fmk_schede concorso - Filmmaker Festival
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CONCORSO INTERNAZIONALE LE BOIS DONT LES RÊVES SONT FAITS - PRIMA ITALIANA (Francia, Svizzera, 2015 - HD, colore, 144’) Regia Claire Simon Un’immersione nel Bois de Vincennes e nell'umanità che lo abita. Chi vi capita solo di passaggio, per il jogging mattutino e chi ci vive; le comunità cambogiane che si ritrovano lì la domenica e i gay che, prima della nascita dei siti virtuali, cercavano nella discrezione del bosco il partner per una notte. La natura assume allora le coordinate di un luogo sospeso e privo di frontiere, «il mondo selvaggio a portata di mano» dove ognuno - madri di famiglia, dog sitter, rifugiati, giovani branchée, anziani - ha diritto di cittadinanza e può trovare temporaneo rifugio, lontani - eppure vicinissimi - al tumulto della città. Qui, nella replica di una micro-società bucolica e arcaica, le persone catturate dalla macchina da presa della regista - che con Gare du Nord aveva raccontato un altro luogo di incontro e di scambio, questa volta urbano - si sentono liberi di condividere pensieri intimi e riflessioni su un quotidiano spesso difficile. Lo sguardo della cineasta restituisce per frammenti un universo lontano dalla grande città dove le storie che si rincorrono tracciano le traiettorie della nostra società. Il nuovo film della regista protagonista della retrospettiva di Filmmaker nel 2008. CLAIRE SIMON Claire Simon (Londra, 1955). Si confronta da autodidatta col cortometraggio a partire dagli anni '70, per poi orientarsi verso il cinema diretto con l'intento di “far sfumare il confine fra documentario e finzione”. Ottiene uno straordinario successo di critica con Coûte que coûte (1995), cronaca del fallimento annunciato di una piccola impresa di ristorazione. Sinon, oui (1997) è il suo primo lungometraggio di finzione, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs. Seguono 800 km de différence - Romance (2001), Mimi (2003), Ça brûle (2006), Les Bureaux de Dieu (2008), Gare du Nord (2013). Oggi si divide tra il lavoro nel cinema e la didattica della produzione, collaborando con l'Università di Parigi 8 e la Scuola Nazionale di Cinema La Fémis. IN JACKSON HEIGHTS (USA, 2015 - HD, colore, 190’) Regia Frederick Wiseman Nelle strade di Queens, la parte più multietnica di New York, la macchina da presa di Wiseman scopre una realtà che racconta il nostro mondo. Tra chi si oppone alla gentrificazione, i piccoli commercianti indiani e i gruppi organizzati dei migranti che attraversano la frontiera tra Messico e Stati uniti, le battaglie della comunità gay e le esperienze delle vecchie generazioni di emigrati italiani e irlandesi, prende corpo nella tradizione del cinema diretto una lezione sul funzionamento della democrazia. Wiseman attraversa questi mondi e ci fa vivere e vedere le discussioni sulla gay parade, il ricordo di Julio Rivera, omosessuale ucciso in quelle strade nel 1990 da una banda di skinhead, le feste in strada per una vittoria della nazionale di calcio della Colombia, le moschee dove si parla arabo, le sinagoghe dove si parla ebraico, le chiese dove si parla inglese e spagnolo. E ancora le battaglie contro la discriminazione dei trans, i centri di sostegno ai disoccupati, le prostitute vessate dalla polizia, quella polizia che gira armata di manganelli anche solo per controllare gente che per strada balla. Un microcosmo popolato di una straordinaria diversità che lo sguardo di Wiseman esalta e fa brillare. FREDERICK WISEMAN Frederick Wiseman (Boston, 1930). Regista e produttore cinematografico statunitense, è uno dei massimi esponenti