clinica e terapia

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clinica e terapia
L’asma acuto bronchiale
Susanna Ramuscello, Valeria Tombini, Emanuela Perucchini, Daniele Coen
Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano
L’asma è una delle principali cause di morbilità nel mondo. La
prevalenza di individui affetti, che è aumentata negli ultimi
20 anni soprattutto in età pediatrica, è pari a circa 300 milioni. Si tratta di un disordine infiammatorio cronico delle vie aeree che può andare incontro a esacerbazioni periodiche, caratterizzate da tosse e dispnea progressiva. I quadri clinici possono essere estremamente variabili andando da esacerbazioni
modeste, con aumento dei risvegli notturni e una riduzione del
picco di flusso di meno del 20%, fino a una grave insufficienza
respiratoria che può richiedere l’immediata intubazione delle
vie aeree.
Il trattamento farmacologico prevede un approccio a gradini che
mira a ottenere e mantenere un controllo della sintomatologia tenendo in considerazione l’efficacia delle terapie disponibili, i loro potenziali effetti collaterali e il loro costo. I β2-agonisti e i corticosteroidi sono i farmaci di riferimento tanto per la terapia di
mantenimento che per il trattamento delle esacerbazioni. Altri
presidi terapeutici possono risultare utili in casi particolari. Un
punto chiave fondamentale del proseguimento della terapia è la
collaborazione tra il paziente e il suo curante.
Nel 2006 è stata pubblicata l’ultima revisione delle linee guida
della Global Initiative for Asthma (GINA).
Il caso clinico
mg/dl; PaO2 90 mmHg, PaCO2 45 mmHg, in O2 6
l/min con reservoir. La paziente è trattenuta in osservazione.
A due ore dall’ingresso in PS, compaiono nuovamente modica dispnea a riposo, desaturazione in aria
(SaO2 90%) e broncospasmo. Si somministrano ancora ossigeno 4 l/min con occhialini nasali (FiO2 28%
circa) e salbutamolo + ossitropio bromuro per via inalatoria con distanziatore ripetuto una seconda volta
dopo 30 minuti, ottenendo un miglioramento più
stabile del quadro clinico. Viene richiesta una radiografia del torace, che evidenzia una stria disventilativa alla base destra e un lieve rinforzo del disegno polmonare ilo-perilare e bibasilare.
Alle 6 del mattino la paziente viene ricoverata in reparto di Medicina generale da dove viene dimessa 3
giorni dopo. Tra gli accertamenti eseguiti in reparto
segnaliamo: IgE totali elevate (130); prove di funzionalità respiratoria alla dimissione compatibili con
probabile ostruzione di medio grado delle vie aeree
(FEV1 80% del predetto, PEF 28%). Il basso livello
di PEF, incompatibile con il netto miglioramento del
quadro clinico, documenta l’occasionale difficoltà
nell’eseguire le manovre di valutazione della funzione polmonare. In dimissione viene prescritto un ciclo
di 7 giorni di terapia corticosteroidea per via orale e
viene rivalutata la tecnica di utilizzo degli inalatori.
Viene inoltre previsto un controllo ambulatoriale a
breve termine.
Una donna di 56 anni giunge in Pronto Soccorso verso l’una del mattino per dispnea ingravescente dal
giorno prima. Nega sindrome da raffreddamento. È
nota per asma allergico con 6 accessi in PS nel corso
dell’anno precedente e un ricovero per crisi asmatica
alcuni anni prima. In anamnesi risultano anche ipertensione arteriosa e sindrome ansioso-depressiva.
La terapia cronica comprende paroxetina, lercanidipina e salmeterolo/fluticasone 25/250 µg.
All’esame obiettivo la paziente appare lucida, apiretica, tachi-dispnoica, con decubito ortopnoico obbligato e utilizzo della muscolatura accessoria. All’auscultazione toracica, il murmure vescicolare è ridotto
su tutto l’ambito, con broncospasmo diffuso e normofonesi plessica. Si rilevano i seguenti parametri: pressione arteriosa 190/95; frequenza cardiaca 120 r; frequenza respiratoria 36 atti/min; SaO2 84% in aria ambiente.
Sono pertanto somministrati:
• O2 6 l/min con reservoir (FiO2 50% circa), ottenendo un’ossimetria pari a 97%;
• metilprednisolone 80 mg ev (circa 1 mg/kg);
• aerosol con salbutamolo e ossitropio bromuro.
Si richiedono intanto gli esami ematochimici di base e l’emogasanalisi. Entro un’ora si assiste al netto
miglioramento della sintomatologia, con scomparsa
del broncospasmo e SaO2 in aria del 96%. Le indagini mostrano: globuli bianchi 13.000/ml; PCR 0,6
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SINTESI
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Quali sono i soggetti a maggior
rischio per asma e che cosa
scatena le crisi?
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Esistono numerosi fattori che influenzano lo sviluppo
e l’espressione dell’asma. Tra i fattori legati al paziente
ci sono: una predisposizione genetica all’atopia, una
predisposizione genetica all’iper-responsività bronchiale, l’obesità (alcuni mediatori come la leptina possono influenzare la fisiologia delle vie aeree e favorire
la manifestazione asmatica)1,2 e il sesso. In età pediatrica il sesso maschile ha una predisposizione doppia a
sviluppare l’asma rispetto alle femmine di pari età. Nell’età adulta il rapporto s’inverte. Il motivo non è chiaro, ma è stato suggerito che possa dipendere dal volume polmonare che alla nascita è minore nei maschi,
mentre dopo l’adolescenza è minore nelle femmine.
Fattori ambientali comprendono: allergeni come polvere, pelo di animale, pollini, muffe, lieviti, funghi,
sensibilizzatori occupazionali, fumo di sigaretta sia
attivo sia passivo, inquinamento3,4, dieta. In particolare è stato evidenziato il ruolo protettivo dell’allattamento al seno5 e delle diete ricche di agenti anti-ossidanti6. Anche se l’associazione tra asma e atopia è
ben stabilita i legami precisi tra queste due condizioni non sono stati chiariti con precisione.
In alcuni pazienti l’attività fisica è il fattore scatenante l’attacco d’asma. In genere la crisi si manifesta a
esercizio finito (5-10 minuti dopo) e raramente durante l’esercizio stesso; in questi casi la crisi con broncospasmo e tosse tende ad auto-risolversi in 30-45
minuti. Alcuni esercizi, come la corsa, sono potenti
triggers7. La broncocostrizione da esercizio si può
manifestare in ogni condizione climatica, ma è più comune quando il paziente respira aria secca e fredda8.
Come si manifesta l’asma e quali
sono le sue basi fisiopatologiche?
