Per fortuna ci sono le foto di classe! 12 anni insieme dal sito www

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Per fortuna ci sono le foto di classe! 12 anni insieme dal sito www
Per fortuna ci sono le foto di classe!
12 anni insieme
dal sito www.steinerschule.ch
Dei 12 anni trascorsi insieme a scuola, si sono trovate 11 foto di classe; solo della 9.a classe
manca una ripresa. Abbiamo pregato tre allievi/e di guardarsi negli occhi e di dar vita ai
ricordi. L’attenzione andava rivolta particolarmente al proprio sentire animico e allo sviluppo
sociale all’interno della comunità di classe. Ursula Bleiker, Simon Labhart e Raphael Kunz si
sono messi spontaneamente a disposizione.
Prospettive antropologiche
1.a – 3.a classe
Il bambino imita ancora molto. Assume senza riflettere gestualità, gestione della parola, il modo che
gli adulti hanno di guidare i propri pensieri. In lui si imprime in maniera immediata soprattutto ciò
che trova espressione nella battuta, nel ritmo e nella rima.
In modo analogo i contenuti narrati attraverso immagini rappresentative di grande impatto vengono
dal bambino rivissuti involontariamente nel proprio intimo e rimodellati nel modo individuale che
gli è proprio. Inoltre compare ora una forza di memoria più spontanea; sono dunque possibili
prestazioni mnemoniche alle quali ci si può appellare e una più autonoma capacità di formare
rappresentazioni. Nel fisico, segno evidente di tale passo di sviluppo è la seconda dentizione.
Ciò che la maestra o il maestro portano incontro al bambino, può venire da questi più facilmente
accolto se gli viene porto attraverso un fare ritmicamente ripetuto. L’accesso dell’anima gli schiude
un rappresentare ricco di immagini e non estraneo all’esperienza viva. Sempre più viene stimolata
la ripetizione spontanea e sempre più vengono esercitati i contenuti di apprendimento, fin quando è
possibile l’imparare a memoria.
Nella 3.a classe si compie nel bambino un significativo mutamento di coscienza. Sentimenti e
rappresentazioni vengono, in misura crescente, vissuti più coscientemente. Il bambino li sperimenta
come proprio mondo interiore. Di conseguenza egli vive una separazione tra io e mondo, che
qualche volta viene sentita in modo doloroso. Ora il mondo e le altre persone vengono osservati
maggiormente e ci si interroga su di loro. Attraverso i contenuti delle lezioni il bambino viene
guidato verso una nuova comprensione del mondo, e ciò è di aiuto per superare l’esperienza
interiore della separazione. Di particolare aiuto al riguardo è l’insegnare a costruire, con riferimento
a quanto realizzato dall’uomo nel corso dello sviluppo delle civiltà (epoca dedicata ai mestieri).
1.a Classe
Simon, ultima fila, 6.o da destra
È probabile che già una settimana prima abbia riflettuto come e dove sistemare le mie mani nella
prima foto di classe. Dietro la schiena sarebbero state piazzate in modo da far sembrare che
prendevo i 12 anni di duro lavoro, che ancora mi aspettavano, sciolto ma serio. Le ragazze non mi
interessavano ancora, ero piuttosto occupato a tenere il passo con i “fighi” della classe.
Raphael, prima fila, 6.o da destra
In un certo senso non sono nato fotogenico. I miei occhi sono chiusi, quasi non volessi rivelare alla
polizia scolastica, già nella prima foto di classe, la mia identità. La mia mano fa un gesto piuttosto
bizzarro, poiché mi era venuta la buona idea di gettare intorno dei ciottoli. L’abbigliamento
corrisponde alla tendenza di allora, sebbene si potrebbe pensare che esso dipendesse dai genitori,
che avevano fra loro opinioni affini. In genere cerco sempre di mettermi un po’ in primo piano;
stupidamente quello alto vicino a me si è rivelato un forte concorrente.
