Tecniche spettroscopiche applicate allo studio di manufatti artistici
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Tecniche spettroscopiche applicate allo studio di manufatti artistici
ANNO SCOLASTICO: 2004- 2005 DISCIPLINA: CHIMICA DOCENTE: RITA LIMIROLI Tecniche spettroscopiche applicate allo studio di manufatti artistici 1. Introduzione La tecniche analitiche definite spettroscopiche, sono basate cioè sull’interazione tra la materia e le radiazioni elettromagnetiche. L’intensità e il tipo di questa interazione possono essere sfruttati a scopo qualitativo per identificare elementi o composti chimici e a scopo quantitativo per determinarne la concentrazione nei dei campioni analizzati. Sono molto utilizzate in archeometria La radiazione elettromagnetica, ovvero la luce, ha una doppia natura: ondulatoria, in quanto si propaga sotto forma di onda, caratterizzata da una frequenza ν e da una lunghezza d’onda λ (vedi figura 1 ) La lunghezza d’onda è uguale alla distanza tra due massimi. L’unità di misura è il metro, nella regione visibile dello spettro l’unità di misura più utilizzata è il nanometro (1 nm= 10-9 m)La frequenza è uguale al numero di oscillazioni complete che l’onda compie in un secondo. L’unità di frequenza è s-1. Un’oscillazione al secondo è detta anche herzt (Hz); l’energia di un’onda luminosa è proporzionale a ν o inversamente proporzionale a λ. Si usa indicare il reciproco della lunghezza d’onda come numero d’onda. La sua unità di misura nel SI è m-1, ma in campo chimico si utilizza cm-1. corpuscolare, in quanto composta da pacchetti di energia, i fotoni, che trasportano l’energia luminosa la quale, secondo l’equazione di Planck è E = hν dove h è la costante di Planck La luce visibile non è che un ristretto intervallo della radiazione elettromagnetica: è infatti la parte alla quale è sensibile l’occhio umano; tuttavia, la luce ha un range che si estende dai raggi gamma (aventi λ inferiore a 0.1 Å ed energia elevatissima) alle radiofrequenze (aventi λ nell’intervallo 100-103 cm) passando per i raggi X (λ = 10-9-10-6 cm), l’ultravioletto (λ = 10-6-10-4 cm), il visibile (λ = 400-800 nm), l’infrarosso (λ = 10-4-10-1 cm) e le microonde (λ = 10-1-101 cm) (vedi figura 2). L’insieme delle radiazioni elettromagnetiche si definisce spettro; questo è anche il termine che si usa per definire un intervallo di λ sfruttato analiticamente. Le tecniche spettroscopiche si differenziano in base all’energia della radiazione luminosa utilizzata e in base al meccanismo che si sfrutta analiticamente. Irraggiando la materia con la radiazione luminosa si creano effetti diversi a seconda dell’energia utilizzata: si va da reazioni che interessano il nucleo (raggi gamma), a reazioni che interessano gli elettroni degli strati più interni (raggi X), a reazioni che interessano gli elettroni esterni (UV, visibile) fino a effetti che interessano la vibrazione delle molecole (infrarosso, microonde). Le molecole sono costituiti da atomi tenuti insieme da forze dette legami. Le molecole possono essere visualizzate secondo un modello in cui gli atomi sono rappresentati da palline tenute insieme da molle che 1 rappresentano i legami. I legami possono vibrare e le molecole ruotare, cioè esse sono soggette a moti vibrazionali e rotazionali che possono variare in seguito ad assorbimento di energia. Solo la radiazione visibile, l’ultravioletto e iraggi X possiedono energia sufficiente a causare transizioni elettroniche, le radiazioni infrarosse causano variazioni vibrazionali molecolari con variazioni rotazionali sovrapposte, mentre le microonde possono provocare solo variazioni rotazionali. A seconda del range spettrale impiegato si hanno le seguenti tecniche: spettroscopia a raggi X spettroscopia UV-visibile spettroscopia infrarossa e Raman A seconda del meccanismo sfruttato si ha invece la seguente suddivisione: metodi in assorbimento, nei quali si misura la quantità e il tipo di luce assorbita dal campione irraggiato con una sorgente luminosa a λ definita o con un intervallo di λ metodi in emissione, nei quali invece si misura la quantità e il tipo di luce emessa dal campione quando ad esso viene somministrata energia sotto forma di calore metodi in fluorescenza, nei quali il campione viene irraggiato con luce a λ1 definita e si misura la quantità di luce emessa a λ2, con λ2 > λ1 in quanto si ha una perdita di energia per fenomeni vari Dalla combinazione di queste due classificazioni si hanno numerose tecniche delle quali, nel seguito, verranno descritte quelle più utilizzate nell’analisi di campioni di interesse artistico-archeologico. In base al tipo di materiale da analizzare, le tecniche più idonee sono le seguenti: Spettroscopia atomica ideale per studiare ceramica, vetro, metalli, lapidei Assorbimento atomico Emissione atomica Fluorescenza atomica Spettrometria di massa con plasma induttivamente accoppiato Spettroscopia molecolare ideale per studiare pigmenti, materiale organico Infrarosso Raman Spettroscopia X ideale per studiare pigmenti, ceramica, vetro, Fluorescenza metalli, lapidei 2. Spettroscopia atomica Le tecniche di spettroscopia atomica prevedono l’atomizzazione del campione, cioè la trasformazione della materia solida o liquida in vapore atomico; ciò è necessario perchè avvengano i fenomeni che sono alla base di queste tecniche. L’atomizzazione avviene somministrando energia sotto forma di calore, a temperature comprese tra 1500 e 8000°C: si tratta quindi, evidentemente, di tecniche distruttive, nelle quali il campione viene completamente consumato. A seconda del meccanismo coinvolto si ha la spettroscopia di assorbimento atomico (AAS), di emissione atomica (AES) o di fluorescenza atomica (AFS). Si lavora a λ singola; l’informazione che si ha dall’analisi con queste tecniche è di tipo elementare, si determinano cioè la presenza e la quantità di elementi; i risultati sono espressi generalmente in concentrazione, cioè in parti di elemento per unità di peso 2 o di volume del campione (es. mg/Kg per i solidi, mg/l per i liquidi). Con queste tecniche è possibile analizzare qualsiasi campione liquido o solido; nel caso di campioni solidi è necessario uno stadio preliminare di dissoluzione in un opportuno solvente, oppure utilizzare metodi di analisi superficiale. Alcune tecniche di spettroscopia atomica sono descritte nel seguito. 2.1 La spettroscopia di assorbimento atomico In questa tecnica gli atomi di un determinato elemento sono in grado di assorbire selettivamente una radiazione monocromatica (cioè costituita da radiazioni aventi la stessa lunghezza d’onda) emessa da un’opportuna sorgente. L’abbassamento dell’intensità del segnale luminoso, causato dall’assorbimento da parte degli atomi, è correlabile alla concentrazione dell’elemento nel campione. Si ha così un’informazione quantitativa sull’elemento in questione. La tecnica è monoelementare , vale a dire che permette di identificare un solo elemento alla volta nel campione. Per poter identificare più elementi bisogna utilizzare sorgenti diverse, ciascuna adatta per un dato elemento 2.2 La spettroscopia di emissione atomica In questa tecnica gli atomi degli elementi presenti nel campione sono in grado di emettere radiazioni luminose se portati ad una temperatura sufficientemente alta, ovvero se vengono eccitati passando ad uno stato energetico superiore dal quale decadono emettendo luce. L’intensità dei segnali luminosi emessi è correlabile alla concentrazione degli elementi nel campione. Anche in questo caso si ha un’informazione quantitativa sugli elementi in questione. La tecnica è multielementare. 2.3 La spettrometria di massa con plasma induttivamente accoppiato (ICP-MS) In questa tecnica gli atomi degli elementi presenti nel campione vengono trasformati in ioni mediante una sorgente a plasma(costituita da un gas ionizzato a causa della elevata temperatura a cui si trova) a temperatura elevatissima (50008000°C). Gli ioni sono fatti passare attraverso un campo magnetico, separati in base al loro rapporto massa/carica e portati al rivelatore. L’intensità del segnale elettrico causato dall’impatto degli ioni sul rivelatore è correlabile alla concentrazione degli elementi nel campione. Anche in questo caso si ha un’informazione quantitativa sugli elementi in questione. La tecnica è multielementare. Riassumendo, le tecniche di spettroscopia atomica hanno le seguenti caratteristiche: Tecnica distruttiva Sì (trattamento termico a 15008000°C Informazione fornita Sì determinano elementi Tipo di campioni Tutti i liquidi, solidi se portati in analizzabili soluzione Possibilità di analisi in situ No Porzione del campione Analisi totale del campione analizzato Espressione