Anche se l’asma ha importanti componenti genetiche e ambientali, la sua definizione clinica resta descrittiva. La caratteristica predominante dell’anamnesi è la dispnea episodica, soprattutto nelle ore notturne o nelle prime ore del giorno, spesso accompagnata da tosse. Una situazione di asma intermittente o
persistente (Tabella 1) è caratterizzata da periodi più
o meno lunghi di quiescenza dei sintomi, intervallati da esacerbazioni di maggiore o minore gravità. Non
sempre il paziente è in grado di riconoscere la gravità della crisi, come documentato dal fatto che le morti per asma avvengono prevalentemente fuori dall’ambito ospedaliero e sono spesso precedute da sintomi durati oltre 12 ore.
Il sibilo espiratorio che si può apprezzare all’auscultazione del torace è la principale caratteristica clinica
TAB. 1
Classificazione di severità dell’asma14.
Intermittente
Sintomi meno di una volta alla settimana
Esacerbazioni di breve durata
Sintomi notturni non più di due volte al mese
•FEV1 o PEF ≥ 80% del calcolato
•PEF o FEV1 con variabilità < 20%
Lieve persistente
Sintomi più spesso di una volta alla settimana, ma meno di
una volta al giorno
Esacerbazioni che possono limitare l’attività o il sonno
Sintomi notturni più di due volte al mese
•FEV1 o PEF 80% del calcolato
•PEF o FEV1 con variabilità < 20-30%
Moderata persistente
Sintomi tutti i giorni
Esacerbazioni che possono limitare l’attività o il sonno Sintomi notturni più di una volta alla settimana
Uso quotidiano di β2-agonisti a breve durata d’azione
•FEV1 o PEF = 60-80% del calcolato
•PEF o FEV1 con variabilità > 30%
Grave persistente
Sintomi tutti i giorni
Frequenti esacerbazioni
Frequenti sintomi notturni
Limitazione dell’attività fisica
•FEV1 o PEF ≤ 60% del calcolato
•PEF or FEV1 con variabilità > 30%
ed è provocato da un’ostruzione dovuta all’iper-responsività delle vie aeree cronicamente infiammate. Il
quadro di infiammazione cronica può condurre nel
tempo a modificazioni strutturali delle stesse vie aeree, comportando una diminuzione permanente della funzionalità respiratoria che ha come conseguenza un aumento della mortalità9,10.
L’infiammazione delle vie aeree è una caratteristica
costante nel paziente asmatico, anche se i sintomi sono episodici; la relazione tra la severità dell’asma e il
grado di flogosi non è stabilita con chiarezza11,12. Il
quadro infiammatorio coinvolge nella maggior parte
dei pazienti anche il tratto respiratorio superiore e il
naso, ma gli effetti sono più pronunciati nei bronchi
di media dimensione. Il pattern di infiammazione appare simile in tutte le età e in tutte le forme cliniche
d’asma: allergica, non allergica, indotta da aspirina.
Il pattern infiammatorio caratteristico delle patologie
allergiche è tipico anche dell’asma e consiste in un aumento delle mast cells attivate, degli eosinofili attiva-
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ti, dei linfociti Th2, e nel rilascio di numerosi mediatori. Anche le cellule strutturali delle vie aeree producono mediatori infiammatori e contribuiscono al persistere dell’infiammazione. Sono stati identificati più
di 100 mediatori coinvolti nella genesi dell’asma 13.
Quali linee guida è utile seguire
nell’approccio a un paziente
con asma?
Nelle ultime due decadi c’è stato un grosso impegno
da parte del mondo scientifico per migliorare la nostra comprensione dell’asma e la nostra abilità nel gestirla e controllarla. Tuttavia le diversità nei Sistemi
Sanitari Nazionali e le differenze nella disponibilità
dei differenti preparati farmacologici richiedono che
le raccomandazioni generali per la gestione dell’asma
siano adattate a ogni singola realtà.
Il National Heart, Lung, and Blood Institute dei National Institutes of Health (NIH) ha pubblicato per la
prima volta linee guida per la diagnosi e il trattamento dell’asma nel 1991. Nel 1993 ha dato inizio al progetto Global Initiative for Asthma (GINA) e nel 1995
ha prodotto in collaborazione con la World Health
Organization (WHO) il documento Global Strategy
for Asthma Management and Prevention che, nella revisione del 2002, è stato diffuso a livello mondiale e
tradotto in molte lingue. Nel 2004 il comitato esecu-
tivo del progetto GINA ha raccomandato una revisione del documento, non solo per aggiungere informazioni più recenti, ma anche per enfatizzare una
classificazione dei pazienti in base al grado di controllo della sintomatologia piuttosto che in base alla sola
gravità dei sintomi (Tabelle 1 e 2)14. Questo riflette
la consapevolezza di quanto la severità dell’asma sia
legata non solo alla gravità della malattia sottostante
ma anche a quanto un singolo individuo reagisce alla terapia. Il grado di severità non è peraltro un aspetto stabile, caratteristico per il singolo paziente, ma
può modificarsi nel tempo. Per questo motivo è utile
una periodica rivalutazione del grado di controllo
della malattia.
Oltre a modificare la classificazione della malattia,
l’ultima revisione delle linee guida GINA ha apportato delle correzioni al ruolo di alcuni farmaci nel trattamento dell’asma. In particolare, è stato riconosciuto un possibile aumento del rischio di morte improvvisa associata all’uso di β2-agonisti a lunga emivita in
un piccolo gruppo di individui. Ciò ha condotto a
sottolineare con maggiore enfasi l’indicazione a non
utilizzare i β2-agonisti a lunga emivita come monoterapia nell’asma e a prescriverli solo in associazione
con dosi appropriate di corticosteroidi inalatori. Viene inoltre riconosciuto un maggiore spazio agli antileucotrieni nella terapia cronica di controllo dell’asma, soprattutto negli adulti. La monoterapia con
TAB. 2
Livelli di controllo dell’asma14.
Caratteristica
Controllato
(tutti i seguenti)
Parzialmente controllato
(uno qualsiasi dei seguenti in
qualsiasi settimana)
Più di due volte alla settimana
Sintomi diurni
Nessuno (due volte o
meno alla settimana)
Limitazione dell’attività
Nessuna
Qualunque
Sintomi o risvegli
notturni
Nessuno
Qualunque
Necessità di
trattamento acuto
Nessuna (due volte o
meno alla settimana)
Più di due volte alla settimana
Funzione polmonare
(PEF o FEV1)°
Normale
< 80% del calcolato o del
proprio valore migliore
(se conosciuto)
Esacerbazioni
Nessuna
Una o più all’anno*
Non controllato
Tre o più caratteristiche di asma
parzialmente controllato
in una qualsiasi settimana
Una in qualsiasi settimana†
* Qualsiasi esacerbazione dovrebbe produrre una rivalutazione del trattamento cronico per verificare la sua adeguatezza
‡ Per definizione, una singola esacerbazione nel corso di una settimana la rende una settimana di asma non controllato
°
I test di funzione polmonare non sono una misura adeguata nei bambini < 5 anni
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cromoni non è infine più raccomandata come alternativa alla monoterapia con steroidi inalatori.
Poche e minori modificazioni sono state introdotte per
quanto riguarda il trattamento delle esacerbazioni.