Ursula, ultima fila, 3.a da destra
Timidissima e preferibilmente invisibile, cercai di nascondermi dietro la mia amica. Purtroppo non
mi riuscì del tutto, perché ero molto più alta. Il gran trambusto nella scuola spesso era per me troppo
e non riuscivo affatto a crearmi un terreno solido. Però mi diedi molto da fare, perché volevo
diventare diligente e intelligente come la mia sorella maggiore. Le premesse a dire il vero c’erano,
poiché la signora Lüthi e la signora Hoffmann erano già state due sue insegnanti trainanti.
2.a Classe
Simon, ultima fila, 3.o da destra
Tra le parole non c’erano più stelline che le separavano chiaramente l’una dall’altra, ma la signora
Hoffmann riteneva ancora necessario collocarvi dei punti, perchè aiutassero la lettura. Quando si
trattava di leggere qualcosa ad alta voce, la signora Hoffmann chiamava il singolo allievo o la
singola allieva e a suo giudizio decideva quanto, a seconda del caso, la parola da leggere dovesse
essere difficile. Così avvenne che un giorno l’insegnante invitò Raphael a leggere la parola
“Vergissmeinnicht” (“nontiscordardime) e subito dopo toccò a me, con un “und”. Quanto mi fece
arrabbiare quell’”und”; dopo tutto non ero una cattiva scolara!
Ursula, seconda fila, 2.a da sinistra
Alla fine ce l’ho fatta a convincere mia madre che due trecce non mi stavano affatto bene. Sono
orgogliosa della mia nuova pettinatura. Ora, in generale, ho un po’ più di fiducia in me stessa e
posso presentarmi da sola e in qualche misura sicura, senza volermi fare piccola. Ciononostante
ancora mi ritraggo e cerco sempre di nuovo di celare i miei pensieri. Quando però durante l’inverno,
sciando, mi ruppi una gamba, i miei compagni di classe si mostrarono molto gentili e disegnarono
per me un libro illustrato. Questo mi aiutò molto ad integrarmi maggiormente.
Raphael, fila di mezzo, 2.o da sinistra
Ero molto bene integrato nella classe e mi sono sempre sentito bene. Cosa che non necessariamente
contribuì in ogni caso al mio rendimento. Alla fin fine dovetti però anche assumermi l’eredità dei
miei fratelli più grandi, che erano in 4.a e in 9.a classe. Dovetti imparare che non ero responsabile
solo per me stesso, ma che le mie azioni si ripercuotevano sull’intera classe.
3.a Classe
Simon, ultima fila, 1.o da sinistra
Al centro stava lei, con lo sguardo dritto verso l’obiettivo (Sophie, seconda fila, 5.a da destra), lei,
che aveva conquistato il mio cuore. Il mio primo amore dunque; vestita con un abito rosa-rosso,
proveniente da famiglia antroposofica (dove mi troverei ora, se la cosa fosse durata più a lungo).
Del resto il tempo in cui è cosa da “fighi” l’avere un tesoruccio, non era ancora venuto. La cosa
dunque non era prevista e fu indispensabile mettervi fine.
Ursula, seconda fila, 2.a da sinistra
Freschi e rinvigoriti si era entrati in un nuovo anno scolastico. Adesso la classe si conosceva già
molto bene e si formarono gruppetti di nuove amicizie, Anch’io avevo trovato la mia nuova cerchia.
In quell’anno avevamo l’onore di partecipare allo spettacolo d’estate. Ora facevamo già parte dei
più grandi. Avevo sempre desiderato di essere una ninfa o uno gnomo, ma ero troppo alta. Con
slancio dovetti dunque assumermi il compito delle silfidi.
Raphael, ultima fila, 2.o da sinistra
La foto mostra con chiarezza che sin dall’inizio non eravamo un cuore ed un’anima sola. I ragazzi,
anzitutto quelli che avevano fratelli più grandi, credevano di avere dei punti in più e perciò
dovevano continuamente sfottere gli altri, come anch’io mi ero abituato a fare a casa.