dei risultati Concentrazione Sensibilità Ottima-eccellente 3 Idonea per materiali Tutti quelli a base inorganica, alcuni organici 3. Spettroscopia molecolare Nella spettroscopia molecolare si utilizzano radiazioni ad energia inferiore, aventi lunghezza d’onda nel visibile o nel vicino infrarosso. Non è necessaria l’atomizzazione del campione; si tratta quindi generalmente di tecniche non distruttive. L’informazione che si ottiene è di tipo strutturale in quanto rivela le molecole presenti nel campione o, più correttamente, i gruppi funzionali presenti, ovvero parti di molecole che danno segnali simili anche se presenti all’interno di molecole globalmente diverse. Infatti, le molecole che compongono il campione assorbono l’energia irradiata se essa è in quantità sufficiente per far vibrare i loro gruppi funzionali. A differenza della spettroscopia atomica, in quella molecolare si lavora rilevando in risposta uno spettro, cioè il segnale su tutto l’intervallo utilizzato, sia esso in assorbimento, in emissione o in fluorescenza. Le principali tecniche sono le seguenti. 3.1 Spettroscopia UV-visibile di assorbimento Si tratta di una tecnica molto comune che si basa sull’assorbimento, da parte del campione, di radiazioni nel campo dell’ultravioletto e del visibile, assorbimento dovuto alla presenza nel campione di gruppi funzionali aventi caratteristiche particolari e facilmente riconoscibili in base allo spettro. Si può applicare in particolare all’analisi di campioni colorati. 3.2 Spettroscopia infrarossa di assorbimento Anch’essa molto utilizzata e di principi analoghi alla precedente, dalla quale si differenza per l’intervallo spettrale utilizzato, l’infrarosso appunto, la cui energia è sufficiente per far vibrare in maniera specifica i gruppi funzionali delle molecole presenti nel campione che possono essere così rivelati. Lo spettro di assorbimento infrarosso permette quindi di determinare, attraverso i gruppi funzionali, la struttura di alcune molecole contenute nel campione, costituendone un’impronta digitale. La tecnica è molto usata soprattutto nel campo dell’analisi dei pigmenti e del materiale di natura organica (residui di alimenti, tessuti, ecc.). Dal punto di vista del consumo di campione, la tecnica può essere applicata in situ oppure direttamente su campioni; in alternativa, è necessario prelevare una piccola aliquota di campione da inglobare in una pastiglia di bromuro di potassio (KBr). La spettroscopia IR è stata applicata nel campo dei beni culturali fin dagli anni Sessanta, anlizzando vernici protettive, pigmenti, leganti prodotti di corrosione e degrado presenti in materiali cartacei e lapidei. Nella figure 3 e 4 sono riportati due esempi di spettri di assorbimento infrarosso di lacche: il primo è quello della lacca di cocciniglia o Rosso carminio, una lacca ottenuta a partire dai corpi essiccati della femmina di un insetto (Coccus cacti) che vive su varie specie di cactus nel Messico e nell'America centromeridionale; il suo principio colorante è l'acido carminico. Il secondo è lo spettro di assorbimento infrarosso della lacca di robbia, una lacca rosso violetto ottenuta da piante erbacee delle Rubiaceae dalle cui radici si estrae il principio colorante (chimicamente noto come alizarina); particolarmente apprezzata quella ottenuta dalla specie Rubia tinctoria. L’analisi dei due spettri rivela che essi, per quanto simili nell’aspetto, sono in 4 realtà differenti per quanto riguarda i massimi di assorbimento, che permettono di riconoscere la struttura chimica che ha provocato l’assorbimento. 3.3 Spettroscopia Raman Questa tecnica è basata sull’effetto Raman: un campione, irraggiato con luce monocromatica, cioè a λ singola, riemette luce a λ maggiore (energia inferiore) in quanto in parte l’energia viene assorbita per far vibrare i gruppi funzionali delle molecole presenti nel campione che in questo modo possono essere rivelati in maniera analoga alla spettroscopia infrarossa, di cui la tecnica è complementare. A differenza dell’infrarosso, tuttavia, non si misura la luce assorbita ma quella che viene restituita o diffusa dai gruppi funzionali dopo l’assorbimento. La risposta è visibile sotto forma di spettro. Si tratta di una tecnica attualmente molto utilizzata nel campo dei beni culturali, grazie al fatto di essere completamente non