TESTO PROVVISORIO 1 Innanzitutto vorrei ringraziare gli
Transcript
TESTO PROVVISORIO 1 Innanzitutto vorrei ringraziare gli
TESTO PROVVISORIO È POSSIBILE UN MATRIMONIO VALIDO SENZA FEDE? MONTSERRAT GAS AIXENDRI Innanzitutto vorrei ringraziare gli organizzatori del Corso l’invito a fare questa relazione. Nel contesto dell’Anno della fede, in effetti, credo sia molto opportuno trattare la questione sulla rilevanza della fede e sul ruolo della fede nel matrimonio dei cristiani. 1. Introduzione Rischiando di proporre uno schema a prima vista troppo semplice per dare risposta alla domanda che mi è stata proposta (e cioè se sia possibile un matrimonio valido senza la fede), vorrei porre come punto di partenza -e in quest’ordine- due quesiti che ritengo fondamentali, e sui quali svilupperò le riflessioni successive. A mio avviso, la prima domanda da farsi è: cos’è il matrimonio sacramentale? Cosa significa che il matrimonio dei battezzati sia sacramento, e cosa aggiunge l’essere sacramento al matrimonio? In secondo luogo dobbiamo domandarci cosa sia la fede? Cosa intendiamo per fede quando parliamo della sua necessità per la valida costituzione del matrimonio sacramentale? Mi sembra questa una questione non indifferente, spesso sottaciuta dalla Dottrina, la quale dà per scontato la sua comprensione, ma senza precisare cosa sia. Trovata risposta a queste domande, dovremo affrontare brevemente la questione riguardante l’intenzione necessaria a porre validamente il segno sacramentale del matrimonio, senza dimenticare un riferimento agli aspetti più pratici: sia sulla disciplina vigente nei codici canonici che sulla giurisprudenza più recente in questa materia. Iniziamo dunque dalla prima domanda. 2. Cosa è il matrimonio sacramentale? Per essere in grado di giungere ad un'analisi concreta sulla rilevanza della fede nel matrimonio cristiano, è necessario partire dalla stessa realtà. Cos’è il matrimonio se non un rapporto interpersonale? Nel matrimonio l'uomo e la donna sono uniti nella loro struttura naturale, specificamente nella loro dimensione coniugale. In questo modo si può affermare che il matrimonio segue la natura umana1: nello stesso modo in cui la grazia divina non distrugge la natura ma la perfeziona, il battesimo eleva la creatura umana alla dignità di figlia di Dio senza che perciò smetta di essere persona2. Nel sacramento del matrimonio il vincolo coniugale è elevato al piano soprannaturale rimanendo comunque tale o, per meglio dire, adeguandolo alla condizione di coloro che sono figli di Dio3. Per valutare il matrimonio quale sacramento della Nuova Legge, occorre partire dalla comprensione della sua peculiarietà nei confronti degli altri sei. È stato Giovanni Paolo II a 1 Cf. J. HERVADA, Diálogos sobre el amor y el matrimonio, Pamplona 1987, 310. Cf. SAN TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, 1. 1. 8. ad 2. 3 L'irreversibilità che caratterizza l'ordine della redenzione non ha un senso negativo, mette piuttosto in rilievo che fa parte del disegno oggettivo di Dio, il quale supera l'umana volontà. E' dunque impossibile —e per altro, assurdo— tornare indietro ad uno «stato naturale»; pretendere questo passo nella storia della salvezza sarebbe lo stesso che rinunciare ad un sano progresso che conduce le cose create alla sua perfezione ultima (vale a dire, al pieno adempimento del disegno divino su ogni realtà creata). 2 1 TESTO PROVVISORIO riassumere in poche righe questi tratti: “il sacramento del matrimonio ha questo di specifico fra tutti gli altri: di essere il sacramento di una realtà che già esiste nell'economia della creazione, di essere lo stesso patto coniugale istituito dal Creatore «al principio»”4. Il matrimonio sacramentale è sostanzialmente la stessa realtà del principio, ma accidentalmente adeguata -senza alterazioni o cambiamenti sostanziali- alla nuova creatura che sorge dalla rigenerazione battesimale5. Perciò può affermarsi che la sacramentalità del matrimonio è la dimensione soprannaturale o di grazia che il matrimonio ha dal principio per volontà di Dio, e che acquista un valore particolare nell’istituire Cristo questa realtà quale uno dei sette sacramenti della Nuova Legge6. 3. Cos’è la fede? In secondo luogo dobbiamo affrontare la questione sulla fede: cosa sia la fede e in quale misura è necessaria alla valida celebrazione delle nozze cristiane. Il matrimonio è certamente uno dei sette sacramenti istituiti da Cristo. Per la valida celebrazione dei sacramenti, ci dice il Concilio Vaticano II, è neccessaria la fede7. Il can. 836 CIC specifica che il culto cristiano, in quanto esercizio del sacerdozio comune dei fedeli è opera che procede dalla fede e in essa si fonda. Ma la tradizione della Chiesa non considera necessaria per la validità dei sacramenti, né la fede personale del ministro né –a eccezione della penitenza- quella del soggetto che lo riceve, essendo presente sempre la fede della Chiesa8. La fede dei soggetti incide sulla fruttuosità dei sacramenti, non sulla validità9. D’altra parte occorre anche considerare in quali stati si può trovare la fede soprannaturale nel battezzato. San Tommaso, a proposito dell’amministrazione del battesimo ai bambini, distingue tra la fede come abito e la fede come atto10. Nel Catechismo dell Chiesa Cattolica si sottolinea il fatto che la Santissima Trinità dona al battezzato la grazia 4 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica Familiaris consortio, n. 68. Il termine accidentale viene adoperato in senso metafisico: non significa dunque che si tratti di qualcosa di poco importante, ma rileva il fatto che non cambia la natura –la sostanza- del matrimonio. 6 Il matrimonio del principio non è stato istituito quale realtà profana: aveva già una dimensione soprannaturale di grazia -alla stregua della natura umana nello stato di giustizia originale- superiore a quanto richiesto dalla pura dimensione naturale. Non esiste pertanto un matrimonio solo naturale, sprovisto di significato davanti a Dio. Infatti nell'intera catechesi di Giovanni Paolo II sull'amore umano viene messa in rilievo la continuità tra il matrimonio della creazione sacramento primordiale e quello della redenzione, sacramento della Nuova Legge: cf. GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, Roma 1985. Di fatto, l'ordine voluto da Dio un ordine in Cristo, e pertanto soprannaturale dall'inizio. Cf. M.A. ORTIZ, Sacramento y forma del matrimonio, Pamplona 1995, 20. 