LIB 1 - Diocesi Campobasso Bojano

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LIB 1 - Diocesi Campobasso Bojano
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2) Rispondere ( o riformulare) il riprendere e ripetere al
gruppo ciò che uno ha detto è segno di continuo interesse
da parte dell'animatore. I singoli si sentono così invogliati
a proseguire e a manifestare contenuti sempre più personali. E' il modo migliore per verificare continuamente se
ognuno comprende correttamente ciò che gli altri intendono comunicare. Oltre a riformulare i contenuti, conviene
riflettere gli stati d'animo, espressi verbalmente o non verbalmente da qualcuno. Si sa che ogni dialogo procede su
due piste: quella intellettuale e quella affettiva: se il sentimento prevale sulla logica, avviene un conflitto, che l'animatore deve saper gestire. E' errato fingere che i sentimenti non siano presenti: l'affettività disturba finché non la si
prende in considerazione e non la si analizza.
LA DINAMICA DI GRUPPO
NEI CENACOLI DEL VANGELO
Scopo di queste note: verificare un tipo di attività integrante della predicazione per renderla sempre più fruttuosa.
Schema: 1) il gruppo;
2) l'animatore;
3) modalità di intervento.
3) Personalizzare: quando il gruppo tende a generalizzare
o a sottrarsi alla propria responsabilità per scaricare su altri, l'animatore deve richiamare il gruppo ad un confronto
diretto e a mettersi in causa. Richiami alla situazione concreta, alle persone presenti e al campo di applicazione specifica;
4) L'impegno concreto: giungere col gruppo alla formulazione di un programma di impegno personale o di gruppo,
scandito nel tempo e con possibilità di verifica.
Del gruppo analizzeremo: la natura, i vari tipi e i dinamismi che vi si riscontrano.
1. NATURA E VALORE DELL'INCONTRO DI GRUPPO
L'introduzione della dinamica di gruppo nella pastorale
avvenne sotto la spinta dell'entusiasmo; poi ci furono
ripensamenti ….
E' necessario tener presente che:
1) la dinamica di gruppo è una prassi IMPEGNATIVA: occorre
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conoscere i principi che la regolano, i dinamismi che si scatenano, i modi per condurla fruttuosamente;
2) NON È NATA IN CAMPO PASTORALE O RELIGIOSO, ma in campo laico,
per cui necessita di un adattamento che la adegui alla situazione
particolare evitando ogni strumentalizzazione o infatuazione;
3) IL GRUPPO NON È UN VALORE IN SÉ, MA È SOLO UNO STRUMENTO,
esso non è educativo di per sé, ma può favorire la trasmissione efficace dei contenuti a creare un clima di accoglienza e di impegno. L'animatore non è una figura neutra, ma
interviene, si coinvolge e propone valori e itinerari.
Il dialogo pastorale non è un incontro solo a livello culturale, ma coinvolge interessi, sentimenti con semplici meccanismi dell'Io. Di qui le CARATTERISTICHE di tale dialogo:
1) Parità di atteggiamento interiore tra l'animatore e il gruppo: l'animatore non distribuisce la verità già confezionata e
indiscussa, ma stimola perché tutti assieme la cerchino e la
misurano coi loro interessi;
2) Amore alle persone, più che ai contenuti che si discutono;
3) Accento sulle persone, più che sulla Verità: l'animatore non è in questa sede - distributore o banditore di Verità, ma si mette
dalla parte delle persone per fare assieme a loro il cammino verso
la Verità. Evitare di cadere in un inconscio "egoismo intellettuale". Il cammino del gruppo verso la Verità va dosato secondo il
ritmo di marcia che il gruppo può tenere;
4) Si va dal dialogo esteriore a quello interiore: l'animatore
è mediatore e catalizzatore del dialogo interiore.
Nel gruppo si opera una formazione permanente, richiesta dai continui cambiamenti sociali ed ecclesiali. Fonte del
sapere è la vita, l'esperienza.
