Le rivelazioni private e la posizione del Magistero

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Le rivelazioni private e la posizione del Magistero
Le apparizioni mariane
Le rivelazioni “private”
e la posizione odierna del
Magistero della Chiesa
P. Riccardo Barile op
M
edjugorje è oggi parola magica che, per chi è convinto e per chi non lo è, accaparra su di sé
tutti gli elementi del dibattito sulle rivelazioni private all’interno della vita cristiana. In un certo
senso è normale, poiché è il fenomeno più vistoso, al quale è collegato un vasto movimento di persone non senza notevoli frutti di vita cristiana.
Volendo però procedere a un minimo di analisi, è preferibile mantenere Medjugorje in sottofondo e
domandarsi anzitutto che cosa è la rivelazione cristiana e come ad essa si collegano le rivelazioni
private. Lo faremo seguendo il Vaticano II nella Dei Verbum (DV), che è appunto una costituzione
dogmatica sulla divina rivelazione.
I La rivelazione cristiana sino a Gesù Cristo
Le rivelazioni private non avrebbero senso se non inserite nella rivelazione cristiana. San Paolo
infatti sa che alcuni passano a «un altro vangelo» (2Cor 11,4; Gal 1,6), ma lo stesso Apostolo tronca la questione con un deciso: «Però non ce n’è un altro (vangelo)» (Gal 1,7). E il monito vale non
solo per i cristiani del suo tempo, ma per i credenti di tutti i tempi, dunque anche per noi.
Che cosa è la rivelazione?
Prima delle rivelazioni private, si dà una rivelazione pubblica. Che cosa è? È l’azione o l’iniziativa
di Dio con la quale gli piacque «nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il
mistero della sua volontà (cf Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto
carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura (cf Ef
2,18; 2Pt 1,4)» (DV 2).
Come avviene la Rivelazione?
Un tempo si spiegava che Dio parla agli uomini come un maestro, una specie di lezione di catechismo. La realtà e la verità sono più complesse: Dio «nel suo immenso amore parla agli uomini come
ad amici» (DV 2). A sua volta Dio non si limita a parlare, ma anche agisce nel mondo in vista della
nostra salvezza e anche queste azioni sono la rivelazione, «in modo che le opere, compiute da Dio
nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e
le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto» (DV 2). Così, tanto per portare un esempio immediato, sono rivelazione i discorsi di Gesù nei vangeli, ma è rivelazione lo
stesso Gesù crocifisso.
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La rivelazione è progressiva e culmina in Cristo
Contrariamente a un presupposto molto ingenuo, Dio non ha compiuto la rivelazione tutta e subito,
ma ha proceduto per gradi, tollerando credenze e situazioni che solo in seguito sarebbero state corrette, perché così procede la storia dell’uomo e ad essa Dio si adatta. Tanto per portare nuovamente
un esempio immediato, Dio ha rivelato ad Abramo gli inizi della salvezza, ma non è intervenuto a
proibirgli di avere due mogli “principali” e altre mogli... “secondarie”: allora si usava così e Dio si
è adattato.
La progressività della rivelazione comprende i misteriosi messaggi di Dio all’umanità prima di
Abramo, poi le sue parole e la sua storia con i patriarchi, con i giudici e i re d’Israele, con i profeti,
con i sapienti eccetera, insomma tutto l’Antico Testamento. Gesù Cristo, con le sue parole e con la
sua vita, ha portato a compimento tutto ciò. Egli è «il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione» (DV 2).
In altri termini, tutto va spiegato collegandolo a Cristo (mediatore) e di tutto Cristo è il senso ultimo
poiché tutto tende a Lui e in Lui trova compimento e perfezione (pienezza).
Se così è, «l’economia cristiana, in quanto è alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è
da aspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore
nostro Gesù Cristo (cf 1Tm 6,14 e Tt 2,13)» (DV 4). Dunque le rivelazioni private non possono
aggiungere qualcosa alla rivelazione di Gesù Cristo, non possono arricchirla, completarla, perfezionarla.
II La rivelazione cristiana da Gesù Cristo a noi e le rivelazioni private
La tradizione
Morto Gesù e assunto al cielo, il suo messaggio è stato trasmesso dagli Apostoli, con la morte dei
quali si è chiusa la rivelazione pubblica.