7 Concilio Vaticano II, Cost. Dogmatica Sacrosanctum Concilium n. 59: “I sacramenti sono ordinati alla santificazione degli uomini, alla edificazione del corpo di Cristo e, infine, a rendere culto a Dio (...) Non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono; perciò vengono chiamati «sacramenti della fede». Conferiscono certamente la grazia, ma la loro stessa celebrazione dispone molto bene i fedeli a riceverla con frutto, ad onorare Dio in modo debito e ad esercitare la carità”. 8 Precisa il Catechismo della Chiesa Cattolica nel n. 1124 che “la fede della Chiesa precede la fede del credente, che è invitato ad aderirvi. Quando la Chiesa celebra i sacramenti, confessa la fede ricevuta dagli Apostoli”. 9 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1127: “Degnamente celebrati nella fede, i sacramenti conferiscono la grazia che significano. Sono efficaci perché in essi agisce Cristo stesso: è lui che battezza, è lui che opera nei suoi sacramenti per comunicare la grazia che il sacramento significa. Il Padre esaudisce sempre la preghiera della Chiesa di suo Figlio, la quale, nell'epiclesi di ciascun sacramento, esprime la propria fede nella potenza dello Spirito. Come il fuoco trasforma in sé tutto ciò che tocca, così lo Spirito Santo trasforma in vita divina ciò che è sottomesso alla sua potenza. Cf. T. RINCÓN-PÉREZ, Fe para la celebración del matrimonio, in J. OTADUY-A. VIANA, J. SEDANO, Diccionario General de Derecho Canónico, vol. III, Cizur Menor 2012, 937-938. 10 SAN TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, 3. 69. 6 c. 5 2 TESTO PROVVISORIO santificante che “lo rende capace di credere in Dio, di sperare in lui e di amarlo per mezzo delle virtù teologali” così che “tutto l’organismo della vita soprannaturale del cristiano ha la sua radice nel santo Battesimo”11. Si può perciò affermare che la fede, in quanto virtù infusa o abito è radicata nell’anima di ogni cristiano per il battesimo e lo rende per sempre capace per realizzare gli atti propri della vita soprannaturale. D’altra parte, secondo San Tommaso, la fede è anche un atto personale di adesione a Dio che ci rivela le verità oggetto della fede12. Il Catechismo della Chiesa insegna che “credere è un atto dell’intelletto che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della grazia, dà il proprio consenso alla verità divina”13. L’atto di fede personale non è qualcosa che dipende interamente dal soggetto che lo pone, ma ha bisogno dell’aiuto divino. Non sono mancati coloro che, negli anni 80 e 90, hanno propugnato la necessità di un atto di fede personale nei nubenti per la validità del sacramento: ma quale contenuto deve avere questo atto? È un atto di fede specifico nella sacramentalità del matrimonio, oppure un atto di adesione alla totalità dei contenuti rivelati? E se è un atto di fede personale nella sacramentalità, come misurarlo? Esiste un minimo richiesto? Come valutare tale atto di fede in persone spesso non preparate teologicamente? cosa devono capire del sacramento del matrimonio? Sono molti i dubbi e le incertezze sollevati da questa interpretazione, ormai superata per il suo contrasto con il più recente magistero ecclesiale. Ma il principale problema a mio avviso è di fondo. Se affermiamo con Hervada che la fede personale è un elemento “metagiuridico” non lo facciamo per evitare dei problemi, ma per aderenza alla verità: perché la luce della fede non apporta al cristiano una conoscenza nuova e neccessaria per porre in atto l’oggetto del consenso matrimoniale. Non possiamo dimenticare un fatto teologico importante: la sacramentalità del matrimonio ha la sua radice nel sacramento del battesimo14. Attraverso il battesimo la persona è capace di agire come un cristiano. E in riferimento al matrimonio, potremmo afirmare che il battezzato è capace di sposarsi come figlio di Dio, di modo che la sua unione veramente matrimoniale abbia il significato sacramentale. Il battezzato è capace -anche per la fede informe ricevuta nel battesimo- a porre il segno sacramentale. 4. L’intenzione nel matrimonio sacramentale Nell’ultimo Discorso alla Rota, Benedetto XVI ricorda che “il patto indissolubile tra uomo e donna, non richiede, ai fini della sacra mentalità, la fede personale dei nubendi; ciò che si richiede, come condizione minima necessaria, è l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa”. Nel matrimonio la stessa realtà creata (il matrimonio del principio) è stata elevata alla dignità di sacramento, senza trasformarne la sostanza15. Ovviamente questa caratteristica 11 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1266. Cf. Ibidem, n. 176. 13 Cf. Ibidem. 14 Cf. T. RINCÓN-PÉREZ, Fe para la celebración del matrimonio, cit., 942. 15 Invece, nell'istituire gli altri sei sacramenti come segni visibili della sua azione o "grazia" invisibile, Cristo prese delle realtà esistenti nell'ordine della natura (una cosa, un gesto, come per esempio il pane, il vino, il versare l'acqua, l'ungere con olio) per trasformarle in segno di una realtà soprannaturale. La cosa, il gesto, l'atto scelti da Cristo, come segni e mezzi della sua azione, non sono elevati alla dignità di sacramento quali sono e restano nell'ordine della natura, ma sono riti specificamente religiosi, ai quali Cristo ha voluto conferire la forma esterna di azioni della vita ordinaria. Cfr. A.M. ABATE, Il matrimonio nella nuova legislazione canonica, Roma-Brescia 1985, p. 20; nello stesso senso, J. HERVADA, La inseparabilidad entre contrato y sacramento, in AA.VV., Cuestiones fundamentales sobre matrimonio y familia. II Simposio 12 3 TESTO PROVVISORIO fa del matrimonio un sacramento del tutto particolare, e spiegherebbe il fatto che in esso —a differenza degli altri— non sia necessaria un'intenzionalità diretta specificamente a costituire il sacramento, proprio perché il segno sacramentale (materia e forma) non è diverso della realtà matrimoniale stessa. Perciò l'intenzione di fare ciò che vuole la Chiesa (che è l'intenzione minima per amministrare e ricevere un sacramento) nel matrimonio coincide esattamente con l'intenzione di contrarre un vero matrimonio secondo il disegno divino, vale a dire, “secondo la realtà naturale della coniugalità”16. Cosa devono volere gli sposi battezzati per contrarre un valido matrimonio sacramentale? L'atto del consenso deve includere il sacramento o rivolgersi verso il “matrimonio sacramentale”? Come ha sottolineato lo stesso Benedetto XVI, “è importante non confondere il problema dell’intenzione con quello della fede personale dei contraenti”. In effetti, il n. 68 dell’Esortazione apostolica Familiaris consortio, non fu interpretato univocamente dalla dottrina rimanendo il dubbio sulla determinazione del grado minimo d’intenzionalità sacramentale necessario per consentire l’ammissione al matrimonio nella Chiesa17. Questa situazione fu posteriormente chiarita dallo stesso Giovanni Paolo II nei discorsi rivolti al Tribunale della Rota Romana negli anni 2001 e 2003, affermava che il modo di comprendere correttamente l'atto del consenso nel matrimonio sacramentale è metterlo in rapporto alla dimensione naturale dell'unione, poiché il matrimonio quale sacramento “è il solo che non si riferisce ad un’attività specificamente orientata al conseguimento di fini direttamente soprannaturali”18. Se il fedele ha l’intenzione di sposarsi e di legarsi in un amore unico ed indissolubile, in modo implicito possiede anche quella disposizione personale che si deve presumere in qualunque battezzato19. Non si richiede dunque un’adesione esplicita alla sacramentalità per emettere un valido consenso, dal momento in cui basta un atteggiamento di – consapevole o inconsapevole- obbedienza alla volontà di Dio, la quale viene espressa nella decisione d’impegnare tutta la vita in un amore indissolubile ed in una fedeltà incondizionata20. 