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- usano frasi che lasciano agli altri la possibilità di contraddire o di esprimere un parere diverso. Es.: " Sono del parere… Mi sembra… Forse… Che ne pensi se…?".
Si possono prendere quelle proprie della "Revisione di vita":
prendere coscienza, valutare e
agire.
a) Prendere coscienza: dare uno
sguardo e riconoscere la realtà; vedere come la situazione
viene vissuta, accogliere e leggere i segni dei tempi. A questo scopo serve la " riformulazione";
b) Valutare: dare un significato alla situazione e alle persone;
c) Agire: fissare un piano di azione aderente al fine e alle
risorse disponibili.
Seguendo lo schema indicato dal metodo centrato-sulla-persona, con le
indicazioni dello psicologo americano R. CARHUFF, il normale sviluppo
di un processo migliorativo nella vita
sia umana che spirituale, viene promosso facilitando il susseguirsi specifici dell'animatore. Essi sono: prestare attenzione, il saper rispondere, il personalizzare e l'orientare verso
l'impegno concreto.
1) Prestare attenzione: ciò comprende l'accurata preparazione degli incontri: dal locale, alla durata, allo svolgimento, all'informazione sui punti da affrontare. Durante l'incontro l'animatore cercherà di avere un'attenzione costante per ascoltare ciò che viene detto e per rivelare ciò che sta
succedendo nel gruppo e nei singoli. Con l'osservazione
coglierà messaggi che vengono dal linguaggio non-verbale, che rivelano stati d'animo e disposizioni interiori;
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a) Evitare che parlino due o più
contemporaneamente;
b) Richiamare perché si usi la
prima persona e non il " noi" o
l'impersonale. Così si favorisce il senso di responsabilità e
si evitano proiezioni;
c) Evitare di parlare degli assenti o di fare accenni indiretti
a qualcuno che è presente.
L'animatore deve ascoltare non in modo passivo, ma comunicando in qualche forma la sua attiva partecipazione ai pensieri e ai sentimenti che il gruppo va esprimendo. L'ascolto attivo e accogliente è la premessa più importante per il dialogo.
Possiamo presentare due modalità opposte:
una inconcludente e l'altra costruttiva.
1) Modo inconcludente
In tale dialogo si può notare che:
- nessuno dei tre ascolta l'altro, ma risponde negando;
- ognuno pone una pietra, ma non in sintonia con quelle
degli altri, per cui non costruisce l'edificio e l'intesa;
- c'è il rifiuto di quanto detto dall'altro e una proposta personale di segno opposto a quello degli altri.
Ciò succede perché ognuno ritiene di essere l'esperto unico della situazione e dà soluzioni indiscutibili. Ognuno è sicuro di ciò che dice e non prende in considerazione il parere
degli altri. Ognuno pensa a sé e non fa caso degli altri.
2) Modo costruttivo
Si nota che:
- ognuno accetta la valutazione dell'altro e vi aggiunge qualche altro aspetto;
- nessuno possiede tutta la verità, ma ognuno ne vede qualche aspetto;
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Condizioni che facilitano l'apprendimento in gruppo:
* Atmosfera di partecipazione: l'animatore lasci spazio all'apporto di tutti; non tenti di "riempire" la testa: conoscere è nascere a sé e alla realtà attraverso l'esperienza personale;
* Ognuno possa scoprire ed esprimere i propri bisogni reali e le risorse personali. E' inutile imporre un progetto se
non corrisponde ai bisogni dei singoli;
* Valorizzare idee, sentimenti, pareri di tutti; accettare le
differenze di opinione: ciò stimola all'impegno, arricchisce
e amplia il progetto, promuove la fiducia in se stessi;
* Riconoscere ad ognuno il diritto di sbagliare: a volte si apprende attraverso l'errore; l'errore va corretto, non penalizzato;
* Lasciare ad ognuno il proprio tempo per apprendere: non
accelerare dando la "giusta risposta!" Ciò non aiuta a cercare
da sé ne si apprende il processo di assimilazione personale;
* Ognuno valuti da è i propri progressi: questo è più valido
del giudizio che viene dall'animatore o da altri;
* Creare un'atmosfera in cui ognuno si senta accettato da
tutti: se uno è forzato a cambiare, si sentirà respinto nel
proprio essere e ciò blocca la possibilità di cambiamento;
se invece si possono conservare i propri valori, ci si apre
alla novità perché ci si sente liberi.
