Andrea Zorzi, il giocat(t)ore dal parquet al
Transcript
Andrea Zorzi, il giocat(t)ore dal parquet al
SPETTACOLI L’UNIONE SARDA Al Piccolo Auditorium arriva un’originale pièce tra sport e realtà Andrea Zorzi, il giocat(t)ore dal parquet al palcoscenico A Cagliari la “Leggenda del pallavolista volante” CHI È Un mostro sotto rete Prendete fiato, tanto: due Scudetti, due Coppe Italia, una Coppa dei Campioni, quattro Coppe delle Coppe, tre Supercoppe europee, due Coppe del Mondo. Poi c’è la Nazionale: un argento olimpico, due titoli Mondiali, tre Europei, tre World League, una World Top Four, una World Super Six, una Grand Champions Cup, una Coppa del Mondo, un Giochi del Mediterraneo, un Goodwill Games. Andrea Zorzi non è soltanto questo: la sua carriera non è una infinita serie di successi. Zorro - questo il suo nome di battaglia, nato a Noale in provincia di Venezia nel 1965 - è stato soprattutto un fuoriclasse nella spesso difficilissima gestione delle vittorie. Tante. Ha fatto parte della cosiddetta generazione di fenomeni, lo squadrone azzurro di Julio Velasco che al tramonto del Novecento è stata eletta come la squadra del secolo scorso. Una sola macchia in carriera: la medaglia d’oro olimpica, mai vinta. Ed è da lì che si riparte: dalle sconfitte. Le vittorie Andrea “Zorro” Zorzi non le ha infatti mai fatte pesare: è da questi piccoli particolari che si giudica un gioca(t)tore. N. M. RIPRODUZIONE RISERVATA Ci pensa un attimo, poi va giù a botta sicura con la forza e la precisione con le quali, qualche annetto fa, abbatteva i muri di tutto il mondo: «Più facile giocare una partita di pallavolo». Forse perché di match ne ha giocati più di 500, vincendoli quasi tutti, e invece a teatro è poco più che un debuttante. Andrea Zorzi, miglior giocatore del mondo nel 1991, ha intrapreso un’altra avventura. La terza, dopo anche quella di apprezzato giornalista sportivo, mestiere nel quale riesce a far convivere perfettamente le calde sensazioni della mente con la freddezza delle tecnologie: è diventato attore e Cagliari potrà vederlo all’opera dopo averlo più volte applaudito quando si esibiva in via Rockefeller con la maglia azzurra di quella squadra passata alla storia come la “generazione di fenomeni” allevata da Julio Velasco. Il passo dai legni lucidi del parquet a quelli polverosi di un palcoscenico è stato un po’ più corto di quel che potrebbe sembrare: Zorzi, in fondo, recitava un ruolo anche allora (era uno schiacciatore opposto al palleggiatore) e adesso recita se stesso in una pièce che si intitola “La leggenda del pallavolista volante” in scena il 15, il 16 e il 17 gennaio prossimi al Piccolo Auditorium di piazzetta Dettori. Lo sport è metafora di vita, spesso ne anticipa temi e perfino rivoluzioni. Lo sport è soprattutto un veicolo sul quale trasportare pensieri, parole e soprattutto emozioni. Scritto dallo stesso Zorzi con Nicola Zavagli, che cura anche la regia, interpretato anche da Beatrice Visibelli, co- venerdì 10 gennaio 2014 - www.unionesarda.it 39 Stasera ad Ozieri Bucci, il gioco del pensiero con “Antigone” reografie di Giulia Staccioli, “La leggenda del pallavolista volante” è un breve viaggio, ma intenso, su un doppio binario: la vita sportiva di Zorro (nome di battaglia sotto rete) e quella del Paese che gli gira attorno. Con i suoi usi e i suoi costumi. Dieci anni di storia di una comunità attraverso gli occhi di chi ha saputo andare oltre la rete. Direttamente, non affidando il proprio destino soltanto a un pallone scagliato con violenza sulle povere falangi degli avversari. Andrea Zorzi ha già presentato questo spettacolo in alcuni teatri d’Italia raccogliendo consensi e applausi ma anche soldi per acquistare defibrillatori da mettere a bordo campo dopo la tragica vicenda di Vigor Bovolenta. Zorro ha scelto il linguaggio del volley per scavare dentro se stesso e dunque, dentro quella generazione. Che mai nel suo spettacolo appare per quel che è passata alla storia. “La leggenda del pallavolista volante” non è infatti un pippone autocelebrativo di uno dei più forti pallavolisti del mondo di tutti i tempi: Zorzi affronta questo viaggio con la stessa leggerezza di quando vinceva e perdeva, perché il ragazzone sapeva vincere ma anche perdere. La pallavolo, poi, con le sue dinamiche strettissime: battuta, ricezione, alzata, schiacciata e muro in una manciata di secondi, è una bella metafora di una vita che corre, apparentemente, sempre uguale a se stessa. Perché qualcuno che fa la differenza c’è sempre: in un palazzetto come in un teatro, la differenza è minima. Nando Mura «L’opera d’arte più perfetta che lo spirito umano abbia mai prodotto». È quanto Hegel scrive sull’“Antigone” di Sofocle, definendo la «divina protagonista la più radiosa figura umana mai apparsa sulla terra». Una figura mitologica che vive in centinaia di testi di tutti i tempi, di tutte le lingue, e in altrettante messinscene teatrali, come quella proposta dalla compagnia Le Belle Bandiere guidata da Elena Bucci e Marco Sgrosso, attesa oggi alle 21 al Teatro civico di Ozieri con “Antigone”. «Uno degli intenti è quello di riportarci alla storia del teatro, ai tempi dove la dimensione verbale non era staccata da quella danzata e cantata», precisa l’attrice e regista. Qual è oggi la sfida nell’affrontare la tragedia greca? «Questi testi ci permettono di ascoltare le ragioni di tutti: dello Stato, attraverso la figura di Creonte, della legge del cuore con Antigone. Sarebbe bello se una volta tanto provassimo a stare a teatro come se fosse un luogo franco d’immaginazione ma anche di gioco del pensiero». Avete analizzato anche altre letture? «No, anche se all’inizio eravamo partiti con questa idea. Nel tempo ce ne sono state di molto belle, come quella di Brecht. Abbiamo cercato di aprire questo testo dopo migliaia di anni come se fosse ora. Purtroppo siamo immersi in modalità ripetitive e talvolta obbligatorie. Il nostro desiderio è quello di tentare di pensare e sentire in altro modo, usare il teatro per spostare lo sguardo». Gli spettacoli della sua compagnia nascono spesso in coproduzione. Con la nuova normativa, che abolirà i teatri stabili, le coproduzioni subiranno una brusco arresto. «È un momento di grande sofferenza per il teatro. Bisogna trovare il modo di coordinare compagnie e altri organismi, ma anche di un discorso dal basso. Solo chi ha la competenza ha in sé una voce a cui non si può rinunciare, se vogliamo creare una economia sana nel mondo dell’arte». Carlo Argiolas RIPRODUZIONE RISERVATA RIPRODUZIONE RISERVATA