5. La sacramentalità del matrimonio ed il ruolo della fede nel CIC L'insieme della vigente disciplina canonica è incentrata nella dimensione naturale del matrimonio, proprio perché gli aspetti sostanziali del vincolo cristiano sono gli stessi dal principio21. È vero che la sacramentalità è presente in alcuni canoni del codice: da una parte, il matrimonio è collocato nel contesto della funzione di santificare della Chiesa, nel Libro IV del Codice latino, e proprio i due primi canoni -il 1055 ed il 1056- fanno riferimento Internacional de Teología, Pamplona 1980, pp. 268-269; W. KASPER, Teologia del matrimonio cristiano, 2ª ed., Brescia 1985, p. 35. 16 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana, 30-I-2003, n. 8, cit., p. 5. 17 M. RIVELLA, Gli sviluppi magisteriali e dottrinali sull’esclusione della dignità sacramentale nel matrimonio, in H. FRANCESCHI-J. LLOBELL-M.A. ORTIZ (a cura di), La nullità del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione della «Dignitas Connubii», Roma 2005, 311-312. 18 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana, 1-II-2001, n. 8; cf. M.A. ORTIZ, Volontà matrimoniale naturale e rifiuto della dignità sacramentale, cit., ( 4 copia). 19 Cf. L. SABBARESE, Fede, intenzione e dignità sacramentale nel matrimonio tra battezzati, “Periodica” 95 (2006), 306. 20 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. Familiaris consortio n. 68; M.A. ORTIZ, Volontà matrimoniale naturale e rifiuto della dignità sacramentale, cit., (4 copia). 21 Non manca però chi considera questo fatto una carenza e propone una rivalutazione del sacramento anche sul piano giuridico canonico: cf. E. CORECCO, Il sacramento del matrimonio: cardine della costituzione della Chiesa, in Ius et Communio. Scritti di Diritto Canonico, a cura di G. BORGONOVO E A. CATTANEO, Casale Monferrato 1997, pp. 564-591; J.M. SERRANO RUIZ, L'ispirazione conciliare nei principi generali del matrimonio canonico, cit., 50-55. 4 TESTO PROVVISORIO all'inseparabilità tra realtà naturale e sacramentale22. L'affermazione contenuta nel c. 1055 § 2 del CIC (tra battezzati non esiste vero matrimonio che non sia sacramento), costituisce una dichiarazione teologica che in qualche modo condiziona il soggetto battezzato: quando si vuole un vero matrimonio tra battezzati, si riceve il sacramento23. La Chiesa considera lo scambio del consenso tra gli sposi come l’elemento indispensabile che costituisce il matrimonio24. Nella definizione del consenso matrimoniale dei battezzati e del suo oggetto il can. 1057 CIC non accenna ad alcun elemento sacro e non considera per la validità altra volontà che la donazione coniugale. Si potrebbe dire che per il Legislatore canonico “solus consensus facit nuptias” e per i battezzati “solus consensus facit sacramentum”25. Né la sacramentalità né le disposizioni soprannaturali dei nubenti vengono considerati come elementi della capacità matrimoniale, né la loro mancanza rientra quale impedimento o circostanza limitante l’abilità per sposarsi. Il Codice non prende in considerazione la fede personale dei nubenti tra i requisiti per accedere alla celebrazione canonica delle nozze né come fatto necessario alla preparazione, né come requisito di capacità o causa diretta di nullità. A suo tempo il Coetus redattore del Codice ritenne che non si poteva impedire di contrarre validamente anche a coloro che, avendo rigettato la fede, erano stati battezzati nella Chiesa a scopo di salvaguardare lo ius connubii di questi fedeli. Lo stesso criterio segue il Codice per quanto riguarda la disciplina dei matrimoni misti26. Infine, dalla prospettiva dei capi di nullità, sono solo due i canoni che -esplicita o implicitamente- fanno riferimento alla dignità sacramentale del matrimonio: quello sul c.d. errore determinante della volontà27 (c. 1099 CIC) e quello riguardante la simulazione (c. 1101 CIC). Il CIC considera possibile che un rifiuto della dignità sacramentale del matrimonio possa intaccare la validità del matrimonio. Rifiuto che potrebbe avvenire laddove manchi la fede personale. Affronteremo questi due capi più avanti. 6. Alcune considerazioni di indole pratica Per confermare quanto detto finora è utile riscontrarlo nella realtà e nella tradizione che è vissuta da secoli nella Chiesa. Non sarebbe infatti logico proporre una lettura sul ruolo della fede personale nella validità del sacramento del matrimonio che non fosse coerente o che mettesse in discussione i capisaldi della disciplina e della tradizione ecclesiale. Sono tre i punti da considerare: a) Validità dei matrimoni celebrati dai non battezzati che poi ricevono il battesimo 22 A nostro avviso, e seguendo la stregua segnata dal Santo Padre nel discorso alla Rota dell’anno 2003, come in quello 2001, più che d'inseparabilità, bisogna parlare d'identità sostanziale, poiché il segno sacramentale altro non è che la stessa donazione coniugale. 23 Cf. C. BURKE, La sacramentalità del matrimonio: riflessioni canoniche, in AA.VV., Sacramentalità e validità del matrimonio nella giurisprudenza del Tribunale della Rota Romana, Città del Vaticano 1995, 156. 24 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1625. 25 Cf. J. MIRAS, Consentimiento y sacramentalidad. Reflejos de la sacramentalidad del matrimonio en la regulación jurídica del consentimiento en el CIC y en el CCEO, “Fidelium Iura” 14 (2004), 145. 26 Cf. G. BERTOLINI, Intenzione coniugale e sacramentalità del matrimonio Intenzione coniugale e sacramento del matrimonio. Il dibbattito contemporaneo, Padova 2008, 32-35. 