del cinema documentario. La sua vasta filmografia, di oltre 40 titoli, indaga luci e ombre della società americana partendo da un'analisi delle sue istituzioni, pubbliche e private. Docente e ricercatore in Diritto presso le Università di Boston, Harvard e Brandeis, il suo esordio cinematografico è The Cool Word (1963). Il successivo Titicut Folies (1967), ambientato in un istituto per malati di mente, diviene presto un film di culto e lo consacra al successo internazionale. Nel 1970 fonda la Zipporah Film per distribuire i suoi documentari. Dopo numerosi riconoscimenti internazionali, nel 2014 è insignito del Leone d'Oro alla carriera dalla Mostra del Cinema di Venezia. HOMELAND (IRAQ YEAR ZERO) - PRIMA ITALIANA (Iraq, Francia, 2015 - DVCam, 334’) Regia Abbas Fahdel Nel febbraio 2002, un anno prima dell'invasione americana, il regista iracheno Abbas Fahdel torna in patria dalla Francia per fotografare la vita quotidiana dei suoi concittadini mentre la sua famiglia e i suoi amici divengono il centro della sua indagine - e capire come si stia preparando ad affrontare la guerra. Quando, un anno dopo, Fahdel fa ritorno negli stessi luoghi, la vita per tutti è divenuta insostenibile. Un film evento che, nella sua durata (quasi sei ore), distilla il sentimento della realtà e della vita, 18 mesi di cronaca, il ritratto di un Paese il cui racconto è finora stato forgiato dalle immagini astratte dei media e della propaganda. Il lavoro accurato di smantellamento dei cliché lascia allora spazio all’umanità dei suoi abitanti nel loro tragico rapporto con la storia. Sono «immagini inoffensive» ha dichiarato Fahdel, in grado cioè di ingannare la censura del dittatore, ma che trasportano lo spettatore vicinissimo al destino di un popolo in guerra, dove si mescolano saga familiare e romanzo epico. ABBAS FAHDEL Regista, sceneggiatore e critico cinematografico franco-iracheno, Abbas Fahdel è un nato a Hilla, Babilonia. Trasferitosi in Francia all'età di diciott'anni, intraprende gli studi in cinema presso l'Università della Sorbona, ottenendo un dottorato di ricerca. Il suo ritorno in Irak, da cittadino francese, farà da sfondo all'introspettivo Retour à Babylone (2002). Nel successivo Nous les Irakiens (2004) fornirà un resoconto intimo e dettagliato delle fasi precedenti e quelle immediatamente successive all'invasione americana del Paese. L’aube du monde (2008), il suo primo lungometraggio di finzione, è un'amara riflessione sulle conseguenze della guerra del Golfo. Il monumentale Homeland (Iraq Year Zero), del 2015, segna il ritorno dell'autore al cinema documentario. L'INFINITA FABBRICA DEL DUOMO (Italia, 2015, 74’ - 2k pro-ress 4444/dvc-pro hd, colore) Regia Martina Parenti, Massimo D’Anolfi La storia dell'edificio simbolo di Milano, a partire dalla notte in cui Gian Galeazzo Visconti sognò il diavolo che gli intimava di costruire un luogo maestoso. La sua risposta fu immediata: concedere l’uso delle cave di Candoglia a una Veneranda Fabbrica per costruire una cattedrale degna dei sogni di grandezza della casata. Dalla fine del ’300 ai primi anni del ’900, quando l’ultima porta di bronzo venne posizionata, dalle cave sono partiti in barca più di mezzo milione di blocchi di marmo. I due cineasti ci conducono attraverso i secoli in quello che appare un lavoro in continuo divenire. Primo atto della quadrilogia Spira Mirabilis sul concetto di immortalità attraverso gli elementi della natura, L’infinita fabbrica del Duomo rappresenta la Terra. I testi adattati da Milano in mano di Guido Lopez e Silvestro Severgnini e Storia della Veneranda fabbrica di Carlo Ferrari da Passano rappresentano