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Il mio paziente ha un attacco
d’asma? Quanto è grave?
10
Benché la tosse, il broncospasmo e la dispnea siano le
caratteristiche cliniche dell’asma, non tutto ciò che sibila è asma. Altre comuni patologie si presentano in
modo simile; la diagnosi differenziale include la polmonite, la bronchite, la faringite difterica, la bronchiolite, la BPCO, lo scompenso cardiaco congestizio,
l’embolia polmonare, le reazioni allergiche e l’ostruzione delle vie aeree superiori. Anche coloro che non
hanno alcuna predisposizione all’asma possono sviluppare un broncospasmo dopo esposizione a vari
agenti chimici, polveri e fumi.
Il medico d’urgenza dovrebbe essere in grado di differenziare queste comuni sintomatologie di presentazione attraverso un’anamnesi accurata e l’esame
obiettivo, associati a un uso giudizioso degli esami
diagnostici15.
Un’anamnesi accurata aiuterà nello stabilire se ci si
trova di fronte a un’esacerbazione asmatica e a fare la
scelta terapeutica più appropriata.
Molti pazienti non riferiscono una storia di asma, ma
semplicemente riferiscono di avere spesso il respiro
affannoso o di soffrire di frequenti bronchiti. La presenza di uno dei seguenti segni e sintomi deve far aumentare il sospetto di asma: sibilo espiratorio, soprattutto nei bambini (un’obiettività polmonare normale
non esclude comunque la diagnosi di asma); tosse
prevalentemente notturna o dispnea ricorrente, con
sintomatologia ingravescente nelle ore notturne e in
alcuni periodi dell’anno; anamnesi famigliare positiva per atopia; accentuazione della sintomatologia in
presenza di pelo di animale, cambi di temperatura,
farmaci (aspirina, β-bloccanti), polvere, esercizio,
pollini, infezioni respiratorie virali, fumo, forti emozioni; raffreddori spesso coinvolgenti le basse vie aeree con decorso lento (> 10 gg).
È importante accertare qualsiasi fattore precipitante
dell’attacco e la sua durata e porre particolare attenzione agli attacchi prolungati perché tendono a rispondere più lentamente alla terapia. La maggior parte degli attacchi a esordio improvviso risponde invece bene alla terapia e difficilmente richiede il ricovero. Un ricovero in terapia intensiva o un’intubazione
per crisi d’asma si associano a un rischio di morte
per insufficienza respiratoria del 10% nell’anno successivo16.
È importate chiedere al paziente se l’attuale attacco
è simile agli attacchi precedenti: è quasi intuitivo
pensare che un broncospasmo in un paziente che
non ha avuto attacchi precedenti possa non essere
asma, ma anche il riscontro di broncospasmo in un
paziente asmatico non deve distogliere l’attenzione
da altre possibili cause (uno scompenso cardiaco,
uno pneumotorace, un’embolia polmonare, una
broncopolmonite). Sempre per evitare errori diagnostici è importante rivalutare tutti i precedenti patologici del paziente e raccogliere informazioni accurate sulla terapia in atto. È importante sapere quando siano stati usati gli steroidi l’ultima volta (una crisi che insorge durante terapia steroidea sistemica è
generalmente più grave) e se il paziente stia utilizzando farmaci che possono aver scatenato la crisi:
l’introduzione di un β-bloccante, anche per uso topico (ad esempio oftalmico) può precipitare una crisi d’asma e può ridurre la risposta ai farmaci β-adrenergici.
All’esame obiettivo il segno clinico caratteristico è il
sibilo espiratorio. Non sempre però questo segno è
presente e la sua assenza è in alcuni casi dovuta
all’estrema broncocostrizione17. In questi casi le vie
aeree sono a tal punto ostruite che il paziente non è
in grado di generare un efficace passaggio di aria.
Saranno però presenti altri segni clinici come la
diaforesi, la cianosi, l’eloquio interrotto, l’iperinflazione toracica, l’utilizzo della muscolatura accessoria fino al rientramento degli spazi intercostali.
Tra i parametri vitali si rileveranno tachicardia e tachipnea. La pressione può essere variabile, ma pressioni molto basse o molto alte devono far pensare
piuttosto a uno scompenso cardiocircolatorio. Nel caso di un paziente in shock, bisogna escludere uno
pneumotorace iperteso o un’embolia polmonare. È
utile rilevare la temperatura, ma è essenziale conoscere la saturimetria. Questo “quinto parametro vitale”
dà utili informazioni non solo per stabilire la gravità
del quadro clinico, ma anche per prevederne l’evoluzione e il percorso nel breve termine (dimissione
vs ricovero). In genere l’ipossiemia compare in situazioni già avanzate di distress respiratorio. È tuttavia
importante ricordare che, in presenza di una bassa
capacità di ventilazione e soprattutto nei casi di concomitante BPCO, una SaO2 ancora normale (o normale con bassi flussi di ossigeno) può associarsi a
un’ipercapnia e allo sviluppo di un’insufficienza respiratoria di tipo II.
In alcuni studi sui bambini18,19 è stato dimostrato che
una saturazione minore del 90-92% in aria ambiente
all’ingresso correla con una necessità di ricovero indipendentemente dalla più o meno pronta risposta alla terapia. Viceversa, nell’adulto asmatico la saturazione alla presentazione sembra avere uno scarso indice prognostico20.
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È utile misurare la funzione
polmonare durante
un’esacerbazione?
La misurazione della funzione polmonare fornisce un
accertamento obiettivo della severità e reversibilità
dell’ostruzione delle vie aeree, aiutando a confermare la diagnosi di asma. Sono disponibili svariati metodi per valutare la limitazione del flusso nelle vie aeree, ma due hanno guadagnato un’ampia credibilità
quando utilizzati nei pazienti di età superiore ai 5 anni: la spirometria (in particolare FEV1) e la misurazione del picco di flusso espiratorio (PEF).
Il FEV1, o volume espiratorio forzato nel primo secondo, tende a riflettere in modo più sensibile del
PEF lo stato di ostruzione globale del paziente, come
pure la sua capacità ventilatoria21. Inoltre il FEV1 è
molto meno dipendente dallo sforzo del paziente – a
cui viene comunque richiesto un buon grado di coordinazione –, cosa che lo rende più attendibile del
PEF21,22.
Il PEF dà prevalentemente una misura dell’ostruzione delle vie aeree maggiori23. È necessario fornire corrette informazioni al paziente e, se occorre, ripetere le
misurazioni poiché i valori di PEF sono dipendenti
dallo sforzo del paziente stesso. Nonostante ciò, è un
dato relativamente facile da ottenere, non costoso e
implica un dispendio di tempo inferiore rispetto alla
misurazione del FEV1. Infine, non richiedendo uno
spirometro, può essere misurato routinariamente a
domicilio dagli stessi pazienti per valutare l’andamento della propria malattia. Poiché i valori di PEF
variano a seconda dello strumento utilizzato e il range dei valori predetti è molto ampio, la misurazione
del PEF dovrebbe essere preferibilmente effettuata
con lo stesso strumento del paziente e i valori confrontati con i precedenti24. Un PEF o un FEV1 pretrattamento di meno del 50% del previsto indicano
un’ostruzione grave delle vie aeree.
