Programma - Orchestra Sinfonica Nazionale

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Programma - Orchestra Sinfonica Nazionale
Torino . Auditorium Rai
Concerti 2011 . 2012
LA CLASSICA
COLPISCE ANCORA
gioveDì 19 gennaio 2012
10°VENERDì
20 gennaio 2012
ore 20.30
ore 20.30
Leonidas Kavakos direttore e violino
Mozart
Prokof’ev
Musorgskij-RAVEL
I SABATI DELL’AUDITORIUM
Video e musica dal vivo
2° sabato 10 marzo 2012 ore 17.00
proiezione:
Leonard Bernstein presenta: La musica di J. S. Bach.
Ramin Bahrami pianoforte
Johann Sebastian Bach
Concerto n. 1 in re minore BWV 1052
Concerto n. 3 in re maggiore BWV 1054
3° sabato 31 marzo 2012 ore 17.00
proiezione:
C’è musica e musica: Dentro l’Eroica (1972), film-documentario di Luciano Berio.
Andrea Battistoni direttore
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55 Eroica
4° sabato 5 maggio 2012 ore 17.00
proiezione:
Aleksandr Nevskij, video-programma dedicato al film di Sergej Ejsenstejn.
Regia di Daniele Abbado e Leonardo Sangiorgi, direttore delle musiche, Claudio Abbado.
Gabriele Bonolis direttore
Sergej Prokof’ev
Lieutenant Kijé, suite sinfonica op. 60
Romeo e Giulietta, brani scelti dalle tre suite dal balletto op. 64
Il dio nemico e danza degli spiriti neri, dalla Suite Scita op. 20
giovedì 19 gennaio 2012 ore 20.30
venerdì 20 gennaio 2012 ore 20.30
Leonidas Kavakos direttore e violino
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Concerto n. 4 in re maggiore KV 218 per violino e orchestra (1775)
Allegro
Andante cantabile
Rondò. Andante grazioso - Allegro ma non troppo
Durata: 25’
Ultima esecuzione Rai a Torino: 5 maggio 2006. Jeffrey Tate, Julia Fischer.
Sergej Prokof’ev (1891-1953)
Sinfonia n. 1 in re maggiore op. 25 Classica (1917)
Allegro
Larghetto
Gavotta. Non troppo allegro - Poco meno
Finale. Molto vivace
Durata: 15’
Ultima esecuzione Rai a Torino: 26 maggio 2006, Rafael Frühbeck de Burgos.
Modest Musorgskij (1839-1881)
Quadri di un’esposizione (1874) (orchestrazione di Maurice Ravel, 1922)
Promenade. Allegro giusto, nel modo russico, senza allegrezza, ma poco
sostenuto
1. Gnomus. Vivo
Promenade. Moderato comodo assai e con delicatezza
2. Il vecchio castello. Andante
Promenade. Moderato non tanto, pesante
3. Tuileries. Allegretto non troppo, capriccioso
4. Bydlo. Sempre moderato, pesante
Promenade. Tranquillo
5. Balletto dei pulcini nei loro gusci. Scherzino e Trio. Vivo leggero
6. Samuel Goldenberg e Shmuÿle. Andante
7. Limoges. Il mercato. Allegretto vivo, sempre scherzando
8. Catacombae. Sepulchrum Romanum. Largo - Cum mortuis in lingua
mortua. Andante non troppo, con lamento
9. La capanna sulle zampe di gallina (Baba Yaga). Allegro con brio, feroce Andante mosso - Allegro molto - Coda
10.La grande porta di Kiev. Allegro alla breve. Maestoso. Con grandezza Meno mosso sempre maestoso - Poco a poco rallentando
Durata: 30’
Ultima esecuzione Rai a Torino: 10 novembre 2006, Dmitrij Kitaenko.