un contrappunto al racconto per immagini e alla riflessione su finitezza e immortalità. MASSIMO D’ANOLFI / MARTINA PARENTI Il duo Parenti-D’Anolfi, autori e produttori dei propri film, esordisce con I promessi sposi (2007). Selezionato al Locarno Film Festival, il film vince il Festival dei Popoli e Filmmaker. Segue Grandi speranze (2009) girato tra Italia e Cina, entrato nella selezione del Locarno Film Festival, e Il castello (2011), ambientato interamente nell'aeroporto di Malpensa, che ottiene numerosi riconoscimenti in vari festival internazionali. Materia oscura (2014), presentato alla Berlinale 63, ottiene il premio come miglior film di diritti umani al Bafici di Buenos Aires e, come miglior documentario, a Terra di Cinema – Festival de Tremblay-enFrance. SANTA TERESA Y OTRAS HISTORIAS - PRIMA ITALIANA (Messico, Repubblica Dominicana, Usa, 2015 - 16 mm, colore e b/n, 65’) Regia Nelson Carlo de los Santos Arias Adattamento di 2666, romanzo postumo di Robert Bolaño, scrittore cileno ma per lungo tempo residente in Messico, Santa Teresa y Otras Historias è il ritratto di un luogo che non esiste, la messa in scena di Ciudad Juárez, la città più pericolosa al mondo, situata al confine tra Usa e Messico, teatro di violenza da parte dei cartelli della droga. In questa atmosfera noir lavora Juan de Dios Martínez, giovane fotografo di cronaca nera, inviato a indagare sulla profanazione delle chiese e sugli omicidi delle donne che lavorano in una fabbrica del luogo. Il suo viaggio ci conduce al cuore di un’investigazione lungo la pericolosa linea di frontiera che approda all’impossibilità di testimoniare la natura di un luogo tanto pervaso da paranoia e paura. Un ritratto all’incrocio tra documentario, fiction e osservazione poetica, un film politico nel quale altre storie si intersecano, in un gioco di rimandi che parte dalla piccola città per arrivare al Presidente della Repubblica Messicana. Il cortocircuito tra dimensione fantastica e realtà disegna un'inchiesta cinematografica di sorprendente libertà formale. Un film che sfugge alle categorizzazioni, come l’opera che l’ha ispirato. NELSON CARLO DE LOS SANTOS ARIAS Regista, produttore, sceneggiatore e montatore, Nelson Carlo de los Santos Arias nasce a Santo Domingo e studia alla Scuola d'Arte di Edimburgo dove comincia a produrre cortometraggi sperimentali. Successivamente si trasferisce negli Stati Uniti dove, al California Institute of the Arts, ottiene un Master of Fine Arts. Tra i suoi film più noti, il cortometraggio Le Dernier des bonbons (2011) e il lungometraggio di finzione You Look Like a Carriage That Not Even the Oxen Can Stop (2013) che racconta l’isolamento di una donna e di sua figlia, caraibiche, nella periferia di New York. THE SKY TREMBLES AND THE EARTH IS AFRAID AND THE TWO EYES ARE NOT BROTHERS PRIMA ITALIANA (UK, 2015 - S16, colore, 98’) Regia, sceneggiatura, fotografia Ben Rivers Epico e labirintico, l’ultimo film del regista e artista inglese protagonista della retrospettiva curata da Filmmaker, con il Milano Film festival, nel 2012, si colloca in quella terra di confine tra il documentario, il fantasy e la favola. Girato tra i sentieri accidentati del massiccio dell'Atlante e i grandi spazi del Sahara marocchino, deserto disseminato di ricordi e oggetti legati a produzioni cinematografiche del passato, il film che prende il titolo da una frase udita da Paul Bowles in un caffè marocchino oltre cinquant’anni fa, intreccia un duplice piano narrativo. Da una parte la vicenda di un giovane regista francese “reale”, Oliver Laxe, intento a girare il suo Las Mimosas in Marocco; dall'altra il racconto