Accadde quindi che, già dopo pochi anni, la comunità di classe, salvo poche eccezioni, si divise in
ragazzi e ragazze e in fighi e sfigati.
Prospettive antropologiche
4.a – 6.a classe
L’emancipazione dall’imitazione diretta è avvenuta, tuttavia l’espressione e il comportamento della
personalità individuale non sono ancora consolidati e niente affatto esercitati. Quanto a ciò il
bambino trova il proprio orientamento in persone che rappresentano per lui l’autorità. Dal punto di
vista fisico si instaura un’armonia tra il ritmo respiratorio e quello cardiaco.
Per la maestra e il maestro questo significa portare incontro al bambino il mondo, con i suoi diversi
fenomeni, in modo tale che esso lo consideri senza paure e senza pregiudizi e lo possa integrare, a
modo suo, nel proprio mondo di rappresentazione. Gli insegnanti fanno una specifica scelta ed
illustrano fenomeni.
Esigono da allieve e allievi cura e precisione nel lavoro e si preoccupano che le forme di
apprendimento siano chiare e chiedano impegno.
In 6.a classe avviene un rinnovato passo di coscienza; la prepubertà è il periodo di grande labilità
animica e di una spinta di crescita fisica. Entrambe rendono insicuro il senso della vita. Per quanto
riguarda i contenuti dell’insegnamento, si cominciano a trattare le materie tenendo conto di tale
nuova fase di sviluppo: un primo insegnamento di geologia e di fisica introducono nell’ambito
scientifico.
4. Classe
Simon, fila di mezzo, primo da sinistra
In 4.classe incominciò per me un periodo molto difficile. Raphael, che fino a quel momento era
stato il mio migliore amico, cominciò da un giorno all’altro a prendermi proprio in giro. Già da
sempre era stato un leader, il che aveva avuto come conseguenza che quasi tutti i ragazzi che
trovavo interessanti si erano messi con lui. All’improvviso mi trovai solo. Naturalmente avrei
trovato altri amici; anche nella nostra classe c’erano degli outsider, ma non volevo essere dei loro.
Non avevo ancora rinunciato a riconquistare il MIO amico.
Ursula, ultima fila, 2.a da sinistra
Molti sguardi rivolti verso il basso e negli occhi che invece si vedono, lo splendore infantile è
spento. Alcuni pare preferirebbero avventarsi alla gola del fotografo. Io appaio completamente
stanca, esaurita e irritata, tale e quale gli altri. Lo stress scolastico è incominciato e la gioia di
imparare ha toccato il fondo. Incominciai ancor di più a ritrarmi, poiché nella classe vi erano spesso
dei contrasti. Anche perché, ah sì, i nostri ragazzi fighi sempre più indirizzavano verso noi ragazze i
loro attacchi con polvere pruriginosa e sberleffi.
Raphael, seconda fila, 3.o da destra
Guardie e ladri come contenuto di vita. Ogni pausa, senza eccezione, anche se erano solo cinque
minuti. Senza curarsi di eventuali perdite, andavamo a caccia nei dintorni, la parte inferiore di una
torre del cortile della scuola serviva da carcere, i ponti erano la base segreta dei furfanti.
A causa di quell’incessante scatenarsi, la mia curva di attenzione nella lezione che veniva subito
dopo era contrassegnata da un’alta volatilità.
“Polizistli Eierchistli…”
5. Classe
Simon, prima fila, 3.o da sinistra
Jonathan, il ragazzo con la giacca rosso acceso (seconda fila, 1.o da sinistra), fu il mio salvatore.
Anche lui non apparteneva ai veri fighi, ma non era neppure un outsider; per me, nella mia nuova
situazione, fu dunque l’amico giusto. Non nutrì alcun pregiudizio contro di me e incominciammo,
dapprima nella pausa e poi anche fuori della scuola, a fare cose insieme. Ciononostante impiegai un
tempo considerevolmente lungo a risarcirmi con ciò del fatto che adesso non rientravo più fra i
bambini “benvoluti”. Ora infatti eravamo già dei ragazzi, non più ragazzini, ragazzi che volevano
essere benvoluti anche dalle ragazze.