Principi psicologici nel processo di crescita e di apprendimento:
1) Favorire una chiara presa di coscienza delle proprie risorse e dei limiti, o della situazione analizzata;
2) Rapportare decisioni ed impegni ad una scala di valori e a un
quadro interno di riferimento ( non solo a modelli esterni!);
3) Acquisire nuove abilità o cognizioni;
4) Procedere per gradi nel rispetto del ritmo personale e
del gruppo.
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EFFICACIA DEL LAVORO IN GRUPPO
Da rilievi effettuati in varie situazioni si può dedurre che
le discussioni maturate in gruppo risultano assai più efficaci
delle conferenze o delle relazioni individuali nel modificare
le idee o il comportamento. I fattori che rendono più efficace
il lavoro di gruppo che quello svolto individualmente, sono:
- il controllo reciproco;
- il mettere in comune;
- la critica correttiva e stimolante;
- l'emulazione
- il confronto delle convinzioni dei singoli;
- e la liberazione delle risorse psichiche e il senso di sicurezza.
SI POSSONO DISTINGUERE TRE TIPI
DI GRUPPO:
* Gruppo decisionale: problemi da
risolvere, decisioni da prendere;
* Gruppo di apprendimento, o " T-group": ha scopo educativo, di
comprendersi reciprocamente, impegno formativo;
* Gruppo terapeutico: aiuto a chi soffre di disturbi psichici (
qui l'animatore deve essere un esperto di psicologia clinica).
A noi interessano i gruppi a) e b), che hanno lo scopo di
instaurare un contatto sempre più intimo tra i soci, darsi un
aiuto per una reciproca conoscenza, promuovere un confronto
su qualche valore sia umano che religioso.
Riguardo all'impostazione che può essere data al gruppo, si possono distinguere tre modalità:
1) Direttiva, o centrata sull'animatore: questi è autoritario,
impersona i modelli di comportamento, indica le linee di
sviluppo e di azione, propone i fini. Tale metodo è richiesto
finché il gruppo ha bisogno di avvisare il processo di identificazione dei singoli e dell'intero gruppo;
L'animatore conservi una costante attenzione sui propri stati d'animo per intervenire in modo coerente.
In particolare:
a) Ascolti con attenzione e rifletta su quanto sente e vede
nel gruppo; prenda con serietà qualsiasi espressione del
gruppo ( anche le " battute" possono avere significati profondi e rivelatori);
b) Di fronte ad eventuali domande da parte del gruppo,
l'animatore si astenga dal rispondere ( eccetto il caso in cui
si tratti di situazioni che solo egli conosce). Ricorra alla
controdomanda rilanciando l'interrogativo o allo stesso richiedente, o a qualcuno in particolare o al gruppo. Non permetta che uno risponda prima che la domanda sia stata formulata completamente;
c) Non abbia paura del silenzio: sappia attendere e permetta a tutti di riflettere quanto è necessario. Si ricordi che i
processi mentali si svolgono più lentamente nel gruppo che
nella persona presa singolarmente;
d) L'animatore deve abituarsi ad ascoltare i disturbi che sorgono in lui sia a livello psichico ( noia, stanchezza, irritabilità…) che a livello organico ( crampi, cefalea...), fino ad interrompere il dialogo se sono tali da impedirgli di partecipare;
e) Esprimere chiaramente eventuali desideri che sorgono
in lui, per facilitare gli altri ad essere altrettanto liberi. Sentimenti o altri stati d'animo tenuti repressi, disturbano;
f) Eviti di interpretare ciò che uno dice, e invece comunichi la
propria reazione. Si evita così di sbagliare e di offendere. Non
dire: " Parli per essere al centro…", ma: "… Prova a rimanere
un po' in silenzio in modo che noi possiamo riflettere".