Diverse linee guida nazionali raccomandano la misurazione del PEF o del FEV1 per agevolare le decisioni nel trattamento d’emergenza. Ma sebbene il
PEF possa essere prezioso nel trattamento domiciliare dell’asma, vi sono considerevoli controversie
riguardo alla sua utilità in Pronto Soccorso. Numerosi studi, tra cui un ampio trial, hanno dimostrato come il PEF non abbia valore prognostico né decisionale perché non correla con la necessità di ricovero o con la probabilità di ritorno in Pronto Soccorso per recidiva precoce25-28. Inoltre in fase acuta la sua misurazione risulta difficile per il paziente, specie se non abituato a utilizzare lo strumento
a domicilio. In conclusione, la misurazione del PEF
non dovrebbe essere considerata indispensabile per
una valutazione del paziente in fase acuta, né i suoi
valori dovrebbero essere usati da soli come base per
le decisioni relative al trattamento o alla dimissione
del paziente. PEF e FEV1 possono invece rivelarsi
TAB. 3
Gravità di una crisi asmatica (adattato da14).
Fattori di rischio per crisi grave
Pregressa intubazione o ricovero in terapia intensiva per
asma
Un ricovero nel corso mese precedente o più di 3 accessi in
Pronto Soccorso negli ultimi 12 mesi
Utilizzo di steroidi per via sistemica
Dipendenza da β2-agonisti per sollievo sintomatico (> 2
confezioni/mese)
Scarsa compliance con la terapia
Rilevanti problemi psichiatrici o sociali
Indicatori di crisi grave
Sintomi
Pronuncia parole isolate, non frasi intere
Irrequietezza
Segni
Frequenza respiratoria > 30 atti/min.
Uso della muscolatura respiratoria accessoria
Sibili sia inspiratori sia espiratori
Frequenza cardiaca > 120 bpm
Polso paradosso
Valutazione funzionale
PEF < di 150-200 ml o < 50% del proprio valore migliore
SaO2 < di 90% in aria ambiente
PaO2 < 60 mmHg in aria ambiente o PaCO2 > 45 mmHg
Indicatori di imminente arresto respiratorio
Sintomi
Letargia o confusione mentale
Segni
Movimenti toraco-addominali paradossi
Silenzio respiratorio
Bradicardia
Valutazione funzionale
Ipercapnia ingravescente
Acidosi
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All’elettrocardiogramma (ECG) è possibile trovare
segni di sovraccarico del cuore destro, che si risolvono con la terapia. L’ECG può anche dare informazioni utili per la diagnosi differenziale nei pazienti
in cui la dispnea non sia univocamente attribuibile a
una crisi asmatica.
La Tabella 3 presenta gli elementi anamnestici e di
obiettività che orientano nell’identificare le crisi
d’asma di maggiore gravità e le situazioni a rischio
di vita.
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utili strumenti aggiuntivi di valutazione, nel contesto dell’inquadramento clinico generale del paziente.
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Quali altri esami devo richiedere di
fronte a una crisi d’asma?
12
La radiografia del torace non dovrebbe essere prescritta di routine nella valutazione in Pronto Soccorso
del paziente con asma acuto, a meno che l’anamnesi
o l’esame obiettivo non facciano pensare alla possibilità di diagnosi addizionali o alternative come lo
scompenso cardiaco, la polmonite o lo pneumotorace.
Le indicazioni all’esecuzione della radiografia comprendono29,30:
• asma abbastanza grave da richiedere ospedalizzazione;
• insufficienza respiratoria grave;
• sospetto clinico di polmonite, pneumotorace, corpo estraneo, scompenso cardiaco;
• mancata risposta alla terapia in DEA;
• paziente compromesso per copatologie;
• febbre inspiegabile.
L’emogasanalisi nell’attacco acuto d’asma è molto
spesso inutile, oltre che dolorosa. Nella maggior parte
dei casi per monitorare l’eventuale comparsa di ipossia è sufficiente il saturimetro. L’esecuzione dell’emogasanalisi rimane indicata però nei pazienti con
segni di gravità che non rispondono alla terapia, nei
quali valori di PaCO2 elevati o anche solo normali
possono richiamare l’attenzione su di una ventilazione inadeguata e sul rischio di un imminente esaurimento della muscolatura respiratoria.
Quando eseguibili, i test di funzionalità respiratoria
offrono una possibile alternativa all’emogasanalisi: in
uno studio è stato documentato come PEF superiori
al 25% del previsto corrispondessero sempre a una
PaCO2 inferiore a 45 mmHg e a un pH superiore a
7,3531.
Gli esami di laboratorio, in modo analogo alla radiografia del torace, non trovano indicazioni nell’attacco
acuto d’asma, a meno che si supponga la presenza di
una diagnosi alternativa. È importante ricordare che
la terapia con steroidi e β-agonisti può condurre a
modesta leucocitosi: nel dubbio di un’infezione è
utile ricercare il valore della PCR.
Qual è la terapia di scelta
in urgenza?
Di fronte a un paziente con crisi asmatica acuta, dopo aver escluso altre cause di dispnea o mentre si procede a una diagnosi differenziale, è opportuno tene-
re un approccio standardizzato che preveda un rapido esame obiettivo, la misurazione dei parametri vitali secondo lo schema ABC e la messa in sicurezza
del paziente (accesso venoso, ossigeno, monitor se
necessario).
Come abbiamo visto più sopra (Tabella 3) i parametri essenziali da utilizzare come indici di severità sono la capacità del paziente di parlare, la frequenza
cardiaca e respiratoria, la SaO2 e, quando misurabili,
il PEF o il FEV114. La diversa gravità del quadro clinico non modifica sostanzialmente la scelta dei presidi terapeutici, ma può influenzarne la via o la modalità di somministrazione.
Il trattamento del paziente asmatico in emergenza, oltre che sulla somministrazione di ossigeno, è tradizionalmente basato su una terapia farmacologica che
può agire in due modi: rilassando la muscolatura liscia bronchiale (azione broncodilatatrice) o riducendo l’infiammazione delle vie aeree (azione antinfiammatoria).
L’ossigeno dovrebbe essere somministrato prima dei
broncodilatatori perché questi possono peggiorare
l’ipossiemia32 aumentando lo shunt polmonare attraverso un meccanismo di vasodilatazione. La somministrazione di ossigeno va titolata all’ottenimento
di una SaO2 di circa 92%, di solito utilizzando occhialini nasali a 2-3 l/min (FiO2 circa 28-32%). La
somministrazione di O2 al 100% non è raccomandata
poiché può aumentare la PaCO2 anche in pazienti
non noti per BPCO33.