Ursula, ultima fila, 3.a da sinistra
Ancora una volta mi sono messa nell’ultimissima fila, il più possibile invisibile. Il motivo è che non
mi piaccio affatto. Mi sento proprio male nella mia pelle e mi immagino come sarebbe se fossi
come gli altri. La vita sarebbe sicuramente più facile. Oppure anche no? E i ragazzi, con i loro
commenti sarcastici, non contribuivano certo a tirar su dalla cantina l’autostima di noi ragazze…
Raphael, terza fila, 2.o da sinistra
Dal momento che mio fratello, di sei anni più vecchio, si era trasformato in rockettaro, trovavo
super portare i capelli lunghi. Potevo in ogni caso passare per una ragazza. Dal punto di vista
scolastico, a poco a poco venne inserita una marcia superiore. Forse fu questo il motivo per cui alla
signora Spörri venne l’idea di appiccicarmi, durante l’ora di francese, dei “fermaglietti” nei capelli,
affinché anch’ io potessi coniugare etre e avoir veramente in modo spedito. Oltre a ciò, gli
insegnanti cominciarono a negoziare contratti con me, riguardo a compiti a casa e disciplina,
sebbene a dire il vero io a scuola sia sempre stato bravo.
6. Classe
Simon, fila centrale, 1.o da destra
Nike, wow! Proprio dietro a me, il concorrente Adidas. Questo era qualcosa di nuovo. I miei
genitori mi avevano regalato quel pullover a Natale, poiché avevano notato che il mio subcosciente
chiedeva ad alta voce di avere una volta finalmente qualcosa di esclusivo, qualcosa di cui gli altri si
potessero meravigliare. Anche se si trattava di qualcosa di puramente esteriore, tuttavia ne ricavai il
buon sentimento di avere dei pregi.
Ursula, ultima fila, 3.a da sinistra
La 6.a classe. Finalmente toccava a noi rappresentare il celebre e famigerato Flauto magico. Già mi
rallegravo enormemente per il lavoro che ci attendeva e ciascuno si faceva un’idea di quale
personaggio avrebbe interpretato. Per la prima volta mi sentivo veramente bene nella classe.
Tuttavia, prima del nostro primo campo, fui colta da un periglioso sentimento. Ma l’atmosfera
sovrastante, data dai compagni di classe, fece sì che il campo, nonostante tutti i ripensamenti, fosse
per tutti un successo.
Raphael, seconda fila, 4.o da destra
Dopo che il mio migliore amico aveva vergognosamente abbandonato la posizione di leader della
classe, era arrivato il momento per Simon di potersi riabilitare. Ogni giorno portava a scuola un
Toblerone e faceva partecipare tutti gli altri al banchetto, tranne me. Ciononostante potei mantenere
la mia posizione di “condottiero”. Dopo un po’ di tempo mi legai a Barbara, e questo mi dava una
certa sensazione di spudoratezza, tanto che avrei preferito essere già adulto.
Prospettive antropologiche
7.a – 8.a classe
L’esperienza personalmente vissuta, il mondo interiore individuale, sono ora elementi centrali per il
giovane. Simpatia e antipatia creano una ricca rete di relazioni verso l’esterno. Il giovane si sente
spesso solo e non giustamente riconosciuto; ha la tendenza a ritrarsi interiormente. Si desta il
pensare astratto e con esso il bisogno di logica, di causalità e di comprensione dei nessi meccanici.
Dal punto di vista fisico lo scheletro acquista più peso; gli arti crescono in fretta, i loro movimenti
hanno perso la precedente leggerezza. La maestra e il maestro attualizzano le materie di
insegnamento e creano rapporti verso gli eventi del mondo, la personalità di altri uomini e le
peculiarità di altri popoli, contrapponendo in tal modo alla tendenza da parte dell’allievo e
dell’allieva a sprofondarsi nell’ascolto di se stesso/a, un interesse per il mondo.