Il concerto di venerdì 20 gennaio è trasmesso in collegamento diretto su Rai Radio3
per la trasmissione “Radio3 Suite” e in streaming audio-video su www.osn.rai.it
Wolfgang Amadeus Mozart
Concerto n. 4 in re maggiore KV 218
per violino e orchestra
Un corpus in sei mesi
Tra i tanti misteri che aleggiano ancora sull’attività di Mozart, un dubbio sulla
produzione dei concerti per violino resta sostanzialmente irrisolto. Tutta la
sua produzione in quest’ambito nacque a Salisburgo in poco più di sei mesi:
cinque concerti per violino e orchestra composti tra l’aprile e il dicembre del
1775. Invece nel successivo periodo viennese, proprio quando nacquero i più
importanti concerti per pianoforte e orchestra, il catalogo delle sue opere
registra la completa scomparsa di una produzione concertistica per violino (le
sole due composizioni pubblicate postume sono con tutta probabilità frutto
di ricostruzioni altrui). Che cosa spinse Mozart a intraprendere e poi subito
abbandonare questo filone?
Nel 1775, dopo aver bussato a tutte le porte delle corti italiane, era stato
costretto a rientrare a Salisburgo, al servizio dell’Arcivescovo Colloredo; le sue
mansioni consistevano sopratutto nella realizzazione di musiche di circostanza
(Divertimenti, Serenate, Cassazioni), e probabilmente non comprendevano un
impegno nell’ambito del concerto solistico. Ma in quel periodo Mozart sentiva
l’esigenza di sperimentare nuove strade. Ormai aveva diciannove anni; l’età
dell’enfant prodige si allontanava ogni giorno di più; occorreva sfruttare altre
risorse per ottenere un successo degno del suo talento. I Concerti per violino
nacquero in quel periodo di travagliate riflessioni artistiche. Per Mozart erano
anni cruciali; ogni giorno segnava un nuovo livello di maturazione del suo
linguaggio. Non deve stupire quindi il fatto che in sei mesi abbia composto
un corpus perfetto e compiuto, capace di contenere le audacie dello Sturm und
Drang, lo spirito salottiero del periodo galante, il tocco di colore della musica
popo­lare e la quadratura formale del classicismo.
Mozart e il violino
Il virtuosismo di Mozart nacque sulla tastiera. Le sue prime stupefacenti esibizioni
avvennero su clavicembali, clavicordi, spinette. Più raramente gli capitava di
trovarsi di fronte al pubblico con il violino in mano; e sebbene avesse iniziato
a studiare seriamente solo nel 1771, già nel 1773 la sua padronanza del violino
era tale da suscitare l’entusiasmo di qualsiasi pubblico. Nel 1777 il violinista
italiano Antonio Brunetti criticò in maniera colorita l’incapacità dell’arcivescovo
Hyeronimus Colloredo di dar lustro alle qualità violinistiche di Mozart; così il
padre Leopold ricordò l’episodio, tentando di riportarlo in italiano:
Brunetti ti loda ora terribilmente, e quando, qualche tempo fa, gli dissi che anche tu
suonavi passabilmente il violino, si mise a gridare: ‘Cosa? Cazo [sic]! Se suonava tutto!
Questo era del principe un puntiglio mal inteso, col suo proprio danno”.
In quell’anno, nel corso dell’avventurosa spedizione alla volta di Parigi, Mozart
ebbe anche occasione di farsi apprezzare come violinista in varie città d’Europa;
ad Augusta suscitò grande entusiasmo:
Ho diretto una sinfonia e ho suonato sul violino un concerto in si bemolle di Vanhall,
tra l’applauso generale… di sera a cena ho suonato il concerto di Strasburgo. È andata
liscia come l’olio. Tutti hanno lodato la bellezza e pulizia del suono.
Leopold Mozart però sapeva che le parole del figlio erano più dettate dalla
volontà di compiacerlo che da una vera inclinazione personale. Per questo lo
incitava spesso a non abbandonare lo studio del violino:
Sicché per tutto il tempo del tuo soggiorno a Monaco non avresti studiato il violino?
Ciò mi dispiace molto. […] Il tuo violino è certo appeso al chiodo. Già me lo immagino.
In effetti di ritorno dal viaggio a Parigi, Mozart studiò sempre più rara­mente lo
strumento; e nell’ultimo decennio trascorso a Vienna, lontano dal padre e libero
da ogni condizionamento esterno, non si fece più apprezzare come virtuoso
del violino. Preferiva la viola, lo strumento che generalmente suonava quando
partecipava ai concerti da camera.
