Se un defunto parla dal registratore

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Se un defunto parla dal registratore
Communio
NUOVO DIALOGO
SETTIMANALE DELL’ARCIDIOCESI DI TARANTO DAL 1964
SABATO 18 Ottobre 2008 ANNO 44 N°32
E d itoriale
Massimiliano Padula
Lettera
alla mia città
P
robabilmente erano soltanto quattro balordi. Sicuramente è stato
un episodio isolato. Certamente è
bene non generalizzare. Evidentemente tutto questo, ma siamo alle solite.
Una città fragile, incerta, sfiduciata come
la nostra non aveva sicuramente bisogno
che un apparato culturale ed economico
come una troupe cinematografica scappasse a gambe levate per non cedere ad
un ricatto. È successo nella città vecchia,
meraviglia solitaria e trascurata da chi, nei
decenni, l’ha sempre snobbata. Effige di
una città fastosa e fiera chissà quando, desolante scenario di prepotenze adesso. Lina
Wertmuller ci era già stata qualche anno fa
a girare “Io speriamo che la cavo”. Il film
era ambientato a Napoli (come il romanzo
di D’Orta) ma Taranto primeggiava nella
sua essenza di città contorta ma che si arrangia anche se sgarupata.
C’era stato Winspear, il regista nobile che
dal Salento con “Il suo miracolo” le aveva dato un po’ speranza. Ci era tornata
Lina Wertmuller perché - dice lei - «ama
Taranto» ma ha dovuto presto sbaraccare
perchè qualcuno, forse quattro balordi (o
forse no), le hanno chiesto il pizzo per girare. Come se quel labirinto di cunicoli, la
cui soglia, ai comuni mortali, è permesso
varcare soltanto al giovedì santo, fosse di
loro proprietà. Come se senza il loro permesso nulla può essere fatto. Neanche per
far assumere 150 figuranti che avrebbero
forse sbarcato il lunario per quel giorno.
Neanche per dire agli amici che questo
film è stato girato a Taranto, raro vanto
in mezzo a tante vergogne. Ne parlano i
giornali. Tutti e di quelli che la gente legge. Intanto la troupe con tanto di attori e
registi va via a Brindisi e Taranto rimane
immobile, come intossicata dal suo nonessere tanto da non avvertire nemmeno i
sintomi del suo malessere. Una città che
appare come anestetizzata dalla sua stessa lenta e mortale malattia che è quella di
trovarsi con cittadini spesso irresponsabili, talvolta senza coscienza né passione
civica da coltivare e con poche aspettative
da condividere con gli altri. Appare come
ripiegata su se stessa, Taranto, incapace di
trovare almeno una ragione al suo disagio
e quindi, una possibile cura per rimettersi in piedi. È un vecchio vizio di questa
città: giocare con i propri mali per non affrontarli, finendo quasi per non vederli. È
così che da troppi anni si è amministrato
sacrificando territorio, ambiente, legalità,
luoghi sociali, cultura. Questo episodio è
soltanto una nervatura di questo sfascio
sociale che la investe.
Gli auspici conclusivi, oltre che banali, sono stati troppi e sono, forse, inutili.
L’unico augurio (e chiedo scusa se ho esagerato) è a chi, in questa città, crede ancora, perché con la sua passione possa ridarle
almeno un po’ di dignità e restituirgli un
po’ di voglia di futuro. Solo un po’ per il
momento.
TARIFFA R.O.C: POSTE ITALIANE SPED. IN ABB. POST. - D.L - 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA, 1, DCB TARANTO TRANSITI
€ 1,00
grandi perplessità’ sul convegno di studi “sopravvivenza e vita eterna”
Se un defunto parla dal registratore
F P
Don Marco Gerardo commenta l’intervista di Gemma Cometti
L ’ A R G O M E N T O
Integrazione scolastica
per gli studenti disabili
“S
i i tratta di una fede
utilitarista,
usata
per il proprio bisogno di consolazione; non è una
fede che si apre al mistero di
Dio così com’è, ma ci troviamo
dinanzi ad un tipo di fede che
usa il mistero della eternità per
dare risposte “a buon mercato”
al proprio pur legittimo bisogno di consolazione. Per questo
è una fede che non ammette il
confronto con l’istanza veritativa del Magistero, è una fede
relativista”
RAMMENTI
La rubrica
di Monsignor
Arcivescovo
Benigno Luigi Papa
a PAGINA 2
Servizio a PAGINA 3
A
M
B
I
AOLINI
E
N
T
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Differenziata
E C C L E S ì A
A Taranto siamo ancora in ritardo
MARTINA FRANCA
La missione in
Perù della
‘S. Antonio’
Ottavio Cristofaro a pag 10
I tagli della Finanziaria 2008 hanno dimezzato il
sostegno per i disabili nelle scuole e non solo
Servizi alle PAGINE 4-5
ADESSO
all’interno il mensile
della diocesi di Castellaneta
I
rifiuti rappresentano, per
le città del benessere e
dei consumi, un’ipoteca
che pesa fortemente non solo
sul futuro, ma anche già sul
presente. La raccolta differenziata è l’unico passaggio che
può garantire un futuro tranquillo alle città moderne, che
in genere, però, non si sono
curate affatto di affrontare il
problema. Taranto e molti paesi della sua provincia, oltre a
pagare pesantemente lo smaltimento dei rifiuti rischiano
anche gravi sanzioni per non
aver creato le condizione per la
raccolta differenziata. Martedì
scorso il presidente dell’Amiu,
Gino Pucci, è stato ascoltato
dalla commissione Ambiente
del Comune, per fare il punto
sull’attività dell’azienda, con
particolare riferimento alle
iniziative proprio per la raccolta differenziata. Abbiamo
rivolto alcune domande a lui e
al consigliere comunale Anna
Rita Lemma.
Servizi alle PAGINE 6 - 7
Sabato 18 Ottobre
Nuovo Dialogo
è in abbinamento
con il Corriere del Giorno
“Vanellatuacasa,eannunziala misericordia di Dio”
Dal 19 al 31 ottobre le missioni al
popolo nella vicaria ‘orientale I’ della
diocesi coinvolgono sette parrocchie
Servizio alle pagine 12
O
T
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Ta r a n t o
al cinema
La città bimare è spesso scenario
di film diretti da grandi registi. Da Lina
Wertmuller ad Alessandro d’Alatri
Servizio alla pagina 23
S
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Il Taranto corsaro
sbanca anche Terni
Una squadra umile, consapevole dei
propri limiti, soprattutto d’organico, fa quadrato e vince ancora fuori
Servizio alla pagina 30
W W W. N U O V O D I A L O G O . C O M
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2
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SABATO 18 OTTOBRE 2008
A Tessalonica,
RAMMENTI
un laboratorio come pulpito
+ Benigno Luigi PAPA
L
a nascita della comunità cristiana a
Tessalonica è stata
un fatto culturale
talmente nuovo che
suscita subito interrogativi sul
tipo di proposta religiosa fatta da Paolo e sulla situazione
concreta in cui essa è avvenuta.
I contenuti della predicazione missionaria dell’apostolo possono essere facilmente
conosciuti a partire da quanto
egli dice a proposito dei convertiti: essi si sono allontanati
dagli idoli «per servire il Dio
vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio Gesù, che Egli
ha risuscitato dai morti e che
ci libera dall’ira ventura» (1Ts
1,9).
Da queste parole è facile dedurre che l’annuncio di Paolo
contenesse una critica verso il
culto idolatrico, che era molto
diffuso nella città. L’affermazione dell’unico Dio vivo e
vero, creatore dell’universo e
del genere umano, il riferimento a Gesù di Nazaret, Figlio
del Dio vivente, al suo insegnamento sull’amore (cf 4,9)
e alla sua morte e risurrezione,
il tema della liberazione da lui
offerta e l’attesa della salvezza
definitiva nel suo ritorno, che
si riteneva imminente: questa tipologia di annunzio era
adatta ad un uditorio senza
familiarità con la tradizione
biblico-guidaica, ma che respirava l’atmosfera culturale
di un ambiente impregnato di
religiosità idolatrica.
Circa la durata della permanenza di Paolo a Tessalonica
e circa il luogo della sua residenza, quello cioè dove egli
ha concretamente annunciato
il Vangelo, le informazioni
che ci provengono dal resoconto degli Atti degli Apostoli
(17,2-9) non trovano riscontro
nelle due Lettere scritte da
Paolo alla comunità di Tessalonica. Il suo soggiorno in
questa città non può essere
stato di venti giorni ma deve
essere durato almeno un anno.
L’apostolo non fa menzione di
benefattori o benefattrici, che
gli garantivano vitto e alloggio e mettevano a disposizione
una grande casa per accogliere
quanti erano interessati alla
sua proposta religiosa. Tutto lascia pensare che il luogo
– ove Paolo a Tessalonica ha
comunicato il Vangelo di Dio
– non è stato un luogo sacro,
né un appartamento di lusso
molto grande, bensì un laboratorio ove egli, da solo o insieme ad altri, lavorava manualmente. È l’apostolo che
lo scrive: «lavorando notte e
giorno, per non essere di peso
ad alcuno, vi abbiamo annunciato il Vangelo di Dio» (1Ts
2,9). E, alcuni mesi più tardi,
scrivendo una seconda lettera
ai cristiani di Tessalonica, ritorna sullo stesso argomento:
«sapete infatti come dovete
imitarci, poiché noi non abbiamo vissuto oziosamente
tra voi, né abbiamo mangiato
gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con
Le frasi della settimana
“Cinquantamila euro e potete stare tranquilli”
Due balordi ricattano la regista Lina Wertmüller, che lascia Taranto (14 ottobre 2008,
Quotidiano)
“Arsenale, il piano industriale del governo
Prodi va rivisto, perché la nostra visione politica è diversa”
Giuseppe Cossiga, sottosegretario alla Difesa
ai rappresentanti tarantini (14 ottobre 2008,
Corriere del Mezzogiorno)
“La vittoria è importantissima, ma credo
che non dobbiamo mai perdere di vista i
nostri obiettivi”
Franco Dellisanti, allenatore del Taranto, dopo
la vittoria di Terni (13 ottobre 2008, Corriere
del giorno)
“L’Osl stia tranquillo, avrà i 24 milioni di
euro”
Pietro Franzoso, deputato di F.I. rassicura l’organo di liquidazione sui fondi per il dissesto
(12 ottobre 2008, La Gazzetta del Mezzogiorno)
“Lacondannaprovachel’Ilvainquina”Franco
Sorrentino, segretario Uil, parte civile al processo per le cokerie, chiuso con la condanna di
Riva (11 ottobre 2008, Corriere del giorno)
SiT
P
LETTERE & COMMENTI
fatica e sforzo, notte e giorno,
per non essere di peso ad alcuno. Non che non ne avessimo
diritto, ma per darvi noi stessi come esempio da imitare»
(2Ts 3,7-9).
Senza fare un commento
puntuale su queste due testimonianze di Paolo, mi preme
soltanto mettere in risalto il
fatto che l’apostolo, per poter
vivere a Tessalonica, ha dovuto lavorare, anzi ha scelto di
lavorare praticando un mestiere che comportava sforzo
e fatica, un lavoro riservato
al proletariato, agli schiavi
e che non era certo praticato
dagli intellettuali o da persone
appartenenti all’alta società.
Si trattava, poi, di un lavoro
che non doveva fruttare molto
sul piano economico, se egli
per due volte dice di lavorare
giorno e notte per non essere
di peso ad alcuno.
Stava massimamente a cuore all’apostolo che la comunicazione del Vangelo non
fosse percepita come un
baratto. Per valutare correttamente le modalità con cui
è avvenuta la predicazione
cristiana nelle prime ore del
cristianesimo, occorre aggiungere che la giornata lavorativa,
in quell’epoca, durava dodici
ore e che la settimana non aveva un giorno di riposo, ma si
lavorava sette giorni su sette.
Non sappiamo se Paolo lavorasse in proprio o associato ad
altri operai o a un datore di lavoro, come avvenne più tardi a
Corinto (At 18,3). Né sappiamo con esattezza quando egli
AOLINI
NUOVO DIALOGO
Settimanale
dell’Arcidiocesi di Taranto
abbia imparato il mestiere di
costruttore di tende. Più che
da adolescente a Tarso, quando frequentava le scuole di retorica, o da giovane a Gerusalemme, quando era alla scuola
del rabbino Gamaliele, sarà
stato probabilmente a Damasco, dopo la conversione, dove
per tre anni (Gal 1,17-18) ebbe
modo di progettare seriamente
la sua strategia missionaria e
di rendersi economicamente
indipendente nell’esercizio di
essa.
Un laboratorio di artigiano
è stato dunque il pulpito in
cui è risuonato il Vangelo di
Dio nella città di Tessalonica. Si noti la contemporaneità
di azione: «lavorando… vi abbiamo annunziato il Vangelo
di Dio» (1Ts 2,9). L’uditorio
era, perciò, costituito di colleghi di lavoro, di clienti, amici,
famigliari degli uni e degli altri. Piano piano il numero dei
convertiti crebbe, sicché Paolo
fu indotto a chiedere aiuto economico alla comunità cristiana
di Filippi, per potersi dedicare
totalmente al servizio pastorale diretto. Per due volte alcuni
cristiani, presenti nella città di
Filippi, percorsero 150 km a
piedi o servendosi di una carovana, sulla Via Egnatia, per
recare aiuto a Paolo (Fil 4,16).
La Chiesa di Tessalonica nasce nel mondo del lavoro, era
costituita da lavoratori (cfr 1Ts
4,11; 2Ts 3,7-11) e deve la sua
origine all’opera di un artigiano di nome Paolo che era, nello stesso tempo, un apostolo
appassionato di Gesù Cristo.
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Parcheggi a pagamento
@ Gentile direttore,
Voglio sollevare il problema
della gestione dei parcheggi a
pagamento passata all’Amat.
Tante parole hanno caratterizzato allora il ripristino delle strisce
blu in città. A chi protestava, allora, era stato assicurato che in
breve tempo il territorio sarebbe
stato dotato anche di aree a sosta gratuita, come del resto prevede la normativa vigente. Le
assicurazioni arrivavano in particolare per la zona del Borgo,
dove le difficoltà si avvertivano
maggiormente. A risentirne soprattutto tutti quei tarantini che
qui svolgono la propria attività
lavorativa, costretti a sopportare
l’onere di grattini e parcometri.
Abbiamo atteso un anno che
le promesse divenissero realtà,
ed invece ancora oggi di strisce bianche al centro non c’è
nemmeno l’ombra. Commesse,
impiegati, commercianti sono
costretti a pagare per la propria
vettura per l’intera giornata lavorativa. Né tanto meno hanno
potuto ovviare al salasso viaggiando con i bus di città, poiché
molto spesso i pullman arrivano
in ritardo, quando va bene, oppure fanno avaria. Questo significa
che un lavoratore che si affida
al servizio di trasporto pubblico
rischia sistematicamente di arrivare in forte ritardo sul proprio
posto di lavoro.
Gino Biasi
A costo di essere impopolare,
ribadisco ancora una volta che,
a mio avviso, il centro di Taranto dovrebbe essere totalmente chiuso al traffico così come
accade in tante città dove non
mancano certo esercizi commerciali. Il problema dei parcheggi
c’è perché non è pensabile che
una porzione ridotta di territorio ospiti un numero illimitato
di auto. L’esperimento della
circoscrizione MontegranaroSalinella di trasformare via Liguria in isola pedonale è stato
un successo condiviso da cittadini comuni e commercianti.
Sicuramente va migliorato il
servizio pubblico ed incentivato
l’uso delle biciclette. Continuare a proporre vecchi modelli non
funziona. Il coraggio di adottare
scelte, innovative da noi ma ampiamente sperimentate altrove,
paga sempre.
Volantini pubblicitari
@ Caro don Emanuele,
Vorrei sottolineare quello che a
mio parere è diventato un vero
e proprio incubo per i tarantini.
Si tratta della notevole quantità
industriale di volantini pubblicitari di tutti i tipi che troviamo
sistemati sotto i tergicristalli
delle vetture parcheggiate. E’
ormai diventato un incubo, perché quando vai di fretta, e magari sta anche piovendo, vai per
attivare i tergicristalli e si forma
una poltiglia di carta sul parabrezza. Ti lasciano di tutto, dai
prestiti che ti “regalano” come
caramelle, a corsi di specializzazione nei settori più improponibili. Mi chiedo per quale motivo
tutta questa carta non venga infilata nelle cassettine all’ingresso dei portoni, dove lasciano
depliant e volontini. Talvolta
trovo sull’auto anche tre quattro
pubblicità diverse, magari dello
stesso prodotto o proposte di finanziamento praticamente identiche, ma che fanno riferimento
a finanziarie diverse. Come può
un consumatore fare una scelta
facendo una vera ingordigia di
offerte? Forse la pubblicità dovrebbe trovare nuove formule
più efficaci e meno fastidiose
per proporsi, perché in questa
maniera potrebbe ottenere l’effetto opposto a quello di attirare clienti. Alla fine tutta quella
carta finisce per terra ad incrementare la sporcizia sulle nostre
strade.
Mino Di Fraia
Gli incubi dei tarantini sono ben
altri ma condivido con lei il disagio per l’abuso di materiale
pubblicitario. Se la pubblicità è
l’anima del commercio è anche
vero che, quando l’offerta è eccessiva, il consumatore reagisce
con fastidio. È anche vero che, a
fronte di una città indubbiamente sporca, i volantini buttati per
strada non fanno che aggravare
la situazione. Agli inserzionisti da ‘parabrezza’ si potrebbe chiedere una piccola ‘tassa
per smaltimento’. Il consiglio,
in ogni caso, è di utilizzare il
buon senso quando si debbono
effettuare degli acquisti e di non
farsi irretire da offerte ‘miracolose’.
Invia la tua lettera a:
[email protected]
fax: 099.452 55 63
Nuovo Dialogo
Viale Virgilio, 4c
74100 Taranto
Saranno pubblicate solo le
lettere firmate in via esclusiva alla nostra redazione
per le quali, a richiesta,
potremo mantenere l’anonimato.
SABATO 18 OTTOBRE 2008
APPROFONDIMENTI
lo strazio per la perdita di un figlio
Quando i MORTI
parlano DAl registratore MARINA LUZZI
C’
è chi lo chiama spiritismo, chi negromanzia, chi contatto con il soprannaturale. Comunque lo si voglia considerare, il numero di coloro
che provano a stabilire una relazione con gli spiriti dei defunti è in
progressivo aumento. Molti sono spinti verso queste pratiche dalla
curiosità o dalla noia. Altri dalla disperazione per la perdita di un caro. Sono
questi i soggetti più deboli che cadono spesso nella rete di approfittatori senza
scrupoli, capaci di arricchirsi grazie alle disgrazie altrui. Il magistero della Chiesa
resta fermo nel considerare negativamente tali attività, anche quando vengono
esercitate senza fine di lucro da persone che si dichiarano cattoliche. Siamo andati a fondo dell’argomento , e per comprenderlo abbiamo intervistato Gemma
Cometti, sensitiva, che ormai da trent’anni sostiene di udire le voci dei defunti.
Recentemente l’ associazione di volontariato da lei presieduta è entrata a far parte
del Centro Servizi Volontariato. Si tratta di una onlus che si occupa dell’organizzazione di un convegno di studi dal titolo “ Sopravvivenza e vita eterna”. Giunto
all’undicesima edizione, il meeting annuale è attualmente in corso e si concluderà
il prossimo 19 ottobre. La diocesi tarantina però lo disapprova.
Da dove parte la sua storia ? E come si è arrivati da una vicenda personale
alla costituzione di una onlus?
“ E’ stato un processo lungo. E’ partito tutto dalla morte di mio figlio Davide. Era
il 1978. Appena appresa la notizia decisi in cuor mio che volevo morire insieme
a lui, e sono sicura che se non lo avessi ritrovato sarei morta. Anche se avevo altri
figli, per me non contava. D’altronde se si perde un braccio, poco importa di averne anche un altro. Fu mio marito a salvarmi mettendosi in contatto con Gabriella
Alvisi, che parlava con la figlia defunta attraverso un registratore. Mi venne a
riferire di averla incontrata e che gli aveva fornito delle risposte convincenti. Io
ero sempre a letto in quel periodo. Mi alzai, presi il suo registratore, un geloso a
bobine, e cominciai a chiamare Davide , notte e giorno per mesi. La prima cosa
che mi disse fu di ritornare alla Fede e di credere in Dio, che con lui era stato buono. E poi di smettere di pensare che fosse stato Dio a togliergli la vita , perché Lui
non porta dolore, ma solo amore. Da lì la parola amore è diventata il fulcro della
mia esistenza. E adesso io e lui siamo una cosa sola, tanto che quando parlo con
parenti di persone defunte che si rivolgono a me non so mai se sono io a rispondere o e lui attraverso di me”.
Fin qui la sua storia. Ma come si sono avvicinate altre persone a questo suo
percorso?
“Sono stati i defunti a chiedere di poter parlare con i loro congiunti. Io però non
sono mai andata a bussare a nessuna porta. Con il passaparola pian piano la mia storia è venuta a conoscenza
di molti e quindi gli stessi parenti sono venuti a chiedermi di mettersi in contatto con i loro cari. Così è nato
questo ponte d’amore, come lo definisco. In questi
trent’anni mi sono giunte voci da tutti gli apparecchi.
Sono partita con la metafonia (Ndr ascolto delle voci
da un registratore), poi radio e telefono, ma mai mi è
successo di ascoltare una parola che non fosse d’amore, di fede e di cristianità”
Dunque lei insieme alla sua associazione si sente parte della Chiesa.
“ Certamente . Direi più di prima. Dicono che bisogna credere in Dio per fede,
ma non è detto. Pensiamo a San Tommaso che ha voluto toccare per credere. Se
Dio permette che avvengano questi contatti vuol dire che è lecito. Poi io non ho
invocato mio figlio perché volevo delle prove per credere. Io l’ho chiamato perché
non potevo vivere senza di lui. Noi andiamo a Messa, facciamo la comunione. Io
faccio volontariato da trent’anni. Quello di casa mia è un telefono amico, in cui
ricevo telefonate da tutta Italia. Trovare un sacerdote con cui parlare invece non
è sempre facile. Lo si trova solamente per essere giudicati; per essere sostenuti
meno. Il mio lavoro con le persone è anche quello di far capire che il dolore che
provano fa male ai loro defunti. Se una persona amata è lontana ma è felice, non
possiamo che essere felici per lei. Certo non è facile arrivare a questa consapevolezza, ma io li accompagno in questo cammino. E poi da questi incontri è
scaturito tanto bene. Molte persone hanno cominciato a fare volontariato e hanno
creato delle cose meravigliose”.
Ma, a prescindere dal suo sostegno, i componenti del gruppo sono seguiti da
un padre spirituale?
“No. L’associazione di volontariato è tesa solo all’organizzazione del convegno”
E che tipo di aiuto pensate di dare come associazione di volontariato con
questo convegno?
“ L’aiuto che diamo è quello di far tornare tanta gente alla fede, di far capire che è
sbagliato ribellarsi a Dio, di far credere nella sopravvivenza”
E non pensa che questo genere di supporto spetti ai sacerdoti?
“ Ognuno fa la sua parte. Dio si serve di tutti. La Madonna è apparsa ai pastorelli
mica ai sacerdoti. Perché dovrebbero essere solo loro a portare la Parola di Dio?
La Chiesa non è fatta solo dai preti. Ognuno di noi è la Chiesa e per questo Dio
può servirsi di ciascuno. Poi a chi tanto combatte la metafonia dico che è stata
scoperta da due sacerdoti: padre Gemelli e padre Ernetti. Nel settembre del 1952
all‘ Università del Sacro Cuore di Milano loro due facevano degli esperimenti
scientifici di oscillografia applicata alla ritmica antica ambrosiana e gregoriana.
Padre Gemelli aveva l’abitudine di invocare il nome del padre defunto durante
gli esperimenti perché lo aiutasse, ed un giorno riascoltando quanto registrato
udì la sua voce che gli diceva di non temere perché era sempre con lui. Dunque i
primi a scoprire queste voci furono due consacrati e non una mamma alla ricerca
del figlio”.
Ma allora, se è tutto così lineare come dice, perché la Chiesa non accetta di
buon grado questo tipo di fenomeni?
“ Io non me lo spiego. Nella Chiesa comunque ci sono tanti sacerdoti che credono
a queste contatti con i defunti. E molti preti che sono giunti ai nostri convegni da
reticenti poi si sono ricreduti. Bisogna guardare a quali sono i frutti di tutto questo.
Ci sono la buona medianità e la cattiva medianità, però è difficile e faticoso fare
discernimento. Allora si preferisce dire di non avvicinarsi alla sfera del soprannaturale, parlando di diavolo. Ma da questi contatti sono venute fuori cose talmente
belle e sante che è impensabile legarle a Satana. Non si può non toccare il fuoco
per paura di bruciarsi. Questi convegni servono anche a tracciare una linea di confine tra ciò che buono e ciò che non lo è”.
3
il cattolico che pratica spiritismo pecca gravemente
LA chiesa rispetta il dolore
ma condanna aspramente i ‘medium’
MARCO GERARdo*
N
ella mia qualità di Consigliere Spirituale del GRIS (Gruppo di Ricerca ed
Informazione Socioreligiosa) dell’Arcidiocesi di Taranto, ho avuto modo
di conoscere gli atti dei Convegni organizzati dalla Signora Gemma Cometti, di cui ho letto anche uno scritto (Il lungo viaggio nell’Anima. Lettere del cielo, Roma 2005). Pur nutrendo profondo rispetto per il dolore vissuto
dalla Signora Cometti e dalle tante persone che, come lei, hanno subito la perdita di
un figlio o di una persona cara, non posso certo tacere i forti dubbi che permangono
sulla loro proposta di fede.
1.Il legame con i morti, nella Chiesa, avviene attraverso il mistero della Comunione dei Santi che non ha bisogno di alcun mezzo (medium) perché sia chi vive
sulla terra sia chi vive già al cospetto di Dio è legato dalla inscindibile comunione
d’amore esistente tra i credenti in forza del battesimo e della comune partecipazione
all’Eucaristia. Questo legame non ha bisogno di voci, registrazioni, scritture e messaggi, che sono in realtà un asservimento del mondo ultraterreno alla disperata ricerca di consolazione del nostro mondo. È comprensibile che chi perde una persona
cara senta il bisogno di avvertirla ancora vicina, ma questo non può essere fatto con
ogni mezzo. È superfluo, in questa sede, ricordare che chi voglia definirsi cattolico
deve accogliere la dottrina cattolica in tutto e per tutto. Il Catechismo della Chiesa
Cattolica (cfr nn. 2116-2117) è chiaro su questo punto: l’evocazione dei morti, per
qualsiasi motivo venga compiuta, è una forma di divinazione e come tale va respinta in quanto contraria alla fede cattolica. Uno è libero di non accogliere questo insegnamento, però deve coerentemente dedurre di non avere il diritto di dirsi cattolico
né di affermare di far parte della Chiesa “più di prima”. Chi non accoglie la dottrina
della Chiesa si assume le responsabilità della propria scelta, ma non può pretendere
che la Chiesa taccia e non eserciti il suo servizio alla verità.
2.Un altro punto su cui le posizioni della Cometti destano forti perplessità è
esattamente il rapporto con la Chiesa e con i suoi Pastori che esercitano il servizio della verità. È sin troppo evidente dalle sue affermazioni che la Signora Cometti
non si pone e non vuole porsi in atteggiamento di obbedienza e di ascolto del Magistero della Chiesa. Per lei, valgono solo le parole di quei pochissimi (due) Sacerdoti
che la seguono. Parlare dei Sacerdoti come di persone non disponibili all’ascolto
o pronti a farlo solo per giudicare potrà forse rivelare alcune ferite del suo cuore –
verso cui rinnovo il mio rispetto – ma non è certo un atteggiamento spiritualmente
utile. Del resto, se un Sacerdote attesta che le sue posizioni non sono conformi alla
dottrina della Chiesa, non sta certo insultando la Cometti e chi la pensa come lei;
sta solo esercitando la sua missione di Pastore che ha il dovere (non rinunciabile)
di illuminare la coscienza dei fedeli. In realtà, il mondo
spirituale della Cometti e dei suoi Convegni risulta aver
costruito una fede alternativa: Dio sì ma come lo interpreto io, Chiesa va bene ma solo nella misura in cui
non mi contraddice, fede nella vita eterna sì ma soltanto
secondo il mio punto di vista.
Nell’intervista rilasciata al Nuovo Dialogo, la Signora fa un’affermazione agghiacciante per dimostrare la liceità dei contatti medianici con i morti. Ella
dice: «Se Dio permette che avvengano questi contatti vuol dire che è lecito».
Da quest’affermazione si vede che nell’universo culturale e di fede della Signora
evidentemente abita un Dio diverso da quello rivelato da Gesù Cristo. Dio ha dato
alle sue creature la libertà di fare ciò che ritengono opportuno, ma questo non vuol
dire che tutto ciò che avviene nel mondo sia lecito solo per il fatto che Dio consenta
tale libertà: in questo modo sarebbero leciti anche adulteri, furti ed omicidi. Se Dio
consente che gli uomini li compiano…
Dio va accolto così come Egli si è rivelato in Gesù Cristo, il quale ha affidato agli
Apostoli e ai loro successori il compito del discernimento della verità. Le ultime
due risposte dell’intervista rilasciata dalla Signora sono, da questo punto di vista,
chiarificanti per rettamente valutare il tipo di “esperienza di fede” che viene proposta dai suoi Convegni: si tratta di una fede utilitarista, usata per il proprio bisogno
di consolazione; non è una fede che si apre al mistero di Dio così com’è, ma ci
troviamo dinanzi ad un tipo di fede che usa il mistero della eternità per dare risposte
“a buon mercato” al proprio pur legittimo bisogno di consolazione. Per questo è
una fede che non ammette il confronto con l’istanza veritativa del Magistero, è una
fede relativista, che assolutizza la propria interpretazione e non ammette repliche,
neppure autorevoli. Oggi si direbbe che è una fede di tipo new-age, molto diffusa
ma anche molto lontana dalla fede cristiana.
3.Una considerazione approfondita andrebbe fatta sulle fonti utilizzate dalla
Signora per provare la legittimità delle proprie posizioni. Ella, per accreditare
l’esperienza spiritista come se fosse cristiana, cita parole di Santi, tuttavia, abusandole, in quanto le estrapola dai contesti. Si pone persino sulla bocca dell’anima
di san Pio da Pietrelcina una legittimazione delle credenze sullo “spirito guida”,
che nulla a che fare con la dottrina cattolica (cfr G. COMETTI, Il lungo viaggio
nell’Anima. Lettere del cielo, Roma 2005, 29). Anche Padre Pio, in questa proposta,
rischia di diventare eretico! Naturalmente occorrerebbe un discorso serio, lungo e
articolato, che in questa sede non è possibile fare.
4.Un’ultima riflessione va fatta sulla opportunità pedagogica di invitare i giovani a tali Convegni. Chiunque abbia un po’ di senso di responsabilità, non inviterebbe i ragazzi a partecipare a tali Convegni in cui si “celebrano” i contatti con i
morti attraverso metafonia, radio, telefono, scrittura e quant’altro. Il mondo giovanile, interiormente debole, si lascia affascinare dai temi dello spiritismo ed è facile
preda di interessi morbosi che, però, non aiutano i ragazzi ad integrare la propria
personalità in tutti gli orizzonti. Si offre loro, in quei Convegni, una visione distorta
della fede: quasi che essa sia un mondo misterioso ed anche un po’ macabro che ha
a che fare con la morte anziché con la vita. Quando si fa una proposta alla società,
non è sufficiente usare ed abusare le parole “amore, ponte d’amore” per sentirsi
legittimati. Bisogna fare qualcosa di serio e utile a chi vive esperienze di dolore ad
ai giovani in cerca della fede. Allora li si aiuti a conoscere il Dio della vita che ci
farà risorgere e non un Dio – simile ad un Divino Centralinista – il quale avrebbe il
compito di farci parlare con i morti. A questo proposito – ma è solo un’idea personalissima! – desta profondo sconcerto la decisione del Centro Servizi di Volontariato
di accogliere la nuova Associazione tra i propri iscritti. Non ravviso alcuna utilità
sociale in chi tenta di aumentare la fede in Dio attraverso le pratiche spiritiste: in
Italia abbiamo già visto e sperimentato con amarezza a quali alienazioni ed aberrazioni sono stati portati alcuni giovani che hanno adempiuto esperienze e pratiche
spiritiste. Chi veicola tale cultura se ne deve sentire socialmente corresponsabile.
*Sacerdote teologo consigliere spirituale del Gris, nella foto con l’Arcivescovo
4
SABATO 18 OTTOBRE 2008
L’ARGOMENTO
ATTENZIONE SOCIALE
Un brutto colpo
all’integrazione
scolastica
I tagli della Finanziaria 2008 hanno dimezzato il sostegno per i disabili nelle scuole e non solo
Federica d’onghia
L’
anno
scolastico
è iniziato da un
mese ma la scuola in provincia di
Taranto soffre. A denunciarlo sono l’AMAR DOWN e
l’AIDA, le due associazioni
di Martina Franca che si occupano dell’integrazione delle persone diversamente abi-
A Martina Franca
le ore di sostegno sono
sempre più striminzite
li e fanno in modo che siano
attuati i loro diritti umani.
La questione riguarda l’integrazione scolastica dei disabili, istituita con la legge 104
del 1992. La norma prevedeva che all’allievo con bisogni educativi speciali fosse
attuato in pieno il processo
d’integrazione, senza intaccare il programma scolastico
previsto per l’intera classe.
