Turismo Sostenibile - Viaggiare in Modo Intelligente in Senegal

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Turismo Sostenibile - Viaggiare in Modo Intelligente in Senegal
Francesco
Ricapito
Turismo Sostenibile - Viaggiare in Modo Intelligente in Senegal Novembre 2016
17 dicembre
2016
A volte è difficile decidere cosa raccontare di un viaggio, si
rischia sempre di fare la figura dell’amico che t’invita a casa solo per propinarti ore ed ore di foto
sulle sue vacanze a Rimini o in Sardegna. In questo caso il viaggio è durato solo una settimana, ma
con le esperienze che abbiamo fatto sembra quasi che sia durato un mese. D’altronde questo è
quello che succede normalmente durante i viaggi organizzati in Senegal da Viaggi Solidali insieme
alla ONG CPS – Comunità Promozione e Sviluppo. Viaggi che fanno entrare i partecipanti
direttamente nella vita del paese, con tutte le sue bellezze, le sue contraddizioni e i suoi ritmi, senza
filtri e senza pregiudizi.
Protagonisti questa volta sono stati una coppia di bolzanini, Maurizio e Lorenza, persone di poche
parole ma di molti fatti ed esperti viaggiatori solidali e due torinesi, Ettore, ingegnere con un grande
spirito d’osservazione ed una certa propensione alle freddure e sua figlia Elisa, biologa, anche lei
appassionata di viaggi.
Con noi anche Pierre, guida senegalese con vent’anni di esperienza ed una propensione alla
puntualità per niente africana, Bernard, autista che quando non guida è alla perenne ricerca di un
posto dove distendersi per fare un sonnellino ed infine io, Francesco, volontario del servizio civile
incaricato della gestione dei viaggi presso la CPS.
Il viaggio ha toccato alcuni dei luoghi più famosi del Senegal e altri meno conosciuti ma non per
questo meno belli. Uno di questi è il villaggio di Sokone, dove ha sede il GIE Touris Jokkoo, partner
di lungo corso della CPS: la sigla GIE sta per Group d’Intêrét Économique e si tratta di cooperative
locali con obiettivi specifici e che promuovono progetti sul territorio dove operano.
Bassirou, il vice-presidente, insieme alle signore Astou e Binta, anche loro membri di lungo corso, ci
hanno accolto con calore nella sede del GIE. Con loro abbiamo condiviso un tipico pranzo senegalese
a base di Ceebu Jen, riso condito con verdure e pesce, seguito da anguria di stagione ed una serie di
succhi freschi di ibisco, baobab e ditakh, un frutto verde dal sapore simile alla banana. Tutto
preparato da Khady, la giovane ma già navigata cuoca del ristorante gestito proprio dal GIE. Come
vuole la tradizione abbiamo mangiato per terra da un piatto comune.
Abbiamo avuto giusto il tempo di una pennichella prima di salire su un carretto trainato da un asino
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e dirigerci verso il baobab sacro di Sokone.
Quando
siamo passati per le strade polverose gli abitanti ci hanno guardato incuriositi, i bambini ci hanno
salutato e abbiamo addirittura incrociato un varano che si è allontanato disturbato dal nostro
passaggio. Il baobab sacro è immerso in un paesaggio semidesertico circondato da una cornice di
mangrovie. La sua grande mole emana una certa aura di sacralità e l’usanza vuole che quando ci si
passa nelle vicinanze si canti e si balli per salutarlo, non farlo porterebbe infatti molta sfortuna.
Abbiamo improvvisato un ritmo battendo le mani e compiuto così il nostro saluto, ognuno seguendo
il suo estro. l baobab avrà almeno ottocento anni e per buona parte della sua vita è stato venerato e
considerato sacro dagli abitanti della zona. Come spesso succede a questi alberi quando
raggiungono una certa età, il tronco diventa cavo e si apre. In questo caso la cavità era talmente
grande che ci siamo entrati tutti senza problemi.
La sera siamo stati ospitati a casa di Binta: una signora
molto espansiva, da parecchi anni membro del GIE e madre di ben nove figli. Durante la cena Ettore
ha avuto un’interessante chiacchierata con il marito di Binta sulle differenti confraternite religiose
del Senegal e poi uno alla volta siamo andati a farci predire il futuro da una signora capace di
leggerlo nelle conchiglie. Nel frattempo Elisa e Lorenza si sono fatte dipingere le dita con l’hennè
proprio da Binta. La notte è passata serena e la mattina seguente Ettore è uscito per una
passeggiata nel quartiere scatenando così la curiosità di tutto il vicinato.
Come dimenticare poi l’incontro con la regina di Sippo? Un piccolo villaggio di pescatori nel mezzo
del Parc National Du Delta Du Saloum, un’area protetta famosa per le sue foreste di mangrovie e le
innumerevoli specie di uccelli. L’unico modo per raggiungerlo è in piroga e in Senegal arrivare in un
villaggio è un po’ come entrare in una casa, di conseguenza è necessario andare subito a salutare il
capo villaggio e così abbiamo fatto. La regina è un’arzilla signora di novant’anni che ci ha salutato
tutti con due baci sulle guance e ci ha fatto accomodare nella
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sua modesta stanza. Ci ha chiesto i nostri nomi e da
dove venivamo e poi ci ha spiegato la sua storia: appartiene ad un gruppo etnico che si chiama
Mandingue e che oggi è diffuso in molti dei paesi dell’Africa Occidentale. Dopo esser venuta qui ed
aver perso il primo marito ha deciso di sposarsi di nuovo per poter continuare a vivere a Sippo. Noi
eravamo troppo intimiditi per chiederle una foto ma è stata lei a prendere l’iniziativa e a chiederci se
ne volevamo una con lei. Forse anche lei si è resa conto che non capita tutti i giorni d’incontrare una
regina!