2) Non-direttiva, o centrata sul gruppo: l'animatore è democratico, stimola gli interessi e gli scambi. Presuppone
un gruppo abbastanza maturo e con chiara identità;
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c) L'egocentrico, ciò propone che un problema suo personale e tenta di monopolizzare il gruppo attorno a sé, oltre
che tingere della stessa luce l'argomento di cui il gruppo si
propone di parlare. L'animatore chiarisca pubblicamente
la distorsione ed il disturbo che viene al gruppo; dica che il
problema personale va trattato individualmente e riporti il
gruppo all'argomento scelto;
d) Le fughe dal tema con razionalizzazioni, deviazioni, ritorno al
passato, spostamento all'impersonale, generalizzazioni… L'animatore aiuti a comprendere questi meccanismi, a far prendere coscienza dei timori che li provocano, a capire che si
perde tempo… e cerchi di riproporre il tema. Se il gruppo
resiste, egli aiuti il gruppo a riflettere sul dinamismo di tale
atteggiamento difensivo e a superarlo;
e) I silenzi del gruppo: se il silenzio è " ricco" ( il gruppo
riflette o sta maturando una forte emozione o riflettere su
una decisione), va rispettato come tempo prezioso; se il silenzio è " vuoto" ( imbarazzo nell'intervenire, non si sa più
che dire, senso di sfiducia o di fallimento), l'animatore non
intervenga subito, ma lasci che quello stato pesi sul gruppo
e poi introduca qualche riflessione sul significato di quel
silenzio e aiuti il gruppo a trovarne la dinamica.
Schematicamente si può dire
che i modi di intervento dipendono dalle funzioni che l'animatore democratico intende svolgere nel gruppo. Esse sono:
- facilitare l'emergere degli stati d'animo dei singoli;
- chiarire il significato dei contenuti espressi nel gruppo;
- verificare il processo dinamico presente nel gruppo.
In modo più analitico si possono distinguere modalità di
intervento che riguardano un atteggiamento interno dell'animatore, e altre che riguardano indicazioni che egli dà al gruppo per un corretto procedimento.
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3) Centrata sull'argomento, in cui l'interazione si svolge secondo una dinamica che coinvolge tre fattori:
- L'Io ( la personalità del singolo);
- Noi ( tutto il gruppo);
- L'argomento ( o problema da discutere).
E' necessario che l'animatore mantenga un costante equilibrio tra i tre fattori, altrimenti:
- se il gruppo si fissa solo sull'argomento, si cade nella discussione accademica;
- se si focalizza la personalità di un singolo, si trasforma in
gruppo psicologico;
- se si accentra su tutto il gruppo, si ha un gruppo
terapeutico.
Le funzioni del dialogo sono:
1) Amplificare ciò che uno sente di bene; sviluppare le tendenze naturali; accentuare i dati positivi della cultura ( specialmente di chi è "lontano"!), della sua esperienza ( in cui
c'è sempre qualcosa di positivo), delle aspirazioni e motivazioni. Ciò concorre a sviluppare nei singoli le tendenze
naturali che possono disporre all'accettazione di Cristo;
2) Rilevare il mistero che c'è in ognuno: aiutare tutti a leggere le pagine mai lette del libro della propria vita: aspirazioni mai avvertite o mai messe in relazione al soprannaturale. Come S. Paolo agli Ateniesi: " Quello che voi adorate
senza conoscerlo, ecco io ve lo rivelo" ( Atti 17,23).
3) Interpretare il visibile in rapporto all'invisibile: instaurare un legame tra i due, far vedere come ciò che egli vive
superficialmente si radica in realtà più profonde;
4) Unificare i valori tra loro e con Cristo. Si reca una " Scala di
valori" che aiuta a situare correttamente la realtà e da unità alla
vita: siamo "specialisti dell'insieme"! L'uomo tende a frammentare
la realtà e a vedere a livelli distinti gli avvenimenti.