La norma prevedeva, inoltre,
una diminuzione del numero
degli alunni nella classe dove
è presente un diversamente
abile. Due provvedimenti in
grado di diminuire “l’impatto” che un alunno con difficoltà d’apprendimento e/o di
movimento ha nella scuola
dei normodotati.
Parliamo al passato perché,
in realtà, le cose non stanno
così. La legge finanziaria per
il 2008, infatti, prevede che
ci sia un posto di insegnante di sostegno ogni due studenti, in media. E ciò vale
per ogni provincia. Ma la
situazione di fatto attualmente è diversa. Al Nord
c’è un posto di sostegno
ogni tre studenti, al Sud un
posto ogni 1,5.
La provincia di Taranto,
purtroppo, segue il trend
nazionale. A denunciarlo sono proprio l’AMAR
DOWN e l’AIDA secondo
cui, a Martina Franca in
particolare, le ore di sostegno sono sempre più striminzite, anche su quelle disabilità dove è richiesto un
rapporto 1 a 1; mancano gli
assistenti all’autonomia che
i comuni dovrebbero prevedere all’inizio dell’anno
scolastico per gli assistiti
segnalati dalla ASL; manca l’organizzazione idonea
per gli assistenti all’igiene;
mancano i corsi di aggiornamento rivolti ai docenti e
non che operano nella scuola
e mancano gli ausili e sussidi
didattici speciali.
“A nostro parere – afferma
Angela Castagna, presidente dell’AMAR DOWN – il
supporto scolastico offerto
non è adeguato alla problematica dei nostri ragazzi.
Al sud mancano i servizi di
integrazione sociale e scolastica. Dall’anno scolastico 2007/2008, inoltre, dalla
copertura delle ore quasi totale si è passati a 18 ore e,
in qualche caso, anche a 12
ore”. Le due associazioni,
inoltre, chiedono per Martina la nascita della Consulta
H che coinvolga comune,
dirigenti scolastici, genitori,
associazioni e cooperative
che offrono servizi ai disabili.
Le cose anche nel capoluogo
ionico non vanno meglio. A
Taranto, infatti, non esiste
alcun servizio di assistenza
specialistica per le disabilità.
Diversa, invece, la situazione per l’ente Provincia che,
grazie a fondi pregressi, si
avvale di educatori specializzati per il linguaggio dei
segni e per il braille.
“Noto una grande decurtazione di personale da parte
del Ministero. Le ore di sostegno scolastico sono diminuite e, di conseguenza, ne
viene meno anche il progetto di integrazione”. È questo
il parere di Lucia Bongermino, psicologa della Asl
Taranto 1.
In effetti qualche cambiamento da parte dell’Ufficio
Scolastico Provinciale c’è
stato. In passato, infatti,
c’era un raccordo fra l’indicazione del grado di gravità
del disabile e il monte ore di
sostegno assegnato, oggi il
grado di gravità non viene
più letto alla luce del monte
ore. Le decisioni in merito,
comunque, vengono assunte
dal GLIP (Gruppo di lavoro
per l’integrazione scolastica), istituito presso l’Ufficio
Le cose a Taranto
non vanno meglio,
infatti, non esiste alcun
servizio di assistenza
specialistica
per le disabilità.
Scolastico Provinciale, che
ha il compito di verificare la
diagnosi funzionale realizzata dalla USL, al passaggio di
ordine scolastico, per ogni
alunno diversamente abile.
Il rischio, come in tempi non
sospetti diceva don Lorenzo
Milani, è di «fare parti eguali tra diseguali», con grave
danno anche per gli oltre
190.000 studenti con disabilità.
SABATO 18 OTTOBRE 2008
L’ARGOMENTO
5
Se a causa della politica
la disabilità diventa HANDICAP
I rimpalli di competenze ostacolano il diritto allo studio
ANNA RITA PALMISANI
N
ella classificazione
dell’OMS ICIDH (international classification of impairments,
disabilities and handicaps, classificazione internazionale delle
menomazioni, disabilità e handicap) del 1980 si definiva con
handicap lo svantaggio sociale
della persona con disabilità.
Sempre secondo l’OMS, è il
sistema sociale che fa di una
disabilità un handicap nel momento in cui questa non consente all’individuo di soddisfare le
aspettative della società stessa.
L’intervento della scuola, quindi, dovrebbe mirare a diffondere
l’idea di autonomia, di autosufficienza, di parità di diritti/doveri del disabile e della sua totale
partecipazione alla vita sociale,
cercando di fornire non solo idee
ma anche soluzioni operative,
poiché gli scopi dell’istruzione
sono uguali per tutti gli studenti,
anche se possono variare i mezzi necessari per conseguirli.
La reale integrazione si ha
quando l’alunno viene messo
in condizione di partecipare
a tutte quelle attività che i docenti prevedono per la classe
favorendo il processo formativo
dell’alunno portatore di handicap, mediante la strutturazione
di una programmazione ad hoc
che consente a ciascuno di lavorare secondo le proprie capacità.
Viene in questo modo superata
la concezione assistenziale, che
diviene gestione del bisogno.
Questo, purtroppo, nella città
di Taranto non sempre accade.
Un rimbalzo di competenze fra
Comune e Provincia, ritardano
ogni anno l’inserimento scolastico dei ragazzi disabili.
Il maxiemendamento Gelmini sulla scuola, poi, con i tagli
effettuati, ha creato maggiori
disagi per le scuole, per le famiglie e per gli enti locali.
“Si calcola all’incirca la riduzione di un terzo degli insegnanti
di sostegno”, ci ha detto l’Assessore alla Pubblica Istruzione
e all’Università del Comune di
Taranto, Paolo Ciocia, “questi
tagli hanno provocato un forte
disagio nelle famiglie dei ragazzi diversamente abili che si
sono trovate prive di quella copertura assicurata dal Ministero
della Pubblica Istruzione fino
allo scorso anno”.
Il Comune, intanto, è partito dal
primo ottobre con il servizio
di trasporto per i bambini delle scuole materne, delle scuole
primarie e delle scuole secondarie di primo grado. E dal primo
novembre, dovrebbe cominciare
il servizio di Assistenza Specialistica con dieci assistenti per le
scuole statali e cinque per quelle comunali.
“Per fare ciò”, ha sottolineato
Ciocia, “il nostro assessorato
ha coinvolto le associazioni di
volontariato e la Presidenza del
Consiglio Comunale, che su stimolo del Sindaco hanno dato
disponibilità gratuita per coprire
l’emergenza”.
In tutto questo non sono inseriti i ragazzi disabili delle scuole
secondarie di secondo grado,
cura dei quali, a detta dei rappresentanti del Comune, sarebbe competenza della Provincia.
Dal canto suo, l’Assessore alle
Politiche Sociali della Provincia
di Taranto, Stefano Fabbiano,
ha dichiarato: “competenza del
mio Ente sono solo i ragazzi
audiolesi e videolesi, appartenenti alle scuole di ogni grado.
Paolo Ciocia
assessore
del Comune
di Taranto
alla pubblica
istuzione
Stefano Fabbiano
vicepresidente della
Provincia,
Assessore
ai servizi sociali
Per il trasporto, la competenza
è del Comune. E questo si evince da una circolare inviata dalla
Regione Puglia agli Enti locali il
7 agosto 2008, nella quale si invitano tutti i Comuni, singoli ed
associati, ad assicurare copertura
finanziaria al servizio di trasporto anche dei ragazzi delle scuole
secondarie di secondo grado, avvalendosi, se necessario, delle risorse dell’Area Disabili del Piano
Sociale di Zona, laddove non già
individuate, limitatamente all’anno scolastico 2008/2009”.
Lo scorso anno, la Provincia, ha
impegnato per l’assistenza agli
studenti disabili, circa centocinquanta ragazzi inseriti in un
progetto con il servizio civile. I
tagli effettuati dalla finanziaria
al servizio civile, non hanno permesso quest’anno di riproporre il
progetto.
“Quello del sostegno ai ragazzi
disabili”, ha detto Fabbiano, “è
un problema che è andato peggiorando negli ultimi anni. Chi
governa si deve rendere conto
che non può far pagare sempre al
più debole. Dovrebbero attivare
delle politiche forti in sostegno
dei ragazzi disabili e delle loro
famiglie”.
“Stiamo cercando di attivare una
rete di collaborazione con la Provincia”, ha assicurato Ciocia, “ e
presto, nonostante la condizione
di disagio economico in cui verte
il Comune di Taranto, saremo in
grado di offrire un servizio, il più
completo possibile, ai ragazzi disabili e alle loro famiglie”.
Mentre, però, gli enti locali si
rimbalzano le competenze ed il
governo centrale effettua tagli
inopportuni, i ragazzi e le loro
famiglie restano privi di un aiuto
concreto che fa diventare la loro
disabilità un handicap.
Qualcosa per cambiare si può e si deve
A Velletri, in provincia di Roma ce l’hanno fatta. Ecco come
V
i raccontiamo la storia
di chi, per quest’anno
scolastico, ce l’ha
fatta. È accaduto a
Velletri, in provincia di Roma,
dove Amministrazione Comunale, nello specifico l’Assessore ai Servizi Sociali, Lega Arcobaleno e scuola si sono uniti
per risolvere il problema.
All’inizio dell’anno scolastico
alla Scuola Media Statale “A.
Vellatrano”, a fronte di 22 alunni disabili iscritti, l’Ufficio Scolastico Provinciale ha assegnato solo 7 cattedre di sostegno.
Dei 22 alunni con disabilità 5
sono in possesso di sentenza del
Tribunale di Roma che assegna
loro, con deroga massima, 18
ore di sostegno settimanali.
Del disagio che si sarebbe creato per i 22 alunni si è fatta portavoce la mamma della piccola
Rosa, Alessandra.
La “Vellatrano” è considerata
polo di eccellenza per l’integrazione degli alunni con disabili-
tà. Oltre ad essere accessibile in ogni
sua parte, è stata l’unica scuola di
Velletri, durante lo scorso anno scolastico, ad aver organizzato un corso
di aggiornamento sull’inserimento
degli studenti disabili per i docenti curricolari. Agli alunni è fornita
dall’amministrazione comunale l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione, mentre la scuola assicura
l’assistenza di base con collaboratori
scolastici qualificati.
La scuola ha immediatamente convocato il GLHI, Gruppo di lavoro
per l’handicap d’istituto, comunicando la situazione. Il gruppo avrebbe potuto assegnare le deroghe ai 5
alunni, dividendo tra gli altri 17 le
36 ore restanti, oppure dividere tra i
22 alunni le 7 cattedre. Entrambe le
ipotesi erano impraticabili in quanto
nel primo caso ai 17 studenti sareb-
bero state assegnate 2 ore settimanali, nel secondo, invece, sarebbero
state assegnate poche ore a quegli
alunni che, come stabilito dal Tribunale, hanno bisogno della deroga
massima per poter vedere valorizzate le loro potenzialità nel contesto
scolastico.
A quel punto, c’era un’unica soluzione: chiedere al CSA di assegnare
altre tre cattedre all’Istituto, per ga-
rantire ai 22 alunni e alle classi in cui
sono inseriti il necessario supporto.
E’ toccato ancora ad Alessandra convocare i genitori degli altri alunni
per decidere il da fare.
Unanimamente i genitori hanno deciso di denunciare la situazione ai
carabinieri per lesione del diritto allo
studio sancito dalla Costituzione. Per
capire la situazione basta un dato.
Gli studenti disabili nella provincia
di Roma sono 13.934. Rispetto allo
scorso anno c’è stato un incremento
di 800 studenti, a fronte di solo 200
cattedre in più autorizzate dal Ministero dell’Istruzione, per un totale di
3207 insegnanti.
La denuncia è stata consegnata a
mano dall’assessore comunale e dalla preside al responsabile dell’Ufficio Scolastico Provinciale.
Dopo quasi un mese di incontri, lettere e denunce, finalmente il riconoscimento di un diritto. La scuola, i
ragazzi e le famiglie hanno ottenuto
l’assegnazione di altre 3 cattedre per
quest’anno scolastico.
F.D’O.
6
SABATO 18 OTTOBRE 2008
L’ ARGOMENTO
AMBIENTE
Raccolta differenziata:
“Ricomincio da zero”
Ne abbiamo parlato con il presidente dell’Amiu, Gino Pucci: l’azienda municipalizzata ha avviato
molti progetti e altri ne ha in cantiere, però non ha soldi e deve affidarsi spesso al volontariato. Il contributo delle associazioni cattoliche e la necessità di “premiare realmente” i cittadini che collaborano
Cartoniadi 2008:
TAranto che fa?
Sono partite anche a Taranto le ‘Cartoniadi 2008’.
La città concorrerà con le altre quattro pugliesi
alla gara per raccogliere il maggior quantitativo
di carta e cartone. In verità, da una nostra inchiesta risulta che i cittadini non ne sappiano molto
e che, quindi, non si sentano coinvolti. Abbiamo
raccolto una serie d’informazioni utili a stimolare
il corretto smaltimento di carta e cartone.
Con la raccolta differenziata di carta, cartone e
cartoncino si sottraggono preziosi materiali alle
discariche, riducendo sensibilmente la quantità
di rifiuti ad esse destinati. In Italia, grazie alle
raccolta differenziata della carta, in media vengono annualmente evitate emissioni nocive per
l’atmosfera, equivalenti al blocco totale di tutto il
traffico su strada – auto, camion e mezzi pubblici
compresi – di 6 giorni e 6 notti!
In Italia, la produzione di scatole per giocattoli,
calzature e altri prodotti di uso comune, viene
effettuata per la maggior parte con macero, proveniente anche dalla raccolta differenziata. Il nostro Paese è tra i primi in Europa per l’utilizzo del
macero e la raccolta differenziata delle famiglie
ne rappresenta circa un terzo del totale: una “foresta urbana” dalla quale attingere una materia
prima preziosa.
Quale carta?
I giornali, le riviste, i fumetti, tutta la stampa commerciale
(dèpliant, pieghevoli pubblicitari), ma anche i sacchetti per
gli alimenti, per il pane o per la frutta, i sacchetti di carta con
i manici, i fogli di carta di ogni tipo e dimensione (dai poster
ai foglietti di istruzioni dei farmaci).
Quale cartone?
Tutti gli imballaggi in cartone ondulato di qualsiasi forma o
misura (ad esempio, per apparecchi televisivi o elettrodomestici), ma anche contenitori in cartone per frutta e verdura. Non importa la grandezza dell’imballo, basta che sia
di cartone.
Quale cartoncino?
Tutte le confezioni e gli imballaggi in cartoncino. Contenitori
di prodotti alimentari, come astucci per la pasta, per il riso,
per i corn flakes ecc. Tutte le fascette in cartoncino di prodotti come conserve, yogurt e bevande. E ancora, le scatole
delle scarpe, tutte le confezioni, grandi e piccole, di prodotti come detersivi per lavatrici e lavastoviglie, le scatole dei
medicinali, del dentifricio, ecc.
Non importa la grandezza della confezione, basta che sia
di cartoncino.
Cosa non deve essere conferito?
Tutti i materiali non cellulosici, i contenitori di prodotti pericolosi, carte sintetiche, ogni tipo di carta, cartone e cartoncino
che sia stato sporcato (ad esempio carta oleata, carta e cartone unti, tovagliolini e fazzoletti di carta usati).
Dove depositare carta, cartone e cartoncino?
Separate carta, cartone e cartoncino dagli altri rifiuti e conferitali negli contenitori appositamente predisposti nel vostro
Comune. Ritaglierete così un futuro alla carta. Collaborate
con il vostro Comune per una buona riuscita del servizio di
raccolta differenziata:
- non lasciare carta, cartone e cartoncino fuori dai contenitori adibiti alla raccolta;
- selezionate correttamente la carta, il cartone e il cartoncino, togliendo per esempio nastri adesivi, punti metallici e
altri materiali non cellulosici, in modo da renderli pronti ad
essere riciclati.
- ricordati di conferire il cartone in pezzi e piegato
I
SILVANO TREVISANI
rifiuti rappresentano, per
le città del benessere e
dei consumi, un’ipoteca
che pesa fortemente non
solo sul futuro, ma anche già
sul presente. La raccolta differenziata è l’unico passaggio
che può garantire un futuro
tranquillo alle città moderne,
che in genere, però, non si
sono curate affatto di affrontare il problema. Taranto e molti
paesi della sua provincia, oltre a pagare pesantemente lo
smaltimento dei rifiuti rischiano anche gravi sanzioni per
non aver creato le condizione
per la raccolta differenziata.
Martedì scorso il presidente dell’Amiu, Gino Pucci, è
stato ascoltato dalla commissione Ambiente del Comune,
per fare il punto sull’attività
dell’azienda, con particolare
riferimento alle iniziative proprio per la raccolta differenziata. Al termine dell’incontro
gli abbiamo rivolto alcune domande.
Sull’Amiu pesa una grossa
responsabilità, per il ritardo
finora accumulato. Come si
muoverà per il futuro?
Nella riunione della commissione ho tracciato un percorso
della differenziata, ricordando
come fosse del tutto inesistente quando siamo subentrati alla
guida della municipalizzata:
non c’era un progetto. La data
del 1° gennaio 2007 era passata senza che l’Amiu avesse fatto nulla. E adesso noi stiamo
facendo un lavoro di progettazione senza denaro, facendo
leva su cittadini e associazioni, delle parrocchie, come nel
caso di San Vito. Non puoi
fare la differenziata se non disponi prima una campagna di
comunicazione e se non hai i
mezzi…
…E l’Amiu i mezzi non li
ha.
Non ha i mezzi né le risorse
eppure ci stiamo movendo. Ma
sia chiaro che ho il prioritario
obiettivo di pagare puntualmente gli stipendi ai dipendenti e di garantire la raccolta dei
rifiuti solidi urbani. Non si può
rischiare di far slittare queste
scadenze puntuali: l’esperienza ci ha insegnato, nel recente
passato, che anche un rallentamento dovuto a una serie di
incontri programmatici e sindacali può creare disagi alla
città. E’ accaduto nelle scorse
settimane: la città, per una serie di problemi, in pochi giorni
ha subito disagi gravi per il rallentamento della raccolta.
Ma come si muoverà l’azienda?
Dal 1° luglio scorso, avendo intravisto in Roberto De
Giorgi la persona più preparata, anche per le sue prece-
Gino Pucci
denti esperienze, con lui abbiamo avviato un percorso di
progettazione grazie al quale
abbiamo ottenuto la disponibilità dei dirigenti del settore
Ambiente della Regione e il
sostegno di Nichi Vendola a
sostenere un progetto specifico
per Taranto poiché è una città
capofila e dispone di un’azienda municipalizzata. Questo
progetto, che si aggiunge a
quello dell’Ato, potrebbe ottenere finanziamenti ad hoc che
ci consentirebbe di avviare un
bando già a gennaio. Ma qualcosa abbiamo già cominciato a
farla: dal 1° ottobre, con la disponibilità della Comieco e di
tre associazioni di volontariato, abbiamo avviato il progetto cartoniera per la raccolta di
carta e cartoni, che in 10 giorni
ci ha consentito di raccogliere
il doppio delle quantità precedenti: un significativo passo in
avanti che dimostra che dove
c’è organizzazione si trova la
risposta della città.
Ma non crede che, soprattutto in una realtà urbana come
quella di Taranto, con le sue
difficoltà logistiche, sarebbe
necessario un servizio porta
a porta per rendere agevole
l’incontro tra servizio e cittadinanza?
Ne sono tanto convinto che
posso dire che, grazie alla
collaborazione tra Amiu e servizi sociali, dal 1° novembre
parte il servizio porta a porta
per 25.000 utenze. Anche in
questo caso utilizzerò il volontariato. Però devo dire che
dal 1° settembre il dato della
raccolta è raddoppiato, seppure resta basso rispetto ai parametri posti dalla Regione. Ma
il ventaglio degli interventi è
molto variegato: sempre dal 1°
settembre abbiamo avviato la
raccolta delle frazioni umide,
giungendo a raccogliere 2 tonnellate al giorno presso i principali mercati cittadini, anche
se il percorso resta da completare. Ma assieme agli stralci
di potatura e alla nuova esperienza di servizio presso 2000
utenze riusciamo a diminuire i
conferimenti in discarica, che
incidono poi sulla tarsu.
Inoltre abbiamo avviato una
nuova iniziativa per la raccolta degli “ingombranti” con la
collaborazione di associazioni
cattoliche e laiche. Mettendo a
disposizione un numero verde
al quale possono rivolgersi coloro che vogliono liberarsi di
mobili, suppellettili, e oggetti
ancora funzionali, riusciamo
a ritirare, recuperare e rimettere in circolo i materiali che
possono essere utili ai meno
abbienti o possono anche prendere la via di altri paesi più
poveri. Ma non basta, quanto
riguarda per i “Rae”, ovvero,
per i rifiuti elettrici ed elettronici, che rappresentano un problema sempre più consistente,
sempre con la collaborazione
di De Giorgi stiamo predisponendo un “ecocentro” comunale al quartiere Salinella. Ma il
quadro si completa con le isole
ecologiche (noi aggiungeremo
una nostra alle tre dell’Ato),
con nuovi mezzi necessari alla
raccolta. Per il resto un im-
pianto per la differenziata c’è
e con l’aumento della raccolta
potremo conferire direttamente alle aziende di riciclaggio,
con l’obiettivo di ridurre i costi complessivi che oggi si scaricano sulla cittadinanza.
Negli anni Settanta l’Amiu,
come pure l’Amat, erano
aziende in attivo. A quel tempo fornire servizi pubblici
poteva essere un affare. Oggi
le cose sono cambiate, ma
una corretta gestione dei rifiuti può rappresentare una
risorsa.
Certamente. Tutto sta a creare un processo virtuoso che
coinvolga i cittadini. Questi
ultimi, da parte loro, vanno
incoraggiati nell’utilizzo delle
isole ecologiche, ma con lealtà. Io incontro molta gente che
aspetta ancora di ottenere sgravi e bonus, per aver conferito
i rifiuti dopo averli “pesati”…
quando il servizio era in mano
ai precedenti amministratori.
E’ evidente che il pubblico non
va deluso per non compromettere la sua collaborazione che
resta fondamentale. Se si decide di istituire una premialità per coloro che collaborano
attivamente, tale decisione va
trasformata in gesti concreti.
Dall’associazionismo
cattolico c’è stata, quindi, una
risposta positiva in coerenza
con il dettato della Conferenza episcopale.
Sì, abbiamo avuto recentemente un incontro molto positivo
che ci ha dimostrato una vitalità e una disponibilità davvero
importanti. Siamo convintissimi che una presa di coscienza
e una collaborazione diretta
possono essere determinanti a
un’inversione di tendenza delle abitudini e del disinteresse
di molta parte della cittadinanza.
L’ ARGOMENTO
SABATO 18 OTTOBRE 2008
7
Il consigliere comunale del Pd Anna Rita Lemma
ha rilanciato il problema per smuovere le acque
Differenziata sì,
ma porta a porta
PIergianni caldarulo
“P
roprio oggi (martedì 14, per chi
scrive, ndr) in
Commissione
Ambiente ha relazionato il
consiglio di amministrazione
dell’Amiu circa il tema spinoso della raccolta differenziata
dei rifiuti”. Chi ci fornisce la
notizia in diretta è Annarita
Lemma consigliere comunale
del Partito Democratico. Colei
che ha presentato nello scorso
mese di giugno un ordine del
giorno sull’argomento di cui
solo una decina di giorni fa si
è discusso.
“L’obiettivo di quell’ordine
del giorno era quello di smuovere le acque, porre il problema al centro dell’attenzione
politica e svegliare dal torpore più di qualche coscienza, in
modo particolare all’interno
del cda dell’Amiu, l’azienda
appunto preposta a curare e
promuovere un incremento
notevole della raccolta differenziata dei rifiuti”:
All’epoca dell’interrogazione
della Lemma all’inizio della
scorsa estate appunto, eravamo in piena emergenza con la
città molto spesso invasa dai
rifiuti, cassonetti debordanti
di immondizia e con la paura
che Taranto possa negativamente emulare Napoli per la
‘monnezza’ dopo averlo fatto
…ed in grande stile per il dissesto finanziario. Obiettiamo
quindi al consigliere del Pd
che forse i tempi non erano
maturi per porre il tema della
raccolta differenziata.
“Al contrario – risponde decisa la Lemma – ritengo e oggi
ne sono ancor più convinta
che la raccolta differenziata
sia l’unica strada da perseguire e per questo motivo
occorre incalzare l’azienda
affinché dica alla città quali strade intende seguire per
migliorare gli standard e poterci attestare su posizioni più
consone ad una situazione almeno decorosa nel quadro di
un’attenzione seria e fattiva
alle problematiche ambientali, tra le quali sicuramente la
differenziata rappresenta uno
Lemma:“Informazione
dei cittadini sui benefici
della raccolta differenziata
anche in termini economici”
dei nodi fondamentali. Oggi
con la partecipazione del cda
Amiu alla seduta della commissione ambiente rappresenta un segnale sicuramente importante ma non basta
perché ci aspettiamo da parte
dell’azienda altri e più significativi passaggi a partire da un
cronoprogramma dettagliato.
In sostanza abbiamo bisogna
di conoscere una scaletta degli interventi per i prossimi
mesi che cadenzi le cose concrete da fare privilegiando le
priorità”.
Ma quali sarebbero a suo
avviso le priorità?
“Informazione dei cittadini sui benefici della raccolta
differenziata anche in termini economici per prima cosa
perché bisogna definire i benefici per l’azienda certamente ma anche per la città che
ne derivano dall’impegno ad
incrementare la differenziata.
Con essa infatti avremo meno
È l’ambiente il tema al
centro della terza edizione
del concorso “Regoliamoci!”, indetto da Libera,
nell’ambito delle attività di
formazione, in collaborazione con il ministero della
Pubblica Istruzione. Il concorso, a carattere nazionale, è rivolto agli studenti
delle scuole primarie, delle
scuole secondarie di primo
e secondo grado (statali e
non statali) e delle agenzie formative. Lo scopo è
realizzare un percorso sul
tema dell’educazione alla
responsabilità e alla legalità, in cui gli studenti siano
attivi in ogni fase, a cominciare dalla ideazione. Per
questa terza edizione, in
particolare, alle scuole primarie è chiesto di ragionare sul tema della produzione e dello smaltimento dei
rifiuti. L’elaborato prodotto dalle scuole potrà essere
una poesia, una filastrocca,
un videoclip, un fumetto o
altra forma scelta autonomamente dal gruppo
partecipante. Alle scuole
secondarie di primo grado
è chiesto di ragionare sul
tema dell’inquinamento
atmosferico, derivante
anche dal traffico di veicoli
e dall’eccessivo utilizzo di
alcuni materiali altamente
nocivi. Alle scuole secondarie di secondo grado è
chiesto di ragionare sul
tema delle ecomafie, come
comportamenti illegali
a carico dell’ambiente:
dall’illecito smaltimento
dei rifiuti tossici al traffico
di animali rari e protetti.
materie in discarica e quindi
minori emissioni di inquinanti, possibilità di recupero e
riciclaggio di parte dei rifiuti
e ritorno economico non più
in solo intermini di risparmio
per i cittadini più solerti ma di
vero e proprio guadagno”.
Come si riesce a sbloccare
situazione?
Mi rendo che oggi a Taranto
siamo quasi all’anno zero,
nonostante i dati diffusi oggi
in commissione dall’Amiu
parlano di una crescita dal 3
al 6,1% della differenziata in
città. Dati confortanti ma da
verificare perché provenienti
da fonti interne ma comunque
incoraggianti per il futuro.
Bisogna però organizzarsi e
partire anche con la sperimentazione in un solo quartiere.
Purché si cominci. E soprat-
“Bisogna organizzare
e partire anche con
la sprimentazione in
un solo quartiere.
Purchè si cominci!
Anna Rita Lemma
tutto bisogna organizzare il
progetto in modo da far partire la raccolta differenziata
porta a porta.
Non credo infatti all’incremento delle isole ecologiche
perché lascerebbero il problema immutato e poi serve
tanta, tanta informazione e
pazienza. L’Amiu deve a mio
avviso ricucire un rapporto di
fiducia con la città che negli
ultimi tempi si è alquanto incrinato”.
Incontri Agostiniani
dodicesima edizione
AGOSTINO E PAOLO
I due convertiti della storia
Programma:
lunedì 20 ottobre
Agostino Interpreta Paolo
Ecc. Rev.ma Mons. Giovanni Scanavino
vescovo di Orvieto Todi
presentazione del libro
IO AGOSTINO
di Luigi Angelini e Francesca Cosanti
Martedì 21 ottobre
Letture Agostiniane
A cura del Centro Studi Agostiniani
della Valle d’Itria
direttore don Luigi Angelini
Padre Eugenio Cavallari, OAD
Trio Musicale:
Rosalba Scialpi
Martino Zigrino
Francesco Zizzi
8
SABATO 18 OTTOBRE 2008
Libro
Cara “prof”
di religione
ti scrivo...
“Va’ nella tua casa, dai tuoi
e annunzia la misericordia di Dio”
Dal 19 al 31 ottobre le missioni al popolo nella vicaria ‘orientale I’ della diocesi coinvolgono laici e presbiteri di sette parrocchie
I
“Nei corridoi affollati quando i ragazzi entrano nelle
scuole, qualcuno ti chiama…e
ti lascia scivolare un bigliettino… A volte ricevi frammenti
di vita on line e sul cellulare: ‘Ho un problema enorme,
possiamo vederci?’ Di fronte
a questi appelli non mi sono
mai tirata indietro”. Un’insegnante di religione e i suoi
studenti. Il libro si muove tra
questi due poli, offrendo uno
spaccato della gioventù di
oggi che cerca di dare un senso alla propria esistenza, non
rassegnandosi alla deriva del
mondo attorno a loro. Il canale di comunicazione è costituito da lettere, e-mail e sms
attraverso le quali i ragazzi
spalancano cuori, desideri,
passioni, domande e risposte,
ambizioni e paure. Ci sono le
lettere del dolore, urla soffocate dell’angoscia, della
falsità con se stessi e della solitudine, dell’incomunicabilità con gli adulti. Ma anche le
e-mail della gioia, della gratitudine, della voglia di sapere,
del desiderio di aprire con il
mondo dei “grandi” un varco
che grida e chiede speranza.
Queste pagine propongono
un confronto necessario sul
valore da dare a ogni cosa,
scrive mons. Luigi Negri nella prefazione e “farà un gran
bene a giovani e adulti che entrano nella vita tenendo alta
la domanda della verità”.
Un varco nel muro- Ester Capucciati- Edizioni Ares- pp.152€ 12,00
A. D.
l percorso che il nostro
arcivescovo ci indicò
nel 2003, all’inizio della
Quaresima, aveva una indicazione chiarissima: “il Vangelo non può essere solo un affare
di preti, ma coinvolge la responsabilità di tutti i battezzati, perché è il Battesimo il fondamento
di quella missionarietà che viene
esercitata secondo la vocazione
specifica di ognuno.” (Lettera
pastorale per l’indizione delle
missioni in Diocesi). Il cammino
del popolo in missione ha toccato quasi tutte le vicarie, in questo
scorcio di ottobre l’impegno missionario è affidato a sette parrocchie, di cui, nelle prossime settimane, cercheremo di scoprire le
modalità e l’impegno.
La parrocchia di Santa Rita
Cade il 23 ottobre, al centro del
periodo fissato per le ‘missioni al
popolo’, il XXV della fondazione della parrocchia, una delle più
vivaci della periferia orientale,
guidata da don Gino Romanazzi.
Un compleanno avvertito dalla
comunità come un momento importante per confrontarsi e per
comunicare la gioia di una vita di
fede che va al di là dell’evento.
“Tutti noi apparteniamo alla comunità di Santa Rita e,nella ricorrenza di questo avvenimento vogliamo testimoniare ‘la bellezza
di essere cristiani e la gioia di comunicarlo’ – scrive un gruppo di
parrocchiani -. Viene spontaneo
volgere lo sguardo al cammino
percorso insieme in questo tempo
e rilevare un fattore sempre presente nella nostra vita: la compagnia che tutto il popolo di Santa
Rita con don Gino, ci ha fatto e
continua a farci. La maggior parte di noi è in questa esperienza
da quando era molto piccolo, ha
percorso tutte le tappe della vita
di un uomo cristiano, dal battesimo al matrimonio e, per alcuni,
dell’ordine sacro, ed ora, diventati adulti, troviamo conveniente
continuare a seguire l’esperienza
cristiana.
Noi siamo una parte di tutti coloro che in questi anni sono stati
segnati dall’incontro con la compagnia che rende presente Cristo.
Questa compagnia ci ama e ci abbraccia così come siamo, in essa
abbiamo trovato una realtà che ci
educa continuamente a prendere sul serio la nostra vita e tutto
ciò che ne fa parte: lo studio, il
lavoro, la famiglia, i nostri desideri ed anche la fragilità. L’uomo
infatti va sempre educato a vivere a pieno tutto ciò che fa parte
della realtà quotidiana anche da
adulto, non solo da giovane o da
piccolo.
Insieme lodiamo il Signore per
questa grazia, perciò desideriamo invitarvi a festeggiare questo
avvenimento che è per tutti. Ci
incontriamo giovedì 23 ottobre
alle 18,15 per la concelebrazione
della Santa Messa presieduta da
S.E. mons. Benigno Luigi Papa e
subito dopo per la grande festa”.
Le iniziative per i festeggiamenti
del 25° si inseriscono quindi nel
cammino missionario della parrocchia con incontri di catechesi all’interno dei condomini del
quartiere e con iniziative rivolte
ai giovani come la grande festa di
sabato 25.
