Chi ha paura dell`Arte contemporanea?

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Chi ha paura dell`Arte contemporanea?
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Chi ha paura dell’Arte contemporanea?
di Fabrizio Affronti
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Il Novecento è, a tutti gli effetti, il secolo delle grandi
avanguardie nel campo dell’arte. Mai come in questa epoca
gli artisti hanno avuto una tale libertà espressiva.
Questo eccesso di autonomia da parte dell’artista ha creato in molti casi
un muro tra le persone comuni e il mondo artistico.
Infatti se oggigiorno chiediamo “all’individuo della strada” cosa ne pensa delle opere d’arte contemporanea, ci risponderà quasi sicuramente che esse sono opere incomprensibili, esteticamente brutte e che in molti casi potrebbero
essere realizzate anche da un bambino.
Questi luoghi comuni, legati specialmente alle avanguardie astratte, continuano purtroppo fino ai giorni nostri,
ed è proprio da queste considerazioni che
nasce l’idea di questo articolo.
Per superare questi cliché è necessario
comprendere che si è arrivati all’arte
quale la vediamo nei nostri giorni attraverso una progressiva evoluzione
estetica che è andata di pari passo con
i cambiamenti della nostra società. Gli
artisti, se sono veramente tali, percepiscono precocemente tali cambiamenti e
ne sono influenzati nella loro produzione. Noi, persone comuni, abbiamo
invece bisogno di tempo per abituarci
alle novità e per comprenderle, soprattutto se ci manca la curiosità e la disponibilità verso il nuovo.
Questo articolo vuole offrire una panoramica delle correnti artistiche che sono comparse dagli anni Novanta in poi,
ma come abbiamo detto nella premessa, per comprenderle è bene partire un
po’ più da lontano.
Con il dopoguerra ed in particolare con
il boom economico degli anni Sessanta,
l’arte contemporanea abbandona i canali
astratti puntando su un ritorno alla realtà. Con la Pop Art, che annovera artisti
come Warhol e Liechtenstein (giusto per
citare i più noti), avviene un sostanziale riavvicinamento da parte del grande
pubblico. L’utilizzo di soggetti derivati
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della società consumistica rende accessibile a tutti, anche se a volte solo superficialmente, la fruizione delle opere.
Tuttavia verso la fine di quel decennio,
e con le rivolte del “sessantotto”, l’arte
riabbandona certi elementi borghesi e
realistici puntando maggiormente su un
impegno sociale e politico, producendo
opere dall’alto contenuto intellettuale ma
visivamente poco appaganti.
In quegli anni si affermano infatti importanti correnti come l’arte concettuale, l’arte povera (nata tra altro a Genova, e che annovera artisti quali Boetti,
Merz, Penone e Kounellis) e il minimalismo. Movimenti che portano alla
creazione di opere straordinarimente importanti, ma di più difficile comprensione da parte dello spettatore comune.
È proprio per queste ragioni che verso
la fine degli anni Settanta avviene un vero e proprio “rinascimento” della pittura.
L’esigenza da parte degli artisti di ritornare al dipinto su tela, unito ad una forte pressione da parte di collezionisti e
mercanti stanchi di opere eccessivamente
cerebrali porta alla nascita di importanti correnti pittoriche sia in Europa che
in America. Se la Germania e gli Stati
Peter Doig, Bob’s House, 1993,
olio su tela coll. privata (courtesy
Victoria Miro Gallery. London).
A fronte
Thomas Struth, Chicago Art Institute
2, 1990. Stampa cromogenica,
coll. privata (courtesy Galleria Monica
De Cardens).
Sotto Yinka Shonibare, Un Ballo
in Maschera 7, 2004-5. Fotografia
in cornice d’artista, coll. privata Savona
(courtesy Stephen Friedman Gallery).
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Yoshimoto Nara, Be Happy, 1995-98.
Acrilico su lino, coll. privata (courtesy
dell’artista).
Damien Hirst, Untitled AAAAA, 1992.
Medicine in teca di legno e vetro, coll.
privata (courtesy Jay Jopling-White
Cubbe).