di Paul Bowles, A Distant Episode, storia di un linguista che viaggia in quegli stessi luoghi, ma negli anni Quaranta, rapito, storpiato (gli viene mozzata la lingua) e rivenduto come “buffone di corte”. Ben Rivers filma Laxe che diviene il personaggio di Bowles. E il suo sguardo scruta onirico un orizzonte oltre il set come se lui stesso volesse fuggire da quella realtà e dalle sue convenzioni. BEN RIVERS Artista e filmmaker tra i più affermati a livello internazionale, Ben Rivers spazia dall'esplorazione di territori naturali sconosciuti a ritratti candidi e intimi di soggetti in qualche modo distaccati dalla realtà, attraverso una narrazione obliqua fortemente ancorata alla grezza materialità del mezzo filmico. Il suo primo lungometraggio Two Years at Sea (2011) vince il premio della Critica Fipresci International alla 68a Mostra del Cinema di Venezia e il Baloise Art Prize ad Art Basel. Il successivo A Spell to Ward Off the Darkness (2013), realizzato in collaborazione con Ben Russell, è stato premiato al Festival di Locarno. TRIOKALA - PRIMA MONDIALE (Italia, 2015 - HD, colore, 73’) Regia Leandro Picarella Caltabellotta, piccolo paese dell'estremo sud della Sicilia, arroccato sulle rovine dell'antica città greca di Triokala, un luogo che deve il nome ai tre doni ricevuti da Madre Natura: la fertilità delle sue campagne, l'abbondanza e la dolcezza delle acque e l'antica roccaforte sul pizzo della montagna, che rende il luogo inespugnabile. Ma il passare del tempo ha disperso le tracce di quel sapere antico, che confonde al suo interno magia, religione e superstizione. Un sapere che ritroviamo nei volti degli abitanti, nel rapporto che hanno con il mondo animale, nei rituali, nella relazione con la natura e con lo spazio. Il film d'esordio di un giovane cineasta, rivelazione di un talento speciale. LEANDRO PICARELLA Leandro Picarella (Agrigento, 1984). Dopo gli studi in musicologia e letteratura teatrale italiana si diploma presso la Scuola di Cinema Immagina di Firenze. Mai lontano dall'istante (2010) è il suo primo libro di versi. Vincitore di numerosi premi letterari, a partire dal 2012 frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo con specializzazione in cinema documentario. Tra il 2010 e il 2012 realizza i suoi primi cortometraggi: Cattedrale (finalista al Taormina Film Fest, al Capri Art Film Festival, menzione speciale al festival Schermi Irregolari), Gyruss - a ciascuno il proprio Bach, Desnudez, La salita, Scolpire il tempo (66° Festival di Locarno). Tra i suoi lavori Scolpire il tempo (2013) e Dio delle Zecche, storia di Danilo Dolci in Sicilia (2014) in collaborazione con Giovanni Rosa. Triokala (2015) è il suo primo lungometraggio. BY OUR SELVES - PRIMA ITALIANA (GB, 2015 - HD, Super8mm, colore e b/n, 80’) Regia Andrew Kötting Il 2 luglio 1841, un martedì, il poeta John Clare parte a piedi dalla clinica psichiatrica di Epping Forest per raggiungere Northamptonshire alla ricerca del suo amore perduto, Mary Joyce, una donna morta da tre anni. Percorrerà le 80 miglia in quattro giorni. By Our Selves è la ricostruzione di questo viaggio, una sorta di performance il cui protagonista è Toby Jones (l’attore britannico, protagonista, tra l’altro, de Il racconto dei racconti). Al suo fianco Freddie Jones (l’attore feticcio di David Lynch, che di Toby è il padre), lo scrittore Ian Sinclair, il fumettista Alan Moore, l’ingegnere del suono (ripreso mentre cattura le parole), e Andrew Kötting, il regista, che compie un percorso analogo a quello di Clare. L’immaginario del poeta prende forma negli archivi personali del regista che vi intreccia la storia di sua