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Le impostazioni del gruppo possono essere, secondo lo scopo cui si mira:
* Centrato sulla conoscenza: sapere. Quando si vuole studiare una situazione o una questione per capirne i vari aspetti. E' il primo passo;
* Centrato sugli atteggiamenti: saper vivere o essere. Il gruppo si propone di promuovere la conoscenza personale e
reciproca. Ciò richiede autenticità nella comunicazione ed
è possibile nei piccoli gruppi ( 8-12 persone);
* Centrato sul progetto: saper fare. Si mira a realizzare un progetto per cambiare o migliorare la situazione. Occorre raccogliere
informazioni sufficienti e verificare l'impegno preso. Si esaminano gli atteggiamenti assunti dai singoli e del gruppo.
I momenti caratteristici della vita di gruppo, sono:
1) Presentarsi e conoscersi. Non solo dire il nome, età e professione, ma le attese nel gruppo, i motivi per cui uno intende partecipare, interessi, stati d'animo presenti, esperienze di gruppo già vissute;
2) Comunicare. Entrare in rapporto in modo verbale o nonverbale. Attenzione a leggere i messaggi non-verbali, carichi di stato d'animo che spesso non vengono verbalizzati.
Le caratteristiche della comunicazione sono:
- non si può comunicare;
- ogni comunicazione presenta un duplice aspetto:
contenutistico e relazionale;
- la comunicazione è " circolare": a seconda di come si conduce, si determina la modalità del rapporto;
- il rapporto a due può essere simmetrico o complementare, a seconda che la relazione tra i " partners" si svolge su
un piano di parità o di differenza;
3) Osservare e percepire. Con l'osservazione colgo in modo
sistematico le caratteristiche degli argomenti e dei fatti e delle
persone. L'osservazione riguarda sia se stessi che gli altri. Con
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Pretesti per giustificare l'intervento sostitutivo:
- fretta di giungere alle conclusioni;
- gli scarsi risultati raggiunti dal gruppo;
- un inconscio movimento di aggressività o di mammismo
o di narcisismo.
Così si procede per affermazioni, anziché per interrogativi
( forma indiretta di dialogo).
2. L'intervento accademico: in qualcuno si trova la tendenza a digressioni e a spiegazioni intellettuali. Specialmente i
giovani sono allergici a tali digressioni e sono orientati al
fare, alla vita e non a perdersi in ragionamenti;
3. L'intervento pragmatistico: il " veniamo ai fatti, basta con
le chiacchiere!" esprime tale tendenza. Due estremi:
- inflazione della parola: discorsi a vuoto;
- inclinazione al solo fare.
E' necessario che ci sia il momento della riflessione, dell'assimilazione dei valori; non gettare i giovani nell'attivismo senza
aver maturato i motivi fondanti. Non abolire né l'operare né il
discutere, ma dosarli secondo la necessità delle persone.
Nel processo del gruppo possono verificarsi situazioni di fronte alle quali l'animatore deve prendere posizione per risolverle. Le principali situazioni sono:
a) Presenza passiva di uno: tale silenzio disturba tutto il gruppo. L'animatore deve intervenire con
prudenza per stimolare chi non parla; oppure lo può contattare fuori del gruppo;
b) Uno parla troppo: ciò comporta un monopolizzare il
gruppo ed impedire lo svolgimento del discorso e l'apporto di tutti. L'animatore intervenga riassumendo quanto
detto e passando poi la parola ad un altro. In casi insanabili
può intervenire di autorità e togliere la parola;
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la percezione colgo il modo interiore dell'altro nel significato
che egli annette al proprio modo di agire e di sentire. Le osservazioni sono soggettive: discuterle e confrontarle.
