Paese
delle nanoscienze” –,
anche i bambini frequentano la Piccola accademia
delle nanoscienze. Così i
più piccoli possono ascoltare i migliori scienziati che
ogni anno si riuniscono da
tutto il mondo per quattro
giorni, per trovare insieme
la migliore soluzione a problemi sempre nuovi e sognano di diventare l’astronauta che con il suo piccolo
passo in più permetterà all’umanità di compiere il
tanto atteso “balzo da gigante” contro il cancro.
Una Piccola
accademia
per sconfiggere
i pregiudizi
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