“Self Empowerment – Problem solving
Transcript
“Self Empowerment – Problem solving
“Self Empowerment – Problem solving” Episodio numero 16: Step by step Testo dell’episodio del podcast audio “Step by step” Introduzione Episodio numero 16: “Step by step”. Contenuto A. : Salve a tutti, non so quanto sarà stato utile e non so nemmeno quanti riusciranno a risolvere i problemi che affrontano giornalmente, ma io posso sicuramente dire che personalmente ho aperto gli occhi su molte dinamiche che nemmeno immaginavo. Prima mi approcciavo ai problemi in maniera affannosa, con quell’ansia di chi non sa come reagire… D. : E ora? A. : Ora almeno so che mi devo fermare, riflettere e utilizzare qualche piccola strategia per la risoluzione dei problemi: e quindi grazie miei cari professori, grazie di cuore. D. : Per favore Arianna, non essere patetica: ogni volta che siamo in chiusura inizi a diventare smelensa e troppo complimentosa! G. : Su, su, facciamo un ultimo sforzo portiamo a termine il nostro percorso. A. : E va bene, su, mi asciugherò le lacrime! G. : Allora Arianna, pensavi di sapere tutto e invece esiste un’altra strategia innovativa di problem solving: immaginare lo scenario al di là del problema. In pratica si tratta di domandarsi quale sarebbe lo scenario, riguardo alla situazione da cambiare, una volta che il problema fosse completamente risolto o, nel caso di miglioramenti da ottenere, una volta che l’obiettivo fosse completamente raggiunto. A. : Oh mio Dio, e quindi? D. : Beh, in altri termini, dobbiamo convincere la nostra mente a immaginare quali sarebbero tutte le caratteristiche della situazione ideale, dopo aver realizzato ovviamente il cambiamento strategico. Questo, che può sembrare un lavoro di pura fantasia è invece un modo di rilevare concretamente le caratteristiche della “realtà ideale” da raggiungere e che spesso ci permette di vedere cose che non saremmo in grado di concepire, se lavorassimo semplicemente sulla realtà presente e passata. G. : Altschuller ha definito questa tecnica, tipica dei grandi inventori, “la fantasia della macchina perfetta”. D. : Ad esempio, pare che Leonardo Da Vinci, quando studiò il volo, avesse inizialmente progettato differenti tipi di macchina per volare per poi perfezionare progressivamente i suoi progetti, scartando quelli che apparivano inferiori o irrealizzabili. G. : Infatti, quando progettò la macchina per sollevarsi nell’aria dotata di un’elica orizzontale sospinta dalla forza di un pedale, si rese conto della sua improponibilità, poiché questa specie di elicottero doveva funzionare con la forza della pedalata di un essere umano. Questi poteva riuscire, grazie alla sua straordinaria forza fisica, a sollevarsi da terra, ma poi inesorabilmente vi ricadeva. D. : A causa dei limiti delle risorse a disposizione di Leonardo a quell’epoca, in cui non c’era ancora la possibilità di usare un motore a scoppio o a vapore, il progetto quindi apparve irrealizzabile, per quanto geniale. G. : La stessa cosa avvenne per l’idea di produrre il volo attraverso il battito di ali, costruite per essere sospinte dal movimento delle braccia di un essere umano. D. : Non è quindi un caso se il genio italiano giunse alla messa a punto del primo aliante osservando il volo dei rapaci il quale non richiedeva una forza sovrumana ma sfruttava le correnti aeree. G. : Ma non dobbiamo pensare che sia necessario essere un Leonardo per immaginarsi lo scenario al di là dei problemi, anche quando questi appaiono complicati e persistenti. Tutti abbiamo la capacità di immaginare quello che ci piacerebbe che fosse: il problema è che il più delle volte non riusciamo a realizzarlo. D. : Nel nostro caso la tecnica serve proprio come prima cosa, a liberare la pura immaginazione, per poi selezionarne gli aspetti realizzabili concretamente. G. : Proviamo a chiamarla la “tattica dei piccoli passi”. D. : “Anche il viaggio più lungo inizia con un primo passo”: così la saggezza più antica ci indica la strada per l’applicazione di soluzioni a problemi anche complessi e resistenti al cambiamento. Nei fatti, per rendere applicabile una strategia messa a punto per sbloccare una situazione problematica, è fondamentale iniziare dal più piccolo ma concreto cambiamento ottenibile. G. : Iniziare dal passo più semplice ci salva dalle nostre eventuali incapacità nel realizzare grandi azioni, e al tempo stesso riduce la resistenza