DUILIO CAMBELLOTTI - accademia nazionale d`arte antica e

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DUILIO CAMBELLOTTI - accademia nazionale d`arte antica e
Matteo Maglia
CAMBELLOTTI
LEGGENDE ROMANE
con il Patrocinio di:
Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico del Comune di Roma
d'intesa con:
Archivio Cambellotti
auspice:
Unione Europea Esperti d'Arte
Si ringraziano:
Marco Cambellotti
Albertina Cristini
Patrizio Gagliardi
Angelica Maglia
Enrico Trimarchi
La civiltà romana, i suoi miti, la sua campagna sono sempre stati fonte d'ispirazione per Duilio Cambellotti. L'epopea delle Origini
e della Fondazione, con lo sbarco del pio Enea a Lavinio, affascinano Duilio sin da bambino. Osservare le Leggende romane, nella loro forma
preparatoria come bozzetto a grafite e/o tempera o nella veste finale di opera xilografica, vuol dire lasciarsi prendere dalla sua poetica,
entrare in quella speciale macchina del tempo che ci riconduce al panteon romano, ai miti pagani delle origini della civiltà di Roma, come
uno dei pilastri della civiltà occidentale. Ecco i neonati gemelli del Fato salvati dalle acque con l'approdo miracoloso sulla riva del Tiber,
mentre una mandria di cavalli selvatici tutt'attorno li guarda con curiosità e persino forse con tenerezza, ed il Fiume si snoda serpentiforme
sullo sfondo. L'antefatto ci narra della discesa del Mamors, dio etrusco della guerra e della coltivazione dei campi (elmo, asta, parma e
vomere le sue insegne), scortato da branchi di lupi. Più avanti nel tempo il suo nome volgerà nella forma sincopata del dio latino Mars, padre
della discendenza romana secondo il mito. Il suo incontro con Silvia vestale, colpevole (Rea) solo d'aver ceduto al fascino carismatico del
dio, è scritto sul libro fatale ed il mito della Lupa (che sovrasta l'immagine della visita di Mamors a Rea Silvia) si mescola fra quest'ultima ed
Acca Larentia: la balia di Romolo e Remo, infatti, è Lupa anch'ella, secondo le fonti, nell'accezione lata del termine latino.
Il messaggio iconografico è esaltato dalla forma tecnica prescelta dall'Artista, una forma che magnifica la potenza del gesto
artistico, nell'escavazione del legno di pero o di bosso, di testa (nelle opere di piccole dimensioni) o di filo (nelle grandi), con la sgorbia ed il
bulino: si tratta dell'incisione con tecnica xilografica. L'invenzione di questa tecnica di stampa la si fa risalire all'anno Mille circa, in Corea od
in Cina. La sua diffusione (per alcuni autori, invenzione autonoma) in Europa, ha luogo a far data dal sec. XV, in particolare in Italia e
Germania, ad esempio con artisti del calibro di Andrea Mantegna ed Albrecht Dürer. A differenza delle tecniche incisorie su metallo (rame,
zinco, ecc.) nelle quali la stampa ha luogo al negativo, ossia l'inchiostro riempie i solchi formati dalla morsura od a secco, lasciando chiara la
parte non incisa, nell'incisione su legno la sgorbia ed il bulino asportano volumi di materia lignea che rimarranno chiari sul supporto di
stampa, in genere cartaceo, mentre l'impressione ha luogo al positivo, con l'inchiostrazione delle superfici lignee superstiti, ed il trasferimento
dell'immagine rovesciata sul supporto cartaceo, tramite torchio. L'apparente bitonalità dell'incisione xilografica, nel drammatizzare il
significato del messaggio semantico tramite l'esasperazione dell'alternarsi di luci ed ombre, nulla toglie alla dolcezza del gesto materno nel
carezzare il capo del bimbo, come ne Le Carmente, o del cerchio protettivo dei cavalli selvatici intorno a Romolo e Remo neonati, in Pater
Tiberinus, prestandosi egregiamente alla narrazione di allegorie tanto di contenuto civile che religioso, sentimentale o bellico.