I fattori dinamici che si sviluppano nell'andamento del gruppo sono costituite sia dalle esigenze psicologiche che ogni partecipante
porta in sé, che dalla presenza della componente affettiva.
Si trovano forme errate di intervento nel dialogo. Eccole:
1. L'intervento sostitutivo: si trova
quando l'animatore dà le risposte già
confezionate, senza attendere il ritmo
di processo maturativi che il gruppo
segue. Ciò toglie la necessaria libertà e autonomia al gruppo. Gli ecclesiastici sono particolarmente portati a questa
forma di invadenza e di impazienza, data la loro convinzione di essere " maestri" e di avere un'incidenza autorità
in campo religioso. Così si verifica spesso questo tipo di
intervento, in base al quale l'animatore si impone o con la
dolcezza o con l'invocazione all'autorità o alla moralità. La
forma dittatoriale rimane sempre una tentazione subdola nella
vita della Chiesa!
E' vero che i valori non sono democratici, ma assoluti, ma
non si devono confondere i valori con i loro portatori! Noi siamo cercatori dei valori e ministri delle persone che li cercano.
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E' opportuno che l'animatore tenga conto delle principali
esigenze psicologiche dei partecipanti, anche se deve trascurare temporaneamente certi principi o verità oggettive. Le
principali esigenze sono:
- bisogno di sicurezza nel gruppo: se questa viene a mancare,
l'individuo viene preso dall'angoscia e la comunicazione ne soffre. Il gruppo ( l'animatore) deve garantire a tutti piena libertà di
intervento, senza temere conseguenze nei rapporti;
- bisogno di autonomia personale, di godere della propria libertà di pensiero e di essere rispettato per quelle che uno è;
- bisogno di valere per quello che uno sente di essere;
- bisogno di sentirsi accolto e accettato così come è, qualunque sia l'apporto che egli dà al gruppo o il suo livello di vita.
La componente affettiva rientra abbondantemente nell'intenzione che si sviluppa nel gruppo. Si può dire che l'andamento nel gruppo procede su due piste: quella intellettuale e
quella affettiva. Abbiamo il conflitto quando il sentimento
prevale sulla logica. Il conflitto è un fenomeno normale e non
va né ignorato represso, ma gestito in modo costruttivo. La
componente affettiva, che è sempre presente, disturba il rapporto solo la persona o il gruppo tentano di ignorarla o di
nasconderla alterazione le manifestazioni. Così è dannoso:
- ignorare i sentimenti, come se l'uomo fosse una macchina! In tal caso i sentimenti operano a nostra insaputa e in
forme violente. Le decisioni giuste non sono quelle prese "
a freddo", ma vivendo la situazione anche emotivamente e
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tenendo conto delle emozioni presenti;
- nascondere o travisare i sentimenti: agire come se lo stato
d'animo ( nostro e altrui) fosse diverso da quello che è. Conseguenze: rapporti falsi o finti, comunicazioni infruttuose.
Si deve scoprire e capire i moventi di cariche o esplosioni
affettive quando emergono nel gruppo, o quando si sentono circolare velatamente.
I dinamismi psichici che si sviluppano nel gruppo si rivelano anche in alcuni fenomeni che appaiono in momenti successivi del processo che va maturando nel gruppo. I momenti possono essere distinti in: momenti del primo approccio nel gruppo e momenti dell'impegno.
1) I primi approcci nel gruppo sono spesso caratterizzati
dai seguenti atteggiamenti:
* Disorientamento iniziale: specialmente se si imposta il
gruppo secondo i canoni della non-direttività, si nota smarrimento, confusione e frustrazione, frequente cambiamento di argomento, reazioni di protesta, proposte di fare qualcosa di serio;
* Resistenza all'espressione o all'indagine personale: se qualcuno esprime un sentimento, si scatenano reazioni
ambivalenti. Il "Sé privato" è difficile da esprimere e ancor
più da essere accettato;
* Descrizione di sentimenti passati: tendenza naturale a proiettare i sentimenti in luogo e tempo fuori del gruppo;
* Prevalenza dei sentimenti negativi verso qualcuno o verso l'animatore. Così viene saggiata la libertà nel gruppo e il
grado di sicurezza. Esporre sentimenti positivi può provocare o il rifiuto o il coinvolgimento, e ciò fa paura.
c) faccia scaturire la circolazione dei valori e delle idee dall'interno del gruppo, senza imporle dall'esterno.