La parrocchia di Santa Lucia
L’esperienza di evangelizzazione
della parrocchia di via Millo è nel
solco del convegno di Verona del
2006. “In quell’assise – ci dice
il parroco don Tonino Caforio –
furono indicati alcuni ambiti di
lavoro, fra questi la nostra parrocchia ha scelto di privilegiare
l’affettività, per venire incontro
alle tante richieste di supporto
delle famiglie. Per questo, dopo
un lungo periodo di discernimento e preghiera fatto con i numerosi laici che collaborano con me,
abbiamo deciso di invitare la comunità a due incontri di formazione sul tema.
Lunedì 20 sarà nostro ospite don
Franco Castellana, vicario generale dell’arcidiocesi e mercoledì
22 la dott.ssa Maria Cafolla del
consultorio Gemelli. Ci sarà anche un confronto ed un dibattito
sul tema dell’affettività nel corso
di un cineforum presso la scuola
Battisti. Ma il momento più forte delle missioni è affidato alla
preghiera mariana. La Madonna
di Pompei sarà la regina delle
missioni per tre giorni dal 26 al
29 ottobre, a lei rivolgeremo una
preghiera filiale perché guidi le
nostre azioni ed il nostro cammino”.
La missione mariana con il quadro della Madonna di Pompei
coinvolgerà l’intera vicaria nella processione che mercoledì 29
trasferirà la sacra immagine dalla
parrocchia di Santa Lucia fino in
Concattedrale.
Maria Silvestrini
Gli appuntamenti
Domenica 19 ottobre alle ore 20.00: parrocchia Cuore Immacolato di
Maria, inaugurazione della missione con la celebrazione della Parola
e il mandato ai missionari.- presieduta da S. E. mons. Benigno Luigi
Papa.
Mercoledì 22 alle ore 20,00: parrocchia del Beato Nunzio Sulprizio,
Adorazione eucaristica sul tema “Guai a me se non predicassi il Vangelo”
Giovedì 23 alle ore 18,30: parrocchia Santa Rita, celebrazione del
25° anniversario di fondazione, celebrazione eucaristica presieduta
dall’Arcivescovo.
Sabato 25 alle ore 20: parrocchia di Santa Rita, Festa dei giovani sul
tema ‘No mission is impossible’
Domenica 26 alle ore 9: Palamazzola, Festa dei bambini e delle famiglie organizzata dalla parrocchia Santa Teresa, ‘Mettiamoci in gioco’
con il Mago Fracasso.
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SABATO 18 OTTOBRE 2008
La veglia missionaria in linea
con l’annuncio paolino
9
Brevi
Sabato 18 ottobre, in Concattedrale, l’incontro organizzato dall’Ufficio diretto da don Giacinto Magaldi, dagli istituti missionari e dai gruppi giovanili
“G
uai a me se non
predicassi il Vangelo!” è il tema
della veglia missionaria diocesana, organizzata
dall’Ufficio diocesano per la cooperazione missionaria tra le chiese,
gli istituti missionari presenti in
diocesi e i diversi gruppi giovanili,
in concomitanza con la 82a Giornata missionaria mondiale.
L’incontro si terrà sabato 18 ottobre, alle ore 19.30, alla Concattedrale di Taranto e sarà presieduto
dall’arcivescovo, mons. Papa.
La Veglia, che viene celebrata ogni
anno e in tutte le chiese d’Italia nel
corso del mese missionario, costituisce un’imperdibile occasione
per pregare per l’umanità intera
in comunione con tutta la Chiesa.
L’evento poi si colloca nella celebrazione dell’anno dedicato a San
Paolo, indetto dal Papa in occasione del bimillenario della nascita dell’Apostolo. La figura di San
Paolo farà quindi da filo conduttore
dell’incontro e ci aiuterà a meditare sul significato e l’importanza
dell’essere missionari, ovvero annunciatori di Cristo e portatori del
Suo messaggio di gioia e speranza.
Paolo è il missionario per eccellenza e ci fa comprendere che l’attività
missionaria è la risposta all’amore
con cui Dio ci ama.
La Veglia sarà composta da diversi momenti, che saranno animati
da vari gruppi delle diverse realtà
parrocchiali della diocesi, proprio
per consentire un maggiore coinvolgimento e una più attiva e sentita partecipazione da parte di tutte
le comunità del territorio: dall’ac-
coglienza iniziale alle letture della
Parola di Dio ai canti. Durante la
veglia, inoltre, saranno presentate
due testimonianze: una sarà di suor
Marzia Feurra, missionaria della
Consolata, per molti anni impegnata in Somalia come infermiera
e pediatra, che ha vissuto con suor
Leonella Sgorbati, la missionaria
uccisa nel 2006 da un colpo di pistola all’esterno dell’ospedale pediatrico, presente al momento della
sua morte, di lei ha raccolto le ultime parole di perdono.
L’altra testimonianza sarà di due
laici missionari della Consolata,
Giuseppe Vinci e Francesco Semeraro, che nell’agosto scorso hanno
vissuto un’esperienza di conoscenza missionaria in Tanzania. Un
momento fondamentale per tutti i partecipanti è infine il rito del
Mandato missionario, con il quale
l’arcivescovo consegnerà a ciascuno dei presenti il compito di annunciare la speranza del Vangelo negli
abituali ambienti di vita.
È importante, dunque, la partecipazione di tutti i fedeli alla Veglia
di preghiera; dobbiamo accogliere
con gioia l’annuncio e la chiamata del Signore nella nostra vita lasciandoci “accecare” dalla luce di
Dio, come Paolo da Tarso sulla via
di Damasco.
Claudia Spaziani
Partono le missioni popolari
Domenica 19, al Cuore Immacolato di Maria, celebrazione del mandato
I
l noto brano tratto dal capitolo 10 del Vangelo di San
Luca, relativo all’invio dei
discepoli per la predicazione
(“La messe è molta ma gli operai
sono pochi…”), sarà proclamato
dall’arcivescovo nella liturgia della
Parola di domenica 19 al Cuore Immacolato, per l’avvio delle missioni popolari della vicaria Orientale
Taranto I. Quale luogo per questa
celebrazione è stata scelta la chiesa
del Cuore Immacolato di Maria (in
via Platea) che assieme alle parrocchie Concattedrale, Beato Nunzio
Sulprizio, Santa Lucia, Santa Rita,
Madonna delle Grazie e Santa Teresa, fa parte della vicaria. S’inizierà alle ore 20.
Nel corso della liturgia sarà letta
precedentemente la Lettera di San
Pietro (gli annunciatori di salvezza).
Dopo il commento, mons. Benigno
Luigi Papa procederà al conferi-
mento del mandato, con consegna
del Vangelo, a rappresentanti dei
missionari (esponenti di ogni parrocchia e di vari settori della vita
ecclesiale e sociale). Al termine,
momento di preghiera e benedizione finale. Dal giorno dopo, tutti al
lavoro per l’annuncio del Regno di
Dio.
In vista delle missioni popolari
il parroco del Cuore Immacolato mons. Donato Palazzo ha fatto
svolgere per i propri missionari
una serie di attività formative, ultime delle quali, questa settimana,
un ciclo di incontri giornalieri su
argomenti riguardanti, fra gli altri,
il dono della vita, la fede, Cristo e
Noi, la Chiesa nella società odierna. Si terminerà venerdì 16 con una
conferenza su Annalena Tonelli, la
missionaria italiana uccisa nel corso di un agguato a Borama, in Somalia, in un ospedale da lei stessa
fondato.
Famiglia ed emergenza educativa saranno gli aspetti dell’evangelizzazione straordinaria su cui
insisteranno maggiormente i laici
di questa parrocchia. Per questo
si approfitterà dei momenti della
“peregrinatio” in alcune case della parrocchia dell’immagine della
Madonna, alla cui intercessione
(spiega mons. Palazzo) i missionari
si affideranno in modo particolare.
Attenzione particolare sarà riservata alle famiglie di via Plinio 52, ove
sono presenti notevoli casi disagio
sociale. “Di questo popoloso insediamento – sottolinea il sacerdote
– le varie realtà della parrocchia
si interessano in modo costante,
soprattutto per quanto riguarda i
bambini e le situazioni di povertà.
Più volte, inoltre, nel corso di questi anni, abbiamo svolto appositamente per queste famiglie momenti
straordinari di evangelizzazione, i
cui frutti, ne siamo sicuri, non tarderanno a rendersi visibili”.
Angelo Diofano
Ordinazione diaconale
Dopo quella del frate francescano minore Francesco
Nigro, originario di Taranto
e ora ad Assisi, svoltasi sabato
18 in San Cataldo, altra ordinazione diaconale in vista
del presbiterato. E’ quella di
Giuseppe Marino (parrocchia
S.Maria del Popolo di San
Giorgio) il 25 ottobre a Roma
in San Giovanni Laterano da
parte del cardinale vicario
Vallini.
Don Renato Tissot
Dea venerdì 17 a domenica 19
al seminario di Poggio Galeso
incontri con il sacerdote don
Renato Tissot per catechesi e
momenti di preghiera imperniati sul culto della Divina
Misericordia, che da diversi anni lo vede pellegrino in
tutt’Italia. Don Renato nella
mattinata sarà disponibile per
incontri personali. La “tre
giorni” sarà conclusa dalla
Santa Messa serale domenicale.
San Pasquale per S.Egidio
Ogni venerdì in San Pasquale,
al termine della Santa Messa
delle ore 18,30, momento di
preghiera a Sant’Egidio da Taranto, davanti all’altare dedicatogli; al termine, offerta
dell’incenso.
Il giovedì, invece, sempre dopo
la Messa vespertina, adorazione silenziosa del Santissimo
fino alle ore 22, con recita
finale della Compieta e benedizione eucaristica. I sacerdoti saranno disponibili per le
Confessioni.
Mensa dei poveri
A Taranto la mensa dei poveri della parrocchia di Maria
SS. del Monte Carmelo, in via
Cavour, resterà chiusa per lavori di manutenzione fino al
23 ottobre, salvo ulteriori imprevisti.
SS.Crocifisso
A partire da questa settimana
saranno due le Messe vespertine che saranno celebrate il
sabato: alle ore 18 e alle ore
19.
Immacolata a Giorgio Jonico
A San Giorgio Jonico, grazie all’iniziativa del parroco
don Giancarlo Ruggieri, sta
riprendendo l’attività, dopo
molti anni di silenzio, la confraternita dell’Immacolata,
nell’omonima parrocchia.
Grottaglie,
Adorazione eucaristica
Ogni lunedì in chiesa madre
a Grottaglie, dopo la Messa
delle ore 18, adorazione eucaristica con preghiere e canti di lode guidata dal parroco
don Eligio Grimaldi.
10
SABATO 18 OTTOBRE 2008
MARTINA FRANCA
La missione in Perù
della parrocchia Sant’Antonio
Don Dino ha portato a compimento un laboratorio tessile e un impianto fognario
OTTAVIO CRISTOFARO
“O
gnuno di noi
è chiamato su
questa terra a
rispondere alla
propria missione”. Sono state
queste le parole di Don Dino
Lepraro, parroco della Parrocchia di S. Antonio di Martina
Franca che abbiamo incontrato
nei giorni scorsi per ascoltare
la sua testimonianza al rientro
dal viaggio in Perù.
Una missione, quella di Don
Dino, che dura ormai da 15
anni a testimonianza dell’enorme impegno e dello spirito di
sacrificio di una parrocchia vicina a tutti coloro che su questa terra vivono una difficile
esistenza. Abbiamo percepito
dalle testimonianze di Don
Dino e della signora Elvira
Basile, che ha accompagnato
il parroco, un amore per quelle
terre lontane, una estrema carità cristiana e un attaccamento nei confronti di quella gente
davvero straordinari. Ma la
cosa che più ci ha colpito è
il calore dei parrocchiani, lo
spirito di attaccamento a quei
bambini, quasi come fossero
figli delle nostre famiglie martinesi.
Durante l’incontro con Don
Dino una donna ha interrotto
la nostra intervista. Il suo volto era preoccupato e con un
filo di voce ha chiesto: “Don
Dino, dimmi, come sta la mia
bambina?”, “Non l’abbiamo
più trovata” ha risposto il parroco. Ha vqcillato e le si sono
riempiti gli occhi di lacrime a
sentire queste parole, poi con
voce triste ha salutato e abbandonato gli uffici parrocchiali.
Tutto ciò ha qualcosa di straordinario. Gli occhi del parroco
e della signora Elvira si riempivano di luce al solo parlare
di quei giorni in Perù. Ben 24,
quasi un mese. Mica poco.
Lima è una grande capitale,
assai diversa da quella che è
la nostra idea di città, è in uno
dei tanti sobborghi, adottato
dalla comunità martinese che
in questi anni di grande impe-
gno, sono state realizzate tante opere a favore dei singoli e
della comunità. Ben 450 adozioni, il centro medico “Salvatore Russo”, il centro polivalente “Paride Musciacchio”,
una scuola materna, una grande cucina per i pasti, viveri,
medicinali, vestiti e giocattoli,
ma soprattutto solidi legami di
amicizia e solidarietà.
liano in Perù il dott. Francesco
Rausi. Un’opera iniziata due
anni fa e che rappresenterà sicuramente per gli abitanti del
posto una possibilità di riscat-
da anni.
Ma quest’ultimo viaggio si
è caricato di un ulteriore valore grazie alla realizzazione
di un’altra opera importante:
ha detto la signora Elvira Basile, “che ha inevitabilmente
segnato la mia vita e la chiamata verso il Signore alla quale ogni giorno tutti noi siamo
chiamati a rispondere, ciascuno in modo diverso”.
Numerose inoltre le personalità militari, provenienti da tutto
il mondo, presenti all’inaugurazione. Primo su tutti il
capitano Liborio Palombella,
militare martinese impegnato
a Lima e organizzatore della
visita dei rappresentati militari.
“Si respirava un clima magico”, continua Don Dino,
“guardare questi militari battere le mani a ritmo dei canti
e della musica, non è uno spettacolo a cui possiamo assistere
tutti i giorni”.
I poveri ci fanno capire cosa
è davvero essenziale nella
vita. Questa gente vive in una
estrema povertà con meno di
un euro al giorno. Cinquantamila poveri che si arrangiano
sul suolo pubblico, mettono su
baracche costruite con materiali di fortuna come plastica
ed eternit. Esiste una grande
INCIDENTE ALL’ENI
La colonna di fumo nero e denso che si è levata la scorsa settimana da una delle torri della
raffineria Eni di Taranto è stata
provocata da un black out che
ha costretto gli impianti a fermarsi. Un analogo incidente
era accaduto circa dieci giorni
prima dall’ultimo ed anche allora si levarono fumi densi che
oscurarono il cielo di gran parte
della città. A seguito di questi
episodi il procuratore capo Sebastio ha aperto un’inchiesta.
AGGUATO A STATTE
Si indaga ancora negli ambienti
della malavita locale dopo l’agguato avvenuto una settimana
fa a Statte e che ha provocato il
ferimento grave di un 52enne
pregiudicato del luogo. L’uomo
che viaggiava a bordo del suo
motorino nel centro del paese
è stato affiancato da un’auto in
corsa dalla quale è stato sparato
un colpo di pistola che lo ha colpito all’addome. Prontamente
trasportato all’ospedale Moscati
il pregiudicato è stato operato
ed è in prognosi riservata.
INCIDENTE SUL LAVORo?
Proseguono gli accertamenti
dei carabinieri di Tatanto e della
locale stazione per l’incidente avvenuto nei giorni scorsi
a Talsano. Un giovane di 21
anni, mentre era al lavoro in
un’azienda vinicola, è volato
giù dal balcone da un’altezza di
cinque metri. Nella caduta il ragazzo ha riportato varie fratture di una certa gravità. Quello
che non è chiaro è la dinamica
dell’incidente e se il giovane in
quel momento stesse lavorando
nell’azienda vinicola.
Questa gente vive in
estrema povertà con
meno di un euro al
giorno. I poveri ci
fanno capire cosa è
davvero essenziale
In quest’ultimo viaggio cominciato il 5 e terminato il 29
di settembre è stata portata a
compimento un’altra importante opera: l’inaugurazione di
un nuovo laboratorio di confezioni tessili con ben 6 nuove
macchine, il tutto alla presenza del nuovo ambasciatore ita-
7
Sette giorni
di cronaca
ATTENTATI INCENDIARI
to sociale, e un’ opportunità
lavorativa che consentirà un
reddito minimo che le popolazioni di quelle terre chiedono
l’inaugurazione del nuovo impianto fognario e idrico e la
conseguente scomparsa della
fogna a cielo aperto. Chi ha
visto le foto di qualche anno
fa, sicuramente ricorda le
immagini desolanti dove al
centro della strada principale scorreva un fiume di fogna
che trascinava con sé tutti quei
gravi rischi per la salute che
tutti, anche se non conoscono
perfettamente, possono benissimo immaginare. Ora quello
spettacolo brutale non esiste
più. La fogna è stata interrata e il nuovo impianto idrico
è stato installato, anche se
quest’ultimo, dice Don Dino,
non è ancora in funzione.
“È stato emozionante”, ci ha
confidato, “attraversare quella
strada che abbiamo risistemato
addobbata a festa con le bandiere italiane, ascoltare l’inno
nazionale peruviano e quello
italiano. Sono emozioni che
porterò sempre con me”.
“Un esperienza formativa”,
[email protected]
dignità nella povertà di questa
gente, ma la cosa straordinaria
è la volontà di riscatto attraverso l’istruzione.
“È una strana sensazione”,
conclude Don Dino, “sentirsi
attorniato da una popolazione
così diversa e soprattutto da
questi bambini che chiedono
aiuto”.
Alla domanda su cosa fosse rimasto impresso del viaggio, la
signora Elvira ha risposto: “Mi
è rimasto impresso l’abbraccio
della mia bambina (quella in
adozione ndr) in aeroporto”.
Un enorme ponte d’amore voluto e costruito da Dio grazie
all’opera degli uomini e che
testimonia l’abbraccio italiano, pugliese e martinese ai fratelli peruviani. Tutto ciò non
potrà mai essere dimenticato.
Don Dino Lepraro a Lima:
sopra con i suoi bambini; al centro, con l’ambasciatore italiano in Perù,
Francesco Rausi
Sono ben tre gli attentati incendiari che si sono verificati a
Taranto e provinca la scorsa settimana. In via Dante nel capoluogo lr fiamme sono divampate
in un appartamento disabitato
ma affittato ad una donna di
origini slave. A Grottaglie lungo
la strada per Montemesola è stato incendiato un centro benessere in costruzione.A Torricella
infine è stata incendiata la casa
di campagna di un operaio che
effettua lavori per conto del comune.
LOCOMOTIVE IN FIAMME
Ha preso fuoco nella mattina
di martedì 7 il locomotore del
treno espresso Taranto-Milano.
L’episodio è stato denunciato
dal parlamentare Tantino Ludovico e dall’on. Andrea Martella ministro dei trasporti del
governo ombra del Pd.
I due deputati lamentano che
fatti del giorno sono sempre più
frequenti a causa della scarsa
manutenzione dei treni.
P. C.
ADESSO
www.7roseassociazioni.org
www.7roseassociazioni.org
periodico mensile della diocesi di castellaneta
SABATO 18 Ottobre 2008 ANNO 1 N° 1
IN ABBINAMENTO A NUOVO DIALOGO. NON VENDIBILE SEPARATAMENTE
P rimo P iano
P
aesi
Diocesi
Emergenza occupazione
a Ginosa e Laterza
Il Vescovo si ferma
a Mottola
C o n v e g n o
d i o c e s a n o
Le due città in ansia per la crisi
di Miroglio e Natuzzi. A rischio
centinaia di posti di lavoro
Riprende la visita pastorale di Mons
Fragnelli dopo la pausa estiva. Viaggio nella città delle chiese rupestri
“Io non mi vergogno del Vangelo” il
titolo della tre giorni con cui la Chiesa ha dato avvio all’anno pastorale
Servizi alle pagine 2 - 3
Servizi alla pagine 4 - 5
Servizi alle pagine 6 - 7
E D I T O R I A L E
+ Pietro Maria Fragnelli
Vescovo di Castellaneta
QUI E …
“ADESSO”
I
l nostro giornale diocesano si presenta con un nuovo nome: Adesso. Quasi
sessant’anni fa, a gennaio del 1949, don
Primo Mazzolari fondava il suo giornale proprio con questo intestazione. Ne parla
in questo numero un esperto, don Stefano
Siliberti, prete di Mantova, originario di Cisternino, molto legato alla nostra comunità
diocesana. Sotto la testata don Mazzolari
annotò alcune battute dal Vangelo di Luca:
“Adesso chi non ha spada venda il mantello e ne compri una” (cf Luca 22,36-37). Il
riferimento evangelico servì al parroco di
Bozzolo non solo per il titolo (Adesso), ma
soprattutto per introdurre nella riflessione
sulle vicende sociali ed ecclesiali del nostro
dopoguerra una speciale attenzione all’“ora
del combattimento decisivo” del Signore e
dei suoi discepoli. Dopo i terribili disastri
economici e morali della seconda guerra
mondiale la ricostruzione del Paese esigeva
una radicalità civile e morale, che Adesso
attingeva da Gesù e dalla sua piena manifestazione nella morte e risurrezione.
L’adesso di Gesù interessa anche la nostra
comunità ed il nostro giornale. Vogliamo
prendere spunto ideale dal glorioso e combattivo periodico di don Mazzolari per richiamare l’attenzione sull’oggi della nostra
vita ecclesiale e sociale. Ci interessa dialogare con i nostri lettori sull’adesso delle nostre famiglie e delle nostre parrocchie, dei
nostri Comuni e delle nostre associazioni,
delle nostre aziende e delle nostre scuole;
sull’adesso delle nostre incertezze e delle nostre speranze, dei nostri rischi e delle
nostre risorse, sull’adesso dei nostri giovani
e dei nostri anziani, dei nostri malati e dei
nostri immigrati. Questo giornale – anche
se solo mensile – ci auguriamo prolunghi il
clima ed il percorso della Visita Pastorale
ben oltre i suoi limiti cronologici: in ogni
famiglia, in ogni contesto faccia risuonare
il grido sorprendente di Gesù che vuole fermarsi a casa di ciascuno di noi. Con l’aiuto
e lo stimolo dei nostri lettori, nel solco del
Concilio e del Sinodo sulla Parola di Dio,
desideriamo accendere i riflettori sull’adesso della nostra “ricostruzione” in quest’epoca globalizzata, sulla nostra crescita come
cittadini, uomini e donne di fede, uomini e
donne di cultura, uomini e donne di missione e di solidarietà.
Don Mazzolari ci offre l’orientamento:
“Non a destra, non a sinistra, non al centro,
ma in alto” (editoriale di Adesso del 15-21949). Ed aggiungeva, riferendosi a san Paolo: “Come ieri per la salvezza non contava
il circonciso né l’incirconciso, così oggi non
conta l’uomo di destra né l’uomo di sinistra,
ma solo la nuova creatura (cf Gal 6,15): la
quale lentamente e faticosamente sale una
strada segnata dalle impronte di Colui che,
arrivato in alto, si è lasciato inchiodare sulla
croce a braccia spalancate per dar la mano
forata a tutti gli uomini e costruire il vero
arco della Pace”.
OTTOBRE
MISSIONARIO
IL DONO DI SANTANA in BRASILE
Quale missione per la nostra Chiesa?
L
a nostra Chiesa è ed è cresciuta nella missionarietà grazie al
lavoro costante di don Salvatore di Trani attraverso le Pontificie Opere Missionarie, alla vicinanza del Nunzio Apostolico Mons. Nicola Girasoli in Malawi a sostengo dell’opera
di sensibilizzazione di Rocco Gravina in Zambia, a p. Luigi Cremis
con l’Operazione Mato Grosso ed a tante altre iniziative personali e
parrocchiali.
L’essere stato io prescelto dal Signore a lasciar tutto per Cristo per
trasmettere agli uomini la fede e l’amore per Lui (Spe salvi, 8) con
la “preoccupazione per tutte le Chiese” (2Cor 11,28) non è per me un
vanto, ma solo un servizio che cerco di vivere come Chiesa di Castellaneta. Non sta a me evidenziare quanto con la benedizione di Dio è
stato realizzato nella Chiesa-gemella di Propriá. Posso solo cantare il
Magnificat.
Già tra i Rom e ancor più oggi tra i fratelli del Nord-Est brasiliano, ho
toccato con mano quanto è vero che i tesori del Regno appartengono
ai poveri e riesci a coglierli solo nella misura in cui ti fai uno di loro.
Mi sembrava scontato e bello quanto leggevo in Isaia 55,1-2): “Com-
prate senza denaro, senza pagare”. Soltanto quando mi è stato dato
di farmi povero tra i poveri ho assaporato cibi che saziano e bevande
succulenti! Si possono avere denari a dismisura, questi non ti danno di comprare negli Ipermercati super forniti neppure un grammo di
semplicità, di serenità, di condivisione…, che invece trovi facilmente,
senza spendere denari, tra i poveri.
In Brasile, ora, è normale recarsi in un villaggio, anche il più povero, e
vedere che si fanno premura nell’offrirti quanto hanno di meglio, mentre io, da ricco-generoso, do a chi bussa il superfluo o, ancor peggio,
dico che non ho niente da dargli: ed è vero! Ho tutto, ma mi mancano
le vere ricchezze. A noi ricchi non è dato possedere il Regno che è dei
poveri! Il povero-santo don Tonino Bello amava esortare: “Se non siamo tra i Beati (Lc 6,20) cerchiamo di essere tra i Benedetti del Padre
mio! (Mt 25,34). Santana è un DONO stupendo per la nostra Chiesa
e sarebbe veramente peccato se venisse delegato alla mia persona: “I
poveri nel Regno ci stanno anche senza di noi; siamo noi che nel Regno non entriamo se siamo trovati disattenti verso il povero incontrato
ai margini lungo il cammino che da Gerico porta a Gerusalemme!”
2
SABATO 18 OTTOBRE 2008
ADESSO
PRIMO PIANO
OCCUPAZIONE
Miroglio e Natuzzi
Lavoratori in ansia
L’emergenza è causata dalla congiuntura che
ha coinvolto i settori del tessile ed dell’‘imbottito’
Antonella De Biasi
P
anoramica cupa per i
principali settori produttivi del territorio.
Il tessile e l’imbottito sembrano attraversare
– ormai da tempo – una fase
molto critica che preoccupa
lavoratori, istituzioni e il futuro economico dei distretti
pugliesi che apparivano in
promettente sviluppo. Allarmanti ed esemplificativi i due esempi principali,
concatenati e accomunati da
una serie di analogie di “reazione” come riunioni con
i sindacati, scioperi, l’uso
della cassa integrazione, interrogazioni parlamentari:
Miroglio e Natuzzi. Le due
imprese, leader rispettivamente nel settore del tessile
e dell’imbottito, sembrano
aver imboccato da tempo,
dopo una serie di scontri ed
incontri con le rappresentanze sindacali e i lavoratori,
la via della tristemente nota
delocalizzazione, dimezzando e smantellando i comparti del nostro territorio,
in favore di un sempre più
produttivo est Europa. La
forte riduzione del numero
di aziende registrata sia in
Puglia che in Basilicata con
la conseguente diminuzione
di posti di lavoro, anche a
causa della crisi dei consumi del mercato americano,
della forza dell’euro rispetto
alle principali valute estere e
della competizione dei paesi emergenti, resta un tema
centrale da affrontare a tutti i
livelli. Nonostante i benefici
e i finanziamenti accordati al
momento del loro insediamento (vedi Miroglio circa
12 anni fa) le imprese ridisegnano in fretta la loro strategia industriale.
Natuzzi ha siglato proprio
alle porte dell’estate un accordo al ministero del Lavoro a Roma con le rappresentanze sindacali circa i 1.200
esuberi degli stabilimenti di
Puglia e Basilicata, previsti
dal piano industriale 20082010: dopo un confronto
sulle prospettive di fatturato
e di ritorno alla redditività
da ottenere attraverso il recupero della competitività
aziendale, le parti hanno convenuto di richiedere unitariamente un ulteriore periodo di
Cassa Integrazione Straordinaria (Cigs) per la durata di
un anno. Unanime l’appello
lanciato dai sindaci di Altamura, Ginosa, Gravina in
Puglia, Laterza e Santeramo
in Colle: la cassa integrazione guadagni ordinaria in scadenza deve essere rinnovata
nel più breve periodo, scongiurando il ricorso all’istituto
della mobilità, che, per tanti
lavoratori
rappresenterebbe la strada del non ritorno.
L’azienda e le organizzazioni
sindacali si sono impegnate a
verificare nei prossimi mesi
le prospettive legate al Piano
Industriale 2008-2010 e ad
affiancare le istituzioni locali e centrali per condividere
nuove misure d’intervento. Tutto è ancora in gioco.
Idem per Miroglio, l’impresa
di Alba, dopo aver chiuso lo
stabilimento di Castellaneta,
si è espressa per la chiusura
di quello di Ginosa. L’incontro atteso del 30 settembre
scorso al Ministero del Lavoro a Roma non si è più tenuto proprio perché l’azienda
ha chiesto maggiore tempo
per presentare soluzioni concrete per i dipendenti, ribadendo la volontà di chiudere.
Nel momento in cui andiamo
in stampa, non conosciamo
ancora le sorti dell’incontro
che dovrebbe tenersi a metà
ottobre, e che potrebbe rappresentare uno spiraglio di
luce per i 230 lavoratori dello stabilimento.
e regionali, sindacati confederali ed anche mezzi di comunicazione, hanno deciso di far
fronte alla difficile situazione
cercando di riconquistare un
futuro più stabile.
I 238 operai della Miroglio di
Ginosa hanno tentato il tutto per tutto, predisponendo
numerosi tavoli di discussione che dessero la possibilità di interloquire con il cda
dell’azienda nella speranza
che la decisione non fosse definitiva, ma la discussione non
sembrava potesse rimanere
aperta.
Gli incontri organizzati, tra i
quali anche un consiglio comunale monotematico, svoltosi nel Palazzetto dello Sport
ginosino, nonostante la buona
volontà espressa dai convenuti, tra bilanci ed aspettative,
non hanno celato l’assenza, pesante,
proprio di chi
era chiamato a
dare le risposte: Miroglio.
Durante
il
consiglio comunale e l’incontro tenutosi al Ministero
dello Sviluppo
Economico,
che ha visto tutte le forze del
territorio unirsi per una problematica che coinvolge i comuni di appartenenza dei dipendenti e delle loro famiglie,
questi hanno manifestato la
loro volontà di collaborare per
la scelta che potrebbe risultare
maggiormente valida per tutti
gli attori chiamati in causa.
In attesa di ulteriori sviluppi,
queste paiono le condizioni che si profilano: una parte
dell’azienda potrebbe essere
assorbita dal Gruppo Estel
(la Regione Puglia ha già offerto un fondo economico
che permetterebbe i corsi di
riqualificazione, ben 10 milioni di euro), e un’altra parte potrebbe essere reinserita
all’interno della nuova struttura organizzativo-commerciale
dell’azienda.
Manufatturiero in difficoltà Parlano i dipendenti
Rischi per l’occupazione Sindacati: ipotesi più accreditata, il riassorbimento
A
Marilena Surdo
tre anni dalla chiusura della manifattura castellane tana,
la congiuntura economica che ha portato a quei
tristi esiti è solo peggiorata
e, anzi, ha spostato il campo
di “battaglia” in quello che
fino a qualche mese fa era
definito dall’amministrazione
dell’azienda come “strategico”: l’opificio di Ginosa.
Duecentotrentotto operai tra
ginosini, laertini e castellanetani vivono tra Cigo (cassa
integrazione guadagni ordinaria), rilancio dell’azienda - con
la possibile e non remota ipotesi di realizzazione ed inserimento nel distretto regionale
tramite una riqualificazione
del prodotto - e, purtroppo,
cessazione dell’attività.
Dalla Miroglio giunge la notizia dell’assenza di commesse,
del mercato in crisi ed anche
della volontà, quasi del tutto
realizzata, di convertire l’attività della holding dalla produzione dei filati all’acquisto,
operato in aree che offrono
condizioni economiche più
favorevoli (vedi la Cina), e rivendita.
I dipendenti, affiancati da amministratori locali, provinciali
S
arebbero tre le prospettive di risoluzione
per la crisi Miroglio:
la richiesta di non
smembrare il polo di Ginosa, il
re-integro delle professionalità
acquisite durante l’attività in
un’altra impresa, sempre tessile, e infine, il riassorbimento
delle unità lavorative legate ad
una vera e propria riconversione, quindi cambiare tipologia di
impresa.
Questo il risultato dell’ultimo incontro tra i lavoratori
dipendenti della Miroglio e le
segreterie nazionali FemcaUilta-Filtea in attesa del ver-
tice previsto a metà ottobre.
Giuseppe Massafra, segretario
generale territoriale della Filte, Federazione Italiana Lavoratori Tessile e Abbigliamento
e Nicola Calabrese, segretario
della Uilta Uil hanno sintetizzato quali potrebbero essere i
prossimi scenari.
PRIMO PIANO
SABATO 18 OTTOBRE 2008
ADESSO
3
Ginosa, le tappe della crisi
Storia di un amore, quello tra l’azienda e il territorio mai sbocciato
A quattro anni dalla chiusura di Castellaneta a rischio il secondo impianto
L’
Amministrazione
Montanaro,
per
sostenere appieno
i lavoratori interessati dalla crisi del settore tessile, dopo essersi impegnata
affinchè ci fosse un incontro
presso il Ministero dello Sviluppo Economico, già fissato
per il 15 settembre prossimo,
nel Consiglio Comunale monotematico, tenutosi nella serata di lunedì, ha assunto un
impegno serio, sottoscrivendo
un documento unitario: sostenendo la vertenza dei lavoratori della Miroglio, chiederà,
come premessa irrinunciabile,
almeno il mantenimento degli
attuali livelli occupazionali.