Duilio Cambellotti (Roma, 14 maggio 1876 - 30 gennaio 1960), è uno fra i maggiori artisti italiani del Novecento. Spirito creativo di
multiforme ingegno, si accosta inizialmente all'Art Nouveau, accogliendone però gli aspetti squisitamente originari e sociali, espressi dalle
idee di William Morris. Egli, come Morris, vede nell'arte una finalità pedagogica e morale al fine di renderla fruibile a tutti. Diventa l'esempio
lampante di artista-artigiano per eccellenza. Viene infatti considerato uno dei massimi esponenti dello Stile Floreale, come quella nuova
avanguardia fu chiamata in Italia e che ha caratterizzato l'Europa tra la fine del XIX Secolo e l'inizio del successivo. Il suo naturale eclettismo
ne fa un brillante incisore, pittore, illustratore, scultore, scenografo, architetto, decoratore, ebanista. Fra il 1893 e il 1897 è allievo presso
l'Accademia di Belle Arti a Roma e vince il concorso per la realizzazione dei pali di sostegno delle tramvie romane (1896). Completati gli
studi, inizia la sua attività artistica come designer; progetta lampade, in stile Liberty, specchi, cofanetti, cornici. Partecipa a numerosi
concorsi, tra cui quello per il manifesto della Esposizione Nazionale di Torino (1898) dove presenta vari progetti (uno dei più famosi è
“Incandescenza”, realizzato per propagandare i primi sistemi di illuminazione pubblica ad energia elettrica). Egli crea le sue opere
utilizzando elementi naturali portati all'estrema linearità e realizza arredamenti di grande semplicità dove l'elemento decorativo è parte
integrante dell'oggetto e la cui forma egli adegua alle proprietà ed alle caratteristiche dei materiali utilizzati.
Il Maestro si avvicina al teatro per il tramite di Alessandro Marcucci, funzionario del Ministero della Pubblica Istruzione, che
svolge un ruolo rilevante di interlocutore e facilitatore nell'ambito burocratico. Comprende subito le enormi prospettive che il teatro può
aprire al suo impeto creativo, e infatti, per tutta la vita, vi si dedica a più riprese come scenografo. La sua collaborazione con il Teatro stabile
di Roma, e con l'Inda (Istituto Nazionale del Dramma Antico, che ha lo scopo di far rivivere le opere drammatiche dell'antichità nel Teatro
greco di Siracusa) ha grande successo. Per l'Inda realizza l'apparato scenografico per l'Agamennone di Eschilo, la cui memorabile
rappresentazione inaugura nel 1914 l'attività dell'istituto. Ancora tramite Marcucci ha l'opportunità d'incontrare un gruppo di amici
intellettuali e artisti, quali Giacomo Balla. Anche questo incontro si rivela fondamentale per la sua crescita artistica.