Il Concerto KV 218
La forma non è certo il luogo dei Concerti per violino di Mozart dedicato alla
sperimentazione. Tre movimenti, un allegro di sonata, un tempo cantabile e
un immancabile rondò conclusivo. Questa è la struttura che contraddistingue i
cinque lavori.
Il Concerto KV 218 non fa eccezione; il primo movimento rispetta lo schema
della sonata, il secondo è una romanza cantabile e il terzo un rondò frizzante e
divertente. L’originalità di Mozart risiede nell’invenzione tematica, nella capacità
di trasformare la partitura in un dramma, fatto di personaggi in continuo
movimento.
Il tema d’esordio, ad esempio, con quell’aria scherzosamente imbronciata, ha
una fisionomia unica, pur essendo basato su materiale estremamente comune.
E anche la linea cantabile che emerge nel secondo movimento è frutto di
un’invenzione melodica, quale in quegli anni poteva solo provenire dal genio di
Mozart. Ma non è solo l’originalità dei temi principali a colpire l’ascoltatore; è il
modo in cui sono trattati che stupisce a ogni battuta, portando avanti un discorso
incapace di cedere alla tentazione di replicarsi. Mozart inventa continuamente,
evita di adagiarsi su un’elaborazione rigorosamente tema­tica; eppure il suo
discorso non perde mai la continuità necessaria per magnetizzare l’attenzione del
pubblico. È quanto accade anche nel Rondò conclusivo, quando tra un ritornello
dalle tinte galanti e un episodio brillante tutto in punta d’archetto, emerge una
nota melodia popolare (la “stra­sburghese”), che appare perfettamente integrata
alle altre parti del movimento.
Sergej Prokof’ev
Sinfonia n. 1 in re maggiore op. 25 Classica
La difficile arte della strumentazione
Nel 1908 Sergej Prokof’ev aveva 17 anni e studiava al Conservatorio di San
Pietroburgo. A marzo sostenne gli esami previsti dal suo corso e riportò un voto
ai limiti della sufficienza nella prova di strumentazione per orchestra. Proprio in
questa materia era allievo di Rimskij-Korsakov, il geniale orche­stratore che tutti
conosciamo. Nonostante le indubbie qualità, le sue lezioni non riuscirono a far
presa su Prokof’ev, che dichiarò:
Superai il corso di strumentazione, ma solo cinque o sei anni più tardi, quando
composi ogni anno un pezzo per orchestra, imparai a strumentare in modo decente.
Sebbene fossi sinceramente preso da Rimskij-Korsakov, non ero a quel tempo capace di
approfittare dello splendido sapere che emanava da lui.
Così il suo primo tentativo di comporre una sinfonia, proprio nell’estate di quell’anno, si risolse in un fallimento colossale: il suo linguaggio fu unanimemente
criti­cato e considerato immaturo, specie nella strumentazione. Prokof’ev non
si perse d’animo, proseguì i suoi studi e anzi, dieci anni dopo, trascrisse per
pianoforte il secondo tempo di quella Sinfonia in mi minore e lo inserì nella sua
Sonata n. 4. Non pago, nel 1934 lo ritrascrisse per orchestra e ne fece l’Andante
op. 29 bis. L’estate seguente, dopo aver ottenuto il diploma di composizione,
ritentò la prova e scrisse la Sinfonietta op. 5: l’opera è scritta in modo disinvolto
e risulta piacevole, ma la versione originaria è andata perduta; se ne conoscono
solo i due rifacimenti del 1914 e del 1929.
Per valutare l’evoluzione delle capacità di Prokof’ev nella strumentazione bisogna
attendere le opere successive. La sua formazione si completò: ottenne il diploma
di direzione d’orchestra e di pianoforte; vinse anche il Premio Rubinsˇtein del
Conservatorio di San Pietroburgo, grazie all’esecuzione del suo Concerto op. 10,
fresco di stampa. Visitò Parigi, Londra e la Svizzera accompagnato dalla madre
che gli aveva offerto il viaggio come premio per il compimento degli studi.
