Elementi di disegno - Casa editrice Le Lettere

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Elementi di disegno - Casa editrice Le Lettere
Elementi di disegno
8-02-2011
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Sylvie Duvernoy
Elementi di disegno
12 lezioni di disegno dell’Architettura
(with english texts)
Le Lettere
Elementi di disegno
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INDICE
PARTE PRIMA: CONCETTI INTRODUTTIVI
LEZIONE 1
I vari tipi di disegno e loro destinatari
1. Il disegno di progetto
2. Il disegno di rilievo
3. Strumenti grafici e tecniche
della rappresentazione
Approfondimenti
LEZIONE 2
Storia dei metodi della rappresentazione
1. L’antichità classica
2. Il Medioevo
3. Il Rinascimento
4. Dal Cinquecento al Settecento
5. L’Ottocento
6. Sviluppi recenti
Approfondimenti
Note
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LESSON 1
Sketches, drafts and drawings
1. Design drawings
2. Survey drawings
3. Drafting tools
and representation techniques
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LESSON 2
History of representation techniques
1. Classical antiquity
2. Middle Ages
3. Renaissance
4. Late Renaissance, seventeenth
and eighteenth centuries
5. Nineteenth century
6. Recent developments
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LESSON 3
2D projections
1. The plan
2. The section
3. The exterior elevation
4. Codes of representation
5. Reduction scales
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LESSON 4
Perspective
1. A brief history of perspective
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PARTE SECONDA: LA GEOMETRIA DELLA RAPPRESENTAZIONE
LEZIONE 3
Le proiezioni ortogonali bidimensionali
1. La pianta
2. La sezione
3. Il prospetto
4. Principi di rappresentazione
e convenzioni grafiche
5. Le scale di rappresentazione
Approfondimenti
Note
LEZIONE 4
La prospettiva
1. Gli albori della prospettiva
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.SOMMARIO
2. La prospettiva a quadro verticale:
costruzione della rappresentazione
3. Determinazione dei punti di fuga
4. Concetto di omologia
5. I punti misuratori
6. La prospettiva a quadro orizzontale
7. La prospettiva a quadro inclinato
8. Valore della rappresentazione
in prospettiva
Approfondimenti
Note
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LEZIONE 5
L’anamorfosi
1. Il trompe-l’œil: prospettiva e anamorfosi
2. L’anamorfosi diretta
3. L’anamorfosi catottrica
4. Conclusione
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Note
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LEZIONE 6
L’assonometria
1. Concetti preliminari
2. L’assonometria obliqua
3. L’assonometria ortogonale
4. Valore e significato dell’icona degli assi
5. In conclusione
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Note
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2. Linear perspective on a vertical
picture plane
3. Locating the vanishing points
on the drawing
4. The concept of homology
5. The measuring points
6. Linear perspective
on a horizontal picture plane
7. Linear perspective on an oblique
picture plane
8. Value and meaning of perspective
drawing
Further reading
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LESSON 5
Anamorphosis
1. Trompe-l’œil paintings
2. Direct anamorphoses
3. Catoptrical anamorphoses
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LESSON 6
Axonometric views
1. Preliminary Concepts
2. Oblique axonometry
3. Orthogonal axonometry
4. The coordinate system icon
5. Fantastic visualizations
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PARTE TERZA: LA GEOMETRIA DEL DISEGNO DI PROGETTO
LEZIONE 7
Symmetria e proporzione
1. Introduzione
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LESSON 7
Symmetry and proportions
1. Relationship between mathematics
and architecture in antiquity
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SOMMARIO
2. Origine antica delle relazioni
fra matematica e architettura
p.