Il gruppo ha in sé le risorse per camminare e conquistare la verità; è sufficiente che l'animatore stimoli e proponga la verità. Per
questo le funzioni dell'animatore possono ridursi alle seguenti:
- facilitare l'emergere degli stati d'animo;
- chiarire il significato dei contenuti espressi dal gruppo;
- verificare il processo dinamico presente nel gruppo.
Per assolvere tali compiti occorre che l'animatore sia disposto a rinunciare a tre tendenze, che spesso insidiano il
suo lavoro:
* il valere, che pone l'animatore in una posizione di
esemplarità e lo trasforma in " personaggio";
* il potere, che lo fa sentire un " salvatore", uno che supplisce all'incapacità altrui, uno che è indispensabile;
* il sapere, che mette l'animatore in cattedra come " maestro" e
instaura una relazione di apprendimento di tipo scolastico.
Le competenze che l'animatore deve possedere sono:
* un minimo di conoscenza del ruolo di animatore, delle leggi dell'animazione di gruppo e dell'argomento di cui si parla;
* comprensione dei fini del progetto e amore agli stessi con
capacità di spiegarli;
* esperienza ( che però si va acquistando col tempo).
2) I momenti dell'impegno presentano atteggiamenti caratteristici:
a) Libera esplorazione di sé: è segno di maggiore sicurezza,
di fiducia reciproca, di assenza di paure;
b) Comunicazione di sentimenti reciproci, quando c'è fiducia e libertà. I sentimenti possono essere positivi o nega10
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Si può dire che le principali funzioni dell'animatore democratico sono:
- aiutare a identificare gli obiettivi e a realizzarli;
- assicurare l'unione tra i membri;
- dare motivazioni per l'impegno.
I principi operativi possono così riassunti:
* L'animatore mantiene una posizione neutrale di fronte
alle diverse idee o proposte; egli stimola perché i pareri si
chiariscano e giungano ad una soluzione soddisfacente;
* Egli promuove una posizione di equilibrio tra i partecipanti, scoraggiando tentativi di manipolazione o di dominio da parte di qualcuno;
* Fa una " lettura attenta" di quanto avviene nel gruppo, aiutando
tutti a prendere coscienza del significato di quanto avviene nel
gruppo sia a livello verbale, che a quello non-verbale.
E' necessario che l'animatore:
a) non sia un tecnocrato, che si
serve di dati, strumenti o metodi
per raggiungere i suoi fini. Le visioni puramente tecnica del ruolo di animatore comporta una
sua strumentalizzazione che lo distingue dai processi che egli
promuove. Si dice che egli dovrebbe dimenticare la propria
ideologia, modo di essere e di comprendere per riuscire neutrale e non influire sui partecipanti ed essere più obiettivo.