Un documento, questo, approvato all’unanimità da tutti
i consiglieri presenti al Palazzetto dello Sport, al momento della votazione, avvenuta
dopo una serie di interventi,
che hanno visto avvicendarsi
i vari capigruppo, i sindaci di
Mottola, Giovanni Quero, di
Laterza, Giuseppe Cristella e
di Palagianello, Michele Labalestra.
Ma, all’incontro, per fare un
coro unanime di solidarietà
nei confronti dei lavoratori
della Miroglio, hanno fatto
sentire la loro voce anche i
consiglieri regionali Pietro
Lospinuso e Paolo Costantino;
non hanno negato la loro presenza neanche l’on. Ludovico
Vico, l’assessore provinciale
Perché l’incontro di settembre è stato rinviato?
“L’azienda ha tempo per affrontare
ulteriori sviluppi
e presentarsi all’incontro al
Ministero del Lavoro con
qualcosa di più concreto da
offrire: l’incontro di martedì
è risultato essere comunque
molto utile per un confronto
tra lavoratori e sindacati e per
fare il punto della situazione”.
Tre soluzioni possibili: quale la più accreditata?
“Non ce la sentiamo di escludere nessuna delle tre possibili ipotesi: è ovvio che non abbiamo mai smesso di chiedere
a Miroglio il mantenimento
dello stabilimento, ma, sappiamo anche che l’impresa ci ha
ribadito che, conti alla mano,
non è della stessa opinione;
sembra quindi più probabile
l’affacciarsi dell’ipotesi relativa al riassorbimento presso
una nuova realtà: vedremo”.
L’impresa di Alba ha comunque cambiato i suoi piani industriali…
“La storica produzione del
tessile made in Italy per le
nuove generazioni della nota
azienda di Alba può dirsi in
fase di conclusione. Il susseguirsi delle nuove generazioni
a capo dell’azienda non hanno
fatto altro che imboccare una
strada diversa: non più pensato a valorizzare la produzione,
quindi a tutelarla ed a investirci, ma a puntare sul manufatto già terminato”.
Lavoro: il vescovo
invita a pregare
Interpellato in vista dell’incontro romano per le trattative
sul caso Miroglio, in particolare sul futuro delle 250 famiglie coinvolte a Ginosa e dintorni, mons. Fragnelli ha
così risposto:
“Vi invito a pregare con insistenza, come ci ha insegnato Gesù. Il Vangelo di questi giorni ci dice di chiedere,
cercare, bussare perché ci sarà dato, ci sarà aperto, troveremo! Nella galassia delle incertezze socio-economiche
del nostro tempo, noi crediamo che il Signore non abbandona le nostre famiglie ed il nostro territorio. Facciamo
appello al Suo cuore di Padre, perché guidi i responsabili delle trattative nella ricerca di soluzioni lungimiranti,
idonee per tutti, pur negli inevitabili sacrifici per tutti.
Invito le Clarisse, il seminario e le parrocchie a pregare
per le famiglie della Miroglio, della Natuzzi e di tutte le
aziende del nostro territorio”.
al Lavoro Raffaella Quaranta
e l’assessore regionale al Lavoro Marco Barbieri.
Forte e nitido, poi, il grido di
allarme giunto da Nicola Calabrese (quale Rsu della Miroglio) e dalle organizzazioni
sindacali, per le quali hanno
chiesto la parola Luigi D’Isabella (Segreterie Confederali
Cgil Cisl Uil) e Giuseppe Maffucci (Segreterie Provinciali di
categoria Cgil Cisl e Uil).
Come emerso dai vari interventi, gli amministratori non
possono dire di no agli imprenditori, che arrivano dalle
nostre parti e decidono di investire. Il problema sta all’origine ovvero nella Legge, che
è distorta:
non
solo
non impedisce a tali
imprenditori, eticamente poco
corretti, di
incassare
per alcuni
anni e di
fare, poi, le
valigie, con
le tasche
piene ed i
macchinari
al seguito,
lasciando a
piedi quei
lavoratori, che, per
anni, hanno
concorso
a far incrementare i loro utili; ma, addirittura, la Legge non tutela gli
stessi lavoratori, che diventano, quindi, delle pedine, da
utilizzare e gettare.
Come evidenziato dal sindaco
Montanaro, “gli imprenditori
non solo devono mantenere
fede agli impegni assunti con
il territorio, in termini di crescita economica, ma devono
anche e, soprattutto, mantener
fede a quelli, che sono stati
gli impegni sociali assunti nei
riguardi di tanti esseri umani,
che vogliono semplicemente
lavorare. Sono padri di famiglia, con un’età media di 40
anni e con un mutuo per la prima casa alle spalle”.
Certo, che la Miroglio non
avesse idee lungimiranti per
il futuro dei suoi operari fu
già chiaro, quando, al primo
allarme di crisi, dalla Regione
Puglia le furono offerti ben 10
milioni di euro per la riconversione della produzione.
La risposta fu “un secco no”.
E’ pur vero, però, che in dodici
anni la Miroglio, tra Castellaneta e Ginosa, ha portato una
boccata d’ossigeno, in termini
occupazionali, spianando la
strada, ad una nuova cultura,
quella industriale.
Quasi 500 i lavoratori impiegati, con ottimi livelli produttivi. Ma, oggi, dietro la pseudo
ombra di una crisi generalizzata, il risultato è cambiato: la
sede di Castellaneta ha chiuso
i battenti, le unità lavorative
di Ginosa sono state ridotte a
238, costrette a dividersi gli
introiti, che, basterebbero a
pagare solo la metà di loro.
Ed il futuro non promette nulla di buono, se è vero che, ad
ottobre, il governo centrale
liberalizzerà l’ingresso, dalla
Cina, di otto nuove categorie,
tutte tessili. Oggi, agli operai
della Miroglio non manca neanche la solidarietà degli amici
della Natuzzi, come sottolineato da Fabio Bello, delle Rsu
dell’azienda del mobile imbottito, né di quanti, capiscono il
dramma della disoccupazione.
In una lettera aperta, tra l’altro
verbalizzata in sede di Consiglio Comunale, scritta dagli
stessi lavoratori della Miroglio, è chiaro come siano stati
che ombre. Dagli iniziali
oltre 400 lavoratori siamo
passati alle 250 unità del
solo stabilimento di Ginosa. Quello di Castellaneta
è ormai chiuso e destinato
alla dismissione. Il punto
ora è impedire che ci sia un
ulteriore calo di addetti in
presenza di un ritorno agli
utili della società dovuto al
suo riposizionamento produttivo.
Non più tessuto greggio ma
tessuti speciali ad alto contenuto tecnico. I 65 esuberi inizialmente denunciati
sono diventati 30 grazie al
rilancio della produzione e
all’accordo raggiunto con
essi stessi a pagare, più di tutti,
l’investimento dell’azienda di
Alba in loco: hanno sopportato le spese della formazione,
la contrattazione di secondo
livello e, da 5 anni, anche il
costo della crisi in termini produttivi, economici e sociali.
Così, esasperati, gli stessi fanno appello soprattutto ai sindacati e chiedono: che venga
dichiarato lo stato di agitazione; che venga dichiarato lo
sciopero per il 15 settembre,
in maniera da consentire ad
ogni operaio dell’azienda tessile di potervi partecipare; che
venga dichiarato lo sciopero
anche per il 16 settembre, per
consentire lo svolgimento di
un’assemblea all’interno dello stabilimento, necessaria ad
analizzare quelli che saranno i
risultati dell’incontro romano
del giorno precedente; che siano coinvolti i delegati generali
regionali delle organizzazioni
sindacali Cgil, Cisl e Uil; che
vengano messi a disposizione
dei lavoratori dei mezzi necessari per raggiungere Roma, il
15. E, su quest’ultima richiesta, una risposta positiva è già
giunta dal sindaco Montanaro,
come anche dal primo cittadino di Laterza.
Sono quasi undici anni che la
Filatura e Tessitura di Puglia
del Gruppo Miroglio si è insediata a Ginosa e Castellaneta. Di fatti un successo e una
testimonianza che non tutti
gli aiuti pubblici alla grande
impresa sono persi in partenza. Naturalmente ci sono an-
i sindacati. In particolare
questo accordi definiti di
solidarietà hanno permesso
di spalmare su tutti i lavoratori dello stabilimento il
calo di ore lavorative necessarie e quindi di unità
produttive. 12 di questi 30
lavoratori hanno approfittato della mobilità volontaria
per lasciare lo stabilimento e per i 18 rimanenti si è
raggiunto un accordo che è
sulla stessa linea del precedente.
La Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria concessa in virtù della sostituzione
dei telai con altri di diversa
concezione deve intendersi
a rotazione.
La eccedenza di forze disponibili deve quindi essere
distribuita su tutto l’organico dello stabilimento. Chiediamo quindi all’azienda di
rispettare gli accordi presi
non opponendo ragioni
produttive o tecniche che
di fatto inficerebbero l’accordo e aumenterebbero il
clima di diffidenza.
I lavoratori e i sindacati sono quindi in attesa di
conoscere il Piano delle
Rotazioni: è un loro diritto
conoscerlo. L’attenzione su
uno stabilimento comunque nato grazie alla volontà
del Gruppo Miroglio ma
anche a sostanziosi contributi e aiuti pubblici estesisi
all’iter autorizzativo regionale rimarrà alta.
A. B.
Quali sono
i numeri
della vertenza
Miroglio?
La chiusura dello stabilimento
di Filatura e Tessitura di Puglia
rappresenterebbe un terremoto
di grave entità per 238 lavoratori. 238 famiglie, che avevano
posto le basi del loro futuro in
questo stabilimento, e che nonostante l’impegno e la professionalità impiegata in questa
azienda oggi vedono crollare
ogni prospettiva.
11 gli anni di attività del sito
Miroglio di Ginosa, mentre
l’età media della forza lavoro
all’interno del sito stesso è di
35 anni. Quello che è in bilico
è, quindi, la tranquillità e la stabilità economica, e non solo, di
238 giovani famiglie di Ginosa,
Marina di Ginosa, Laterza ma
anche di Castellaneta, mentre
voci di corridoio sussurrerebbero che non tutto è stato fatto, tre
anni fa, per salvare proprio la
manifattura di Castellaneta. Infatti, sono 3 gli anni dall’inizio
del cedimento dell’economia
globale e dello spostamento
dell’asse commerciale e finanziario dall’Europa alla Cina.
Tutte le forze politiche si sono
unite per cercare una via alternativa a quella proposta dal cda
Miroglio, la cessazione d’attività, cercando non solo di non fare
chiudere l’azienda ma neanche
di farla riconvertire, tramite assorbimento, in un’altra azienda
di categoria differente.
10 i milioni di € che la Regione Puglia ha predisposto per la
risoluzione della vertenza Miroglio, mentre a gran voce alcuni rappresentanti istituzionali
chiedono una rendicontazione
degli impegni assunti in fase di
installazione dello stabilimento
Miroglio a Ginosa e che oggi
sembrerebbero stati traditi. Motivo di numerose discussioni, è
stata messa sotto accusa proprio
la politica pubblica di sostegno
all’impianto di nuove attività nei
territori a basso insediamento
industriale, come era e tutt’oggi è ancora, la zona occidentale
tarantina. Territorio che aveva
puntato tutto il proprio sviluppo
economico futuro su una politica industriale innovativa quale
si presentava quella del tessile,
a discapito, forse, di quella agricola, tra l’altro più genuina per
il carattere morfologico delle
comunità in questione. Per concludere delle leggi, la 181 e la
488. Grazie a queste leggi Miroglio si è insediato in un terreno vergine quale erano Ginosa
e Castellaneta solo 11 anni fa e
in virtù delle stesse si chiede di
salvare questi 238 dipendenti.
4
SABATO 18 OTTOBRE 2008
ADESSO
PAESI
MOTTOLA
Comincia dalla piazza
la visita pastorale
di monsignor Fragnelli
Dagli operatori economici alle associazioni, dagli anziani ai disabili,
dal Comune alle scuole,dai confratelli ai volontari: il vescovo si è fermato
“a casa” di ciascuno, per annunciare la parola autentica del Vangelo
I
l vescovo mons. Pietro Maria Fragnelli fa
tappa anche a Mottola
ed apre ufficialmente
la sua visita pastorale, alla
scoperta del territorio e della
comunità locale.
Il buon pastore, dunque, visita
il suo gregge, per un ulteriore
sviluppo della spiritualità di
comunione. Attraverso il dialogo improntato alla preghiera, il nostro amato vescovo
interloquisce con la comunità
locale, sviscerandone ed approfondendone caratteristiche
e problematiche, le urgenze
sociali, i bisogni umani, fermandosi, così come Gesù
fece con Zaccheo, a casa di
ciascuno.
Un‘occasione, che, come più
volte ribadito da mons. Fragnelli, “servirà a fortificare
l’incontro dei mottolesi, bambini, giovani, adulti o anziani
che siano, con Dio, sapiente
costruttore, per rivedere ciò
che finora abbiamo costruito
e per ben impostare, in futuro, la costruzione della nostra
casa, nella vita ecclesiale e
sociale”.
Dagli studenti agli amministratori, dagli organismi pastorali ai catechisti, ai ministri
ed ai collaboratori dei parroci,
dalle associazioni agli operatori economici del territorio,
per riservare a ciascuno attenzione e soprattutto, ascolto.
Quell’ascolto, tanto indispensabile ai giorni d’oggi, che
servirà a ridare fiducia alle
famiglie; a riportare i giovani
alla consapevolezza dell’importanza di alcuni valori quali
l’amicizia, l’umiltà, l’onestà
d’azione, oltre che dell’anima
e la creatività costruttiva da
mettere al servizio degli altri;
a ridare speranza agli infermi
e agli ammalati; a fortificare la
gioia di vivere nei disabili; a
riproporre la parrocchia come
luogo di culto, di accoglienza e di aggregazione umana
e sociale, oltre che cristiana.
Un visita pastorale, dunque,
che consentirà a mons.
Fragnelli di toccare con mano
le varie problematiche e conoscere il nostro territorio,
pur sempre nel rispetto e nella
valorizzazione delle diverse
realtà esistenti, tutte, indistintamente, ricchezza per la crescita sociale ed anche umana
di ognuno di noi.
Accolto a Largo Rotonda
dall’intera comunità, la visita pastorale di S.E. mons.
Pietro Maria Fragnelli, sabato
27 settembre, ha preso inizio
dalla piazza cittadina.
Tra gli applausi ed i canti del
coro “Le piccole voci della
collina” del 1° circolo didattico “Dante Alighieri”, a dargli
il benvenuto ufficiale ed istituzionale, ci ha pensato il sindaco Giovanni Quero: “Questa visita pastorale – ha detto
– rappresenta un momento di
grande preghiera e di riflessione, che ci aiuta a cogliere
la sfida di Benedetto XVI:
imparare a comprendere l’essenziale, partendo dai principi
cristiani”.
Il vescovo si è auspicato che
questa visita pastorale possa essere utile a realizzare
un discernimento delle cose
che servono realmente nelle
parrocchie come nelle scuole, nelle famiglie come nella
vita cittadina di tutti i giorni.
“Sarà motivo di gioia e conforto – ha detto - pensare che
il Signore voglia incontrare
voi attraverso me e me attraverso voi. Sono convinto che
in questo cammino autentico,
in questo confronto culturale
e democratico, che sperimen-
teremo in questi giorni, grazie
all’incontro con i poveri, gli
ammalati, gli anziani, grazie
alle preghiere, alla mensa eucaristica e alle esperienze di
comunione, a Mottola, ciascuno potrà trovare un luogo, in
cui, come scrive la scrittrice
Alessandra Borghese, parlando delle piscine del santuario
di Lourdes, il diaframma, che
ci separa dal mistero, si faccia
così sottile da diventare trasparante.
Quel luogo, per i mottolesi
potrà essere la Madonn’ Abbasc’, le Grotte di Dio, un angolo silenzioso di una chiesa,
il capezzale di un ammalato,
il viale nel cimitero, il terreno arido da lavorare, il lavoro
duro in azienda o in ufficio o
un angolo riservato della propria casa, in cui imparare a
guardare il vissuto con gli occhi di Dio e dei santi”. Dopo
l’accoglienza
istituzionale,
anche un momento liturgico,
in chiesa Madre, per invitare
i cittadini di Mottola a proseguire con maggiore speditezza sul cammino dell’amore e
della carità. Dopo aver fatto
visita alle strutture parrocchia-
li, alla Pro Loco e al G.A.L,
ma anche ai disabili del Centro Diurno e agli anziani
del Centro Polivalente, S.E.
mons. Pietro Maria Fragnelli,
ha fatto, poi, sosta, nella casa
municipale, per colloquiare e
dialogare con dipendenti ed
amministratori, anche in occasione del Consiglio Comunale, riunitosi, tra l’altro, per
deliberare il conferimento,
proprio al nostro vescovo, della cittadinanza onoraria. “Nella vita, soprattutto in quella
ecclesiastica - ha detto il vescovo - sono abituato a nulla
chiedere e a nulla rifiutare.
In questo momento mi sento
visitatore della comunità mottolese e visitato dalla grande
attesa della stessa. Oggi, tutti
siamo chiamati a dare nuova
dignità e forza al vivere sociale. Del resto, come scriveva
un filosofo danese dell’800,
non è bello viaggiare su una
nave in cui dal megafono del
comandante non escono più
le indicazioni circa la rotta da
seguire, ma solo notizie su ciò
che si mangerà il giorno dopo.
Pertanto, ogni cittadino dovrebbe servire questa comuni-
Si va via da casa
per continuare a vivere
Non c’è lavoro e le risorse naturali non vengono sfruttate
D
isoccupazione
e
povertà, sono gli
aspetti
rilevanti
della crisi di questi
ultimi tempi che sta colpendo in particolar modo il sud.
Mottola, un paese del mezzogiorno situato su di una ridente collina a 387 mt sul livello
del mare, non ha mai sfruttato
le sue risorse climatiche, ambientali, di grande interesse
naturalistico (ha una ricchezza
boschiva di 5.800 ettari che
copre il 30% di tutto il territorio comunale) e storiche (vi
sono testimonianze che risalgono alla preistoria). Non
ha sfruttato a pieno le risorse
turistiche del territorio, e oggi
risente maggiormente di questo andamento negativo. Così,
tanti giovani hanno scelto la
via dell’emigrazione, arruolandosi nelle Forze Armate o
cercando lavoro al settentrio-
ne. Il dato rilevante è quello
demografico degli ultimi anni:
la popolazione residente è di
16.365 abitanti (7.941 uomini e 8424 donne), con un decremento rispetto agli ultimi
due anni di oltre 60 unità. Una
crescita zero se confrontata
con paesi limitrofi, dovuta essenzialmente alla mancanza di
occupazione. Ma c’è un altro
annoso problema che ha portato l’abbandono del paese da
parte di molte coppie: i costi
delle abitazioni.
Quindi, una serie di problematiche, tra cui primeggia una
domanda del lavoro altissima
a cui fa riscontro un’offerta di
lavoro molto bassa.
Un zona industriale con pochi
opifici, quella mottolese, tra
cui ci sono “De Carlo Infissi”,
con oltre 240 dipendenti, e la
“Tessitura Albini”, con circa
100 occupati, non tutti del po-
sto. Sembra ormai diventato
un luogo comune affermare
che c’è poca volontà di lavorare da parte dei giovani; basti
pensare alle condizioni lavorative non tutelate e non corrispondenti al titolo di studio.
È il risultato della difficoltà di
inserimento nel mercato del
lavoro che spinge i giovani a
tentare qualsiasi attività. La
presenza del Vescovo sul territorio, proprio in questo mese
di ottobre, è stata l’occasione
che i giovani si aspettavano da
tempo per trovare un incoraggiamento, una consolazione al
loro problema. Un aiuto, un
momento speciale per i giovani disoccupati, ma anche un
messaggio per coloro che hanno l’obbligo di rilanciare l’occupazione attraverso il potenziamento degli investimenti
pubblici e delle infrastrutture.
Francesco Francavilla
tà nel modo alto che ci indica
il Vangelo. Ed, ancor prima,
devo farlo io, in quanto ora
cittadino onorario. Un vero
credente non sta né a sinistra,
né a destra, né al centro, ma
in alto ed è dall’alto che, insieme, dobbiamo recuperare
quei valori forti, quegli ideali, che ci permettano di stare
al centro come a sinistra o a
destra”. Ma la visita pastorale
è servita a mons. Fragnelli anche per ordinare sacerdote e,
quindi, per consacrare a Dio e
alla Chiesa, oltre che al servizio cristiano delle comunità,
don Domenico Affortunato,
il giorno in cui si festeggia
San Francesco, il 4 ottobre. Il
viaggio pastorale del vescovo,
attraverso il tessuto sociale di
Mottola continuerà sino alla
fine di ottobre. Il defensor civitatis, il difensore della navigazione comune, continuerà,
dunque, a portare nella casa,
ovvero nei cuori di ciascuno,
la parola di Dio, per orientare
ciascuna coscienza a coniugare sempre, in ogni azione quotidiana, l’alto senso civico e la
parola autentica del Vangelo.
Maria Florenzio
La diocesi di Mottola
Sullo scorcio dell’XI i Normanni ridisegnarono la geografia ecclesiastica del Mezzogiorno per garantirsi il consolidamento della conquista
ottenuta con la caduta di Bari del 1071, capitolazione che segnò la fine
del dominio politico (non certo quella della produzione e dell’influenza di schemi e modelli iconografici della Chiesa greca) dei Bizantini in
Italia. E così, nell’ambito della ristrutturazione delle antiche province
ecclesiastiche, sempre nei territori latinizzati, vennero create nuove
province e nuove diocesi. In questa temperie di politica ecclesiastica
normanna si colloca l’erezione della diocesi di Mottola (ma anche di
Castellaneta dal momento che furono elevate una dopo l’altra a rango
episcopale) suffraganea della sede metropolita di Taranto. La diocesi
aveva giurisdizione sui centri demici di Massafra, Palagiano e Palagianello. Artefici del nuovo assetto furono Riccardo Senescalco che
assunse il governo del territorio, grazie allo zio Roberto il Guiscardo,
col titolo “dominus Mutulae et Castellaneti”, e l’arcivescovo di Taranto. Secondo la cronotassi dei vescovi, la diocesi mottolese sarebbe da collocarsi tra il 1023 (con la riserva del dubbio circa i vescovi
Consalvo, Susanimito e Liberio) e il 1818, anno in cui fu soppressa e
aggregata alla diocesi di Castellaneta (7 Comuni: Castellaneta, Mottola, Palagiano, Palagianello, Massafra, Laterza, Ginosa). Giovanni fu
il primo vescovo di Mottola. Una charta del 1081 riferisce, infatti, che
Riccardo Senescalco “per assensum Joannis Motulensis Episcopi”
effettuò alcune importanti donazioni. Ma veniamo alla visita pastorale. Essa esiste fin dall’età apostolica (1 Tm 3, 2; Tt 1,9). La stessa
letteratura cristiana è piuttosto ricca di riferimenti alle preoccupazione
dei vescovi circa la salute delle anime, il culto dei martiri e così via;
anche i Padri della Chiesa ne sottolineano la necessità (Vita sancti Augustini episcopi). Ma è con il Medioevo che la visita pastorale assume
la caratura della verifica e del controllo sia dello stato materiale delle
chiese, degli altari, delle rendite patrimoniali dei titoli beneficiari sia
della vita del clero sotto l’aspetto disciplinare. La sua valenza spazia
tra il giuridico e il fiscale, tra il canonico e l’amministrativo. Controllo
e (possibile) riforma costituiscono dunque il binario lungo il quale si
muove la visita pastorale. Fumarola
PAESI
SABATO 18 OTTOBRE 2008
ADESSO
5
Cosa si aspettano dal vescovo
la parrocchia e la sua comunità
I parroci sperano in un’approvazione, la gente ha bisogno di dialogare
C
osa deve aspettarsi un parroco?
Cosa deve aspettarsi una comunità
parrocchiale? Cosa deve
aspettarsi una città dalla
visita pastorale del proprio
vescovo? Sembrano interrogativi scontati a cui si
potrebbero dare altrettante
Come Paolo, scelti, chiamati e inviati…
A
ll’indomani delle
ultime
ordinazioni presbiterali
nella nostra diocesi, abbiamo incontrato i
neo-ordinati don Giuseppe
Laterza e don Domenico
Affortunato ai quali abbiamo chiesto di condividere
con noi un pezzo del loro
cuore.
“La bocca parla dalla
pienezza del cuore” (Lc 6,
45). Don Giuseppe e don
Domenico, riferendoci a
questa frase di Luca, ci
raccontereste, in poche
parole, cosa conteneva il
vostro cuore nei giorni
precedenti alla vostra ordinazione?
Avevo l’impressione di
avere gli occhi di tutti puntati addosso, e questo mi
agitava un po’- ha risposto
don Giuseppe. Ho ripensato al cammino fatto e
mi ripetevo spesso: se ho
camminato molto è perché
Dio non mi ha mai lascia-
to solo, anche quando ho
attraversato momenti difficili.
Ho provato gratitudine
immensa e gioia indicibile – sono le parola di don
Domenico - ma, allo stesso tempo anche una grande
responsabilità. “Con la nostra statura di piccoli uomini facciamo la prospettiva
all’infinito”, ha aggiunto
citando don Primo Mazzolari.
E la vostra famiglia come
ha vissuto questi momenti?
Mi ha aiutato tanto a concentrarmi sull’essenziale,
su quello che stavo per fare
e che avrebbe segnato per
sempre la mia vita - ci ha
confidato don Giuseppe..
Don Domenico ci ha detto,
invece, di aver percepito,
attraverso la preghiera e
la trepidazione della sua
famiglia, la carezza di Dio
e l’abbandono alla Sua volontà.
Concludendo… Ognuno
di noi, spesso, ripete nel
proprio cuore una frase
delle Scritture, che dia
nuovo slancio alle proprie
attività. Qual è la Parolaguida a cui affidate il vostro ministero?
Don Giuseppe ha risposto:
“… se uno non nasce da
acqua e da Spirito, non può
entrare nel regno di Dio”
(Gv 3, 5), perchè occorre
avere sempre nuova vita
dallo Spirito. Don Domenico, invece ha citato un versetto del salmo 22: “Anche
se dovessi camminare in
una valle oscura non temerei alcun male…”, ripensando a tutti i momenti di
sconforto da lui vissuti.
Ringraziando don Giuseppe e don Domenico per
aver condiviso con noi
queste brevi riflessioni,
non possiamo che augurare loro di essere vero dono
per la diocesi e di esserlo
nella gioia e nell’umiltà.
risposte scontate. Ma non
è così. Perché, se è scontato che un parroco si attenda dal proprio vescovo
un “Bravo, continua così”,
non è scontato che il “bravo” abbia la stessa valenza e connotazione in don
Franco e in don Giuseppe,
visto che il primo sicuramente non è alla prima visita pastorale, mentre il secondo si è trovato di fronte
alla sua prima esperienza.
Ma ha detto e dirà a tutti
“bravo” il nostro Vescovo?
Non credo. Certo, un Buon
Pastore deve essere soprattutto buono, ma non può
non mettere in evidenza “le
cose che non vanno”.
D’altra parte don Antonio
ne per incoraggiare e dare
pacche sulle spalle, è anche
vero che faccia dei rilievi e
aiuti ad aggiustare il tiro.
E le comunità parrocchiali come stanno vivendo
l’approccio ad un avvenimento così straordinario e
“rivoluzionario”? Mi dice
don Michele che la gente
ha bisogno di dialogare,
avverte una gran sete di
comunicare e vede nel Vescovo, più di ieri, il Padre
giusto e super partes in
grado di cogliere e aiutare
a risolvere problemi che,
a volte sfuggono, anche al
parroco. Ecco, quell’”Oggi
voglio fermarmi a casa tua”
di Gesù detto a Zaccheo e
fatto proprio dal Vescovo
mi ha confessato che è giusto che un Vescovo metta
in evidenza anche quelle
che benevolmente ha chiamato lacune della vita parrocchiale. Perché, se è vero
che il Vescovo entra nella
parrocchia per confermare
modi di essere e di fare ben
consolidati dal tempo, se
è vero che il Vescovo vie-
nella sua preghiera della
visita pastorale, è stato avvertito dalla comunità come
un forte desiderio di sentire
parole diverse e stimolanti.
Alla prima fase della curiosità (non capita tutti i giorni
avere un Vescovo tra i piedi per una settimana in una
parrocchia) - commenta ancora don Antonio - è suben-
trato nella gente un intimo
sentimento di verificare se
vale la pena avere ancora
una fede e, soprattutto, se
ancora ci sono spazi e modi
per rafforzarla.
Don Franco ha atteso questo momento forte della
visita pastorale con l’entusiasmo di chi è ancora
alle prime armi. In fondo
— egli è convintissimo - la
fede non ha età, ha bisogno
solo di trovare occasioni e
strumenti per essere rivitalizzata. Basta uno striscione a lettere cubitali per dire
al Vescovo che è persona
gradita e che veramente
può fermarsi in ciascuna
delle case della parrocchia.
Ma, si sa, questo non è possibile. Di qui il valore e il
significato degli incontri
con i responsabili dei vari
gruppo parrocchiali.
La visita pastorale di
mons.Fragnelli, a Mortola, ha un sapore tutto particolare, perché all’interno dell’evento è caduto il
fausto giorno dell’ordinazione sacerdotale di don
Domenico Affortunato. Un
evento su cui le comunità
parrocchiali e l’intera città
sono chiamati a riflettere
a lungo, dal momento che
sono passati più di 25 anni
dall’ultima
ordinazione
di un mottolese(don Sano
Chiarelli).
E allora? Cosa si aspetta
Mortola dalla visita pastorale del proprio Vescovo?
O meglio. Cosa si aspetta
il Vescovo dalla visita pastorale a Mortola? Che si
concretizzi quanto Egli ha
scritto nella lettera a Sindaco e consiglieri comunali
in occasione della seduta
consiliare straordinaria del
2 ottobre scorso, e cioè
che l’evento sia “capace
di richiamarci ai valori che
contano, capace di stimolarci con amore e con forza
verso quelle realtà che individualismo e consumismo
stanno travolgendo, verso
quei traguardi a cui non si
vuole più guardare”.
6
SABATO 18 OTTOBRE 2008
ADESSO
DIOCESI
Con l’amore e la carità
è possibile formare l’uomo
Dal convegno ecclesiale ‘Io non mi vergogno del Vangelo’ una traccia di forte spiritualità
“M
ihi quaestio
factus sum”
(Agostino,
Confessioni
10.33). Ad offrire momenti di
approfondimento per una valida risposta all’enigma agostiniano ha provveduto il Convegno Ecclesiale della Diocesi di
Castellaneta “Io non mi vergogno del Vangelo - con San
Paolo iniziarne Tanno pastorale”, che ha previsto relazioni
e dibattito su tre interrogativi
esistenziali che sono propri di
ciascun cristiano si può formare ancora l’uomo? come
formare i credenti oggi? quali
pastori e formatori oggi?
Particolarmente seguito da un
numeroso auditorio, espressione di tutte le realtà ecclesiali
della diocesi, il Convegno ha
presentato dotte relazionirisposte agli interrogativi, e
si è arricchito di un laboratorio in cui si sono confrontate
esperienze diverse e messe in
evidenza esigenze proprie dei
cristiani del terzo millennio.
“Si può ancora formare l’uomo ?” Addentrarsi in questo
interrogativo e cercare di rispondere non è stato, durante
il lavoro di gruppo, molto facile in quanto vari erano gli
spunti da cui partire per arrivare ad una risposta esaustiva,
perché ne va della nostra vita,
della nostra esistenza non solo
nel contingente ma nell’eternità. E’ l’esigenza di sempre per
l’uomo, per ciascun uomo, di “
rendere ragione” della sua esistenza e di capire “che cosa sia
un uomo e che cosa convenga
alla natura umana fare o subire
in modo diverso dalle altre nature” (Piatone, Teeteto).
Le
numerosi
concezioni
sull’uomo, il modo di presentare le stesse in modo insistente, rapido ed accessibile non
hanno però risolto l’interroga-
tivo che, pertanto, si presenta
ancora oggi in maniera cosi
problematica.
E allora? La risposta all’interrogativo “Si può formare
l’uomo?” sembrerebbe solo
negativa. Ma il Cristiano ha
una speranza, la speranza “di
cui deve dar ragione”, la speranza che diventa certezza con
l’annuncio del Kerigma ed è
per questo che San Paolo invita “ ad indossare il Signore
Gesù”(Rm 13,14), riscoprendo il Battesimo e vivendo la
grazia “ del Signore nostro
Gesù Cristo:da ricco che era,si
è fatto povero per voi,perché
voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor.
8,9). Allora non si tratta solo
dell’amore umano di un mal
definito senso di benevolenza, da una sorta di affetto e
che cioè tutti gli uomini possono amarsi. Si tratta di fare
un salto di qualità, con quella
carità che è dono di un’azione
specifica dello Spirito Santo
che si innesta con la storia di
ognuno di noi per dare uno
spessore nuovo, una vivacità
sempre giovane a quell’affetto
universale che è l’amore. Con
l’amore e la carità è possibile
formare l’uomo! Nella logica
dell’amore chi è in difficoltà
deve avere maggiore attenzione, è la scelta preferenziale dei
poveri. Logica dell’amore caritatevole non è quella dell’efficienza ed è opposta a quella
del profitto. Solo se si condivide e si approfondisce questo
si potrà accettare l’esigenza
di un profondo cambiamento
culturale, di una teologia della
debolezza, in cui si manifesta
la forza di Cristo. E’ questo
il mistero della presenza di
Gesù Cristo e dell’azione dello Spirito Santo nella storia di
ciascuno di noi, delle famiglie
della Chiesa per la salvezza di
tutti gli uomini: l’educatore,
il formatore è Cristo, morto
e risorto, nostro compagno di
viaggio che ci orienta e ci porta al Padre, è lo Spirito Santo
che ci da le parole, gli atteggiamenti che Gesù ha detto e
ha fatto.