Località più famosa ma comunque imperdibile è di sicuro Fadiouth: incantevole isoletta composta
interamente di conchiglie e collegata alla terraferma da un elegante ponte di legno lungo mezzo
chilometro. Essere una popolare meta turistica avrebbe potuto rapidamente rovinarla ma gli abitanti
hanno saputo organizzarsi creando una cooperativa e ora pagando un modico prezzo per
l’attraversamento del ponte tutti i visitatori possono avere il supporto di una guida locale
autorizzata. Tra queste c’è proprio il nostro Pierre, nato e cresciuto a Fadiouth e che come tutti gli
isolani del mondo è innamorato della sua isola. Gli abitanti sono poche migliaia e Pierre sembra
conoscerli praticamente tutti visto che si ferma a chiacchierare ogni pochi metri.
Il terreno è fatto praticamente solo di conchiglie ma la cosa più curiosa sono i maiali che fanno
liberamente il bagno nelle acque che circondano l’isola: questo perché nonostante il Senegal sia un
paese prevalentemente musulmano qui a Fadiouth la maggior parte degli abitanti è cattolica, ed
ecco quindi spiegata la grande densità di maiali.
Nella
zona centrale c’è la chiesa, edificio recente ma non per questo meno interessante: dietro l’altare
sono raffigurate delle piroghe ed una capanna, il canto di qualche uccello che ha fatto il nido nel
soffitto riecheggia per tutta la navata e incassate nel muro ci sono numerose conchiglie che fungono
da acquasantiere.
Di fianco alla chiesa si trova una minuscola moschea, ma il simbolo più forte di questa convivenza
pacifica è senza dubbio il cimitero, situato sulla terraferma ma collegato a Fadiouth da un ponte e
dove ci sono sia tombe musulmane che cattoliche. La luce del sole riflessa dalle conchiglie è quasi
abbagliante e vedere tombe di due religioni diverse nello stesso luogo è un bellissimo messaggio di
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tolleranza.
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Viaggiare in modo solidale non vuol dire mantenere sempre solo uno stile spartano e rustico, ci sono
pure occasioni per viziarsi un pochino, per noi è stata la permanenza all’Hotel Keur Yakaar alla
Somone, sulla zona costiera nei pressi della città di Mbour: si tratta di un’incantevole struttura
finanziata da una ONG svizzera e che si occupa di formare personale alberghiero. Qui studiano e
fanno pratica giovani cuochi, camerieri e addetti alle pulizie. Il corso dura due anni ed è l’ultima
novità dei viaggi di CPS. Quel giorno eravamo gli unici clienti e avevamo a disposizione tutto lo staff,
il risultato è che siamo stati serviti e riveriti di tutto punto: dopo che due ragazze molto eleganti ci
avevano mostrato le camere siamo scesi per la cena. Qui un ragazzo del secondo anno ci ha
presentato orgogliosamente il menù come se si fosse trattato di un libro scritto da lui, non appena
l’acqua nel bicchiere scendeva sotto un certo livello c’era sempre qualcuno che veniva a riempirlo,
l’attesa per i piatti è stata di pochi minuti ed erano tutti eccellenti. Dopo il dessert il ragazzo del
menù più un’altra ragazza del secondo anno ci hanno fatto una piccola presentazione della struttura
e hanno risposto a tutte le nostre domande. Con il solo fatto di essere ospitati in questa struttura
abbiamo contribuito alla formazione di futuri camerieri e cuochi che una volta finito il corso avranno
i mezzi per cercarsi un lavoro e diventare indipendenti: anche questo fa parte dei viaggi solidali.
La città di Mbour ci ha riservato alcune belle sorprese. Oltre a visitare la sede della CPS ne abbiamo
conosciuto alcuni dei partner più stretti.
Tra questi il
GIE Bolo Sukali Médine Liberté: ospiti nella casa della presidentessa e assistiti da Khoudja, la
tesoriera, abbiamo imparato i fondamenti della tecnica batik per la tintura di tessuti: dopo aver
scelto un colore ed un motivo, con l’aiuto di Khoudja abbiamo piegato e legato i tessuti per poi
spostarci in giardino ed osservare come con l’aiuto di altre signore questi venivano colorati e
risciacquati. Il risultato è stato sorprendente: colori estremamente intensi e motivi definiti e precisi,
dei perfetti souvenir dal Senegal. Mentre questi si asciugavano al sole siamo tornati dentro e
abbiamo pranzato con dell’ottimo miglio macinato proprio nel mulino del GIE.
Una settimana è veramente poco per poter dire di conoscere un paese, ma è sufficiente per farsene
un’idea: abbiamo sfruttato al massimo ogni momento, non abbiamo avuto paura di metterci in gioco,
di andare oltre quello che è il turismo classico per immergerci nella vita quotidiana dei senegalesi,
con i suoi ritmi, le sue peculiarità e anche le sue problematiche. Non è stata una vacanza riposante,
forse non è stata nemmeno una vacanza, è stato un viaggio dove sia noi che le persone che abbiamo
incontrato hanno avuto modo d’imparare qualcosa e di trarne un beneficio. Il Senegal è un paese
affascinante ma sa anche essere crudo, ammalia ma allo stesso tempo stordisce. Lo scopo di questi
viaggi è proprio quello di far vedere tutti questi aspetti ai nostri visitatori e di farli ripartire con gli
strumenti necessari per poter giudicare loro stessi, al di là dei pregiudizi e dei preconcetti.
Links:
http://www.cps-ong.it/
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http://www.viaggisolidali.it/
Francesco Ricapito – Dicembre 2016
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2016