Gli agonisti β-adrenergici, aumentando la concentrazione di c-AMP, innescano una serie di meccanismi
cellulari che conducono a una diminuzione del calcio
intracellulare e all’inibizione del rilascio dei mediatori. Come conseguenza si ottengono il rilassamento
della muscolatura liscia bronchiale e l’aumento della
clearance mucociliare.
La via di scelta per la somministrazione dei β2-agonisti è quella inalatoria. Lo standard of care del trattamento in Pronto Soccorso è il salbutamolo 2,5-5
mg (pari a 10-20 gtt) nebulizzati ogni 20-30 minuti
fino a 3 dosi in 1 ora. Ulteriori cicli possono essere ripetuti ogni 1-4 ore. Per pazienti più gravi è consigliata una nebulizzazione continua di 7,5-15 mg/ora
per 2-3 ore34,35.
Una modalità di somministrazione alternativa, che è
considerata di pari efficacia, è quella con inalatore
predosato (MDI) e distanziatore (che aumenta in modo importante la disponibilità del farmaco). In generale è bene sapere che il lung delivery con la nebulizzazione è del 10%, mentre con inalatore predosato
associato a distanziatore è del 20-30%36,37. La somministrazione con MDI e distanziatore è più sempli-
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ce e meno costosa, e consente di valutare se il paziente sia in grado di usare correttamente il dispositivo
(componente essenziale del trattamento domiciliare).
In generale si può iniziare con l’aerosol se il paziente
è particolarmente dispnoico e poi proseguire con
MDI, in vista di una dimissione dal Pronto Soccorso.
Il dosaggio abituale per un MDI da 100 µg con distanziatore è di 1,2 mg nella prima ora, cioè 4 puff
ogni 20 minuti. Poi la dose varierà in base alla severità dell’esacerbazione. I β2-agonisti si possono somministrare anche per infusione endovenosa lenta di
250-500 µg (5-20 µg/min), ma si tratta di una via
generalmente sconsigliata perché ha un’efficacia sovrapponibile o inferiore a quella inalatoria e presenta un maggiore rischio di effetti collaterali38.
Nel caso di dosi elevate e ripetute di salbutamolo è opportuno tenere sotto controllo il quadro elettrolitico e
correggere l’eventuale ipokaliemia indotta dal farmaco.
L’associazione tra β2-agonisti e agenti anticolinergici
(ipratropio o ossitropio bromuro) sembra assicurare
una broncodilatazione maggiore rispetto ai soli
β2-agonisti39-41, soprattutto nei pazienti con maggiore broncospasmo40. In particolare possono trarne
beneficio i pazienti la cui asma si inserisce in un
contesto di BPCO, i pazienti in terapia con i-MAO
(che possono avere maggiori danni tossici da eccessivo utilizzo di farmaci simpaticoagonisti, per
inibizione del loro metabolismo) e i pazienti nei quali i β2-agonisti hanno costituito il trigger dell’attacco
d’asma. La somministrazione può avvenire con
aerosol predosato a dosi di 20 µg (pari a 4 puff)
ripetibili ogni 10 minuti nelle prime ore; oppure il
farmaco può essere nebulizzato con la seguente
posologia: 0,25-0,5 mg (pari a 20-40 gtt) ogni 2030 minuti fino a 3 dosi in 1 ora. In seguito si può
ripetere una somministrazione ogni 1-4 ore.
Alcuni pazienti allergici alle nocciole possono avere
una reazione crociata con la soia, usata come eccipiente dell’ipratropio bromuro. Occorre inoltre fare
attenzione nei pazienti con glaucoma ad angolo chiuso o ipertrofia prostatica, perché l’utilizzo ad alte dosi degli anticolinergici può precipitare un glaucoma
acuto o una ritenzione d’urina.
L’ipratropio non si è dimostrato efficace nella terapia
domiciliare post-esacerbazione, a meno che il paziente non sia affetto anche da BPCO14.
L’infusione endovenosa di aminofillina in associazione con β2-agonisti non fornisce una maggior broncodilatazione di quella ottenibile con i soli β2-agonisti per via inalatoria. Gli studi clinici hanno invece
confermato un’elevata incidenza di effetti indesiderati
del farmaco che hanno portato a sconsigliarne
l’utilizzo42,43.
I pazienti che non rispondono a dosi ripetute di
broncodilatatori hanno di solito un quadro infiammatorio caratterizzato da una maggiore presenza di
muco nelle vie aeree. In questi casi i corticosteroidi
giocano un ruolo importante. In generale sono candidati alla terapia con steroidi i pazienti che non migliorano la loro PEF di più del 10% dopo la prima somministrazione di terapia, i pazienti con PEF < 70% del
predetto dopo 1 ora di terapia e i pazienti che sviluppano un attacco mentre assumono già terapia steroidea domiciliare. In questi pazienti la somministrazione precoce – entro 1 ora dall’accesso in PS – riduce i ricoveri ospedalieri e le recidive dopo la dimissione dal Pronto Soccorso44-46. In genere l’effetto clinico dei corticosteroidi per via sistemica appare solo
4-6 ore dopo la somministrazione. La dose ottimale
da somministrare rimane sconosciuta. Una dose molto elevata (500 mg di metilprednisolone ev) non sembra più efficace di dosi minori (125 mg) ed è possibile che siano sufficienti dosi nettamente inferiori
(40-60 mg). In genere viene consigliato di somministrare 60-125 mg di metilprednisolone ev o una dose equivalente di idrocortisone (240-500 mg). Se non
è presente vomito si può utilizzare anche la via orale. Il prednisone per os (60-80 mg) è rapidamente assorbito (picco ematico 1 ora dopo l’ingestione), ha
una biodisponibilità virtuale del 100% ed efficacia
sovrapponibile a quella del metilprednisolone ev47,48.
Nei casi di permanenza prolungata in Pronto Soccorso, la terapia steroidea dovrebbe essere ripetuta ogni
6-8 ore, per via orale o endovenosa. Anche la via intramuscolare può rappresentare una buona alternativa, sia nei bambini sia negli adulti49.
I corticosteroidi per via inalatoria sono stati studiati
nel trattamento delle esacerbazioni acute50,51, ma il
loro ruolo non è ancora sufficientemente definito e
non devono comunque sostituire la somministrazione per via orale o parenterale51.
Un breve trattamento (7-10 giorni) con corticosteroidi per os in dimissione dall’ospedale dopo un’esacerbazione asmatica si è dimostrato in grado di ridurre
le recidive e le riospedalizzazioni52-54 e andrebbe
sempre prescritto dopo crisi moderate o severe. Il
ruolo degli steroidi per inalazione non è chiaro in
questo contesto, se non per quanto riguarda l’opportunità del loro uso cronico nei pazienti con asma persistente (Tabella 1) di qualsiasi gravità.
