Piano del colore Relazione

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Piano del colore Relazione
Città di Melpignano
Piano del Colore
e dell’Arredo Urbano
metodo, rilievo e progetto
Archh. Antonio Zunno, Valentina Marconi, Maria Pia Placentino, Marco Polimeno
luglio 2006
consulenza scientifica: Laboratorio
Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
INDICE
1 - Indicazioni metodologiche generali
1.1 - Il colore e l’ambiente costruito
1.2 - Il piano del colore
1.2.1 - tipologie e strumenti
1.2.2 - fasi progettuali ed attuative
1.3 – l’arredo urbano e l’ambiente costruito
1.4 - Il piano dell’arredo urbano
1.4.1 - tipologie e strumenti
1.4.2 - fasi progettuali ed attuative
Riferimenti bibliografici
2 - Il piano del colore e dell’arredo urbano della Città di Melpignano
2.1 - Linee guida e criteri per la definizione delle scelte di progetto
2.2 - Il piano del colore
2.2.1- Tipologia e strumenti
2.2.2 – Fasi progettuali ed attuative
2.2.2.1 - analisi preliminari
2.2.2.2 - rilevamenti
2.2.2.3 - progetto del colore
2.3 – Il piano dell’arredo urbano
2.3.1- Tipologia e strumenti
2.3.2 – Fasi progettuali ed attuative
2.3.2.1 - inquadramento generale ed analisi
2.3.2.2 - definizione dell’immagine ambientale di riferimento
2.3.2.3 - progetto dell’arredo urbano
2.4 - Il piano del colore e dell’arredo urbano: procedure e norme di attuazione
2.5 - I colori di Melpignano: rilievo e progetto del colore
2.5.1- La percezione del colore ed il Sistema di Colore Munsell
2.5.1.1 - gli ingredienti del colore
2.5.1.2 - il Sistema di Colore Munsell
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2.5.2- La corrispondenza cromatica dei colori rilevati
2.5.3 - I colori di Melpignano
Strumenti operativi
Rilievo ed analisi del tessuto urbano
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Tav. 1: ambito generale di analisi
-
Tav. 2: destinazioni d’uso degli edifici
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Tav. 3: numero dei piani fuori terra degli edifici
-
Tav. 4: tipologie edilizie del tessuto urbano
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Tav. 5: materiali e tecniche edilizie
Tav. 5a: campionature, prelievi e analisi
-
Tav. 6 : classificazione degli elementi di composizione architettonica delle facciate
-
Tav. 7: emergenze architettoniche/artistiche
-
Tav. 7/a: quadrante 1
-
Tav. 7/b: quadrante 2
-
Tav. 7/c: quadrante 3
-
Tav. 7/d: quadrante 4
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Tav. 8: stato di conservazione degli edifici
-
Tav. 9: analisi elementi di arredo urbano
-
-
Tav. 9/a: ambiti omogenei
-
Tav. 9/b: tessuto connettivo
Tav. 10: mappatura cromatica e materica dela scena urbana
Progetto del colore e dell’arredo
-
-
Tav. 11: progetto del recupero della scena urbana
-
Tav. 11a/b: Via Vittorio Veneto
-
Tav. 11c: Piazza Rimembranza
-
Tav. 11d: Via Dante – Via Roma
-
Tav. 11e: Piazza San Giorgio
-
Tav. 11f/g: Via Roma
Tav. 12: indicazioni progettuali per la definizione dell’arredo urbano
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-
Tav. 13: analisi del tessuto urbano: arredi strutturanti lo spazio. Il Suolo
-
Tav. 14: progetto del recupero della scenaurbana: arredi strutturanti lo spazio. Il
Suolo
-
Norme di Attuazione
-
I colori di Melpignano: rilievo e progetto del colore
Allegati
-
Rilievo fotografico generale
-
Rilievo fotografico delle Emergenze Urbanistiche, Architettoniche ed Artistiche
-
Schede analitiche di rilevamento
-
Risultati campionature, prelievi ed analisi
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1 - Indicazioni metodologiche generali
1.1 - Il colore e l’ambiente costruito
“Di fatto il problema degli intonaci, del colore e delle coloriture, nell’edilizia storica, è
non meno importante di quello della patina e della vernice nel restauro dei dipinti… L’unica
differenza è che, per l’architettura, si connette all’urbanistica, e che, l’urbanistica, non è
tanto una disciplina, quanto lo stesso modo di essere, lo stesso modo di porgersi, della
città come complesso di edifici nella sua identità storica… (che) potrà avere aggio anche
sulla (sua) identità estetica.” (C. Brandi)
L’architettura ha, rispetto le altre arti, un aspetto predominante: l’appartenenza ad un
luogo di cui molto spesso ne costituisce l’identità. Conservare l’architettura significa
andare oltre il singolo intervento puntuale ed arrivare alla conservazione anche dello spazio
che la circonda. L’edificio non è un unicum ma presuppone una coesistenza con lo spazioambiente in cui è stato costruito, o che gli è cresciuto intorno, un rapporto imprescindibile
dal contesto (a volte urbano) che lo ospita. E a questo contesto ci si deve rapportare, nei
modi e nelle forme del caso, quando si debba intervenire per conservare, in tutto o in parte,
il tessuto edificato.
In questa ottica rientra il ruolo decisivo, nel dibattito su restauro e conservazione, che
hanno assunto i centri storici e spiega come l’assunzione di tali premesse abbia potuto
guidare la teoria, prima, e la prassi, dopo, del recupero dei centri urbani.
Assume, di conseguenza, contorni meno urgenti la questione dell’“aspetto originario” di
un edificio, subordinata a sua volta alla necessità di non alterare un equilibrio che si è
andato formando e consolidando nei secoli e che il tempo ha imposto all’edificio stesso ed
ai suoi paraggi. Di questi equilibri vanno però indagati i rapporti, gli elementi fondamentali,
le cause per poter intervenire senza “il risultato assurdo di far sentire l’edificio vecchio
come nuovo, avulso dalla (sua) storia” (C. Brandi), che non si riconosce nel luogo di
appartenenza né ne è riconosciuto.
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1.2 - Il piano del colore
1.2.1 - Tipologie e strumenti
Identificare una metodologia e codificare una pratica degli interventi è l’operazione
preliminare di ogni azione sul costruito, anche di quelle che si propongono di “modificare”
(perché sempre di modifica si tratta) il colore di una città.
Il colore urbano riveste un duplice ruolo. È segno antropologico perché espressione di
chi lo ha scelto e di chi “lo abita” ed è segno architettonico-progettuale perché connota e
differenzia i paesaggi e le architetture dell’ambiente “abitato” (non solo “costruito”).
Il colore è, inoltre, insieme allo spazio, la percezione prima di un ambiente; è la sua
connotazione identificativa, emozionale e oggettiva insieme e qualsiasi iter metodologico
che porti ad agire su di esso deve tener conto di questi due fattori sostenendo azioni che,
generalizzabili ed economicamente attuabili e sostenibili, abbandonino l’ambito limitato del
singolo edificio e della pratica di cantiere, per trovare motivazione in politiche ed progetti di
più ampio respiro.
Bisogna sottolineare la necessità di un metodo, non di una regola, che in quanto tale
risulterebbe rigida, poco elastica ed incapace di interpretare esigenze sociali, estetiche,
urbanistiche, funzionali e tecniche così diverse che le molteplici realtà urbane presentano.
Un metodo proprio ed originale che non si limiti all’adattamento locale di modelli elaborati
per altre realtà e sperimentati in altri contesti, ma che sia spunto di riflessioni, ricerche ed
analisi “tipicizzate”, guida per una esigenza di coerenza d’azione, non dettata da un “volere
tecnico-amministrativo” super partes ma “espressione della città tutta”.
Definizioni preliminari
All’origine di quelle che sono le fasi di elaborazione ed attuazione di un piano del colore
c’è sempre un processo decisionale che, considerando obiettivi, mezzi e strumenti a
disposizione, viene a determinare i caratteri propri del piano che si sta andando a realizzare
e che ha per protagonista l’amministrazione promotrice dell’intervento.
Il piano del colore è uno strumento che di volta in volta può essere specifico, generico o
sistemico in relazione al grado di approfondimento delle sue prescrizioni.
Si definisce specifico quando pianifica colori e tecniche di intervento per ogni singolo
manufatto ed interessa precise porzioni del territorio urbano (per esempio i centri storici) o
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addirittura unità di intervento molto piccole. Fornisce prospetti colorati tratti da definite
gamme colore e precise modalità di applicazione.
Risulta essere molto frammentario.
Un piano del colore è generico quando si limita a definire criteri generali guida da
seguire per la colorazione dei manufatti. Fornisce mappe, modelli di colorazione, gamme
cromatiche selezionate che danno un inquadramento complessivo della pianificazione sul
territorio ma rimandano a considerazioni e controlli specifici all’atto dell’intervento vero e
proprio.
Si distinguono in entrambi i casi due fasi di azione: una pianificazione iniziale
estremamente localizzata o troppo generalizzata ed un momento successivo di definizione e
controllo che prolunga i tempi, spesso aumenta i costi e il margine di errore nell’esecuzione
delle prescrizioni.
Il piano sistemico limita le possibilità di errore, il conto economico ed i tempi di
realizzazione individuando gli elementi base della composizione cromatica, organizzandoli
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in una gamma precisa e fornendone i criteri di utilizzo. Lascia capacità decisionale, seppur
guidata, al privato cittadino, soggetto solo al controllo di corretta applicazione da parte
dell’ente pubblico.
Ma quale colore per la città?
Un piano monocromatico non prevede pluralità cromatica, né a scala architettonica né a
scala urbana.
Un piano policromo permette una pluralità di letture del tessuto urbano o dell’oggetto
architettonico e mantiene una certa varietà di colore.
È importante però sottolineare che la varietà cromatica non passa necessariamente
attraverso una pluralità di colori ma è sinonimo di articolazione cromatica, raggiungibile, ad
esempio, attraverso un’attenta distribuzione dei colori negli elementi decorativi (a livello
architettonico) o sul territorio (a scala urbana).
La gamma colori del piano si può costruire attingendo dal colore storico, riproponendo i
modelli di colorazione e le gamme di colori originali e ricavando da questi spunti cromatici.
Oppure può essere un colore progettato, sulla scia della tradizione, che nasce e si colloca
nel panorama ambientale ed urbano che lo ospiterà o che si distacca completamente da
questo, rompendo schemi e preconcetti, mutando la scena, l’immagine, l’identità stessa del
tessuto costruito e del suo ambiente così come si è andato consolidando nel tempo.
E quale piano: proposto o imposto?
Con la variabile di un’autonomia più o meno concessa alla soggettività cromatica del
privato che intende compiere un intervento di coloritura, il piano imposto stabilisce ed
impone colori e modi di applicazione a qualsiasi intervento ed a qualsiasi scala,
dettagliando accuratamente ogni particolare; il piano proposto individua “una scelta” di
colori e di materiali, alcune regole di massima di accostamento ed applicazione e lascia alla
soggettività, interpretazione, sensibilità del cittadino la scelta finale, esprimendo dettami più
rigidi laddove particolari aree territoriali o importanti emergenze architettoniche richiedano
un vincolo più deciso.
Così il cosiddetto piano del principe determina l’immagine unitaria del territorio e della
città e sviluppa i mezzi e gli strumenti per raggiungerla. Qualunque forma esso assuma, è
un piano imposto che si scontra con il consenso cittadino e comporta il rischio di appiattire
il territorio, smorzandone le sfaccettature e segmentandone eccessivamente l’immagine.
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Il piano del filologo, invece, persegue la ricostruzione dei colori e dei modelli di
colorazione originali, in relazione ad un predeterminato arco temporale, imponendo gamme
cromatiche e metodi di applicazione mutuati dalla tecnologia del passato. La legittimazione
storica riduce il possibile scontro con l’opinione pubblica ed apparentemente, dal punto di
vista tecnologico, risulta facilmente praticabile. Ma tutto questo non tiene conto né del
dibattito su restauro-conservazione-reintegrazione, né del problema materico, che deve
confrontarsi con materiali diversi da quelli del passato (sia dei supporti che dei rivestimenti
e coloriture), né delle mutate situazioni climatico-atmosferiche, di sicuro più aggressive, né
delle mutate competenze della manodopera.
Il piano del cittadino elabora, infine, una cartella colori-materiali, stabilisce delle
indicazioni d’uso della stessa, mutuando le indicazioni delle preesistenze storico-ambientali
con le esigenze tecnico-amministrative. È un piano proposto e policromatico che vuole
guidare e coordinare le scelte soggettive dei cittadini.
1.2.1 - Fasi progettuali ed attuative
La realizzazione di un piano del colore passa attraverso quattro fasi:
1. analisi preliminari
2. rilevamenti
3. progetto
4. attuazione (e verifica)
Nelle fasi di stesura e attuazione del piano del colore, ovviamente, il soggetto più
coinvolto è l’ente promotore dell’iniziativa che, a sua discrezione, può avvalersi di
consulenti esterni cui affidare, tutta o in parte, la redazione del piano.
1 – Analisi preliminari
Le analisi preliminari sono di competenza dell’ente, o dei suoi consulenti incaricati.
La finalità è quella di analizzare il territorio e reperire materiale documentario. Attraverso
ricerche d’archivio (ad esempio l’archivio delle pratiche edilizie), bibliografiche (dalle
descrizioni letterarie alla manualistica storica), storico-cartografiche (storia dell’architettura
della città, del territorio e del paesaggio in funzione della storia cromatica dei luoghi),
iconografiche di qualsiasi genere (quadri e stampe), l’intento è quello di creare una base
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informativa che descriva il contesto, ne analizzi le evoluzioni storiche, ne estrapoli utili
indicazioni e possibili prescrizioni per il piano del colore. Sono fondamentali in questa fase
continui momenti di confronto che verifichino la consistenza dei dati e delle informazioni
reperite.
2 – Rilevamenti
Partendo dalla definizione di zone territoriali omogenee per elementi urbanistici architettonici - edilizi e cromatici, si procede alla scelta dei manufatti sui quali effettuare i
rilievi, in funzione della documentazione reperita in fase preliminare .
Stilato questo elenco si definisce la scheda di rilevamento.
Questa scheda viene strutturata in modo da raccogliere tutta una serie di dati, dal
generale al particolare, indispensabili per una descrizione completa e esaustiva del
manufatto. Le informazioni raccolte, con i risultati delle eventuali indagini stratigrafiche
predisposte sul manufatto stesso, costituiscono la base delle scelte e delle definizioni
progettuali.
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3 – Progetto
Dall’archivio documentario e dalla sua traduzione grafica in tavole tematiche di analisi,
che visulizzano la distribuzione territoriale delle informazioni raccolte, scaturiscono le scelte
di progetto e si elaborano le norme tecniche del piano di intervento.
4 – Attuazione
Il risultato è una tavolozza dei colori e una scheda materiali che, con la definizione delle
norme di applicazione e con la stesura di bozzetti d’intervento, costituisce il piano del
colore vero e proprio.
1.3 - L’arredo urbano e l’ambiente costruito
Se il piano del colore analizza l’immagine della città nel suo complesso scendendo poi di
dettaglio fino ad andare ad esaminare situazioni puntuali e a prescrivere interventi mirati e
dedicati alle singole facciate esprimendo la sua vocazione al patrimonio costrutito, il piano
dell’arredo urbano si sviluppa su scala “sociale” e con le sue prescrizioni pratiche, che
paiono soltanto lambire il costruito, regola la convivenza tra le persone e lo spazio
(edificato e non) intorno, che è abitato e che costituisce l’ambiente stesso della comunità.
Il concetto di contesto costruito va quindi inteso in quest’ottica ed ovviamente progettato
non più solo volumetricamente. Non va più solo limitato alla forma plastica, unitaria e
chiusa degli edifici ma va allargato ad un insieme di oggetti diversamente edificati,
diversamente
fruibili,
attraversabili,
vivibili
oggetto
di
progettazione
accanto,
e
contemporaneamente, ai “pieni urbani” ed alla loro immagine.
Il piano dell’arredo urbano si sviluppa metodologicamente secondo uno schema
parallelo a quello già illustrato per il piano del colore con tempi differenti di progettazione
ed attuazione e con una conseguente maggiore flessibilità che, definite le linee guida, lasci
nel tempo alle piccole come alle grandi occasioni, agli interventi di manutenzione
quotidiana e ordinaria come ai progetti di dettaglio a più vasta scala, la possibilità di
definire e disegnare la nuova immagine dello spazio pubblico.
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1.4 - Il piano dell’arredo urbano
1.4.1 - Tipologie e strumenti
Superando la tendenza di limitare i programmi di arredo urbano alla dotazione di
attrezzature funzionali e scarsamente strutturanti lo spazio pubblico, il piano di arredo
urbano si configura come uno strumento di controllo della scena e dell’immagine urbana da
progettare ed attuare nel rispetto e nella valorizzazione dei caratteri ambientali di ogni
spazio ed ogni luogo.
Per delinearne le tipologie dobbiamo innanzitutto individuare l’obiettivo d’azione e fare
una distinzione tra azioni mirate al recupero dell’immagine dei soli centri storici ed azioni
estese ad un territorio più ampio fatto di situazioni ambientali differenti ed eterogenee.
In base, poi, all’approccio operativo vanno distinti i piani che agiscono per settori e
quelli che prescrivono azioni e progetti per luoghi e sistemi.
