Giuseppe Mazzini Uomo Universale di Carlo Gentile

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Giuseppe Mazzini Uomo Universale di Carlo Gentile
Angelo Manuali
Giuseppe Mazzini Uomo Universale di Carlo Gentile
di Angelo Manuali
Sono grato al Circolo Culturale “ICARO” e al suo Presidente Giancarlo
Roma per avermi dato l’opportunità di parlare di Carlo Gentile e del suo libro su
Giuseppe Mazzini. E ciò perché egli è stato mio maestro e amico fraterno, oltre che
prezioso collaboratore, sia come curatore che come autore di varie opere da me
stampate nella Bastogi Editrice Italiana.
Tutti quelli che hanno conosciuto Carlo Gentile conservano di lui un ricordo
indelebile per le sue doti umane, per la sua cultura e il suo impegno di docente e di
educatore.
Nel 1994, a dieci anni dalla morte, ebbi a pubblicare, come testimonianza e
atto di devozione alla sua memoria, un libro intitolato “Carlo Gentile. Una vita per
la cultura”, in cui raccolsi alcuni scritti di amici ed estimatori, tra cui quelli dall’on.
Armando Corona, che nel 1984 era Gran Maestro della Massoneria del Grande
Oriente d’Italia e dello storico Prof. Aldo Alessandro Mola, oltre a un commovente testo poetico e ad un brano esoterico dello stesso Gentile.
Di quel libro mi piace riportare un brano tratto dallo scritto del dott. Ciro
Mundi, attuale vicesindaco di Foggia:
Del periodo risorgimentale non studiò solo le figure mitiche, Mazzini e Garibaldi,
ma anche, e soprattutto, i cosiddetti minori seguendo un preciso metodo di indagine storiografica che vuole i personaggi minori quale più veritiera espressione
umana del periodo storico in esame in quanto ne mettono più facilmente in risalto le ombre. In questa ottica vanno visti i saggi su Giuseppe Ricciardi, Vincenzo
Lanza, Giuseppe Libertini, Francesco Saverio Salfi ed altri.
Gli ideali risorgimentali non furono vissuti da Carlo Gentile con il distacco
dello storico ma trasfusi nell’impegno civile quotidiano: partecipò in prima
linea alla battaglia per l’abbattimento della monarchia; quale membro della Lega
Internazionale per i Diritti dell’Uomo, organismo affiliato all’O.N.U., tenne
manifestazioni in ogni parte d’Italia contro la temuta abrogazione della legge
sul divorzio. Per contrastare, libero da patteggiamenti politici e vincoli partitici, la violazione sistematica dei diritti civili nei paesi a regime totalitario, aderì
ad Amnesty International. Il suo operato politico fu improntato al rigore morale: repubblicano da sempre, fu chiamato dal suo partito a far parte del Consiglio Nazionale dei Probiviri.
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Ed io aggiungo che fu socio attivo dell’AIDO, dell’AVIS e dell’ENPA, nonché amico e collaboratore di Aldo Capitini nel movimento non violento e nelle
prime marce per la Pace di Assisi. Ma fu anche un grande esoterista e Gran Maestro
Onorario della Massoneria. Autore di ben 47 pubblicazioni e di moltissimi articoli,
fu infaticabile operatore culturale, con conferenze incontri e dibattiti, pronto a impegnarsi, anche come zoofilo, ovunque c’era da proteggere e difendere i valori e la
sacralità della vita.
A riconoscimento del suo valore e del suo impegno civile, sociale, umano e
culturale, l’Amministrazione Provinciale di Foggia ha promosso un convegno di
studi su di lui, con la conseguente pubblicazione degli Atti e la Civica Amministrazione gli ha dedicato una piazza. Un bel monumento funebre consente di rendergli
omaggio nel cimitero di Foggia.
Veniamo ora al libro oggetto di questa relazione.