Il magnesio solfato ha un effetto miorilassante ed è
efficace nel ridurre il broncospasmo severo, ma
aggiunge poco al trattamento del broncospasmo lieve-moderato55-57; andrebbe quindi riservato ai pazienti con FEV1 < 30% o che non rispondono alla
terapia iniziale. La broncodilatazione si osserva entro
2-5 minuti dall’inizio della terapia, ma scompare ra-
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clinica e terapia
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clinica e terapia
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pidamente dopo il termine del trattamento. Sembra che
l’aggiunta di magnesio solfato alla nebulizzazione dei
β2-agonisti dia maggiori risultati dell’aggiunta di
semplice soluzione fisiologica58,59.
In considerazione del fatto che molti pazienti con
esacerbazione d’asma presentano un’infezione da
Chlamydia o da Mycoplasma (fino al 60%), alcuni studi
hanno indagato l’efficacia di un ciclo antibiotico con
telitromicina 800 mg/die per 10 giorni senza ottenere
vantaggi rispetto al placebo nel ridurre le riacutizzazioni60. La telitromicina presenta inoltre possibili
effetti collaterali dei quali occorre tener conto (epatopatia, peggioramento della Miastenia gravis, allungamento del QT, sviluppo di una colite pseudomembranosa).
Gli antileucotrieni sembrano offrire solo un modesto
beneficio nel trattamento dell’asma acuto. In uno studio è stato dimostrato come la somministrazione di zafirlukast, iniziata in fase acuta in aggiunta alla terapia
standard e proseguita dopo la dimissione, diminuisca
il ritorno in PS nei successivi 28 giorni61. Tuttavia la
somministrazione in acuto non sembra influenzare
l’andamento della crisi o la percentuale dei ricoveri62.
L’elio è un gas inerte che riduce le resistenze delle vie
aeree e diminuisce il lavoro respiratorio. La somministrazione di una miscela di ossigeno ed elio (heliox,
in proporzione 20:80) non ha però dimostrato alcun
vantaggio in una metanalisi di trials clinici e potrebbe trovare forse una ragione di impiego solo nei casi
che non rispondono alla terapia convenzionale63,64.
Sicuramente sono da evitare narcotici, sedativi e tranquillanti perché possono ridurre il drive respiratorio
fino all’arresto. I mucolitici, gli espettoranti e l’idratazione non sono di alcun aiuto nella terapia dell’asma. La letteratura in genere non sostiene l’utilizzo degli antistaminici65: sebbene alcuni medici li prescrivano nell’asma allergico, le basi scientifiche per
questa terapia rimangono esili.
I cromoni (nedocromil o cromolyn), che inibiscono
il rilascio di mediatori a opera dei mastociti, non sono indicati nel trattamento d’urgenza.
È bene ricordare che non esistono trials ben controllati che dimostrino l’efficacia di terapie alternative (agopuntura, omeopatia), mentre ancora pochi dati sostengono l’applicazione della chiropratica e dell’osteopatia per migliorare la funzionalità
polmonare.
Occorre modificare l’approccio
quando il paziente è instabile?
Il trattamento dei pazienti più gravi (Tabella 3) richiede innanzitutto un’osservazione continua e la predi-
sposizione di quanto necessario per un’eventuale intubazione d’urgenza. Per il resto la terapia varia di poco rispetto al trattamento standard delle esacerbazioni, se non per la messa in atto contemporanea di tutti i presidi farmacologici disponibili e l’eventuale utilizzo di farmaci abitualmente non impiegati nei pazienti meno gravi (come adrenalina e magnesio solfato). Anche in questo caso la prima scelta sono i farmaci ad azione β2-agonista, per i quali è preferita la via
inalatoria in continuo (salbutamolo 0,1 mg/kg/ora,
raccomandazione di evidenza IIb). A questi farmaci
vanno subito aggiunti: ipratropio bromuro per via inalatoria (IIa); steroidi per via sistemica (prednisolone 12 mg/kg; IIa) e magnesio solfato endovena 2 g in 510 minuti (IIb).
In caso di crisi asmatica precipitata da una anafilassi
è indicata la somministrazione di adrenalina per via
intramuscolare alla dose di 0,3-0,5 ml di soluzione
1:1000 (0,01 mg/kg; IIb), ripetuta se necessario ogni
20 minuti per un totale di 3 dosi. Si tratta di un farmaco che, una volta esclusa storia di infarto miocardico, angina o tachicardia ventricolare, può essere
somministrato con tranquillità in tutte le classi di età.
In assenza di anafilassi o angioedema, l’adrenalina trova scarse indicazioni nelle esacerbazioni asmatiche14.
Di fronte a un paziente molto grave o instabile è opportuno allertare precocemente il rianimatore, perché
se il paziente non migliora rapidamente è indicato
procedere all’intubazione (IIb) e all’assistenza ventilatoria. In particolare si ha indicazione all’intubazione
se, nonostante la terapia effettuata, si assiste a una
progressiva riduzione della saturazione di ossigeno,
alla comparsa di acidosi respiratoria o al deterioramento dello stato mentale. Solitamente è indicata una
ventilazione a PEEP 0 (per evitare autoPEEP), di tipo
ipoventilazione meccanica controllata o ipercapnia
permissiva, con un volume espiratorio (Vt) di 6-8
ml/kg per evitare barotraumi da pressione (lo pneumotorace è la complicanza più temuta e drammatica).
Durante la ventilazione meccanica invasiva possono
essere somministrati con facilità β2-agonisti con aerosol predosato, senza interrompere la ventilazione e
sfruttando le fasi respiratorie.
Un’alternativa all’intubazione è la ventilazione meccanica non invasiva in modalità bi-Level. Il solo studio
di buon livello preso in considerazione dalla Cochrane Collaboration ha utilizzato basse pressioni, iniziando con una pressione espiratoria (EPAP) di 3 cm
H2O aumentata fino a un massimo di 5 cm H2O e con
una pressione inspiratoria (IPAP) di 8 cm H2O aumentata fino a un massimo di 15 cm H2O66,67.
La Figura 1 riassume il percorso clinico del paziente
con esacerbazione asmatica in Pronto Soccorso.
