l`analitica del sublime - Il-Cubo
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l`analitica del sublime - Il-Cubo
L’ANALITICA DEL SUBLIME1 Confronto tra il bello e il sublime Il sublime2 e il bello non si basano su un giudizio dei sensi o su un giudizio determinante, ma su un giudizio riflettente3; sono quindi indipendenti da sensazioni4 e da concetti determinati5. Entrambi nascono da giudizi singolari ma che si danno come giudizi universali6. Il bello della natura è caratterizzato dalla finitezza, e quindi si riferisce sempre alla forma dell’oggetto7; il sublime è invece illimitatezza, è assenza di forma definita, è l’infinitamente grande. Ne consegue che, mentre il bello è legato alla qualità8, il sublime si riferisce alla quantità. Di fronte al bello noi proviamo un sentimento di agevolazione, un piacere diretto che intensifica le nostre facoltà. Al contrario, il sentimento del sublime sorge indirettamente, provocato da un senso di impedimento e di inadeguatezza dei nostri sensi davanti a ciò che vediamo. Mentre il bello ci suscita un piacere positivo, una gioia, il sublime è artefice di un piacere negativo perché l’immaginazione è attratta dall’oggetto9 ma allo stesso tempo lo vorrebbe respingere avvertendone il pericolo. Qui si pone una differenza fondamentale tra bello e sublime: la bellezza naturale sembra avere nella sua stessa forma una finalità che ben si adatta al nostro Giudizio; invece nell’assenza di limiti avvertiamo una violenza contro la nostra immaginazione che suscita il sentimento del sublime. Il vero sublime non può essere contenuto in alcuna forma sensibile ed è puramente 1 Assieme all’ “Analitica del bello” costituisce la “Sezione prima” della Critica del Giudizio di I. Kant. In tedesco erhaben = elevare in alto. 3 Un giudizio riflettente partendo dal soggetto cerca l’universale e richiede una partecipazione da parte del soggetto stesso. 4 Che determina il piacevole. 5 Che determina il buono. 6 La questione, già trattata per l’analisi del bello, riguarda l’universalità di un giudizio estetico che noi riconosciamo come particolare ma che, allo stesso tempo, pretendiamo sia riconosciuto universalmente; questa “universalità soggettiva” costituisce una delle differenza tra bello e piacevole (dove il piacevole viene riconosciuto e accettato come particolare) e tra bello e buono (dove il buono si fonda su principi determinati ed è quindi oggettivo). 7 Proprio perché tale oggetto è limitato, finito. 8 Primo momento dell’Analitica del bello. 9 Proviamo stima e meraviglia. 2 1 interiore, è un sentimento della ragione che viene risvegliato nel nostro animo dall’inadeguatezza dell’immaginazione. Il sublime scaturisce dalla visione della natura: l’immenso oceano in tempesta, un vulcano in eruzione, il cielo stellato. Tuttavia queste immagini non sono di per sé sublimi10: esse non varrebbero nulla se nell’animo dell’osservatore non ci fosse già una disposizione tale da far scaturire questo sentimento. Davanti all’infinita potenza della natura se sono al sicuro non mi sento immediatamente minacciato e sono portato a riflettere: da un primo momento in cui la vista del fenomeno mi appare terribile, l’animo riempito già dalle idee ha un’intuizione. Grazie al dispiacere della mia piccolezza mi accorgo di avere facoltà superiori rispetto all’intelletto e alla sensibilità e sono finalmente in grado di accoglierle11. Il senso di oppressione suscitato inizialmente dal sublime diventa lo slancio verso una dimensione più grande. Il bello riguarda l’ordine della natura. Il concetto del sublime naturale, invece, non insegna il finalismo della natura ma suscita il sentimento di una finalità del tutto differente dalla natura. Il metodo di analisi del sublime è simile a quello del bello12, ma dove in quel caso si cominciava dalla qualità13 e il giudizio estetico riguardava la forma dell’oggetto, qui si comincia dalla quantità, essendo il sublime originato dall’assenza di forma. I quattro momenti dell’analisi del sublime sono i seguenti: deve essere rappresentato come universalmente valido secondo la quantità, senza interesse secondo la qualità, soggettivamente finale secondo la relazione, e necessario in questa finalità secondo la modalità. Il sublime non è più tranquilla contemplazione ma è movimento dell’animo: non siamo più in uno stato di stasi ma siamo travolti dal movimento. Abbiamo così un ulteriore divisione in sublime dinamico e sublime matematico14. 10 ‘Pel bello naturale dobbiamo cercare un principio fuori di noi, pel sublime naturale invece soltanto in noi stessi e nel modo di pensare che rende sublime la rappresentazione della natura’ , in I. Kant, Critica del giudizio. 