3. Il concetto di “bello”nella matematica antica »
4. Il concetto di “bello”nell’architettura classica»
5. I tre grandi problemi
della matematica classica
»
6. La gestione architettonica dell’irrazionalità
e incommensurabilità
»
7. Continuità culturale nel Rinascimento,
e oltre
»
Approfondimenti
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Note
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LEZIONE 8
I tracciati regolatori
1. Introduzione
2. Tracciati regolatori legati al cerchio
e ai poligoni regolari
3. La sezione aurea nel tardo Rinascimento
4. Le derivazioni del cerchio: ellissi
e curve policentriche
5. Tracciati a quattro dimensioni: le spirali
6. L’interpretazione moderna
Approfondimenti
Note
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2. Beauty in mathematics
3. Beauty in architecture
4. The three classical mathematical
problems
5. Architectural solution to problems
of incommensurability
6. Posterity and cultural continuity
Further reading
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LESSON 8
Geometric patterns
1. Introduction
2. Circular and polygonal patterns
3. The golden mean
4. Ellipses and ovals
5. Spirals
6. Modern interpretation
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LESSON 9
Color
1. The science of colors
2. Naming and communicating colors
3. The perception of colors
4. Colors in architectural drawing
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PARTE QUARTA: LE TECNICHE ESPRESSIVE
LEZIONE 9
Il colore: teoria e applicazioni
1. La scientifizzazione del colore
2. La comunicazione e la riproduzione
del colore
3. La percezione del colore
4. Il colore nella rappresentazione
dell’architettura
5. Gli strumenti di disegno
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SOMMARIO
LEZIONE 10
Il disegno delle ombre
1. Ombre sulle proiezioni ortogonali
bidimensionali: elevati e planimetrie
2. Ombre in assonometria
3. Ombre in prospettiva
4. Il chiaroscuro e la prospettiva aerea
Approfondimenti
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LESSON 10
Shade and Shadows
1. Shadows on 2D-drawings
2. Shadows in axonometric views
3. Shadows in perspective views
4. Tonal values of shades and shadows
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LESSON 11
Gardens and landscapes
1. Introduction
2. Drawing gardens
3. Drawing the geographical environment
4. Conclusion
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LESSON 12
Map projections
1. Introduction
2. General conventions
3. Map projections
4. Conformity and measurability
5. Two special projections
6. The international standard: U.T.M – U.P.S.
7. Conclusion
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PARTE QUINTA: IL DISEGNO DEL VERDE, DAL PAESAGGIO ALLE CARTE E RECIPROCAMENTE
Lezione 11
Rappresentazione del verde:
dal giardino al paesaggio
1. Introduzione
2. La rappresentazione del giardino
3. La rappresentazione del paesaggio
4. Conclusione
Approfondimenti
Note
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Lezione 12
Le proiezioni cartografiche,
nozioni elementari
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1. Considerazioni introduttive
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2. Prime convenzioni
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3. Le diverse tecniche di proiezione
»
4. Corrispondenza e misurabilità
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5. Due rappresentazioni speciali
»
6. Il sistema internazionale: U.T.M. – U.P.S. »
7. In conclusione
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Approfondimenti
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PARTE PRIMA
CONCETTI INTRODUTTIVI
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Lezione 1
I VARI TIPI DI DISEGNO E I LORO DESTINATARI
Nell’ambito della progettazione architettonica, la
parola “disegno” ricopre una varietà di operazioni
grafiche che non hanno tutte la stessa funzione e
producono risultati formali diversi. Ogni fase della
progettazione architettonica si appoggia a delle tecniche di rappresentazione e tecniche grafiche diverse e a esse vengono demandati dei compiti distinti.
Si può considerare che un iter progettuale si sviluppi comunemente secondo una sequenza di fasi di
avanzamento che inizi con l’ideazione e la ricerca
della forma, prosegua con la comunicazione dei
risultati della ricerca, e si concluda con la realizzazione dell’oggetto progettato. Durante le fasi di
questo processo, il disegno assume dei ruoli distinti, fungendo sia da strumento di studio che da strumento di comunicazione. Il disegno si rivolge inoltre a degli interlocutori che variano con l’avanzamento dell’iter progettuale, caricandosi di forze
emotive diverse. Da “introverso” diventa sempre
più “estroverso”, mentre matura l’idea progettuale
e la definizione dei suoi particolari.
Simili differenziazioni caratterizzano anche le
operazioni grafiche che scandiscono i lavori di rilievo che gli architetti sono occasionalmente chiamati
a compiere. In questo caso, il lavoro consiste nello
studio e nel riconoscimento di una forma esistente
– e non più nel progetto di una forma nuova – per
poi illustrarne graficamente le caratteristiche. Di
nuovo, lo studio dell’oggetto e la sua rappresenta12
1-01: Strada a Sliema-Malta, 1989.