Antonio Sportelli
dir Caritas diocesana
La Chiesa di Castellaneta si è rimessa in marcia per il nuovo anno pastorale. L’ha fatto sulle orme di San Paolo, l’apostolo delle genti, di
cui la Chiesa ricorda il bimillenario della sua
morte. L’antropologia, la fede la formazione e
la comunicazione sono stai i temi di confronto
del convegno ecclesiale diocesano che celebra
l’inizio dell’anno pastorale della Diocesi di Castellaneta, svolto il 15, 16 e 17 settembre scorso
nel centro pastorale “Lumen Gentium”.
“Io non mi vergogno del Vangelo – Con San Paolo iniziamo l’anno pastorale” è stato il titolo
dell’appuntamento, durante il quale leggendo
Paolo si è data risposta a tre interrogativi della vita cristiana oggi: Si può formare ancora
l’uomo? Come formare i credenti oggi? Quali
pastori e formatori oggi? Le risposte sono state affidate a tre insigni biblisti: don Giuseppe
Pulcinelli Prof.Giuseppe Pulcinelli, docente di
Sacra Scrittura alla Pontificia Università Lateranense, Don Salvatore Santoro, docente di
sacra scrittura all’ l’Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISSR) di Reggio Calabria, don
Giorgio Copertino, docente di Sacra scrittura
dell’istituto di Santa Fara di Bari e dell’Istituto
Superiore di Scienze Religiose di Brindisi.
Quest’anno, a differenza delle scorse edizioni
del convegno annuale, è stato fondamentale il
momento di riflessione in gruppi che seguiva
l’intervento del relatore. I fedeli, che hanno
gremito la chiesa del centro pastorale per tutta
la tre giorni, guidati dai coordinatori diocesani
hanno avuto modo di dibattere divisi in gruppi
di lavoro, sul tema della giornata per dare
nuovi spunti di stimolo ai relatori. Al ritorno
in riunione plenaria venivano presentate le
riflessioni emerse durante i lavori del gruppo
per arrivare poi sino alla conclusione. Queste
due pagine che dedichiamo all’appuntamento,
rappresentano un sunto delle diverse esperienze vissute nella tre giorni.
Paolo Nico
Novità di vita nella fede
Raggiungere un credo adulto: è una delle indicazioni emerse nelle relazioni del convegno
A
bbiamo risposto con
entusiasmo all’invito del nostro Vescovo per il Convegno
Ecclesiale della Diocesi di
Castellaneta, il 15-16-17 settembre 2008, nel solco voluto
dal S.Padre per l’anno paolino
in corso. Riguardando i temi,
ci si ritorna sul primo presentato da mons. prof. Giuseppe Pulcinelli che ha cercato
egregiamente di rispondere
alla domanda” Si può formare ancora l’uomo?”
L’interrogativo del mondo,
dell’antropologia ma che assume per il cristiano una connotazione specifica: è l’esortazione al raggiungimento
di una fede adulta, sostenuta
dalla speranza di chi vive il
futuro già nel presente e vive
il presente aperto alla pienezza del dono del futuro,
Novità di vita nell’ottica della
fede e della speranza ma anche della carità, propria di chi
vive nel concreto, ovunque,
la propria identità a costo di
andare contro corrente.
Il cristiano supera la visione
pessimistica travista in quel
“ancora” del tema, frutto della mentalità del mondo. Il
cristiano, invece, è sempre
positivo proprio per la speranza di cui ciascuno si sente
portatore e animatore, anche
alla luce della stupenda Enciclica “Spe salvi” del Papa.
Più volte il relatore ha spinto a guardare con speranza al
cambiamento della persona,
primo fra tutti al “mio” cambiamento, non nella logica
dello “sforzo”, ma nella stupenda ed evangelica mentalità del mistero della debolezza
abitato dalla Grazia
Si deve credere all’azione
plasmatrice della Parola, dei
sacramenti su ciascuno e ciascuno per gli altri come educatore, genitore e testimone.
Con Paolo “imitatore” e “nel-
la sequela di Cristo”, ciascun
cristiano viva la novità di
vita, il processo di maturazione nelle fasi, prima dell’”essere afferrato”, dell’incontro
personale, decisivo, trasformante di Cristo Risorto, poi
“dell’imparare Cristo” fino
ad essere “in Cristo”, avendo
i Suoi occhi, la Sua mentalità,
il Suo cuore. Dalla trasformazione alla conformazione fino
a poter dire con Paolo “ Non
sono più io che vivo, ma è
Cristo che vivo in me”.
Inoltre Paolo invita ad essere “come LUI”. E’ l’eco di
quanto Giovanni riporta detto di Gesù : “Amatevi come
io vi ho amato”. Ne deriva
l’urgenza della Carità che
scaturisce da un annuncio
innestato tanto nella vita che
non si dice nulla che non si
stia già vivendo nel servizio e
nell’amore.
Il risvolto ovvio, concreto,
immediato è la dedizione alla
Comunità. Il legame a Cristo
diventa legame e passione per
gli altri.
Mai “maestri” e basta.
Qui si apre l’orizzonte
vasto,variegato e contemporaneamente vicino e
dettagliato (caso per caso)
di ciò’ che la Caritas invita a
fare e coordina.
Dai vivaci gruppi di studio è
scaturita l’attenzione al servizio, anche su progetti che inizialmente possono sembrare
ardui, ma con il Signore vicino, diventano possibili.
Certo, si diceva, vanno aiutati i laici a crescere prima di
tutto nella fede. Essa poi si
produrrà nella vita e nel servizio. Ci vogliono occasioni
di incontro e di ascolto in cui
ricevere per dare.
Così come per Paolo la molla
è sempre “ Vi ho trasmesso
quello che ho ricevuto”, quindi sono necessarie Comunità
in cui crescere, comunità da
cui partire, comunità a cui ritornare. Molti, anche partendo dalla propria esperienza,
hanno detto che i laici vanno
aiutati a crescere sulla Parola
perché soprattutto assumano
senso nuovo la sofferenza, le
difficoltà, la morte. Tale senso acquisito irradia luce intorno nelle situazioni più varie e
nuove oggi di povertà fisiche,
psichiche e sociali.
E’ stato anche chiesto che vadano ancora prima aiutate le
Comunità a vivere all’interno
una maggiore fraternità che
sia sale per gli altri. Da una
Comunità così nutrita ed allenata all’amore all’interno,
scaturiranno certamente forme varie di volontariato che
vanno poi sostenute nello
specifico delle competenze.
Altri hanno auspicato che
maturando la Comunità parrocchiale e diocesana arrivi
ad essere un luogo di progettazione privilegiato per obiet-
tivi sempre a più lunga scadenza che abbraccino l’uomo
che cambia.
Con i risultati del Convegno
crediamo che l’uomo possa
realizzare pienamente la sua
umanità in Cristo, porche
nessun “uomo” è più uomo
del cristiano, perché l’uomo
riuscito pienamente è stato
solo Cristo.
A. S.
DIOCESI
SABATO 18 OTTOBRE 2008
Come formare i credenti, oggi?
salvatore santoro
Q
uali sono le “caratteristiche” di
questo tipo di
credenti, credubili e creduti?
Le sintetizzo in “due passioni più una”, che desumo
proprio dall’esperienza e
dalla teologia di Paolo di
tarso.
La prima: la passione
per la verità (cfr. Ef 6,1920), che postula il dovere
della parresìa Una Chiesa
che dice no all’indifferenza religiosa, e che non si
accontenta di essere “ …
sospesa su un filo tra le
case del mondo senza mai
sfiorarle …” si esercita a
coniugare, senza stancarsi,
il verbo di d. Lorenzo Milani: I Care!
I care: cioè mi interessa!
Mi interessa annunciare il
Vangelo nei luoghi in cui
si articola la mia vita, di
uomo-credente!
Anzi: “ … guai da me se
non predicassi il Vangelo
…” (1Cor 9,16)
La “passione per la Verità
” è un prerequisito fondamentale per fare ciò; per
poter dire –con parresìa
- “… io non mi vergogno
del vangelo.” (Rm 1,16)
Preferisco, per dirvi qualcosa su questo prerequisito così importante – la parresìa – leggervi una bella
pagina tratta dagli scritti di
mons. Tonino Bello.
D. Tonino scrive così: “
… il tacere è sempre una
virtù? La Bibbia non sembra di questo avviso. Non
solo perché, al cap 3 di
Qoelet, ci avverte che “
c’è un tempo per tacere ed
un tempo per parlare”, ma
anche perché ha introdotto
una categoria che costituisce l’antitesi del pavido si-
lenzio, di fronte alla verità
e la giustizia:la parresia.
Che cos’è la parresìa?
E’ il parlar chiaro, senza
paura e senza tentennare,
di fronte alle minacce del
potere, quando bisogna
rendere testimonianza alla
verità. (…)
Seconda passione: passione per la Chiesa (cfr.
Col 1,24), che postula il
primato della koinonìa e
della diakonìa. La parresia
è “madre” di una martyrìa
forte, la quale, a sua volta,
genererà autentiche manifestazioni di koinonìa e di
diakonìa.
Questa volta vi propongo
– per chiarire questi due
ulteriori termini, altrettanto importanti – una riflessione di mons. Bruno
Forte, tenuta in occasione
del dibattito-incontro su
“L’avvenire del Cristianesimo”, svoltosi alcuni
mesi fa al Centre Culturel
Saint Louis de France di
Roma.
“ … Come vivere e trasmettere ragioni di vita e
di speranza? Come credere di più e credere meglio,
affinché il mondo creda?
Tre “vie”: quella della
martyria, quella della koinonia e quella della diakonia. (…) Accanto alla via
della “martyrìa”, quella
della “koinonìa” appare
non meno necessaria: essa
corrisponde un po’ alla nostalgia di unità che, sia pur
in forma ambigua e complessa, si affaccia nei pro-
cessi di “globalizzazione”
del pianeta. …. La “folla
delle solitudini” è il prodotto tipico del nichilismo
della postmodernità: in
rapporto ad essa ai cristiani è chiesto di testimoniare la possibilità dell’essere
insieme, tutti responsabili
nella Chiesa, del volersi
in comunione, rendendo
la comunità accogliente,
attraente, dove ci si senta
amati, rispettati, riconciliati nella carità. (…)
Infine, la “diakonìa”, la
carità vissuta nell’impegno per la giustizia, la
pace e la salvaguardia del
creato, appare come la
terza grande priorità per
il cristianesimo agli inizi
del terzo millennio. … i
cristiani, presenti nei contesti più diversi del pianeta, sono certamente protagonisti privilegiati per
tener desta una coscienza
critica attenta a difendere la qualità della vita per
tutti e capace di farsi voce
specialmente di chi non
ha voce e di fronteggiare
le logiche esclusivamente
egoistiche di molte delle
grandi agenzie di potere
economico e politico sul
piano mondiale. In questo
impegno, i credenti non
dovranno contare su altri
mezzi che su quelli della
loro testimonianza e della
vitalità della loro fede ed
operosità evangelica. (…)
L’ultima passione … riassume le precedenti: è la
passione per l’uomo!
Paolo, modello di imitazione di Cristo
Riportiamo i passi del Vangelo in cui l’Apostolo ne fa esplicito riferimento
P
aolo, proprio perché vive così intensamente il mistero
della passione e
della morte di Cristo e della
sua resurrezione, non esita
a presentarsi come un modello per i suoi corrispondenti, con l’esortazione a
farsi suoi imitatori. Il tema
appare la prima volta in 1Ts
1,6: «E voi siete diventati
imitatori nostri e del Signore, avendo accolto la parola
con la gioia dello Spirito
Santo anche in mezzo a
grande tribolazione, così da
diventare modello a tutti i
credenti che sono nella Macedonia e nell’Acaia». È un
testo dove si mostra che il
Vangelo richiede l’impegno
personale del predicatore, il
quale lo diffonde, nonostante gli ostacoli e le sofferenze, attraverso l’azione dello
Spirito. Quindi questa vita
impegnata è offerta come
modello proprio per i credenti di Tessalonica, a loro
volta diventati modello per
i credenti che sono nella
Macedonia e nell’Acaia. I
Tessalonicesi infatti sono
diventati essi stessi imitatori
delle chiese di Dio che sono
in Giudea 1Ts 2,14: «Voi
infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese
di Dio in Gesù Cristo, che
sono nella Giudea, perché
avete sofferto anche voi da
parte dei vostri connazionali
come loro da parte dei Giudei». In questo senso Paolo
dà sempre grandi comunità
alla Chiesa di Gerusalemme, la considera madre di
tutte le chiese e questa imitazione è imitazione nella
perseveranza nella capacità
di sopportare la persecuzione e la prova.
In 1Cor ci sono due passi
specifici in cui Paolo esorta
a diventare suoi imitatori, il
primo è nella sezione in cui
argomenta contro le divisioni interne e le derive di quelli che cercano una sapienza
soltanto umana…
Paolo, per correggere l’interpretazione gnostica del
cristianesimo,
introduce
l’esortazione all’imitazione: «Fatevi miei imitatori»
(1Cor 4,16). Tale esortazione giunge al termine di
un elenco di tribolazionei
sofferte da Paolo (1Cor 4,913). Farsi imitatori di Paolo
non è un riprodurre atteggiamenti, ma richiamare
alla memoria le vie che lui
ha indicato in Cristo, è il logos della croce.
È chiaro che l’esortazione di
Paolo ad imitare la sua persona poteva essere oggetto
di equivoci; per questo in
1Cor 11,1 scrive in termini
inequivocabili: «Siate miei
imitatori come io lo sono
di Cristo» In questa sezione
della lettera, imitare Cristo
attraverso Paolo significa
prendere le distanze da un
cristianesimo inteso secondo un modello ellenisticosapienziale, che rifiuta la
storia di Gesù, oppure secondo l’altro modello correlato del cristianesimo entusiastico-carismatico, dove
l’identità cristiana è ridotta a
emozioni e esperienze limite (miracoli). Paolo invita i
Corinzi ad imitarlo non tanto mosso dal sentimento che
i figli somiglino al padre, ai
genitori, ma in quanto egli
stesso è imitatore di Cristo,
e imitando Paolo essi imitano Cristo. Qui si capisce subito che non si tratta di imitare Cristo nella sua azione
redentiva a favore di tutti gli
uomini (cosa che non rientra
nelle potenzialità umane, cf.
Rm 5 Cristo è l’unico nuovo
Adamo), quindi non si cade
nel rimprovero fatto da certa
corrente teologica soprattutto protestante...
Il suo vero scopo è di condurre i Corinzi, turbati da
vari predicatori che adulterano la parola di Dio, a
Cristo.
Paolo non ha affatto la pretesa di essere un modello
perfetto né si propone come
tale: quello che propone
come esempio agli altri è
semplicemente il suo sforzo continuo di raggiungere
Cristo. Anzi, Paolo insiste
spesso sulla propria debolezza e miseria per convincere i suoi destinatari che è
proprio in essa che ha occasione di mostrarsi la potenza
di Dio, la forza della croce..
(sono meritatemente celebri
i passi della 2Cor 12,9-10:
la forza si manifesta pienamente nella debolezza..
quando sono debole, è allora che sono forte”). È una
teologia della debolezza!
In Fil 3,17 abbiamo uno
dei testi più forti in cui Paolo si pone come modello
da imitare: 17 “Imitate me,
(Summimhtai, mou) fratelli,
e fissate la vostra attenzione
su coloro che si comportano
secondo il modello che avete in noi. [cf. altri modelli accanto a sé!] 18 Perché
molti, dei quali spesso vi ho
parlato e ora ve ne riparlo
piangendo, si comportano
da nemici della croce di Cristo..”
Unica volte in cui dice coimitatori: forse vuole sottolineare che i filippesi devono unirsi a lui nel diventare
imitatori di Cristo, oppure
vuole far emergere che questa imitazione deve essere
collettiva, ecclesiale: mettersi tutti insieme a imitare
Paolo.
Ora per la nostra mentalità moderna e influenzata
dall’individualismo ci può
apparire piuttosto presuntuoso qualcuno che ci esorti
ad imitarlo… qui bisogna
tener conto almeno di due
aspetti:
1) l’idea di dover imitare un
modello morale era molto
comune nel mondo antico
(cf. ad es. Isocrate, Dem.
4.11; anche in Seneca, Plutarco..).
2) questi neo-cristiani (neofiti) che non avevano antenati nella fede nel loro
ambito familiare avevano
un gran bisogno di avere davanti a sé qualche modello
concreto di come praticare
la fede nelle varie circostanze della vita personale e
comunitaria.. (come farebbe
un apprendista artigiano ad
imparare il mestiere senza
mettersi ad osservare come
fa il suo lavoro un artigiano
provetto?).
Quindi l’esortazione ad imitarlo non era dettata da autoesaltazione, ma unicamente
dalla carità pastorale: voler
offrire un modello di cui
essi avevano assolutamente
bisogno.
In questo senso davvero Paolo non predica nulla che
non abbia egli stesso vissuto per primo. Egli si sente
chiamato per vocazione a
vivere in modo speciale il
mistero della partecipazione
alla morte e resurrezione del
Signore.
ADESSO
7
Pastori
e formatori
Il tema della ministerialità, strumento divino finalizzato alla salvezza dell’uomo, è finalizzato nell’epistolario paolino all’edificazione del
corpo di Cristo, nell’unità della fede
per la piena conoscenza del Figlio di
Dio. Il testo, per me, più significativo per una riflessione del ministero
nella Chiesa è quello di 2Cor 2,144,6 in cui Paolo espone il ministero
della nuova Alleanza.
Mi sembra opportuno premettere
che la lettura di questo testo deve
poter interessare tutta la comunità cristiana, qui radunata insieme
con il Vescovo e i presbiteri, e non
solo coloro che hanno il compito di
rendere i fratelli idonei a compiere
il ministero. Il tema del ministero
della nuova alleanza, è possibile
racchiuderlo in tre termini: diaconia, gloria e parresia. La diaconia
della nuova alleanza Il ministero
apostolico è paragonato da Paolo
all’opera di composizione di una
lettera, scritta nel cuore dei ministri/
corinzi, perché sia conosciuta e letta
da tutti. Paolo sottolinea che la lettera è di Cristo: perché scritta non
inchiostro ma con inchiostro ma con
lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra ma su tavole di carne
dei vostri cuori. Poiché la lettera è
di Cristo, la capacità non viene da
sé, ma da Dio. Lo stile di Paolo, a
servizio dell’opera di Dio, risulta
così diverso da quello dei mercanti
della Parola (cf 2,17), da cui l’apostolo prende le distanze.
La gloria della nuova alleanza Paolo nei sviluppa il confronto tra il
ministero dell’antica e quello della
nuova Alleanza su un punto specifico, quello della gloria.
L’allusione all’antica alleanza, attraverso l’incisione di lettere su pietre, permette a Paolo di sviluppare il
confronto, seguendo il metodo rabbinico, in modo da correlare il ministero della morte (v.7a) con quello
dello Spirito (v.8); il ministero della
condanna (v.9a) a quello della giustizia (v.9b) e il carattere transitorio
del primo con quello permanente
del secondo (v.11).
Paolo non intende negare la dimensione gloriosa del ministero antico,
bensì evidenziare con forza la superiorità del ministero della nuova
alleanza sull’antica.
La franchezza (parrēsìa) del ministero. A differenza di coloro che
‘mercanteggiano’ (in modo mercenario e fraudolento) la Parola, Paolo, animato dalla speranza di ciò che
è glorioso, si comporta con molta
franchezza (“con la semplicità e la
trasparenza che provengono da Dio”
2Cor 1,12 e proclamando il vangelo
“da parte di Dio, davanti a Dio e in
Cristo” cf 2,17), assumendo Cristo
quale “fine della legge” (Rm 10,4),
cioè suo senso profondo e significato definitivo. Lo Spirito del Risorto,
che dà vita e vivifica le Scritture,
abilita i cristiani a vivere con Cristo
e a immagine di Cristo. I cristiani,
conformati all’immagine di colui
che hanno contemplato, partecipano
sempre più alla gloria del Signore. Il
loro rapporto con Cristo è così intenso che si potrebbe dire che non sono
più i cristiani a vivere, ma è Cristo
che vive in loro (cf Gal 2,20). Solo
così si realizza il desiderio storicosalvifico di Dio Padre: che gli uomini siano resi “conformi all’immagine del Figlio suo, affinché costui
sia il primogenito tra molti fratelli”
(Rm 8,29). Il tema della franchezza è in stretta relazione con quello
della libertà cristiana, sviluppato in
Galati, e con quello della vita nello
Spirito trattato in Romani 8. la lettura di questi testi rende ancora più
significativa la riflessione sul ministero della nuova alleanza.
Giorgio Copertino
8
SABATO 18 OTTOBRE 2008
ADESSO
PARROCCHIE
Seicento anni di storia
Il calendario degli appuntamenti per l’anniversario della parrocchia ‘S. Lorenzo martire’, a Laterza
C
orreva l’anno 1408. Così
annota uno tra i più attendibili storiografi laertini,
il sac. Egidio Casarola:
“L’arcivescovo di Acerenza, mons.
Nicola Piscicelli, emana il Decreto
vescovile, rilasciato in Miglionico il 7 Dicembre 1408, con il quale concede all’Univesità di Laterza
l’assenso a fabbricare, edificare ed
erigere l’attuale chiesa parrocchiale
di san Lorenzo martire, che secondo tradizione sarebbe stata portata a
compimento soltanto del 1414”.
Ma bisogna arrivare addirittura al 19
Novembre 1673, allorché il vescovo
di Bitonto, il laertino mons. Antonio Galli, consacra ufficialmente la
chiesa e l’altare, fissando per il 31
Agosto di ogni anno la data della celebrazione della dedicazione.
Dipendente fin dall’origine dall’arcidiocesi di Acerenza e poi da quelle unite di Acerenza e Matera, con
decreto della S. Congregazione
Concistoriale dell’11 Agosto 1945
fu aggregata alla diocesi di Matera;
infine, con decreto della Congregazione dei Vescovi dell’8 Settembre
1976 fu aggregata alla diocesi di Castellaneta.
Istituzionalmente si presentava come
una chiesa ricettizia con a capo l’arciprete, cui spettava la cura delle
anime; questi, eletto “in gremio” al
Capitolo, era di nomina arcivescovile. Al Capitolo partecipavano sol-
tanto i sacerdoti, in numero variabile a seconda dell’entità delle risorse
disponibili. Le altre dignità erano il
Cantore ed il Vicario foraneo, men-
tre l’amministrazione era affidata a
due Procuratori, eletti annualmente.
Con Bolla del Marzo 1764 il beneficio dell’antica abbazia di S. Maria la
PARROCCHIA S. LORENZO M.
LATERZA - TA
5 OTTOBRE/19 NOVEMBRE 2008
Grande viene unito in perpetuo alla
chiesa matrice di S. Lorenzo, per cui
da questa data gli arcipreti assumono il titolo di “Abate”.
Nel 1790, infine, con decreto reale
l’abbazia fu dichiarata soppressa ed
i beni passati al “Beneficio di Regio
patronato di S. Maria la Grande”, ma
gli arcipreti continueranno a titolarsi
“regi abati” o semplicemente “abati
beneficiati di S. Maria la Grande”.
Fin qui la storia.
A distanza di seicento anni, oggi la
rimane e vive nell’attualità dell’uomo d’oggi, è sorgente di quella famosa “fontana del villaggio” che è
ogni chiesa, come amava simboleggiare Papa Giovanni XXIII.
Un aforisma latino enunciava: “Factum infectum fieri nequit” (non si
può far sì che ciò che è stato sia
come non avvenuto). Se non possiamo cambiare il passato, ci resta
il gravoso compito di lavorare per
il futuro che consegneremo ai nostri
successori, se non “perfectum”, pur
comunità parrocchiale di S. Lorenzo
in Laterza esprime il suo grazie al
Signore per il dono di questa meravigliosa “opera delle mani dell’uomo” attraverso alcune celebrazioni,
come da allegato programma.
I pensieri e le immagini della storia
del nostro paese, del nostro popolo,
della fede del popolo laertino sono
incise sulla “carne muraria” di questa nostra chiesa parrocchiale.
Una storia che vogliamo consegnare
ai cristiani di oggi, per rinverdire i
ricordi degli anziani e invogliare la
curiosità dei giovani a chiedersi cosa
sia stato prima che noi fossimo. Una
storia che vogliamo consegnare a
quanti verranno a visitarci, a quanti
verranno a stupirsi di tanta magnificenza. I sei secoli trascorsi dalla
costruzione hanno levigato le pietre
di questa Matrice, le hanno scalfite,
alcune le hanno deteriorate; ma essa
è rimasta lì, come sentinella nell’attesa dei bagliori dell’aurora, come
ponte tra l’antico e il nuovo insediamento urbanistico, come simbolo e
“sacramento” di una religiosità che
non può perire, che nessuno può
cancellare. Essa vuole ricordarci che
la Fede, pur nelle sue lontani origini,
tuttavia pregno di ogni buona intenzione.
Conservare la propria identità, come
piccola comunità, è un diritto e un
obbligo che si dovrebbe esercitare
ed osservare per sentirsi protagonisti
della storia della più vasta comunità
nazionale e mondiale. Non, allora,
inutili sentimentalismi verso ciò che
è stato, ma neppure piatti adeguamenti culturali; non il solitario ed
antistorico “laudator temporis acti”
che si rinchiude quasi sdegnosamente nel labirinto di un linguaggio che
non va al di là della comunità laertina. È nostro desiderio che chi ci
viene a visitare non rimanga a guardare con la faccia in su, perché non
gli succeda quanto scrive Renard:
“Alcuni uomini alzano gli occhi al
cielo ma vedono so¬lo i ragni del
soffitto”.
E un grazie particolare a quanti, con
il loro contributo e la loro preziosa
disponibilità, hanno reso possibili
queste celebrazioni centenarie. Ci
sia concesso non fare nomi, alla luce
di quanto ci ha insegnato Gesù: “E il
Padre vostro, che vede nel segreto,
vi ricompenserà”.
parroco Francesco Conte
1750° ANNO LAURENZIANO
VI° CENTENARIO DI FONDAZIONE DELLA PARROCCHIA
SOLENNI FESTEGGIAMENTI
OTTOBRE: L’ASCOLTO
NOVEMBRE: LA FESTA
D OMENICA 5 OTTOBRE
ore 19.00 San Lorenzo - Celebrazione eucaristica
presieduta da mons. Domenico CORNACCHIA
(Vescovo di Lucera - Troia)
D A M ARTEDÌ 11 A G IOVEDÌ 13 NOVEMBRE
Pellegrinaggio a Roma alla tomba di S. Lorenzo e
giubileo paolino
VENERDÌ 10 OTTOBRE
ore 18.30 c/o la Cittadella della cultura
I cristiani possono dire la loro in politica?
Conferenza-dibattito con l’on. Rocco BUTTIGLIONE
S ABATO 15 NOVEMBRE
ore 20.00 c/o Tensostruttura “M. Corrado”
Mario ROSINI interpreta MINA
(Ingresso gratuito)
D OMENICA 12 OTTOBRE
ore 19.00 San Lorenzo - Celebrazione eucaristica
presieduta da mons. Giovanni RICCHIUTI
(Vescovo di Acerenza)
M ERCOLEDÌ
G IOVEDÌ 16 OTTOBRE
ore 20.00 San Lorenzo - Quando Dio fa il “cattivo”
Conferenza-dibattito con Fabio SALVATORE
D OMENICA 19 OTTOBRE
ore 19.00 San Lorenzo - Celebrazione eucaristica
presieduta da mons. Martino SCARAFILE
(Vescovo emerito)
G IOVEDÌ 23 OTTOBRE
ore 20.00 San Lorenzo - L’urgenza dell’ora: corpi… da gioco
Conferenza-dibattito con don Fortunato DI NOTO
D OMENICA 26 OTTOBRE
ore 17.00 all’imbocco della strada per l’erigenda “Casa Famiglia”
intitolazione della via a S. Annibale M. Di Francia,
fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo
ore 19.00 San Lorenzo - Celebrazione eucaristica
presieduta da mons. Michele CASTORO
(Vescovo di Oria)
G IOVEDÌ 30 OTTOBRE
ore 20.00 San Lorenzo
Il giornalista: artigiano dell’attualità
Conferenza-dibattito con il
dr. Domenico DELLE FOGLIE
S OLENNE
19 NOVEMBRE
CONCLUSIONE DEI FESTEGGIAMENTI
ore 9.00
S. Messa ed esposizione
del Santissimo Sacramento per l’intera giornata
ore 18/21 c/o Oratorio parrocchiale
Annullo filatelico e vendita cartoline ricordo
ore 18.00 Celebrazione eucaristica
presieduta dall’Ordinario diocesano
SONO PREVISTE LE SEGUENTI PUBBLICAZIONI
OTTOBRE
Opuscolo a carattere di visita guidata alla chiesa.
NOVEMBRE
Libro a carattere storico-artisco della Matrice.
DICEMBRE
Atti degli interventi dei vescovi e dei conferenzieri.
Progetto grafico: PerlaStudio.COM
SABATO 18 OTTOBRE 2008
ADESSO
SPIRITUALITà
Missione
Percorsi
“La chiamata non
si può spiegare”
Q
uando evangelizzare significa testimoniare, nel
silenzio, con il proprio
stile di vita...
Dopo un cammino neocatecumenale di circa 20 anni, attualmente
condotto nella prima comunità della parrocchia del “Sacro Cuore di
Gesù” di Massafra, i coniugi Giovanni e Anna Rita Dragone hanno
vissuto un’esperienza di missione
nella città di Fukuoka, in Giappone.
Il 1° novembre dello scorso anno,
assieme ai loro cinque figli (è in arrivo il sesto), hanno lasciato casa,
parenti e lavoro per raggiungere il
Giappone, dove sono stati inseriti
in una comunità operante già da
una trentina d’anni, con il consenso al progetto di alcuni vescovi
locali.
«La chiamata non si può spiegare.
È così e basta – spiega la signora
Dragone, quando le si domanda
il perché di una scelta così coraggiosa –. Proviene dall’alto, la senti
dentro di te, non esiste una spiegazione razionale. È il Signore che fa
la storia. C’è un progetto divino,
che abbiamo sperimentato, che va
al di là delle nostre forze».
Una realtà chiusa, quella che si è
presentata alla famiglia massafrese, con una cultura lontana e
diversa dalla nostra, fortemente
materializzata, tecnologizzata e
tesa al progresso economico, con
una forte riduzione delle nascite ed
un alto tasso di suicidi, soprattutto
tra i giovani. Gesti estremi indici
di un disagio causato, spesso, da
fallimenti nell’ambito scolastico o
lavorativo, difficili da sostenere.
«Evangelizzare in un contesto del
genere – affermano i coniugi – significa testimoniare con la vita di
tutti i giorni che il Signore esiste
e provvede. Inizialmente, abbiamo
pensato che la nostra presenza non
avesse lasciato alcun segno. Invece, la diversità del nostro stile di
La Missione
è un bene
di tutti
“A
tutti spetta il
diritto di avere una parte di
beni sufficienti a sè e alle proprie famiglie...”, per cui “gli uomini
hanno l’obbligo di aiutare i
poveri, e non sol¬tanto con
il loro superfluo”
Sono parole della Costituzione Conciliare Gaudium et
Spes (n. 69). Così come gli
stessi Vescovi richiamano
noi cristiani a precisi doveri di solidarietà, auspicando
che: “l’attività missionaria
della Chiesa italiana si caratterizzi sempre più come
comunione-scambio
tra
Chiese e, mentre offriamo la
ricchezza di una tradizione
millenaria di vita cristiana,
riceviamo l’entusiasmo con
cui la fede è vissuta in altri
continenti. Non solo quelle
Appuntamenti
Don Salvatore:
promuovere la vita missionaria
Programma 2008-09
Ufficio diocesano per la Cooperazione missionaria
L’urgenza di annunciare il Vangelo e lo stile di evangelizzazione
delle prime comunità cristiane.
Questi i punti di partenza per l’anno 2008-09, evidenziati dal direttore dell’ufficio diocesano per la cooperazione missionaria, don
Salvatore Di Trani. Nel messaggio per la Giornata Missionaria
Mondiale, Benedetto XVI, nel sottolineare che è un «dovere impellente per tutti annunciare Cristo e il suo messaggio salvifico»,
riprende un’affermazione di San Paolo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16). La mette in luce don Salvatore,
invitando anche a rivedere come le nostre comunità annunciano
il Vangelo, prendendo ad esempio la prima comunità di Gerusalemme, che si lascia guidare dallo Spirito Santo e cerca di rendere
visibile la presenza del Risorto. «Il Papa – prosegue – invita ad
essere missionari nel proprio ambiente, nella propria parrocchia.
Occorre animare le comunità, con lo stile dell’annuncio, ovvero
attraverso la testimonianza». Don Salvatore auspica, inoltre, che
le parrocchie della diocesi collaborino insieme nel promuovere la
vita missionaria e nell’indicare nuovi animatori.