Scelta ed esposizione dei contenuti delle lezioni, come pure un proprio stile di conduzione, che
provochi la responsabilità individuale delle allieve e degli allievi, rafforzano il processo di
individualizzazione e sviluppano la capacità di percezione per i processi sociali.
7. a Classe
Ursula, fila centrale, 4.a da destra
La classe era, come sempre, divisa a metà, e si divise sempre più, poiché noi ragazze cominciavamo
a svilupparci, mentre i ragazzi….. rimanevano appunto ragazzi. Cercavano sempre di nuovo di farci
arrabbiare, primo fra tutti Raphael. Ma senza successo. Noi avevamo altro per la testa, per lasciarci
irritare da quei tipi. Che boriosità infantile era quella? Anche quando la signora Hoffmann cercò di
spiegare il significato della parola “teasing” (canzonare) e ne venne fuori che Raphael lo faceva
costantemente con me, la cosa non mi impressionò affatto.
Simon, ultima fila, 4.o da sinistra
A 3000 metri sopra il livello del mare è risaputo che ci si può dare del “tu”; è una vecchia regola per
chi va in montagna. E ce ne servimmo, quando Vera (nota anche come signora Hoffmann), durante
il campo di geologia, giunse per ultima, camminando carponi, su una montagna alta poco più di
tremila metri. Avvicinandosi il momento in cui si sarebbe concluso il nostro percorso di studio con
la signora Hoffman, cominciammo a volerle davvero bene. Risultati quali quello appena accennato,
oppure il modo in cui tutti ci rallegrammo, quando ella, nell’imbracatura, si calò giù da una parete
di 50 metri, consolidarono la buona relazione insegnante/allievi-e. Ciononostante ella era la persona
autorevole, con la quale si poteva scherzare solo se lei lo permetteva.
Raphael, fila centrale, 5.o da sinistra
Probabilmente il lancio incessante di espressioni stupide fece sì che il collegio dei docenti ritenne
necessario liberare dai loro tiranni le ragazze oppresse, frammentando la classe col separare ragazzi
e ragazze in alcune materie, fra le altre in euritmia. Purtroppo gli insegnanti, ahimè così versati in
pedagogia, non hanno riflettuto sul fatto che ai ragazzi già bastava potersi profilare dai propri pari.
8. a Classe
Ursula, ultima fila, 2.a da sinistra
Sono allegra, rilassata e contenta. Nulla sembra buttarmi fuori strada e tutto va per il meglio. Per la
prima volta, appunto con quell’espresssione sul viso, l’intera classe, senza eccezione, sembra
consolidata. Sì, l’atmosfera è fantastica. Durante la gita finale a Baltrum, neppure unaa fossa di
scorie velenose, scavata nella sabbia, poté trattenerci dal fare festa. Nonostante i raggruppamenti,
tutti avevano a che fare con tutti, eravamo insieme e ci godevamo la vita.
Simon, terza fila, 5.o da sinistra
L’atmosfera nella classe era in qualche modo buona e anche il mio stato d’animo era di nuovo assai
migliore. Raphael ed io non eravamo più i migliori amici, tuttavia ci sopportavamo. Durante la
recita di 8.a ci fu uno sviluppo in alcune delle nostre, fino ad allora tranquille, ragazze.
All’improvviso, dopo un’espressione scema da parte dei ragazzi, ricambiarono il colpo con un
ponderato “haha”. Questo le rese attraenti. Si formarono delle coppie e di nuovo si sciolsero, così
come se fossimo già adulti.
Raphael, prima fila, 1.o da sinistra
Quest’anno finalmente c’era in programma il tanto sospirato campo di corsa di orientamento.
Ciascuno si rallegrava per il sudiciume, il sudore e il sangue che ci sarebbero stati. Ma la gioia
anticipata cominciò a svaporare già dopo pochi chilometri percorsi in bicicletta. Infatti, dopo che
tutti i ragazzi, prima delle ragazze (il nostro privilegio si basava sui risultati del campo di geologia)
avevano definitivamente piantato le proprie tende nella superficie abitativa recintata, le ragazze, che
stavano diventando sempre più rompiscatole, andarono a protestare dal nostro insegnante di
ginnastica, che divenne debole all’istante e senza esitare dichiarò la costa d’oro di Les Breuleux
appunto superficie abitativa.
