Kaliningrad, nella fabbrica delle sigarette illegali

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Kaliningrad, nella fabbrica delle sigarette illegali
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Kaliningrad, nella fabbrica delle sigarette illegali
Sergio Paleologo
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Dal 2008 sforna al mese 50 container di Jing Ling, marchio che vale il 25% del mercato nero italiano
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Pacchetti di sigarette nascosti dentro i palloni da calcio (Foto S.P.)
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KALININGRAD - Vi e è nato Kant quando ancora si chiamava Konisberg. Dopo la seconda guerra diventa
l’Oblast di Kaliningrad e finisce sotto la bandiera rossa. Vengono allontanati o deportati circa 300mila
tedeschi e reinseriti a forza 180mila russi. Da allora Kaliningrad entra nell’ombra della geografia europea. Al
massimo fa parlare di sé per i giacimenti di ambra. Almeno fino ad ora. Dal 2008, quando un’anonima
fabbrica di sigarette comincia a sfornare ogni mese 50 container di Jing Ling, un marchio che sta diventando
celebre nel mercato illegale. Ciascun container con 10 milioni di sigarette. Venticinque milioni di pacchetti
dal costo iniziale di circa cinque milioni di dollari che non appena arrivano a destinazione generano un
fatturato che varia tra i 30 e i 50 milioni di dollari. Tutto ciò ogni mese.
La fabbrica che sorge a pochi chilometri da Kaliningrad produce solo per l’estero e non ha alcuna
licenza per vendere in Europa né in altri Paesi. Ma va alla grande perché il marchio Jing Ling rappresenta
quasi il 2 e mezzo per cento del mercato nero in Italia e sta crescendo di pari passo con il ritorno in auge del
contrabbando. Il traffico illecito tra il 2002 e il 2007 era quasi sparito. Poi tasse, accise e crisi economica
l’hanno rilanciato. Ora vale il 9,8% dell’intero mercato italiano del tabacco. Che tradotto significa una
perdita per l’Erario di 1,3 miliardi all’anno e di 400 milioni per la filiera tricolore. Le nuove ondate di
contrabbando pesano sulle casse dell’Europa circa 1 miliardo di euro al mese. E il trend dice che siamo solo
all’inizio.
Per almeno quattro motivi. Primo la crisi va avanti e gli Stati, in primis quello italiano, sono in
astinenza da gettito. E le tasse rendono sempre più conveniente il mercato nero. Secondo, il differenziale di
prezzo con i Paesi extra Ue continua a salire. Un pacchetto di Malboro o di Pall Mall in Bielorussia non
costa più di 80 centesimi, in Irlanda 10 volte tanto. E così i vasi comunicanti incitano al contrabbando perché
si crea un margine di fatto naturale. Terzo, le leggi europee sono spesso anacronistiche prevedono multe e
sanzioni e non fanno da deterrente. Infine, per i tre motivi precedenti, le organizzazioni criminali stanno
riscoprendo le foglie marroni come prima fonte di guadagno per poi, dopo aver creato liquidità, investire nei
traffici più pesanti: armi e droga.
Foto S.P.
Il business sporco
Per capire che l’affare dietro le bionde non è roba che riguarda le vecchine di Napoli (usiamo questo
paragone perché a giugno 2013 dati forniti dall’industria del settore dicono che nel napoletano una sigaretta
su due è di contrabbando) bisognerebbe fare un salto in Polonia; la nazione che coi suoi 15mila doganieri è
in questo momento impegnata a cercare di fermare il flusso immane. Il triangolo che va da Brest a Eblag e
che confina con Kaliningrad, Lituania e Bielorussia è il crocevia di gran parte dei traffici e ha soppiantato i
Balcani che si sono trovati spiazzati dall’ampliamento della Ue a 27. Dati ufficiali dicono che viene
sequestrato il 10% dell’illecito, in realtà se va bene è solo il 3% a essere intercettato, secondo indiscrezioni
degli inquirenti polacchi.
Il resto passa e non ha più altre dogane da attraversare. È libero di circolare in Europa. «Dal 27 luglio
scorso», racconta Anna Hatala, custom accountant della regione di Olsztyn (la parte di Polonia che confina
con la regione russa), «è entrato in vigore l’accordo per la Visa automatica per i residenti di Kaliningrad e di
Olsztyn e per noi significa maggiore impegno e attenzione». I contrabbandieri si mischiano infatti tra di loro.
Ci sono i polacchi che ogni giorno attraversano la frontiera per tornare con 10 stecche e ci sono i camionisti
che tentano di passare con il tir pieno di bionde illegali. E dietro a questi ultimi ci sono le organizzazioni
criminali.
È una lotta quotidiana che non ha particolari freni né deterrenti. C’è chi nasconde le sigarette dentro le
portiere o nei sedili. Nei palloni da calcio, ma anche nelle pagnotte svuotate o nelle confezioni di caffè
solubile. E’ un modo per generare piccoli profitti e rendere più capillare il contrabbando. Ma la differenza la
fanno i camion pieni o i tir con i doppi fondi. Per non parlare (ovviamente non riguarda quest’area della
Polonia) le navi cariche di bionde che partono dal porto di Kaliningrad dirette verso Odessa o Cipro.
Foto di S.P.
«Fino al 2006 l’autorità delle Dogane poteva svolgere attività d’indagine», commenta Jacek Jankowski,
anti illicit trade & security manager di British American Tobacco Polska mentre ci accompagna lungo il
confine, «dopo è stata inibita. Servirebbe invece maggior coordinamento con l’intelligence e la possibilità di
seguire i carichi invece che limitarsi a sequestrare le stecche e punire con sanzioni pecuniarie, che agli occhi
dei criminali sono solo un normale costo aziendale. Basti pensare che la multa minima è di 120 euro e con
8.000 mila euro la si può far franca anche avendo evaso imponibili per 10 milioni di euro». Tanto più che i
trasportatori non conoscono la filiera che li rifornisce e anche se parlassero al momento del fermo non
saprebbero dare informazioni utili. La maggioranza comunque si limita ad alzare le spalle.