L’ufficio diocesano per la cooperazione missionaria ha il compito
di essere di stimolo nella pastorale e funge da raccordo tra le comunità. Questo il programma stilato per l’anno missionario appena iniziato, contenente iniziative e momenti forti, a livello parrocchiale e diocesano.
Francesca Piccolo
Terza settimana di ottobre (12-18) “responsabilità”
Veglia di preghiera: in diocesi, il 18 ottobre, alle ore 20, nella parrocchia “San
Pietro Apostolo” di Mottola; in parrocchia, qualsiasi altro giorno utile
Quarta settimana di ottobre (19-25) “ringraziamento”
Giornata missionaria mondiale (19 ottobre), messaggio del Papa, carità, Via Crucis
Quinta settimana di ottobre (26-31), vespri di ringraziamento “Santi come Paolo
per ringraziare il Signore”
Novena di Natale per i bambini (utile per i grandi): valorizzare i “seminatori di
stelle”
Giornata parrocchiale dell’Infanzia Missionaria (6 gennaio 2009)
Giornata diocesana dell’Infanzia Missionaria (11 gennaio 2009), intera giornata
al Centro pastorale “Lumen Gentium”. Inizio alle ore 9.30, pranzo a sacco, Messa
alle ore 16
Giornata mondiale dei lebbrosi (25 gennaio 2009)
Giornata dei Missionari Martiri, di preghiera e digiuno (24 marzo 2009)
Giornata interdiocesana per l’Infanzia Missionaria (18 aprile 2009), ore 16, Palafiom di Taranto
Giornata europea dell’Infanzia Missionaria con il Santo Padre (fine maggioinizio giugno), Sala Paolo VI, Roma
Pellegrinaggio a Roma dei bambini di Prima Comunione (10 giugno 2009)
Animazione missionaria:
-
in diocesi: ogni quarta domenica del mese, alle ore 16, presso le suore clarisse a Castellaneta, incontro degli animatori dai Padri missionari saveriani
-
in vicaria o cittadina: si può pensare ad un incontro con le catechiste e gli
educatori dei ragazzi nei vari paesi della diocesi, alle ore 16, nel primo pomeriggio
Il bello della fede
vita e la nostra libertà di pensiero
sono state notate. Il giorno in cui
siamo partiti, sono passati a salutarci vicini ed insegnanti di scuola».
Nella città di Fukuoka, c’è una
forte competizione tra le religioni,
buddismo e shintoismo le più diffuse. Su 50mila abitanti, solo un
centinaio i fedeli che si raccolgono
nell’unica parrocchia cattolica, il
giorno di Natale.
Notevole, dunque, la riduzione del
numero di cattolici, con un’età media molto alta.
Un intervento discreto, portato
avanti nel rispetto dell’ordine costituito, nonostante le difficoltà.
Per i bambini non è stato affatto
facile l’inserimento nella scuola e
l’apprendimento della lingua.
Poi il rientro a Massafra, dopo quasi un anno, per motivi famigliari,
con il Giappone nel cuore. E la
missione continua…
Francesca Piccolo
Chiese hanno bisogno della
nostra cooperazione, ma noi
stessi abbiamo bisogno di loro
per crescere nell’universalità
e nella cattolicità. Chiediamo
pertanto (…) che la missionarietà pervada tutti gli ambiti
della pastorale e della vita
cristiana” (Nota pastorale
dopo il 4° Convegno ecclesiale nazionale, Par. 9)
Grazie al ventennale gemellaggio con la Diocesi di
Proprià, la nostra Chiesa di
Castellaneta si trova nelle condizioni ottimali evidenziate
dai Vescovi: di una vera “comunione-scambio tra Chiese”,
che sempre più si concretizza
e si tocca con mano nei numerosi viaggi e visite; ma anche
di offrire “la ricchezza di una
tradizione millenaria di vita
cristiana”, grazie alla presenza
permanente di un missionario
diocesano, don Vincenzo De
Florio. Eppure, come Associazione che ha particolarmente a cuore il gemellaggio, rileviamo ancora tanta difficoltà a
far comprendere le parti finali
9
della citazione, ossia che la dimensione missionaria è necessaria PER NOI, non solo per
chi riceve i nostri aiuti, e non
può essere relegata ad un gesto di carità estemporaneo o,
peggio ancora, ad un singolo
gruppo o associazione.
Rimaniamo a volte sconcertati
quando, nel periodo estivo di
presenza di don Vincenzo qui
in Diocesi, constatiamo che
pochi lo aspettano e lo accolgono a braccia aperte - come
un fratello maggiore che certamente provoca e scomoda, sì,
ma che anzitutto rende viva e
presente la nostra missione -,
così come taluni si stancano
Segni
A chi tocca annunciare il Vangelo? Già! A chi tocca?
Maturato dal Concilio in poi che non è cosa che riguarda solo preti e religiosi/e,
la citazione paolina proposta dal Papa per l’odierna Giornata Missionaria
Mondiale – “Guai a me se non annunciassi il Vangelo” (1Cor 9,16) – ci provoca a verificare lo stato di salute dell’anima missionaria del nostro vivere
ecclesiale e personale.
Parliamo di anima e non di optional poiché la missione sta al cristiano come
l’anima al corpo ed anche perché, volente o nolente, la vita di un credente
rimanda sempre al Vangelo, in maniera trasparente se traduce, opaca se tradisce. “Non si può non comunicare”, affermano gli studiosi di comunicazione; è
un dato ineludibile anche del nostro cammino di discepolato.
Ineludibili, inoltre, sono anche un paio di interrogativi non proprio insensati:
la fede è per me questione vitale? È ciò che mi dà ragioni per vivere e morire,
per amare e perdonare? Sogniamo per noi una fede bella che vuole, perché le è
connaturale, frequentare gli areopaghi del nostro tempo. Seminiamola nel cuore dei più giovani che custodiscono desideri grandi, ma che si ritrovano a vivere concentrati su piccoli obiettivi perché non offriamo loro niente di meglio.
Missione non è solo paesi lontani. Missione è anche essere pronti nei crocevia
della storia dove volti, nomi, eventi, incontri e scontri interpellano i cristiani
ad essere testimoni di quell’incontro che svela dignità e bellezza di ciascuno ed
invita tutti a liberarsi da ogni presunzione e disperazione.
Assuefatti ad un cristianesimo “alla camomilla” o, al contrario, “alla caffeina”, ci siamo limitati a cenni cortesi e solenni di assenso a tutte le prediche ed
i discorsi che udiamo per poi voltare le spalle al Vangelo in una maniera del
tutto indolore ed altrettanto disinvolta per la nostra coscienza. Insomma, un
cristianesimo “bello senz’anima”, limitato alla sola domenica.
A chi tocca, allora, annunciare il Vangelo? A tutti. A patto, però, di lasciarsi
conquistare da Cristo (Fil 3,12), con l’umiltà ed il coraggio di cominciare prima di tutto da sé.
Oronzo Marraffa
di sentire sempre gli stessi discorsi! Ma perché, ci sono forse parole “giuste” che se ripetute non lo sono più? O sentire
parlare del Brasile una volta
all’anno, magari nello stesso
modo e con gli stessi aneddoti,
è una cosa proprio insopportabile per le nostre comunità
cristiane? Eppure sin da piccoli ci hanno insegnato che la
Parola di Dio è sempre nuova
ed attuale, nonostante rimanga
immutabile!
Come non comprendiamo
la reazione di alcuni parroci
quando un Coordinatore locale (ce ne sono per tutti i Comuni della Diocesi) chiede la
disponibilità ad un incontro,
o semplice¬men¬te per affiggere una locandina, distribuire
un volantino, fare un breve annuncio alla fine della celebrazione, e di ritorno dobbiamo
a volte subire uno sproloquio
sulle tante attività parrocchiali, o sulla opportunità di
coinvolgere altre parrocchie
o sul periodo troppo intenso
o sull’inutilità di ripetere l’in-
contro dopo un solo anno, o
sulla necessità di raccogliere
fondi per altre attività parrocchiali, o per la propria congregazione, o...
Al riguardo vorremmo puntualizzare che la nostra associazione non vive di elemosina e non chiede fondi in
occasione degli incontri, tantomeno quando vi sono ospiti
dal Brasile. Semplicemente ci
sentiamo in DOVERE, oltre
che in diritto, di informare e
formare le nostre comunità ad
una maggiore sensibilità missionaria e permettere loro di
condividere UNA esperienza
di frater¬nità che, per quanto particolare e limitata, la
Provvidenza stessa ci sta permettendo di realiz¬za¬re da
quasi 20 anni a questa parte. E
questi obiettivi prioritari, pienamente condivisi dal Vescovo Pietro Maria, cerchiamo di
per¬seguirli sul serio e con costanza, pur fra mille rinunce e
sacrifici, essendo tutti volontari e con famiglie a carico. Ecco
perché mi permetto di esortare
le parrocchie a non metterci
il bastone tra le ruote, perché
rischierebbero di metterlo alla
stessa Provvidenza!
Piuttosto impegnamoci tutti
insieme affinché questa ricchezza di comunione con la
Chiesa gemella di Proprià non
venga dispersa e non si esaurisca con la presenza di don
Vincenzo e/o con le iniziative
di Orizzonti Nuovi, che domani potrebbero anche non
esserci più... coltiviamo nuove vocazioni “missionarie”,
laiche o religiose che siano,
disponibili a spendere qualche mese/anno della propria
vita al servizio dei brasiliani
nordestini (o di altre popolazioni dei Terzo Mondo), certi
evangelicamente che i “ritorni” nelle nostre comunità locali saranno molto più copiosi
delle rinunce e dei sacrifici.
Quando capiremo che solo
donando si può ricevere ?
Pier Paolo Lamola
presidente di Orizzonti Nuovi
“Evandro Lupidi” Onlus
10 ADESSO
SABATO 18 OTTOBRE 2008
AGENDA
DEL VESCOVO
Dal 19 al 31 ottobre Mons.
Fragnelli concluderà
la
Visita pastorale alla città di Mottola visitando le
parrocchie del S. Cuore
(19-25) di San Basilio e S.
Giuseppe (25-31).
Il 24 ottobre durante l’Aggiornamento del clero nel
Centro Pastorale Lumen
Gentium a Castellaneta don
Ferdinando Di Noto relazionerà su “L’infanzia tradita. Il ministero sacerdotale e le odierne povertà”.
Il giorno 01 novembre, festa di Ognissanti nella chiesa di S. Domenico a Castellaneta il Vescovo conferirà
L’ “Adesso” di don Primo Mazzolari
Nel 2009 cade il 50.mo dalla
morte di don Primo Mazzolari, parroco di Bozzolo, diocesi
di Cremona. Il vescovo mons.
Pietro Maria Fragnelli non poteva suggerire titolo migliore
al rinnovarsi della pubblicazione di un periodico: “Adesso”. Otto punti scandiscono
l’editoriale, con cui don Primo
inaugurava la pubblicazione
del quindicinale “Adesso” il
15 febbraio 1949. Otto: numero simbolico, come 8 risultano le beatitudini evangeliche.
Impegno cristiano: l’obiettivo.
Come impegnative restano le
beatitudini del Vangelo.
“1. Ci si fa colpa di non capire ciò che «adesso» occorre all’uomo e di non sapervi
provvedere”. Nella nostra attualità i cattolici sono spesso
chiamati sul banco degli ‘imputati’ per rispondere di una
cronaca divenuta ‘salice piangente’.
“2. La volontà di Dio non è
un sole lontano, ma miriadi di
gocce di rugiada dove il sole
il ministero dell’accolitato
Dal 01 novembre al 28
dicembre
mons.
Pietro
Maria Fragnelli sarà in visita pastorale nella città di
Mottola secondo il seguente calendario:
09-15 novembre: Parrocchia S. Francesco da Paola;
16-22 novembre: Parrocchia S. Leopoldo;
23-29 dicembre: Parrocchia
S. Cuore di Gesù;
30 novembre –
06 dicembre: Parrocchia
Maria SS. del Carmine
07 – 14 dicembre: Parrocchia S. Lorenzo
15 – 21 dicembre: Parrocchia- Santuario Gesù Bambino;
il 28 dicembre la chiusura
cittadina della Visita Pastorale presso la Parrocchia S.
Lorenzo M.
In occasione della commemorazione dei defunti
Mons. Fragnelli celebrerà
la S.Messa presso le cappelle cimiteriali secondo il
seguente calendario:
Mottola: 2 novembre ore
10.30; Castellaneta: 2 novembre ore 16.00;
Palagiano: 3 novembre ore
15.30; Marina di Ginosa:
4 novembre ore 15.30; Palagianello:
5 novembre ore 15.30; Laterza:
6 novembre ore 15.30; Ginosa:
7 novembre ore 15.30;
Massafra:
8 novembre ore 15.30
si specchia. «Adesso» è la briciola che porta tutto”.
Ispirarsi oggi a quel tramontato quindicinale, può significare
l’aurora del non mai tramontabile “impegno cristiano”.
E attraverso briciole di bene
irradiare il “sole” della Verità e grazie a gocce di rugiada
evangelica irrorare l’aridità
dell’umano che ci attornia.
“3. Il cristiano non ferma l‘attimo, per goderlo. «Adesso» è
solo un gradino”. Salire; elevare mente e cuore. Scrivere
allora non soltanto per sostare criticamente su ‘attimi’ di
cronaca, ma per sospingere il
presente verso la promozione
di valori condivisibili.
“4. «Adesso» è la pietra che
scavo, scalpello e levigo con
le mie mani”. E Dio la incastona nel suo Disegno. I cristiani
sono “manovali di Dio”.
E’ facile coniugare i verbi
dell’impegno su altrui responsabilità e con i facili verbi
coniugati impersonalmente al
condizionale: “si dovrebbe …
si potrebbe… ecc.”; “lo Stato
deve”; “la Chiesa deve” e così
via all’infinito. L’Adesso esige che ognuno impegnando le
proprie “mani”, contribuisca
alla costruzione della “casa
comune”. Solo chi si “sporca
le mani” – scriveva sempre
don Mazzolari – “ha diritto di
critica”, non chi rimane “alla
finestra” a guardare chi passa.
“5. “l’uomo dispone solo di
questo «adesso» che può essere anche l’ultimo”.
“Attimo fuggente” è l’ansia
dell’oggi e di tutti. Ma coglierne l’importanza non è di tutti.
Si scriverà perché chi legge se
ne renda partecipe e consapevole.
“6. Non soltanto Dio, ma ogni
creatura mi dà appuntamento
nell’«adesso».
Ora è il tempo opportuno, è
grazia divina: lo predicavano
gli Apostoli ai primi cristiani.
Ed è messaggio da restituire
ai cristiani di oggi e a quanti
sanno spendere positivamente
energie senza sciupare l’ap-
puntamento con Dio e con
l’uomo.
“7. Adesso, non domani.
«Adesso» è un atto di coraggio”. Rinviare ad un ipotetico
domani ogni impegno è ‘vigliaccheria’. Scriveva un saggio: “si può essere eroi una
sola volta nella vita; ma ogni
giorno si corre il rischio di essere vigliacchi”.
“8. Il vangelo è un’attesa ove
ogni attimo è una epifania o
un nascondimento. Ecco viene
l’ora: questa è l’ora”.
Con questo faro-luce del vangelo Mazzolari stabiliva un
dialogo mordente con la cronaca, che si nutre di attimi e
sospiri d’umanità. Il vangelo
coniuga i verbi sull’impegno
dell’ora, non sulle nostalgie
del passate e neppure sulle illusioni del futuro.
Per questo Mazzolari desiderò
offrire ai cattolici impegnati uno stimolo: “animare le
buone volontà, denunciare le
inadempienze, svegliare i dormienti, rimuovere le pigrizie
e le prudenze istituzionali e
politiche intese a frenare la carica originaria e rivoluzionaria
del Vangelo”.
Quel desiderio mazzolariano
fu frenato nel 1951, quando
il periodico fu sospeso e nel
1956 a don Primo fu proibito
di collaborare al ‘suo’ giornale
“Adesso”. Ed egli rimase fedele al vangelo e alla Chiesa.
Perché in ultima analisi ogni
impegno veramente costruttivo è sempre con Cristo, ma
nella Chiesa.
Stefano Siliberti
Cor et anima una
al seminarista Francesco
Zito.
VESCOVO
Una rubrica semplice e fraterna, fatta di nomi, di cuori e mani a servizio del Regno di Dio
Uno strumento immediato al servizio della comunione fra noi, specie nel Presbiterio
Mons. Luigi De Donato
Dallo scorso mese di agosto
don Luigi risiede presso la
Casa di riposo Madre Teresa
di Calcutta sita in Noci, via
Zona H s.n. (ex via per Putignano), tel. 080 4949235. Ci
sentiamo vicini a lui con l’affetto fraterno, lo ringraziamo
per l’attenzione con cui segue
la diocesi nella preghiera.
Sicuramente non gli faremo
mancare segni concreti di
amicizia.
Con gioia e gratitudine ricordiamo i Presbiteri che hanno
celebrato in questi giorni o
celebreranno prossimamente
anniversari di Ordinazione
sacerdotale
Don Roger Zama
L’11 settembre don Roger,
Sacerdote della diocesi di
Mbandaka – Bikoro in Congo
e da anni residente nella diocesi di Castellaneta, ha celebrato il XXV anniversario di
Sacerdozio. Attualmente svolge l’incarico di Vicario parrocchiale nella parrocchia S.
Lorenzo M. in Massafra, oltre
che cappellano dell’Ospedale
di Massafra.
Don Vito Mignozzi
Il 31 ottobre don Vito celebrerà il X anniversario di Sacerdozio. Rettore del Santuario
diocesano Mater Domini in
Laterza, in contemporanea
svolge l’incarico di Direttore
della scuola di formazione di
base per operatori pastorali e
Docente di Teologia dogmatica presso la Facoltà Teologica
Pugliese in Molfetta.
Don Giuseppe Oliva
Il 28 settembre don Giuseppe
ha celebrato il I anniversario
di Sacerdozio. Dal 1° settembre ha iniziato il suo servizio
pastorale come Vicario parrocchiale nella parrocchia S.
Leopoldo Mandic in Massafra. Collabora anche con la
pastorale familiare e la pastorale giovanile.
Don Graziano Marangi
Il 18 ottobre don Graziano
celebrerà il I anniversario
di Sacerdozio. Vicario Parrocchiale nella parrocchia
Cuore Immacolato di Maria
in Castellaneta dallo scorso
anno, dal 1° settembre offre
la sua collaborazione nella
segreteria personale di Mons.
Vescovo. È assistente di zona
dell’Agesci e assistente dei
ragazzi e dei giovani di Azione Cattolica.
Presbiteri che hanno ricevuto
nuovi incarichi pastorali
Don Rocco Martucci
Dal nuovo anno scolastico don
Rocco è confessore del nostro
Seminario Minore Diocesano
“Giovanni Paolo II”.
Don Giuseppe Laterza e don
Domenico Affortunato
Ordinati rispettivamente il
20 settembre in San Nicola a
Palagiano e il 4 ottobre nella Chiesa Madre a Mottola, i
due novelli sacerdoti hanno
ricevuto i seguenti incarichi:
il primo è al Seminario Minore come Vice-rettore ed il
secondo va alla Parrocchia
Maria SS.ma Annunziata a
Palagiano come vicario parrocchiale.
Don Lorenzo Cangiulli e
don Michele Quaranta
Dal 1° settembre don Lorenzo, lasciando la parrocchia
S. Croce in Laterza, è stato
chiamato nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta
come educatore del 3° corso.
Nella guida della parrocchia
S. Croce Mons. Vescovo ha
nominato don Michele Quaranta, Direttore dell’Ufficio
Scuola, che è stato immesso
nel ministero domenica 14
settembre, festa dell’Esaltazione della Croce.
Don Gianni Magistro
A seguito della morte di don
Vincenzo Paradiso, avvenuta
il 3 agosto scorso, il 10 dello
stesso mese don Gianni è stato nominato amministratore
parrocchiale della parrocchia
Regina del Rosario in Palagianello.
Don Domenico Cantore
Il 1° settembre don Domenico
è stato nominato vicario parrocchiale della parrocchia S.
Martino Vescovo in Ginosa
Padre Mario Cisternino
Il 1° ottobre P. Mario, religioso comboniano originario di
Castellaneta e temporaneamente residente in diocesi, è
stato nominato collaboratore
del Rettore del Santuario Mater Domini in Laterza.
Frati Minori di Castellaneta
In data 6 settembre il Ministro provinciale dei Frati
Minori della Provincia salentina ha comunicato la nuova
composizione della Fraternità
francescana di Castellaneta.
Padre Maurilio De Cataldo e
Padre Alfonso Polimena sono
stati entrambi trasferiti alla
Fraternità di Manduria, mentre a Castellaneta sono giunti Padre Giuseppe Nardelli e
fra’ Antonio Salinaro. Grati
per il lavoro svolto in mezzo
a noi da P. Maurilio e P. Alfonso, accogliamo con fiducia
P. Giuseppe e fra’ Antonio,
certi che, grazie anche a loro,
la Fraternità di Castellaneta
continuerà ad essere un prezioso punto di riferimento per
la spiritualità francescana di
tanti nostri fedeli.
Tutta la comunità diocesana
formula l’augurio che questi
nostri sacerdoti e religiosi,
nell’esercizio del ministero,
possano conformarsi sempre
più a Gesù Buon Pastore e
come Lui sappiano “farsi tutto a tutti” (1 Cor 9,22) nella
radicalità di una vita donata
per amore e nell’amore.
Il Prof. Antonio Sportelli
alla Caritas
Il 1° settembre il prof. Antonio Sportelli, che ha cessato
dal ruolo di dirigente scolastico del Liceo Aristosseno
di Taranto, è stato chiamato
dal Vescovo a dirigere la Caritas diocesana, succedendo a
don Giuseppe Ciaurro. Grati
a don Giuseppe ed alla sua
equipe per il lavoro prezioso
di questi cinque anni, formuliamo al prof. Sportelli i migliori auguri, assicurando a
lui ed ai collaboratori vecchi
e nuovi il nostro ricordo nella
preghiera.
A cura di Mons. Giuseppe
Favale, Vicario Generale
ADESSO 11
SABATO 18 OTTOBRE 2008
SPORT
L’aggregazione attraverso lo sport
nello spirito educativo dell’Anspi
Sette associazioni palagianesi si sono ritrovate attorno al loro vescovo
L’
associazionismo
come stile di
vita, come modello per confrontarsi, come stimolo per
crescere. Intraprendendo un
cammino comune all’interno
dello stesso gruppo ed infine
vivendolo con altre associazioni. È quanto si specchia
nello spirito dell’Anspi (Associazione nazionale San
Paolo Italia), ma non solo.
A Palagiano, infatti, lo sanno bene sette associazioni
sportive, sette gruppi di atleti, allenatori e dirigenti
che non ci hanno pensato
due volte a regalarsi e a dedicarsi una forte esperienza
aggregativa. L’occasione è
stata la Visita Pastorale che
il Vescovo della Diocesi
Mons. Pietro Maria Fragnelli ha tenuto a maggio nella
cittadina del Clementine. E
precisamente il 21, quando
ad accoglierlo c’erano tutte
le associazioni sportive palagianesi. Le “magnifiche
sette” hanno abbracciato il
Vescovo nella sua visita alla
parrocchia “Maria Santissima Immacolata” e al suo
circolo-oratorio Anspi.
C’erano l’Api Basket (con
il responsabile Piero Scarano), il Palagiano Calcio (con
Giacomo Mastromarino),
la Polisportiva Palagiano
(Rocco De Florio) e poi la
società podistica con Salvatore Pulimento, quella di volley con Elisabetta Di Sarno e
quella di taekwondo con Isacco Simeone. Ognuno dei rappresentanti delle società, tra le
diverse centinaia di atleti piccoli e grandi che appartengono
a questo mondo, ha illustrato
la sua esperienza nel proprio
campo. Ogni sport ha le sue
caratteristiche, ci sono società che si fanno conoscere in
campo nazionale ed altre che
operano in ambito locale. Ma
i sani principi sportivi, come il
rispetto per
l’avversario e per le
regole, la
voglia
di
sfidarsi per
il piacere di
giocare, per
il semplice
gesto sportivo e non
per la vittoria a tutti i
costi, sono
il comune
denominatore.
Ideali che
si racchiudono, come
si diceva,
nello spirito Anspi. A
fare da padroni di casa nella
serata delle associazione sono
stati infatti il presidente del
locale circolo, Don Salvatore Casamassima (che è anche
parroco dell’Immacolata), e il
suo vice Vincenzo Antonacci,
coordinatori e responsabili
della manifestazione che al
Vescovo hanno regalato una
maglia col suo nome.
“Lavoriamo ormai da dieci
anni giornalmente in favore
dei ragazzi – spiegano – in
particolar modo concentrando
la nostra attenzione sui diversamente abili. Facciamo in
modo che lo sport sia un mezzo per crescere, un faro che
non faccia mai perdere di vista i valori veri dell’aggregazione sportiva e associativa”.
Assieme a loro, a portare la
loro testimonianza dell’impegno nell’oratorio, una coppia
di genitori, Donato Lasigna e
Angela Scalera.
Un impegno che perciò si traduce non solo nella pratica
sportiva vera e propria, ma an-
che in un contesto sociale quale quello aggregativo. Lavoro
che è di insegnamento verso
i giovani ma anche di lezione
personale, perchè da questi ultimi c’è sempre da imparare.
A Palagiano questo lo hanno capito sia i responsabili dell’Anspi e delle società
sportive, sia gli atleti di tutte le
età. Crescere praticando sport
e confrontadosi con gli altri è
una strada che porta decisamente lontano.
Angelo Loreto
Una Parabola nei giovani
L’esaltante esperienza delle Olimpiadi in Palio durante il ‘Settembre massafrese’
L
a meraviglia e la gioia: questi i sentimenti
comuni a tutti, al termine dell’esaltante
esperienza delle Olimpiadi in Palio che si sono disputate davanti
ai sagrati delle sei Chiese cittadine durante le manifestazioni
dell’edizione 2008 del Settembre
Massafrese organizzato dall’Associazione culturale MassafraNostra.
Ventiquattro giochi a punti, itineranti e coinvolgenti, nei quali si
sono cimentati circa 150 giovani
e adolescenti, sostenuti dall’incoraggiamento di migliaia e
migliaia di spettatori. Un evento
pianificato da mesi e sorprendente per la nutrita partecipazione,
già dalla cerimonia di inaugurazione, avvenuta presso la Chiesa
del “Sacro Cuore”. Al termine
della Celebrazione Eucaristica
l’accensione di un tripode olimpico, alto quasi due metri: una
fiaccola olimpica accesa dal cero
pasquale, che ha unito tutti, non
solo nella toccante emozione di
“incendiarsi”, ma nella comunione fraterna di condividere lo “spirito” di surreale aggregazione.
Come “fuoco vivo” che davvero
arde nei cuori dei giovani, sotto la
cenere dell’indifferenza a tutto e
tutti! E allora… rendiamo vivo il
fuoco! L’accensione del tripode,
questo gesto così significativo e
certamente indimenticabile per
ciascuno dei presenti, è stato ripetuto ogni sera, per affidarsi insieme al buon Dio. E poi, i colori
delle magliette, gli stemmi dei rioni, i sorrisi, la sana competizio-
ne, le corse, l’abilità, l’equilibrio.
E ancora grinta, forza, velocità
e classifiche, vittorie e sconfitte,
lacrime ed esultanza, trionfi e
premi, musiche e giochi…Tutto ciò si può racchiudere nelle
tante “icone” di quei momenti,
riposti non solo nei ricordi, ma
nel sacrario del cuore di ciascuno. Un’icona fra tutte? Vedere gli
atleti uscire dalla Chiesa di “San
Francesco di Paola” e sistemarsi sul sagrato per poi giocare in
piazzetta coinvolgendo allegramente anche i genitori.
Gli atleti olimpici, come missionari ardenti d’amore che partono
per percorrere le vie del mondo
accanto ad altri uomini, e per testimoniare i valori della vita.
Il gioco di squadra vissuto dai
giovani nelle Olimpiadi in Palio
è diventato, così, Parabola di
vita.
Sei parrocchie, sei squadre, sei
rioni, sei giorni di Olimpiadi per
un unico ideale: “vivere” i giovani, risvegliare nelle parrocchie
i giovani, stare insieme in una
sana e divertente competizione.
Insieme, nella complicità e nella
fiducia reciproca, si può vincere;
insieme si avverte meno la sconfitta; insieme si è squadra.
Gli atleti, gli organizzatori, il
sindaco e gli assessori, i parroci, insieme, stupiti e soddisfatti
per il crescendo di entusiasmo e
partecipazione esploso tra i colori
ed i rumori dei fuochi d’artificio
finali (nella piazzetta adiacente
la Chiesa di “Gesù Bambino”) e
toccato dalle tante mani, intrecciate, che innalzavano l’ambìto
trofeo finale.
La meraviglia e la gioia di tutto
ciò che è stato donato e ricevuto
durante quelle serate, sono l’emozione di ciò che è stato “piantato”
come un seme che sta già, visibilmente, germogliando nel terreno
fertile non solo degli atleti, dei
giovani, ma anche di noi organizzatori… “Ecco, faccio una cosa
nuova: proprio ora germoglia,
non ve ne accorgete?” dice Isaia
ed il germoglio crescerà e sarà
alimentato dal desiderio gran-
de di prendersi cura in maniera
vicendevole anche attraverso la
sana amicizia che può nascere e
crescere attraverso l’esperienza
catechetica di un gioco.
I giovani aspettano.
Aspettano chi si prenda cura di loro.
Forse stanno già aspettando anche te!
E allora Gesù si fermò in mezzo
a loro, benedisse le Olimpiadi in
Palio, diede il fischio di inizio,
spiegò i regolamenti dei giochi,
arbitrò le gare e pronunciò le
classifiche. Gesù giocò con loro,
si riposò ed osservò, vinse con i
vincitori e consolò gli sconfitti,
strinse ed incrociò le tante mani,
abbracciò tutti e qualcuno urlò
al miracolo. Gesù rimase lì vigile ed attento anche quando il
tripode olimpico fu spento. È Lui
il “fuoco vivo”: la fiaccola riconoscibile che non si spegne mai
nell’olimpiade della Vita.
Tiziana Gentile
responsabile organizzativa
della commissione olimpica
12 ADESSO
SABATO 18 OTTOBRE 2008
RUBRICHE
Una nuova chiesa oggi
U
n’ avventura iniziata
il 10 giugno 2006,
quando il Vescovo
Mons. Fragnelli benediceva la prima pietra della
nuova chiesa di San Francesco
d’Assisi a Castellaneta. L’opera intrapresa dalla Diocesi di
Castellaneta ha ottenuto un
contributo finanziario dalla
Conferenza Episcopale Italiana, fondo dell’otto per mille
destinato all’edilizia di culto.
Per l’espletamento del ministero pastorale parrocchiale si
stanno costruendo ampi locali
con otto aule e vani accessori,
della superficie complessiva
di circa 400 metri quadrati e
un salone comunitario di circa 260 metri quadrati. Altrettanto grande la casa canonica,
completa di vani accessori e
di pertinenza, per l’abitazione
del clero. Costituiscono pertinenze della chiesa, e anch’esse già realizzate, la sacrestia e
l’ufficio parrocchiale, ampio
e accessoriato. Per l’intero
complesso si prevede un costo totale complessivo di 2,3
milioni di euro, e per raggiungere tale somma sarà necessario integrare il contributo CEI
attraverso la collaborazione
dei fedeli, ciascuno secondo
le sue possibilità. Questo è,tra
l’altro, l’invito del Parroco
P. Antonio Giaracuni che ha
aperto un registro dei benefattori, tutti coloro che lasceranno alle generazioni future
l’espressione concreta della
propria fede. “Una pietra per
la mia Parrocchia” è lo slogan
per sensibilizzare innanzitutto
i parrocchiani e poi tutte le famiglie della Diocesi. Un piccolo contributo, documentato,
pari al costo di un mattone per
raggiungere, tutti insieme, un
grande risultato. E’ la strategia
dell’equipe dei collaboratori
del Parroco, quelli del Consiglio Pastorale, che si propongono di realizzare un sistema
di informazione puntuale, famiglia per famiglia.
Perché una nuova chiesa di
San Francesco? La Parrocchia
fu istituita nel 1979 intorno
alla secolare comunità francescana per dare risposta ai nuovi quartieri residenziali che
stavano nascendo nella più
importante zona di espansione
prevista dalla pianificazione
comunale. Ma già dopo pochi
anni la chiesa era insufficiente
ad esaudire le esigenze di culto di tutta quella zona; c’era
bisogno di locali per l’attività
pastorale, per le riunioni comunitarie ma soprattutto per il
catechismo ai tantissimi bambini delle giovani famiglie che
avevano scelto di risiedere in
quel nuovo quartiere. Oggi
alcuni locali del vicino complesso polivalente, concessi
dall’Amministrazione
Comunale, suppliscono ad una
carenza che presto sarà colmata dalla nuova costruzione
dove la attività parrocchiali
troveranno giusta e completa
soddisfazione. La comunità
dei frati resterà nell’attuale
convento, al quale è legato
carismaticamente tutto l’ordine francescano secolare, e la
chiesa adiacente diventerà una
rettoria mentre sarà compito
dell’Ordinario diocesano la
nomina del Parroco. “Noi del
Consiglio pastorale – afferma
a nome di tutti il sig. Vito Sicuro – però auspichiamo almeno
un periodo di transizione, con
la nuova chiesa affidata ad un
frate e il ministero pastorale
affidato alla comunità francescana, perché ciò garantisce
la continuità dell’azione nei
molteplici momenti di aggregazione creati dai frati”.
Cos’è il francescanesimo oggi?