11 Per quanto riguarda il bello intervengono l’immaginazione e l’intelletto mentre nel caso del sublime abbiamo la compartecipazione di immaginazione e ragione. 12 Il bello viene suddiviso in quattro distinti momenti, 13 Primo momento dell’analitica del bello. 14 Questa distinzione non ha riscontri nell’analitica del bello. 2 Il sublime matematico Il sublime matematico riguarda ciò che è assolutamente grande. Il sublime nasce infatti dall’estensione e potenza infinita della natura che si presenta al soggetto, il quale è finito perché le sue facoltà possono cogliere oggetti finiti e delimitati che provocano in lui il piacere del bello. Chiamiamo sublime ciò che è assolutamente grande, cioè ciò che è grande al di là di ogni comparazione, una grandezza uguale solo a se stessa. Quindi possiamo definire il sublime anche nel seguente modo: “sublime è ciò al cui confronto ogni altra cosa è piccola15”. Ecco perché il sublime non può esistere in natura: ogni cosa può essere ridotta all’infinitamente piccolo o ingrandita all’eccesso. Sublime non è l’oggetto ma la disposizione dell’animo. “Sublime è ciò che, per il fatto di poterlo anche solo pensare, attesta una facoltà dell’animo superiore ad ogni misura dei sensi16”. Abbiamo grandezze quantificabili in numeri17 e grandezze che sono invece semplici intuizioni18. Le prime possono procedere all’infinito, le seconde si risolvono in un massimo che è il sublime. Il sublime si trova solo nella natura grezza perché, essendo priva di finalità, essa è solo e semplicemente grande. Non possiamo trovarlo quindi nella natura che possiede una finalità, e neanche nell’arte, a cui uno scopo umano impone una forma e una grandezza. La natura grezza può essere estesa senza cadere nel mostruoso19 o nel colossale20. Il sublime matematico non scaturisce dall’esistenza dell’oggetto ma dall’estensione dell’immaginazione in se stessa. Siamo spinti a immaginare l’infinito, una contraddizione che esige il concetto di grandezza non appartiene all’intelletto ma alla facoltà del Giudizio; può essere empirica (grandezza media) o a priori (grandezza relativa a concetti astratti, come la virtù) nell’animo umano una facoltà soprasensibile. 15 In I. Kant, Critica del giudizio. Vedi nota 15. 17 Grandezze matematiche. 18 Grandezze estetiche. 19 Al mostruoso appartengono le categorie di magnifico e terribile; un oggetto si dice mostruoso quando la sua grandezza ne annulla lo scopo. 20 “ Si chiama colossale, invece, la semplice esibizione di un concetto troppo grande per ogni esibizione”, in I. Kant, Critica del Giudizio. 16 3 Il sublime suscita in noi stima in quanto ci mostra la nostra insufficienza a raggiungere una data idea. Noi crediamo di stimare la natura ma in realtà l’oggetto della nostra ammirazione siamo noi stessi, è l’umanità stessa di cui scopriamo, attraverso il sublime, una destinazione più grande. Tale destinazione è la razionalità delle facoltà conoscitive, che sono in grado di superare il limite, prima apparentemente invalicabile, della sensibilità. Mi rendo finalmente conto che, accanto alle mie necessità naturali, c’è dentro di me una destinazione superiore, soprasensibile legata alla ragione. Il sublime è un cammino, un passaggio: la vista dell’oggetto sublime è terribile e sconfortante ma da questa l’animo ha un’intuizione che lo porta ad abbandonare la sensibilità per arrivare a idee superiori21. Il bello mette in gioco immaginazione e intelletto e ci prepara ad amare qualcosa anche senza interesse. Il sublime interessa ancora l’immaginazione ma invece di riferirsi all’intelletto si riferisce alla ragione. Esso è in aperto contrasto con gli interessi della sensibilità perché impedisce la sensibilità stessa. Il sublime non ci prepara ad amare qualcosa di bello ma ci prepara a stimare qualcosa, anche se questo qualcosa va contro i nostri interessi immediati. “Quando una grandezza tocca quasi il limite della nostra facoltà di comprensione in una intuizione, e nondimeno l’immaginazione è spinta da grandezze numeriche a cercare la comprensione estetica in una maggiore unità, sentiamo allora il nostro animo come esteticamente costretto da limiti”22. Chiamiamo matematico questo tipo di sublime perché rappresenta l’infinita estensione. Esso riguarda non il maggior concetto numerico ma la grande unità. Davanti al sublime matematico oltre alla stima, proviamo angoscia23. 21 Il sublime, portando un cambiamento nell’animo umano, commuovendolo, si differenzia enormemente dalla calma contemplazione del bello. 22 In I. Kant, Critica del Giudizio. 