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I VARI TIPI DI DISEGNO E I LORO DESTINATARI
zione finale si realizzano tramite operazioni grafiche
in cui il disegno funge da strumento di conoscenza
prima e strumento di comunicazione poi.
Inevitabilmente, la forma plastica di un disegno
architettonico dipende dalla sua funzione, cioè
dallo scopo perseguito dal suo autore nel momento
in cui lo realizza, e dal destinatario a cui si rivolge.
Anche nel campo della rappresentazione la forma
consegue dalla funzione. Ma più dello strumento
grafico scelto per la sua realizzazione (matita,
acquarello, calcolatore elettronico ecc.), è la carica
emotiva contenuta in un disegno a determinarne la
forma plastica. Indipendentemente dal livello di
astrazione della rappresentazione, sarà la forza
espressiva del disegno a garantire l’efficacia della
comunicazione e lo scopo del disegno sarà raggiunto sia che l’identificazione fra rappresentazione e
oggetto risulti totale, sia che la figurazione risulti
astratta e/o simbolica.
1-02: Mario Botta, schizzo di studio per il progetto di una
casa unifamiliare a Daro, 1989-1992.
1. Il disegno di progetto
1.1. Lo schizzo di progetto
Durante la fase di ideazione, fase iniziale di qualunque iter progettuale, il progettista compie una ricerca intellettuale che si svolge quasi sempre a contatto con la carta. Infatti la genesi di un’intuizione
architettonica è prevalentemente di ordine figurativo e si esprime pertanto sin dall’inizio tramite lo
strumento del disegno. La ricerca della forma, o
meglio, delle strategie da applicare alla costruzione
della forma si compie avvalendosi di schizzi veloci,
il cui scopo è quello di una verifica immediata delle
intuizioni progettuali in atto, e il cui destinatario è
l’autore stesso del disegno. Infatti questi appunti
grafici iniziali sono l’espressione e la visualizzazione
di un autocolloquio, di un dialogo intimo dell’archi-
1-03: Mies van der Rohe, schizzo di studio per una casa a
Magdeburg, Germania, 1935.
tetto con se stesso, durante il quale intende chiarire
gli obiettivi e i risultati auspicati della sua ricerca.
La tecnica di rappresentazione adoperata per la
realizzazione di questi grafici varia da autore ad
autore. Oltreché le finalità perseguite, nello schizzo
di progetto iniziale si evidenzia anche la dimestichezza di ogni autore con una (o più) particolare
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CONCETTI INTRODUTTIVI
tecnica di rappresentazione: quella con la quale
meglio riesce a esprimere le sue intenzioni. Alcuni
grafici sono a colori, altri sono monocromatici, alcuni schizzi sono rappresentazioni tridimensionali
(prospettive e/o assonometrie), mentre altre rimangono nell’ambito del disegno bidimensionale. Ma
generalmente l’aderenza alla regola geometrica della
rappresentazione e alla tecnica proiettiva risulta
poco rigorosa. Non essendo il disegno rivolto a un
interlocutore esterno, è sufficiente che sia leggibile
dal suo stesso autore. Questi “ideogrammi grafici”
rimangono infatti nella sfera intima dello studio e
dello studioso.
1-04: Oscar Niemeyer. schizzo degli insediamento costruiti
intorno al lago di Pampulha, Belo Horizonte, Brasile, 1942.
1-05: Christian de Portzamparc e Georgia Benamo, progetto del complesso residenziale delle Hautes-Formes,
Parigi, 1975. Il disegno evidenzia sia la forma dello spazio
urbano che la distribuzione interna degli alloggi.
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I VARI TIPI DI DISEGNO E I LORO DESTINATARI
Anche se ricoprono tutti la stessa funzione di
controllo dell’idea, la forma che essi assumono è,
dunque, molto variabile e testimonia delle preoccupazioni principali del progettista all’inizio del suo
lavoro. Se per esempio la ricerca è di ordine distributivo, allora lo schizzo iniziale sarà uno schema,
eventualmente colorato. Se la ricerca è invece prevalentemente formale allora si esprimerà tramite
schizzi prospettici o immagini dove i valori plastici
predominano. Una caratteristica comune a tutti
questi disegni è quella di essere rappresentazioni
senza precisa scala di riduzione, ma dove la ricerca
dimensionale si attua tramite la definizione di rapporti proporzionali – di superfici e/o volumi –
quanto più precisi possibili.