Fondamentale è il suo legame col mondo contadino, ed infatti temi di origine rurale (come la celebre spiga di grano presente a
fianco al monogramma in guisa di firma di quasi tutte le sue opere), sono ricorrenti in tutto il suo percorso artistico. Profondo conoscitore
della civiltà contadina, ritrova in queste radici la genuinità di un mondo che la civiltà dell'incipiente urbanesimo industriale andava
dimenticando, ma allo stesso tempo egli è cosciente dell'arretratezza, delle fatiche e della miseria che troppo spesso caratterizzano quel
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mondo. Successivamente iniziano le sue battaglie sociali e si dedica con Giovanni Cena, Sibilla Aleramo, Giacomo Balla, Giovanni Prini ed
altri artisti ed intellettuali romani, alla riqualificazione dell'agro Romano e delle paludi Pontine, fondando nel 1905 le prime scuole per
contadini ai margini delle paludi laziali. Lo stesso gruppo denuncerà lo stato di abbandono delle campagne ed organizzerà, in occasione
dell'Esposizione universale del 1911, la Mostra delle scuole dell'Agro Romano. In quel periodo incontra Massimo Gor'kij, venuto a Roma
anche allo scopo di divulgare la dottrina sociale e pedagogica di Leone Tolstoij, del quale ultimo sia egli che Balla disegnano alcuni ritratti. Il
nostro versatile Artista svolge anche attività d'illustratore. Cura infatti dapprima l'illustrazione dei sillabari e dei manuali delle Scuole
dell'Agro Romano per poi dedicarsi all'illustrazione della Divina Commedia, dei Fioretti di S. Francesco e di alcune riviste: “La Lettura”,
“Rapiditas”, “La Casa”, “Fantasio”, “Italia ride”, “L'Avanti della Domenica”. Da architetto si dedica al progetto di case coloniche, restaura
e realizza alcune residenze signorili, come il villino De Grossi, a Marino. A queste molteplici attività Cambellotti associa quella di pittore e
lavora a fresco con l'intento di trasferire sull'architettura le immagini del paesaggio circostante. Si dedica alla realizzazione di vetrate artistiche,
tra le più belle quelle della Casina delle Civette di Villa Torlonia a Roma. Esegue, inoltre, i bozzetti di molte vetrate come quelle della Cappella
della Flagellazione a Gerusalemme, e collabora anche all'organizzazione della prima mostra delle vetrate artistiche italiane (1912).
Per quanto riguarda la sua evoluzione stilistico-formale, ben presto passa ad un genere di grafica più adatto alla diffusione in
quanto moltiplicabile nonché avente come medium una materia calda, vivente: il legno, più vicina al temperamento dell'Artista: la xilografia.
Le prime incisioni da lui eseguite sono però cinque puntasecche, databili tra il 1900 e il 1910. Esaminando le cinque puntasecche iniziali, si
avverte come preannuncino motivi ricorrenti nelle successive incisioni e nei differenti versanti dell'opera del Maestro, motivi che formano
temi narrativi precisi. Il genio ad un tempo realistico e visionario di Cambellotti è tutto concentrato sulla potenza dell'uomo, artefice del proprio
destino. La scenografia dell'umano coincide con una natura suggestiva, perché primordiale e pura insieme, mentre si avverte, nell'intreccio
della semplice e ad un tempo complessa poetica cambellottiana, la presenza del mito e del panteon romano, in tutte le sue sfaccettature e
radici. La sua attitudine narrativa disegna un'allegoria di immagini tradotte in simboli dell'umana esperienza e s'innesta sulla sua capacità di
osservare con ampiezza, di tradurre in sintesi un vasto numero di esperienze visive poggiando la sua concezione dell'arte sull'idea che essa
ha una funzione sovrattutto educativa. Lo scopo è quello di avvicinare le classi lavoratrici all'arte attraverso la diffusione della cultura, da più
parti vagheggiata, e per la quale il Nostro mette a disposizione la propria natura solida e popolare e quel suo “vigore inventivo” misto di
significante, stile e significato. È ben comprensibile allora la sua predilezione per l'illustrazione e decorazione del libro, creando attorno ad
esso un'aspettativa che può giungere al di là della qualità letteraria del testo, come altresì l' interesse per l'incisione, e l'aspirazione di vedere
largamente diffuse le xilografie che formano il ciclo delle Leggende Romane.
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Le Romanae Fabulae o Leggende Romane, costituiscono un ciclo di 35 tavole più due varianti, una rigettata e l'altra incisa anche in
formato ridotto. Il ciclo, quasi certamente incompleto rispetto alle intenzioni progettuali dell'Autore, (aveva egli forse in animo, come
taluno sostiene, di sviluppare ancora i miti della Roma arcaica e del regno, per poi dedicarsi alle fabulae d'età repubblicana e quindi all'era
imperiale? In assenza di fonti formali in tal senso, tale suggestiva ipotesi è destinata a giacere nel limbo delle congetture) fu realizzato fra il
1926 ed il 1957. Alcune xilografie riproducono disegni a tempera su carta, eseguiti in anni precedenti, dal 1908/10, e che come riferì il figlio
Lucio, promotore col nipote Marco della tiratura unica e postuma del 1980, che presentiamo in questa mostra ne rappresentano “anche
tecnicamente la premessa, perché Cambellotti […] lavorava in essi di scavo: invece di riportare nero su bianco, egli stendeva su un fondo scuro
la tempera bianca, a corpo, per cavarne i chiari, come nella xilografia la sgorbia scava i chiari e lascia emergere gli scuri”. I sei disegni
preparatori ed il modellato in cera rossa, gentilmente forniti dall'Archivio Cambellotti, costituiscono un importante contributo per una
corretta lettura, anche sotto il profilo filologico, dell'opus Leggende Romane, consentendo di seguire tutte le fasi del processo creativo, dalla
primidea all'opera compiuta.