È evidente come proprio la realtà consolidata e densa di significati dei centri storici
abbia potuto per prima catalizzare l’attenzione e spingere ad azioni di recupero della scena
urbana delineate in fondo dagli stessi caratteri storici e tradizionali dell’impianto urbanistico
e della struttura dell’edificato. Spesso però non ci si è spinti oltre un semplice riordino,
tralasciando una trasformazione più strutturale e funzionale dei luoghi.
Si sono delineati così piani ed interventi per singoli settori dell’arredo urbano come i
primi piani del colore che, seppure mirati ad una cromatica riqualificazione ambientale,
hanno avuto da subito il merito di attirare l’attenzione su gli altri componenti della scena
urbana che, senza controllo, avrebbero potuto inficiare i risultati delle operazioni sul colore.
L’azione su centri storici si esplica in due fasi: una prima di analisi che attraverso il
rilievo fotografico, le ricerche d’archivio, bibliografiche e iconografiche tende ad individuare
le emergenze di arredo con valore storico e documentario; ed una seconda di intervento
vero e proprio che viene a definire i criteri di recupero degli elementi di arredo. Recupero
che può attuarsi, ad esempio, con la conferma dei singoli elementi, oppure con il loro
restauro, o ancora con il completamento/integrazione del sistema con altri elementi
riprodotti fedelmente sul modello della preesistenza o, infine, con la riproduzione di
elementi non più esistenti dedotti dalle indicazioni e dai disegni d’archivio.
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È un approccio di sicuro incompleto che non permette l’integrazione del sistema con
elementi nuovi necessari alle nuove esigenze di fruizione ed abitabilità degli spazi che
comunque vanno inseriti e correlati all’immagine ambientale di riferimento definita a priori.
Piani per settori di arredo urbano
Si tratta di piani che individuano criteri specifici di intervento per quei settori ad iniziativa
privata (vetrine, insegne, tendoni, affissioni pubblicitarie, impianti di illuminazione) che
interferiscono con l’immagine architettonica del costruito.
Le indicazioni precise e specifiche per i vari settori, recepite dalle amministrazioni,
vengono normate ed allegate al regolamento edilizio rendendo in questo modo il piano più
simile ad una pratica gestionale ed amministrativa che ad uno strumento urbanistico vero e
proprio.
Pur nella sistematicità delle sue prescrizioni, però
il piano così delineato evita la
determinazione di riferimenti generali ed oggettivi per la soluzione delle problematiche di
riqualificazione ambientale e viene a prescrivere azioni settoriali non integrate che, più
efficaci in centri con forti personalità, risultano inefficaci e incerte laddove la scena urbana
è contraddittoria e non definita.
Manca in sostanza quell’unitarietà di intenti ed obiettivi che rendono l’intervento
unificante e programmatico, non occasionale.
Piani di recupero integrale
In questo caso il piano di arredo urbano costituisce solo una parte di programmi più
ampi di recupero ambientale ed edilizio. Approfondite analisi e metodologie di lavoro
articolate tentano un approccio complessivo per la ridefinizione dell’immagine urbana. Il
piano è articolato in tre momenti:
-
la riqualificazione degli spazi pubblici del centro storico
-
la manutenzione ed il ripristino dell’insieme edilizio
-
il progetto di “strutturazione” delle aree deboli del sistema territoriale.
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Piani per luoghi e per settori
In presenza di realtà territoriali diversificate si pone l’esigenza di uno strumento
operativo che definisca criteri e metodi di approccio più complessi che facciano interagire,
ai fini dell’assetto dello spazio pubblico, settori diversi e diversificati.
Questo tipo di approccio risulta idoneo nelle realtà in cui la presenza storica è molto
estesa e tale o da includere spazi con differenti assetti funzionali o da unificare al suo
interno realtà territoriali diverse.
Si tratta di piani e progetti che agiscono sui luoghi e sugli spazi sia per settori (elementi
di arredo urbano oggetto di iniziativa privata: apparato commerciale, pubblicità, …) che per
sistemi (componenti in genere gestiti dal soggetto pubblico: pavimentazione, illuminazione,
raccolta rifiuti, segnaletica, impianti tecnologici, …).
1.4.2 - Fasi progettuali ed attuative
Il piano di arredo urbano prevede le seguenti fasi:
1. inquadramento generale ed analisi
2. definizione dell’immagine ambientale di riferimento
3. progetto
4. attuazione (e verifica)
1 – Inquadramento generale ed analisi
È la fase in cui si conosce il territorio e l’ambito ambientale di riferimento attraverso la
raccolta di dati ed informazioni circa le trasformazioni storiche del territorio e la gestione
dello spazio pubblico. Si conosce il presente per poter delineare gli obiettivi, i caratteri e i
limiti di una azione di regolamentazione dello spazio pubblico attraverso un eventuale
Piano. Ovviamente la complessità e la durata di questa fase sono correlate alle dimensioni
spaziali in gioco.
La fase di inquadramento generale può essere così strutturata in una serie di sottofasi:
-
acquisizione ed adeguamento della cartografia di base;
-
analisi delle implicazioni storiche-urbanistiche (documentazioni d’archivio,
iconografia storica);
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-
confronto e coordinamento con gli strumenti urbanistici sovraordinati;
-
azioni di coordinamento delle azioni, promosse dai diversi attori pubblici e
privati coinvolti, che controllano e tutelano il territorio ed hanno competenza sulla
gestione dello spazio pubblico (settori amministrativi, enti vincolanti come le
Soprintendenze, aziende fornitrici di servizi pubblici).
La consequenziale analisi mira ad approfondire la conoscenza del territorio a diverse
scale di dettaglio utilizzando schemi di lettura ed interpretazione diversi e caratterizzati in
funzione dei caratteri ambientali e funzionali del territorio in esame.
Si definisce così l’“immagine ambientale di riferimento” alla quale relazionare e
coordinare i possibili interventi nei diversi settori individuati.
Un primo risultato è l’individuazione dei cosiddetti luoghi speciali, luoghi cioè ad incerta
vocazione oggetto di radicali trasformazioni urbanistiche ed infrastrutturali (aree industriali
dimesse o oggetto di riorganizzazioni della viabilità) oppure estremamente specializzati dal
punto di vista funzionale ad attrazione urbana (parchi urbani, sponde fluviali, aree per
servizi di interesse collettivo come mercati ed impianti sportivi).
In queste aree il piano di arredo urbano è parallelo alle operazioni di trasformazione e
valorizzazione urbana e può affiancarsi a queste progettazioni autonome contribuendo, una
volta definito il nuovo assetto strutturale, a definire la nuova immagine ambientale
attraverso anche il nuovo arredo.
L’analisi invece riconosce e definisce come ambiti omogenei quelle porzioni di territorio
in cui è individuabile o intuibile una omogeneità di qualunque tipo essa sia: storicaurbanistica, morfologica, funzionale ed addirittura emozionale.
A volte la perimetrazione di questi ambiti può ricalcare confini già individuati da altri
strumenti urbanistici, come il Piano Regolatore, ma molto spesso questa semplificazione,
soprattutto operativa, non risulta efficace a causa dei differenti criteri di lettura del territorio
operati dai vari strumenti urbanistici.
Diversi possono poi essere questi ambiti omogenei, tanti quanti i contesti ambientali
oggettivamente individuabili, andando oltre la consueta distinzione tra centro storico e
periferia o riconoscendo al loro interno altri ambiti.
Di ogni ambito omogeneo individuato si procede al rilievo ed alla descrizione attraverso
diverse chiavi di lettura ed analisi, da quelle storiche, culturali, sociologiche,
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antropologiche, morfologiche, spaziali, architettoniche fino a scendere nel dettaglio dei
particolari che ne compongono l’immagine ambientale. Si analizza la forma, o le forme, si
fruisce degli spazi, si percepiscono i luoghi e la loro identità. Si conoscono la struttura e le
funzioni dello spazio nella loro articolazione, si riconoscono le “espressioni spontanee”: si
disegna, o sarebbe meglio dire si rappresenta, il paesaggio urbano vissuto individuando
tipologie di spazi omogenei (per caratteri ambientali o d’uso) e luoghi emergenti (per
particolarità funzionali, ambientali o storiche).
La fase di analisi si conclude con i rilievi sistematici che potranno interessare diversi
aspetti della vita urbana.
Il rilievo dei caratteri fisici dell’edificato, ad esempio, è necessario nel momento in cui la
pianificazione si pone come obiettivo la definizione di una nuova immagine della scena
urbana che passi anche attraverso azioni di recupero del patrimonio edilizio: un’analitica
raccolta che gestisce e organizza dati oggettivi ed analitici di descrizione di un patrimonio
tangibile insieme a dati”percepiti” circa l’identità dei luoghi e degli spazi.
A questi dati, ovviamente, si affianca un rilievo sistematico, a volte per categorie, degli
elementi di arredo urbano. La raccolta di questi, documentando lo stato di fatto, l’immagine
ambientale, il “modo d’uso” di uno spazio, ne evidenzia eventuali problematiche e carenze
suggerendo quasi automaticamente ipotesi di intervento (conferma delle tipologie,
riproposizione ed integrazione di attrezzature già presenti, recupero di esemplari con valore
storico).
Il rilievo dovrà essere progettato in funzione della complessità territoriale ed ovviamente
in funzione dell’articolazione delle categorie di arredo.
Si potranno quindi condurre raccolte dati rilevando:
- categorie di arredo urbano tramite rilievi funzionali e rilievi tipologici delle dotazioni
esistenti;
-
tipologie o esemplari unici con valore storico/documentario, tramite rilievi tipologici;
-
situazioni territoriali campione, analizzandone l’organizzazione funzionale e di
dettaglio (per esempio le funzioni traffico e parcheggio, sicurezza, commercio e
servizi…).
2 – Definizione dell’immagine ambientale di riferimento
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Tutti i dati e le informazioni raccolte nella fase iniziale risultano determinanti nella
definizione di quei caratteri salienti dell’ambiente che andranno ad essere guida e spunto
per la definizione degli obiettivi e delle finalità dello strumento urbanistico. La
riorganizzazione complessiva dello spazio come pure, aumentando il dettaglio, la
determinazione e la distribuzione delle attrezzature di arredo urbano scaturiranno proprio
dalla definizione dell’immagine ambientale, strumento di verifica degli orientamenti
progettuali e di confronto con operazioni di riqualificazione già in atto.
Tanti possono essere i parametri di definizione di questa immagine di riferimento: la
figurabilità dello spazio, il suo carattere urbano o naturalistico, l’unitarietà o la varietà o il
tono dell’ambiente, la sua specializzazione funzionale.
3 – Progetto
Progetto per tipologie spaziali del connettivo
Il progetto spaziale del sistema connettivo determina l’assetto funzionale e l’immagine,
per ogni tipologia spaziale identificata, sia della sezione stradale nel suo complesso sia di
quei componenti/segni che riproponendosi sul territorio ne delineano l’immagine urbana
stessa.
L’iter progettuale prevede dunque queste fasi:
- la classificazione delle tipologie spaziali;
- la definizione dell’immagine di riferimento;
- il progetto ambientale del tessuto connettivo di ogni ambito omogeneo identificato,
attraverso una valorizzazione degli strumenti ambientali (suolo, illuminazione….);
- l’individuazione delle tipologie spaziali (strade);
- l’abaco dei sistemi di arredo urbani.
La pianificazione degli obiettivi e degli strumenti è svolta direttamente dagli estensori del
Piano che delegano le fasi di dettaglio alle competenze progettuali interne o esterne
all’amministrazione. Tale divisione di compiti permette anche l’attuazione di progetti
campione sia per verificare l’efficacia dei criteri elaborati e la loro eventuale correzione che
per determinare l’interessamento e la partecipazione della comunità.
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Progetto per luoghi emergenti
Per tutti quei luoghi e quegli spazi “potenziali” fulcri di attività, di caratterizzazioni
ambientali, potenziali generatori di centralità il progetto può prevedere la valorizzazione
delle specifiche emergenze attraverso:
-
l’adozione della stessa immagine ambientale determinata per le altre tipologie
spaziali del connettivo, con una conseguente coerenza degli strumenti ambientali al
complesso della scena urbana, con un linguaggio uniforme ma con toni di
sottolineatura tali da evidenziare e valorizzare le peculiarità del luogo;
-
l’adozione di soluzioni straordinarie tanto per l’arredo urbano quanto per l’edilizia del
luogo.
La particolarità dell’ambito sarà tale da richiedere una progettazione di dettaglio che può
essere svolta direttamente dall’amministrazione, a seguito della fase esecutiva, o da
incaricati esterni, anche attraverso procedure anche straordinarie (concorsi e workshop).
Progetto dei luoghi e dei sistemi di attrezzature
Il progetto dà la risposta a tutti gli obiettivi definiti delineando i caratteri dell’immagine
ambientale di riferimento.
La definizione dei sistemi di attrezzature spetta all’amministrazione pubblica che
attraverso i Piani di settore controlla anche l’iniziativa privata e le cosiddette “piccole
occasioni”.
Dopo la determinazione dell’immagine ambientale di riferimento, si procederà:
-
in una prima fase, ad individuare i settori di arredo urbano individuando le
prestazioni “espressive” e “funzionali” di ogni componente ambientale previsto
all’interno della scena urbana;
-
in una fase successiva a determinare i criteri di reperimento dei componenti e della
loro gestione.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Riferimenti bibliografici
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- Sabrina Corsini, Flavia Trivella, Manuale del Colore delle Facciate,2000
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- Atti della Giornata di studio “Piano del colore del centro storico di Prato: gestione e tecnologie”,
1999
- Giuseppe Alberto Centauro (a cura di), Piano del colore del centro storico di Prato: guida alle
norme per gli interventi del colore. Procedure e modalità, 1998
- Claudio Oleari ( cura di), Misurare il colore: spettrofotometria, fotometria e colorimetria, fisiologia
e percezione, 1998
- Giovanni Carbonara, Avvicinamento al restauro, 1997
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tecniche della conservazione”, n. 10, giugno 1995
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- Paolo Marconi, Dal piccolo al grande restauro: colore, struttura, architettura, 1988
- Claudia Raimondo (a cura di), I Piani del Colore, 1987
- Fabrizio Bianchetti, Il colore nell’ambiente costruito. Il piano di coordinamento cromatico di
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Bressanone 24-27 giugno 1985
- Giovanni Brino, Il piano del colore di Saluzzo, 1985
- Germano Tagliasacchi, Colore e ambiente. Restauro e progettazione del colore nell’ambiente
costruito. L’esperienza torinese (1978-1984), 1984,
- Giovanni Brino, Franco Rosso, Colore e Città. Il Piano del Colore di Torino, 1800-1850, 1980
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
2 - Il Piano del Colore e dell’Arredo Urbano della Città di Melpignano
2.1 - Linee guida e criteri per la definizione delle scelte di progetto
“Rinnovare il colore” equivale ad alterare il colorito della città o di sue porzioni rilevanti,
colorito che si è consolidato nel tempo e costituisce ormai una delle identità stesse della
città e come tale da preservare pena la creazione di un “non luogo”.
Lo “stato antico” non è però perseguibile. La città è per sua natura un’entità in continua
trasformazione e restituire anche un solo suo elemento, sia esso una singola costruzione o
un quartiere o un intero settore urbano, al suo aspetto originario risulterebbe essere una
operazione astratta, riduttiva e certamente poco attendibile. La città, infatti, continuamente
oggetto di cicli di manutenzione, ha mutato aspetto nei secoli adeguandosi alle istanze
estetiche delle diverse epoche senza mai smentire o mutare la sua identità.
Perseguire lo stato antico risulterebbe impossibile prima di tutto per difficoltà di ordine
tecnico-operativo (tecniche esecutive, maestranze e materiali) ma anche per la difficoltà
oggettiva di stabilire quale sia per ogni edificio, o per porzioni urbane, questo “stato antico”
da ripristinare.
Si delinea così l’importanza di un approccio critico al problema, che renda l’intervento,
nel rispetto delle valenze conservative, reinterpretativo dell’opera e mai imitazione, finzione
o contraffazione di un antico non identificabile.
Ne consegue il metodo: innanzitutto lo studio preventivo del “monumento città”
attraverso le sue molteplici valenze: urbanistiche, architettoniche, costruttive, decorative,
funzionali e la conseguente elaborazione di strategie di intervento mai stereotipate,
differenziate ed adattate ai singoli casi studio, senza il timore di prospettare alla città azioni
troppo eterogenee però rispondenti alla necessità di conservala nel rispetto delle sue
memorie, del suo sviluppo, delle sue esigenze anche di carattere economico.
Il piano del colore ha alla base il rispetto degli elementi architettonici, dei colori e dei
materiali (antichi tanto quanto moderni) che “fanno” le facciate e l’ambiente e si riserva di
intervenire solo nei casi di evidente contrasto, di assenza di identità, di eccessiva
interpretazione senza un predeterminato intento correttivo o di ripristino.
Un attento rilievo diretto, accurati studi preliminari, schedatura-catalogazione sistematica
originale condotta sugli edifici interessati, attenta analisi storico-urbanistica, individuazione
di zone a rischio (più degradate o in via di rapida trasformazione), definizione ulteriore delle
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
zone di intervento con studi ed analisi puntuali sempre più mirati che non neghino mai
l’interdipendenza con il più stretto “contorno” e considerino la città sempre unitariamente,
controllandone la coerenza dell’immagine cromatica globale: questi gli strumenti a
disposizione per un “progetto colore critico”.