Il grande impresario dei Balletti russi Djagilev gli ordinò le musiche per un
balletto su temi popolari russi, ma la partitura non vide mai la luce in forma di
balletto e si trasformò nella Suite scita: opera di grande esuberanza timbrica e
ritmica. I problemi con l’orchestrazione potevano finalmente dirsi risolti quando
Prokof’ev decise di scrivere la sua prima autentica sinfonia.
Nascita della Sinfonia Classica
Prokof’ev passò gli anni della prima guerra mondiale e della Rivoluzione Russa
a San Pietroburgo. Così descrisse nella sua autobiografia le circostanze in cui
nacque la Sinfonia Classica:
L’estate del 1917 la trascorsi solo in campagna, vicino a San Pietroburgo, leggendo
Kant e lavorando moltissimo. Di proposito non avevo portato con me il pianoforte,
perché desideravo provare a comporre senza di esso. Sino a quell’epoca avevo sempre
composto al pianoforte, ma avevo pure notato che il materiale tematico composto
facendone a meno era spesso migliore […]. Di qui nacque la tentazione di scrivere
un’intera sinfonia senza ricorrere a questo strumento nella convinzione che l’orchestra
potesse così suonare naturale.
Alla luce delle difficoltà già dimostrate nella strumentazione, si potrebbe
pensare che Prokof’ev volesse proprio evitare di strumentare materiali pianistici.
Probabilmente anche lo sfortunato primo esempio di Sinfonia in mi minore
nacque al pianoforte, e al pianoforte ritornò, trasformandosi in materiale per la
Sonata n. 4. È come se Prokof’ev imprimesse un marchio “pianistico” alle musi­che
nate su questo strumento, che ne rendeva difficile la trascrizione orchestrale. Per
ovviare a questo problema Prokof’ev scrisse la Sinfonia Classica senza l’ausi­lio del
pianoforte, e questo influì anche sulla “classicità” dello stile:
Di qui anche l’origine del progetto di una sinfonia nello stile di Haydn; giacché avevo
molto approfondito la tecnica haydniana con Čerepnin [il suo maestro di composizione],
sapevo di muovermi su di un terreno sufficientemente familiare da potermi avventurare
nel difficile viaggio senza pianoforte.
Anche se è necessario considerare che il programma creativo di tipo classico
dipende dalla convinzione di Prokof’ev che:
se Haydn fosse vissuto ai giorni nostri avrebbe serbato parte del suo vecchio stile, pur
accettando nello stesso tempo qualcosa di nuovo.
Il suo progetto era dunque riportare in vita Haydn attraverso se stesso e metterlo
all’opera nel 1917, alla luce di tutte le nuove acquisizioni del linguaggio musicale.
Un programma che può sembrare ludico o presun­tuoso. Il risultato è la sinfonia
di maggior successo tra le sette di Prokof’ev.
Modest Musorgskij
Quadri di un’esposizione
(orchestrazione di Maurice Ravel)
Dalle immagini al pianoforte, e dal pianoforte all’orchestra
L’architetto e pittore Victor Hartmann, vicino al gruppo di musicisti russi che
si facevano chiamare “I Cinque”, morì a San Pietroburgo nel 1873. Un anno
dopo Vladimir Stasov, l’ideologo dei “Cinque”, organizzò un’esposizione di suoi
quadri e disegni, per tenerne viva la memoria. Musorgskij visitò la mostra e,
suggestionato da quelle immagini, in tre settimane compose una suite pianistica
che riproduceva la sua visita alla mostra e alcuni dei quadri esposti. Il compositore
dichiarò di esse­re stato letteralmente aggredito dalle idee musicali, tanto da non
aver avuto quasi il tempo di annotarle sulla carta.
Il prodotto di questa ful­minante ispirazione sconvolse i contemporanei per la sua
originalità visionaria e per la scrittura pianistica, a dir poco ardita, che tendeva
a scavalcare quelli che fino ad allora erano considerati i limiti naturali della
tastiera. Questo pianismo percussivo, a tratti rude e barbarico, fu considerato
difettoso perché troppo avanzato rispetto alle concezioni tardo ottocentesche;
solo più tardi fu letto come una geniale anticipa­zione di Bartók e Stravinskij.