Matteo Maglia
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Le Madri (1935). Xilografia originale, mm 496x490, monogramma in matrice in basso a sx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di
50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. La parola
all'Autore: Lambisce il Velabro e il Capitolio la turbinosa onda del Tevere, che, quale colubro mastodontico, inimaginabile, si snoda in mille curve fantastiche verso
il lontano mare. La lupa sabina, che nutre i sette lupatti sacri a Mamors, il nume guerriero, vigila dal Quirinale. Lungi, verso il Velabro, la giovane lupa allatta la
prole gemina di Rea, sacra ai destini di Roma. Secondo l'autografo di Duilio Cambellotti, l'opera sarebbe stata inserita nella sezione delle Leggende
intitolata i Progenitori -la Razza. Q s61-t79.
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Pater Tiberinus (1935). Matrice originale, in legno di bosso, di filo, intagliata a sgorbia, mm 497x497. Arch. Cambellotti, n. 2940.
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Pater Tiberinus (1935). Xilografia originale, mm 497x497, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e
postuma di 50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio
Lucio Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Opera
destinata dall'A. alla sezione delle Leggende relativa all'ambiente naturale. E' Cambellotti stesso che descrive così la sua opera: Dannata a morte è
la vestale Silvia, infedele ai voti; dannata a morte è anche la prole gemina, destinata ai gorghi tiberini. Ma il Tevere sarà benigno con le piccole vittime e, al quietarsi di
una sua collera, lascerà in secco il piccolo cesto col suo carico infantile. I cavalli selvaggi all'abbeverata vedranno stupiti il prodigio nuovo del cesto rimasto in secco. (In:
Gente nostra, 1943, pag.8). Q s64-t75.
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Rea Silvia (1929). Disegno originale (bozzetto), a matita su carta burro, mm 500x500. Non firmato. Raffigura una giovane donna seduta su
un gradone, con aria impaurita, mentre un uomo armato fa il gesto di ghermirla; sullo sfondo un branco di lupi con i gemelli che si allattano a
una lupa. Arch. Cambellotti, n. 1707.
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Rea Silvia (1929). Xilografia originale, mm 495x502, monogramma in matrice in basso a sx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di
50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Così
Cambellotti chiosa la sua stessa opera: Scende dal cielo il Mamors e sorprende Rea Silvia, la vestale custode del fuoco. Dall'amplesso divino verranno Romolo e
Remo, i gemelli fatidici, destinati a iniziare la nuova epopea di Roma. I gemelli, i giovani lupi, che dovranno, adulti, cimentarsi colla prole sabina del Quirinale, per poi
fraternizzare con quelli alla formazione della gente romana. Secondo l'autografo cambellottiano, la xilografia era destinata alla sezione dedicata alle
Vestali, delle Leggende Romane. Q s50-t91.
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Numa (1930). Xilografia originale, mm 531x501, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di 50
ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Numa
Pompilio, secondo re di Roma, di origine sabina, divise l'anno in dodici mesi, riformò la religione dei romani, eresse il tempio di Giano, istituì
gli Auguri e le Vestali. Secondo la leggenda, riceveva consigli dalla Ninfa Egeria. Per tale motivo, Cambellotti colloca l'opera nella sezione
Sacra delle Leggende Romane. Q s55-t103.
