i prodotti da agricoltura biologica

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I PRODOTTI DA AGRICOLTURA BIOLOGICA
Negli ultimi tempi si fa un gran parlare degli “alimenti biologici”, definizione sbagliata visto che tutti gli
alimenti che comunemente consumiamo sono di origine biologica, cioè derivano da un organismo vivente.
Il nome corretto per questi cibi è invece “Prodotti da (o provenienti da) agricoltura biologica”, poiché ad
essere biologico è appunto il metodo di produzione, non il prodotto.
Gli alimenti provenienti da agricoltura biologica, secondo la legge, sono prodotti senza l'utilizzo di prodotti chimici (ad eccezione di quelli specificatamente permessi dall’Unione Europea) nelle fasi di coltivazione, trasformazione e stoccaggio, non possono essere usati ingredienti provenienti da OGM (Organismi Geneticamente Modificati) e gli additivi possono essere utilizzati in numero molto ristretto.
Qualora fosse necessario aggiungere ingredienti provenienti da agricoltura convenzionale, questi non possono essere scelti liberamente, ma solo da una lista designata dalla legge; si tratta in genere di prodotti che
nell’UE non si possono coltivare (per motivi geografici), oppure che non sono disponibili in produzione biologica (ad esempio papaia, cannella, zenzero ecc).
Fig. 1: Il marchio europeo dei prodotti da agricoltura biologica
Dare una definizione univoca di agricoltura biologica è difficile, poiché non esistono metodi produttivi “solo
biologici” o “solo convenzionali”. Esistono infatti una serie di tecniche agronomiche diverse, che sviluppano
uno o più aspetti tipici dell’agricoltura biologica (come l’agricoltura integrata e l’agricoltura biodinamica),
senza dimenticare che accanto all’agricoltura biologica si è sviluppata anche la zootecnia biologica.
Agricoltura integrata - Si tratta di un metodo produttivo che previene e combatte le infestazioni delle colture tramite metodi naturali (come l’impiego degli antagonismi naturali esistenti fra gli insetti infestanti
stessi e i predatori e/o i microrganismi). L’impiego di mezzi chimici è invece lasciato come “ultima spiaggia”.
Agricoltura biodinamica - Concetto agronomico lanciato nell’800 dal filosofo austriaco Rudolf Steiner, è
probabilmente la primissima forma di agricoltura biologica concettualizzata. Questo metodo produttivo
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prevede l’esistenza di un’azienda autosufficiente che segua i ritmi della natura; ciò presuppone la rotazione
delle colture, l’uso di prodotti naturali (come il letame) per la lotta agli infestanti ecc.
In genere si può definire “biologico” quel metodo produttivo che prevede: l’impiego di tecniche agricole a
ridotto impatto ambientale (inquinamento di terreni, acque ecc), uno scarso impiego di additivi alimentari,
l’assenza di OGM e la realizzazione di allevamenti nel pieno rispetto del benessere dell’animale.
Per comprendere appieno il significato del termine “biologico” bisognerebbe prendere in considerazione la
denominazione anglosassone di questo metodo produttivo: Ecological Agriculture, che in italiano significa
“agricoltura ecologica”.
Tutto ciò si realizza mediante lo studio degli aspetti agronomici legati alla coltivazione di piante e cereali ed
all’allevamento dei capi di bestiame, al fine di definire quali strategie adottare per realizzare metodi produttivi ecosostenibili.
Nonostante l’agricoltura biologica sia andata alla ribalta solo negli ultimi anni, per molti consumatori è
diventata soprattutto una moda, le sue origini risalgono a due secoli fa, in Germania, quando il filosofo Rudolf Steiner elaborò un modello di azienda agricola autosufficiente, con lo scopo intellettuale di contrapporsi alla sempre maggiore capacità dell’uomo di pilotare la natura: l’agricoltura biodinamica.