27 Il testo del c. 1099 CIC 1983 (come il c. 822 del CCEO) afferma: “Error circa matrimonii unitatem vel indissolubilitatem aut sacramentalem dignitatem, dummodo non determinet voluntatem, non vitiat consensum matrimonialem”. Sulla genesi del canone e la stesura finale proposta per il 1099, ed indirettamente per il 1101 § 2, cf. M. GAS AIXENDRI, Relevancia canónica del error sobre la dignidad sacramental del matrimonio, Roma 2001, 33-39. 5 TESTO PROVVISORIO “La Chiesa cattolica ha sempre riconosciuto la validità dei matrimoni tra i non battezzati, che diventano sacramento cristiano mediante il Battesimo dei coniugi”28, e quindi senza bisogno di alcuna intenzione diretta a porre il sacramento né di alcun atto di fede personale. Allo stesso modo, la Chiesa “non ha dubbi sulla validità del matrimonio di un cattolico con una persona non battezzata se si celebra con la dovuta dispensa”29. Evidentemente si tratta di un matrimonio non sacramentale, poiché uno dei nubendi non è cristiano, ma che potrebbe diventare tale dal momento che questi ricevesse il battesimo. b) Validità e sacramentalità del matrimonio dei cattolici apostati della fede e dei fratteli non in piena comunione Come abbiamo accennato, la Chiesa non solo permette il matrimonio tra un cattolico ed un apostata, ma anzi, continua ad obbligarli a contrarre in forma canonica30. Apostata è colui che ha realizzato un’atto esplicito e formale di rifiuto dalla fede e, secondo i teologi, il suo matrimonio con un altro battezzato è sacramentale suo malgrado. La Chiesa accetta come valido, canonico e sacramentale un tale genere di unione coniugale. Come spiegare questo se la fede attuale fosse un requisito necessario per la valida ricezione del sacramento e quindi per la validità stessa del matrimonio? La Chiesa pure permette e considera validi e canonici i matrimoni misti, a patto che non ci sia pericolo per la fede della parte cattolica. Questo è così, non perché si rischi l’invalidità per mancanza d’intenzione sacramentale: per concedere infatti la licenza si richiede solo “che entrambe le parti conoscano e non escludano i fini e le proprietà essenziali del matrimonio; e che la parte cattolica confermi gli impegni, di conservare la propria fede e di assicurare il battesimo e l'educazione dei figli nella Chiesa cattolica”31. c) Discriminazione dei non credenti e lesione del loro ius connubii Lo ius connubii è un diritto naturale radicato nella condizione di persona e, nel contempo, un diritto fondamentale intraecclesiale fondato nella condizione di battezzato32. Lo status di fedele non modifica nel battezzato i suoi diritti naturali33. Lo ius connubii non cambia contenuto, né ha un'ampiezza maggiore o minore rispetto a quello appartenente al non battezzato. I fedeli hanno diritto a contrarre vero matrimonio; vale a dire, a contrarre il vincolo sacramentale, in sintonia con la loro condizione di battezzati34, siano i nubenti credenti o meno, che abbiano adeguate disposizioni spirituali o meno. 28 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana, 30-I-2003, n. 8. Ibidem. 30 Come è saputo, il Motu Proprio Omnium in mentem del 26 ottobre 2009 ha modificato il can. 1117 CIC, stabilendo l’obbligo di contrarre in forma canonica a tutti i battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti, senza escludere coloro che avessero realizzato un atto formale di abbandono della Chiesa. Sull’argomento, vid. M.A. ORTIZ, La soppressione dell’actus formalis defectionis ab Ecclesiae catholica e l’obbligo della forma canonica nel matrimonio, “Euntes Docete” 65 (2012), 75-102. 31 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1636. Can. 1125 CIC. 32 In quanto il matrimonio, comunione di persone, è insito nella natura umana —maschile e femminile— come modo specifico di realizzare la vocazione personale all'amore. Cf. Esort. Ap. Familiaris consortio n. 11. 33 S. TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, 1-2. 10. 10 c.: “ius divinum quod est ex gratia, non tollit ius humanum quod est ex naturali ratione”. 34 Cf. T. RINCÓN-PÉREZ, El derecho a contraer matrimonio de los católicos no creyentes, in El matrimonio cristiano, cit., 268. 29 6 TESTO PROVVISORIO Richiedere per la validità del vincolo dei fedeli requisiti o attuazioni non esigibili ai non battezzati, equivarrebbe a stabilire una limitazione non giustificata allo ius connubii35, collocando il fedele in una posizione di svantaggio rispetto a chi fedele non è, fatto, che contraddirebbe apertamente la logica dell'elevazione soprannaturale. Questo è il motivo per il quale la commissione codificatrice rifiutò la proposta di introdurre quale impedimento il “notorio abbandono della fede cattolica”: in effetti, chi abbandona la fede, perfino aperta e pubblicamente, non perde il diritto al connubio, il quale per lui non può che essere sacramentale se sposa un altro battezzato36. Tale esigenza è una manifestazione del rispetto dell'ordinamento canonico verso i diritti fondamentali della persona37. Va inoltre rilevato un fatto non indifferente nel considerare la dimensione soprannaturale del matrimonio e nel valutarne la rilevanza: tale dimensione è –come abbiamo potuto osservare- un dono divino non condizionato dall'effettiva risposta di fede e di fedeltà cristiana degli sposi. “La sacramentalità interpella la libertà umana per rispondere alla grazia, ma lo fa con quella generosità e con quel rispetto per tale libertà che consentono di comprendere l'esistenza di matrimoni sacramentali in cui l'obiettività del dono sacramentale (legato al carattere battesimale dei coniugi) resta infruttuosa, ma senza che perciò possa ritenersi inesistente la realtà umana e sacramentale del matrimonio (compresa anche la sua intrinseca dimensione familiare)”38. Sostenere la possibilità di celebrare un valido coniugio per i non credenti, non solo rappresenta una giusta difesa della loro dignità, della loro capacità e libertà di esercitare un diritto innato quale è lo ius connubii, ma implica anche la tutela della loro stessa libertà di risposta al dono della fede39. 7. Le più recenti tendenze giurisprudenziali La prassi giurisprudenziale è fonte che contribuisce a fare un’interpretazione viva del diritto positivo, proprio perché ci permette non perdere il contatto con la realtà. In un argomento prevalentemente teorico come quello su cui riflettiamo, ci sembra particolarmente necessario non distogliere lo sguardo dalla realtà40, fatto che ci permette mantenere il necessario equilibrio tra quello che si può ipotizzare e quello che veramente succede nella vita dei fedeli. A) Gli argomenti della giurisprudenza tradizionale Fino agli anni 80 la giurisprudenza rotale è stata pressocché unanime nalla valutazione della rilevanza giuridica della sacramentalità e del ruolo della fede nel matrimonio. C’è una grande uniformità negli argomenti addotti, i quali vanno riassunti così: a) Il punto di 35 La dottrina è unanime nello stabilire tre note essenziali agli impedimenti, quali limitazioni allo ius connubii: il loro carattere eccezionale; devono essere stabiliti in modo espresso; devono essere interpretati in senso stretto. Perciò anche la riserva di stabilirne di nuovi alla suprema autorità della Chiesa. Cf. Z. GROCHOLEWSKI, L'esclusione della dignità sacramentale del matrimonio come capo autonomo di nullità matrimoniale, in «Monitor Ecclesiasticus», 121 (1996), 329. 