Non sempre questi schizzi vengono realizzati
entro le quattro mura dello studio professionale, ma
la loro esecuzione può avvenire anche in momenti
di intensa ispirazione, tanto da venire denominati in
questo caso napkin sketches nel gergo professionale
anglosassone: disegni realizzati su pezzetti di carta
di fortuna, durante un pasto fuori o altra situazione
similmente atipica.
Il napkin sketch, o schizzo di progetto in generale, è per sua natura molto fragile e fuggevole. Si tratta di un disegno autografo originale in copia unica
che troppo spesso viene distrutto con l’avanzamento del lavoro, durante le fasi successive della ricerca.
Ciò accade per volontà stessa dell’architetto, preoccupato di selezionare quali confidenze intime rendere pubbliche e quali, invece, pudicamente nascondere. Queste immagini sono invece molto preziose e
molto ricercate dagli studiosi dell’opera di uno o
più architetti, in quanto sono immagini cariche di
emotività, che più di ogni altra figurazione avvicinano l’osservatore ai segreti del momento creativo e lo
rendono partecipe di una ricerca artistica nel
momento della sua massima tensione. Le monografie dedicate allo studio di architetture specifiche
pubblicano volentieri queste immagini: il loro accostamento con le fotografie dell’opera costruita, o
con i disegni esecutivi finali, risultando particolarmente significativo. Pubblicazioni sempre più
numerose si dedicano quasi esclusivamente a questo
tipo di disegno.
1.2.Il disegno di presentazione
Il disegno di presentazione interviene quando la
fase di ideazione è compiuta, e quando diventa
necessario comunicare i risultati della ricerca e le
intenzioni progettuali agli interlocutori esterni
all’ufficio professionale. Lo schizzo di studio,
spesso disordinato e confuso, si deve trasformare
in un elaborato leggibile anche da non professionisti. La rappresentazione a scopo divulgativo, non
essendo pertanto più fortemente sottesa da una
tensione creativa personale, può essere delegata,
come spesso accade, a dei collaboratori di studio,
addirittura subappaltata all’esterno dell’ufficio.
Un’oggettività maggiore deve sostituire la soggettività iniziale. Nella maggior parte dei casi, il disegno di presentazione non viene realizzato dal progettista stesso, anche se viene comunque controllato e diretto da lui. Il disegno non è più autografo e nel processo della sua pubblicazione viene
riprodotto in varie copie.
Contrariamente allo schizzo di studio, il disegno
di presentazione deve essere realizzato in una precisa scala di riduzione e aderire strettamente alle regole della rappresentazione codificata, in modo da
risultare comprensibile a tutti i suoi destinatari,
siano essi professionisti, “addetti ai lavori”, oppure
no. La comunicazione fra le parti, per essere efficace, si deve appoggiare ai codici del linguaggio
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Lesson 4
PERSPECTIVE
The purpose of perspective is to draw 3D objects
exactly as we see them. The so-called “linear perspective” is the best approximation of optical reality; it can be used as a scientific design tool.
1. A brief history of perspective
In the introduction of book VII of the De
Architectura Vitruvius reports that, in the 5th century
B.C., a Greek artist, Agatharchus, painted scenery for
4-36: Mario Botta: Palazzo
del cinema alla Biennale di
Venezia, 1990. Prospettiva
di presentazione. La linea di
orizzonte è evidenziata dalla
posizione degli occhi dei personaggi rappresentati.
102
Aeschylus on the back wall of a theatre stage. The
painting created the illusion of space, and (seemingly) depicted imaginary buildings. Vitruvius adds that
books were written by contemporary scientists
(Anaxagoras and Democritus) about this drawing
technique but unfortunately, none of those survived.