Sotto
Maurizio Cattelan, La Ballata
di Trotsky, 1996. Cavallo tassidermico
e materiali vari, coll. privata (courtesy
Galleria Massimo De Carlo, Milano).
Uniti sono la patria dei neoespressionisti e graffitisti come Anselm Kiefer,
Georg Baselitz, Julian Schnabel e Jean
Michel Basquait anche l’Italia dà un importante contributo. Infatti, grazie al critico Achille Bonito Oliva, a fine anni Settanta nasce in Italia la Transavanguardia: composta da pittori che hanno ben
poco in comune tra loro ed accomunati solamente dal desiderio di ritorno alle radici e dal rifiuto delle avanguardie.
Trattandosi soprattutto di dipinti di generose dimensioni e dai colori estremamente vivaci, il successo tra il grande
pubblico e tra i collezionisti è quasi immediato, tanto da dominare il mercato
per quasi un decennio. A questi gruppi
si affiancheranno verso la metà degli anni ’80 anche il Neo-Geo (con Jeff
Koons e Peter Halley), e gli appropriazionisti (di cui l’americano Richard
Prince rimane il maggiore esponenente),
due correnti che saranno fonte di ispirazione per le generazioni successive.
Con la crisi economica e la Guerra del
Golfo i primi anni Novanta rappresentano un momento di grande crisi per
l’arte contemporanea. Gli artisti adottano tecniche differenti ed il campo dell’indagine artistica diviene molto più ampio abbracciando tematiche assai differenti tra loro, appropriandosi di mezzi
espressivi finora legati al mondo della
comunicazione o della moda, quali la fotografia e il video.
In pittura avviene un grande ritorno alla tradizione figurativa, artisti americani quali John Currin, Lisa Yuskavage e
Karen Kilimink creano dipinti che
guardano sia al manierismo del ’500 che
alla produzione settecentesca e otto-
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centesca. La giovane e brillante pittrice
americana Elizabeth Peyton crea uno stile estremamente personale ma nello stesso tempo molto moderno e innovativo;
i soggetti delle sue creazioni sono personaggi famosi del cinema, della musica e della cultura pop dipinti con tratto veloce ed essenziale.
Un ritorno all’astratto, ma in maniera
estramente libera e spontanea, avviene
invece con la pittrice californiana Laura Owens, maggiore esponente di una
interessantissima scuola di pittura losangelina che si sta affermando rapidamente in questi ultimi anni.
In campo pittorico anche l’Europa è terra di interessanti novità. Verso la fine degli anni ’90, grazie soprattutto all’appoggio del collezionista e mecenate
londinese Charles Saatchi, emergono alcuni tra i più importanti artisti degli ultimi decenni.
Nella produzione dell’inglese Glenn
Brown è presente una forte analisi critica della pittura del passato. Egli reinterpreta in chiave quasi grottesca i gran-
di capolavori della arte fiamminga e francese, utilizzando colori psichedelici e una
pennellata estremamente piatta. Tuttavia
Brown non si limita solo a decontestualizzare la pittura antica, anche i maestri dell’astrattismo degli anni ’50 ed opere di famosi illustratori di fantascienza
diventano soggetto delle sue fantasiose
rielaborazioni.
Donne obese o immagini tratte da foto
di incidenti o operazioni di chirurgia estetica sono invece i soggetti principali delle tele di Jenny Saville. Con uno stile realistico-espressionista, che guarda in particolare alla lezione di Lucien Frued, Saville racconta il malessere della donna
contemporanea e la difficoltà di accettare il proprio corpo. Peter Doig (canadese, ma di adozione inglese) sembra invece confrontarsi con la grande tradizione della pittura impressionista avendo come soggetto paesaggi legati ai luoghi cari della sua memoria.
Nell’Europa continentale, si sviluppa
parallelamente una riscoperta di alcuni dei pittori più intimisti e meno appariscenti già attivi negli anni ’80. Due
esempi palesi di questo sono Luc Tuymans e Marlene Dumas, artisti che solo dopo la metà degli anni Novanta verranno giustamente considerati dei veri
e propri capiscuola.