figlia, Eden, affetta da una malattia genetica rara, la Sindrome di Joubert. ANDREW KÖTTING Nato nel Kent, nel 1959, Andrew Kötting studia arte al Ravensbourne College of Art and Design di Londra. Esordisce nel 1996 con il “documentario idiosincratico” Gallivant, viaggio lungo la costa britannica in compagnia della figlia Eden e della nonna 85enne. Della sua corposa filmografia vale la pena di ricordare This Filthy Earth (2001) ispirato a La Terre di Emile Zola, Mapping Perception (2002) e Ivul (2009) presentato al London Film Festival. Nel 2011 ha diretto This Our Still Life, selezionato dalla Mostra del cinema di Venezia e, nel 2012, Swandown. Negli ultimi anni ha dato vita a progetti artistici multimediali, performance e installazioni, in collaborazione con lo scrittore e psicogeografo Iain Sinclair. Insegna Time Based Media presso l'Università delle Arti Creative – UCA. SCHICHT - PRIMA ITALIANA (Germania, 2015 - HD, colore e b/n, 28’) Regia, sceneggiatura Alex Gerbaulet Mezzo secolo di storia di Salzgitter, città industriale cresciuta prima del 1945 intorno al complesso siderurgico che portava il nome del suo fondatore, uno dei quadri più alti del regime nazista: Reichswerke Hermann Goering. Negli anni Settanta Salzgitter esprime il modello della città operaia, grigia e uniforme, è lì che una famiglia come tante costruisce il suo futuro: una casa, due figli, il lavoro in miniera e poi in fabbrica. Il padre al mattino fa jogging, la madre annota i suoi pensieri in un diario... A partire da materiali privati, Alexandra Gerbaulet inscrive in un racconto familiare la storia meno visibile che riaffiora in quel luogo dall'apparenza uguale a tanti altri. E nel quotidiano a lei vicino interroga il concetto del lavoro come valore assoluto, e il ruolo dello Stato. ALEXANDRA GERBAULET Nata a Salzgitter nel 1977, studia alla Scuola d’arte di Braunschweing, dove si diploma, e all'Università di Vienna. È artista, regista e curatrice, lavora per il festival di Documentario e di Videoarte di Kassel ed è cofondatrice di AnaDoma - Fest for Film and Video. Ha partecipato a numerose festival e mostre in Germania e nel mondo, da Pechino a Rotterdam. Vive a Berlino. MACHINE GUN OR TYPEWRITER? - PRIMA ITALIANA (Usa, 2015 - DSLR, colore e b/n, 71’) Regia Travis Wilkerson La ricerca disperata da parte di un uomo del suo amore perduto attraverso il programma di una radio pirata. Bianco e nero e colore, virate punk nelle atmosfere noir, dal regista americano ispiratore del manifesto radicale del “ terzo cinema”. Una storia in cui si mescolano forme e temi molto diversi, dal film saggio all'agitprop, Los Angeles, l'anarchia e l'amore per indagare in che modo la storia e le dinamiche sociali condizionano la coscienza politica di un uomo. Il protagonista, che vediamo sempre dietro a un microfono, ci conduce nell'odissea di un uomo che lancia da una radio clandestina un appello per contattare l'amore perduto negli scontri con la polizia durante Occupy. Giocando con la voce, le pause, le sospensioni per trovare la parola giusta, Wilkerson provoca ironicamente il suo personaggio, svelandone il lato romantico e spaventato, mentre il suo impegno politico sembra arrendersi ai tumulti del cuore. TRAVIS WILKERSON Travis Wilkerson realizza film nella tradizione del “terzo cinema”, sposando la forma con la politica in modo indistricabile. Tra le sue opere precedenti, An Injury to One (2002), Who Killed Cock Robin? (2005/2010) e Fragments of Dissolution (episodio di Far From Afghanistan, 2012). Le sue opere sono state presentate in festival internazionali, Sundance, Toronto, Rotterdam, Fid-Marseille e Hot Docs.