Nel 1972, in occasione del primo centenario della morte di Giuseppe Mazzini,
la Giunta della Massoneria del Grande Oriente d’Italia, volendo partecipare alle
celebrazioni nazionali, commissionò a Carlo Gentile un libro che raccontasse e
documentasse i rapporti tra il grande Apostolo e la Massoneria. Carlo Gentile fu
felicissimo di questo incarico e si dedicò con grande impegno alla stesura del volume. Nacque così Giuseppe Mazzini Uomo Universale, che poi alcuni anni dopo fu
da me ristampato con la Bastogi, accanto a quello su Giuseppe Garibaldi.
Il libro inizia dalla morte di Mazzini, l’oscuro esule “Signor Brown”, avvenuta il 10 marzo del 1872 a Pisa.
Appena si diffuse la notizia, a Genova, presieduto da Michele Barabino, Gran
Maestro Aggiunto del Grande Oriente d’Italia, fu costituito un comitato massonico
che accompagnò a Staglieno il feretro con sopra la sciarpa di Maestro Libero Muratore. E a Pietro Corini, conservatore delle spoglie mortali del fratello Giuseppe
Mazzini, i liberi muratori liguri offrirono una medaglia che mostrava Mazzini sul
letto di morte con la sciarpa del 33° grado di Rito Scozzese (il massimo grado della
iniziazione massonica) con accanto il compasso e la squadra, simboli specifici della
Libera Muratoria.
Da questi primi atti, immediatamente successivi alla morte, sembrerebbe pacifico e acclarato che Mazzini appartenesse alla Famiglia massonica. Di certo tale
appartenenza era evidente per i massoni genovesi. A ciò va aggiunto che il Grande
Oriente d’Italia commemora i defunti il 10 marzo, proprio il giorno della morte
dell’Apostolo.
Carlo Gentile non si accontenta di tutto questo e, con l’impegno del ricercatore, inizia una lunga indagine, per rintracciare i documenti e le testimonianze che confermino e certifichino i rapporti realmente intercorsi tra Mazzini e la Massoneria.
Prima di affrontare con Gentile la questione, però, è necessaria una breve
ricostruzione storica.
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La Massoneria moderna, nata in Inghilterra nel 1717, si è diffusa negli anni
successivi in tutta Europa e poi nel resto del mondo. La prima Loggia sul continente europeo fu fondata a Parigi nel 1725. In Italia, a Firenze nel 1735, dove assunse
atteggiamenti anticlericali e perfino rivoluzionari, subendo condanne sia dai prìncipi
che dalla Chiesa Cattolica.
Con l’avvento di Napoleone, dopo un primo periodo di diffidenza reciproca, le cose cambiarono radicalmente e la gran parte delle Logge entrarono nell’orbita francese, tanto che molte di esse furono messe all’obbedienza del Grande Oriente di Francia.
Dopo il 1815, a seguito della sconfitta definitiva di Napoleone e la Restaurazione sancita dal Congresso di Vienna, l’attività massonica dovette essere ufficialmente interrotta a causa delle repressioni poste in atto dai nuovi governi.
Solo nel 1859, dopo le vicende del Risorgimento, ricominciò l’attività
massonica a opera soprattutto dei patrioti ex combattenti, spesso divenuti anche
membri di governo. Molti di essi, come lo stesso Garibaldi, vedevano infatti la
Massoneria alla base della politica nazionale.
L’8 ottobre del 1859 venne costituita a Torino la Loggia Ausonia al fine di
realizzare una Comunione massonica, il Grande Oriente d’Italia (G.O.I), indipendente dalla Francia e dalle altre obbedienze straniere, filo-cavouriana e quindi filomonarchica, la quale avrebbe dovuto avere a suo Gran Maestro lo stesso Cavour.
Con la morte del Cavour si cercò di rimediare al problema con la nomina di
Costantino Nigra, ambasciatore del Piemonte in Francia. Ma quest’ultimo era solo
un apprendista, primo grado della iniziazione massonica, per cui la sua nomina era
irregolare, perché ci voleva almeno il terzo grado, quello di Maestro. Nigra, per
non creare difficoltà alla Famiglia, rinunciò all’incarico. Al suo posto fu allora nominato Filippo Cordova, in contrapposizione a Garibaldi, con la prevalenza
quindi dei liberali- monarchici sui democratici-repubblicani.