La Germania, all’inizio del nuovo millennio, viene travolta dal boom della
scuola di Lipsia, della quale fanno parte Matthias Weischer, Tim Eitel, Dirk
Skreber, Martin Eder ed Erberard Havekost. Si tratta di un gruppo che risente
fortemente degli insegnamenti della
scuola realista della Germania dell’est.
A causa delle buona qualità pittorica dei
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Bill Viola, Tristan and Isolde.
Sotto Gregory Crewdson, Dylan on
the Floor (from Twilight), c-print, 2001,
coll. privata (courtesy Luhring
Aufustine Gallery).
lavori prodotti, ottengono rapidamente un grande successo da parte di critica e pubblico, anche se si avvertono già
segni di stanchezza e ripetitività nelle
loro ultime produzioni.
Recentemente è uscito un folto gruppo
di pittori di grande talento, provenienti quasi tutti dall’Europa continentale, ma
non legati tra loro. Si tratta di pittori sia
figurativi che astratti che hanno contribuito in modo notevole all’attuale boom
del mercato dell’arte. È quindi doveroso ricordare Franz Ackermann, Michael
Borremans, Johannes Kahrs, Anton
Henning, Daniel Richter, Tomma Abts,
Wilhelm Sasnal, Christoph Schmidberger e l’italiano Rudolf Stingel.
Come già menzionato precedentemente, gli anni Novanta sono caratterizzati anche dell’enorme successo della fotografia: se da un lato in America
avviene la riscoperta di artisti-fotografi già attivi negli anni Ottanta, quali Jeff
Wall e Cindy Sherman (famosi soprattutto per messe in scena spettacolari dall’alto contenuto drammatico ed estremamente teatrali), è l’Europa ad essere tuttavia la piazza più interessante.
Verso la fine degli anni ’80 un gruppo
di giovani artisti destinati a fare storia
esce dall’accademia di Düsseldorf, in
particolare dalla classe del fotografo
Bernd Becher: si tratta di Andreas
Gursky, Thoams Struth, Thomas Ruff
e Candida Hofer. Seguendo i dettami
di una fotografia oggettiva (cioè quasi
documentaristica) ognuno di loro affronta tematiche differenti ma con un
occhio sempre molto freddo e distaccato. La novità di cui si rendono portatori è l’utilizzo di stampe di grandi dimensioni mai eseguite fino ad allora (si
pensi ad esempio che Gursky ha stampato foto di oltre sei metri di lunghezza). Se nelle foto di Gursky sono le
“masse” e i luoghi dell’economia contemporanea ad essere i soggetti prediletti (quali borse, interni di fabbriche o
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“folle” durante i concerti rock), nell’arte
di Struth i soggetti principali sono anonime strade deserte, immagini delle più
famose giungle della terra ed interni di
musei dove vengono ripresi, quasi di nascosto, turisti intenti a osservare i capolavori della storia dell’arte.
Tra questo gruppo invece Thomas
Ruff è da considerarsi l’enfant terrible:
egli è infatti il primo fra i suoi colleghi
a servirsi del computer per manipolare le fotografie. La grande innovazione consiste però nell’utilizzo di scatti
non eseguiti da lui. Fra queste si può ricordare la serie dei nudi eseguita scaricando da internet immagini pornogra-
fiche e ritoccandole al computer per
renderle più pittoriche ed eliminando
i particolari volgari.
E se in Europa la fotografia oggettiva
crea un vera e propria scuola anche al di
fuori dei confini tedeschi, si pensi ad
esempio all’olandese Rineke Dijkstra o
all’italiano Massimo Vitali, l’America e
l’Inghilterra sono la patria di artisti-fotografi che creano veri e propri tableauvivent. Basti citare Gregory Crewdson,
James Casebere, Sam Taylor Wood,
Sandy Skoglund, Philip Lorca di Corcia, Andres Serrano e Anna Gaskell. In
tutti loro è presente un’estrema attenzione alla teatralizzazione del quotidia-
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John Currin, Thanksgiving, 2003. Olio
su tela, Tate Modern, London
(Courtesy Sadie Coels HQ).
Elizabeth Peyton, Little Em (Eminem),
2002. Olio su compensato, coll. privata
(courtesy Sadie Coles HQ, London).