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Caput Oli (1935). Xilografia originale, mm 501x501, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di
50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Secondo
Duilio Cambellotti, l'opera avrebbe dovuto far parte del capitolo delle Leggende Romane intitolato Sacra. Il tema è tratto dalla leggenda
sull'origine del nome Campidoglio (Capitol in inglese): Caput Oli ossia testa di Olus, ritrovata intatta durante gli scavi tra le fondazioni del
Tempio di Giove Capitolino (cfr.: T. Livio, Ab urbe condita, I,55 - Plinio Seniore, Naturalis historia , XXVIII,2,4). Q s66-t104.
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Gli Auspici (1927). Xilografia originale, mm 499x500, monogramma in matrice in basso a sx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma
di 50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980.
Quest'opera appartiene alla sezione delle Leggende Romane dedicate alla Fondazione. Q s40-t82.
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Dolor Tiberis (1956-57). Xilografia originale, mm 495x490, monogramma in matrice in basso a sx DC e spiga di grano, al centro: LXXX
SE-A MCMLVI.VII. Tiratura unica e postuma di 50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani,
stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell’
editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Si tratta di un'allegoria delle conseguenze della guerra, il genius loci nasconde il viso nel mostrare il
proprio cordoglio per le vittime. (mm). Q s136-t109.
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Le Carmente (1920). Disegno originale (bozzetto) a matita su carta burro, mm 500x660. Non firmato. Raffigura tre donne sedute,
ammantate; una di esse accarezza il capo di un bimbo. Arch. Cambellotti, n. 1727.
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Le Carmente (1936-37). Xilografia originale, mm 492x500, monogramma in matrice in basso a sx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di
50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio Cambellotti
a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Secondo le indicazioni lasciate
da Cambellotti, quest'opera sarebbe stata collocata nella sezione Sacra delle Leggende Romane. Il nome Carmenta ha nella sua radice il carmen, vaticinio o
responso di un oracolo. Secondo taluni autori è il nome di una Ninfa latina, onorata come divinità fatidica e madre di Evandro, venuta col figlio
dall'Arcadia nel Lazio. Le sue feste, Carmentalia, celebrate dalle donne, cadevano l'11 e 15 gennaio. Altri considerano le Carmente come ninfe delle
fonti e protettrici delle partorienti, coi nomi di Prorsa e Postvorta, a seconda della postura del feto alla nascita. Q s79-t100.
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Il Sublicio (1910). Disegno originale definitivo a china, a pennello e biacca su cartone, mm 510x580. Monogramma e spiga in rosso in alto a
dx. Montato su passepartout. Rappresenta un uomo nell'atto di posizionare sui pilastri le travi di un ponte di legno. Arch. Cambellotti, n. 227.
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Il Sublicio (1926). Xilografia originale, mm 500x490, monogramma in matrice in basso al centro DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di
50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio Cambellotti
a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Si tratta, probabilmente, della
prima xilografia incisa da Cambellotti per il ciclo Leggende Romane o Romanae Fabulae, costituito da 35 tavole più due varianti, una rigettata dal
medesimo Autore e l'altra incisa anche in formato ridotto. Il ciclo, quasi certamente incompleto rispetto alle intenzioni progettuali dell'Autore fu
realizzato da Cambellotti fra il 1926 ed il 1957. Alcune xilografie, come questa, riproducono disegni a tempera su carta, eseguiti dall'Artista in anni
precedenti, dal 1908/10, e che come riferì Lucio Cambellotti in nota all'edizione Quasar, figlio di Duilio e promotore col nipote Marco della tiratura
unica e postuma del 1980, che presentiamo in questa mostra ne rappresentano “anche tecnicamente la premessa, perché Cambellotti […] lavorava
in esse di scavo: invece di riportare nero su bianco, egli stendeva su un fondo scuro la tempera bianca, a corpo, per cavarne i chiari, come nella xilografia la
sgorbia scava i chiari e lascia emergere gli scuri”. Il Sublicio appartiene al capitolo delle Leggende Romane intitolato La Propulsione. Q s36-t107.