al cambiamento del sistema sul quale si interviene. Un esempio che mostra per contrasto quanto sia importante considerare i cambiamenti più piccoli rispetto a quelli più grandi nella soluzione di un problema ci viene di nuovo da un ambiente certo non privo di risorse intellettuali: stiamo parlando della NASA. D. : Tra i tanti progetti realizzati dalla Nasa c’è anche la penna spaziale, in grado di scrivere anche in assenza di gravità, cosa che per ovvi motivi non possono fare né le penne a sfera né le stilografiche. Il progetto prese avvio proprio per risolvere il problema di permettere agli astronauti di scrivere e prendere appunti, superando quindi la difficoltà imposta dalla loro particolare condizione. Il progetto ebbe successo, ma costò svariati milioni di dollari, molte energie e molto tempo per la sperimentazione. La cosa curiosa è che i russi, che disponevano certamente di minori risorse economiche, nella corsa allo spazio, avevano risolto il problema in modo decisamente più semplice: usavano una matita. Questo strumento di antichissima progettazione infatti può scrivere in qualsiasi condizione di gravità e ha un costo decisamente molto basso. G. : Potremmo dire che il bisogno aguzza l’ingegno, usando il buon senso popolare ma a un’osservazione più attenta possiamo dire che talvolta si guarda lontano quando in realtà la soluzione è vicina, e che questo è un fenomeno direttamente proporzionale alla nostra intelligenza, alle risorse che abbiamo disposizione. Qualunque sistema vivente, dal più infinitesimale al più complesso, possiede la caratteristica di resistere al cambiamento del proprio equilibrio quando questo si è consolidato da un certo periodo di tempo. D. : Questo fenomeno sorprendente fu definito omeostasi dal fisiologo Claude Bernard, che osservò i sistemi biologici e la loro tendenza a mantenere l’equilibrio costituito, persino in presenza di disfunzioni o malattie. G. : Pertanto il buon problem solver, come l’antico stratega, inizierà ad applicare la strategia ideata concentrandosi sul più piccolo e apparentemente innocuo intervento da realizzare. Q Questo sarà seguito dal secondo e così via. Di solito non è necessario procedere realizzando tutti i piccoli passi significativi dal punto di partenza al punto di arrivo dell’intervento, poiché, una volta innescata la progressione, questa da graduale si trasforma in esponenziale. In altri termini, si assiste all’effetto valanga: la palla di neve rotolando si ingigantisce fino a trasformarsi in una valanga inarrestabile. Frequentemente tuttavia si incontra il problema di capire quale debba essere la prima mossa rispetto alle successive all’interno di un processo di cambiamento, proprio per la tipica tendenza ad accelerare tale dinamica. D. : A questo riguardo il problem solving propone una tecnica facile da utilizzare e straordinariamente efficace allo scopo di pianificare la sequenza di azioni da intraprendere per raggiungere l’obiettivo prefissato. Arianna, hai mai sentito parlare della tecnica dello scalatore? A. : Ovviamente no. D. : È la tecnica che prende il nome da ciò che fanno le guide alpine esperte per progettare la scalata di una montagna. Invece di partire dalla base della montana nello studio del percorso da seguire prendono avvio dalla vetta e andando a ritroso tracciano la rotta e le sue tappe fino all’attacco. G. : Questo procedimento si è dimostrato empiricamente in grado di evitare la progettazione di percorsi fuorvianti rispetto all’obiettivo, permettendo di realizzare il percorso più agevole fino alla cima. Quando si ha un problema complesso da risolvere, al fine di costruire una strategia efficiente, oltre che efficace, risulta utile partire dall’obiettivo da raggiungere e immaginare lo stadio subito precedente, poi lo stadio precedente ancora sino a giungere al punto di partenza. D. : In questo modo il percorso viene suddiviso in una serie di stati. Ciò significa frazionare l’obiettivo finale in una serie di micro obiettivi che tuttavia prendono avvio dal punto di arrivo per tornare sino al primo passo da eseguire. Questa strategia mentale contro-intuitiva permette di costruire agevolmente la sequenza di azioni da realizzare per risolvere un problema, partendo dal più piccolo ma concreto cambiamento possibile. Conclusione Nel prossimo episodio il prof G., Diego ed Arianna parleranno di rimuovere, aggirare o utilizzare l’ostacolo.