23 Con angoscia intendiamo una sensazione di cui non conosciamo la causa: è intransitiva, nessuno oggetto potrebbe darci l’angoscia. 4 Il sublime dinamico Perché possiamo considerare dinamicamente sublime la natura essa deve suscitare in noi timore. Essa deve essere una potenza24 che non ha alcun impero25 su di noi. Un oggetto di timore è qualcosa a cui noi siamo spinti ad opporci perché è un male, ma davanti al quale sentiamo che il nostro potere non è adeguato. La potenza della natura ci mostra i nostri limiti e come superarli nella ragione. Tuttavia per poter giudicare il sublime non dobbiamo essere soggiogati dal timore, così come nel bello non dobbiamo essere plagiati dall’interesse. Esempi di sublime sono ‘le rocce che sporgono audaci in alto e quasi minacciose, le nuvole di temporale che si ammassano in cielo tra lampi e tuoni’26. Quanto più la loro potenza ci si mostra maggiore, tanto più noi riteniamo queste cose sublimi se esse non rappresentano per noi un pericolo reale. Se da una parte siamo costretti a vedere la nostra debolezza fisica di fronte alla forza della natura, tanto da doverla temere, dall’altra ci scopriamo indipendenti da essa e in grado di mantenere intatta la nostra persona. ‘La natura qui non è dunque chiamata sublime se non perché eleva l’immaginazione a rappresentare quei casi in cui l’animo può sentire la sublimità della propria destinazione, anche al di sopra della natura’27. Infatti davanti all’immensità della natura e alla nostra incapacità di comprenderla scopriamo la nostra limitatezza ma anche una facoltà soprasensibile in grado di comprendere quell’infinità come unità. Il sublime della natura può essere evocato anche solo pensando. Una cosa può essere pensata temibile quando pensiamo al caso in cui, volendo opporci ad essa, scopriremmo che la nostra resistenza è vana28. Esso ci provoca una sensazione di oppressione che, cessando, ci porta alla gioia per la liberazione da un pericolo. 24 ‘La potenza è un potere superiore a grandi ostacoli’, in I. Kant, in Critica del Giudizio. Si tratta di una potenza ‘superiore anche alla resistenza di ciò che è pure una potenza’, in I. Kant, Critica del Giudizio 26 In I. Kant, Critica del Giudizio. 27 In I. Kant, Critica del Giudizio. 28 Ad es. il timore di dio. 25 5 Il sublime dinamico causa paura29, una sensazione che si riferisce sempre a uno specifico oggetto: abbiamo paura di qualcosa che minaccia di infrangere la nostra integrità psicofisica. Nelle religioni è atteggiamento diffuso che l’uomo tenda a prosternarsi e adorare con angoscia le proprie divinità. Tuttavia questo atteggiamento non sempre va associato alla sublimità della religione o del suo oggetto di venerazione. Si pensi al caso in cui un uomo si mostri devoto solo perché a causa dei propri peccati teme il castigo divino. Abbiamo il timore nei confronti di una potenza davanti alla quale non possiamo nulla ma il nostro sentimento non può diventare sublime: il nostro animo non è in quella calma contemplazione indispensabile a un giudizio libero, quindi non è in grado di raggiungere il sublime. Invece un uomo retto, che sa di comportarsi conformemente al volere del proprio dio, può ammirare la grandezza divina con tranquillità; davanti agli eventi naturali egli è libero dalla paura di una punizione e quindi non è più motivato a interpretarli come sfoghi di collera. Possiamo così segnare la differenza tra religione e superstizione: la prima può elevarsi al livello di sublime mentre la seconda, essendo spinta da una riverenza dovuta alla sottomissione e non al rispetto del culto, sfocia in pratiche propiziatorie e idolatre invece che nella buona condotta. Anche nell’umiltà possiamo trovare il sublime. Essa è un giudizio rigoroso riguardo ai propri errori, che non si ferma davanti alla scusante della fragilità della natura umana. L’umiltà è un processo di espiazione in cui volontariamente ci si sottopone alle pene del rimorso. Conclusione Il sublime è quindi possibile solo in quell’animo che abbia una disposizione tale da poterlo accogliere. Dobbiamo possedere una certa quantità di idee perché sia possibile quel salto dalla pura immaginazione alla ragione. Dobbiamo essere in grado di percepire una realtà che va oltre il sensibile. Il sensibile è quella dimensione a cui possiamo arrivare perché siamo preparati dalla 29 Mentre invece il sublime matematico portava angoscia, che è intransitiva. 6 cultura e ci è noto lo sviluppo delle idee morali. Senza questi concetti proveremmo solo la paura, avvertiremmo solo il terribile30 . 30 Che costituisce solo il primo dei due momenti del sublime, e quindi di per sé è solo paura. 7