Gli apostoli hanno scritto relativamente poco – Gesù non ha scritto nulla! –, ma hanno predicato e
fondato le chiese trasmettendo «tutto quanto contribuisce alla condotta santa e all’incremento della
fede nel popolo di Dio» (DV 8). Dunque hanno trasmesso degli scritti (i vangeli, le loro lettere), ma
soprattutto il modo di vivere la vita cristiana, di praticare il culto, di interpretare le Scritture: è la
“tradizione”.
La pastorale
Così, attraverso questa tradizione che resta nella Chiesa attraverso i successori degli Apostoli e le
generazioni dei credenti, «Dio, che ha parlato in passato, non cessa di parlare (...) e lo Spirito Santo,
per mezzo del quale la viva voce del Vangelo risuona nella Chiesa, e per mezzo di questa nel
mondo, introduce i credenti a tutta intera la verità e fa risiedere in essi abbondantemente la parola di
Cristo (cf Col 3,16)» (DV 8).
Questo “parlare di Dio oggi” avviene attraverso la pastorale concreta della Chiesa, la quale celebra
la liturgia; spiega le Scritture illustrandone il messaggio in riferimento alla pienezza di Cristo e al
momento presente; valuta gli avvenimenti, la storia e la cultura di questo mondo aiutando i credenti
a scorgervi l’azione di Dio da accogliere, ma anche la malvagità degli uomini e del demonio da
rifiutare e da combattere eccetera.
Le rivelazioni private
È esattamente a questo punto che si situano le rivelazioni private. Quando sono autentiche, sono un
“parlare di Dio oggi” – spesso attraverso la Madonna e dei “veggenti” – non per proporre un nuovo
vangelo, ma per inserirsi nella pastorale della Chiesa che adatta all’oggi la pienezza del vangelo di
Cristo. Anzi, come nota un recente documento del Comitato teologico dei vescovi canadesi, l’espressione “rivelazioni private” è «infelice, perché ogni rivelazione è destinata, prima o dopo, a
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diventare pubblica. Sarebbe meglio parlare di “rivelazioni speciali” o “particolari”, secondo il dettato del Concilio di Trento» (Rivelazione e rivelazioni private in Settimana 15/2012, p. 8).
III La sollecitudine della Chiesa - Criterio generale
A fronte delle rivelazioni private – Medjugorje compresa –, la prima difficoltà è di verificare se
sono attendibili e autentiche. Una successiva difficoltà è come inserirle armonicamente nella pastorale della Chiesa, presupponendo che, se la risposta al primo punto è stata positiva, la pastorale
della Chiesa si lascerà in qualche modo “interpellare” da esse.
I documenti del passato
I documenti del passato tengono una linea molto discreta, oggi si direbbe “di basso profilo”. Spesso
si limitano a rilevare che “non c’è nulla contro il vangelo” e quindi si possono seguire le indicazioni
di certe rivelazioni/apparizioni private. Anche quando arrivano a garantire la “soprannaturalità”
dell’evento, non chiedono mai ai credenti un’adesione di fede.
È significativo che, quando si istituì la celebrazione liturgica della Madonna di Lourdes all’11 febbraio, uscì subito la precisazione che la festa liturgica non comportava un giudizio magisteriale
autorevole sulle apparizioni/rivelazioni e dunque non implicava l’adesione di fede dei credenti.
Il criterio di fondo di un documento recente
Nei tempi moderni, Paolo VI il 24 febbraio 1978 approvò alcune Norme sul modo di procedere nel
valutare alcune apparizioni o rivelazioni, documento emanato il giorno dopo dalla Congregazione
per la Dottrina della fede. Il documento fu inviato ai soli vescovi, ma, essendo ormai conosciuto
anche da altri, il 14 dicembre 2011 la stessa Congregazione l’ha reso pubblico arricchendolo di una
Prefazione che tiene conto del n. 14 dell’esortazione postsinodale Verbum Domini di Benedetto
XVI, che esplicita il pensiero di fondo e la posizione di oggi della Chiesa in argomento.