Prospettive antropologiche
9.a – 10.a classe
La ricca, mossa vita animica dei giovani cerca esperienze molteplici e profonde in ogni campo della
vita. Il mondo dei sentimenti domina il comportamento. Il compimento di compiti chiari e un agire
pratico, a misura dei propri doveri, spesso non sono facili, ma possono agire mettendo ordine e
dando sostegno; tutto ciò conduce sempre più verso l’autoresponsabilità.
Risplendono ideali, che vogliono essere nutriti. La formazione del giudizio e il pensare logico
vengono educati coscientemente. A un primo gradino si tratta di elevare a coscienza quelle
connessioni universali che si possono spiegare sulla base del rapporto causale che sussiste tra causa
ed effetto. È adatta a questo riguardo un’osservazione concreta sulla base della natura e della
tecnica, per esercitare con ciò la formazione del giudizio giustificato dai fatti.
Edificando su questa base, in 10.a si tratta di compenetrare processi, la cui comprensione richiede
un mutamento costante di concetti, sperimentandoli personalmente, formulando pensieri al riguardo
e collegando poi entrambi. Viene esercitata la mobilità della forza di rappresentazione. Il lavorare
con i contrasti aiuta a chiarire concetti. Le legittimità di cui ci si è impadroniti con il proprio lavoro
danno sostegno, sicurezza e orientamento.
9. a Classe
Ursula
Wow, ora siamo alle superiori. Questo sentimento….. sì, a dire il vero me l’ero immaginato diverso.
Gli allievi delle superiori erano sempre i miei grandi esempi, così cresciuti. Ed ora sono anch’io una
di loro, ma in definitiva non mi sento cresciuta. Al contrario. Ciononostante ora possiamo
finalmente partecipare e collaborare dal vivo al coro grande. A seguito dei molti avvertimenti e
delle molte minacce riguardo al fatto che gli ultimi quattro anni sarebbero stati duri e rigorosi, ero in
apprensione per quel molto lavoro. Devo però ammettere che, sebbene abbia svolto tutto piuttosto
coscienziosamente, non rimarcai affatto tale durezza. Gli insegnanti avevano di certo fatto delle
sostituzioni.
Simon
Il nostro nuovo docente di classe si chiamava “Wäbi”. Una persona che non seppi valutare
giustamente dal primo giorno. Nutrivo nei suoi confronti un grande rispetto, poiché non indugiava a
lungo quando si trattava di ammonire per assenze ingiustificate. Solo molto più tardi venni a sapere
che nelle profondità del suo animo nutriva un’abissale ripugnanza contro simili faccende, quali le
assenze. Il celare tale antipatia faceva parte della sua politica dell’intimidazione. E funzionò. Già
dopo un anno era assai bene inserito; si inalberava soltanto quando era veramente necessario, ma
per lo più era semplicemente un “giusto”.
Raphael
Finalmente LE SUPERIORI. Tre anni dopo i miei coetanei “normali”, finalmente anche noi siamo
stati promossi. Ma ci avevano avvertiti che ora sarebbe tirata un’altra aria. Ed effettivamente gli
insegnanti, in particolare il nostro nuovo guru di classe Jean-Marc Weber, alias “Feldweber”,
vollero utilizzare il favore del momento…
10. a Classe
Simon, ultima fila, 2.o da sinistra
Il lavoro di 10.a apriva a molti di noi la porta verso il confronto individuale con le cose che ci
impegnavano e ci interessavano. La scelta del tema non era soltanto importante per il lavoro, ma
forse rivelava già qualcosa sull’orientamento futuro della propria vita. Attraverso
l’approfondimento della personalità di Martin Luther King incontrai il mio primo modello.