Nel frattempo era stato costituito il Grande Oriente di Palermo, di orientamento repubblicano, il quale, nel 1862, in concorrenza con il Grande Oriente d’Italia, conferisce la Gran Maestranza a Giuseppe Garibaldi.
Nel 1863 il Grande Oriente d’Italia indice un’assemblea costituente che però
non viene riconosciuta dal Grande Oriente di Palermo. Nel successivo 1864, viene
indetta a Firenze una nuova assemblea del Grande Oriente d’Italia, nel corso della
quale viene offerta la Gran Maestranza a Garibaldi. Inaspettatamente Garibaldi accetta, nella speranza che combinando le due cariche si potesse realizzare l’unificazione della Massoneria italiana. Ma non fu così. Criticato da una parte e dall’altra,
decise di dimettersi da entrambi gli incarichi.
In data 2 giugno 1867 il Grande Oriente d’Italia, che aveva trasferito la sua
sede a Firenze, nuova capitale provvisoria del Regno, convoca una nuova assemblea legislativa a Napoli.
Un mese prima Garibaldi aveva inviato al Supremo Consiglio della Masso141
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neria di Palermo un’importante lettera nella quale manifestava il convincimento
che l’unità massonica avrebbe tratto a sé l’unità politica dell’Italia ed esprimeva il
desiderio di un’assemblea costituente nazionale. Il Supremo Consiglio non aderì
alla richiesta e rispose di non poter partecipare all’assemblea che nel frattempo era
stata convocata a Napoli. Garibaldi allora ruppe gli indugi e aderì definitivamente
al Grande Oriente d’Italia. E con la lettera del 21 settembre, da Firenze, dichiarò
“di appartenere ad una sola Massoneria Italiana e Umanitaria, rappresentata dal
Grande Oriente eletto nell’assemblea di Napoli”.
Tornando ora al Giuseppe Mazzini di Carlo Gentile, dobbiamo rilevare che
in realtà, come dallo stesso ampiamente documentato, Mazzini non fu mai iniziato
ritualmente in una Loggia, a differenza di Garibaldi, anche se ebbe ed accettò vari
riconoscimenti onorari e fu considerato unanimemente fratello massone. Una
iniziazione “sulla spada” cioè con una procedura eccezionale, la ebbe nel carcere di
Savona da parte del marchese Passano. Lo stesso Mazzini ne parla, scherzandoci un
po’ sopra. Di certo comunque c’è, come ho già detto, a testimonianza del suo prestigio e alto apostolato, che la Massoneria italiana commemora i defunti il 10 marzo di ogni anno (giorno della sua morte) e che sia in Italia che all’estero vi sono
varie Logge a lui intestate. E nella Gran Loggia di New York è inciso, tra i nomi del
grandi massoni, quello del Gran Maestro Giuseppe Mazzini.
Ma quali sono stati i reali rapporti tra lui e la Massoneria?
Fondamentale è a riguardo il 1866, anno in cui Mazzini fonda la “Alleanza
Repubblicana Universale”, una sorta di para-massoneria repubblicana. Da quel
momento i rapporti con i singoli massoni, molti dei quali erano suoi sodali, e con le
comunioni massoniche, furono ben più intensi, soprattutto sul versante palermitano, che era quello a lui più vicino e verso cui cercava di indirizzare i fratelli massoni, distogliendoli dal Grande Oriente d’Italia. Mazzini infatti mirava alla trasformazione della Massoneria in una società politica, parallela, possibilmente confedera all’Alleanza Repubblicana.
Nella lettera a Federico Campanella (SEI LXXXV, Epistolario, LIII, p. 311)
Mazzini ricorda “che non tocca a noi uomini dell’Alleanza Repubblicana di fondare Logge, ma di lavorare a che le Logge già fondate o che da altri si fondano, si
riannettano a Palermo”. Nella lettera a Maurizio Quedrio (Londra, 4 luglio 1868)
scrive: “Tento di trasformare o di compromettere la Massoneria. È elemento numerico forte e inclinato da qualche tempo a venire a me. Cerca di farla ridiventare
repubblicana, come già in Sicilia”. In un’altra lettera, a Federico Campanella (28
luglio 1868) scrive: “Anche la Massoneria Piemontese va ponendosi in contatto con
me. Ciò a cui dobbiamo tendere è disfare il Grande Oriente di Firenze e trasformare più sempre quello di Palermo”.
