Madre, figlio e… ….cibo!
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Madre, figlio e… ….cibo!
Psicologia Infantile www.salutare.info Madre, figlio e… ….cibo! Alcuni modi disordinati di alimentarsi, di cui si trova traccia nell’età adulta, spesso hanno radici psicologiche profonde e lontane nel tempo. a cura della dott.ssa Valeria Marchiello L’origine di un sano ed equilibrato rapporto con il cibo risale alla prima infanzia: una madre che naturalmente ha espletato un’equilibrata funzione di nutrice può aver consolidato nel figlio la possibilità di autoregolamentazione dei meccanismi fame/sazietà, all’inverso potrebbe aver alterato tale funzione. Durante l’epoca fetale l’alimentazione avviene (attraverso il cordone ombelicale) in maniera continua ed automatica, alla nascita tale meccanismo fisiologico lascia il posto ad una modalità più complessa. Alcune madri sanno correttamente interpretare il pianto del proprio bambino: se è per fame, per coliche o per bisogno di vicinanza. Quando allattano esse per prime godono del momento di intimità con il proprio piccolo e si sentono soddisfatte perché percepiscono di essere in grado di provvedere al benessere del bebè. In questi casi il neonato è tranquillo poiché il suo bisogno di protezione di base è corrisposto. Un tale equilibrio è tipico di madri che a loro volta hanno sperimentato, nella loro infanzia, come figlie, un rapporto appagante con la propria madre nella quale adesso può identificarsi ed esercitarne le funzioni. 32 www.salutare.info Quando, invece, l’equilibrio del rapporto madre/figlio per svariate ragioni è disturbato anche la funzione nutrizionale può risultare compromessa. Alcune madri sono eccessivamente preoccupate che il bambino non si alimenti a sufficienza, che il loro latte sia troppo scarso o qualitativamente inappropriato e queste insicurezze talvolta generano un’ansia tale da falsare l’equilibrata interpretazione dei segnali del bambino; pertanto può accadere che ogni manifestazione di pianto sia letta dalla madre come richiesta di cibo, per cui offre il seno o il biberon al proprio bambino, quando semmai il bisogno vero è solo quello di un’accogliente vicinanza in braccio a causa di una sensazione interna di mancanza. In tal modo anche il bambino imparerà ad abbinare il cibo in risposta ad emozioni o tensioni, o meglio: il cibo serve a placare l’ansia conseguente ad un bisogno emotivo che non può essere colto. In pratica l’adulto (la madre) in mancanza di un’equilibrata esperienza simile non favorisce nel suo bambino un adeguato ricorso al cibo. Dopo questa prima fase dello sviluppo molti sono i fattori che possono intervenire a modificare questo stato di cose, ma senza dubbio quest’iniziale relazione ha una determinante influenza. Quante volte un generico senso di vuoto e di insoddisfazione non meglio identificato si placa ingurgitando cibo disordinatamente… ebbene probabilmente in quel momento sta avvenendo una confusione tra emozioni e cibo; è come se il vero bisogno di appoggio, di “coccole” non trovi una risposta adeguata e la relativa ansia viene placata con un surrogato, il cibo, che ben si presta a questa funzione per la sua piacevolezza e per le sue capacità di “riempimento” rapido. Al bambino piccolo dev’essere offerta la possibilità di sperimentare l’assenza della madre, a tollerare il lasso di tempo tra l’emergere del suo bisogno e la risposta materna, facendo così esperienza che la tensione può essere tollerata e che quell’assenza (della madre) è solo temporanea. Ribadiamo che questo può avvenire se l’adulto di riferimento ha dentro di sé queste esperienze che può trasmettere al figlio. Così si garantisce la “nascita del pensiero” poiché il bambino anticipa mentalmente l’incontro appagante con la madre.