Print Current Page

Transcript

Print Current Page
Videogiochi: un viaggio verso
l'infinito
Da un pianeta all'altro attraverso 15 quintilioni di mondi misteriosi creati da un
algoritmo matematico. Un universo senza fine ma con poche distrazioni
/ 26.09.2016
di Davide Canavesi
Quindici quintilioni. Un 15 seguito da 30 zeri. Tanti sono i mondi misteriosi che attendono la nostra
visita in No Man’s Sky. Un gioco con l’ambizione di far scattare la curiosità, la voglia di esplorare e
di vagabondare nell’infinito «fino ad arrivare là dove nessuno è mai giunto prima», per citare il
Capitano Kirk della serie classica di Star Trek. La voglia di scoprire, la curiosità di spingersi oltre è
insita nel genere umano. I grandi esploratori del passato rischiarono la vita per oltrepassare i confini
delle mappe e per arrivare in nuovi territori sconosciuti. Oramai sul pianeta Terra non c’è più nulla
da scoprire: grazie ai satelliti e Google Maps possiamo vederne ogni dettaglio semplicemente con un
click del mouse. L’unica soluzione è rivolgere allora la nostra curiosità verso le stelle.
Sfortunatamente la tecnologia ancora non permette all’Enterprise di imbarcarsi in missioni
quinquennali, scoprendo civiltà aliene umanoidi perfettamente in grado di parlare l’inglese e quindi
siamo costretti a volare con la fantasia. Oppure, come nel caso di No Man’s Sky, con un PC o una
PlayStation 4.
Prima di addentrarci nelle meccaniche di questo gioco però soffermiamoci sul numero esorbitante di
pianeti proposti. È ovviamente impossibile creare a mano 15 quintilioni di pianeti per un gioco, il
tempo necessario per disegnarli e decorarli tutti sarebbe troppo anche se tutta l’umanità lavorasse
solo con questo scopo. Ecco che Hallo Games, lo studio di sviluppatori dietro No Man’s Sky, si è
inventato un sistema di generazione procedurale dei mondi del gioco. In parole povere si tratta di un
algoritmo matematico che si è occupato di disegnare tutto l’universo, dai pianeti ai suoi abitanti,
siano essi animali o vegetali. Hallo Games ha creato una «formula matematica» che si occupa di
definire ogni singola componente di ciascuno dei mondi del gioco: morfologia, condizioni climatiche,
gravità, fauna e flora. Tutto ciò che il giocatore incontra durante le sue esplorazioni è il risultato di
questo caos regolamentato. Un risultato davvero impressionante per un team che conta nel suo
organico meno di 20 persone.
Ma come funziona, No Man’s Sky? Iniziamo la nostra avventura su un pianeta abbandonato, con una
navicella spaziale in avaria e sistemi di supporto vitale a malapena funzionanti. Il nostro scopo
primario è dunque occuparci dei nostri mezzi tecnologici, vagando sulla superficie del corpo celeste
per raccogliere le materie prime necessarie alle riparazioni. Una volta che ci siamo occupati di
queste incombenze, l’universo è letteralmente di fronte a noi. C’è però anche una missione da
portare a termine: raggiungere il centro dell’universo. Come farlo però sta al giocatore. È possibile
provarci volando dritti verso il centro, anche se sospettiamo che le vastità dell’universo siano troppe
per andarci in questo modo. Possiamo seguire la Via dell’Atlante, una sorta di traccia da seguire che
ci viene rivelata da misteriose entità. Oppure possiamo usare il motore a velocità della luce per
andare da una galassia all’altra o per tuffarci in un buco nero. Nel frattempo però possiamo
improvvisarci dei Cristoforo Colombo o dei Charles Darwin per scoprire nuovi pianeti, analizzarne le
forme di vita e ovviamente dare un nome ad ogni nostra scoperta.
Tutti i giocatori di No Man’s Sky collaborano per scoprirne i segreti. L’universo del gioco è condiviso
via internet e quindi può capitare, anche se è incredibilmente poco probabile, di incontrare un altro
essere umano che, come noi, vaga da solo di pianeta in pianeta. Non che questo gioco sia un gioco
da condividere con altri (il cosiddetto «multiplayer») perché la sensazione primaria è la solitudine. Il
viaggio di No Man’s Sky diventa infatti quasi introspettivo, ci invita a riflettere sul nostro posto
nell’universo (quello reale) mentre ci addentriamo sempre di più in quello virtuale. No Man’s Sky è
allora un gioco di nicchia, un gioco per animi solitari che anelano alla libertà assoluta.
Peccato che diventi ben presto un po’ troppo noioso. L’iniziale stupore dello scoprire nuovi
ecosistemi si tramuta, dopo qualche ora, in un senso perenne di déjà-vu. I mondi sono diversi ma non
offrono molte cose da fare. Le razze aliene che incontriamo sono sempre le solite tre e non
interagiscono in modo molto significativo con il giocatore. Aggiungiamo a questo mix anche la
necessità di una gestione fastidiosa delle risorse del giocatore (energia, pezzi di ricambio e materiali
preziosi) e qualche scontro a fuoco davvero piatto per smorzare i nostri entusiasmi. Visivamente il
gioco è riuscito, con panorami mozzafiato e transizioni senza scossoni tra lo spazio e le superfici
planetarie che vogliamo visitare. Tecnicamente siamo di fronte ad un ottimo lavoro.
No Man’s Sky ha una grande ambizione che riesce a raggiungere solo per metà, offrendo sì un
universo senza fine ma con poche distrazioni. La noia rimpiazza fin troppo velocemente la curiosità,
spegnendo la nostra voglia di scoprire il prossimo pianeta. La nostra ricerca dell’ultima frontiera
insomma è destinata a continuare.