Benedetto XVI, affermato che Gesù Cristo è la parola definitiva e che non c’è da aspettarsi alcuna
altra rivelazione, prosegue indicando alcuni criteri “alti”:
- bisogna aiutare i fedeli a distinguere bene la Parola di Dio dalle rivelazioni private;
- le rivelazioni private non completano la rivelazione definitiva di Cristo, ma aiutano a viverla più
pienamente in una determinata epoca storica;
- «il criterio per la verità di una rivelazione privata è il suo orientamento a Cristo stesso»;
- mentre la rivelazione pubblica esige la fede, la rivelazione privata è solo «un aiuto per questa
fede»;
- «l’approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata indica essenzialmente che il relativo
messaggio non contiene nulla che contrasti la fede ed i buoni costumi»;
- ci può anche essere un aspetto positivo, e cioè «una rivelazione privata può introdurre nuovi
accenti, fare emergere nuove forme di pietà o approfondirne di antiche. Essa può avere un certo
carattere profetico (cf 1Tess 5,19-21) e può essere un valido aiuto per comprendere e vivere
meglio il Vangelo nell’ora attuale; perciò non lo si deve trascurare. È un aiuto, che è offerto, ma
del quale non è obbligatorio fare uso».
Questo punto è molto importante perché è abbastanza nuovo: nessun obbligo ma neppure nessun disprezzo o sottoconsiderazione sul valore positivo di certi messaggi. Ad esempio, se a volte
non si muovesse la Madonna a chiedere preghiera e penitenza, i preti e i laici impegnati sarebbero altrettanto solleciti a lanciare questo messaggio?
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IV. Scendendo al pratico e a Medjugorje
Non è il caso di soffermarsi su tutto il complesso procedimento nel caso del discernimento di una
apparizione o rivelazione privata con un relativo messaggio per i fedeli. Ricordo soltanto che il
primo giudice è il vescovo diocesano.
In senso generale bisogna sempre tenere presente il condizionamento storico delle rivelazioni private: parlano con il linguaggio del momento e i veggenti si esprimono con il loro immaginario. Come
d’altra parte la stessa Sacra Scrittura. Ciò non toglie che nella Chiesa vi possa essere poi un progresso nella teologia e nella preghiera stessa, che non può essere “bloccata” ai tempi e ai modi della
rivelazione privata. Ad esempio: a Lourdes la Madonna ha raccomandato il Rosario, ma oggi a
Lourdes il Rosario si recita in modo più evoluto e la liturgia non è più quella corrente all’epoca
delle apparizioni.
Arriviamo ora a Medjugorje.
Ci sono tre perplessità: a) l’eccessiva durata dei messaggi nel tempo, che non favorisce il loro confluire nell’ordinaria pastorale della Chiesa, come invece è avvenuto per Lourdes e Fatima quando i
messaggi si sono conclusi; b) la proliferazione di parole legata al persistere dei tanti messaggi, che
rischia di “annacquare” la forza dei messaggi e questo a differenza di Lourdes e Fatima, messaggi
relativamente brevi nel tempo e dunque ben caratterizzati; c) la questione spinosa dei francescani
locali che la Madonna nei messaggi avrebbe “sponsorizzato” e
che invece per un certo periodo
furono in difficoltà con l’autorità
ecclesiastica.
Le perplessità, da tenersi presenti
e da seriamente considerarsi, non
annullano tuttavia i tanti frutti di
vita cristiana, che vanno riconosciuti e incrementati.
Ma... ma... in ultima analisi le
“autentiche” rivelazioni private
tendono a superare se stesse per
portare a vivere intensamente nell’ordinario; a credere senza vedere; ad accontentarsi di vedere i
segni sacramentali e di udire le
parole delle Scritture interpretate dalla pastorale della Chiesa; ad accettare l’opacità della vita con la
luce della fede.
In fondo è il tragitto di santa Bernardetta che, malata e sofferente, alla proposta di ritornare a
Lourdes, disse “la grotta non è più per me”. E questo non perché le apparizioni/rivelazioni di
Lourdes e le guarigioni non fossero vere, ma perché in quel momento era più decisivo per lei, attraverso la malattia e la sofferenza, partecipare alla passione e alla croce di Cristo per giungere alla
gloria della risurrezione. Come recita la preghiera conclusiva dell’Angelus.
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