distruttiva e di permettere l’esecuzione di misure in situ, cioè direttamente sul campione senza necessità di asportarne una parte per effettuare la misura in laboratorio. La strumentazione necessaria per effettuare una misura Raman è costituita da una sorgente laser a λ fissa, da un microscopio per focalizzare il raggio laser sul campione e da un sistema di rivelazione della radiazione Raman emessa dal campione. Dopo l’irraggiamento con il laser, si registra l’energia luminosa riemessa dal campione sotto forma di spettro, che consente di vedere quali sostanze sono presenti in base ai segnali rilevati. (La figura 5 rappresenta un esempio di spettro Raman di un colorante naturale, la crocina, ricavato dallo zafferano). Nei sistemi portatili, con i quali è possibile fare analisi in situ , la radiazione laser e la radiazione Raman vengono trasportate mediante un cavo a fibra ottica e una sonda puntata sul campione: ciò permette di avvicinarsi a distanze minime (pochi mm) alle superfici che si vuole analizzare. Un’applicazione interessante del Raman è quella dell’analisi dei manoscritti è possibile effettuare la misura direttamente sull’oggetto, rivelando gli inchiostri e i leganti utilizzati. La misura è fatta mediante una sonda che porta la radiazione laser sul campione e raccoglie il segnale Raman emesso dal materiale analizzato. Il campione non subisce danni. L’applicazione principale della spettroscopia Raman in campo archeometrico è, attualmente, nel settore del riconoscimento di pigmenti sui manufatti pittorici (in particolare sugli affreschi). Essa può essere utilizzata anche per l’autenticazione di materiali preziosi. Va ricordato che dal punto di vista tecnico l’analisi effettuata con il Raman è di tipo superficiale: le informazioni provengono da uno strato spesso alcuni µm posto sulla superficie; inoltre, mediante l’uso del microscopio, l’area interessata è dell’ordine di poche decine o centinaia di µm2. Riassumendo, le tecniche di spettroscopia molecolare hanno le seguenti caratteristiche: Tecnica distruttiva Informazione fornita Tipo di campioni analizzabili Possibilità di analisi in situ Risoluzione spaziale Porzione del campione analizzato No (tranne pastiglia KBr) Si determinano molecole Liquidi e solidi Sì Buona-ottima Analisi superficiale (Raman, IR) o totale del campione (IR, UV) 5 Espressione dei risultati Sensibilità Idonea per materiali Lunghezze d’onda di assorbimento o di diffusione Raman Discreta Tutti quelli a base organica, alcuni a base inorganica 4. Fluorescenza e fosforescenza Sia nella fluorescenza che nella fosforescenza si ha emissione di energia radiante da parte di una molecola, ione o atomo, che ha raggiunto lo stato eccitato per assorbimento di energia radiante. L’energia della radiazione fluorescente o fosforescente è generalmente molto più bassa di quella della radiazione utilizzata per l’eccitazione. La maggior parte delle molecole in condizioni normali ritorna allo stato fondamentale attraverso processi che non comportano emissione di radiazioni. Per questo motivo l’analisi di fluorescenza è un’analisi selettiva. In generale, l’emissione fluorescente accade subito dopo (10-6 e 10-9 sec) che la specie abbia raggiunto lo stato eccitato. Per questa ragione l’occhio non può percepire una radiazione fluorescente, una volta che la sorgente eccitatrice sia stata rimossa. Al contrario, l’emissione fosforescente avviene più lentamente (> 10-4 sec) e con una maggiore durata dell’emissione per cui vi è un buon numero di minerali inorganici che continuano ad emettere radiazioni fosforescenti abbastanza intense, anche dopo che l’eccitazione è cessata. Al contrario della spettrofotometria di assorbimento, la spettrofotometria di fluorescenza e fosforescenza implica la registrazione sia di uno spettro di eccitazione che di uno di emissione. Gli strumenti utilizzati sono chiamati spettrofluorimetri o spettrofosforimetri. I componenti fondamentali di entrambi i tipi di strumento sono: la sorgente di eccitazione, la cella del campione, il rivelatore e i filtri utilizzati per selezionare le radiazioni eccitanti e di emissione. Uno dei principali vantaggi dell’analisi di fluorescenza è la capacità di misurare concentrazioni molto più basse che nelle analisi spettrofotometriche. 