I Quadri furono quasi dimenticati per molto tempo; solo cinque anni dopo la
morte di Musorgskij, nel 1866, Rimskij-Korsakov convinse l’editore Bessel a
pubblicarli, offrendosi di rivederli senza pretendere alcun compenso. La nuova
veste, più accessibile per esecutori e ascol­tatori, non incontrò comunque grandi
favori, ma Rimskij imperterrito, e convinto del valore dell’opera, chiese al suo
allievo Michail Tuchmalov di orchestrarli. Questa versione, che comprendeva solo
alcuni quadri, fu eseguita nel 1881, con la direzione dello stesso Rimskij, per il
deci­mo anniversario della morte di Musorgskij.
Il pensiero che dai proble­matici Quadri pianistici si potesse ricavare un lavoro
per orchestra ini­ziò silenziosamente a circolare. Nei primi anni del Novecento il
diretto­re d’orchestra inglese Henry Wood abbozzò un’orchestrazione; nel 1921
il polacco Leo Funtek produsse un tentativo tutt’altro che sprege­vole, e nel
1922 Sergej Koussevitzky persuase Maurice Ravel a cimen­tarsi nella trascrizione
dell’opera. Ravel partì dalla versione edita da Bessel e riveduta da Rimskij e
produsse la versione orchestrale oggi più conosciuta dei Quadri di Musorgskij,
che suscitò immediatamente entusiasmi in tutto il mondo. L’edizione originale
dei Quadri di Musorgskij, curata da Pavel Lamm e depurata degli emendamenti
di Rimskij, è stata pubblicata solo nel 1930, ed è diventata parte del grande
repertorio pianistico.
Versioni diverse dei Quadri
Oltre alle già citate versioni orchestrali di Tuchmalov, Wood e Funtek, precedenti
il lavoro di Ravel, si registrano altri tentativi, anche più recenti. Si possono
ricordare le versioni di Leopold Stokowski (1929), Sergej Gotchakov (1955),
Walter Goehr e l’ultima, del pianista e direttore d’orchestra Vladimir Ashkenazy,
l’unica basata sulla versione originale di Musorgskij.
La popolarità dei Quadri ha portato anche a nuove e fantasiose versioni, come
quella per coro a bocca chiusa degli Swingle Singers, quelle per organo di
Gottlieb Blarr e Jean Guillou, o quella per sintetizzatore di Isao Tomita.
I Quadri di un’esposizione
Promenade: rappresenta il girovagare di Musorgskij tra un quadro e l’altro e
costituisce un elemento di collegamento fondamentale tra alcuni brani; la
melodia, di origine popolare, torna più volte, sempre variata, ed è capace di
rappresentare i diversi stati emotivi del visitato­re. Il tema è anche introdotto
all’interno del quadro n. 8 e portato all’apoteosi nel quadro finale.
1. Gnomus: è il ritratto di uno schiacciano­ci giocattolo
barcollante, con le gambe storte, realizzato da
un’orchestra dai timbri plumbei e dai contrasti
violenti.
Balletto dei pulcini nei loro gusci
4. Bydlo è un pesante carro di contadini polacchi,
trainato da buoi, reso dall’ostina­to opprimente su cui
si appoggia il canto sconfortato della tuba.
5. Balletto dei pulcini nei loro gusci è una danza lievissima
che cerca di imitare ono­matopeicamente i pulcini.
7. Limoges. Il mercato ci restituisce con ironia il
chiacchiericcio delle comari al mercato.
Samuel Goldenberg
Schmuÿle
8. Catacombae. Sepulchrum Romanum -Cum mortuis
in lingua mortua: la prima parte espone blocchi di
suoni terribili, che evocano l’oltretomba, mentre la
seconda staglia il tema della Promenade su gelidi
tremoli degli archi nel registro acuto.
9. La capanna sulle zampe di gallina è la casa di BabaYaga, terribile strega delle fiabe russe, che fa
scatenare l’orchestra su accor­di ripetuti con violenza
ossessiva.