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Anna Perenna (1926). Xilografia originale, mm 492x480, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e
postuma di 50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio
Lucio Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980.
Ovidio riferisce che Anna Perenna era una anziana donna di Boville, cittadina ai piedi del monte Albano, che - durante la ritirata della plebe
sul Monte Sacro -aveva sfamato i ribelli nutrendoli con pane cotto da lei stessa. Altri considerano Anna Perenna una divinità romana,
probabilmente dea della luna e personificazione delle fasi di essa. Alle Idi di Marzo si celebrava in suo onore una festa con giochi e
gozzoviglie, il che confermerebbe l'ipotesi di Ovidio, accolta anche da Cambellotti, che comprende quest'opera tra quelle delle Leggende
Romane intitolate le Rivoluzioni. Q s37-t99.
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Tarqnas (1930). Xilografia originale, mm 501x500, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di
50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Secondo le
indicazioni ritrovate nell'Archivio Cambellotti, quest'opera avrebbe dovuto far parte del capitolo Sacra delle Leggende Romane. (mq) Q s57t105.
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Bellum m (1939). Xilografia originale, mm 500x485, monogramma in matrice in basso a sx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di
50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Quest'opera
sarebbe dovuta appartenere alla sezione La Propulsione nel ciclo delle Leggende Romane. Q s83-t106.
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L'Apoteosi di Romolo (1930-31). Xilografia originale, mm 501x501, monogramma in matrice in basso a sx DC e spiga di grano. Tiratura
unica e postuma di 50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati
dal figlio Lucio Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma
1980. Nel ciclo delle Leggende Romane questa incisione appartiene alla sezione Le rivoluzioni. Q s60-t96.
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Navis Alvia (1927). Xilografia originale, mm 500x500, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma
di 50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Nel ciclo
delle trentacinque Leggende Romane questa incisione appartiene alla sezione Le Vestali. Una Vestale, accusata ingiustamente, per provare la sua
innocenza, prodigiosamente disincaglia una nave. (Cfr. Fiducia, S., 1960). Q s41-t93.
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Mamors (1929). Xilografia originale, mm 500x476, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di
50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Nel ciclo
delle trentacinque Leggende Romane questa incisione appartiene alla sezione dedicata ai Progenitori e alla razza.. “Il nume della guerra e della
pace, cinto di bronzo, vibra l'asta minacciosa, stringe il vomere possente, discende dai monti a valle, scortato dai lupi. E' il Marte che Sabini e
Latini, già prima di Roma, invocano sia per l'impresa pacifica del solco fecondo, come per l'impresa cruenta che serve a proteggerlo da ogni
insidia. E' il sacro nume che inizia la Gente romana”. (Cfr. Cambellotti, D., in Gente nostra, 1943). Q s53-t76.
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Servio (1928). Disegno originale definitivo a biacca e china, a pennello su cartoncino chiaro, mm 530x620. Non firmato. Rappresenta un
uomo corazzato mentre installa la chiave di volta di un arco, facente parte delle mura di cinta di una città visibile sullo sfondo. Arch.
Cambellotti, n. 1432.
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Servio (1928). Xilografia originale, mm 500x500, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di 50
ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Nel ciclo
delle trentacinque Leggende Romane questa incisione appartiene alla sezione dedicata a la Fondazione. Servio Tullio, sesto re di Roma, sincretizzato nell'opera di C. con la chiave di volta d'un arco che mostra di sorreggere con una mano - constata l'ampliamento dell'urbe, da lui
propugnato e la cinge con nuove, possenti mura megalitiche, che passeranno alla storia come mura serviane. Q s42-t85.
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Acca Larentia I (1940). Disegno originale (bozzetto), a matita su carta lucida, mm 540x530. Monogramma e spiga in basso a dx. Montato su
passepartout. Raffigura A.L. inginocchiata e protesa in avanti, nell'atto di offrire il seno ad una moltitudine di piccoli poppanti affamati; sullo
sfondo una lupa ululante ed un villaggio etrusco. Arch. Cambellotti, n. 1772..