Sotto Gleen Brown, America, 2004.
no o la creazione di mondi fantastici, derivante in parte dalla lezione di Cindy
Sherman e Jeff Wall.
Un’altra corrente molto importante che
si sviluppa proprio negli ultimi anni del
secolo è la video-arte, per la quale il coreano Nam Jum Paik è da considerarsi
il padre spirituale. È tuttavia con l’americano Bill Viola che questa produzione raggiunge i massimi livelli, tanto
da venire conosciuta ed apprezzata anche dalle grandi masse. La semplicità apparente dei suoi filmati, quasi interamente realizzati a rallentatore e le citazioni esplicite della pittura italiana e
fiamminga, fanno dei suoi video veri e
propri dipinti in movimento capaci di
suscitare intense emozioni. Nella recente
serie “The Passion”, commissionatagli
dal Paul Getty Museum, Viola fa rivivere l’iconografia cristiana relativa alla
passione di Cristo.
Altri video-artisti degni di nota sono il
sudafricano William Kentridge che realizza “cartoon” relativi agli avvenimenti drammatici della storia del suo paese
e l’americano Paul Pfeiffer che rielabora in chiave quasi religiosa i grandi eventi dello sport americano.
Nel campo della scultura le maggiori innovazioni arrivano soprattutto dall’America con due geniali figure: Felix Gonzalez Torres e Tom Friedman. Con l’utilizzo di materiali tanto semplici quanto innovativi, questi hanno saputo minare e ricreare le basi della scultura. Si
pensi ad esempio alle sculture di caramelle di Gonzalez Torres, fatte per es-
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sere mangiate dagli spettatori della mostra e alle bizzarre creazioni di Friedman
realizzate con i materiali più disparati,
del dentifricio alla carta igienica.
Come già citato in precedenza esiste anche un gran numero di artisti capace di
passare da una tecnica all’altra senza
grandi problemi. Il video-artista americano Matthew Barney, autore della colossale opera Cremaster, una gigantesca
epopea composta da 5 film, oltre ad essere un filmaker è anche un eccellente
scultore e disegnatore. Ed è da considerarsi senza dubbio il più geniale ed inventivo artista degli ultimi vent’anni,
creatore di un universo personale tanto complicato quanto affascinante ed innovativo.
L’alter ego inglese di Barney può essere considerato Douglas Gordon, il cui
interesse nei confronti del cinema è legato alla sua funzione sociale e ai suoi
vincoli con la memoria individuale. Egli
infatti riutilizza e rielabora spezzoni di
celebri film del passato. Ma il suo lavoro si estende anche alla fotografia e alla scultura, trattando spesso temi legati all’occulto e alla morte.
La poesia e l’eclettismo sono invece alla base del lavoro degli svizzeri Ugo
Rondinone e Urs Fisher, creatori di
opere dell’alto contenuto onirico, così come il modernismo viene rielaborato in maniera giocosa e psichedelica
nei dipinti e nelle sculture del tedesco
Anselm Reyle.
Nell’utilizzo di materiali e tecniche diverse si possono inserire anche gli
Young British Artists, un gruppo di artisti sovversivi nato a Londra nei primi
anni Novanta, capitanato dal geniale Damien Hirst e composto da artisti quali
Tracey Emin, Sarah Lucas, Gavin Turk
e i fratelli Chapman. La loro parola d’ordine è sorprendere nella maniera più
estrema e volgare possibile trattando temi tabù come sesso, violenza e morte.
Se in molti casi i risultati appaiono esageratamente gratuiti e talvolta cruenti,
è solo con Damien Hirst che vengono
raggiunti livelli mai eguagliati. La grandezza della sua arte sta nel trattare temi quali la morte, la medicina, la malattia e la religione in maniera disincantata ed ironica e nel saper creare opere
di straordinaria potenza sia intellettuale che visiva.