In realtà è più appropriato parlare di “Piano del Colore e dell’Arredo Urbano” perché
sebbene sia il colore a definire l’immagine della città e la sua percezione, a delinearne
l’identità, ad indicarne il suo “stato di salute” (degrado), è la funzionalità e la fruibilità dei
suoi spazi attraverso attrezzature funzionali, che rendano maggiormente godibile la vita
dello spazio pubblico e traducano quella percezione e quell’identità in vita di relazione
urbana, a migliorare la qualità urbana e del paesaggio antropizzato. Il miglioramento delle
condizioni percettive, abitative e di godibilità del territorio identificato, si persegue infatti sia
attraverso la progettazione delle coloriture e il controllo del degrado edilizio, architettonico
ed urbano, sia attraverso la valorizzazione dei caratteri della scena urbana con inserimenti
di dotazioni funzionali.
L’arredo interpreta l’ambiente, dà spunti di fruizione soggettiva, spinge l’utente a fare
proprio un luogo attraverso il suo permanere e il suo vivere. Lo include nell’ambito dei
“panorami familiari”, dei percorsi usuali, dei luoghi propri.
Il Piano sarà, quindi, un unico progetto articolato per parti secondo le necessità e le
caratteristiche di intervento nei diversi ambiti urbani identificati.
2.2 - Il piano del colore
2.2.1. - Tipologia e strumenti
Il piano del colore della città di Melpignano ha i caratteri di un piano propostopolicromatico-storico: analizzate le colorazioni, le tecniche ed i materiali, il piano
personalizza i criteri di intervento in funzione dei caratteri tipologici dell’architettura e
dell’ambiente circostante, coordina interventi piuttosto eterogenei, calibrati in relazione agli
stati di conservazione e di degrado dei singoli manufatti edilizi ed architettonici,
prevedendo azioni che vanno dalla conservazione parziale degli intonaci e delle coloriture,
alla reintegrazione o liberazione, al rifacimento, sempre con l’ausilio di materiali e tecniche
locali, appartenenti alla tradizione costruttiva della zona.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
I suoi strumenti sono una cartella dei colori relativa ai differenti supporti, un repertorio di
modelli di colorazione, traccia e guida per ogni intervento sulla facies esterna degli edifici,
delle mappe cromatiche generali, esplicative delle colorazioni a scala urbana nelle
principali sezioni cromatiche territoriali individuate, delle schede materiali e una normativa
di applicazione.
Con questi elementi risulta un piano di facile accettazione da parte degli attori coinvolti,
estremamente lineare nei suoi iter burocratici ed economicamente sostenibile. Gli
interventi, infatti, per ciò che riguarda l’entità dell’operazione vengono calibrati caso per
caso e tecnicamente eseguiti attenendosi a precise prescrizioni. Questo elemento fa si che
il Comune possa procedere, in una fase di preattuazione, alla formazione di personale
locale specializzato o alla stipula di accordi economici con ditte e fornitori potenzialmente
coinvolti nelle operazioni del piano. Queste azioni, seppur un po’ impegnative in fase
iniziale, possono garantire non solo un contenimento dei costi di gestione ma anche una
corretta esecuzione tecnica, riducendo gli “errori di interpretazione”.
2.2.2. - Fasi progettuali ed attuative
2.2.2.1 – Indagini preliminari
La prima fase del lavoro, quella di rilevamento e raccolta dati necessari alle elaborazioni
progettuali, è stata preceduta necessariamente da tutta una serie di indagini preliminari
mirate alla conoscenza della città di Melpignano e del suo tessuto urbano così come la
storia, l’economia, la cultura, l’arte e la tecnologia lo hanno fatto arrivare fino ad oggi.
Individuare, delimitare e conoscere l’ambito di intervento, individuare la natura ed i
caratteri dell’ambiente era una fase obbligata per poter definire una “immagine ambientale
globale” da tenere come riferimento nelle fasi di progettazione.
L’analisi attraverso fonti indirette, bibliografiche soprattutto, ha avuto lo scopo di creare
una raccolta di documenti in grado di definire un quadro storico-documentario della città
che ne ha delineato, confrontando ed intrecciando i dati della storia dell’architettura e
dell’urbanistica locale, con la storia del paesaggio, con la “storia economica” del territorio
in esame, e soprattutto con le informazioni della manualistica tecnica storica e tradizionale,
la vicenda urbanistica ed edilizia e le sue caratterizzazioni architettoniche. Non potendo
però prescindere da un’analisi diretta si è proceduto ad un primo rilievo fotografico e ad
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
una successiva analisi che, individuando i caratteri tipologici dell’architettura, analizzando i
materiali e le tecniche di realizzazione, studiando il degrado nelle sue forme e nelle sue
entità e ovviamente analizzando in maniera approfondita le coloriture, ha fornito elementi
utili alla costituzione di un primo quadro storico-critico, indispensabile riferimento per le fasi
successive e per la progettazione della campagna di rilevamenti.
Non essendo possibili rilevamenti a tappeto e volendo operare selezioni che, suggerite
dalla professionalità e dall’esperienza, fossero anche oggettivamente condotte sulla base di
motivazioni tecniche, si è analizzato il territorio andando ad individuare aree e manufatti
assimilabili tra loro. Questa individuazione, fatta secondo una serie di parametri storicitipologici-topologici articolati tra loro e già presenti, almeno in parte, negli strumenti di
pianificazione territoriale, ha portato alla definizione di una “prima mappatura utile” con la
definizione dell’Area Generale d’Intervento (il territorio comunale) e l’individuazione
dell’Ambito Generale di Analisi sul quale è stato impostato il rilevamento e che è stato poi
la base delle verifiche incrociate durante l’interpretazione dei dati raccolti e la loro
traduzione in norme progettuali.
Analisi storica-architettonica
L’analisi morfologica del tessuto storico della città ha avuto un ruolo fondamentale nella
fase preliminare degli studi.
Il centro storico della città di Melpignano risulta essere chiaramente leggibile ed i vari
episodi edilizi estranei al contesto “storico” non ne hanno alterato né la struttura né la
percezione degli spazi e delle omogeneità.
Ovviamente, nel momento in cui il metodo si concretizza in uno strumento urbanistico
che si fa interpretazione e chiave di lettura di uno specifico contesto urbano e territoriale,
divengono fondamentali la ricognizione e l’analisi dei luoghi da normare e regolare.
Partendo dall’immagine ambientale del centro storico, dall’analisi delle documentazioni
d’archivio e bibliografiche e dall’analisi dei materiali e delle tecniche di costruzione si sono
delineati i caratteri dell’architettura della città.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
La storia dell’architettura della città di Melpignano è strettamente legata alla sua
condizione privilegiata di centro periferico che, in rapporto all’area metropolitana di
maggiore estensione, le ha permesso di sviluppare un linguaggio espressivo autonomo.
Largamente condizionante, infatti, è la radicata tradizione ellenofona che per secoli ha
avvicinato questo territorio alla cultura classica, anche attraverso una fiorente attività di
trascrizione di testi in lingua greca che produsse effetti benefici sulla cultura in generale e
soprattutto sull’arte figurativa e sull’architettura.
Già dalla seconda metà del XV secolo la produzione architettonica rinunciava
all’ostentazione decorativa in ragione di una tendenza a non palesare in modo eclatante le
differenze sociali (sinonimo di una condizione mentale attenta alla concretezza più che
all’esibizione) e filtrava l’utilizzo di elementi propri della cultura occidentale come si può
riscontrare nelle presenza di portali ad archi ribassati, definiti catalano durazzeschi.
Un esempio fra tutti il palazzo cinquecentesco in via Dafni n. 7, di proprietà del Notar
Zullino alla metà del Settecento, che mai fu demolito, né rifatto o adeguato al gusto
contemporaneo del suo nuovo proprietario, nonostante la condizione sociale di rilievo
avrebbe potuto richiederlo.
Nel Cinquecento, dunque, si andava consolidando questa sintesi formale frutto della
notevole potenzialità culturale del luogo e talmente radicata da lasciare difficilmente posto
ad influssi culturali esterni caratterizzanti altre realtà territoriali più note.
Elementi introdotti dall’esterno nel sistema culturale di Melpignano trovarono tuttavia
momenti di contatto con la cultura locale nelle sempre più diffuse iscrizioni bilingue, greca e
latina, presenti sia nell’architettura civile che in quella religiosa. D'altronde le stesse
maestranze erano impegnate contemporaneamente nella costruzione di chiese, cappelle,
palazzi e fortificazioni e risulta difficile diversificare nettamente i caratteri delle due
architetture.
La diffusione delle citate iscrizioni, l’inserimento di vezzi decorativi senza eccessi e
ridondanze, fu un modo quindi per sacralizzare l’architettura civile ed elevarne il tono
artistico, diffondendo allo stesso modo un senso di tranquillità e benessere. Si considerò
inutile, quindi, attingere ai canoni dell’edilizia fortificata poco presente in una isola così
felice il cui unico esempio, infatti, è la cinquecentesca casa-torre in via del Pellegrino.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
È indubbio che la larga diffusione delle iscrizioni e delle decorazioni sobrie e “meditate”
dell’architettura civile presupponesse un considerevole grado di ricettività culturale
supportato da questa forma di comunicazione colloquiale finalizzata certamente
all’edificazione morale della popolazione.
Ma è soprattutto alla vocazione commerciale dei suoi abitanti che la Città di Melpignano
deve la sua “fortuna architettonica”. Simbolo di questa vocazione sono le Logge del
Mercato in Piazza San Giorgio, fortemente connotate e connotanti lo spazio urbano
centrale della città.
Raffinatissime, a tal proposito, le cornici delle due botteghe che si prospettano all’inizio
di via Roma che elevano ad un rango di edilizia superiore due semplici botteghe di
commercianti.
Tuttavia, si cominciano a percepire i segni che denunciano l’incrinarsi di quell’armonia di
semplicità, caratteristica dell’edificato civile, a seguito della conversione della moderna
borghesia commerciale alla velleità di distinzione sociale, così come testimoniato dal
proliferare degli stemmi sulle facciate dei loro palazzi.
Ma è senza dubbio con la ricostruzione del palazzo baronale, nella prima metà del
Seicento, che si assiste ad una interessantissima dialettica di questo nuovo spirito con la
tradizione costruttiva locale. La distinzione sociale, infatti, qui è operata attraverso
l’impiego in scala monumentale dei caratteri dell’architettura minore. Monumentalità che,
se di fatto rompe l’unitarietà dello scenario urbano, si esprime ai margini dell’abitato
contribuendo a saldare alcune smagliature esistenti nel tessuto edilizio, reintegrandole in
un’immagine complessiva.
Il campionario di elementi architettonici presenti in questo edificio di rappresentanza,
voluto fortemente dal barone Giorgio Castriota sull’esempio di monumentalità delle dimore
gentilizie napoletane, non stride con lo spirito dell’edificato che gli prospetta, poiché la
varietà di esercizi di stile è distribuita sul prospetto interno al giardino.
Nel Settecento con le prime avvisaglie della crisi di questa identità del patrimonio locale,
si ripropongono in edifici contemporanei fatture cinquecentesche, con l’introduzione di
rigidezze stilistiche e soluzioni decorative improprie che sottolineano, con la finta
naturalezza dei nuovi episodi urbani, l’arrendevolezza al gusto delle correnti moderne.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Benché sempre di altissimo livello, queste soluzioni architettoniche vogliono convincere
della naturalezza di questi nuovi episodi urbani che se pur attingono agli esempi del
passato, capaci ancora di indirizzare il gusto, tradiscono lo spirito originario.
Analisi del tessuto urbano ed inquadramento area di analisi ed intervento
L’assenza di precedenti analisi interpretative e critiche dei segni e della stratigrafia del
costruito, sulla base di caratteri stilistici distintivi, ha contribuito ad un primo approccio di
analisi della città estremamente generico, scosso solo dall’unicità dei singoli episodi urbani.
In un contesto edilizio così particolare, il tessuto urbano, canovaccio su cui si muovono e
insistono le specifiche edificazioni, rimane fortemente connotato nelle sue accezioni
storiche, leggibili sia a livello di organizzazione organico-planimetrica degli spazi pubblici
che a livello di vissuto quotidiano del singolo.
Se, in alzato, spiccano della città solo i caratteri distintivi di quei singoli episodi
architettonici-edilizi di cui si è parlato; il tessuto urbano planimetricamente risulta
caratterizzato da strade ad andamento irregolare, a volte strette e nodose, altre ampie e
luminose, isolati irregolari, fronti molto spesso continui ed ampi spazi dalle molteplici
funzioni.
Si può quindi parlare certamente di un nucleo molto suggestivo che affianca alle forme
ed alle funzioni proprie della vita urbana contemporanea episodi di rilevanza architettonica
ed artistica e forme dell’edilizia residenziale storica in un unicum ambientale che unifica
funzioni e forme, rende partecipe la cittadinanza stimolandola tanto ad una fruizione sociale
degli spazi aperti quanto ad una “condivisione” degli spazi privati.
Un’interpretazione storico-critica della città non può, dunque, non tenere conto del
sistema topografico, e deve necessariamente vertere su una impostazione di metodo che,
sulla base dell’identità strutturale e formale, consideri parimenti l’entità/unità del centro
storico e la singolarità/puntualità di certe sue emergenze storico-artistiche-architettoniche.
L’analisi della città di Melpignano dei suoi caratteri storico-urbanistici, degli spazi
costruiti e non, delle architetture e delle loro funzioni ha portato alla individuazione
all’interno del tessuto urbano di ambiti omogenei ed alla identificazione di quei caratteri che
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
concorrono a definire l’omogeneità dell’immagine ambientale e dettano i riferimenti per il
progetto di intervento.
Partendo dalla perimetrazione del centro storico si è ampliata l’area di analisi, alla
ricerca proprio di differenze ed omogeneità, con il risultato di ottenerne una nuova
perimetrazione.
Questa apparente scontata delimitazione, che a grandi linee ricalca il centro storico, non
vuole essere un confine, un margine dell’intervento ma individua l’area delle analisi e degli
studi, degli approfondimenti, origina i criteri e le linee guida di un intervento basato sul
principio fondamentale di unità-distinzione urbana. La città è intesa come un unicum di
eventi sul territorio, diversi e ben distinguibili, consolidatisi nelle loro forme e nei loro colori
nella storia e che nel tempo hanno dato con le loro diversità volto ed identità alla città tutta.
È facile ritrovare questa identità nel centro storico di Melpignano. Qui la familiarità dei
luoghi, degli spazi, dei colori del costruito e degli eventi architettonici integra in un’unica
facies anche ciò che puntualmente discorda dalla comune dialettica urbana, sembra
distaccarsene e vivere ai margini.
In realtà la dimensione spaziale della città di Melpignano è tale che, seppure sia
identificabile nel suo tessuto un centro storico, questo sembra non escluderne dai suoi
margini nessuna parte, nessuna porzione, nessun edificio che sia o no “emergente”.
Così, partedo da questa unitarietà, dettata anche dalla condizione morfologica del
territorio (pianeggiante), ed all’interno di questa, si sono individuati ambiti differenti per
formazione storica, urbanistica, spaziale, architettonica e soprattutto funzionale sui quali si
è, in un secondo momento, concentrata l’analisi e sviluppato il progetto.
Si sono così identificati quattro ambiti omogenei la cui analisi ambientale ha delineato i
caratteri strutturali, i caratteri del costruito, quelli funzionali e quelli dei luoghi emergenti del
tessuto urbano di Melpignano.
Caratteri strutturali come le implicazioni ambientali relative al traffico veicolare, ai
parcheggi o a caratteri spaziali di particolare interesse (scorci).
Caratteri del costruito, quelli ricorrenti nell’edilizia, le emergenze architettoniche, le
espressività dei materiali, i colori, i particolari costruttivi edilizi.
Caratteri funzionali, quelli caratterizzanti lo spazio pubblico: luoghi di commercio, di
sosta e di incontro.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Ed infine, caratteri dei luoghi emergenti, quelli di particolari elementi puntuali che, pur
all’interno di un ambito omogeneo, costituiscono per particolarità funzionali o ambientali
una emergenza.
-
Ambito Omogeneo 1: Piazza San Giorgio/Via Dante/Via Roma
Ambito omogeneo per coerente immagine ambientale, con evidente vocazione di
luogo di relazione (sagrato della chiesa, portico/loggia del mercato greco, dehors
caffè, parco cittadino, palazzo baronale). Complesso monumentale con valenze
turistiche e con scarsi episodi commerciali e di servizi, conferma oggi le sue funzioni
di rappresentanza e di incontro nel suo spazio delimitato e compiuto come negli
spazi aperti del primo tratto di via Roma.
L’unicità dei suoi caratteri funzionali (chiesa, casa parrocchiale) ed ambientali
(architetture storiche, spazi di relazione) gli conferiscono l’identità di “centro”.
Il tessuto connettivo, con funzione prettamente residenziale, è costituito da un
tessuto urbano minuto con alcuni episodi edilizi rilevanti che fanno da sfondo alla
importante quinta urbana costituita dalla Piazza.
Si riscontra tuttavia la presenza di episodi urbanistico-architettonici emergenti che in
maniera diffusa valorizzano la trama urbana pur se non valorizzati essi stessi in alcun
modo. Episodi individuati come potenziali poli generatori di nuove e puntuali
occasioni di trasformazione e recupero urbano.
L’identità del centro con la città ha privilegiato in passato ogni intenzione di
riqualificazione urbana, sia per condizioni di fattibilità più concrete, sia perché si
trattava di spazi già sensibilizzati ad interventi/azioni di questo tipo, sia perché
questi spazi erano da sempre percepiti come luoghi di identità cittadina e quindi
collettivamente considerati patrimonio di situazioni e valori da difendere con
salvaguardia e recupero.