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clinica e terapia
Accertamento iniziale: anamnesi, esame clinico (auscultazione, uso muscolatura accessoria, frequenza cardiaca,
frequenza respiratoria, PEF o FEV1, saturazione O2, EGA se paziente grave)
Trattamento iniziale:
- O2 (fino a SaO2 > 90% negli adulti e > 95% nei bambini)
- inalazione continua di β2-agonisti a breve durata d’azione per 1 ora
- corticosteroidi sistemici se non c’è immediata risposta o se il paziente è grave o se ha recentemente assunto
steroidi per via orale
- l’uso di farmaci sedativi è controindicato
Criteri per episodio moderato: PEF 6080% del predetto/personale, sintomi moderati
con uso muscolatura accessoria
Trattamento: O2, inalazione di β2-agonisti e
anticolinergici ogni 60 min, steroidi orali
Proseguire per 1-3 ore se c’è miglioramento
Criteri per episodio severo: storia di riacutizzazioni gravi, PEF < 60% del predetto/personale, sintomi
severi a riposo con retrazione muscoli intercostali,
mancato miglioramento
Trattamento: O2, inalazione di β2-agonisti e anticolinergici, steroidi sistemici, magnesio ev
RIVALUTA DOPO 1-2 ORE
Buona risposta:
- risposta persistente dopo 1 ora
dall’ultima terapia
- non distress
- PEF > 70% e SaO2 > 90% (95%
nei bambini)
Risposta incompleta:
- fattori di rischio per asma grave
- lieve distress
- PEF < 60% e SaO2 non migliorata
Trasferimento in area intensiva
Continuare terapia in atto
Monitorare SaO2, polso, PEF
Criteri per dimissione: PEF < 60%, compliance
alla terapia
Terapia domiciliare:
- continuare β2-agonisti per inalazione
- considerare corticosteroidi orali (nella maggior
parte dei pazienti)
- considerare inalazione combinata di β2-agonisti
e steroidi
- stretto follow up
Scarsa risposta:
- fattori di rischio per asma grave
- sintomi severi, sopore, confusione
- PEF < 30%, PaCO2 > 42 mmHg, PO2
< 60 mmHg
Trasferimento in area intensiva
Continuare terapia in atto
Considerare β2-agonisti ev,
teofillina ev, intubazione e ventilazione
meccanica
RIVALUTA A INTERVALLI REGOLARI
Miglioramento:
considerare ricovero o dimissioni
Scarsa risposta:
ricoverare in T1
Risposta incompleta
dopo 6-12 ore:
considerare ricovero in T1
Fig. 1 - Gestione dell’esacerbazione asmatica in Pronto Soccorso.
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RIVALUTA DOPO 1 ORA:
sintomi, obiettività, PEF, SaO2, altri esami se necessario
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clinica e terapia
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Vi sono differenze nel
trattamento dei bambini?
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I meccanismi fisiopatologici dell’asma e le linee di
fondo della terapia accomunano pazienti di diversa
età, dai bambini più piccoli agli anziani. Nonostante
la produzione scientifica rivolta all’età pediatrica sia
abbondante, non tutti i trattamenti sono stati studiati su specifiche classi di età in ambito pediatrico e
dunque molte indicazioni vengono estrapolate da
quanto verificato su categorie abbastanza ampie di
bambini o adolescenti.
Nei bambini di età inferiore ai 5 anni s’incontrano le
maggiori difficoltà nella diagnosi e nella valutazione
dell’efficacia e della sicurezza dei medicamenti e nella scelta dei dispositivi erogatori più appropriati. In
questa fascia di età, e soprattutto nei bambini con
meno di 3 anni, sintomi come l’affanno e la tosse sono frequenti, anche in assenza di asma, in corso di infezioni respiratorie virali, come quella da virus respiratorio sinciziale.
Nei bambini l’asma deve esser posta in diagnosi differenziale principalmente con: rino-sinusite cronica,
reflusso gastroesofageo, infezioni virali ricorrenti delle basse vie aeree, fibrosi cistica, displasia broncopolmonare, TBC, malformazioni congenite che causano
restringimento delle vie aeree intratoraciche, aspirazione di corpo estraneo.
Nei bambini con meno di 5 anni il sospetto clinico di
asma può essere confermato somministrando β2-agonisti e corticosteroidi inalatori e verificando la risposta
clinica al trattamento e alla sua successiva sospensione.
L’attacco d’asma anche nel bambino si manifesta con
progressivo incremento della dispnea, tosse, affanno,
senso di costrizione toracica in varia combinazione.
I gravi attacchi d’asma pongono il piccolo paziente a
rischio di vita: le differenze anatomiche e fisiologiche tra il polmone dei bambini e quello adulto rendono i bambini teoricamente a maggior rischio di sviluppare insufficienza respiratoria, anche se questo nei
fatti risulta un evento raro.
I criteri per determinare la severità di una crisi di
asma nei bambini sono analoghi a quelli utilizzati
nell’adulto (Tabella 3). Bisogna però tenere presente
la variabilità della frequenza cardiaca e respiratoria alle diverse età. La frequenza respiratoria normale nei
bambini è:
• < 40/min nella fascia 1-5 anni;
• < 30/min nella fascia 6-8 anni.
La frequenza cardiaca normale nei bambini è:
• < 120 nella fascia 1-2 anni;
• < 110 nella fascia 3-8 anni.
Le indicazioni agli esami diagnostici non differiscono rispetto a quelle date per gli adulti e anche la progressione della terapia è analoga, fatte salve alcune
modificazioni nei dosaggi. Il magnesio solfato non è
stato studiato nei bambini sotto i 5 anni.
L’algoritmo di massima per il trattamento dell’asma
acuto nel bambino prevede:
• a domicilio: 2 puff di salbutamolo, usando il distanziatore; ripetibile dopo 20-30 minuti se necessario
(massimo 2 puff ogni volta); se il bambino non risponde dopo 2 dosi accedere al Pronto Soccorso;
• in Pronto Soccorso:
– nebulizzazione con ossigeno per 3 minuti:
0,03 ml/kg di una soluzione di salbutamolo allo 0,5% in 2-3 ml di soluzione fisiologica; ripetibile ogni 20 minuti nella prima ora se non
vi è miglioramento;
– nebulizzazione con una soluzione di ipratropio bromuro allo 0,025%: 0,5-1 ml; si può ripetere 4 volte nella prima ora;
– prednisone orale: 1-2 mg/kg statim oppure idrocortisone 1-2 mg/kg endovena (una sola volta);
– evitare sedazione di ogni tipo;
– proseguire tra le nebulizzazioni ossigenoterapia con occhialini nasali a 1 l/min.
Di cosa preoccuparsi nella gravida?
In circa un terzo delle donne asmatiche vi è un peggioramento dei sintomi durante la gravidanza. Per
questa ragione le pazienti dovrebbero seguire un follow up più stretto e un adeguamento terapeutico.
L’asma non controllata ha effetti negativi sul feto, che
comprendono aumento della mortalità perinatale,
parto prematuro e basso peso alla nascita. La prognosi di bambini nati da madri con asma ben controllata è la stessa di quelli nati da madri sane: pertanto durante la gravidanza è giustificato l’utilizzo di tutti i
medicamenti per trattare l’asma, anche quando la loro sicurezza non sia definitivamente provata.
Per la maggior parte dei farmaci utilizzati nel trattamento dell’asma ci sono poche evidenze che suggeriscono un aumentato rischio per il feto. In particolare per i corticosteroidi inalatori (la budesonide è la
più studiata), per i β2-agonisti e per gli antileucotrieni (più studiato è il montelukast) non è stato dimostrato un aumento delle malformazioni fetali.
L’esacerbazione acuta dell’asma in gravidanza deve
essere trattata aggressivamente per evitare ipossia fetale. Le donne in gravidanza con un attacco d’asma
devono essere rese consapevoli che i rischi maggiori
per il feto derivano dall’ipossia e non dai possibili effetti teratogeni dei farmaci.