Catacombae. Sepulchrum
Romanum
10.La grande porta di Kiev è un progetto architettonico
di Hartmann mai realizzato: una maestosa porta per
celebrare il manca­to assassinio dello zar Alessandro
II. Il tema popolare della Promenade e una melodia
liturgica russa portano all’esaltazione finale dello
spirito russo.
Paolo Cairoli
(dagli archivi Rai)
2. Il vecchio castello espone una mesta melopea,
nell’immagine originaria intonata da un trovatore,
affidandola al suono scuro di un saxofono.
3. Tuileries: sono i giardini parigini davanti al Louvre,
resi da un’orchestra leggerissima che vuole mimare
i giochi dei bambini.
6. Samuel Goldenberg e Schmuÿle sono due ebrei, uno
ricco e arrogante, reso da un’or­chestrazione tronfia,
e l’altro povero e petu­lante, ritratto dai ribattuti in
fortissimo (di dif­fi cilissima esecuzione) della tromba
con sor­dina.
La grande porta di Kiev
Leonidas Kavakos
Ha suonato con prestigiose orchestre e affermati direttori, fra cui: Orchestra
del Gewandhaus di Lipsia e Riccardo Chailly, London Symphony Orchestra
e Valery Gergiev, Orchestra del Teatro Mariinskij, Orchestra Filarmonica di
Rotterdam, Berliner Philharmoniker, Orchestra del Festival di Budapest e Iván
Fischer, Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, Filarmonica del Teatro alla
Scala, New York Philharmonic e Alan Gilbert, Boston Symphony e Philadelphia
Orchestra.
Il suo repertorio comprende, oltre ai grandi concerti del XIX e del XX secolo,
pagine di Bach e Mozart, così come brani contemporanei quali L’Arbre des Songes
di Dutilleux. Recentemente ha eseguito la prima assoluta del Concerto per
violino di Oswaldo Golijov con i Berliner Philharmoniker e la direzione di Gustavo
Dudamel.
Attivo anche come direttore d’orchestra, dal 2007 al 2009 è stato Direttore
artistico della Camerata Salzburg, di cui era già Direttore ospite principale dal
2002; è salito sul podio di compagini quali Orchestra Filarmonica della Scala,
Orchestra Sinfonica di St. Louis, Orchestra del Festival di Budapest, Orchestra
Filarmonica di Rotterdam, Deutsches Symphonie Orchester di Berlino, Orchestra
dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Filarmonica di Budapest e Sinfonica
di Houston.
Per la musica da camera, ha collaborato con musicisti come i fratelli Capuçon,
Natalia Gutman, Helene Grimaud, Nicholas Angelich, Nickolai Luganzki ed
Elisabeth Leonskaya. È spesso invitato come artista in residenza dal Southbank
Centre e dalla Wigmore Hall di Londra, dalla Gewandhaus di Lipsia, dalla
Filarmonica di Rotterdam e dalla Tonhalle di Zurigo, ed è ospite regolare dei
Festival di Verbier, Montreux, Edimburgo e Salisburgo.
Molte le sue registrazioni, fra cui: con la Camerata Salzburg, i cinque concerti per
violino e la Sinfonia in mi bemolle maggiore di Mozart (Sony) e, recentemente,
il Concerto per violino di Mendelssohn e i Trii per pianoforte dello stesso autore,
eseguiti con Enrico Pace e Patrick Demenga, incisione nominata da ECHO Klassik
“Miglior Registrazione di Concerto del Repertorio del XIX secolo”. Nel 1991 ha
vinto il “Gramophone Award” per la prima registrazione della storia della
versione originale del Concerto per violino di Sibelius (BIS). Per ECM, ha pubblicato
un cd con le Sonate di Enescu e Ravel con il pianista Péter Nagy, e uno contenente
opere di Bach e Stravinskij.
Ha vinto il Concorso “Sibelius” nel 1985 e il Premio Paganini nel 1988.
Suona il violino Stradivari “Abergavenny” del 1724.