Ma proprio questo carattere polarizzante del centro, lo stesso che ancora oggi
accentra funzioni e specializza comparti, giustifica azioni mirate ad un riequilibrio
della percezione urbana e della sua conseguente fruizione.
Analizzando i caratteri fisici dell’edificato si registra infatti una disarmonia tra quelle
emergenze la cui valenza è da sempre riconosciuta ed oggetto di valorizzazione e
salvaguardia e quegli episodi che, nonostante la posizione e la centralità, non sono
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
mai stati oggetto di alcun intervento di recupero ed ora, in condizioni di degrado
avanzate, concorrono a restituire un’immagine della scena urbana frammentata ed
irregolare.
La centralità dei luoghi, il loro essere spazi di relazione per eccellenza e la rilevanza
delle architetture e dell’impianto urbanistico ha fatto in modo che l’arredo urbano
rispecchiasse l’unicità del luogo ed esprimesse tale unicità attraverso elementi di
arredo unici, caratterizzanti e differenzianti la scena rispetto al resto della città:
illuminazione scenografica, cartellonistica turistica, …
Evidente è però il degrado che diffusamente dal costruito si sposta all’arredo
pubblico in genere, e a volte anche privato, e all’impiantistica pubblica.
Ambito Omogeneo 2: Via Roma
Ambito omogeneo per coerente immagine ambientale, con funzione prevalentemente
residenziale espressa da un’architettura non esuberante, interrotta puntualmente da
emergenze architettoniche ed artistiche.
La funzione di asse viario che collega la principale piazza della città con il convento
è rimarcata dall’intenso traffico che superato il primo tratto si insinua in un sedime
viario non molto ampio che lambisce le costruzioni. Qualsiasi attività di relazione è
inibita da questa funzione principe che strutturalmente ha ridotto se non addirittura
eleminato i marciapiedi, eliminando parimenti qualsiasi possibilità di fruizione
pedonale della strada.
Arredo provvisorio e casuale, concentrato in prossimità dei pochi episodi emergenti,
un’illuminazione uniforme e la mancanza di elementi strutturanti privano di identità
propria questo asse, confinando le sue potenzialità e valenze solo al primo tratto
dove il palazzo baronale ed il Parco della Pace catalizzano funzioni e fruizioni.
Risulta essere, quindi, un’area priva di funzioni trainanti in cui è assente il
commercio e scarsa è la vita di relazione che vive del riflesso di ciò che accade negli
episodi urbani, di certo più rilevanti, posti alle sue estremità e non riesce a trarre da
questi spunto per un potenziamento della sua centralità e per una valorizzazione
delle sue puntuali valenze.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
-
Ambito Omogeneo 3: Via Vittorio Veneto
Ambito omogeneo per coerente immagine ambientale, con funzione prevalentemente
residenziale espressa da un’architettura semplice caratterizzata dalla tipologia a
schiera che crea un unicum edilizio uniforme che qui più che altrove si fonde con lo
spazio pubblico (la strada) creando una continuità dialettica, espressione della
socialità dei luoghi.
Via Vittorio Veneto non risulta essere una strada di grande percorrenza nonostante
le sue dimensioni. L’attuale viabilità la esclude dal traffico veicolare più intenso (se
si esclude l’ultimo tratto sulla direttrice per Cursi).
Non è già più “centro”, nonostante sia spina urbana e nonostante sia uno degli assi
direttori che ha come quinte scenografiche prima Piazza Rimembranza e poi proprio
piazza San Giorgio. Quindi la sua socialità, una socialità fatta soprattutto di rapporti
di vicinato e di pochi e frammentati episodi commerciali, viene vissuta in strada ai
margini del sedime viario in quei piccoli marciapiedi che sono ad un tempo il
naturale prolungamento all’esterno di spazi privati, strade pedonali e luoghi di
incontro e soprattutto conversazione, sul lato che di volta in volta, a seconda dell’ora
del giorno, è in ombra.
L’identità del luogo è però sminuita dalla sua immagine priva di elementi
caratterizzanti, unificanti a quel percorso cittadino di cui la via fa parte ma ai cui
margini sembra vivere: un arredo provvisorio e casuale, privo di dispositivi
funzionali, una manutenzione edilizia non eterogenea, una illuminazione pubblica
omogenea ma poco suggestiva e forse la mancanza di un segno che trasformi la
“lunga Via Vittorio Veneto” in un episodio urbano con personalità.
-
Ambito Omogeneo 4: “tessuto cittadino”
Ambito omogeneo con funzione prevalentemente residenziale espressa da
un’architettura non esuberante, di matrice moderna nelle aree più periferiche,
interrotta puntualmente da emergenze architettoniche ed artistiche. Tessuto con
soluzione di continuità, incoerente, di connessione degli episodi urbani rilevanti.
Nessun segno o elemento unificante: la città esterna vive ai margini del centro al
quale si delegano compiti e funzioni. È difficile identificarsi, per il cittadino, in quei
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
luoghi ed in quegli spazi, “periferici”, non così costruiti, un po’ fuori dai percorsi
quotidiani che però indubbiamente “sono” città e lo sono a maggior ragione se si
considerano le loro implicazioni socio-economiche.
Le analisi si sono concentrate in queste quattro zone omogenee, divenendo puntuali e
specifiche laddove la presenza di particolari elementi, edilizio-architettonici quanto materici
o cromatici, richiedeva una diversa attenzione.
L’esame partendo dalle soluzioni cromatiche dei fronti e delle singole facciate e
dall’analisi del colore vero aproprio, si è esteso a tutti i loro “elementi componenti”
supporto ed essenza stessa del colore.
Analisi degli elementi architettonici 1
Si sono scomposte le facciate ed i rilevati, si sono classificati ed analizzati per tipologia
gli elementi architettonici ed edilizi componenti il tessuto costruito. Partendo dall’analisi
della struttura, della forma e dei materiali dei portali, degli zoccoli e delle fasce marcapiano,
delle cornici e delle lesene, dei balconi, delle aperture e dei varchi, si è indagato anche il
rapporto tra i vari manufatti ed il loro contorno, spesso pubblico: corti e cortili,
pavimentazioni di strade e piazze, tende, insegne, luci, oggetti di arredo urbano. Si è voluto
estendere lo studio e le analisi ai materiali ed alle tecniche di esecuzione impiegate e oltre
ai materiali lapidei impiegati a vista, con il loro colore naturale, si sono indagate anche le
tecniche per la colorazione dei pochi vecchi intonaci con l’intento, in fase progettuale, di
creare una continuità con le tecniche tradizionali e l’immagine storica senza prescindere
dall’innovazione scientifica, tecnologica e materica.
L’analisi e la classificazione dei principali elementi architettonici dei fronti e delle facciate
e della relativa distribuzione del colore ha avuto come intento, quindi, quello di fornire ai
tecnici che attueranno il Piano uno strumento di classificazione sintetico ed esaustivo di tali
elementi ed ovviamente delle indicazioni sulle tecniche operative di attuazione delle norme
contenute nel Piano.
1
Per una definizione puntuale degli elementi di composizione architettonica si rimanda al glossario allegato.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
categoria
elementi
cornici di coronamento
cornici, cornicioni, gronde, sottogronde, pluviali
elementi decorativi
lesene, paraste, cornici, rilievi, pannelli, dipinti,
iscrizioni, mensoloni
elementi di protezione
cancelli, ringhiere, inferriate, balaustre
(metallici e lapidei)
davanzali e soglie
davanzali, soglie, gradini
infissi e sistemi oscuranti
portoni, porte, finestre, serrande, veneziane,
avvolgibili, persiane
fondi
portali
portici
intonaco, pietra, …
elementi divisori di facciata
zoccoli, basamenti, colonne, capitelli,
architravi, lesene, paraste, anteridi, fasce
marcapiano e marcadavanzale
(orizzontali e verticali)
portali
facciate e volte
Elementi divisori di facciata
Zoccoli e basamenti - Con il termine zoccolo o basamento, si indica la parte più bassa
delle facciate e delle costruzioni in genere. Non manca quasi mai e solitamente è in pietra
leccese. Si differenzia del rivestimento lapideo delle restanti superfici esterne
esclusivamente per il taglio delle lastre e la loro messa in opera. La sua presenza spesso è
denunciata solo dai giochi di luce e ombra che il suo rilievo liscio in muratura e la sua lieve
sporgenza dal filo dell’edificio crea e dalla presenza di puntuali fenomeni di degrado
(umidità di risalita, alterazione cromatica, alveolizzazione leggera) che alterandone la
superficie ne alterano anche la cromaticità.
Ordini (colonne, capitelli, architravi, lesene, paraste, anteridi) - Gli elementi classici della
trabeazione (basamenti, piedistalli, colonne, capitelli, architravi) non compaiono nelle
facciate che seppur decorate sono caratterizzate da apparati semplici.
Si segnala la loro presenza però in alcuni portali in cui vengono a definire l’ingresso
principale di palazzi nobiliari in cui l’apparato decorativo, seppur semplice e limitato ad
episodi ed espressioni puntuali, connotava una condizione sociale elevata.
La stessa pietra usata per il rivestimento esterno dell’edificio era usata per gli elementi
artistici e di decoro, quindi, dal punto di vista cromatico sono assimilati agli elementi in
rilievo ed alle cornici.
32
Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Spesso le facciate presentano elementi divisori verticali che di solito hanno lo scopo di
delimitare lateralmente l’unità costruita e separarla almeno visivamente da quelle adiacenti
e limitrofe. La suddivisione avviene quindi in corrispondenza dei confini laterali, di quelle
murature portanti spesso in comune tra due unità distinte.
Lesene e paraste sono rare. Più frequenti le anteridi che rimarcano gli angoli di confine
uscendo in rilevato dalla piatta superficie di facciata, spesso come naturale prosecuzione in
verticale dello zoccolo, ed incorniciandola in un riquadro in rilievo che nella parte alta
lambisce e a volte si confonde con la cornice di coronamento. La forma più ricorrente è il
bugnato, stesso materiale lapideo della facciata, stessa partitura dei corsi, stessa
semplicità data dalla sezione rettangolare. Rari i casi in cui questi elementi si presentano
con basi e capitelli. I colori sono uniformi al resto della facciata.
Fasce marcapiano e marcadavanzale - Raramente le facciate presentano fasce
marcapiano. Nell’edilizia storica sono pochissimi gli edifici che si sviluppano oltre il piano
terra ed il piano terrazza e spesso in questi nessun elemento esteriore indica la partizione
orizzontale interna. Nei rari casi in cui questa è presente assume le forme di una semplice
cornice in pietra, a sezione rettangolare o modanata, appena aggettante che pare a volte
arrivare dalle fronti vicine più basse in cui spesso costituisce la cornice di coronamento o
cornicione, e proseguire oltre quasi a creare una naturale via di fuga nella prospettiva
urbana. Altre volte è un semplice rilievo nel paramento in pietra della facciata stessa, un
corso lievemente aggettante che si rivela solo con l’ombra e che ai limiti della facciata si
unisce a volte con le anteridi. Cromaticamente quindi si coordina con gli altri rilievi della
facciata.
Portici (facciate e volte)
Persa nel tempo la funzione di luogo del mercato e degli scambi commerciali, i portici di
Melpignano hanno mantenuto però la loro funzione sociale quale luogo di incontro e di vita
di relazione. Rigorosamente in pietra e rigorosamente monocromatici disegnano la piazza e
avvolgono le altre sue architetture, cromaticamente uniformi tra loro.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Portali
Di forme monumentali arricchite spesso da decorazioni scultoree, bassorilievi,
modanature, sono molto diffusi nel centro storico di Melpignano. Uno dei pochi segni
distintivi, in un’architettura semplice, austera e non incline ai virtuosismi artistici, della
condizione sociale ed economica degli abitanti l’edificio. Sempre in pietra e
cromaticamente assimilabili al resto dell’apparato decorativo ed in generale al cromatismo
uniforme della facciata.
Fondi
Il fondo costituisce l’elemento base della colorazione di un edificio. Che sia di supporto
al colore o che sia esso stesso colore, è l’elemento base della colorazione di un edificio. È
quasi sempre costituito da materiale lapideo, quasi mai intonacato e quindi quasi mai
colorato, a meno della presenza di una scialbatura leggera dello stesso colore della pietra,
o tutt’al più in bianco calce adoperata per rinfrescare e rinnovare la facciata. Rara la
presenza di intonaci plastici o al quarzo con finitura graffiata.
Infissi e sistemi oscuranti
I materiali degli infissi sono diversi: dal legno, all’alluminio anodizzato, al PVC, al ferro,
alla lamiera. Tale varietà di materiali si rispecchia anche nella varietà cromatica che sembra
invece semplificarsi se analizziamo i sistemi oscuranti.
Davanzali e soglie
In genere in pietra locale, raramente in muratura e cromaticamente uniformi al colore
della facciata.
Elementi di protezione (cancelli, ringhiere, inferriate, balaustra
Si tratta generalmente di cancelli ed inferriate, elementi di confine e delimitazione. Rari i
balconi e quindi le ringhiere che presentano spesso le forme originali del periodo liberty
d’inizio ‘900. Quando verniciati i ferri presentano una colorazione grigio scura ad imitazione
del ferro naturale.
Nelle costruzioni più recenti i ferri riprendono spesso i colori dei serramenti.
34
Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Rare ma presenti a sostituire le ringhiere balaustre in pietra cromaticamente uniformi agli
elementi di decoro.
Elementi decorativi
Nell’edilizia storica, tutte le aperture ed i varchi presentano elementi di riquadratura. Le
cornici riquadrano porte e finestre in maniera lineare e semplice o in maniera più ricca e
sfarzosa con notevoli elementi decorativi. Cromaticamente, trattandosi di parti in aggetto,
sono assimilabili agli altri rilievi.
Cornici di coronamento (cornici, cornicioni, gronde, sottogronde
Quasi tutti gli edifici di Melpignano presentano un elemento di coronamento superiore
della facciata
Generalmente è una semplice cornice a sbalzo in pietra di sezione rettangolare,
coincidente a volte con la fascia marcapiano che segnala l’ultimo solaio orizzontale. In altri
casi si presenta più o meno modanata e spesso è sede di alloggiamento di impianti e cavi.
Quasi sempre sovrastata dal parapetto della terrazza presenta spesso fenomeni di
degrado accentuati e notevoli alterazioni cromatiche.
Nell’edilizia storica spesso le cornici si presentano come elementi decorativi (a dentelli
ad esempio) della facciata stessa estremamente lineare e pulita ma raramente si articola
nelle forme di un vero e proprio architrave.
Analisi dei materiali e delle tecniche locali e analisi cromatica generale
I caratteri cromatici della città e di conseguenza la sua identità non possono essere
disgiunti dai materiali disponibili localmente. Le caratteristiche cromatiche di un ambiente,
prima di essere alterato dall’introduzione dei pigmenti di sintesi, erano determinate dai
materiali e dalle materie prime (materiali lapidei, terre e ossidi).
Si delinea, con quanto appena detto, il concetto stesso di “color loci”, espressione del
panorama cromatico naturale del territorio in esame.
A Melpignano è facile identificare questo panorama in quanto il materiale base è un
materiale lapideo proveniente dalle cave che si concentrano lungo l’asse viario che
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Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
congiunge Melpignano con la vicina città di Cursi, da cui il nome del litotipo noto come
Pietra di Melpignano-Cursi.
Si è proceduto quindi ad una identificazione e successiva schedatura dei materiali ed
alla loro organizzazione cromatica creando una cartella materiali di particolare utilità sia
nelle fasi di rilievo ed organizazione dei dati raccolti sia, ovviamente, in fase progettuale.
Materiali lapidei
Pietra Leccese: calcare marnoso tenero di origine sedimentaria marina, costituito da
sabbie marine cementate con elementi calcarei di origine organica e legati tra loro con
legante siliceo – argilloso. Di colore giallo paglierino, è costituita da un impasto poroso,
omogeneo, a grana fina.2
Tra le numerose varietà di pietra, quella definita di Cursi-Melpignano è quella più
utilizzata da sempre nelle costruzioni, per via della sua maggiore durezza e maggiore
resistenza anche agli agenti atmosferici.
Nell’architettura di Melpignano sono presenti diverse tipologia murarie che variano la
tecnica a seconda del periodo storico cui fanno riferimento ed anche in relazione alle
modalità di estrazione e lavorazione.
Negli edifici del ‘400 e del ‘500, infatti, le murature principali sono costruite con conci
squadrati delle dimensioni di cm 25 x cm 25 cm 50, orditi nella maniera classica a giunti
alternati.
Raramente sono state individuate tipologie murarie ad opera incerta, poiché questa
modalità costruttiva presupponeva sempre una superficie intonacata.
La muratura veniva elevata con malta di calce, mista a polvere della stessa pietra, nella
quantità strettamente necessaria all’allettamento dei conci, ottenendo come risultato una
cortina muraria molto pulita, priva di sbavature, e quindi molto regolare.
Nella evoluzione storica delle costruzioni, già a partire dalla fine del ‘600 fino ad arrivare
alle costruzioni dei primi del ‘900, le murature a faccia vista erano costituite da conci di
altezza variabile, rilevate in loc,o con un range che andava dai 34 cm ai 39 cm, di forma
pressoché quadrata, indice dalla mutata consuetudine estrattiva e dell’avvento poi dei
mezzi meccanici più moderni.
2
Da Vito Giorgio Colaianni, “Le volte Leccesi”, Dedalo Libri, Bari 1967.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Anche in queste epoche permaneva la modalità di murare le costruzioni con malta di
calce, ma più spesso priva di polvere di pietra, tanto da risultare più chiara, quasi bianca,
anche se sempre di spessori minimi.