Ma questo è un mito della nostra era: l'asetticità come garanzie di neutralità e di obiettività. In realtà ogni espressione dell'uomo è manifestazione di ciò che egli pensa e vive, che è
sempre influenzata dai vari fattori individuali e sociali;
b) sia un militante, che fa parte dell'ambiente in cui opera,
vive lo stesso stato spirituale dell'ambiente, è portatore dei
bisogni, dei valori e delle tensioni e possiede il linguaggio
dell'ambiente. La sua preparazione tecnica viene così resa
incisiva e potenziata dalla carica di amore e di impegno
che deriva a lui dalla fede di militante;
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tivi. Ciò favorisce una interazione più intima e scambi sempre più personali;
c) Capacità di aiutarsi reciprocamente: c'è partecipazione
alla sofferenza con effetto benefico e curativo. Ciò può avvenire nel gruppo o dopo. Il clima di libertà e di affiatamento favorisce tale circolazione;
d) Accettazione di sé e cambiamento: chi riesce a guardarsi
allo specchio e ad accettare tutti i tratti della propria personalità, sente maggiore libertà e autenticità, che gli permette di diventare sempre più se stesso;
e) Cadono le difese in seguito ai rapporti più liberi nel gruppo; le "maschere" stonano in un clima di libertà reciproca;
f) Circola il " feedback", che consiste nella comunicazione che
informa una persona su come il suo comportamento è stato
percepito, interpretato e vissuto dagli altri. Tale "nutrimento
di ritorno" può disturbare qualcuno perché lo obbliga a prendere coscienza del proprio modo di fare o di pensare, che urta
gli altri. Altre volte può essere gratificante. Si può promuovere il " feedback" con esercizi nel gruppo;
g) Instaurare il confronto: dirsi a vicenda gli aspetti negativi che si vedono nell'altro. Si fa solo quando il gruppo è
ben compatto e ha fiducia. Serve a conoscersi a fondo e a
relazionarsi meglio;
h) Esprimere sentimenti positivi: viene dal clima di calore, di
spirito di corpo e di fiducia nel gruppo. L'animatore può ora
coinvolgersi, se sente di essere maturo e sicuro di sé. Tale clima promuove un profondo cambiamento nel gruppo.
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Della figura dell'animatore del gruppo vedremo: i vari tipi,
i suoi compiti nel gruppo, la sua figura.
Normalmente si distinguono tre
tipi di animatore, a seconda del
modo con cui egli imposta e accompagna la vita del gruppo:
a) autoritario: guida in modo dittatoriale il gruppo inducendo
soggezione, passività e ostilità nei partecipanti;
b) bonario ( o " laisser faire"): non si impegna e lascia il gruppo in balia di se stesso; non dà nessun orientamento né aiuto;
c) democratico: favorisce la collaborazione e il coinvolgimento di
tutti; ha fiducia nel gruppo; si limita a stimolare e a proporre. E' il
tipo più adatto. Il modo democratico di animare un gruppo è
frutto di acquisizione, che ognuno può apprendere. In parte, però,
dipende anche dal temperamento: di qui la necessità che l'animatore si conosca e si corregga.
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I principali atteggiamenti che l'animatore democratico assume nella conduzione
del gruppo, sono:
- prepara bene l'argomento e la modalità dell'incontro;
- propone diverse piste per il cammino e lascia alla discussione
del gruppo il compito di scegliere la pista più adatta;
- permette l'esposizione di qualsiasi punto di vista;
- richiama il gruppo se questo devia dall'orientamento preso all’inizio e di comune accordo;
- attende il giusto momento per eventuali interventi da parte sua;
- aiuta il gruppo a prendere coscienza di conflitti e a gestirli
in modo costruttivo;
- di fronte a domande che gli vengono poste dal gruppo,
rilancia la domanda a chi l'ha formulata, o ad altro partecipato o a tutto il gruppo ( a meno che non si tratti di una
richiesta alla quale solo l'animatore, come esperto, può rispondere correttamente);
- promuove la verifica sui risultati raggiunti e sul funzionamento del gruppo;
- facilita gli scambi di opinione e offre a tutti la possibilità
di esporre il proprio parere;
- chiarisce il senso dei diversi interventi quando non risultano chiari;
- ogni tanto fa il punto su ciò che è avvenuto nel gruppo;
- prende atto e aiuta a gestire fruttuosamente l'emotività;
- fa la sintesi della riunione.
Conviene che l'animatore mantenga il suo ruolo evitando di
considerarsi sia un partecipante che un esperto. Non deve quindi
esprimere la propria opinione su un tema sul quale il gruppo è
impegnato a cercare, a meno che non si tratti di una questione
che solo l'animatore conosce. In quest'ultimo caso, apertamente che non interviene come partecipante o come esperto.
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