5. Spettroscopia XRF Nella spettroscopia XRF, il campione è colpito con un fascio di raggi X dalla sorgente. Gli elementi presenti localmente vengono eccitati, cioè passano ad uno stato energetico superiore, dal quale decadono istantaneamente emettendo radiazioni X monocromatiche specifiche per ogni elemento. Siccome l’energia delle radiazioni emesse è minore di quella incidente, si parla di fluorescenza X o XRF (X-Ray fluorescence). L’intensità delle radiazioni emesse è correlabile alla concentrazione degli elementi presenti nel campione nel punto irraggiato che può essere di 3-100 mm2. I campioni analizzabili con la tecnica XRF sono molto vari: dal codice miniato all’affresco, per i quali è particolarmente idonea la strumentazione portatile, nel qual caso l’analisi è effettivamente non distruttiva, oppure dalla ceramica al vetro ai materiali lapidei, per i quali è invece più adatta una strumentazione da banco; in questo caso l’analisi può essere distruttiva in quanto il campione va prelevato è ridotto in polvere. In certe configurazioni è invece non distruttiva anche l’analisi con strumento da banco. Riassumendo, la tecnica di fluorescenza X ha le seguenti caratteristiche: Tecnica distruttiva No (tranne nel caso di strumenti 6 da banco) Informazione fornita Si determinano elementi Tipo di campioni Liquidi e solidi analizzabili Possibilità di analisi in situ Sì Risoluzione spaziale Buona Porzione del campione Analisi totale o superficiale del analizzato campione Espressione dei risultati Concentrazione Sensibilità Buona Idonea per materiali Tutti quelli a base inorganica, alcuni organici 5. Esempi applicativi 5.1 Manoscritti La spettrometria Raman e la spettroscopia di fluorescenza a raggi X (XRF) sono stati impiegati per analizzare gli inchiostri utilizzati nei manoscritti. Ad esempio sono stati analizzati gli inchiostri nero e rosso utilizzati nella stesura del manoscritto noto come Codex Evangelorum o Evangeliario Eusabiano, conservato presso l’Archivio Capitolare di Vercelli. Tale manoscritto rappresenta la più antica traduzione esistente dei quattro vangeli dalla lingua greca al latino; esso risale al IV sec. d.C. e sarebbe stato commissionato da S. Eusebio. Le sostanze utilizzate all’epoca per gli inchiostri neri e rossi erano piuttosto limitate: carbone e metallogallato (ottenuto miscelando noci di galla con solfati di ferro o rame) per il nero, cinabro (HgS) o minio (Pb3O4) per il rosso. La spettrometria Raman ha fornito informazioni sui composti impiegati, ed in particolare ha permesso di distinguere nettamente tra cinabro e minio per il rosso e tra carbone e metallogallato per il nero; la spettroscopia XRF, oltre ad identificare Hg e Pb come elementi-chiave negli inchiostri rossi, ha dato informazioni addizionali sugli elementi presenti in tracce (principalmente Pb, fe, Cu e Mn) negli inchiostri neri, permettendo così di evidenziare le differenze di distribuzione di tali elementi in zone diverse del manoscritto. Poichè le ricette impiegate nell’antichità non erano molto riproducibili non è possibile identificare composizioni di inchiostri caratteristiche di una certa epoca, ma differenze nella composizione degli inchiostri nell’ambito dello stesso manoscritto permettono di evidenziare l’eventuale scrittura postuma di parti dell’opera come è stato evidenziato in questo caso.1 5.2 Materiali metallici I materiali metallici sono molto studiati dal punto di vista archeometrico. Molti studi consentono di scoprire la tecnologia metallurgica delle civiltà antiche, sfruttando il responso delle analisi chimiche per replicare i metodi usati in antichità. Per quanto riguarda gli studi di provenienza, la situazione è diversa a seconda che i manufatti siano in metallo puro o in lega. Per i metalli puri, la determinazione delle impurezze può dare informazioni preziose sulla provenienza della materia prima, a patto che il manufatto non provenga da materiale di provenienza differente rifuso insieme; 7 risulta invece piuttosto difficile dire se un manufatto è stato prodotto da metallo nativo o da minerali. Per quanto riguarda le leghe, l’assegnazione della provenienza è problematica per la miscelazione di più elementi e bisogna ricorrere al confronto con manufatti di provenienza certa, come nel caso delle ceramiche e dei vetri. Tuttavia, le percentuali relative dei componenti delle leghe sono in alcuni casi differenziabili da un’epoca all’altra e da un’area geografica all’altra. Nella caratterizzazione chimica dei reperti metallici l’analisi elementare è quella che può dare le informazioni principali, essendo il substrato formato da elementi puri o in lega e non da composti. Le tecniche più usate sono quindi quelle di spettroscopia atomica o la spettroscopia di fluorescenza X. Le tecniche di spettroscopia molecolare (Raman, Infrarosso) possono dare informazioni utili nella caratterizzazione di prodotti di degradazione superficiali, che sono spesso composti e non elementi. 