La duttilità di questa pietra ha da sempre consentito lavorazioni plastiche di notevole
valore artistico, comuni a tutte le epoche, e ovviamente tipiche dell’epoca storica di
appartenenza, anche se molto spesso, nell’edilizia storica di Melpignano, i codici stilistici
delle varie epoche non sono sempre facilmente collocabili per via della consuetudine
artigianale di continuare a produrre nelle forme artistiche fatte proprie del luogo.
Degrado: data la particolare composizione del materiale, essa è soggetta a diversi
fenomeni di degrado, tra i quali il più dannoso è quello della alveolizzazione a cariatura,
tipica di questa pietra calcarea, sulla quale gli agenti atmosferici (pioggia e vento)
concorrono alla disgregazione dei componenti della pietra, in particolare al dilavamento
della sostanza argillosa che funge da legante tra i granuli, consentendo una attività erosiva
che crea le caratteristiche forme a crateri, dette “carie” appunto.
Per questo motivo, noto sin dall’antichità, si è sempre provveduto a proteggere le
superfici in pietra a vista con sostanze idrorepellenti, quali l’olio di oliva, il latte e il grasso
di origine animale.
In relazione a questi espedienti diffusamente utilizzati nel territorio, la pietra delle
costruzioni assume colorazione differenti in relazione all’esposizione delle superfici murarie
da cui il fenomeno detto alterazione cromatica, che ha luogo laddove le sostanze protettive
utilizzate si sono ossidate, conferendo cromatismi più o meno accentuati alla pietra
originariamente di colore uniforme.
Una ulteriore forma di degrado caratteristico è la presenza di muschi, licheni e alghe che
data la porosità del materiale, trovano facile attecchimento soprattutto sulle superfici
esposte a Nord. Ttuttavia, anche se a volte la loro presenza risulta essere una ulteriore
protezione naturale della superficie muraria (in alcuni casi ne viene favorita la formazione),
si può accentuare il fenomeno disgregativo della pietra per la produzione di sostanze
endolitiche da parte di queste colonie di vegetali, che agendo dall’interno della superficie
del materiale, producono col tempo distacchi di scaglie di pietra.
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Città di Melpignano
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Carparo: calcare di origine sedimentaria marina in una varietà resistente e di maggiore
durezza, molto diffuso nella terra di Bari oltre che nel Salento (cave di Alezio, Trepuzzi e
Gallipoli), di colore grigiastro, tendente al giallo, con grana irregolare e con pochi
frammenti di conchiglie, ma con la presenza di granuli di quarzo, magnetite, augite ed
olivina.3
Questa pietra, caratterizzata da una maggiore leggerezza, veniva utilizzata maggiormente
nella costruzione delle volte tipiche della tradizione locale, mentre oggi si trova più spesso
utilizzata come materiale da rivestimento a carattere decorativo.
Nelle architetture di Melpignano è stato rilevato raramente come materiale utilizzato nella
costruzione delle murature, fatta eccezione per alcuni edifici dove è stato utilizzato per
sottolineare lo zoccolo del fabbricato.
Molto più spesso è stato registrato come rivestimento murario soprattutto nelle
costruzioni moderne.
Intonaci
Intonaco: rivestimento del paramento murario a scopo protettivo costituito generalmente
da tre strati di impasto corrispondenti al rinzaffo, molto ruvido e grossolano, all’arriccio
ancora ruvido ma più regolare e il monachino (o intonaco vero e proprio) che si presenta
uniformemente levigato.
Il materiale per l’intonaco si ottiene da una miscela di elementi detti leganti (calce,
cemento o gesso) e inerti a varia granulometria (sabbia, pozzolane o pietrisco) disciolti in
acqua.4
Esistono numerose tipologie di intonaco che si distinguono in relazione alla loro
composizione (intonaco cementizio, intonaco a calce, intonaco di terra, intonaco di gesso,
intonaco al quarzo, ecc) e alla loro finitura superficiale (a frettazzo o fracasso, a spugna,
graffiato, graffito, a encausto, ad affresco, ecc), derivata dall’utilizzo di diverse tecniche
artistiche e di uso comune.
Nelle architetture di Melpignano, per la maggior parte costruzioni in pietra a faccia vista,
l’uso dell’intonaco sugli edifici più antichi è stato rilevato spesso in relazione al tentativo di
3
4
Idem.
Da “L’Universale La grande enciclopedia tematica”ARCHITETTURA vol. 1 A-L, Garzanti Libri S.p.A., Milano 2003,2004
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Città di Melpignano
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arginare, o coprire, il fenomeno erosivo caratteristico della pietra o più semplicemente per
regolarizzare una superficie.
Gli intonaci più vecchi sono senza dubbio a base di calce, poiché la loro composizione è
da sempre stata quella più congruente alle caratteristiche chimiche della pietra calcarea.
Essi si ritrovano più spesso in finitura bianca, raramente con finitura a colore della pietra,
pur consentendo la calce la colorazione in pasta con ossidi di terre naturali che trattengono
il pigmento entro tutto lo spessore dell’ultimo strato. Il bianco, tuttavia, risulta essere, nella
maggior parte dei casi, una soluzione a base di calce pura, il grassello, con una stesura più
corposa rispetto alla tinteggiatura.
I tentativi realizzati invece con intonaci a base cementizia, erroneamente (in questo caso
specifico) considerati più resistenti, hanno presto manifestato il loro dissesto per la scarsa
coesione col supporto lapideo, per il quale inducono la formazione di efflorescenze saline
che rompono e distaccano il rivestimento dalla pietra.
Nelle costruzioni più recenti l’intonaco cementizio e quello al quarzo sono i più diffusi,
sia per la loro facile reperibilità che per il loro costo contenuto, trovandosi in commercio
principalmente in miscele preconfezionate e pronte all’uso. Da qui la presenza di intonaci
con finiture a graffiato, intonaci lisci più o meno colorati, intonaci rustici.
Degrado: l’intonaco subisce per primo l’azione degli agenti atmosferici laddove viene
appunto utilizzato per proteggere paramenti murari; spesso si possono registrare distacchi,
perdite di coesione del materiale, erosione, così come pure l’azione meccanica delle
efflorescenze saline che spingono dall’interno della superficie in pietra, contribuendo al
distacco dell’intonaco da essa.
Un singolare fenomeno tipico degli intonaci di superficie è la formazione di solchi
concentrici che arrivano a disegnare ipotetici arabeschi Noto come “ flos tectorii”, fiore di
intonaco appunto, è il risultato dell’azione biologica di una piccola alga.
Tinteggiatura
Strato protettivo finale di una superficie intonacata, realizzato con pitture a base di diversi
componenti (calce, silicati, quarzo, tempere, acrilici, plastici, …) e diversamente connotato
anche in relazione alle finiture superficiali e ai cromatismi che si ottengono con additivi
pigmentati.
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Città di Melpignano
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Sugli edifici di Melpignano le tinteggiature rilevate sono ascrivibili per la maggior parte a
costruzioni di origine recente, variamente connotate da finiture moderne e, quando
raramente sono state riscontrate su costruzioni datate, sono per certo riconducibili a cicli di
manutenzione periodica delle superfici intonacate.
Scialbatura
Tecnica molto comune di protezione di una superficie muraria per mezzo di una
soluzione liquida, più o meno densa, generalmente a base di calce, spesso utilizzata per
uniformare la superficie in relazione alla finitura o alla coloritura, permettendo di colmare le
differenze dovute alla presenza di diversi materiali (pietre e giunti, ad esempio) e legare
visivamente le parti scolpite e modanate al resto della costruzione.
A Melpignano, trattandosi di un edificato principalmente costituito da edifici in pietra,
questa tecnica è stata largamente diffusa e lo è tutt’oggi operata soprattutto sugli edifici
storici.
Rivestimenti murari
Genericamente si tratta di materiali diversi utilizzati per connotare le superfici esterne
degli edifici e possono riguardare il rivestimento in pietre da taglio, marmi, formelle in
ceramica, formelle in cemento, pietre sbozzate, materiali sintetici.
Nell’edificato di Melpignano è stata spesso riscontrata la presenza di rivestimenti murari
operati con taluni di questi materiali, più diffusamente marmi o pietre sbozzate, che
caratterizzano le finiture degli edifici moderni nella parte basamentale o nelle recinzioni
operate in muratura.
Rara invece la presenza di superfici rivestite in materiale ceramico e per lo più legate
all’epoca di costruzione dell’edificio ascrivibile agli anni ‘50 e ‘60 del Novecento.
Legno (infissi)
Tutti gli infissi esterni e le persiane in legno attualmente presenti sono realizzate in
maniera tradizionale utilizzando come legname l’abete o il pino, con finitura a vernice
mordenzata o a vernice opaca a smalto, generalmente con un campionario di coloriture che
va dal bianco al verde (varie tonalità), marrone, nocciola, grigio.
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Città di Melpignano
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Questa tipologia di infisso è facilmente riconoscibile per la classica venatura in evidenza
se verniciata con mordente trasparente, altrimenti riconoscibile per la verniciatura crostosa
a smalto.
Un tempo abbastanza diffusa, necessita di manutenzione periodica per il rinfresco del
colore e del protettivo soggetto a deterioramento.
PVC (infissi)
Ampiamente diffuso nell’abitato, il profilo in PVC (polivinile cloruro) è presente per
portefinestre, persiane, finestre e sportelli per contatori esterni. I colori più diffusi sono il
bianco, il verde (varie tonalità) e il marrone.
Spesso la scelta di questo materiale è preferita per il costo contenuto del prodotto, per
la scarsa manutenzione richiesta nel tempo e per la sua leggerezza.
Uno dei principali difetti che si manifesta con l’usura è l’ossidazione del colore, che via
via perde consistenza e luminosità, degradando con differenti varianti a seconda della
maggiore o minore esposizione.
Alluminio (infissi)
Materialemaggiormente diffuso nell’abitato per gli infissi, l’alluminio, nelle sue varie
finiture, ha col tempo soppiantato il legno naturale, per via della minor necessità di
manutenzione.
Le finiture presenti sono generalmente :
- alluminio anodizzato, nelle classiche finiture oro (e varie gradazioni di bronzo) e
argento (imitazione della finitura acciaio);
- alluminio elettrocolorato, nelle campionature a colore che vanno dal bianco, al
verde e al marrone;
- alluminio verniciato, con finitura a colore di varie tonalità di verde e marrone,
fino all’effetto con venature finto legno o la finitura detta “Raffaello” che prevede
una vernice con inclusioni metalliche che conferiscono un aspetto goffrato.
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Legno lamellare (infissi)
La nuova tecnologia del legno ha concepito anche per gli infissi l’utilizzo del profilo in
legno lamellare, ottenuto mediante la sovrapposizione a fibre incrociate di fogli di legno,
impregnati di resine ad alta resistenza e impermeabilità, tanto da aver ottenuto al stabilità
del prodotto il relazione alle differenze di temperatura e gradiente di umidità.
Anche la colorazione del prodotto avviene per impregnazione del colore nello spessore
del legno, ottenuta con particolari vernici ad acqua, a tutela della assenza di sostanze
tossiche o volatili.
Ii colori variano dal bianco al verde,alle varie nuances del marrone (finitura legno).
Le caratteristiche del prodotto in legno lamellare garantiscono la durata nel tempo,
l’efficacia della tenuta termica, la stabilità agli sbalzi di temperatura e umidità, la tonicità del
colore, con la riduzione al minimo della manutenzione, vero inconveniente delle strutture in
legno tradizionali.
Ferro e lamiere (infissi)
Cancelli, porte carraie, inferriate, ringhiere e grate in metallo, in metallo, dal ferro alla
lamiera, si ritrovano diversamente distribuiti nell’abitato.
Prevalgono le chiusure in lamiera, zincata o verniciata, con coloriture varie a seconda
del grado di utilizzo o manutenzione.
Rari gli esempi di verniciature con prodotti ferromicacei, caratterizzati da coloriture grigio
scuro antracite con inclusioni di polvere di metallo che conferiscono il caratteristico aspetto
brillante, assimilabile alla ghisa.
2.2.2.2 – Rilevamenti sistematici e rilevamenti cromatici
La fase conoscitiva del tessuto urbano di Melpignano ha obbligatoriamente preceduto il
rilevamento e la raccolta dei dati necessari alle successive elaborazioni progettuali.
In seno al connettivo edilizio dell’insediamento, ed in base alle sue caratteristiche
precipue e salienti, si è provveduto ad individuare e delimitare uno specifico ambito
d’analisi, non necessariamente coincidente con il perimetro del “centro storico” individuato
dagli strumenti urbanistici generali, in cui rilevare dati ed informazioni occorrenti allo studio
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
topologico e morfologico della città ed alla classificazione dei singoli edifici ricadenti al suo
interno valutati secondo opportune schede di rilevamento.
All’interno di questo perimetro si è ridisegnata la planimetria urbana.Si sono individuati e
delimitati ventitre comparti seguendo la traccia dei diversi isolati e per ciascun comparto,
nominato seguendo un ordine alfabetico, si è proceduto alla identificazione, tramite
numerazione, di ciascun edificio/fronte presente al suo interno. Si è creatà così una
corrispondenza biunivoca che ha permesso, tanto nelle fasi di rilievo quanto in quelle di
verifica e progetto, di effettuare analisi, rilevamenti e di determinare prescrizioni via più
mirate e puntuali nel passaggio da una scala urbana ad una scala edilizio-architettonica.
Dall’analisi planimetrica si è passati, come scala rappresentativa, alle piante ed ai fronti
delle strade e vie fino agli alzati ed ai prospetti specifici delle facciate delle singole unità
costruite, all’analisi delle tipologie edilizie, degli elementi architettonici e decorativi, dei
materiali e delle tecniche costruttive, dei tematismi cromatici.
L’approccio all’analisi puntuale si è realizzato attraverso rilievi sistematici mirati e
calibrati che si sono eseguiti partendo sempre da un’impostazione di metodo generale che
via via è stata affinata, corretta e ricalibrata in relazione ai risultati stessi delle analisi e dei
rilevamenti.
I risultati, raggruppati per tematismi, sono stati poi rappresentati su una base
cartografica dell’insediamento di Melpignano, in modo che fossero evidenti certe
problematiche e certi temi essenziali alla formulazione di una progettazione rispondente ai
reali bisogni dell’aggregato urbano.
All’interno dei confini individuati si è, inoltre, voluto mirare ad un approfondimento
ulteriore che riguardasse le zone maggiormente rappresentative della città, legate ai
principali assi viari, e che fungesse da progetto campione nelle future indicazioni attuative
di piano.
Tali zone, suddivise in relazione al menzionato tessuto viario, sono state oggetto, oltre
che della generale schedatura del patrimonio edilizio, di rilievi celerimetrici e
fotoraddrizzamenti digitali, necessari all’individuazione delle caratteristiche tipologicoarchitettoniche dell’abitato, degli eventuali rimaneggiamenti o delle evidenti incongruenze,
ma anche fondamentali nella successiva fase di progettazione per la risistemazione dei
fronti urbani.
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Rilievo Fotografico Generale
Il Rilievo Fotografico Generale ha interessato tutto il patrimonio edilizio-architettonico
della città di Melpignano compreso all’interno dell’area di analisi individuata.
Sempre secondo il principio di procedere dal generale al particolare, ogni fronte è stato
fotografato partendo da inquadrature più generali e complessive, che ne agevolassero
l’identificazione, fino a scendere a scatti di dettaglio che ne registrassero i particolari, le
peculiarità ed ovviamente le incongruenze e le problematiche.
Si è creato in questo modo un archivio “storico”, alla data del rilevamento,
dell’immagine urbana che ha permesso di definire i parametri dei rilievi sistematici.
Per una più agevole consultazione e per facilitare la gestione e la ricerca delle immagini
il database è stato organizzato tenendo conto dei comparti in cui è stato suddiviso il
territorio urbano e della numerazione identificativa associata a ciascun edificio o
raggruppamento edilizio.
Rilievo sistematico e schede analitiche di rilevamento/aggiornamento
Le riflessioni scaturite dall’esame dei risultati delle indagini preliminari e dai rilevamenti
fotografici hanno delineato i caratteri ed i “campi” delle operazioni di rilevamento
sistematico di cui è stato oggetto il patrimonio “costruito” della città.
La scheda di rilevamento, utilizzata per il censimento e la catalogazione dei singoli
manufatti edilizi ed architettonici, è stata elaborata infatti a seguito della fase preliminare di
indagine come sintesi e compendio delle osservazioni rilevanti effettuate e come ulteriore
strumento di indagine e verifica nelle fasi di progettazione del colore.
La scheda fornisce informazioni eterogenee che sempre dal generale al particolare
descrivono in modo completo il manufatto fornendo un quadro informativo di fondamentale
importanza per qualsiasi intervento di pianificazione/attuazione urbanistica.
Ogni scheda è identificata tramite la sua intestazione da un numero progressivo e risulta
pertanto associata sempre ad uno, ed uno solo, episodio costruito che viene analizzato,
studiato e “progettato” in funzione dei suoi caratteri. È strutturata in quattro sezioni.
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1) IDENTIFICAZIONE e LOCALIZZAZIONE:
Ogni episodio edilizio e architettonico viene individuato oltre che dall’indirizzo civico
anche dal codice che lo associa ad uno dei comparti in cui è stato suddiviso il territorio
della città e dal numero progressivo che censisce tutti i manufatti del comparto stesso.