36 “Communicationes” 9 (1977), 144. Cf. T. RINCÓN-PÉREZ, Criterios de validez, de licitud y de eficacia sacramental, in El matrimonio cristiano, cit., 423. 37 Cf. P. MONETA, I soggetti tenuti ad osservare la forma canonica, in La giurisdizione della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia, cit., 173. 38 C.J. ERRÁZURIZ M., La rilevanza canonica della sacramentalità del matrimonio e della sua dimensione familiare, cit., 567. 39 Cf. IDEM, Contratto e sacramento: Il matrimonio, un sacramento che è un contratto. Riflessioni attorno ad alcuni testi di San Tommaso d'Aquino, in AA.VV., Matrimonio e sacramento, cit., 53. 40 Cf. J. HERVADA, Cuestiones varias sobre el matrimonio, in “Ius Canonicum”, XIII (1973), 13-14. 7 TESTO PROVVISORIO partenza è l’inseparabilità tra contratto e sacramento. In questo modo, si argomenta e si stabilisce la presunzione che chi vuole il contratto, vuole il sacramento41. Sensu contrario, non si può rigettare il sacramento senza escludere il contratto42; b) Chi rifiuta la dimensione sacramentale ma allo stesso tempo vuole il matrimonio, si sposa validamente43. Si argomenta che il farsi del sacramento non dipende dalla volontà dei nubenti, ma dalla volontà di Cristo44; c) Per celebrare un valido matrimonio non è necessaria la fede né una specifica intenzione di ricevere o amministrare il sacramento. La mancanza di fede personale è irrilevante se c’è una retta volontà matrimoniale45; d) Per la prova dell’esclusione della sacramentalità, la giurisprudenza esige un’atto positivo della volontà, assoluto e prevalente sulla volontà di contrarre vero matrimonio46; e) Si riconosce la possibilità di escludere efficacemente la sacramentalità, escludendo lo stesso matrimonio, sotto la formula della simulazione totale47. B) Nuove tendenze a partire degli anni 80 La seconda metà degli anni 80, con l’entrata in vigore del nuovo Codice, segna l’apparizione di nuove tendenze nella giurisprudenza rotale in questa materia che convivono con quella tradizionale48. Queste sono un riflesso delle ippotesi avanzate in sede dottrinale per dare più rilievo alla fede personale e alla dimensione sacramentale del matrimonio. Alcuni dei nuovi criteri potrebbero riassumersi così: a) Considerazione della sacramentalità quale elemento essenciale del matrimonio cristiano e della possibilità di rifiutare questo elemento allo stesso modo delle altre proprietà, con atto positivo della volontà49; b) in alcune sentenze non si esige più una prevalenza della volontà di escludere il sacramento su quella di sposarsi50, e l’esclusione della sacramentalità viene considerata sotto la modalità della simulazione parziale51; c) Per quanto riguarda il ruolo della fede personale, alcune sentenze rotali sottolineano il 41 Cf. sent. c. Mattioli, 27-II-1953, n. 2; c. Pompedda, 9-V-1970, n. 3. Cf. sent. c. Mattioli, 14-IV-1956, n. 2; c. Doheny, 18-II-1959, n. 2; c. Rogers, 8-XI-1962, n. 3 c. Masala, 20XI-1969, n. 3. 43 Cf. sent. c. Burke, 23-VI-1987, n. 4. 44 Cf. sent. c. Staffa, 5-VIII-1949, n. 2; c. Mattioli, 27-II-1953, n. 2; c. Doheny, 18-II-1959, n. 6; c. Doheny, 10VII-1959, n. 4; c. Doheny, 17-IV-1961, n. 2; c. Rogers, 8-XI-1962, n. 3; c. Filipiak, 14-VI-1957, n. 2; c. Pompedda, 9-V-1970, n. 3. 45 Sent. c. Staffa, 5-VIII-1949, n. 2: “Qui fidem non habet vel abiecit, rationem sacramenti matrimonio consequenter detrectat. Dummodo tamen consensus in forma praescripta eliciatur, eo ipso, ceteris concurrentibus, inter baptizatos Sacramentum efficitur”. Cf. sent. c. Mattioli, 27-II-1953, n. 2; c. Fiore, 17-VII1973, n. 6; c. Serrano, 18-IV-1986, n. 4; c. Doheny, 18-II-1959, n. 2; c. Doheny, 10-VII-1959, n. 4; c. Doheny, 17-IV-1961, n. 2; c. Rogers, 8-XI-1962, n. 3; c. Pompedda, 9-V-1970, n. 3; c. Burke, 23-VI-1987, n. 6; c. Stankiewicz, 19-V-1988, n. 3; c. Burke, 18-V-1995, n. 5. 46 Cf. sent. c. Staffa, 5-VIII-1949, nn. 3 e 4; c. Mattioli, 27-II-1953, n. 2; c. Doheny, 18-II-1959, n. 2; c. Pasquazi, 28-VII-1960, n. 3; c. Rogers, 8-XI-1962, n. 3; c. Masala, 20-XI-1969, n. 4; c. Pompedda, 9-V-1970, n. 3; c. Fiore, 17-VII-1973, n. 4. 47 Cf. sent. c. Staffa, 5-VIII-49, n. 5; c. Filipiak, 14-VI-1957, n. 4; c. Pasquazi, 28-VII-1960, n. 3; c. Fiore, 17VII-1973, n. 4; c. De Jorio, 23-IV-1975, n. 4; c. Bejan, 21-XI-1973, n. 9; c. Stankiewicz, 29-I-1981, n. 6. 48 Cf. T. RINCÓN-PÉREZ, La exclusión de la sacramentalidad del matrimonio. ¿Son convincentes las razones que inspiran el reciente cambio jurisprudencial?, en El matrimonio cristiano, Pamplona 1997, 458. Sono scarse le sentenze affermative in cui viene invocato questo capo di nullità. D’altra parte continua a rilevarsi in diverse sentenze la dottrina tradizionale: cf. sent. c. Burke, 23-VI-1987; c. Boccafola, 15-II-1988; c. Giannecchini, 14-VI-1988; c. Stankiewicz, 19-V-1988; c. Stankiewicz, 25-IV-1991; c. Pompedda, 16-I-1995. 49 Cf. sent. c. Bruno, 26-II-1988, n. 3 ; c. Serrano, 1-VI-1990, n. 4; c. Pompedda, 16-I-1995, n. 3. 50 Cf. sent. c. Bruno, 26-II-1988, n. 3, cit., p. 168. Questo criterio non è stato tuttavia abbandonato, come si vedrà più avanti. 51 Cf. ibidem; questa è la prima sentenza in cui viene dichiarata la nullità per esclusione della sacramentalità come capo di simulazione parziale. Cf. sent. c. Corso, 30-V-1990, n. 26; c. Caberletti, 27-XI-1998, n. 4. 