Da queste posizioni “settarie” di Mazzini nascono i contrasti con Garibaldi,
che invece era per l’unificazione massonica senza pregiudiziali politiche. Il contra142
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sto era ormai insanabile. L’influenza di Mazzini sulla Massoneria siciliana fu determinante per la rottura tra Garibaldi e il Grande Oriente di Palermo. Per cui dal
Supremo Consiglio partì per Mazzini il brevetto di 33° (cioè del trentatreesimo
grado del Rito Scozzese), che era la condizione per diventare Gran Maestro del
Grande Oriente di Palermo.
A questo punto Mazzini è messo di fronte a una decisione importante.
Egli, come precisa Carlo Gentile, non escludeva “di poter assumere l’altissima carica, ove Garibaldi gli lasciasse completamente il campo libero, ma sempre
sulla linea della repubblicanizzazione dell’Ordine, in una maniera, cioè, che gli
permettesse di conciliare massoneria ed alleanza in una formazione, anche federativa,
ma con crismi comuni definitivi, di logge rivoluzionarie”.
Alla fine però la risposta fu negativa. Egli, infatti, il 9 luglio 1868 rispose così
da Londra al Supremo Consiglio: “Sento profondamente nell’animo l’onore che mi
fate, e mi dorrebbe quanto non so dirvi il dispiacervi. E nondimeno: non credo di
potere addossarmi l’alto incarico che mi affidate. È ufficio di coscienza e voi più
che altri siete capaci d’intendere le mie ragioni… La parte nella quale io posso essere più utile allo sviluppo delle cose, è quella piuttosto di un membro influente in
una associazione, d’intermediario fra tutte per armonizzarle nella conquista del fine
comune; apostolato esplicito, chiaro, non vincolato da formule o simboli, del principio repubblicano che dev’essere l’anima di tutti... Lasciatemi, fratelli, alla mia
parte indipendente. Lasciate che io possa parlare del vostro santo scopo ad altri,
senza ch’io sembri vincolato a farlo.”
Per i massoni del Grande Oriente di Palermo, però, è come se avesse accettato, tanta fu la sua influenza e tanti furono a seguire i rapporti con il Supremo Consiglio e l’Oriente di Palermo. Il 17 luglio successivo, infatti, egli scrive al Campanella: “Per ragioni lunghe a dirsi, e dopo aver pensato e ripensato, è meglio che io non
sia Gran Maestro dell’Oriente Palermitano. Sii tu quello. Quanto alla tendenza prospettata è come se lo fossi io. E quanto al da proporsi, prometto di aiutarti: fra poco
farò di scriverti lungamente in proposito… Intanto dall’Oriente di Firenze m’hanno scritto: li suppongo ingiusti. Comincio del resto a aver mano nelle Logge di
Piemonte e vedrò di trarne partito. Accetta dunque; è il mio serio consiglio”.
Come rileva Carlo Gentile “Mazzini non ha accettato la grande maestranza
perché, in quel momento, doveva avere le mani libere per parlare massonicamente
anche con gli altri gruppi italiani, dei quali non era impossibile riuscire ad impadronirsi direttamente o indirettamente...”
Ma ormai il tempo e le circostanze politiche lavoravano a favore dei Piemontesi, specie dopo la Breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870. Giuseppe Mazzini
moriva il 10 marzo del 1872 e il successivo 23 marzo a Roma si riuniva l’assemblea
costituente della Massoneria, determinando il prevalere del Grande Oriente d’Italia, anche se, per una sorta di rivalsa del destino, i Grandi Maestri furono nel succe143
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dersi degli anni repubblicani e mazziniani: da Adriano Lemmi a Ernesto Nathan.
Per la Repubblica, però, si doveva aspettare ancora per altri 74 anni.
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