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Acca Larentia I (1940). Xilografia originale, mm 500x495, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di 50
ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio Cambellotti a lapis
in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Nel ciclo delle trentacinque Leggende
Romane questa incisione appartiene alla sezione dedicata ai Progenitori - la Razza . Secondo Ovidio e Plinio Senior, Acca Larentia fu moglie di Faustolo,
pastore di Numitore, e nutrì ed allevò Romolo e Remo scampati dalle acque del Tevere. Data la sua straordinaria prolificità - prima d'adottare i Gemelli
fatidici aveva già dodici figli si mormorava che fosse di facili costumi e per tale motivo fu soprannominata lupa che in latino sta per prostituta. Secondo
altre fonti fu una moglie fedele e fertilissima e per tale motivo si prendeva cura anche di bimbi altrui come balia, ciò che fece anche con R&R. Q s86-t77.
31
La Messe Tarquinia (1936). Xilografia originale, mm 501x501, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e
postuma di 50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio
Lucio Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Nel
ciclo delle trentacinque Leggende Romane questa incisione appartiene alla sezione intitolata le Rivoluzioni . Secondo la leggenda, i Romani
gettarono nel Tevere il raccolto dei Tarquini che s'insabbiò, formando l'Isola Tiberina. (mq). Q s78-t98.
32
Le Carine (1927). Xilografia originale, mm 501x495, monogramma in matrice in basso a sx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di
50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. L'opera che
raffigura carene di navi strappate ai nemici, come trofeo bellico, fu destinata da C. alla sezione delle Leggende, devoluta alla Propulsione, ossia
agli eventi bellici. Q s38-t108.
33
I Semoni I (1950). Xilografia originale, mm 492x500, monogramma in matrice in alto a sx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di
50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Alcuni
commentatori delle tradizioni religiose latine ritengono i Semoni genii appartenenti ai Lari (cfr.: Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, Fratres
Arvales e Chant des Frères Arvales, I,1,p.452,1)ed invocati insieme a questi per il buon esito del raccolto. Altri - e Cambellotti, inserendo la
tavola nella sezione Sacra delle Leggende Romane, mostra di preferire questa interpretazione - accostano i Semoni ai Penati ed ai Mani come
gruppo di forze divine che presiedevano alla germinazione del grano ed alla prosperità delle sementi. (mq). Q s108-t101.
34
I Semoni II (1952). Xilografia originale, mm 495x500, monogramma in matrice in basso a sx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma
di 50 ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Nel ciclo
delle trentacinque Leggende Romane questa incisione appartiene anch'essa alla sezione intitolata Sacra . (mq). Q s111-t102.
35
Volc II (1935). Disegno originale (bozzetto) a matita e matita grassa su carta burro, mm 500x500. Non firmato. Rappresenta tre tori al
galoppo con un vulcano in eruzione sullo sfondo. Arch. Cambellotti, n. 1715.
36
Volc II (1935). Xilografia originale, mm 500x500, monogramma in matrice in basso a dx DC e spiga di grano. Tiratura unica e postuma di 50
ess. su carta Japon Kawashi, di cui 43 numerati in numeri arabi e 7 in numeri romani, stampati a mano e siglati e datati dal figlio Lucio
Cambellotti a lapis in basso a dx, tiratura e titolo a lapis in basso a sx, sigillo a secco dell' editore Quasar in basso a dx, Roma 1980. Nelle
indicazioni lasciate da Duilio Cambellotti, quest'opera - che descrive tre tori spaventati in fuga per l'eruzione d'un vulcano avrebbe dovuto
far parte, nel ciclo delle Leggende Romane, della sezione dedicata all'ambiente naturale. (mq - mm). Q s63-t74.
37
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Servio (1908). Modellato originale in cera rossa su legno, diam.: mm 170. Modello per medaglione. Non firmato. Raffigura un uomo ignudo,
di spalle, nell'atto di posizionare la chiave di volta di un arco. Arch. Cambellotti, n.7443
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Settembre 2011