La lotta pregna di spirito di sacrificio di quell’uomo mi toccò enormemente. Tale ammirazione
diede inizio a un atteggiamento “rivoluzionario” nei confronti del mondo.
Raphael, ultima fila, 5.o da destra
Il mio riso suscita l’impressione di un che di contratto, ho un modo un po’ strano di distinguermi
dalla classe. Forse questo dipende dal fatto che il decimo anno di scuola fu per me piuttosto
difficile. Il lavoro di 10.a ed il maggior impegno richiesto nella stesura dei testi riguardanti le
lezioni delle varie epoche, mi posero davanti ai miei vecchi problemi di disciplina. Semplicemente
era che, solo di rado ero in grado di applicarmi a un lavoro che richiedeva concentrazione, il che
andava a pesare sui risultati e sullo stato d’animo. Per fortuna in quel periodo difficile trovai il mio
grande amore Helen (2.a fila, 3.a da destra), con la quale sono ancora oggi. Ella mi diede forza e
sicurezza, così che poi, a poco a poco, mi riuscì di lavorare per la scuola in modo efficiente.
Ursula, da sola dietro
Il lavoro per la scuola aumentava costantemente, ma c’erano anche momenti divertenti. Quell’anno
potevamo recarci all’agognato campo di agrimensura. Il lavoro di preparazione all’interno dell’area
della scuola prometteva già molto e una volta giunti sul campo non fummo delusi. Quella fu per me
una delle più belle uscite. Con qualsiasi tempo, sia che ci fosse il sole, il temporale o la neve,
misuravano in alta montagna una regione bellissima e ci godevamo lo stare insieme.
Prospettive antropologiche
11.a – 12.a classe
La stabilità interiore da poco conquistata libera forze per l’ulteriore sviluppo: i giovani possono
lavorare in modo più autonomo, più individuale, più approfondito, mossi da un impulso interiore e
coscienti della meta, nonché decidere più liberamente. A tutto ciò viene dato consapevolmente
spazio. Diventano importanti le domande che riguardano la vita. I giovani cercano motivi e mete
per il loro ulteriore cammino e riconoscono con sempre maggiore chiarezza le proprie personali
possibilità.
Viene vissuta e coltivata sempre più coscientemente la capacità di percezione per le relazioni
sociali. Domande sullo sviluppo, di carattere sociale, sono sempre più al centro dell’insegnamento.
Pongono il singolo in relazione con il tempo e la società.
Le legittimità conquistate attraverso la propria attività di pensiero e l’esperienza della loro esattezza,
rendono possibile la formazione autonoma del giudizio. Nelle materie artistico-artigianali viene
dato sempre più spazio alla creazione individuale. In arte e letteratura si arriva a fare l’esperienza
dell’elemento umano individuale, lo si patisce e lo si purifica.
11. a Classe
Simon, ultima fila, 2.o da destra
In sette avviammo un progetto teatrale. Nella settimana di intenso lavoro, durante le vacanze
sportive, ci trasferimmo tutti a casa mia e vivemmo come una famiglia. E per i miei genitori
purtroppo non ci fu più posto. Naturalmente ogni sera si faceva festa e naturalmente il giorno
appresso arrivavamo alle prove stanchi morti e niente affatto concentrati. Inoltre alcuni di quelli che
interpretavano ruoli principali non sapevano la propria parte. Mi faceva arrabbiare “l’atmosfera del
facile: tanto arriverà”, sebbene solo a malincuore avrei rinunciato alle lunghe e divertenti serate.
Non mi fu facile dominare tale conflitto al mio interno. Per farlo infatti mi sarei dovuto distanziare
dagli altri e anche in undicesima ciò era ancora difficile.
Ursula, seconda fila, 4.a da destra
Di nuovo si vede come molti abbiano fatto un ulteriore grande passo di sviluppo. Ciascuno sta,
cosciente di sé, al proprio posto e presenta il proprio io senza nascondersi. Era anche il periodo in
cui noi donne sapevamo ancora un poco di più affermarci. Conoscevamo la nostra meta e anche
durante la lezione non ci lasciavamo più “coprire”. In quell’anno abbiamo imparato a conoscerci e a
stimarci tutti quanti ancora meglio.