42 8 TESTO PROVVISORIO ruolo della libertà nella ricezione dei sacramenti, nel considerare il matrimonio quale sacramento della maturità dei cristiani52. Si sottolinea che non è possibile presumere nei contraenti l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa53, e che ci vorrebbe sempre una qualche traccia di fede nei contraenti: chi a causa della mancanza di fede non vuole il carattere sacro del matrimonio non realizza ciò che la Ciesa intende e il matrimonio potrebbe essere nullo a causa della nullità del sacramento54; sono diverse le sentenze in cui appare collegata con ragione de causa-effetto la mancanza di fede e l’esclusione della sacramentalità55; d) non mancano sentenze in cui si sottolineano le difficoltà –anche di indole ecumenica- che pone l’esigenza della fede personale, che in effetti non è presente nella tradizione teologica e canonica56. C) Le sentenze più recenti (XXI secolo) C’è una salda continuità giurispridenziale -sicuramente contrassegnata dal magisterio di Giovanni Paolo II alla Rota (particolarmente nelle allocuzioni del 2001 e del 2003)- nel considerare la volontà coniugale quale criterio fondamentale per valutare la validità o meno del matrimonio sacramentale57. In pratica le sentenze riguardanti la sacramentalità sono state negative proprio perché si è riscontrata l’esistenza di una retta intenzione coniugale. Tra queste, è molto significativa la sentenza coram Stankiewicz di 27 febbraio 2004, per la completezza della fondamentazione in iure, e per il fatto che il Ponente era lo stesso Decano della Rota58. Finora solo una è stata affermativa, per simulazione parziale, e manca -a parere degli autori- di riscontro sufficente nell’in facto sull’esistenza della retta intenzione coniugale o meno59. a) Sono parecchie le sentenze in cui si continua a considera l’esclusione della sacramentalità quale simulazione totale (cioè si considera esclusione del matrimonium ipsum si sacramentum fieret), senza abbandonarsi nella pratica l’ippotesi di esclusione parziale, ma si protende a non considerare la sacramentalità elemento o proprietà essenziale del matrimonio60. 52 Cf. sent. c. Serrano, 18-IV-1986, nn. 5 e 6: il Ponente cita parte di una celebre sentenza c. Pinto, 28-VI1971, n. 14, sulla neccessità della fede nella ricezione del sacramento del Battesimo da parte di un adulto; la sent. c. Serrano considera applicabili gli stessi criteri al sacramento del matrimonio. Nello stesso senso, cf. sent. c. Huot, 10-XI-1987, n. 12. 53 Cf. sent. c. Pinto, 28-VI-1971, n. 14; c. Pinto, 6-XI-1972, n. 4; c. Serrano, 18-IV-1986, n. 5; c. Corso, 30-V1990, n. 13. 54 Cf. sent. c. Corso, 30-V-1990, n. 13. 55 Sent. c. Corso, 30-V-1990, n. 13, dove si fa una sorta di “equazione” “mancanza di fede = errore radicato = atto implícito di simulazione”. Cf. anche sent. c. Serrano, 1-VI-1990, n. 14. 56 Cf. sent. c. Burke, 2-V-1991, n. 16. 57 Cf. c. Turnaturi 18-IV-2002; c. Boccafola 6-V-2004; c. Turnaturi, 21-VII-2005; c. De Angelis, 10-III-2006. Ci sono alcune che continuano a considerare il capo autonomo de l’esclusione della sacramentalità: c. Caberletti, 24-10-2003; 58 La sentenza è stata commentata da diversi autori: cf. M.A. ORTIZ, L’esclusione della dignità sacramentale: la retta intenzione e la dispoisizione per credere, “Ius Ecclesiae”22 (2010), 90-106; A.P. TAVANI, L’esclusione della dignità sacramentale nella giurisprudenza coram Stankiewicz, in “Iustitia et Iudicium”, Studi di diritto matrimoniale e processuale canonico in onore di Antoni Stankiewicz (a cura di J. Kowal-J. Llobell), vol. II, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, 835-854. 59 Si tratta della sentenza c. Turnaturi, 18-IV-2002. Cf. G. BERTOLINI, Intenzione coniugale e sacramentalità del matrimonio, cit., 221. 60 Cf. sent. c. Sciacca, 28-XI-2003; c. Boccafola 6-V-2004; c. Huber, 6-IV-2005; c. De Angelis, 10-III-2006; c. Bottone, 12-V-2006. Alcune sentenze considerano l’ippotesi di esclusione della sacramentalità come simulazione parziale, anche se non parlano della sacramentalità como proprietà sesenziale del matrimonio: cf. sent. c. Turnaturi 18-IV-2002; c. Caberletti, 24-X-2003; c. Stankiewicz, 27-II-2004; c. Turnaturi, 21-VII- 9 TESTO PROVVISORIO b) Per la validità del matrimonio sacramentale non è necessaria una intenzione diretta a ricevere il sacramento, ma basta l’intenzione minima di realizzare il patto coniugale61 c) Non è neccessaria la fede ne alcuna traccia di fede nella formazione del consenso matrimoniale e dunque basta la retta intenzione coniugale la quale coincide con l’intenzione sacramentale62. d) La mancanza di fede non incide direttamente sulla validità del matrimonio, ma può essere indirettamente rilevante, quale circostanza del soggetto che può facilitare una falsa comprensione del matrimonio quale realtà naturale, escludendone qualche proprietà o elemento essenziale e agendo come causa simulandi63. e) La maggior parte delle sentenze degli ultimi anni riguardanti la sacramentalità sono per il capo dell’esclusione: da 8 sentenze in cui è stato addotto il capo, solo ce n’è una di affermativa64; mentre solo due sentenze decidono negativamente sul capo dell’errore determinante della volontà circa la sacramentalità (c. 1099 CIC)65. 8. In quali modi la mancanza di fede potrebbe intaccare il valido consenso? Poiché l’atto di fede personale non è un requisito per contrarre un valido matrimonio tra battezzati, la sua mancanza in actu non può diventare di per sé una causa di nullità del matrimonio66. Sono da considerare superate certe ipotesi di lavoro avanzate dalla dottrina canonica negli anni 70 e 80 dello scorso secolo, le quali partendo dal fatto che la fede personale sarebbe elemento integrante della sacramentalità, richiedevano una specifica e positiva intenzione informata dalla fede e diretta al sacramento. La mancanza di fede può avere -e avrà molto spesso- conseguenze indirette sulla validità del matrimonio, in quanto l'allontanamento da Dio comporta anche una perdita del vigore e della chiarezza sul piano etico67, e conducendo il nubente a respingere in modo esplicito e formale il progetto divino sul matrimonio68. Il soggetto che si trova in questa situazione chi, ad esempio, ha ricevuto una formazione atea, laicista, oppure chi essendo stato educato nella fede si è poi allontanato dalla Chiesa e dalla pratica religiosa- non di rado, possiede una concezione errata del matrimonio e lo concepisce come un rapporto che si configura a seconda dei desideri delle parti –ad esempio solubile, non esclusivo- cosa che 2005. Diffatti, l’ultima sentenza in cui si parla della sacramentalità quale elemento essenziale del matrimonio è la sent. c. Deffilippi, 10-XI-1999. Cf. anche l’opinione di G. BERTOLINI, Intenzione coniugale e sacramentalità del matrimonio, cit., 184-185. 61 Cf. sent. c. Sable, 17-V-2001; c. De Angelis, 10-III-2006, n. 8. 62 Cf. sent. c. Boccafola 6-V-2004, n. 9. 63 Cf. sent. c. Turnaturi 18-IV-2002; c. Sciacca, 28-XI-2003; c. Boccafola 6-V-2004; c. Turnaturi, 21-VII-2005; c. De Angelis, 10-III-2006; c. Bottone 12-V-2006. 64 Cf. sent. c. Caberletti, 24-10-2003; c. Boccafola 6-V-2004; c. Stankiewicz, 27-2-2004; c. Huber, 6-IV-2005; c. Turnaturi, 21-VII-2005; c. De Angelis, 10-III-2006; c. Bottone 12-V-2006. L’unica sentenza affermativa per esclusione della sacramentalità dal 2000 in poi è la sent. c. Turnaturi 18-IV-2002. 