L’idea lanciata da Steiner venne in seguito elaborata e messa in pratica da alcuni agricoltori, fino
all’apertura a Berlino, nel 1887, della prima Reform Haus, adibita alla vendita dei prodotti ottenuti con questo “nuovo” metodo di coltivazione. Col passare degli anni le botteghe di prodotti biodinamici si diffusero a
tappeto in tutto il territorio tedesco ed espatriarono anche nei confinanti paesi europei.
Gli agronomi, nel frattempo, si applicarono nello studio e nella sperimentazione di metodi produttivi a ridotto impatto ambientale, che cercassero di sfruttare la natura, piuttosto che di forzarla.
L’Unione Europea ha creato una specifica regolamentazione riguardo la produzione biologica, secondo
la quale i produttori devono seguire precise regole, devono essere iscritti agli albi regionali delle aziende
biologiche e sono monitorati da enti appositi ed autorizzati dall’UE.
Come ogni alimento che si rispetti, anche gli alimenti provenienti da agricoltura biologica posseggono
un’etichetta, realizzata in base al regolamento comunitario vigente in materia, che deve riportare: nome e
codice (preceduto dalla sigla IT) dell’organismo di controllo autorizzato, codice dell’azienda produttrice,
numero di autorizzazione e dicitura “Organismo di controllo autorizzato con D.M. Mi.R.A.A.F. n.XXX
del XX/XX/XX in applicazione del Reg. CEE n.2092/91”. Il marchio europeo non è obbligatorio, quindi i prodotti che non lo riportano, non necessariamente non sono “biologici”.
Questi prodotti vengono comunemente distinti in tre categorie, in base a precise caratteristiche produttive:

Prima categoria - Almeno il 95% degli ingredienti agricoli è stato coltivato secondo il metodo biologico per almeno due anni. In tal caso l’indicazione del biologico è riportata nella denominazione
di vendita.

Seconda categoria - Almeno il 70% degli ingredienti agricoli è stato coltivato secondo il metodo
biologico per almeno due anni. L’indicazione del biologico è riportata nell’elenco degli ingredienti.

Terza categoria - Prodotti coltivati secondo il metodo biologico da almeno un anno prima del raccolto, in un’azienda che ha smesso i metodi di coltivazione convenzionali da oltre un anno. Riportano la dicitura “Prodotto in conversione all’agricoltura biologica”.
Dal punto di vista nutrizionale, i prodotti da agricoltura biologica presentano qualche differenza rispetto
ai prodotti convenzionali. Alcuni studi condotti dall’Università di Davis (California, USA), hanno dimostrato
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che i prodotti “biologic” contengono mediamente più fotocomposti (caroteni, antiossidanti, flavonoidi,
quercetina ecc) rispetto ai prodotti ottenuti con l’agricoltura convenzionale. La qualità nutrizionale dipende
però dal tipo di terreno e di varietà impiegata, quindi non si può considerare assoluta e onnipresente in tutti i cibi “biologici”.
Il miglior valore nutrizionale dei prodotti da agricoltura biologica, tuttavia, viene in gran parte perso durante la filiera (lavorazione, conservazione, trasporto, vendita), che prevede gli stessi mezzi e gli stessi tempi
per tutti i prodotti. Il latte ottenuto con tecniche di agricoltura e zootecnia biologica, ad esempio, viene pastorizzato allo stesso modo del latte “normale”, quindi il trattamento termico ha la stessa influenza sul valore nutrizionale per entrambi i prodotti.
Come accade per ogni cosa, però, l’agricoltura biologica ha i suoi pro ed i suoi contro. Ad esempio, il
mancato uso di prodotti chimici volti ad uccidere gli insetti e le muffe che potrebbero infestare le coltivazioni, determina un aumento del rischio di perdite produttive legate alle infestazioni. Il rischio produttivo
presuppone quindi che, per ottenere la stessa quantità di prodotto, si debba aumentare la superficie di terreno adibita a coltivazione, rispetto all’agricoltura tradizionale. Un aspetto che mal si associa alla crescita
demografica ed alla mancanza di spazio.