”Osservare il Santo Vangelo di
Nostro Signore Gesù Cristo,
vivendo in obbedienza senza
nulla di proprio e in castità”,
così inizia la Regola di S.
Francesco approvata nel 1223
e oggi, nel terzo millennio,
più che mai è il precetto fondamentale. E’ un progetto che
tiene alti i valori della fede e
della vita di relazione e si concretizza con cinque priorità:
1) la fede, cioè avere sempre
lo spirito di orazione e di devozione;
2) la fraternità, cioè vivere la
comunione fraterna;
3) la povertà, la minorità e la
solidarietà, cioè impegno a favore dei poveri, della giustizia
e della pace;
4) l’evangelizzazione, cioè
l’annuncio del Vangelo ad
ogni creatura;
5) la formazione, cioè mantenere lo spirito di conversione,
crescere per rispondere ogni
giorno alla chiamata di Dio.
E’ noto a tutti che a San Francesco interessassero soprattutto i ceti sociali più deboli,
tendesse con amore fraterno
verso quel “prossimo” spesso
respinto e disprezzato dalla
società, cioè verso il povero,
il malato, il perdente, l’ultimo.
E’ un’attenzione che ispira i
comportamenti dei frati francescani ma anche l’azione dei
laici appartenenti all’ordine
francescano secolare (terziari) i cui componenti sono
anch’essi espressione del carisma francescano. Secondo
la regola dettata da Francesco,
dunque, la vita comunitaria
deve cercare di conformarsi
al principio
della fraternità (estesa
incondizionatamente
non solo
alle creature umane,
ma a tutto
il creato in
quanto opera di Dio e
dunque sacro, vivendo in questo modo
la fraternità
universale), della
umiltà (al
servizio
dell’ultimo
per essere
davvero al
servizio di
Dio, libe-
rarsi dai desideri terreni che
allontanano l’uomo dal bene e
dalla giustizia) e della povertà (cioè rinuncia a possedere
qualsiasi bene condividendo
tutto ciò che ci è dato con i
tutti i fratelli, partendo dai più
bisognosi).
Aurelio Miccoli
Il nuovo complesso parrocchiale “San Francesco d’Assisi” a Castellaneta
S
ono a buon punto i
lavori per la costruzione a Castellaneta
del nuovo complesso
parrocchiale di San Francesco d’Assisi . Già realizzate le
opere di ministero pastorale e
gli uffici della canonica, si sta
lavorando al corpo della chiesa che prospetterà su via Don
Sturzo. Quando sarà terminata,
la città tutta e non solo la comunità parrocchiale, disporranno di un luogo nuovo dove
celebrare la gloria di Dio e
dove vivere l’accoglienza e la
comunione.
Il progetto, nato da un concorso
di idee voluto dalla Diocesi di
Castellaneta, è uno dei più recenti lavori dell’architetto Paolo
Portoghesi, un’idea progettuale
di ampio respiro, con impianto
a pianta centrale, in un’area di
circa 4600 metri quadrati, già
di proprietà della Diocesi ed
appositamente destinata, compresa tra la via Aldo Moro e la
via Don Luigi Sturzo. L’intervento proposto da Portoghesi
è caratterizzato da un impianto
a pianta centrale che si sviluppa, negli ambienti accessori, in
forma radiale ed è delimitato a
nord da via Don Sturzo, dove
è previsto l’ingresso pedonale,
attraverso il quale si accede al
sagrato, come luogo dell’accoglienza, e all’aula liturgica,
fulcro dell’intero complesso.
A sud, dalla parte di via Aldo
Moro, è previsto un ingresso
carrabile con accesso alla casa
canonica, ai locali di ministero
pastorale, al parcheggio e, attraverso un percorso pedonale,
alla chiesa, idonea ad ospitare
circa 400 fedeli. In sintonia
con le esigenze della nuova
liturgia, stabilita dal Concilio
Vaticano II, il modello spaziale
è espressione della percorribilità dello spazio nella direzione
dell’altare.
L’edificio ecclesiale inteso come “tempio” cristiano,
composto dalla comunità dei
credenti, ma anche come pellegrinaggio lungo un percorso
assiale verso l’abside. “E’ una
sagoma che permette di fondere in una sintesi unitaria - spiega il progettista - il modello
basilicale, così importante nella storia del cristianesimo, e il
modello dell’aula assembleare
che, interpretando l’esigenza
della partecipazione di tutti i
fedeli al rito, è diventato il mo-
dello base delle chiese postconciliari”. Tutto l’insieme dell’arredo liturgico, ispirato alla
massima semplicità, realizzato
con materiali nobili come marmo, ottone e legno di cipresso,
tiene conto delle indicazioni più attuali della Chiesa. In
prossimità dell’altare, ispirato
agli affreschi delle catacombe,
è sistemato il fonte battesimale, e dall’altro lato la sede. Un
ingresso separato conduce invece alla cappella feriale con la
Custodia Eucaristica sistemata
in maniera tale che sia utilizzabile dal sacerdote sia nell’aula
maggiore che in quella minore.
La configurazione generale,
l’ampiezza del presbiterio, e la
quindi il sito da poco creato.
Il 25 settembre presso il Centro Patorale Lumen Gentium
si è tenuta la Conferenza di
presentazione del nuovo sito
a cui hanno partecipato oltre
ai dirigenti di Orizzonti Nuovi
Onlus e della Caritas Diocesana -, il Vescovo di Castellaneta, S.E. Mons. Pietro Maria
Fragnelli, il dott.Giacomo
Smarrazzo in rappresentanza
dell’Organismo Intermediario
che gestisce il finanziamento
per conto della Regione Puglia
ed un responsabile del CSV di
Taranto.
La Diocesi si è dotata di uno
strumento agile e moderno. Il
sito www.diocesicastellaneta.net permette di avere una
visione complessiva di attività e dati.
La Home Page presenta una
notizia in primo piano una
notizia dell’Ufficio Comunicazioni Sociali e che concerne le iniziative del Vescovo.
Pulsanti attivi sotto l’intestazione, che contiene anche lo
stemma vescovile, permettono
di effettuare alcune selezioni:
Diocesi, Vescovo, Parrocchie,
News, Appuntamenti. I relativi dettagli sono riportati nella
colonna a sinistra, con diverse
selezioni dirette per ogni pulsante.
Nell’ambito Diocesi si può
navigare in Storia, Cattedrale, Curia e Uffici, Cancelleria,
Uffici Pastorali, ND Castellaneta, Seminario, Organismi,
Aggregazioni, Confraternite.
Preziosa la presenza di nomi
ed indirizzi.
Nella sezione Vescovo una
breve biografia dei Vescovi
Monss. Fragnelli e Scarafile
nonché informazioni relative
a Stemma, Segreteria, Agenda, Documenti e la Cronotassi, cioè nomi e periodo
di presenza dei Vescovi sin
dall’istituzione della nostra
Chiesa locale.
Santuari, Sacerdoti, Cappellani, Religiosi e Comunità
Religiose sono invece le se-
molteplicità dei percorsi faranno sì che la chiesa, oltre a corrispondere alle esigenze della
celebrazione della Santa Messa, si adatti perfettamente anche ad altre esigenze liturgiche
in occasione di battesimi, matrimoni, funerali, ordinazioni
sacerdotali e riti processionali.
A.M.
GETTATE LA RETE
www.7roseassociazioni.org
è il Forum delle Associazioni
no-profit nella Diocesi di Castellaneta. Una presenza utile
per coordinare ed informare i
gruppi che operano nel settore.
Utili le indicazioni per la partecipazione al sito. Le sezioni
Home, Chi siamo, 7 Rose, Associazioni, Eventi News, Documenti e Normativa, Avvisi
e Bandi, Link utili, sono i pulsanti che rimandano alle pagine
che illustrano l’opportunità di
iscriversi, gli intenti del gruppo, il messaggio del Vescovo,
le attività, le informazioni, gli
avvisi ed i bandi, gli indirizzi
della Rete utili alle associazioni. Di rilievo la sezione Documenti e Normativa Giuridica e
Fiscale, con raccolta di leggi,
fonti normative regionali, status delle associazioni no-profit
e regime fiscale degli enti non
commerciali. Per aiutare le
singole associazioni che aderiranno a questo sito, e partendo dallo Statuto della Caritas
Italiana (art. 3), si è pensato di
organizzarle in 7 aree (come 7
sono le rose-Comuni del nostro territorio di riferimento),
in base al servizio che rendono
alla Persona, Famiglia, Cittadinanza, Ambiente, Emergenza, Mondialità, Spiritualità.
L’iniziativa, che ha di recente
preso corpo, permetterà una
migliore e più efficiente forma
di coordinamento e comunicazione interna tra le associazioni desiderose di creare una
collaborazione sinergica e
nel contempo di sviluppare le
proprie attività, come si legge
nella sezione Chi Siamo. L’anno scorso
l’Associazione Evandro Lupidie
la Caritas
hanno partecipato ad
una Bando
regionale
per erogare
un servizio
innovativo, quale è
lezioni della sezione Parrocchie. News, Appuntamenti,
Download, Contatti, Links
chiudono la colonna sinistra
del portale.
La colonna destra riporta invece riporta le ultime news,
link a rotazione sulle nostre
chiese ed i pulsanti Appuntamenti e Newsletter, rubrica
quest’ultima alla quale ci si
può iscrivere.
La città bimare è spesso scenario di film
diretti da grandi registi. Dalla Wertmuller
ad Alessandro d’Alatri alla prima del film
di Paolo Benvenuti
Taranto
al cinema
C
apita, talvolta, che anche a Taranto il
cinema si viva da protagonisti, in un
modo o nell’altro. In questi giorni è
stata vista in città Lina Wertmuller,
impegnata in alcune riprese del suo ultimo film
in alcuni palazzi storici della città vecchia; nel
contempo, il regista Alessandro d’Alatri il 29
settembre ha dato inizio alle riprese di “Mare
Piccolo”, il suo ultimo lavoro, nella periferia
degradata di Paolo VI, profondamente colpito
dall’abbandono urbano e dalla amara dignità
degli abitanti del quartiere:“Ho scelto di fare
questo film perché ho a cuore le storie a sfondo sociale, che si occupano dei dimenticati”, ha
spiegato il regista, “e Taranto è una città dimenticata, con una realtà lavorativa drammatica:
l’unica possibilità d’impiego sono le acciaierie
dell’Ilva , da cui si esce spesso con la propria
salute compromessa. Ciò nonostante ho trovato
nel quartiere Paolo VI un’umanità inaspettatamente piena di vita e di solidarietà, e ho incontrato una gioventù (ed è la stessa che cerco di
raccontare nel film) che, se solo gli fosse data
una possibilità, potrebbe eccellere in qualsiasi
campo. Ho trovato educatori che malgrado le
enormi difficoltà in cui si trovano ad operare,
dovendo sostituirsi a famiglia e società, non lascerebbero quel quartiere per nulla al mondo.
Con questo film cerco di rendere giustizia alla
qualità della gente che vive una realtà in cui è
necessaria una volontà di ferro per mantenere
viva la speranza di una vita migliore, di un futuro dignitoso”. Intanto, per il prossimo fine settimana, è annunciato un altro interessante evento
cinematografico: la presentazione di Puccini
e la fanciulla, ultimo film del regista toscano
Paolo Benvenuti in questo caso coadiuvato alla
regia da Paola Baroni. Taranto sarà la prima
città al Sud ad ospitare il film dopo la presentazione all’ultimo festival di Venezia. E questo
lo si deve alla apprezzabile iniziativa della “Accademia Mozart” di Taranto, rappresentata da
Rita e Andrea Simonetti, che hanno fortemen-
te voluto l’evento, invitando e coinvolgendo
nell’evento la troupe del film. Il tutto in corrispondenza del 150° anniversario della nascita
del grande compositore. Come spesso accade,
si scopre che in un evento culturale di passaggio
nella nostra città, qualche merito sia da attribuire ad un tarantino. E nella fattispecie il merito è
alquanto rilevante dato che Giampaolo Smiraglia, nostro concittadino, del film è il produttore
esecutivo. Da sempre appassionato di cinema,
durante il periodo universitario ebbe l’occasione di entrare nell’entourage di Paolo Benvenuti che allora, nel 2000, girava il suo Gostanza
da Libbiano. E da allora Giampaolo Smiraglia
ha seguito il regista toscano nella sua carriera
con varie mansioni, sino a realizzarsi nella produzione e nella distribuzione cinematografica.
Puccini e la fanciulla è il secondo lungometraggio che lo vede alla produzione esecutiva. Una
buona occasione, questa, per tornare nella sua
città, quasi a dimostrare, per altro verso, che per
ottenere qualcosa di importante ormai bisogna
emigrare da Taranto.
Retorica? No, fatti.
Il film, girato da registi toscani, prende spunto
dalla vita di Giacomo Puccini, loro conterraneo,
celebre in tutto il mondo per le sue opere, e in
particolare, da alcune vicende amorose, sempre
copiose e appassionanti nella vita dell’autore
della Boheme, considerato un grande amatore.
Nonostante fosse sposato, le donne nella vita di
Puccini hanno sempre avuto un ruolo rilevante,
spesso coinvolte in avventure intricate e decisamente spinte, come nei migliori feuilleton. Il
film narra una serie di episodi in cui il maestro,
la moglie, la figliastra, il suo librettista sono
coinvolti in una serie di sospetti, intrighi e tresche amorose, ricatti e addirittura un suicidio. Il
tutto ambientato nel periodo in cui Puccini componeva “La fanciulla del West” (1908), probabilmente ispirata dalle vicende vissute.
Come Paolo Benvenuti e Paola Baroni siano
giunti a voler realizzare questo film lo spiega-
no in prima persona: “Giacomo Puccini (18581924) è considerato uno dei più grandi maestri
della musica di tutti i tempi. Attraverso le sue
composizioni, egli ha saputo comunicare la
complessità dei fermenti artistici e culturali che
hanno segnato il passaggio dal XIX al XX secolo. Ed è in un angolo toscano di straordinaria
bellezza naturale, un lembo di terra tra le acque
lacustri e quelle marine, Torre del Lago, che il
cinema ha potuto ricostruire l’incanto e il mistero della creazione musicale pucciniana, con
l’intento di fare luce su uno degli episodi più
oscuri della biografia del Maestro: il dramma di
Doria Manfredi, la sua giovane cameriera morta
suicida nel gennaio del 1909. Il film ha una sua
particolarità: non vi sono dialoghi. Le uniche
voci del film leggono, fuori campo, lettere che
i personaggi della vicenda si scrivono durante
l’evolversi del dramma. La scelta del “muto”
nella costruzione drammaturgica del racconto,
nasce da motivi di carattere etico ed estetico. Ci
è sembrato che la scelta del “muto” fosse l’unico
procedimento espressivo per raggiungere quel
“cinema puro”, in grado di esprimere concetti
ed emozioni attraverso il solo fluire di immagini
e suoni. Un film costruito sul dialogo continuo
e aperto tra il divenire dell’espressione cinematografica e quella musicale, fino al fondersi dei
due linguaggi”.
Appuntamento, allora, per sabato 18 p.v. al Palazzo d’Ayala, in città vecchia a Taranto, alle
ore 17.00 per il convegno “Il Puccini ritrovato”
che vedrà come relatori gli stessi registi Baroni
e Benvenuti, e al Castello Spagnolo alle 20.00
per la proiezione del documento inedito “Puccini al pianoforte”; e per domenica 19 ottobre
al Cinema teatro Orfeo per la proiezione del
film, ore 11.00, su inviti, info 338.6697768.
In alto
alcune scene tratte dal film
“Puccini e la fanciulla”
In basso, da destra,
i registi Lina Wertmuller
Alessandro d’Alatri
Paolo Baroni
24
SABATO 18 OTTOBRE 2008
OTIUM
MUSICA
La stagione della ‘Ico Magna Grecia’
I
L’Orchestra, diretta artisticamente da Piero Romano, ha presentato il suo atteso cartellone
l direttore artistico dell’Orchestra della
Magna Grecia, il m° Piero Romano, ha
presentato il cartellone della stagione
concertistica che inizierà con il primo
concerto della rassegna “Sinfonica Autunnale”
venerdì 24 ottobre con “Rack. 2 vs Rach. 3”,
Orchestra della Magna Grecia, Nicola Ventrella
– direttore, Maurizio Zaccaria –pianoforte, Gabriele Greco – pianoforte, musiche di Rachmaninov. L’inaugurazione sarà affidata, venerdì 5
dicembre, alla grande Dionne Warwick. L’incontro con i songwriters e produttori Burt Bacharach e Hal David è stato determinante per la
carriera di Dionne Warwick che nei primi anni
60 ha interpretato le loro canzoni insolitamente
complicate rimanendo attaccata a quel repertorio anche dopo la separazione da essi. Inizialmente fu Bacharach a suggerire a Marie Dionne
Warrick, giovane cantante dall’educazione musicale di radice gospel, di registrare alcuni demos per lui cantando le canzoni scritte con Hal
David. Così nacque il suo primo singolo, Don’t
Make Me Over, nel 1962, prodotto dal celebre
duo col nome errato di Dionne Warwick, che tuttavia fu mantenuto anche in seguito. Tra le sue
ultime interpretazioni si ricordano quelle contenute nell’album del 1995 Aquarela Do Brazil
(Arista Records), nel 1998 Dionne Sings Dionne, che l’artista presenterà a Taranto, una collezione del suo miglior repertorio, prodotto dalla
River North Records ed il duetto con la nipote
Witney Houston. Dionne ha un’intensa attività
live ed è certamente una delle più importanti
interpreti del mondo. La ‘Stagione’ proseguirà
con grandi artisti: l’ecletticità di Vinicio Capossela; il genio creativo di Sollima; Luis Bacalov,
che dirigerà l’Ico tarantina in alcune delle sue
composizioni. Spazio alla musica classica naturalmente con il violino di Krylov, lieto ritorno
per l’Orchestra; il violino di un giovane artista,
David Garrett; lo “Stabat Mater” di Rossini per
il Concerto di Pasqua; un incontro di musica e
poesia con la voce dell’attore Mariano Rigillo;
una voce cara all’Orchestra, quella del soprano
Carmela Apollonio, ospite dell’Orchestra della
Magna Grecia per il “Concerto di Natale”. Ornella Carrieri, consulente musicale, ha illustrato
il progetto che anche quest’anno porterà avanti
nell’Orchestra della Magna Grecia, “La Musica mi piace” un’iniziativa promossa per avvicinare e appassionare alla musica i giovani e gli
studenti delle scuole medie e superiori. Consiste in lezioni-concerto dinamiche e interattive
durante le quali i ragazzi hanno l’opportunità
di provare gli strumenti, sedersi in orchestra e
sperimentare facili pezzi musicali grazie a un
accompagnatore all’ascolto esperto messo a
loro disposizione. Attraverso questa iniziativa
i giovani imparano a conoscere e apprezzare
gli strumenti, la grammatica musicale, i grandi autori ma soprattutto i valori di democrazia,
gioco di squadra, dialogo e collaborazione indispensabili non solo per fare musica ma anche
per essere buoni cittadini. La diffusione della
cultura attraverso i giovani, questo l’obiettivo
del progetto “La Musica mi piace”. Gli incontri
partiranno da dicembre e proseguiranno sino a
marzo.
SI, VIAGGIARE - ANTONIO TUCCI
Pisa, tra memorie e suggestioni architettoniche
I
n un assolato pomeriggio primaverile di tanti anni fa (veramente
tanti), nel trionfo della luce accompagnata dall’indolenza tipica
dell’Aprile universitario, ad un gruppo
di studenti sdraiati sull’erba rinfrescata
dall’irrigazione mattutina una zingara
lesse la mano inventandosi, con studiata
perizia e malcelate menzogne, un futuro
roseo per ciascuno dei presenti. Siamo
tornati a calpestare l’erba di Piazza dei
Miracoli in una fresca serata di fine Estate
assaporando la notte pisana e recuperando, con una veloce retrospezione temporale, il ricordo dei pomeriggi universitari
del tempo andato. Assente la zingara,
questa volta il magico incontro s’è consumato con il cielo stellato che, complice
un’illuminazione pubblica quasi impercettibile, è stato possibile ammirare,
seduti sul prato, sul lato del Battistero
posto di fronte al Duomo. Poter distinguere nitidamente -fatto inusuale entro il
perimetro di una città- l’Orsa maggiore
da quella minore e, grazie all’ausilio di
un’esperta lettrice del cielo stellato, alcune delle costellazioni più note, è stato il
primo miracolo della notte pisana. Pare
sia stato Gabriele D’Annunzio, in una
delle sue ricorrenti invenzioni linguistiche, a definire ‘Campo dei Miracoli’ la
celebre piazza in cui svettano, in articolata composizione geometrica, il Battistero, la Cattedrale dedicata all’Assunta,
la Torre pendente e, a conclusione del
ciclo vita-morte, il Camposanto monumentale. La piazza sembra come sospesa
nel tempo e ci appare quale al momento
del suo completamento, all’epoca della
gloriosa e fiorente Repubblica marinara,
con l’eccezione del grande manto erboso
che è un’aggiunta (assai riuscita) ottocentesca; essa riflette l’idea del ciclo umano
che ha inizio con il battesimo cristiano
(battistero), si dipana nei suoi momenti
topici di vita religiosa (duomo) e cittadi-
ALMANACCO
LETTERARIO
na (campanile) per concludersi con il rito
cristiano della sepoltura (camposanto).
Tutti e quattro i fabbricati, salvo qualche
marginale modifica successiva, vennero
elevati tra il XII e il XIII secolo, nel periodo in cui Pisa dominava il Mar Tirreno
e le sue navi veleggiavano verso la vicina
Corsica e verso la Sardegna, fondandovi
colonie, e verso la Sicilia, meta soprattutto di razzie poiché ancora soggiogata
al dominio arabo. La gloria pisana, col
rosso vessillo della Croce di Santo Stefano, si opponeva fieramente alla nascente
potenza fiorentina cui avrebbe ben presto
pagato pegno su terra, ma non prima di
essere sconfitta sul mare (battaglia della
Meloria) da Genova con il definitivo ridimensionamento della sua potenza marinara. Nel frattempo il Campanile, non
ancora terminato, incominciava a pendere paurosamente; iniziava per questa città
un’altra storia della quale parleremo nella
prossima uscita.
19 ottobre: Jonathan Swift
muore a Dublino nel 1745
Nacque a Dublino nel 1667, fu
un abile autore di satira politica e sociale ed é considerato
uno dei maggiori maestri della
prosa inglese. Tra i suoi lavori
si annoverano The Battle of the
Books (1697) una parodia della
controversia regnante nei circoli letterari circa i relativi meriti
degli scrittori antichi e moderni
in cui Swift attaccò con le armi
della satira la pedanteria e la
finzione scolastica dei contemporanei. Nel 1713 con Drapier’s
Letters tentò di proteggere i cittadini irlandesi dalle decisioni
ingiuste della politica economica inglese, concetto ribadito
dai versi satirici dell’opera Una
modesta proposta in cui risolve
la crisi economica proponendo
di vendere i figli dei poveri ir-
landesi come cibo per i potenti.
L’opera più importante della
sua produzione resta I viaggi di
Gulliver. Pubblicato anonimo
nel 1726, fu subito un successo,
interpretato come una feroce
critica alla vanità ed all’ipocrisia delle corti del tempo, degli
uomini di stato e dei partiti
politici, questo scritto contiene anche le considerazioni più
profonde dell’autore sulla società civile nell’insieme. Swift
morirà nel 1745 con problemi
di salute mentale, in preda alla
depressione per la scomparsa
delle due donne importanti della sua vita.
La storia dei Gulliver’s travels è
quella del medico Lemuel Gulliver, che fa naufragio con la
nave mercantile in cui era imbarcato, e si ritrova sull’isola di
Lilliput dove tutto, a cominciare
dagli abitanti, è grande la quindicesima parte delle persone e
degli oggetti che conosciamo.
Nella seconda parte Gulliver
visita Brobdingnag dove il rapporto è rovesciato, e lui diventa il trastullo della figlia del re
che lo tiene tra i suoi giocattoli.
Nella terza parte Gulliver visita Laputa e il continente che ha
come capitale Lagado: la satira
si rivolge contro filosofi storici
e inventori. Nell’isola di Glubdubdrib, Gulliver evoca le ombre dei grandi dell’antichità e
dalle loro risposte ne scopre i
vizi e le meschinità. Presso gli
Struldrug immortali si accorge
che la massima infelicità degli
uomini sarebbe la prospettiva
di non porre mai fine al tedio di
vivere. Nella quarta parte infine
la virtuosa semplicità dei cavalli
Houyhnhnms è messa in contrasto con la nauseabonda brutalità
degli Yahoo, bestie dall’aspetto
umano.
Viaggio a Lilliput
(parte prima)
1 - L’autore fa naufragio e nuota
per salvarsi. Approda sano e salvo nel Paese di Lilliput; viene
catturato e portato all’interno.
(…) Vi sono buone ragioni per
non stare a seccare il lettore
con i particolari delle nostre
avventure in quei mari; basterà
informarlo che, al momento di
andare da quei posti alle Indie
Orientali, una violenta tempesta
ci trasportò a nord-ovest della
terra di Van Diemen. Secondo le
misurazioni ci trovavamo a 30
gradi e 2 primi di latitudine sud.
Dodici membri della ciurma se
SABATO 18 OTTOBRE 2008
OTIUM
25
CINEMA - PAOLA DALLA TORRE
La molteplicità del mondo visto
solo dallo sguardo femminile
‘The women’: un film-remake che racconta di donne falsamente emancipate e moderne
N
el 1939 George Cukor,
uno dei grandi registi del
cinema hollywoodiano,
firmò una commedia rimasta poi nella storia del cinema:
si trattava di Donne, film tutto al
femminile, interpretato da un cast di
dive di prim’ordine (da Bette Davis
a Joan Crawford). La pellicola era
un ritratto al vetriolo di un gruppo
di donne altolocate di Manhattan e
della loro vita passata tra frivolezze e pettegolezzi. Un affresco che,
se a prima vista poteva risultare un
tantino misogeno, in realtà era totalmente dalla parte delle donne e mostrava, con ironia e anche sarcasmo,
la difficoltà del genere femminile
di vivere all’interno di una società
maschilista e patriarcale in cui la libertà e l’emancipazione della donna
sono ancora da venire. Settant’anni
dopo, una regista tenta di ripetere
l’impresa di Cukor e si cimenta con
un remake del film. ‘The women’,
infatti, diretto dall’esordiente Diane
English (già affermata sceneggiatrice per la tv americana) e interpretato
da un cast di attrici note (la regina
n’erano andati al creatore per
le fatiche sovrumane e il rancio
avariato, il resto versava in
pessime condizioni. Il 5 novembre, che da quelle parti coincide
con l’inizio dell’estate, in una
giornata di foschia, i marinai
scorsero uno scoglio a non più
di mezza gomena dalla nave
verso il quale ci sospingeva inesorabilmente il vento: ci spaccammo in due tronconi. In sei
della ciurma calammo in mare
una scialuppa e ci mettemmo a
vogare per allontanarci dalla
nave e dallo scoglio. Secondo i
calcoli remammo per circa tre
leghe fino ad esaurire quelle poche forze che ci erano rimaste,
dopo il massacrante governo
della nave. Ci affidammo alla
mercé delle onde, ma in capo
a mezzora un’improvvisa raffica di settentrione rovesciò la
delle commedie Meg Ryan, Annette
Bening e per una particina la scoppiettante Bette Mildred), ricalca in
pieno l’originale: storia di un gruppo
di donne ricche di New York e della
scialuppa. Non so cosa capitò
ai miei compagni della barca,
né a quelli che avevano cercato
scampo sullo scoglio, né infine agli altri che erano rimasti
sulla nave. L’unica deduzione
che posso trarre è che siano tutti
morti. Quanto a me, nuotai affidandomi alla fortuna, mentre il
vento e la corrente mi spingevano avanti. Di tanto in tanto
lasciavo scendere verso il fondo
le gambe, senza riuscire a toccare. Quando ero ormai sfinito
e incapace di lottare sentii che
toccavo, mentre la burrasca si
era un po’ placata. Il pendio
del fondale era così dolce, che
mi ci volle un miglio di cammino
prima di raggiungere la riva e
calcolai che a quell’ora dovevano essere le otto di sera. Mi
addentrai per circa mezzo miglio senza riuscire a scoprire il
loro vita di chiacchiere e solidarietà al femminile contro l’universo
maschile traditore e fedifrago che,
come nel film del ’39, non compare mai in scena (se ne parla sempre,
ma non appare mai). La Ryan
interpreta una donna sposata
con giovane figlia adolescente in crisi che scopre di venir
tradita dal marito con una
commessa di Sacks (a cui dà
il volto una provocante ma
quasi “accessoria” Eva Mendes). Sarà supportata dalle
sue amiche (tra cui la Bening
donna in carriera che sacrifica la sua vita privata per il
lavoro) e la madre (la grande
Candice Bergen, saggia ma
anche preoccupata solo di
invecchiare) nell’affrontare
la situazione e nel decidere
di rimettere in gioco tutta la
sua vita. Anche se il lieto fine
(e la riconciliazione) è assicurato.
Questa la trama, che, come
detto, ripropone esattamente quella della pellicola cu-
minimo segno di case e di abitanti o almeno ero così stremato, da non riuscire a scorgerli.
Ero terribilmente stanco, inoltre il caldo e quasi mezza
pinta di acquavite tracannata prima di lasciare la nave,
mi avevano messo addosso un
gran sonno. Mi distesi sull’erba
bassa e tenera dove dormii così
profondamente, come mai mi
era capitato, per nove ore filate,
perché quando mi svegliai era
giorno pieno. Cercai di alzarmi,
ma non riuscii a muovermi poiché, addormentatomi supino,
mi sentii le braccia e le gambe
legate da entrambe le parti alla
terra e così i capelli che avevo
lunghi e folti. Sentivo che molti legacci sottili mi attraversavano il corpo dalle ascelle alle
cosce. Riuscivo solo a guardare
in alto, mentre il sole cre-
koriana, attualizzata però ai nostri
tempi: New York è quella di Sex
and the city, le protagoniste rappresentano, in maniera stereotipata,
delle figure femminili contemporanee, più nevrotiche ed insicure di
quelle precedenti. Ognuna dovrebbe infatti incarnare un aspetto della
femminilità della nostra società: la
carrierista, la frivola, la mangia uomini, la scrittrice, la madre di famiglia. Ognuna con le sue paure e le
sue virtù per far emergere la complessità e la molteplicità del mondo
visto solo dallo sguardo delle donne.
Il film della English, però, pur perfettamente confezionato e patinato,
e nonostante alcune battute felici e
situazioni simpatiche e divertenti,
risulta piatto e superficiale, non riuscendo a diventare, come quello
di Cukor, un affresco veritiero e
profondo dell’universo al femminile nella contemporaneità. E risulta
addirittura più antiquato rispetto alla
pellicola del ’39: le donne di Cukor,
infatti, risultano molto più moderne
ed emancipate di quelle della English. La donna che viene fuori da
sceva abbagliandomi gli occhi.
Sentivo un rumore confuso ai
fianchi, ma nella posizione in
cui ero disteso non vedevo altro
che il cielo.
Di lì a poco sentii che qualcosa di vivo si muoveva sulla mia
gamba, saliva pian piano sul
petto fino ad arrivarmi al mento. Guardando in basso come
meglio potevo, mi accorsi che si
trattava di una creatura umana,
alta non più di quindici centimetri, con arco, frecce e la faretra sulla schiena. Intanto sentivo che almeno una quarantina
della stessa specie venivano
dietro alla prima. Stupefatto al
massimo, gridai tanto forte che
quelli se la squagliarono in preda al terrore ed alcuni, come
poi mi fu detto, rimasero feriti
saltando a terra dal mio corpo. Non tardarono a farsi sotto
questa pellicola, infatti, è solo falsamente emancipata, solo falsamente
e superficialmente moderna, perché
alla fine tutto si ricompone secondo una prospettiva tradizionale. La
moglie tradita, dopo essersi messa
in proprio al lavoro per provare a
se stessa di essere libera dal marito
fedifrago, perdonerà, la carrierista
abbandonerà tutto per farsi una vita
sociale e relazionale; la madre di famiglia darà alla luce il quinto figlio,
un maschio finalmente.
Dunque, la pellicola si conclude con
il più classico degli happy ending e
non ci sarebbe niente di male, perché, nei film del passato, l’happy
end era uno stratagemma narrativo
per dare la morale dell’opera e permettere, metaforicamente, al bene di
vincere sul male, al positivo di sconfiggere il negativo. Il problema è che
qui tutto risulta falso e di facciata, il
perbenismo e il politically correct
incombono, e alla fine della proiezione si esce con l’amaro in bocca
per aver assistito ad una riduzione
banale e non veritiera del mondo
femminile contemporaneo.
di nuovo e uno di loro, che si
era arrischiato a venirmi tanto
vicino da potere scorgere tutto
il mio volto, alzando gli occhi
e le braccia al cielo in segno
di ammirazione, gridò con voce
stridula ma distinta: “Hekinah
Degul!”