Quando ricoverare?
Come dimettere?
Una volta somministrata la terapia e stabilizzato il paziente, si deve procedere a rivalutazioni regolari con
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ripetizione dell’esame obiettivo e del PEF nelle ore
successive.
Come già accennato, occorre prestare particolare attenzione a tutti quei pazienti che hanno avuto una storia di
attacco asmatico severo con necessità di intubazione68,
che hanno avuto un ricovero o un accesso in PS nell’anno precedente per attacco d’asma, che stanno utilizzando correntemente o hanno da poco sospeso una terapia
con steroidi orali, che non stanno utilizzando correntemente steroidi inalatori69, che sono dipendenti dai β2agonisti a breve durata d’azione (1 flacone/mese)70, che
hanno una storia di disturbi psichiatrici o problemi psicologici, compreso l’utilizzo di sedativi71, o una storia
di scarsa compliance terapeutica. Si tratta, infatti, di pazienti a rischio elevato di recidive o di complicanze, la
cui dimissione deve essere ponderata e “protetta” con le
iniziative adeguate al singolo caso.
Più in generale possono essere dimessi i pazienti che
dimostrano una buona risposta entro 1-2 ore alla terapia effettuata, rimanendo asintomatici per 60 minuti dopo l’ultimo trattamento, con un esame obiettivo normale, una PEF > 70% (pur con i limiti cui si
è accennato) e una saturazione di O2 > 90% (95% nei
bambini).
Ad ogni modo è consigliabile attendere almeno 4 ore
prima della dimissione, per rivalutare il paziente al
momento in cui l’effetto del β2-agonista è esaurito. È
anche buona regola non dimettere i pazienti dal DEA
in tarda serata o di notte poiché queste sono le ore
più delicate per il broncospasmo.
I pazienti con una risposta incompleta (PEF 50-70%)
e una clinica ancora significativa vanno ricoverati in
ambiente medico; in alternativa, se l’obiettività polmonare è nettamente migliorata, tali pazienti possono essere dimessi se adeguatamente accuditi a casa e
controllati con uno stretto follow up. Se questi malati non migliorano sensibilmente entro le prime 6-12
ore è da considerare il trasferimento in ambiente intensivo. Viene consigliato il ricovero diretto in reparto intensivo per i pazienti con PEF < 40% post-trattamento oppure con PEF < 25% e/o PCO2 > 45
mmHg e/o una PO2 < 60 mmHg pre-trattamento14.
Nei fatti, più dei valori assoluti conta l’evoluzione in
senso progressivamente migliorativo o peggiorativo
dei sintomi e dei parametri misurati.
Ai pazienti dimessi va consigliata una terapia adeguata:
• tutti, tranne i casi più lievi, dovrebbero intraprendere un breve ciclo di terapia steroidea per via
orale. In genere sono sufficienti 7 giorni (3-5 nei
bambini) di terapia con l’equivalente di 40 mg di
metilprednisolone (o 200 mg di idrocortisone) in
singola somministrazione giornaliera. Non ci sono evidenze che sostengano l’utilità di un tapering
della dose di corticosteroidi né nel breve né nel
lungo periodo72;
• i β2-agonisti a breve durata d’azione possono essere utilizzati al bisogno fintanto che il paziente
non torna all’utilizzo pre-esacerbazione;
• l’ipratropio bromuro non sembra aggiungere beneficio aggiuntivo dopo la fase acuta e andrebbe rapidamente sospeso;
• i pazienti dovrebbero continuare o intraprendere,
se non effettuata in precedenza, una terapia con
steroidi per via inalatoria. È opportuno un controllo della modalità di utilizzo degli aerosol predosati e della modalità di misurazione del PEF. Questo
aumenta anche la compliance al trattamento.
Ovviamente deve essere ricercato il fattore scatenante
dell’esacerbazione e, quando possibile, devono essere presi provvedimenti per evitare nuove esposizioni.
Tutte le raccomandazioni terapeutiche, oltre all’invito a presentarsi per visita medica presso il curante entro 24 ore, dovrebbero essere segnalate in modo chiaro sul verbale di Pronto Soccorso.
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Asthma is one of the main causes of morbidity worldwide. It
affects some 300 million individuals and has risen over the past
20 years, especially in the paediatric population. Asthma is a
chronic inflammation of the airways, subject to periodic exacerbations, characterised by coughing and progressive dyspnoea. Clinical conditions may vary greatly, ranging from moderate exacerbation with an increase in nocturnal awakening
and a less than 20% reduction in the flow peak, through to severe respiratory insufficiency that requires immediate intubation of the airways.
Pharmacological treatment envisages a step approach that aims
to obtain and maintain control over the symptoms, taking into
consideration the effectiveness of the treatment available, potential side effects and cost. β2-agonists and corticosteroids are the
drugs of election for both maintenance therapy and for treating
exacerbations. Other therapeutic devices may prove useful in
particular cases. One fundamental key point in treatment over
time is the cooperation between patient and attending doctor.
The latest review of the Global Initiative for Asthma (GINA)
guidelines was published in 2006.
I GRANDI TEMI DELLA MEDICINA INTERNA
E DELLA MEDICINA D’URGENZA NEL 2007
Boario Terme (BS), 29 maggio - 2 giugno 2007
Palazzo dei Congressi - Darfo Boario Terme
(Bs) Via Romolo Galassi, 30
29 Maggio - 2 Giugno 2007
Programma
29/05
Lo stroke: dall’evento acuto alla dimissione
31/05
Il dolore toracico: dall’esordio alla dimissione
Fegato e milza: clinica ed ecografia
01/06
Il trauma: approccio multidisciplinare
Il Clinico Medico
02/06
Medici in tribunale
con il patrocinio di:
• Società Italiana di Medicina Interna
• Società Italiana Medicina d’Emergenza-Urgenza
• 118 Soccorso Sanitario, Regione Lombardia
• IPASVI (Federazione Nazionale Collegi Infermieri)
• ASL di Vallecamonica-Sebino
• Comunità Montana di Valle Camonica
• Consorzio Comuni BIM di Valle Camonica
• Sanità Regione Lombardia
• Provincia di Brescia
• Città di Darfo Boario Terme
Presidenti
P.M. Mannucci SIMI
L. Gattinoni SIAARTI
V. Giustolisi SIMEU
P. Marzollo SSUEm 118
Comitato Organizzatore
Dott. Mario Conti
UO Medicina Interna Ospedale di Esine
E-mail: [email protected]
Dott.ssa Donata Toniolo
Servizio Anestesia e Rianimazione
Ospedale di Esine
E-mail: [email protected]
Segreteria Organizzativa
Via R. Psaro 17 - 25128 Brescia
Tel. 030 3099308 - Fax 030 3397077
[email protected]
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emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno III numero II • Aprile 2007 • www.ecj.it
ABSTRACT
19