Vengono registrati anche gli estremi catastali e le eventuali prescrizioni urbanistiche cui è
soggetto in funzione degli strumenti attuativi in vigore e ne vengono descritti i caratteri
tipologici e costruttivi, evidenziandone eventuali peculiarità, emergenze o evidenti
alterazioni.
2) STATO di CONSERVAZIONE
Si analizzano singolarmente i diversi elementi architettonici costitutivi (coperture,
rivestimenti, infissi… ) nelle loro caratteristiche tipologiche e materiche. L’analisi evidenzia
lo stato di conservazione puntuale di questi elementi e conseguentemente fornisce un
giudizio critico globale sullo stato di conservazione dell’intero manufatto sottolineando
eventuali situazioni di emergenza e la necessità di interventi più o meno urgenti.
3) RILEVAMENTO FOTOGRAFICO
Un’immagine facilita l’identificazione del singolo manufatto, palesandone i caratteri
tipologici e costruttivi, eventuali emergenze artistiche ed ovviamente lo stato di
conservazione alla data del rilevamento.
4) ANALISI DEI FRONTI
A completamento delle indagini si analizzano i caratteri dei paramenti esterni, i loro
materiali ed il loro stato di conservazione nonché tutti quegli elementi che saranno presi in
considerazione e “progettati” dal Piano.
5) INDICAZIONI DI PROGETTO
Le notazioni delle prescrizioni di progetto e delle norme attuative specifiche per il singolo
manufatto analizzato completano la scheda che in questo modo, oltre che strumento di
indagine e di registrazione dello stato di fatto, diventa a tutti gli effetti strumento operativo
ed attuativo delle prescizioni urbanistiche.
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L’utilità di un sistema di schedaturà così concepito va ben oltre però la pianificazione del
colore urbano e la regolamentazone degli interventi sui fronti e le facciate urbane.
Assoggettando a tale pratica tutti gli interventi sul costruito, manutenzoine ordinaria o
straordinaria che sia come pure quelli di nuova costruzione, negli anni si verrà a formare un
archivio cronologico degli interventi sul patrimonio edilizio di immediata consultazione. Ad
ogni edificio risulteranno infatti sassociate una serie di schede cronologicamente ordinabili
che forniranno informazioni ed indicazioni sui vari interventi susseguitisi sull’edificio stesso.
Informazioni fondamentali per un monitoraggio degli interventi ma anche, con un’ottica di
più ampio raggio, di analisi dei mutati intenti dell’organismo pianificatore nel tempo.
Accanto quindi alla scheda di rilevamento, così come descritta, è stata elaborata, con
piccole variazioni, la “scheda di aggiornamento” da redigersi in fase di chiusura lavori e
collaudo che, con una nuova data di redazione ed una numerazione tale da collegarla in
modo univoco ma consequenziale alla scheda di rilievo, conterrà gli stessi campi che però
andranno compilati apportando, solo dove necessario, le modifiche conseguenti
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l’intervento eseguito o integrando le informazioni mancanti con elementi palesatisi in fase di
cantiere.
Per gli edifici di nuova costruzione o per quei casi in cui la scheda non esiste ancora,
questa andrà predisposta partendo sempre dal modello di “scheda di rilievo” fornito dal
comune, in alcune parti precompilato (campi identificativi del comparto e dell’edificio, per
esempio) ed inserendo i dati nei vari campi rispondendo di volta in volta alle implicite
domande che la scheda pone. Dopo questa prima compilazione ogni successivo intervento
verrà registrato dalle “schede di aggiornamento”.
Rilievo degli Elementi Architettonici delle Facciate
Procedendo dal Rilievo Fotografico Generale si sono andati a riconoscere i caratteri
dell’architettura di Melpignano e ad identificarne gli elementi architettonici ricorrenti.
L’obiettivo è stato quello di creare un quadro sintetico del lessico compositivo delle
facciate e dei fronti della città e quindi di fornire ai progettisti, ai tecnici ed ai cittadini
indicazioni di facile utilizzo ai fini operativi di progetto.
Il sistema oggettivo di catalogazione ha classificato in nove categorie gli elementi
compositivi che, raggruppati per omogeneità di materiali o di funzioni, sono stati analizzati
nelle loro forme e nelle loro caratteristiche materiche e cromatiche.
Compendio a questa analisi è stata la Carta degli Elementi Architettonici delle Facciate,
prontuario esemplificativo per il riconoscimento delle valenze architettoniche da parte di
quanti, tecnici e non, si troveranno ad intervenire sul costruito.
Rilievo delle Emergenze Architettoniche, Artistiche e Urbanistiche
Aspetto ed elemento descrittivo fondamentale della consistenza architettonica ed
artistica del patrimonio immobiliare della città è l’annotazione, effettuata in seno ai
rilevamenti ed all’analisi dello stesso patrimonio immobiliare, di alcuni particolari elementi
dell’apparato decorativo ed urbanistico, rappresentativi della realtà costruttiva locale.
Tali elementi, evidenziati nella scheda di catalogazione degli edifici, e la cui descrizione
sintetica è annotata nell’allegato glossario, sono stati individuati planimetricamente nella
Carta delle Emergenze Architettoniche, Artistiche ed Urbanistiche.
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Suddividendo l’Ambito Generale d’Analisi in quattro quadranti sovrapponentesi, in modo
da rappresentare in scala più adeguata il contesto d’analisi, le cosiddette Emergenze sono
state schematizzate in simboli rappresentativi ed abbinate a ciascun edificio sulle cui
facciata siano state rilevate.
In questo modo, la Carta delle Emergenze diventa uno strumento facilmente gestibile
e di rapida consultazione, in seno a quell’ottica di contenimento architettonico, e
conservazione del patrimonio immobiliare, che permea l’intero strumento urbanistico così
come concepito.
Rilievo per il progetto del colore: mappe cromatiche
Oltre alle analisi puntuali effettuate sul patrimonio edilizio della città, esemplificate e
sintetizzate all’interno delle schede di rilevamento e delle mappature tematiche
dell’agglomerato architettonico ed urbanistico, si è voluto ulteriormente analizzare l’aspetto
morfologico ed architettonico della scena urbana, mettendo a confronto le diverse unità
edilizie con la rappresentazione grafica degli assi principali dell’insediamento, con le loro
caratteristiche materiche e cromatiche.
Tale rappresentazione grafica, schematizzata in base a ciascuna via o piazza
maggiormente rappresentative dell’aspetto della conurbazione, è stata realizzata con un
sistema di fotoraddrizzamenti digitali entro il quale le immagini fotografiche delle unità
edilizie sono state raddrizzate e messe in scala, ricostruendo l’aspetto reale dei fronti
architettonici.
Punto di partenza di tale sistema di fotoraddrizzamento è il rilievo celerimetrico degli
stessi fronti, eseguito con strumento topografico idoneo, sulle cui coordinate sono state
calibrate e graficizzate le immagini.
Operando con simili mezzi, l’immagine architettonica della città è di immediata
comprensione e facile lettura, così come estremamente diretta risulta la visualizzazione del
colore e degli accostamenti cromatici e materici, nella loro uniformità o difformità.
Le immagini dei fronti, oltre a fornire una rappresentazione della città non astratta, ma
concreta e simile al punto di vista di un osservatore generico, fanno anche da base per il
passaggio dall’analisi e dal rilievo dello stato di fatto del costruito alla programmazione
degli interventi.
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Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Costituiscono innanzitutto la base per l’elaborazione delle “mappe cromatiche”: una
sintesi relativa alla frequenza ed alla dominanza di colori e toni delle facciate rappresentate
viene visualizzata sotto le strisciate dei fronti stradali. Da questa prima sintesi si passa poi
alle schede colore che scendendo di dettaglio analizzano i colori di ogni singolo elemento
di facciata.
In fase progettuale queste immagini, associate a prescrizioni puntuali, vengono a
programmare, sempre a titolo esemplificativo, le azioni cui attenersi negli interventi di
progetto.
Indagini diagnostiche conoscitive
Il contributo fondamentale di un piano del colore e dell’arredo urbano alla pianificazione
per la riqualificazione e valorizzazione di un centro storico non può prescindere dal
fondamento scientifico che una corretta valutazione sia basata su argomenti concreti e
incontrovertibili.
L’analisi dell’esistente necessita di un supporto oggettivo che vede nelle analisi di
laboratorio un apporto irrinunciabile e nell’esecuzione di un congruo numero di
campionature, in relazione alla diffusione degli episodi meritevoli di studio, un contributo
alla determinazione in situ delle peculiarità dell’edificato storico.
Nel caso del Comune di Melpignano, già più volte indicato quale particolare centro
urbano in pietra, la presenza di alcuni sporadici episodi di edifici storici intonacati, la
segnalazione di tracce di precedenti superfici scialbate o colorate, rappresentano un
campionario prezioso per il riconoscimento di una cultura del colore urbano, propriamente
inteso.
Di contro, essendo un centro urbano caratterizzato da edilizia ed architettura in pietra,
l’analisi e il controllo del materiale lapideo, del suo stato di conservazione, della
registrazione di eventuali tecniche di protezione, aiuterà a riscrivere la storia delle tecniche
costruttive.
Si è scelto, quindi, di seguire questo percorso scientifico per dare un supporto motivato
proprio da argomentazoni e dati scientifici alle scelte di progetto.
Con l’ausilio dei laboratori scientifici dell’azienda Rankover S.p.A., leader nel campo
della ricerca scientifica a supporto degli interventi sull’edilizia storica e monumentale, si è
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Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
inteso perseguire un’attività di monitoraggio del colore e del materiale lapideo a mezzo di
sette campionature e una prova di pulitura e protezione della pietra.
I saggi e le campionature sul colore sono stati eseguiti su quattro immobili del centro
aventi valenza storica e destinazione d’uso differenti, al fine di ottenere una finestra di dati
ed informazioni quanto più ampia possibile (sempre in relazione alla densità degli episodi di
colore della città) sui diversi periodi storici.
Gli edifici presi a campione sono stati:
- Palazzo Lubelli, civile abitazione, via Cinuria 6/8/10, epoca settecentesca (cfr.
scheda n. 476, S27), superficie esterna scialbata su supporto intonacato e su
pietra, campioni n. 1, 2, 3;
- Chiesa di San Giorgio Martire, emergenza architettonica del XVI/XVIII secolo,
piazza San Giorgio (cfr. scheda n. 7, A7), superficie esterna con tracce di pittura
colorata su pietra e malta di allettamento in prossimità del portale, campione n.
4;
- Palazzo Zullino, edificio civile di proprietà comunale, emergenza architettonica
del XVI/XVIII secolo, via Dafni 11 (cfr. scheda n.199, I9), superficie esterna in
pietra con tracce di coloritura sotto le mensole delle finestre, campione n. 5;
- Edificio civile in abbandono, via Vittorio Veneto 59, edificio a schiera della prima
metà del XX secolo (cfr. scheda n. 103, F4), superficie esterna intonacata in due
diversi colori.
La prova di pulitura e protezione delle pietra è stata effettuata sull’edificio di proprietà
comunale denominato Ex tabacchificio in via Roma, opificio dei primi anni del ‘900 (cfr.
scheda n. 376, P30), superficie esterna caratterizzata da colonie di licheni e depositi
superficiali.
Tutte le campionature, le analisi spettrometriche e microscopiche, le schede di
interpretazione dei risultati sono stati eseguiti e redatti in conformità con le seguenti
Raccomandazioni Normal :
-
3/80 (campionamento);
12/83 aggregati artificiali di clasti e matrice legante non argillosa;
- 15/84 manufatti e aggregati a matrice argillosa;
- 14/83 tecnica di allestimento delle sezioni.
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Analisi dei risultati
Dalle campionature e dall’analisi delle sezioni sottili e lucide dei prelievi di materiale è
emerso un quadro abbastanza esaustivo che conferma sostanzialmente le analisi visive
dirette effettuate durante la campagna di rilevamento dell’edificato.
Tutte le coloriture rilevate sono caratterizzate da pigmenti naturali che spaziano dal
bianco calce, al giallo ocra (varie sfumature) e giallo crema, al rosato rossastro e rosso
aranciato e all’azzurro tenue.
Tutti i componenti dei supporti di intonaco e delle mescole delle pitture risultano essere
a base di calce (idraulica o aerea), a conferma della tecnica tradizionale adoperata sul
supporto lapideo che incontra quindi la compatibilità tra supporto e rivestimento.
La gamma cromatica di riferimento può essere ricompressa entro uno spettro che
ripropone tutte le gradazioni dei colori della terra salentina, dal colore giallo paglierino della
pietra, alla rosso aranciato della terra argillosa, all’ocra gialla della polvere di carparo e
sabbia delle stilature dei giunti di malta.
Per le superfici in pietra, quelle maggiormente diffuse e caratterizzanti l’edificato di
Melpignano, su cui è stato di gran lunga evidenziato il fenomeno delle patine dei licheni
misti a depositi superficiali, passando per la caratteristica alterazione cromatica causata
dall’ossidazione dei protettivi di natura proteica (cfr. analisi), il saggio di pulitura ha
confermato come esista la possibilità di attenuare l’impatto visivo delle patine scure
(eliminando cioè il microrganismo vegetale) pur conservando la patinatura naturale della
pietra incrudita dal tempo. Questa possibilità offerta da taluni prodotti chimici di uso
corrente, unita a protettivi a base di silicato di etile non pellicolanti, permetterà di
conservare inalterata la lettura degli edifici segnati del tempo e, allo stesso tempo, di
garantire una adeguata protezione della pietra dagli agenti aggressivi.
2.2.2.3 – Progetto del colore
Le finalità
ll progetto per il Piano del Colore e dell’Arredo Urbano della Città di Melpignano si
propone di recuperare e valorizzare un’identità urbana ad oggi percepibile nelle sue
potenzialità ma non ancora chiaramente leggibile e identificabile come segno forte del
carattere distintivo di un centro urbano consapevole della sua valenza culturale nel
panorama internazionale cui oggi è proiettato.
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Il progetto del Colore quindi non può prescindere da questa rilevanza culturale assunta
nel tempo, non trascurando oltremodo il forte senso di appartenenza alla città manifestato
dai suoi abitanti.
La fase attuativa del piano si compone, pertanto, di uno strumento operativo che unisce
all’indicazione normativa la visualizzazione grafica della sua applicazione.
Attraverso una serie codificata di interventi possibili, a loro volta suddivisi per ambiti di
applicazione (superfici murarie, apparato decorativo, rivestimenti, infissi; impianti, insegne
e affissioni, elementi accessori) si è inteso fornire una guida tecnica per ogni tipologia di
operazione, al fine di consentire all’operatore di individuare correttamente il parametro di
riferimento a cui allineare il suo progetto sull’edificio.
In ogni scheda di analisi del costruito, per ogni singolo edificio quindi, esiste una sezione
relativa alla annotazioni progettuali in cui si ritroveranno tutte i riferimenti necessari alla
normativa tecnica per redazione del progetto in linea con i principi stessi del piano del
colore.
Le indicazioni progettuali scaturiscono direttamente dalla sintesi dell’analisi dello stato di
fatto, registrata la momento della compilazione della scheda e, pertanto, facilmente
relazionabili con i campi precedentemente compilati, in particolar modo con quello
denominato “elementi di fragilità visuale” dove sono stati segnalati tutti quegl’elementi
dissonanti con il carattere proprio dell’edificio, con il suo contesto o sottolineati in
proiezione diretta con le finalità di intervento del piano.
Ad esempio la presenza dei cavi aerei, disseminati per tutto il centro abitato, che
appesantisce la lettura dei fronti stradali viene segnalata quale problematica comune
soprattutto per quegli edifici che costituiscono una quinta stradale omogenea, e per i quali
un intervento di interramento potrebbe essere operato direttamente dall’Amministrazione
pubblica o incentivato da essa, al fine di eliminare un elemento di interferenza visiva di
notevole impatto.
Oltremodo, le segnalazioni sugli infissi, gli sportelli dei contatori degli impianti
tecnologici, le cassette postali, le pulsantiere dei campanelli, le targhette e quant’altro
risulti essere un elemento accessorio al corpo di fabbrica non vogliono assolutamente
rimandare ad un principio di omologazione.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
La filosofia del Piano, infatti, proporrà un campionario di riferimento, contenente tipologie
di prodotti coerenti per forma, materiale e colore che, se ampiamente utilizzate,
concorreranno a delineare uno scenario sostenibile per il recupero dell’identità urbana.
Questo intento è ancor meglio comprensibile se si analizzano le tavole di progetto
relative agli ambiti omogenei, concepite come una sorta di progetto campione cui fare
riferimento per tutta la progettazione del colore e dell’arredo urbano, attraverso la
visualizzazione di insieme del campo di intervento, in questo caso limitato alle aree
considerate rappresentative di tutto l’edificato della città.
Il progetto campione
Gli ambiti omogenei presi a campione nella fase di analisi offrono una base per la
redazione di una sorta di progetto guida per gli interventi sull’edificato della città di
Melpignano.
La scelta ricaduta su porzioni significative dell’edificato aiuta a comprendere il valore del
progetto di riqualificazione della scena urbana.
Infatti, negli elaborati progettuali sono presenti i fronti stradali, ottenuti mediante il
fotoraddrizzamento digitale dei singoli fotogrammi, con una modalità di rappresentazione
che già di per sé rende immediatamente visibile una quinta stradale continua, diversamente
da come verrebbe percepita dal vivo.