Gli altri ripeterono quelle parole parecchie volte, ma allora non sapevo che cosa
volessero dire. Per tutto quel
tempo rimasi in una posizione
assai scomoda, come il lettore può immaginare. Alla fine,
divincolandomi per liberarmi,
riuscii a rompere i legacci e a
svellere i pioli che mi tenevano
il braccio sinistro legato a terra. Infatti, sollevandolo all’altezza del viso, scoprii il modo
con cui mi avevano legato e
così, con un violento strattone che mi fece un gran male,
allentai le cordicelle che mi
tenevano la testa piegata sulla sinistra. Ora potevo girare
un tantino la testa. Ma quegli
esseri fuggirono di nuovo prima
che potessi afferrarli; al che
ci fu un gran vociare in tono
acutissimo e, appena cessato,
sentii uno di loro gridare forte:
“Tolgo Phonac!”. Un momento dopo sentii un centinaio di
frecce che mi piovevano sulla
mano sinistra, pungenti come
aghi, mentre quelli ne lanciavano in aria un altro nugolo, come
noi facciamo in Europa con i
mortai; per cui penso che molte
mi ricadessero sul corpo, sebbene non le avvertissi, ed altre
sulla faccia che mi affrettai a
coprire con la sinistra.
a cura di
Cosimo Cazzato
26
SABATO 18 OTTOBRE 2008
OTIUM
TELE VISIONI - HOMO VIDENS
Report, svela i retroscena
delle ‘piaghe’ italiane
Ha ripreso su Raitre una delle pochissime trasmissioni di qualità
I
l panorama dell’informazione televisiva di
casa nostra non brilla
per la capacità di andare oltre i semplici fatti, né
per l’indipendenza dai poteri
forti. Sugli eventi di attualità
che in questi ultimi mesi hanno attraversato il panorama
sociale italiano i telegiornali
e i programmi di approfondimento informativo si sono
spesso limitati a dar voce ai
diretti protagonisti, accontentandosi delle versioni ufficiali e prendendo raramente
la briga di cercare notizie di
prima mano da fonti alternative.
Quanti di noi, per esempio,
hanno chiare le ragioni del
disastro Alitalia e i contenuti
degli accordi con cui la vicenda sembra essersi avviata
a soluzione? Chi ha capito
con ragionevole coscienza
di causa che cosa sta succedendo alle Borse, come si
sta evolvendo il panorama
economico e quali possono
essere le ricadute immediate
sulle nostre tasche di una serie di decisioni governative?
Non è una questione di quantità: su questi argomenti e
su altri non sono mancati i
lunghi servizi televisivi e le
paginate sulla carta stampata, nemmeno i salotti e i talk
show si sono tirati indietro.
Eppure molti elementi utili
a capire le cose sono rimasti
avvolti in una fitta nebbia. È,
dunque, un problema di qualità dell’informazione, che
sul piccolo schermo rende
ancora più evidente la scarsa tendenza al giornalismo di
inchiesta che in questi ultimi
anni ha annacquato il pa-
norama informativo nazionale. Per questo, salutiamo
volentieri il ritorno di “Report” (Rai Tre, domenica,
ore 21.30), il programma di
Milena Gabanelli che in più
di un’occasione ha aiutato i
telespettatori italiani a capire
un po’ meglio alcune vicende nazionali e non di rado ha
scoperto le vere ragioni di
alcuni fenomeni che in altre
sedi erano stati descritti ma
mai approfonditi a dovere.
Domenica sera, il programma è ripartito proprio dal
caso Alitalia, per occuparsi
poi di sanità; nelle prossime
settimane sono previsti servizi su tutte le principali magagne politiche, economiche
e sociali del momento.
Partendo dai dati certi e non
dai commenti, ricostruendo
le vicende dal punto di vista storico e supportando le
affermazioni giornalistiche
con riscontri documentati, “Report” riesce ancora a
proporre inchieste giornalistiche vere. Oltre alla preoccupazione di spiegare i singoli casi all’esame, emerge
chiaro l’intento di proporre
un’informazione di servizio.
Se poi i giornalisti e i curatori del programma riescano
sempre a tener fede a questo proposito, ciascuno può
giudicarlo dal proprio punto di vista. In alcuni casi, i
collaboratori della Gabanelli si sono lasciati prendere
la mano, come è accaduto
qualche tempo fa con un’ingenerosa inchiesta sugli aiuti
umanitari realizzata in maniera decisamente affrettata
(ma il giornalista che la realizzò è scomparso dalla scena). In genere, però, colgono
nel segno e l’attenta padrona
di casa si adopera per garantire sempre la veridicità
di quanto viene proposto al
pubblico.
A confermare la buona qualità di questa trasmissione è la
collocazione in prima serata
che “Report” ha saputo conquistare a suon di ascolti televisivi e di critiche positive,
dopo che per molte stagioni
era stato confinato nella fascia notturna.
A prescindere da uno stile a
volte fin troppo pugnace e
da qualche forzatura a cui di
tanto in tanto i giornalisti ricorrono pur di ottenere quello che vogliono, sicuramente
si tratta di una trasmissione
che offre spunti di conoscenza, riflessione e discussione.
In questa desolante epoca televisiva non è poco.
CENTRO DI ASSISTENZA FISCALE
SEDE LOCALE SAN GIORGIO JONICO (TA)
VIA IV NOVEMBRE 29/a
TEL 099/592.10.78
Confederazione Generale dei Sindacati Autonomi dei Lavoratori
C.A.F
confsal
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28
SABATO 18 OTTOBRE 2008
SPORT
S P O RT
Il volley di casa nostra
della Nati a Taranto
La formazione di coach Marcello Presta, ha brillantemente incominciato la seconda avventura in B2
D
opo la brillante
salvezza conquistata al termine della scorsa
stagione la Nati a Taranto
affronta il suo secondo campionato di serie B2.
Quello del 2007-08 è stato
un piccolo miracolo costruito da coach Marcello Presta, che ha affrontato per la
prima volta la serie B2 sostanzialmente con la stessa
squadra (già Palafiom - ndr)
che aveva vinto il campionato di serie C. Dopo un avvio
difficile, la squadra rossoblu
ha disputato un girone di ritorno esaltante, ottenendo la
salvezza con tre giornate di
anticipo e piazzandosi all’ottavo posto in graduatoria
con la considerevole cifra di
35 punti.
Quest’anno i progetti sono
più ambiziosi. La campagna
acquisti non ha rivoluziona-
to la squadra; sono stati fatti
pochi acquisti, mirati, con
l’obiettivo di migliorare il
rendimento senza snaturare
le caratteristiche della formazione rossoblu. E senza
snaturarne l’identità visto
che undici delle dodici giocatrici sono tarantine.
L’ottimo avvio di stagione
sembra dare ragione alle
scelte del presidente Vincenzo Lupo e di coach Marcello
Presta.
Uno di questi innesti pregiati è la palleggiatrice Marcella Scaglioso. Il suo, in realtà,
è un ritorno a casa dal momento che la “regista” della
Nati a Taranto è cresciuta
pallavolisticamente in questa squadra. Le sue qualità
tecniche, la sua grinta agonistica ed anche la sua statura
le hanno permesso, quattro
anni fa, di essere notata da
società di categorie superio-
ri. La Scaglioso ha disputato
tre stagioni in B1 (una a Brindisi, due a Modica), prima di
lasciarsi guidare dai sentimenti, che l’hanno indotta
quest’anno a contribuire alla
causa della Nati a Taranto.
L’alternativa alla Scaglioso
è Alessandra Certa, la palleggiatrice della salvezza
2007-’08 in grado di garantire regolarità e un tocco di
palla particolarmente preciso
e pulito.
Il ruolo di opposto è ricoperto da Simona Mucci oppure
da Silvia Mastandrea. Mucci
è al suo secondo campionato
sulle rive del Golfo. Lanciata
in B2 l’anno scorso, l’atleta lizzanese, che ha da poco
compiuto 22 anni, negli incontri in cui è stata impiegata
in questo avvio di stagione ha
dimostrato di essere una pedina di sicuro affidamento.
Le altre attaccanti della Nati a
Taranto sono le schiacciatrici
Michela Benefico, Simona
Corallo e Désirée Fiore. La
Benefico affronta la sua quarta stagione in maglia rossoblu. Tarantina doc, garantisce
un’ottima copertura in difesa
e una significativa continuità
in fase offensiva.
Simona Corallo, ancora
19enne, ha già “assaggiato”
il parquet della serie A2 a San
Vito dei Normanni, sia pure
in una stagione compromessa da un lungo infortunio. La
scorsa estate è arrivata a Taranto in cerca di rilancio e la
sua “esplosione” può costituire una grande risorsa per la
squadra.
Ancora più ampi sono i margini di miglioramento di Désirée Fiore, 16 anni, giocatrice cresciuta nelle giovanili
della società. Per coach Presta rappresenta l’ennesimo
investimento.
Particolarmente competitivo è il parco delle centrali.
A ricoprire il ruolo sono le
confermate Clara Clemente
e la capitana Silvia Buso e il
neoacquisto Cristiana Zonca.
Clara Clemente è da anni la
colonna della squadra jonica
cui si è aggregata dopo aver
maturato esperienze anche
in serie A. Professionista impeccabile, il suo rendimento
non conosce pause; la sua
classe e la sua autorevolezza
rappresentano, inoltre, uno
stimolo ed un esempio per le
compagne.
L’unica non tarantina della
squadra è Cristiana Zonca,
centrale della Nazionale Militare. La centrale piemontese è arrivata in città per motivi professionali e l’ingaggio
nella Nati a Taranto è stata
una conseguenza di questo
trasferimento.
Il roster della NAT è completato dal libero Simona Leone,
proveniente dal Mesagne.
Sebbene il campionato sia
iniziato soltanto da un mese,
si possono già definire alcune
caratteristiche tecniche della Nati a Taranto 2008-’09.
Non sembrano esserci punti
deboli in attacco ed eventuali
indisposizioni o cali di rendimento sono compensati da
alternative all’altezza.
Buona anche la difesa, soprattutto quando Benefico e
Leone, le giocatrici più dotate nel fondamentale, riescono a mantenere la giusta
concentrazione per tutta la
durata degli incontri.
L’arma principale della Nati a
Taranto sembra essere anche
quest’anno il muro, talvolta
vincente, spesso comunque
in grado di smorzare gli attacchi avversari, facilitando
così il recupero della difesa e
la ricostruzione del gioco.
Sul piano caratteriale la Nati
a Taranto appare una formazione coesa ed aggressiva e
si appresta a giocare un campionato da protagonista così
come ha lasciato intravedere già nei primi incontri che
hanno portato a casa quattro
risultati di assoluto rispetto e
che lasciano intravedere prospettive di crescita nel lungo
periodo.
SABATO 18 OTTOBRE 2008
SPORT
29
MIRACOLO SPORTIVO
VINCENZO LUPO
VALORI DI VITA
Quello del 2007-’08 è stato un piccolo miracolo costruito da coach Marcello Presta, che ha affrontato
per la prima volta la serie B2 sostanzialmente con la
stessa squadra (già Palafiom - ndr) che aveva vinto
il campionato di serie C... la squadra rossoblu ha disputato un girone di ritorno esaltante, ottenendo la
salvezza con tre giornate di anticipo
Chi fa impresa non può esimersi dall’obbligo della tenuta civica e sociale del territorio in cui opera, consapevole della grande responsabilità che deve sapersi
assumere. (...) In una società felice, evoluta, acculturata ci sarà spazio per l’evoluzione del mercato. Nati
a Taranto è solo la sintesi di un desiderio fin troppo
represso da parte della città: volersi bene!
Lo sport è già cultura. Fra i molti valori legati alla
pratica sportiva, uno dei più importanti è quello della disciplina. Per affrontare nelle migliori condizioni
gli allenamenti più impegnativi e le competizioni, le
nostre ragazze, sanno che devono evitare eccessi,
che devono provare ad andare d’accordo tra loro,
che devono rispettare le regole del gioco
Un progetto maturato
come esempio di unità
Intervista al presidente della ‘Nati a Taranto’, Vincenzo Lupo. Il tessuto economico-produttivo deve favorire la crescita della collettività
è
il
presidente
dell’associazione
culturale ‘Nati a
Taranto’, ma anche
il patron di uno dei
gruppi industriali che ha creduto nel progetto. Si chiama
Vincenzo Lupo e malgrado
una grande esperienza manageriale e imprenditoriale ha
solo 37 anni.
è lui il presidente della
squadra che porta il nome
di Taranto nel mondo della
pallavolo nazionale, eppure
sembra quasi inconsapevole
del ruolo mentre assieme allo
staff di T9 Communication
(agenzia curatrice dell’immagine e del progetto comunicativo della Nati a Taranto – ndr) si preoccupa delle
trasferte e della lavatrice
da comprare per la casa che
ospita le atlete fuori sede.
Perché un imprenditore
sceglie di credere in un
progetto così ambizioso e
così difficile per una realtà
come quella di Taranto?
Forse proprio perché è ambizioso e difficile. Ma soprattutto perché chi fa impresa
non può esimersi dall’obbligo della tenuta civica e sociale del territorio in cui opera,
consapevole della grande
responsabilità che il tessuto
economico e produttivo deve
saper assumere in favore della crescita complessiva della
collettività. Non
è mero mecenatismo. è equilibrio, è autostima, spirito di
conservazione.
In una società
felice,
evoluta, acculturata
ci sarà sempre
più spazio per
l’evoluzione del
mercato. Nati a
Taranto è solo la
sintesi di un desiderio fin troppo
represso da parte
della città: volersi bene. Ed è un
sentire comune e
condiviso anche
dal vice-presidente,
Roberto Borracino e
dell’amministratore, Gianfranco
Zizzo.
Hanno
creduto con me e
a volte più di me
in un progetto
che ha una rendita certamente
non economica
quanto culturale,
ritagliando
per le loro imprese ruoli da
co-protagoniste.
Questo è più che
mecenatismo è afflato comune. è voler bene alla propria
città.
Un progetto che cerca di
mettere assieme lo sport
e la cultura. Crede che
il pubblico tarantino sia
pronto per questo tipo di
connubio?
Lo sport è già cultura. Faccio
un esempio. Fra i molti valori legati alla pratica sportiva, uno dei più importanti
è quello della disciplina. Per
affrontare nelle migliori condizioni gli allenamenti più
impegnativi e le competizioni, le nostre ragazze, sanno
che devono evitare eccessi,
che devono provare ad andare d’accordo tra loro, che devono rispettare le regole del
gioco. Se questa pratica fosse
assunta dalla città in ogni suo
segmento non crede che gradualmente si potrebbe vivere
in una città migliore? Così
non vi è nessuno sforzo nel
mettere insieme le due cose.
Con la NaT volley tentiamo
di esportare una immagine
di Taranto vincente e pulita
all’esterno, ma proviamo a
mandare un messaggio anche
ai nostri conterranei. Proviamo a dire che il gioco di
squadra porta sempre buoni
risultati.
Lei parla a giusta ragione di
buoni risultati. Attualmente
lo score classifica vi vede in
testa, senza mai una partita
o un set perso. Che effetto
fa?
L’effetto delle buone cose
ottenute con merito. Ma non
ci montiamo la testa. Tra due
sabato affronteremo in uno
degli scontri diretti più ostici
il Matera e allora vedremo se
siamo così forti come sembriamo ora. E anche questo
è un valore che attraverso lo
sport speriamo di poter trasfondere alla città: la capacità
di affrontare a viso aperto e
con determinazione anche le
sfide più difficili. Poi abbiamo tanta volontà nelle gambe
e un ottimo collettivo allenato da un uomo che a piccoli
passi ha voglia di raggiungere
grandi traguardi. Siamo in testa alla classifica per merito di
ogni singolo tassello di questo meraviglioso puzzle e il
gusto di questa esperienza sta
proprio in questo: è un mondo
che si muove verso la stessa
direzione.
Un’atmosfera fatta di buone energie. Al Palafiom poi
l’ingresso è gratuito, ma il
pubblico risponde?
L’ultima in casa eravamo in
circa 400. Si dice spesso che
il pubblico è protagonista
nelle competizioni sportive,
che rappresenta il tredicesimo uomo in campo. Io direi
che nel nostro caso il pubblico è l’anima del progetto che
abbiamo messo in piedi. E’
così forte questo sentimento
che abbiamo voluto scriverlo
a lettere cubitali sulle maglie
della squadra, come in una
sorte di carta d’identità che fa
collettività e che ci fa uguali.
Al pubblico chiediamo di credere in noi, ma soprattutto in
quello in cui umilmente ogni
giorno cerchiamo di identificarci: la Taranto che lavora e
si sacrifica per raggiungere un
piccolo o grande risultato.
30
SABATO 18 OTTOBRE 2008
S P O RT
a c u r a d i f a bi o d i t o d a r o
Taranto ancora corsaro
sbanca anche Terni
Premiati gli sforzi di una squadra umile che è consapevole dei propri limiti
U
ndici punti in sette
partite rappresentano un buon bottino
per una squadra che
punta dritto alla salvezza. Caro
Dialogo, l’analisi di questa settimana parte da una mera constatazione numerica. Undici punti
(prodotto di tre vittorie, due pareggi e due sconfitte) rappresentano un bottino quasi inatteso se
si considera che la corazzata della
scorsa stagione, di questi tempi,
aveva una lunghezza di ritardo (ed
una vittoria in meno). Premiano
gli sforzi di una squadra umile ed
essenziale, quantunque una classifica di questo tipo possa generare facili entusiasmi ed allargare la
vista verso orizzonti più rosei. Nel
Taranto - dirigenti, staff tecnico e
squadra - un’idea così pericolosa
non è mai stata partorita. La vittoria di Terni ha una radice diversa
rispetto agli altri blitz esterni. A
Foligno il Taranto ha vinto sfruttando un primo tempo quasi perfetto ed un’esplosione realizzativa
di rara frequenza (1-3 dopo 45’).
A Marcianise il “colpo” è maturato sfruttando le imperfezioni di
una compagine mediocre e psicologicamente fragile. Da Terni
il Taranto è tornato con tre punti
inimmaginabili alla vigilia. Ha
vinto giocando un primo tempo
opaco ed una ripresa astuta. Ha
avuto la fortuna di segnare alla
prima (e unica) occasione utile e
di mantenere il risultato sfruttando le idee vaghe e la poca voglia
della Ternana. Ha saputo far fronte ai propri limiti e all’infortunio
di Paolucci innalzando la soglia
di attenzione difensiva e provando a gestire il possesso palla con
le ripartenze. Impeccabili Pastore e Migliaccio sulle “bocche di
fuoco” rossoverdi (lo sgusciante
Scappini, i “panzer” Riganò e
Tozzi Borsoi), pronto in diverse
occasioni D’Alterio a distendere
la falcata, inarrestabile Shala nel
suo pressing a tutto campo.
Dall’Umbria Pastore e compagni
sono rientrati con la consapevolezza di poter raggiungere agevolmente il traguardo della permanenza. Dellisanti, giornata dopo
giornata, sta mostrando di avere
piena padronanza di un organico
che, parzialmente, sta riuscendo a
celare le sue imperfezioni.
Adesso la questione tattica (4-14-1 o 4-4-2?) troverà la soluzione per una contingenza che mai
il tecnico di San Giorgio Ionico
avrebbe voluto affrontare. Perché da Terni il Taranto è tornato
anche con un Paolucci in meno.
Senza appello il responso della
visita sostenuta a Perugia: trauma
distorsivo con interessamento del
menisco esterno e del legamento
crociato anteriore del ginocchio
destro. Previsioni: 5-6 mesi di
stop dopo l’intervento e rientro
in corso seriamente compromesso. La sua uscita di scena da una
spinta inattesa e vigorosa alla maturazione tattica del Taranto.
Con un organico quantomai essenziale Dellisanti non avrà possibilità di far sopravvivere la sua
invenzione tattica all’assenza del
centrocampista abruzzese. Le
alternative (Pagliuca, Da Mota e
Sciaudone) non sembrano spendibili dall’inizio per ragioni diverse.
Per questo - ma anche nel tentativo di infrangere l’incantesimo che
finora ha impedito al Taranto di
vincere allo “Iacovone - sin dalla
gara contro la Paganese si materializzerà il passaggio al 4-4-2.
Se ne era parlato tanto nelle ultime
settimane. I detrattori del 4-1-4-1
sottolineavano la scarsa incisività
offensiva per accelerare l’evoluzione tattica. Ma non tutti, probabilmente, sanno che Dellisanti,
per diverse stagioni, ha considera-
to il 4-4-2 il suo modulo di partenza. Fino a questo momento aveva
plasmato il Taranto partendo dalle
caratteristiche degli uomini a sua
disposizione. Alla squadra aveva
dato un’impronta tangibile che
portava ad invischiare il gioco
avversario curando con sagacia la
fase di non possesso.
La flessibilità è la sua vera qualità
che stava cercando di trasmettere
alla squadra. Cambiando in corsa
(è successo contro Arezzo, Pescara e Ternana) era riuscito ad
assecondare partite che si evolvevano con il passare dei minuti.
Ma al 4-4-2, per adesso, non si
oppongono alternative. E in un
modulo così semplice ed essenziale rischiano di crearsi degli
scompensi. Giorgino avanti alla
difesa era un argine scomodo da
superare per tante squadre. E l’irrequieto Cazzola, che in questo
campionato avrebbe tanto da dire,
rischia di assumere le sembianze di un attaccante non essendo
portato ai ripiegamenti difensivi.
Ma dalla sua qualità, almeno fino
a quando Carrozza non avrà pienamente convinto Dellisanti, non
si può prescindere se si vuole evitare di appiattire una linea (quella
mediana) muscolare e votata al
sacrificio.
Allo ‘Iacovone’ arriva Capuano
I precedenti non sono incoraggianti; l’occasione buona per ‘contraddirli’
C
ontro Ezio Capuano il Taranto non ha
mai vinto. Potrebbe
sembrare un cattivo
presagio alla vigilia della sfida
contro la Paganese, ma è una
semplice analisi dei numeri.
Alla guida di Puteolana, Sora e
Juve Stabia “Eziolino” ha spesso regalato dispiaceri ai rossoblù. Dopo l’esonero subìto in
costiera si è spostato nell’entroterra campano, sposando l’ambizioso progetto della Paganese.
Salvatasi ai playout nella scorsa stagione (ma nel girone A),
la compagine azzurrostellata
ha allestito un organico affidandosi a giovani ambiziosi e
promettenti (Di Cosmo, Bombara, Stentardo e Iraci) guidati
da un manipolo di calciatori di
esperienza (Pantanelli, Taccola,
Caracciolo, Mendil). Capuano
ha preteso gli ingaggi di un paio
di fedelissimi (Taccola, Antonio Esposito) per poter avere
un ausilio nella comprensione
dei suoi meccanismi di gioco.
La Paganese non si discosta dal
3-5-2 tanto caro al tecnico di
Eboli. Ampiezza della manovra
e abbondante sfruttamento delle
corsie esterne rappresentano la
base della manovra. Gli uomini di fascia (Esposito e Bacchi)
sanno curare discretamente entrambe le fasi di gioco, abbassandosi sulla linea difensiva
per ridurre gli spazi avversari.
I risultati, però, non sorridono
ancora a Caracciolo e compagni, franati tra le mura amiche
domenica scorsa nel derby con i
cugini della Cavese (0-1).
Domenica Capuano - che della
sua stagione in riva allo Ionio
ne parla sempre con grande ma-
linconia - non
sfiducerà il suo
credo tattico. Le
prime sette giornate non hanno
confermato la
bontà delle sue
idee, ma se dovesse tornare
dallo “Iacovone” con qualche
punto in cascina
confermerebbe
la dura legge
dell’ex. Dinanzi a Pantanelli
- ex di Catania
e Avellino, acquistato la scorsa
settimana - la linea difensiva
sarà composta da Chiavaro,
Taccola e De Giosa. Il vertice
basso del centrocampo - uomo
imprescindibile nelle squadre di
Capuano - sarà Caracciolo, sup-
portato da Berardi e Stentardo
(corteggiato dal Taranto in estate). Detto degli esterni (Esposito e Bacchi), la coppia offensiva
sarà composta da Di Cosmo (altro vecchio pallino dei rossoblù)
e Mendil.
Life style
La lotta ‘a favore’
dell’inquinamento
I
’
L ULTIMA
Meteo
Continua il bel tempo...
La settimana che va da
giovedi 16 a mercoledi 22
ottobre sarà caratterizzata
dalla persistenza dell’anticiclone di origine africana
che ha garantito anche nei
giorni scorsi belle giorna-
te con temperature molto miti di giorno. Solo al
mattino, anche a causa del
cielo sereno e della maggiore durata della notte, le
temperature risultano fresche. Pertanto a partire da
ELENA MODIO
l presidente della Commissione Ue, Josè Mauel Barroso, ha gelato le richieste della
ministra Prestigiacomo che
nella riunione dei Capi di Stato e di
Governo del 15 e 16 ottobre, aveva
chiesto di “rinviare la valutazione”
sul pacchetto clima-energia. “Non è
il momento per questi impegni”, ha
detto Prestigiacomo sottolineando
che, visto che le decisioni in quella
sede vengono prese all’ unanimità,
“la posizione italiana sarà determinante” e di “forte peso”. ‘’Chiediamo -ha aggiunto- che l’ Ue tenga in
considerazione l’impatto insostenibile per la nostra economia e per il
nostro sistema. E anche se le scadenze delle misure non sono così vicine, non è il momento per decisioni
così vincolanti”. All’Italia, ha spiegato quindi il ministro, il pacchetto
europeo che prevede la riduzione del
20% delle emissioni di Co2, l’aumento del 20% delle rinnovabili e
la crescita dell’efficienza energetica
del 20% costerà “l’1,14% annuo del
Pil nazionale senza risultati ambientali visto che l’incidenza di riduzione delle emissioni per il nostro paese
sarà dello 0,03% e per tutta l’UE del
2-3%”. Dopo aver messo in dubbio
i dati dell’Arpa Puglia relativi alle
emissioni dell’Ilva di Taranto dichiarando che “le campagne di rilevazione effettuate non possono essere
ritenute valide ai fini dell’individuazione di specifiche criticità ambientali e per imporre limiti più elevati
rispetto a quelli definiti dalle norme
o raggiungibili con le migliori tecniche disponibili”, la ministra Prestigiacomo non ci aveva certo fatto ben
sperare. Ci torna in mente lo sprezzo
di George Bush per il protocollo di
Kioto e la sua disastrosa politica di
deregulation economica: i risultati
sono un presidente da dimenticare e
danni gravissimi all’economia e alla
credibilità di un grande paese. Per
fortuna c’è l’Europa.
Vittorio Spagnoletti Osservatorio I. Newton
di U. Montefusco (TA)
Per sorridere
Un uomo ha tre figli: Francesco, Domenico e
Ignazio e per una curiosa coincidenza, Francesco è francescano, Domenico è domenicano
e Ignazio è un gesuita. L’uomo esprime un
bizzarro desiderio: in punto di morte chiede
ai tre figli di porre ciascuno mille euro in
contanti nella cassa che lo ospiterà per suo
ultimo viaggio. I tre figli sono sconcertati
ma si tratta delle ultime volontà del padre. Il
padre muore e giunto il momento di rendere
l’estremo saluto Francesco gli dice “Papà,
so che hai espresso il desiderio di avere da
me mille euro, ma credimi, la povertà che
vivo non me lo consente ...” Domenico dice:
“Papà, ho predicato molto ultimamente e
con il permesso dei superiori ho racimolato
la somma che avevi chiesto” e mette mille
euro in contanti nella bara. Arriva il turno di
Ignazio, il quale si rivolge al fratello Francesco e gli dice “Tranquillo, Fra’, pago io la
tua quota” e poi a Domenico “Dome’, che mi
fai cambiare?” Allora prende i mille euro di
Domenico e mette nella cassa un assegno da
tremila ...
Per farel’albero
Le cause
dell’appassimento
PIERGIANNI CALDARULO
Nelle piante da appartamento è
molto frequente che si verifichi
un imbianchimento del fogliame che prelude, se il fenomeno
dovesse prolungarsi senza alcun
intervento di contrasto, ad un
appassimento totale della pianta. L’iniziale imbianchimento e
comunque una perdita del colore
tipico delle foglie e della loro lucentezza e turgidità sono sintomi
tipici di quel fenomeno che viene
chiamato eziolamento. In genere
l’eziolamento si determina quando l’habitat tipico
delle nostre piante
da appartamento è
eccessivamente buio
o comunque scarsamente illuminato e
molto caldo. Questi
due elementi cioè la
scarsa illuminazione
del locale in cui sono
ubicate le piante e le
Parole Sante
Pe’ ccanòscere ‘nu cristiáne t’ha mangià’ ‘na salme de sále
Coquo, coquis
Liquore al cioccolato
e peperoncino
giovedi 16 e sino a lunedi 20
avremo condizioni di tempo
buono con locali nebbie mattutine e venti deboli variabili. Possibile il passaggio di
nubi alte del tutto innocue.
Da martedi 21 l’alta pressione cominciera’ a cedere ed il
passaggio di nubi si farà più
consistente. Non si esclude
tra martedi 21 e mercoledi
22 qualche pioggia, mentre
i modelli di previsione indicano come probabile un
più deciso guasto nei giorni
successivi.
Aiuta l’ambiente:
una volta letto
smaltisci Nuovo Dialogo
nei contenitori
per carta della raccolta
differenziata
“A salme” è un’antica e desueta unità di
misura, alquanto consistente. I nostri nonni consigliavano sempre di far riferimento a
questo proverbio, quando si trattava di stringere contatti, per affari o per amore, con una
persona, soprattutto quando si era convinti di
conoscerla ben a fondo. E invece, al momento più delicato, ecco la sorpresa, immancabilmente negativa. L’esperienza nel campo delle
“pubbliche relazioni” non è mai sufficiente!
Ecco perché si invita sempre un po’ di sana
diffidenza verso l’altro, a scanso di cattive
sorprese oppure per essere preparati a riceverle. Anche da chi meno te lo aspetti. Anzi,
soprattutto da loro
Lo dicono gli altri
Non tutto il verde è ecologico
Ingredienti
250g di alcool a 90°
250g di cacao amaro in polvere
700gr di zucchero
1 pezzettino di vaniglia
1 litro di latte intero
2 o 3 peperoncini freschi
Preparazione:
Mettere i peperoncini, incisi, nell’alcool
per 48 ore.
Unire lo zucchero al cacao, un pezzettino
di vaniglia, il latte e mescolare a freddo.
Mettere sul fuoco lasciate bollire il composto per soli 3 minuti, poi toglierlo dal
fornello e farlo raffreddare.
Togliere i peperoncini dall’alcool e quando il composto al cacao sarà freddo, uniteli, rimescolando bene; dovrete ottenere
un liquido cremoso. Versatelo allora in
una bottiglia e chiudetela bene. Il liquore sarà pronto per essere degustato dopo
una settimana di conservazione
E.M
N
on sempre verde è sinonimo di
ecologico; lo dimostra il caso
del Lago Chaou a Hefei, in Cina,
dove la massiccia presenza di
scarichi al nitrogeno fa proliferare un’alga
che tinge le acque di un verde intensissimo.
Ma non è l’unico esempio di inganno. Chris
Goodall nel libro Come vivere una vita a
basso carbonio ne elenca tanti altre. Di ecobufale: comportamenti all’apparenza ecologici che però, ad un attento esame, potrebbero
rivelarsi addirittura nocivi. Un esempio? Facendo shopping a piedi si può inquinare anche
più che andando in auto: una utilitaria in 4,8
km libera nell’atmosfera 0,9 kg di carbonio.
A piedi, si consumano invece circa 180 calorie, il che fa benissimo alla salute, ma se per recuperare quelle perse si
mangiano cento grammi di carne di manzo, bisogna ricordare che produrli si sono ‘spesi’ 3,6 kg di carbonio. Ovvero,
quattro volte le emissioni di gas dell’auto. L’inquinamento prodotto dal cibo varia, in ogni caso, a seconda del luogo
di produzione e dell’energia spesa per il packaging. E comunque, l’industria alimentare è responsabile di un sesto
delle emissioni di biossido di carbonio del pianeta.
[Micol Passariello, Venerdì, 27.06.08]
a cura di Cosimo Cazzato
temperature elevate compongono una
miscela esplosiva che favorisce appunto l’appassimento. Proprio durante l’estate – e quella appena trascorsa
non ha smentito le caratteristiche tipiche dell’estate mediterranea che in genere è lunga, calda e siccitosa – capita
che si verifichi una moria abbastanza
diffusa di piante soprattutto di quelle
specie ancor più sensibili alle temperature troppo elevate ed alla scarsa
illuminazione o a volte alla totale assenza di luce unitamente alla scarsa
umidità. Non dimentichiamo però che
pure in inverno negli appartamenti
a causa dei termosifoni possono verificarsi condizioni quasi analoghe
a quelle estive e quindi molte piante
possono andare soggette al fenomeno
dell’appassimento. Nell’appuntamento della prossima settimana parleremo
dei modi per evitare che avvenga l’appassimento e di tutte le cose che non
bisogna fare per determinare le condizioni favorevoli al verificarsi di un
fenomeno che diventa diffuso quando
i giardinieri sono troppo disattenti.
Libri
Una sosta nella
martoriata terra
di Palestina insieme ai ragazzi
del campo di lavoro promosso
da Pax Christi.
Una raccolta di
testimonianze
che vuole essere denuncia e accorata speranza, in
rispettoso ascolto di chi vive ogni
giorno la propria storia di dolore e
sopraffazione sopportando miserie
e fatiche inenarrabili. E insieme la
narrazione delle sensazioni di chi va
lì come semplice osservatore e scopre la ricchezza di una vita offerta a
piene mani da uomini e donne che
non smettono di lavorare, crescere
i figli, amare e sorridere. Incontri,
storie, volti, cuori spalancati, “bocchescucite”, dunque. Un libro che
vuole dare voce a chi non ne ha
più nemmeno per piangere, per far
sentire le proprie ragioni. Un racconto puntuale, nudo e drammatico
di storie qualsiasi e perciò uniche e
preziose.
Bocche scucite – Nandino Capovilla e Betta Tuset-Paoline-pp.120€20,00
A. D.
ovunque...
www.nuovodialogo.com