La presenza degli infestanti non è rischiosa solo nelle fasi di semina e coltivazione, ma anche per tutta la vita del prodotto. Basta pensare alle micotossine (sostanze chimiche tossiche prodotte da alcuni funghi, tra
cui le muffe che possono infestare le coltivazioni): in assenza di un’adeguata lotta chimica agli infestanti,
come avviene per i prodotti da agricoltura biologica, queste sostanze possono trovarsi nel prodotto finito in
quantità più elevata rispetto ai prodotti convenzionali.
La deperibilità dei prodotti biologici, inoltre, è maggiore: un alimento come la farina, ad esempio, è più soggetto alla contaminazione da parte di insetti quando proviene da agricoltura biologica. I passi da gigante
fatti dalla tecnologia alimentare nel campo della conservazione degli alimenti, e quindi della riduzione della
loro deperibilità, non possono essere sottovalutati in una società come la nostra, moderna a tal punto da
non essere in grado di preparare il sugo senza la polpa pronta in barattolo e, soprattutto, abituata a scorte
alimentari di lunga durata.
L’intento ecologico della produzione biologica è senz’altro utilissimo in un ambiente sempre più provato
dagli eccessi umani ed industriali, ma per essere veramente utile dovrebbe essere sostenibile sia dal punto
di vista dei volumi (di materia prima, di terreni ecc) che dei costi, nonché per quanto riguarda l’integrazione
con l’agricoltura tradizionale e per la deperibilità dei prodotti.
È bene porre attenzione a come vengono reclamizzati i prodotti da agricoltura biologica. Gli slogan che
mirano a decantare la qualità superiore di questi alimenti sono ingannevoli (non esistono infatti dati statisticamente significativi che supportino questa tesi) e soprattutto vietati dalla legge, secondo la quale i prodotti da agricoltura biologica non possono essere pubblicizzati come di qualità superiore.
Si sono viste molte campagne di informazione che osannano i prodotti da agricoltura biologica e demonizzano i prodotti tradizionali. Qualcuno si è anche preso la briga di conteggiare i milligrammi di metalli pesanti che nel corso di un anno può ingerire una persona che consuma prodotti convenzionali, senza contare
che chi consuma solo prodotti da agricoltura biologica vive comunque in un ambiente che di metalli pesanti
è pieno zeppo, prima causa fra tutte c’è l’inquinamento atmosferico delle aree urbane in cui viviamo.
Un approccio così assolutista è sbagliato e fuorviante. Bisognerebbe divulgare la corretta conoscenza di un
certo argomento delineando gli aspetti caratterizzanti, i pro ed i contro, senza dire “Fa bene” o “Fa male”,
concetti strettamente dipendenti dal contesto. Sarebbe come se alla facoltà di ingegneria i professori insegnassero a progettare e costruire automobili, ammonendo però gli studenti che il gas di scarico fa male e
quindi non dovrebbero diventare progettisti e costruttori di automezzi.
Altro tasto dolente legato alla promozione dei prodotti da agricoltura biologica è legato alla loro presunta potenzialità di poter essere un’importante risorsa per risolvere il problema della fame nel mondo, la cui
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solvibilità è molto complessa e difficile da raggiungere. Jacques Diouf, il direttore della FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), nel dicembre 2007, ha rilasciato una dichiarazione nella quale
riconosce l’importanza ecologica dell’applicazione di metodi di coltivazione biologica, ma non attribuisce a
questo metodo produttivo la potenzialità di poter essere impiegato per combattere la fame nel mondo. La
potenzialità produttiva biologica, secondo Diouf, non ha infatti le caratteristiche, in termini di volumi produttivi e di costi, per poter svolgere tale ruolo.
Nell’educazione alimentare è importantissimo tenere presente la necessità di presentare argomenti e
concetti così come sono, senza enfatizzare uno o più aspetti in base all’etica personale. Bisogna farlo soprattutto quando si tratta di argomenti delicati che sono sulla bocca di tutti, come appunto quello trattato
in questa scheda. Nella divulgazione dell’agricoltura biologica, quindi, è bene delinearne l’importanza ecologico-ambientale, senza dire “E’ più nutriente”, “E’ più genuino” ecc.
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