Una griglia al di sotto della sequenza fotografica è suddivisa secondo delle proiezioni
che intercettano i singoli edifici, ciascuno con il riferimento alla scheda si analisi: a margine
i sei ambiti di applicazione raccolgono le codifiche degli interventi ammessi per ogni
singolo fabbricato.
In questo modo, seguendo tutto lo sviluppo della sequenza dell’edificato, è possibile
l’immediata percezione delle problematiche più frequenti che si ripropongono in quella
scena urbana, e di contro sarà possibile comprendere come l’intervento su uno e più
elementi del progetto concorrerà alla sua riqualificazione generale.
Le descrizioni poi delle singole modalità di intervento garantiscono il coordinamento
delle operazioni necessarie per il processo di riqualificazione, in linea con le normative
vigenti e i principi fondamentali del restauro urbano.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Tecniche di intervento sulle murature, qualità dei materiali, colori delle finiture, sono
fondamentali strumenti di supporto per la progettazione del singolo edificio, integrata nel
contesto di riferimento e con la consapevolezza che ogni altro intervento sui fabbricati
attigui perseguirà i medesimi risultati.
A compendio della sezione normativa è stato creato un catalogo di soluzioni formali per
gli elementi edilizi e per gli elementi di arredo urbano.
Il sistema della mappature cromatiche
Per ogni area campione sono state estrapolate le mappature cromatiche e materiche di
riferimento, direttamente desunte dall’anali dei fronti stradali e attinte mediante l’ausilio del
mezzo informatico.
Questa palette di materiali e cromie esistenti sono il supporto guida imprescindibile per
la riqualificazione della scena urbana.
Prevalenza di edifici in pietra, frequenza dello stesso tipo di finitura esterna, i rari casi di
edifici intonacati rappresentano, quindi, il punto di partenza per il progetto.
Le caratteristiche cromatiche presenti sono state valutate in relazione alla loro congruità
con il carattere tipologico dell’edificio, con la tecnica costruttiva e con l’evoluzione storica
dello stesso, parallelamente con la destinazione d’uso e le modifiche intercorse per il suo
adeguamento all’uso.
Pertanto, la presenza di rivestimenti impropri, la sovrapposizione di tinteggiature e
scialbature, l’apposizione di intonaco sono state valutate secondo il principio della
legittimità.
In un ipotesi di intervento su un edificio attualmente intonacato, ma che dall’analisi dei
parametri su esposti più propriamente viene riproposto in muratura a faccia vista, la guida
cromatica suggerirà l’utilizzo del materiale lapideo già ampiamente presente nelle zona
omogenea di riferimento, concordando il grado di patinatura e finitura a cui attenersi per il
reintegro dell’edificio all’internoi di quelle particolare scena urbana.
Allo stesso modo, per un edificio già connotato propriamente da un rivestimento di
intonaco, la mappatura cromatica di riferimento per l’area in oggetto suggerirà un
campionario di coloriture più idonee al contesto, desunte dalle cromie presenti nella zona
omogenea, soprattutto nel caso di accostamento visivo con edifici in pietra, verso i quali si
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
tenderà a suggerire l’utilizzo di colori derivanti dal viraggio del pigmento caratteristico della
pietra.
Non ultimo il fenomeno dell’alterazione cromatica della pietra, ampiamente diffuso in
tutto l’edificato storico, frutto dell’incrudimento della patina superficiale del materiale
lapideo in relazione anche al tipo di sostanza organica utilizzata come protettivo, suggerisce
che il colore storicizzato degli edifici è mutevole e come tale va preservato, anche con le
ordinarie operazioni di pulizia delle facciate e con l’utilizzo di sostanze protettive
inorganiche adatte allo scopo.
2.3 - Il piano dell’arredo urbano
2.3.1. - Tipologia e strumenti
Si è già sottolineato come il piano del colore di Melpignano non possa essere inteso
come un piano del colore tout court, ma sia piuttosto un piano “finalizzato al miglioramento
della qualità urbana e del paesaggio antropizzato” che con unità di metodo e pluralità di
tecniche sottintenda in primo luogo un piano del colore ma includa nei suoi intenti anche un
piano di arredo urbano che, con l’obiettivo di promuovere progetti integrati adeguati ad una
città in trasformazione che richiede e necessita di nuovi valori ambientali, di una immagine
urbana nuova nella fruibilità come nell’istanza estetica, vada ben oltre il semplice “restiling”
di un assetto già esistente ed adeguatosi, quasi casualmente, nel tempo alle mutevoli
esigenze dei suoi fruitori.
Una nuova definizione degli spazi pubblici di Melpignano ha reso necessaria un’analisi
della fruizione urbana, una razionalizzazione dei ritmi e delle pause ”cittadine”, una
identificazione ed un coordinamento delle dinamiche, degli “attori” e degli “spettatori”,
pubblici e privati, che agiscono sulla scena urbana, una scomposizione e semplificazione
delle situazioni territoriali con la necessità di una loro nuova progettazione parallela a quella
del colore urbano.
Il piano dell’arredo urbano si sviluppa metodologicamente secondo uno schema
parallelo a quello già illustrato per il piano del colore con tempi differenti di progettazione
ed attuazione e con una conseguente maggiore flessibilità che, definite le linee guida,
lascia nel tempo alle piccole come alle grandi occasioni, agli interventi di manutenzione
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
quotidiana e ordinaria come ai progetti di dettaglio a più vasta scala, la possibilità di
definire e disegnare la nuova immagine dello spazio pubblico.
Il piano della città di Melpignano è un piano per luoghi e per settori di arredo urbano le
cui azioni mettono in relazione, ai fini del nuovo assetto dello spazio pubblico e della nuova
immagine della scena urbana, diversi contesti: viabilità, verde, spazi di relazione e
commerciali, suolo pubblico e coinvolgono attori pubblici e privati.
Il progetto è organizzato per luoghi, ambiti omogenei in cui spiccano emergenze di
diversa natura e tessuti connettivi urbani, e per settori e sistemi di arredo urbano,
intendendo per settori gli elementi di arredo oggetto di iniziativa privata e per sistemi tutti
quei componenti gestiti generalmente dal soggetto pubblico.
Perseguendo una progettazione settoriale ed a scale diverse, si è cercato di ovviare alla
conseguente ed apparentemente inevitabile progettazione di azioni frammentarie con una
coordinazione tanto negli obiettivi quanto nei tempi di attuazione delle disposizioni.
L’organicità del piano complessivo, pur coinvolgendo settori dell’amministrazione
diversi, si attua attraverso una progettazione integrata e, come già auspicato, concertata, i
cui criteri ambientali siano comunque di riferimento per tutti i responsabili della
trasformazione fisica del territorio. La necessità è, quindi, quella di avere una maggiore
comunicazione tra i programmi di intervento ed un coordinamento generale tra le diverse
competenze al fine di definire obiettivi comuni da perseguire.
2.3.2. - Fasi progettuali ed attuative
2.3.2.1 – Inquadramento generale ed analisi
Non si può prescindere dall’analisi delle funzioni e della socialità dei luoghi per definire i
caratteri e delineare le esigenze che un piano di arredo urbano deve soddisfare.
L’organizzazione dei pieni e dei vuoti del disegno urbano indica i rapporti tra le funzioni,
la forma urbana e le attività di relazione.
Anche a Melpignano sono le stesse relazioni tra gli spazi ad evidenziare i legami, i
rapporti, le dinamiche sociali ed urbane e a suggerire i caratteri delle iniziative di recupero
e valorizzazione.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Ai fini del piano dell’arredo urbano si sono utilizzate le stesse analisi e le stesse
considerazioni che hanno costituito la base di partenza, nonché la motivazione di fondo, di
tutte le scelte operate per la definizione del piano del colore. Ovviamente si sono utilizzate
chiavi di lettura diverse per poter definire, tramite i dati e le informazioni raccolte,
l’immagine attuale della scena urbana, o sarebbe meglio dire delle scene urbane, sui cui
caratteri e funzioni agirà il nuovo strumento urbanistico.
Si sono così esaminati i quattro ambiti omogenei, individuati e graficizzati nella
cartografia di base, secondo altri parametri di analisi che, da una scala più strettamente
edilizio-architettonica, sono andati a scomporre il tessuto urbano da un punto di vista
funzionale ed emozionale ed hanno restituito un quadro ambientale in grado di sostenere,
motivare e determinare in maniera univoca l’immagine ambientale di riferimento per il piano
dell’arredo urbano.
2.3.2.2 – Definizione dell’immagine ambientale di riferimento
Ambito Omogeneo 1: Piazza San Giorgio/Via Dante/Via Roma
L’intervento è motivato dall’immagine scenografica eccezionale, dalla vicinanza agli altri
poli generatori di centralità (Piazza Rimembranza, il palazzo baronale e il Parco, e il
convento degli Agostiniani), dai progetti di riqualificazione delle aree limitrofe e dalla
possibilità di riorganizzare le funzioni d’uso della piazza stessa (viabilità) recuperando
contemporaneamente un tessuto edilizio residenziale a volte di alto pregio.
La piazza manterrà la sua immagine unitaria caratterizzata dalle sue architetture
unificanti, quindi ogni inserimento, ogni nuovo elemento dovrà integrarsi allo spazio, senza
sovrapporsi o catalizzare l’attenzione. La sua pedonalizzazione e la conseguente
riorganizzazione della viabilità automobilistica consentirà una continuità spaziale sia a livello
di funzionalità d’uso che a livello di immagine.
Questa immagine di piastra continua, destinata a vari tipi di utilizzazione (salotto, luogo
di passaggio pedonale all’interno di percorsi privilegiati urbani) sarà definita dalla sua
pavimentazione.
L’illuminazione sarà dedicata ad una fruizione pedonale, Puntuale e diffusa dilaterà la
percezione dello spazio.
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Le emergenze architettoniche saranno evidenziate invece da un’lluminazone dedicata
che, sempre integrandosi all’ambiente, focalizzerà l’attenzione sulla monumentalità di
alcune architetture sottolineando allo stesso tempo i dettagli artistici delle decorazioni.
Il percorso commerciale, che corre intorno alla piazza, o dalla piazza si dirama, potrà
essere anche potenziato ed evidenziato da un’immagine del commercio rigorosamente
inserita nella cornice architettonica.
L’architettura del portico e della loggia del mercato sarà rimarcata da un’illuminazione
che sottolineerà la ritmatura delle volte.
L’edificato di contorno, direttamente prospiciente la piazza, presenta un grado di
degrado diffuso dovuto ad una scarsa manutenzione soprattutto dei fronti.
Attraverso processi di riqualificazione, restauro e valorizzazione del patrimonio storicoartistico-architettonico si recupererà anche la funzione residenziale creando continuità con
il tessuto dell’edificato che dalla piazza si dirama.
Il Verde è presente in questo ambito solo in corrispondenza del primo tratto di Via Roma
(fronte del palazzo baronale e parco pubblico) dove presenta attrezzature ludiche ed
elementi di arredo che ne limitano la fruizione ad un’utenza giovane.
Con l’intento di permettere la fruizione di questi spazi anche ad altre tipologie di utenza,
si inseriranno nuove attrezzature funzionali ripensando la sistemazione degli spazi e delle
aree dedicate al gioco.
Ambito Omogeneo 2: Via Roma
L’intervento è motivato dalla centralità della sua posizione e dal fatto di costituire il
naturale asse alle cui estremità accadono gli episodi più intensi della vita cittadina.
La contiguità con il centro, propriamente inteso, e con l’altro punto focale del tessuto
urbano che è costituito dal convento, fanno di Via Roma un ideale asse di collegamento tra
aree e funzioni emergenti e consolidate.
Il percorso viario (asse) sottolineerà il collegamento tra i due poli posti alle estremità
della strada e tra le loro funzioni.
L’impianto urbanistico è alquanto frammentato e discontinuo, caratterizzato da
un’architettura incoerente sia a livello di impianto che di volumi. Altezze contenute ed
uniformi contribuiscono a creare un’infilata prospettica, soprattutto se si percorre la via in
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
direzione del convento. Nella direzione opposta, la presenza dello slargo in prossimità del
palazzo baronale e del parco fa in modo di rompere questa corsa verso la piazza centrale e
di rallentare la cadenza spaziale del costruito.
Stessa enfasi agli episodi “estremi” dell’asse sarà data da una riprogettazione del suolo
(pavimentazioni, traffico veicolare) e dell’illuminazione pubblica.
Si recupererà pertanto la centralità prevedendo uno spazio favorevole, il più possibile,
ad un uso pedonale del sedime viario modificando il traffico veicolare (quantomento
istituendo un senso unico) e deviandolo completamente in particolari occasioni.
La creazione di un marciapiede pedonale restituirà ai pedoni un tratto di passeggiata
urbana e la sua enfatizzazione ne accrescerà la percezione e la fruibilità.
Apparati illuminanti atti ad illuminare il sedime viario e l’ambito più strettamente
pedonale), con un flusso luminoso diretto verso il basso ed un colore della luce “caldo”,
contribuitìranno a attrarre e non a deviare i passanti lungo questa nuova “passeggiata” .
L’omogeneità del costruito e delle sue espressioni cromatiche accentua le puntuali
situazioni di degrado o di incompiutezza. Si procederà attraverso programmi e incentivi ad
un recupero della funzione residenziale creando continuità con il tessuto dell’edificato di
contorno.
Ambito Omogeneo 3: Via Vittorio Veneto
L’intervento è motivato anche qui dalla potenziale centralità dell’asse viario che ha come
quinte scenografiche, verso il centro cittadino, Piazza Rimembranza prima e Piazza San
Giorgio poi.
L’immagine di riferimento è data dalla sua architettura uniforme e lineare, ritmica,
tipologicamente “schierata” a cortina a delimitare il sedime viario e la funzione residenziale
del costruito, interrotta da alcuni puntuali episodi commerciali.
L’intervento dovrebbe operare su più fronti: da un lato il patrimonio costrutito, così
fortemente tipicizzato e tipicizzante che accosta stati di conservazione estremamente
eterogenei e dall’altro un arredo provvisorio e causale, poco strutturante e quindi troppo
impersonale per un ambito dalle caratteristiche così peculiari.
Attraverso un programma di recupero coordinato e processi di valorizzazione del
patrimonio edilizio si rafforzerà la funzione residenziale ricucendo anche quelle smagliature
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
e quelle soluzioni di continuità che oggi la cortina muraria presenta in corrispondenza degli
episodi in peggior stato di conservazione.
La funzione commerciale potrebbe essere potenziata, almeno nel tratto iniziale che
immette in Piazza Rimembranza, creando un collegamento con il “centro commerciale” ed
un ideale invito a proseguire la passeggiata, l’incontro, lo scambio anche lungo questo
asse.
Non si tratta di stravolgere la funzionalità di Via Vittorio Veneto quanto di coinvolgerlo
maggiormente nelle trame e nei percorsi cittadini sfruttando quella socialità implicita che
oggi esprime con i rapporti di vicinato e che è favorita forse proprio dalla sua connotazione
urbanistica di strada ampia e comoda.
L’arredo, pertanto, oggi estremamente provvisorio e casuale, che si identifica e riconosce
solo nell’illuminazione omogenea, sarà l’elemento personalizzante ed una progettazione
complessiva tanto delle dotazioni funzionali quanto degli elementi strutturanti lo spazio
(suolo e pavimentazioni, illuminazione pubblica, verde), con l’eventuale introduzione di
episodi/segni di particolare significato simbolico, contribuirà certamente a ridare identità a
questo ambito urbano.
Ambito Omogeneo 4: tessuto cittadino
Il resto della città, espresso da un’edilizia non esuberante, di matrice moderna nelle aree
più periferiche, interrotta puntualmente da emergenze architettoniche ed artistiche,
planimetricamente discontinuo e incoerente va ricucito, ricollegato al centro.
Ferme restando tutte le prescrizioni per il recupero del patromonio edilizio-achitettonico
che il piano detta e le norme che regolano la definizione dell’immagine del costruito in tutto
il territorio comunale (e non solo nel centro), ciò che risulta subito evidente è la mancanza
di un filo conduttore che identifichi come “città” anche le aree più periferiche, le strade ai
margini, il costruito non storico e che porti il cittadino ad identificarsi con questi spazi e a
fruirne in alternetiva o, meglio, in concomitanza con gli spazi “storici” del centro città.
Pur intervenendo sul patrimonio edilizio per risolvere quei nodi e quelle problematiche
evidenti che puntualmente si presentano, è indubbio che all’eterogeneità dei caratteri del
costrutito solo un progetto dell’arredo complessivo, ed ovviamente coordinato al resto della
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Città di Melpignano
Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
pianificazione urbana, possa creare anche qui quella continuità visiva che induca una
continuità di fruizione degli spazi.
Il riconoscere, anche in queste aree, oggetti e funzioni propri del centro urbano porta ad
identificare gli spazi, a riconoscerli ed ad includerli nei “percorsi familiari” che ogni
cittadino predilige e sceglie nella trama della “sua” città.
Se poi consideriamo che tutto il tessuto urbano di Melpignano è caratterizzato da
puntuali emergenze urbanistiche, architettoniche, artistiche è facile intuire come proprio
questi episodi particolari possano essere occasioni generatrici di trasformazione
dell’immagine urbana e nodi di collegamento per una fruizione urbana che dal centro si
estenda al tessuto di contorno.
2.3.2.3 – Progetto dell’arredo urbano
Il piano proposto per la città di Melpignano è quindi un piano per luoghi e per settori di
arredo urbano che viene ad agire sui luoghi e sugli spazi urbani sia per settori (elementi di
arredo urbano oggetto di iniziativa privata: apparato commerciale, pubblicità, …) che per
sistemi (componenti in genere gestiti dal soggetto pubblico: pavimentazione, illuminazione,
raccolta rifiuti, segnaletica, impianti tecnologici, …).