65 Si tratta delle sent. c. Sable, 17-V-2001 e c. Bottone, 12-V-2006. Fino al momento nessuna sentenza rotale si è pronunciata affermativamente al capo dell’errore determinante sulla sacramentalità. 66 Questo è dovuto al carattere peculiare del sacramento del matrimonio: essendo la stessa realtà naturale elevata alla dignità di segno salvifico, l'intenzione veramente matrimoniale è in sé stessa intenzione sacramentale poiché lo stesso atto di contrarre è l'atto proprio con il quale si costituisce il sacramento. 67 Cf. C.J. ERRÁZURIZ M., La rilevanza canonica della sacramentalità del matrimonio e della sua dimensione familiare, “Ius Ecclesiae” 7 (1995), 568. 68 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. Ap. Familiaris consortio, n. 68. 10 TESTO PROVVISORIO differisce sostanzialmente dal progetto divino sul matrimonio, vale a dire, dal matrimonio quale realtà naturale. Come avverte una decisione c. Burke, la fede attuale non è necessaria per possedere la nozione naturale del matrimonio, né la sua mancanza crea la presunzione del rifiuto del matrimonio nella sua integrità naturale69. L’esame sulla validità del consenso matrimoniale dei non credenti non deve essere incentrato sul grado di fede personale dei contraenti, ma sull’oggetto reale del loro consenso. Tale oggetto, infatti, proprio a causa della mancanza di fede, potrebbe in alcuni casi essere radicalmente viziato. In questo senso il discorso di Papa Benedetto XVI al Tribunale della Rota del 2013 ha sottolineato il pericolo che, “là dove non vi sia una salda adesione alle verità della fede, si potrebbe verificare una deviazione dalla retta comprensione di ciò che il matrimonio è”. In quest'ottica Benedetto XVI individua nell'allocuzione alcune ipotesi meritevoli di considerazione, senza peraltro suggerire “alcun facile automatismo tra carenza di fede e invalidità dell'unione matrimoniale”. La validità o invalidità di ogni matrimonio dovrà essere valutata caso per caso, senza che si possano fare generalizzazioni o “equazioni matematiche” applicabili a tutte le situazioni soggettive di mancanza di fede personale. Il Pontefice emerito ricorda che la carenza di fede potrebbe condurre ad un rifiuto degli elementi essenziali del matrimonio70. La cultura contemporanea è “contrassegnata da un accentuato soggettivismo e relativismo etico e religioso” e questo fatto “pone la persona e la famiglia di fronte a pressanti sfide”. Infatti, “la chiusura a Dio o il rifiuto della dimensione sacra dell’unione coniugale e del suo valore nell’ordine della grazia” potrebbero “giungere a minare la validità stessa del patto qualora, (...) si traduca in un rifiuto di principio dello stesso obbligo coniugale di fedeltà ovvero degli altri elementi o proprietà essenziali del matrimonio”. Per elementi o proprietà si intendono l’apertura della vita coniugale all’accoglienza della prole, la fedeltà, l’indissolubilità del vincolo, e per finire quell’altro elemento essenziale che si indica con l’espressione bonum coniugum. Su questo ultimo aspetto si sottolinea il fatto che “la fede è importante nella realizzazione dell’autentico bene coniugale, che consiste semplicemente nel volere sempre e comunque il bene dell’altro, in funzione di un vero e indissolubile consortium vitae” 71. Come abbiamo visto poc’anzi, il Codice riconosce anche la possibilità che un rifiuto della sacramentalità possa giungere a invalidare il matrimonio per via dell’errore determinante della volontà e dell’esclusione72. “Per le due figure è decisivo tener presente, che un atteggiamento dei nubendi che non tenga conto della dimensione soprannaturale nel matrimonio, può renderlo nullo solo se ne intacca la validità sul piano naturale nel quale è posto lo stesso segno sacramentale”73. Come potrebbe prodursi un tale fenomeno? A nostro avviso vi sarebbero due ipotesi. Da una parte, quella in cui dietro un errore o una 69 Sent. c. Burke, 18-V-1995, n. 5: “fides religiosa opus non est ad possidendam notionem naturalem matrimonii, nec defectus fidei creat praesumptionem exclusionis matrimonii in sua integritate naturali”. La traduzione è nostra. 70 Altra questione è la possibile rilevanza dell’esclusione autonoma della sacramentalità, sulla quale parleremo poco più avanti. 71 BENEDETTO XVI, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana, 26 gennaio 2013, n. 2. 72 Su questo argomento si veda: Z. GROCHOLEWSKI, L’esclusione della dignità sacramentale del matrimonio come capo autonomo di nullità matrimoniale, Monitor Ecclesiasticus 121 (1996), 223-239; M.A. ORTIZ, Scristianizzazione della società e verità del matrimonio. Il problema del rapporto tra fede e matrimonio, in H. FRANCESCHI-M.A. ORTIZ, Verità del consenso e capacità di donazione. Temi di diritto matrimoniale e processuale canonico, Roma 2009, ***; IDEM, L’esclusione della dignità sacramentale: la retta intenzione e la disposizione per credere, “Ius Ecclesiae” 22 (2010), 90-106; M. RIVELLA, Il matrimonio dei cattolici non credenti e l’esclusione della sacramentalità del matrimonio, in AA.VV., Matrimonio e sacramento, Città del Vaticano 2004, 111-120. 73 GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Tribunale della Rota Romana, 30-I-2003, n. 8. 11 TESTO PROVVISORIO esclusione del sacramento si nasconde in realtà un rifiuto di un elemento essenziale della donazione coniugale. Non di rado, in effetti, chi dice di rigettare la Chiesa, le sue cerimonie, ed i suoi sacramenti -in particolare il sacramento del matrimonio- in realtà rifiuta la verità stessa del matrimonio: un vincolo unico ed indissolubile tra un uomo e una donna, aperto alla fecondità. La seconda ipotesi è quella in cui si riscontra una volontà esclusivamente contraria alla dimensione soprannaturale del matrimonio. Il rifiuto o l'errore determinante sulla sacramentalità del matrimonio, potrebbero soltanto intaccare la validità di esso, se si attingesse al rifiuto dello stesso matrimonio perché è sacramento, o “in quanto” è sacramento, venendo a mancare la retta intenzione di contrarre ed inficiando così la valida costituzione del segno sacramentale (cioè della donazione coniugale). Seguendo le illuminanti parole di Familiaris consortio al n. 68, si giungerebbe in questo caso ad un rifiuto esplicito e formale di ciò che la Chiesa intende compiere quando si celebra il matrimonio dei battezzati: vale a dire, lo stesso matrimonio sacramentale, e non solo il suo essere sacramento. A nostro avviso, questa seconda ipotesi, si verificherà tramite un atto positivo di esclusione e non tanto per via di errore determinante74. In altre parole, il rifiuto della sacramentalità può diventare giuridicamente rilevante (invalidante) attraverso una falsificazione del segno sacramentale (cioè del