Partecipano al concerto
VIOLINI PRIMI
CONTROFAGOTTO
Bruno Giudice
CORNI
*Alessandro Milani (di spalla), °Giuseppe Lercara, °Marco Lamberti, Antonio Bassi,
Irene Cardo, Claudio Cavalli, Patricia Greer, Valerio Iaccio, Elfrida Kani, Kazimierz Kwiecien,
Alfonso Mastrapasqua, Fulvia Petruzzelli, Francesco Punturo, Rossella Rossi, Ilie Stefan,
Lynn Westerberg.
*Ettore Bongiovanni, Marco Panella, Emilio Mencoboni, Bruno Tornato.
VIOLINI SECONDI
*Roberto Rossi
*Roberto Righetti, °Valentina Busso, Maria Dolores Cattaneo, Carmine Evangelista,
Jeffrey Fabisiak, Rodolfo Girelli, Alessandro Mancuso, Antonello Molteni, Enxhi Nini,
Vincenzo Prota, Matteo Ruffo, Francesco Sanna, Isabella Tarchetti, Elisa Schack.
VIOLE
*Ula Ulijona, °Matilde Scarponi, °Geri Brown, Antonina Antonova, Massimo De Franceschi,
Rossana Dindo, Federico Maria Fabbris, Alberto Giolo, Maurizio Ravasio,
Margherita Sarchini, Luciano Scaglia, Svetlana Fomina.
VIOLONCELLI
*Pierpaolo Toso, °Wolfango Frezzato, Giuseppe Ghisalberti, °Ermanno Franco, Giacomo
Berutti, Pietro Di Somma, Carlo Pezzati, Stefano Pezzi, Fabio Storino, Stefano Blanc.
CONTRABBASSI
*Augusto Salentini, °Gabriele Carpani, °Silvio Albesiano, Giorgio Curtoni, Luigi Defonte,
Maurizio Pasculli, Virgilio Sarro, Luca Bandini.
FLAUTI
*Giampaolo Pretto, Luigi Arciuli, Carlo Bosticco.
OTTAVINI
Carlo Bosticco, Luigi Arciuli.
OBOI
*Carlo Romano, Sandro Mastrangeli, Franco Tangari.
CORNO INGLESE
TROMBE
*Roberto Rossi, Daniele Greco D’Alceo, Roberto Rivellini.
TROMBA PICCOLA
TROMBONI
*Joseph Burnam, Devid Ceste.
TROMBONE BASSO
Gianfranco Marchesi
EUPHONIUM
Antonello Mazzucco
TUBA
Daryl Smith
TIMPANI
*Claudio Romano
PERCUSSIONI
Maurizio Bianchini, Carmelo Gullotto, Alberto Occhiena, Massimo Melillo,
Francesca Santangelo.
ARPE
*Margherita Bassani, Emanuela Battigelli.
CELESTE
Chiara Sarchini
* prime parti ° concertini
Franco Tangari
CLARINETTI
*Enrico Maria Baroni, Graziano Mancini.
CLARINETTO BASSO
Marino Delgado Rivilla
SAXOFONO CONTRALTO
Mario Giovannelli
FAGOTTI
*Elvio Di Martino, Mauro Monguzzi.
Alessandro Milani suona un violino “Francesco Gobetti” del 1711, messo gentilmente a
disposizione dalla Fondazione Pro Canale di Milano.
11°
giovedì 26 gennaio 2012 ore 20.30
venerdì 27 gennaio 2012 ore 20.30
Juraj Valčuha direttore
Sabina Cvilak soprano
Michaela Schuster mezzosoprano
Giuseppe Varano tenore
István Kovács basso
Coro Filarmonico Cèco di Brno
Petr Fiala maestro del coro
Antonín Dvořák
Stabat Mater op. 58
per soli, coro e orchestra
CARNET
da un minimo di 6 concerti scelti fra i due turni e in tutti i settori
Adulti: 24,00 euro a concerto - Giovani: 5,00 euro a concerto
SINGOLO CONCERTO
Poltrona numerata: da 30,00 a 15,00 euro (ridotto giovani)
INGRESSO
Posto non assegnato: da 20,00 a 9,00 euro (ridotto giovani)
BIGLIETTERIA
Tel. 011/8104653 - 8104961 - Fax 011/888300
[email protected] - www.osn.rai.it