Come si può intuire a Melpignano però l’accademica distinzione tra luoghi emergenti e
tessuto connettivo assume caratteri propri. Sono luoghi emergenti (che emergono) tutti
queli spazi, quelle architetture, quei complessi rilevanti per caratteri morfologici o
funzionali, che strutturano il territorio e ai quali è riconosciuto un alto valore nelle dinamiche
d’uso della città.
Si parla di episodi emergenti quando il tessuno urbano ci rivela situazioni puntuali,
generalmente di piccole dimensoni, che pur con un elevato valore intrinseco, sia esso
architettonico-artistico o urbanistico, non risaltano, anzi risultano omogeneizzate a quel
tessuto urbano minuto che costituisce il connettivo e che molto spesso ne nasconde le
potenzialità di percezione, fruizione, uso ed immagine.
In un tessuto apparentemente discontinuo ed mutevole, in cui alcune presenze
emergono fortemente ed altre quasi non vengono percepite, proprio questi episodi
emergenti possono essere occasioni di “centralità”, poli (ri)generatori per l’intorno: edifici,
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Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
chiesette, slarghi e piazze, corti, potenziali spazi di relazione, occasioni per il recupero di
un’idea di centralità, attraverso l’enfatizzazione, il recupero, l’inserimento di un vasto
repertorio di componenti: pavimentazioni, fontane, illuminazione scenografica, opere d’arte.
Accanto alla definizione dei caratteri strutturali del costruito e funzionali del tessuto
urbano di Melpignano si sono eseguiti i rilievi necessari per creare un quadro preciso dello
stato dell’esistente patrimonio di arredo urbano della città.
Questa raccolta dati oltre ad avere un ruolo documentario su quegli elementi che hanno
contribuito a creare l’immagine ambientale, è di supporto nella definizione degli intenti
progettuali del piano di arredo urbano.
In particolare tali rilievi hanno definito i caratteri dell’azione da progettare in quanto
hanno identificato le tipologie più significative, la loro distribuzione, la lor valenza storicodocumentaria.
I rilievi sono stati calibrati in funzione dell’area in esame e condotti principalmente
all’interno dell’area di analisi, seguendo un duplice criterio: una ricerca per singole
caregorie di arredo urbano ed una ricerca di caratterizzazione dei luoghi emergenti o
speciali.
Gli elementi di arredo urbano rilevati sul territorio sono stati poi analizzati secondo
diverse chiavi di lettura e sono stati raggruppati e distinti in gruppi omogenei in funzione
delle relazioni e delle influenze con lo spazio che vengono a definire ed in funzione di una
loro riorganizzazione/riprogettazione.
Si sono riconosciuti dunque SISTEMI e SETTORI di componenti di arredo.
I SISTEMI individuano tutti quei componenti di arredo gestiti dall’amministrazione
pubblica che, per estensione e rilevanza sul territorio, strutturano lo spazio e ne influenzano
anche la funzionalità generale.
I SETTORI di componenti di arredo includono quegli elementi oggetto quasi sempre di
iniziativa privata.
Si sono definiti così
- arredi strutturanti lo spazio (SISTEMI): sistemi che per diffusione ed estensione sono le
principali variabili della scena urbana;
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- arredi complementari (SISTEMI e SETTORI): attrezzature puntuali che offrono uno
specifico servizio nell’ambito dell’ organizzazione dello spazio pubblico;
- arredi unici: elementi artistici, decorativi, monumentali progettati in funzione di un luogo
specifico.
Arredi strutturanti lo spazio
1) SUOLO: pavimentazioni, maciapiedi, chiusini, cordoli, dissuasori di sosta, erogatori,
fioriere,
griglie di aerazione, paracarri in pietra, pozzetti, prese d’aria, protezioni
pedonali , segnaletica al suolo, tombini;
2) ILLUMINAZIONE PUBBLICA: lampioni, lampade a muro, lampade a terra;
3) ARREDO COMMERCIALE: arredo esterno, arredo mobile per mercati periodici,
dehors, insegne, tende parasole, vetrine
4) SISTEMA DEL VERDE.
Arredi complementari
1) ELEMENTI DI SERVIZIO: paline fermate mezzi pubblici e di trasporto, cabine
telefoniche, pensiline, fontane, panchine, contenitori rifiuti, cassonetti raccolta
differenziata, recinzioni
2) ELEMENTI EDILIZI: caditoie, pluviali, gronde, comignoli, camini, canne fumarie,
antenne e parabole, contatori, pensiline, verande, ringhiere e recinzioni, sistemi
illuminanti
3) INFORMAZIONE PUBBLICITARIA E COMMERCIALE: sistemi di affissione
4) INFORMAZIONE ISTITUZIONALE/AMMINISTRATIVA: sistemi di affissione
5) INFORMAZIONE TURISTICO-CULTURALE e SEGNALETICA STRADALE
TURISTICA
6) TARGHE, INSEGNE COMMERCIALI E TERZIARIE, ACCESSORI DI FACCIATA:
bacheche, buche delle lettere, citofoni, nomenclatura viaria, numeri civici.
Arredi unici
1) ELEMENTI VALORIZZANTI: statue, sculture, monumenti celebrativi, targhe
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Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
Il risultato di questa fase è stato tradotto in tavole di sintesi che evidenziano i criteri di
analisi relativi alle componenti della scena urbana e restituiscono un’immagine della città
dal punto di vista delle dotazioni di arredo urbano estremamente eterogenea e
frammentata.
Accanto a soluzioni mirate e studiate per i cosiddetti luoghi emergenti, con una valenza
sociale, urbanistica, architettonica ed artistica notevole, troviamo soluzioni di sicuro
integrate ma che si limitano alla dotazione “coordinata” di servizi senza coordinare
l’immagine urbana e quindi la sua percezione e la sua fruizione.
L’intervento si articola quindi in tre direzioni:
-
Progetti speciali per sistemi e settori dei luoghi emergenti: progetti a media e grande
scala che definiscono l’immagine ambientale di riferimento che poi, mutuata dalle
realtà puntuali, guiderà tutta la ridefinizione dell’immagine della scena urbana con un
coordinamento formale delle componenti dell’arredo urbano;
-
Progetti speciali per sistemi e settori degli episodi emergenti: progetti a piccola
scala, conformi all’immagine ambientale di riferimento definita per i luoghi emergenti;
-
Progetto per sistemi e settori per il tessuto cittadino: progetti conformi all’immagine
ambientale di riferimento definita per i luoghi emergenti con poche differenziazioni
nel tessuto urbano in funzione delle particolarità dei luoghi;
Accanto a tutto ciò troviamo poi le piccole occasioni: interventi di completamento o
contenute trasformazioni che andranno ad agire in realtà e situazioni urbane già definite
o in concomitanza di interventi di manutenzione e che, seppur di competenza privata,
saranno normate dall’amministrazione locale al fine sempre di un cordinamento
dell’immagine della scena urbana.
Definiti gli ambiti di azione, l’immagine ambientale di riferimento ed i caratteri generali
degli elementi di arredo urbano, l’amministrazione procederà alla definizione di progetti
coordinati (particolareggiati ed esecutivi) per i diversi sistemi e settori.
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Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
2.4 - Il piano del colore e dell’arredo urbano: procedure e norme di attuazione
A livello operativo, le prescrizioni del piano del colore e dell’arredo urbano vengono
descritte nelle Norme di Attuazione, strumento operativo del piano nelle quali ogni tipologia
di intervento viene esaminata e descritta nei suoi caratteri e nelle sue modalità di
esecuzione.
Si rimanda pertanto alla loro lettura per un’esame più esaustivo di tutte le azioni normate
dal presente Piano.
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Piano del Colore e dell’Arredo Urbano
2.5 - I colori di Melpignano: rilievo e progetto del colore
2.5.1. – La percezione del colore ed il Sistema di Colore Munsell
Ogni sensazione di colore può essere scomposta in tre ingredienti, ciascuno dei quali è
a suo modo elementare, nel senso che partecipa alla determinazione del colore da parte
dell'osservatore e non può essere ricondotto, per via di semplificazioni, a nessuno degli altri
due costituenti. I tre ingredienti del colore sono tonalità, luminosità e saturazione.
2.5.1.1 – Gli ingredienti del colore
La tonalità (HUE)
È l'attributo forse più semplice da comprendere. Essa è, infatti, nell'esperienza comune,
la qualità percettiva che ci fa attribuire un nome piuttosto che un altro al colore che stiamo
vedendo. Rosso, verde, giallo, blu sono tutti nomi di tonalità. Da un punto di vista fisico il
corrispettivo della tonalità è la lunghezza d'onda della radiazione luminosa. È importante
precisare che le tonalità che l'occhio è in grado di discriminare come irriducibili ad altre
sono i soli colori spettrali (cioè i colori dell'arcobaleno, quelli separati da Newton tramite
l'esperimento del prisma) più i colori originati da combinazioni di rosso e di blu spettrali (le
cosiddette porpore). Tutti gli altri colori (ad esempio il rosa, il marrone, il salmone, il verde
oliva, ecc.) possono essere definiti come combinazioni di una certa tonalità con gli altri due
attributi (il rosa, ad esempio, è un rosso poco saturo).
Fig. 1 – Differenze di tonalità (con valori massimi di saturazione)
La tonalità è una qualità del colore discriminabile ugualmente sia in valutazioni fuori
contesto sia in valutazioni contestuali. Essa ha a che fare, infatti, con l'apparenza del colore
in se stesso più che con la comparazione di un colore con gli altri elementi circostanti.
La luminosità (LIGHTNESS, value)
È l'ingrediente che specifica la quantità di bianco o di nero presente nel colore percepito.
La determinazione della quantità di bianco o di nero in una macchia di colore è possibile sia
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fuori contesto che in modo contestuale. Però il tipo di valutazione che consente di
determinare in modo accurato il livello di grigio (cioè la distanza dai due estremi bianco e
nero) in un colore è quello contestuale.
Fig. 2 – Differenze di luminosità (con tonalità e saturazione costanti)
La saturazione (SATURATION, chroma)
È il terzo ed ultimo ingrediente che contribuisce alla percezione del colore. È la misura
della purezza, dell'intensità di un colore. I colori spettrali sono in assoluto i più saturi che
noi possiamo osservare. Essi ci appaiono vivi, puri, brillanti, pieni, per nulla mescolati con
parti di grigio. Al contrario, un colore poco saturo appare smorto, opaco, grigiastro, poco
riconoscibile dal punto di vista della tonalità. Il motivo di questa scarsa riconoscibilità è che
un colore poco saturo è il frutto di una mescolanza di luci di diversa lunghezza d'onda,
ragion per cui differisce profondamente dai colori spettrali che sono invece prodotti da luci
di banda molto ristretta. Perciò la saturazione si definisce anche comunemente come la
misura della quantità di grigio presente in un colore, intendendo con ciò che la mancanza di
grigio accoppiata alla piena riconoscibilità della tonalità corrisponde alla massima
saturazione, mentre la predominanza del grigio su un colore non facilmente identificabile
corrisponde all'assenza di saturazione. La sequenza di campioni in fig.3 mostra appunto un
aumento ordinato della saturazione da sinistra verso destra.
Fig. 3 – Differenze di saturazione (con tonalità e luminosità costanti)
La tavola in fig. 4 mostra schematicamente il modo in cui luminosità e saturazione
influenzano la visione dei colori: nel grafico la luminosità cresce in passi uguali da nero
verso bianco sull'asse verticale; la saturazione aumenta in modo corrispondente lungo
l'asse orizzontale. Pertanto tutti i campioni posti sulla medesima riga condividono lo stesso
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livello di luminosità; tutti i campioni sulla medesima colonna condividono lo stesso livello di
saturazione.
Fig. 4 – Influenza della luminosità e della saturazione sulla percezione di un colore
2.5.1.2 – Il Sistema di Colore Munsell
Tra i modelli di rappresentazione dei colori sviluppati sulla base del complesso
percettivo tonalità-luminosità-saturazione, sono da citare il sistema di notazione creato da
Alfred H. Munsell, assistente presso la Normal Art School di Boston nel 1898, e il modello
di rappresentazione digitale noto come HLS (dalle iniziali delle parole inglesi hue, lightness
e saturation).
In questa sede basti ricordare che Munsell ordinò le tonalità (hues) della luce spettrale
più le porpore lungo un cerchio, suddividendole arbitrariamente in 100 intervalli equidistanti
e designando le tonalità principali con le iniziali dei nomi dei colori nella lingua inglese.
Divise poi la luminosità apparente di un colore in dieci intervalli, dal nero al bianco, e la
saturazione (chroma) in intervalli progressivi designati con multipli di 2. I colori meno saturi
sono i grigi nella scala da nero a bianco, con valore di croma 2; i colori più saturi, che
possono raggiungere valore di croma 18 o 20, si trovano lungo l'equatore del solido
pseudo-sferico utilizzato per rappresentare spazialmente il sistema, solido il cui asse
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verticale rappresenta la dimensione della luminosità. In questo modo ogni colore
appartenente al modello viene univocamente identificato per mezzo di una sigla e di tre
parametri numerici: ad esempio 10R 6/4 identifica un rosso (R = red) leggermente
spostato verso il giallo, di luminosità 6 e croma 4.
Fig. 5 Il cerchio di Munsell con i 5 colori base : Red (Rosso, 5R), Yellow (Giallo, 5Y),
Green (Verde, 5G), Blue (Blu, 5B), Purple (Porpora, 5P)
2.5.2. – La corrispondenza cromatica dei colori rilevati
Il rilievo dei colori nei centri storici è stato regolato in Italia negli anni ’80 dalla norma
UNI/EDL8813 che prevede la codifica degli intonaci e dei serramenti della facciate con il
sistema Munsell; questa Norma è stata predisposta nei primi anni '80 dalla
Sottocommissione UNI "Colore nei Centri Storici", all'epoca presieduta dal prof. arch. G.
Brino.
Attualmente, gli intonaci e le coloriture sono normati a livello nazionale dalla Commissione
Rivestimenti con intonaci e prodotti coloranti dell'UNI e a livello europeo dalla
Commissione "Intonaci esterni e interni" CEN/TC125, di cui il suddetto ha fatto parte.
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Il metodo
Dall’analisi dei materiali rilevati nell’abitato, sono state create sei categorie prevalenti:
-
Le pietre
-
Gli intonaci e le tinteggiature
-
Il legno
-
I metallo
-
L’ alluminio
-
Il PVC
Per ognuna di questa categorie, mediante comparazione diretta sul campo, sono stati
eseguiti dei riscontri sul colore esistente e, successivamente, è stato rapportato e acquisito
il colore con procedimento digitale, ottenendo una banda cromatica di riferimento per
ognuna di esse.
I colori presenti all’interno della banda cromatica sono stati tutti convertiti nel sistema di
codifica Munsell e, così come in precedenza esposto, è stato associato un codice
univocamente determinato che identifica il colore attraverso le sue componenti tonalità,
luminosità e saturazione.
In questo modo sono state create sei bande cromatiche che fanno riferimento ai colori
dell’esistente e che come tali costituiscono già la base del progetto del colore.
Pertanto, ad esempio, nella riproposizione di un intonaco o di una tinteggiatura, anche
nel caso di una nuova realizzazione, i colori consentiti saranno da ricercare all’interno della
banda cromatica di riferimento relativa agli intonaci rilevati o alle patinature delle pietre,
con le opportune “variazioni sul tema”( esplicitate nelle schede che seguono), intendendo
per variazioni le possibili sfumature del colore consentite che saranno contenute entro uno
spettro di riferimento.
All’atto pratico della posa in opera dell’intonaco o della tinteggiatura, previo consenso
dell’Ufficio preposto all’attuazione del Piano, la scelta del pigmento colorato sarà effettuata
tra le proposte cromatiche delle più note marche commerciali di prodotti per l’edilizia e il
restauro con un riferimento univoco che è dato dal codice Munsell dettato dalle Norme
tecniche e che, per ciascuna marca, troverà riscontro in una tipologia di prodotto specifica.
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Sarà cura dell’Ufficio preposto all’attuazione del Piano la verifica di congruità della
scelta con le direttive adottate.
Lo stesso procedimento si potrà applicare alla scelta del colore degli infissi, all’interno
della gamma dei materiali consentiti: ciò significa che, anche se sono stati vietati e
segnalati da sostituire tutte le tipologie in alluminio o PVC, i riferimenti cromatici rilevati
anche per queste categorie possono essere recuperati per la scelta del colore della
mordenzatura o verniciatura del serramento.
Nelle schede che seguono, infatti, per ciò che riguarda gli infissi nelle categorie legno ,
metallo alluminio e PVC, alla codifica Munsell è stata affiancata la codifica RAL,
comunemente utilizzata per le vernici.
In tal modo, il colore rilevato, che col sistema Munsell è univocamente determinato, nella
mazzetta di colori RAL, molto più limitata invece nello spettro cromatico, viene confrontato
con la scelta commerciale, tentando il più possibile di risalire al colore effettivamente
utilizzabile.
In questo modo, essendo stati censiti i colore dell’esistente, la riqualificazione possibile
della scena urbana non si discosterà molto dalla percezione dei colori del costruito attuale,
limitando l’intervento diretto all’eliminazione delle dissonanze più evidenti e già oggetto di
specifiche norme.
In tal modo, il Progetto del Colore sarà fondato su di una base concreta e naturalmente
propria dell’abitato di Melpignano.
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