5.3 Opere pittoriche Nello studio delle opere pittoriche, le indagini analitiche sono condotte allo scopo di determinare i pigmenti, i materiali di supporto, le tecniche preparatorie e pittoriche utilizzati dall’artista. Nella figura 6 è riportata l’immagine di un frammento di affresco romano proveniente da uno scavo archeologico nel Centro Italia e attestato attorno al I sec. a. C. Attraverso immagini ingrandite del frammento si è potuto osservare che il colore è stato ottenuto mescolando due diversi pigmenti, uno giallo e uno rosso. I pigmenti sono stati identificati tramite spettroscopia Raman e sono risultati ocra gialla (FeOOH) e cinabro (HgS). Nelle figure 6c e 6d sono riportati gli spettri del campione e dei riferimenti. Si nota la buona sovrapposizione dei segnali. Le micro-spettroscopie Raman e Ir possono essere impiegate anche nell’identificazione di falsi, di ritocchi o nella datazione dei quadri. Il ritrovamento di un materiale di cui si conosce la data di inizio di utilizzo, colloca l’origine dell’oggetto dopo tale data, mentre l’individuazione di un materiale che dopo una certa data viene abbandonato, permette di presumere che l’opera è anteriore a tale data. Il ritrovamento di anacronismi nei materiali impiegati può essere un buon metodo per smascherare falsi o interventi successivi alla data di produzione dell’opera, anche se bisogna procedere con cautela, affiancando all’analisi chimica la valutazione storica e critica, per evitare conclusioni troppo affrettate. Figura 1 Onda Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation. Figura 2 Spettro elettromagnetico Le onde elettromagnetiche si distinguono per la frequenza di oscillazione del campo che propagano: come è mostrato nell’illustrazione, onde appartenenti ai diversi intervalli di frequenza manifestano proprietà diverse, e vengono utilizzate per applicazioni differenti. Le frequenze che vanno da 105 Hz (100 KHz) a 1011 Hz (100 GHz) sono definite anche onde hertziane: vengono usate per la radiocomunicazione e in campo industriale. Le onde infrarosse hanno origine nelle vibrazioni molecolari: sono, ad esempio, caratteristiche dei laser. Nell’intervallo del visibile cadono le onde provocate dalle transizioni degli elettroni atomici e molecolari e dai corpi incandenscenti, e percepite dall’occhio umano. Della medesima origine sono le onde ultraviolette e i raggi X, questi ultimi generati da transizioni elettroniche fra orbitali atomici molto interni, e dunque caratterizzati da elevata frequenza e considerevole potere penetrante: sono perciò utilizzati nelle indagini e cure mediche e 8 nell’industria, per le analisi dei materiali. Le onde gamma sono di altissima frequenza, superiore a 1019 Hz (10 miliardi di GHz): sono caratteristiche delle reazioni nucleari e altamente penetranti, e dunque particolarmente utili nella cura dei tumori e nel trattamento industriale degli alimenti. Raggi ultravioletti, X e gamma di origine celeste sono anche ampiamente usati in astronomia, per lo studio della struttura ed evoluzione dell’universo. Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation. Figura 3 Spettro IR figura 4 Spettro IR Figura 5 Spettro Raman tratti da www. chim.unifi.it Figura 6 6. Bibliografia 1. Maurizio Aceto Dispensa per il Corso di Chimica Analitica per i Beni Culturali 2. Maurizio Aceto, Enrico Boccaleri, Angelo Agostino. La Chimica Analitica a supporto della storia: analisi degli inchiostri in un manoscritto. 3. Francesca Ospitali, Gianfranco Di Lonardo Spettroscopia Vibrazionale Diagnostica applicata ai beni culturali La chimica e l’Industria, 2002, 6, 55. 4. H. H. Bauer, G. D. Christian- J. E. O’Reilly Analisi strumentale, Piccin, 1985. 5. Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation. 7. Sitografia www.chim.unifi.it/raman 9