Sembra ora doveroso fare un piccolo accenno anche al nostro “patrimonio” nazionale. Nonostante la presenza di molti artisti italiani di notevole talento, solo una piccola parte di essi ha ottenuto
consensi a livello internazionale, e in molti casi è dovuta emigrare per ottenere la
meritata attenzione. La genovese Vanessa
Beecroft, inizia la sua carriera come pit-
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Andreas Gursky, Singapore Stock
Exchange, 1997. Stampa cromogenica,
coll. privata (courtesy dell’artista).
Sotto Matthew Barney, Cremaster 1 Goodyear Chorus. C-print in cornice
d’artista, Genova coll. privata (courtesy
Gladstone Gallery, New York).
trice per poi divenire universalmente nota per performance in cui espone modelle
(di solito immobili e seminude) in celebri luoghi d’arte, creando uno spettacolo
conflittuale pieno di glamour, che provoca una sequela di domande inquietanti
sul voyerismo, il sesso, la repressione, le
belleza fisica e l’alienazione. Mentre nell’arte del padovano Maurizio Cattelan,
sono l’ironia e la voglia di sovvertire le
basi dell’arte contemporanea ad essere i
soggetti delle sue opere. Nelle sue sculture, fotografie e performance egli smachera e minaccia il sistema dell’arte a cui
egli stesso appartiene, rivelandone i
meccanismi più segreti e creando dei veri e propri affronti nei riguardi dell’arte, del suo mercato e della pubblica decenza. È invece il mondo del cinema (sopratutto nei suoi aspetti più decadenti)
ad essere al centro dell’arte del bresciano Francesco Vezzoli. Ossessionato dal
ricamo e da dive sul viale del tramonto,
la sua produzione si divide tra preziose
tele ricamate e video che strizzano l’occhio alla cultura cinematografica europea, il tutto rivisitato in maniera melodrammatica e volutamente kitsch, ma
sempre con grande intelligenza e attenzione al dettaglio. Altri artisti italiani che
meritano di essere trattati, sono Margherita Manzelli, Grazia Toderi, Paola
Pivi, Monica Bonvicini, Giuseppe Gabellone e il già citato Rudolf Stingel.
Negli ultimi anni sono emerse importanti novità anche da paesi lontani. Se
fin dagli anni Sessanta sono stati presenti
un folto gruppo di artisti sudamericani, è l’Asia ad essere la vera tigre dell’ultimo decennio. È verso la fine degli
anni Novanta che dal giappone arriva
un vero e proprio terremoto capitanato da tre artisti destinati a fare storia. Takashi Murakami, Yoshitomo Nara e
Mariko Mori sdoganano una volta per
tutte la cultura “bassa” giapponese, cioè
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quella di fumetti e cartoon manga, facendola diventare protagonista delle loro opere. Le loro creazioni sono infatti popolate da buffi personaggi usciti da
cartoni animati, da ragazzine ipertecnologiche che sembrano alieni, o da
bambine dall’aria diabolica. Il loro impatto è talmente devastante che non solo crea una vera e propria scuola artistica di notevole successo, ma manda in
tilt il mercato dell’arte.
La Cina, tuttavia, non resta a guardare. Anzi, nel giro di pochi anni, grazie
soprattutto all’influenza dei nuovi
“ricchi” cinesi, si assiste a una proliferazione artistica senza precedenti. Dire quanti sono gli artisti cinesi che attualmente lavorano è un’impresa quasi titanica. Basti dire che non vi è mai
stata nel mercato artistico un’opera-
zione economica tanto veloce ed ardita e di dimensioni così colossali. Che
questa sia una bolla speculativa oppure no, solo il futuro potrà dircelo; sta
di fatto che almeno dal punto di vista
antropologico e storico tutto ciò appare
estremamente interessante. Inoltre anche dall’India e dall’Africa stanno
uscendo artisti di notevole talento, quali Subodh Gupta e Yinka Shonibare,
giusto per citare i capiscuola.
Concludo con un piccolo appello ai lettori: non temete l’arte contemporanea,
anzi cercate di avvicinarvi ad essa, di seguirla e di viverla, così che un giorno possiate spiegare voi stessi ai vostri nipoti
la storia dell’arte della vostra epoca.
Ma soprattutto ricordatevi che un’opera non va guardata solo con gli occhi, ma
anche con il cuore!
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