matrimonio) oppure attraverso lo stesso rifiuto del matrimonio se è sacramento. In questa ultima ipotesi, per respingere in modo efficace il dono della sacramentalità, il soggetto dovrebbe rifiutare lo stesso matrimonio: altrimenti tale rifiuto resterà inefficace75. È la situazione di chi preferirebbe non contrarre anziché contrarre un matrimonio che dovrà essere necessariamente sacramentale76. Si tratterebbe di quella posizione estrema ed eccezionale, come mostra la giurisprudenza rotale in materia, di colui che rifiuta il sacramento con un atteggiamento belligerante di opposizione a Dio e alla salvezza che Egli offre attraverso i sacramenti cristiani77. In tutti questi casi va sottolineato che la mancanza di fede si colloca fra le causae simulandi, cioè, come la causa o una delle cause che spiegano o danno ragione dell’atto personale di rifiuto dello stesso matrimonio o di uno dei suoi elementi essenziali. Va provata da una parte la situazione di mancanza di fede del soggetto a conseguenza della quale esso ha una visione defformata del matrimonio, e dall’altra l’atto positivo di volontà escludente il matrimonio o una delle proprietà od il bonum coniugum. Nella seconda ippotesi accennata andrebbe provato l’atto di rifiuto dello stesso matrimonio sacramentale, proprio a causa della mancanza radicale di fede. 74 Cfr. M. GAS AIXENDRI, Relevancia canónica del error sobre la dignidad sacramental del matrimonio, cit., pp. 374-380. Una volontà che positivamente si dirigesse verso un «vero matrimonio non sacramentale» sarebbe contraddittoria e non diverrebbe di per sé una scelta non-matrimoniale (non coniugale) a meno che l'atto di volontà scegliesse in modo prevalente —sic et non aliter— la non-sacramentalità e, di conseguenza, fosse diretto verso un'oggetto effettivamente non-matrimoniale, e pertanto falso. Volere ciò che fa la Chiesa nel sacramento del matrimonio, coincide con la vera volontà matrimoniale (coniugale) tra battezzati. Perciò basta quella retta intenzione che è la sostanza del consenso matrimoniale. 75 Cfr. M. ZALBA, Num aliqualis fides sit necessaria ad matrimonium inter baptizatos celebrandum, in «Periodica», 80 (1991), 99. 76 Cfr. C. BURKE, La sacramentalità del matrimonio: riflessioni canoniche, in Sacramentalità e validità del matrimonio nella giurisprudenza del Tribunale della Rota Romana, Città del Vaticano 1995, 147-148.; sent. c. Burke, 18-V-1995, n. 15. 77 Si veda un nostro commento a due sentenze rotali, Essenza del matrimonio cristiano e rifiuto della dignità sacramentale, “Ius Ecclesiae”, 13 (2001), particolarmente le pagine 139-140. Nella maggioranza delle sentenze rotali si riscontra come l'atteggiamento abituale nei confronti della dimensione soprannaturale del matrimonio sia quella della ignoranza e dell'indifferenza. 12 TESTO PROVVISORIO 9. Conclusioni: è possibile un matrimonio valido senza la fede? L’oggetto della volontà nel matrimonio sacramentale non è il sacramento, ma la persona dell’altro sotto il profilo della coniugalità, ciò che minimamente dovrebbe essere capito e voluto nel matrimonio non dipende in modo diretto dalla fede soggetiva e attuale del nubente. Riprendendo la distinzione tra fede e ragione, più volte illustrata e approfondita da Benedetto XVI, si potrebbe dire che il matrimonio –anche quello sacramentale- non è oggetto della fede ma della ragione e della volontà dell’uomo e della donna. Sposarsi non è un atto della fede ma della ragione informata dalla fede battesimale. Come abbiamo detto poc’anzi, la sacramentalità del matrimonio ha la sua radice nel battesimo ricevuto dai coniugi. La fede che è presente nell’anima del battezzato equivarrebbe a quella “traccia di fede” necessaria per sposarsi come cristiani. Invece, la fede quale atto personale di adesione e di risposta del battezzato al dono ricevuto no è necessaria per costituire validamente le nozze sacramentali. Questa interpretazione è pienamente rispettosa dello ius connubii di tutti i fedeli, nonché della loro libertà di coscienza, poiché non fa dipendere la validità del matrimonio da una situazione soggettiva successiva qual è l’atto di fede78, e non priva il battezzato della sua capacità (ontologica) di porre in atto il matrimonio, che o è sacramentale o non è vera unione coniugale. La fede personale ha, ovviamente, un ruolo nel matrimonio cristiano, ma occorre collocarla al livello giusto, che non è quello della validità ma su quello della fruttuosità del sacramento. Questo Ano della fede è un momento opportuno per rivalutare il ruolo della fede nel matrimonio cristiano. La coscienza del carattere vocazionale —umano e cristiano— del matrimonio apre nuovi orizzonti alla comprensione della natura del sacramento matrimoniale e rende palese, che il dono sacramentale è finalizzato alla santificazione, innanzitutto personale, ed anche duale dei coniugi cristiani; d'altra parte, la natura vocazionale del matrimonio deve orientare l'intera azione pastorale, la quale deve puntare soprattutto a mostrare ai nubenti la bellezza del matrimonio vissuto in sintonia con la dignità del dono battesimale79. Infatti, con parole di Giovanni Paolo II, possiamo dire che “appare in tutta la sua urgenza, la necessità di un’evangelizzazione e catechesi pre e post-matrimoniale, messe in atto da tutta la comunità cristiana, perché ogni uomo ed ogni donna che si sposano, celebrino il sacramento del matrimonio non solo validamente ma anche fruttuosamente”80. L'eventuale misconoscimento o la mancata corrispondenza a tale dignità da parte dei nubenti rende temporaneamente inoperante il dono, e la fruttuosità rimane solo come potenzialità da attualizzare. Potenzialità tutta da rivalutare, che al contempo conferma la logica divina della salvezza, la quale non viene imposta come condizione né come imposizione, ma come dono al quale la persona umana corrisponde liberamente81. 78 In effetti, il Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea “perché la risposta di fede sia umana, «è elemento fondamentale [...] che gli uomini devono volontariamente rispondere a Dio credendo; che perciò nessuno può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà. Infatti l’atto di fede è volontario per sua stessa natura » (n. 160). 79 Cf. CONCILIO VATICANO II, Costituzione Pastorale Gaudium et spes, n. 48. 80 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica Familiaris consortio, n. 68. 81 La tesi secondo cui la fede sarebbe requisito per la validità del matrimonio cristiano viene in fondo a premettere come condizione di efficacia del consenso matrimoniale un fatto non interamente dipendente dalla volontà qual'è appunto il dono soprannaturale della fede. 13