Raphael, prima fila, 2.o da sinistra
A seguito di problemi personali avevo il sentimento di dover semplicemente andare via. Via da tutti
quelli che conoscevo. Per due mesi andai dunque a Parigi, nella scuola Steiner di quella città. Fu un
periodo molto bello ed istruttivo. Attraverso l’apprendimento di una lingua straniera incominciai
ancora una volta a considerare il mondo da un lato completamente diverso. Lessi molto e mi feci dei
pensieri sulla politica e sull’essere dell’uomo. Io credo di avere, durante l’undicesima classe,
“trovato me stesso” e di essermi evoluto verso quello che sono ancora oggi.
12. a Classe
Simon, ultima fila, 1.o da destra
Esperienza pratica nel sociale, lavoro finale. Esami IMS, viaggio di fine scuola in Grecia, recita di
dodicesima. Ci fu davvero molto. Più si avvicinava la fine e più fortemente avvertivo in me il
sentimento precario dell’incertezza.
All’improvviso nuove domande: cadrò in un buco? Oppure mi sentirò finalmente adulto, poiché per
la prima volta nella mia vita devo riuscire a farcela da solo? Mi mancherà la cornice familiare della
scuola? Oppure la sentirò come una liberazione da quell’eterno eccessivo atteggiamento da
chioccia? Con quanti dei miei amici manterrò un contatto e quanto a lungo?
Ursula, penultima fila, 1.a da destra
L’ultimo anno in questa scuola fu un anno di pieno lavoro, ma anche di alternanza. Naturalmente,
per molti di noi, al centro vi era anche la grande domanda sul futuro. Trovai il lavoro di dodicesima
particolarmente interessante. Con quel lavoro ciascuno poté aprirsi pienamente in modo nuovo,
oppure approfondirsi in temi già conosciuti. Ma la Grecia fu l’evento di assoluto rilievo. Per la
prima volta andavo così lontano e per la prima volta mi trovavo su una nave in mezzo al mare.
Seguirono due settimane di convivenza in uno spazio ristrettissimo.
Nel godere di quell’ambiente meraviglioso, dei suoi gentili abitanti e dell’ottimo miscuglio di
cultura e divertimento, ci conoscemmo ancora una volta a nuovo, a poco tempo dalla fine. Ciascuno
era se stesso, senza contraffazioni. Io credo che ciò abbia contribuito a creare quell’atmosfera
assolutamente fantastica. Nonostante quel sentimento-del-noi e la tristezza per l’avvicinarsi della
fine della nostra comunità di classe, ci rallegravamo al pensiero dell’imminente cambio di
tappezzeria.
Raphael, ultima fila, 1.o da sinistra
Con la 12.a si approssimava sempre più la fine della nostra comunità di classe. Quale coronamento
conclusivo ammiccava nelle ultime settimane la recita di dodicesima. “Cirano di Bergerac” doveva
essere il nostro ultimo pezzo teatrale, con me nel ruolo principale. Dopo la gita finale in Grecia e gli
esami di IMS, superati, risultava piuttosto difficile motivarsi ancora una volta per qualcosa di
grosso. Sia gli altri, che interpretavano ruoli principali, sia io, eravamo però pienamente
consapevoli delle nostre responsabilità. Così io e il secondo Cirano, Josua Spörri, ci sottoponemmo
alla sfida di imparare il testo. Da quell’essere “costretti a stare insieme” nacque ancora una volta
una nuova meravigliosa amicizia. In generale questo fu un tratto caratteristico del nostro ultimo
anno poiché, in Grecia in particolare, la classe si avvicinò molto, in parte formando combinazioni
nuove, sì che dopo 14 anni (!) lasciammo la scuola Rudolf Steiner come fossimo una grande
famiglia, per andare verso tutte le direzioni possibili e immaginabili. Grazie a tutti per tutto.