Il mini sequestro a Bezledy
È tarda mattinata quando al posto di confine di Bezledy viene fermata una Volvo station. Il
proprietario abita in un villaggio a pochi chilometri di distanza. È già conosciuto dalle guardie. La vettura
passa sotto gli scanner e i due doganieri addetti ai monitor si accorgono tramite i differenziali cromatici di
strane intercapedini. Entra in azione Choko, lo stanco labrador anti-sigarette. E in pochi minuti fiuta e raspa
l’interno della portiera posteriore sinistra. Un doganiere fa leva col cacciavite e trova e vìola l’intercapedine
tra il metallo e il rivestimento interno. A quel punto al contrabbandiere spetta il lavoro inverso. Togliere le
stecche e posarle a terra. Sono 18 per un totale di 360 pacchetti.
Se gli fosse andata bene, con un investimento di 180 euro, avrebbe avuto un utile di circa 400. Invece
dopo il sequestro (solo delle sigarette perché l’auto non è modificata) se la caverà con una multa di poche
centinaia di euro. Sopra i 500 pacchetti scatta la segnalazione alla corte locale e un processo con sanzione
che difficilmente supererà gli 800 euro. «In un solo veicolo guidato da un cittadino russo», aggiunge Anna
Hatala, «abbiamo sequestrato 40 milioni di sigarette e la sanzione di 17mila euro, in accordo con le autorità, è
stata pagata dopo un’ora». Ovviamente ad arrivare con la borsa piena di banconote è stato un basista
polacco. D’altronde per far girare la macchina del contrabbando ci vuole organizzazione e celerità. Mentre
per fare i milioni bisogna saper sfruttare i vuoti legislativi e creare complicità ad alto livello. La fabbrica
delle Jing Ling ne è un esempio.
Dentro la
fabbrica di Kaliningrad. Foto di S.P.
Si chiama Baltic Tobacco Factory e produce in gran parte le confezioni gialle con i caratteri che
ricordano vagamente quelli delle Camel. Al posto del cammello c’è una capra di montagna. La sede non ha
insegne e la proprietà è confusa. Una parte è statale e una quota è in mano ad alcuni privati. I quali dal 2004
a oggi hanno creato un network di fabbriche (le altre sarebbero a Lviv in Ucraina a Chisinau in Moldova a
Donesk e Armavir nella Russia meridionale) che secondo fonti di intelligence sono in grado di produrre 27
miliardi di sigarette all’anno. Per capire quanto fatturano basta moltiplicare per 1 cent. Mentre per percepire
il giro d’affari che sta dietro bisogna moltiplicare per una media di un euro e mezzo. Anche di più se si pensa
che un container esce dalla fabbrica per 100mila dollari e a Londra viene venduto per 4 milioni di euro.
Vladimir Kazakov che si suppone essere il direttore generale della BTF ha dichiarato al settimanale russo
Kommerzant Dengi di essere in «pieno boom di richieste», di operare in Russia con 12 brand e di esportare il
5% della produzione. In realtà i dati di Business Analityca, una società russa che si occupa di marketing
assegna a BTF uno 0,1% del mercato russo. Praticamente solo Kaliningrad. Il resto della produzione dunque
sembra nascere esclusivamente per generare proventi nel mercato nero. L’Olaf (anti fraud office) ha
assegnato a Jing Ling una task force anche perché nessuna delle avvertenze espresse sul pacchetto (dati
confermati dalle analisi post sequestro) corrisponde alla realtà. Nonostante la confezione abbia già adottato
le controverse immagini choc. Dimostrando che criminali come sempre sono un passo avanti. Purtroppo.
Dentro la
fabbrica di Kaliningrad. Foto di S.P.
Un’interessante inchiesta del Guardianlo scorso gennaio ha raccontato quali siano gli ulteriori
collegamenti e le connessioni dietro questo business. In Nord Africa il contrabbando vale all’incirca 1
miliardo di dollari all’anno e viene gestito da cellule terroristiche che si autofinanziano facilitando e
accelerando le spedizioni illecite. Forse sarebbe il caso di smettere di vedere il contrabbando di tabacco
come un reato minore, ma per quello che è. Il primo gradino verso altri traffici. Altrettanto pericolosi in
termini di margini. Senza contare i rischi sociali. «Da una ricerca che è stata condotta nei pressi delle scuole
napoletane», commenta Valerio Forconi, responsabile comunicazione di Bat Italia, »appare una stretta
correlazione tra il mercato nero e il fumo minorile. In alcuni casi il 60% dei pacchetti lasciati per strada dagli
studenti è di contrabbando».
BAT collabora anche con la Gdf e l’Agenzia delle Dogane e dal 2010 con l’Olaf. Ha finanziato con 134
milioni nuove tecnologie e l’addestramento dei cani. Mette a disposizione i propri laboratori di Southampton
in Inghilterra per analizzare il materiale sequestrato, risalire al luogo di origine e al macchinario che l’ha
confezionato. Informazioni utili alle polizie internazionali. Ma si tratta di una lotta impari. Sarebbe diverso
se i governi e gli Stati smettessero di agire controcorrente. Invece che perseguire il gettito immediato,
abbassare le accise significherebbe favorire la filiera e nel medio creare un gettito costante. Soprattutto
rendere il contrabbando non più conveniente.
argomenti: Paesi europei
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