Around 300 B.C., the Greek mathematician
Euclid wrote a short text entitled Optics, which is the
most ancient still extant book about the nature of
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PERSPECTIVE
visual perception. Euclid scientifically analyses the
difference between reality and natural vision, pointing
out how parallel lines in space appear to bend and
converge towards some centres. He also proves that
the apparent sizes of two equal and parallel objects
are not proportional to their distances from the eye.
Beautiful “trompe l’oeil” frescoes dating back to
Roman times can be seen on the walls of some large
villas in Pompeii. Various studies have been conducted to try to understand what kind of perspective
technique and perspective theories were known to
the Romans in the 1st century B.C., but definite conclusions are hard to draw, and the debate continues.
The first scientific, mathematical definition of linear perspective is due to the artists and scientists of
the Florentine Renaissance. Practical experiments
were conducted in full scale by Filippo Brunelleschi
in the first half of the Quattrocento, and in 1475,
Piero della Francesca (both a painter and a mathematician) wrote the first scientific treatise on linear
perspective: De Prospectiva Pingendi, which only
deals with the problem of one-point perspective.
After that, from the early 16th century on, studies flourished in all Western and Northern Europe,
all of them bringing additional improvements, and
contributing to the enlargement of scientific knowledge, especially by addressing the general problem
of two-point and three-point perspective. German
painter Albrecht Dürer is famous for having built
(around 1525) a machine that made it possible to
draw perspectives mechanically (fig. 4-11).
2. Linear perspective on a vertical picture plane
2.1. Basic concepts
Perspective is a conic projection: the centre of the
projection is the eye of the observer. Figure 4-12
shows the fundamental geometrical elements of linear perspective.
– the horizontal ground plane on which the observer (usually) stands;
– the Horizon plane at the height of the observer’s
eye;
– the vertical picture plane on which the image is
projected;
– the ground line: the intersection between the
ground plane and the picture plane;
– the “horizon line”: the intersection between the
horizon plane and the picture plane;
– the point P: the orthogonal projection of the eye
of the observer PV on the picture plane, which
obviously lies on the horizon line;
– the “distance circle” which intersects the horizon
line at two points I1 and I2 which are the “diagonal
points”;
– the cone of vision inside of which the final image
should fit.
2.2 Initial settings
A perspective view is the result of the reciprocal positions of the observer, the object and the picture plane:
therefore, while starting to draw, the first step consists
in establishing these positions. If any of these is altered,
the projection procedure changes and the final view is
different. Figures 4-15 and 4-16 show how, by changing the position of only the projecting plane, the final
image grows or shrinks, as if taking a photograph picture with a zoom, or a wide-angle objective.
Perspective views can be either “one-point perspective”, when the object is set with a main face parallel to the picture plane (fig. 4-17), or “two-point
perspective” when the object is in a random position
(fig. 4-18). However the actual number of vanishing
points depends on the shape of the object itself.
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GEOMETRY OF REPRESENTATION
3. Locating the vanishing points on the drawing
4. The concept of homology
Given sets of parallel lines converge to their own
vanishing point on the drawing.
Lines that are horizontal and perpendicular to
the picture plane converge to P.
Lines that are horizontal, but form an angle with
the picture plane, converge to a vanishing point Fn
which lies on the horizon line (fig. 4-13, 4-14).
Lines that form an angle ? with the horizontal
ground plane, and belong to vertical planes that are
perpendicular to the picture plane, converge to a
vanishing point S? that lies on the vertical line (S)
that contains P (fig. 4-20).
Lines (r) that form an angle ? with the horizontal ground plane and an angle ? with the picture
plane converge to a vanishing point Fr which is
determined from S? and F? (fig. 4-21, 4-22, 4-23).
Lines that are parallel to the picture plane
(either horizontal, vertical or rotated) do not converge to any vanishing point. They remain parallel
on the final image.
In geometry, two triangles are homologic if, when
the sides of each triangle are extended, they meet at
three collinear points. The line which goes through
the three points is known as the perspective/homology axis. The point at which the lines joining the
vertices of the two triangles intersect is called the
perspective/homology centre.
In perspective, the object and its image are
homologic: the axis is the ground line and the centre is the point of view PV (fig. 4-26). The perspective drawing can be constructed by using the properties of the homologic transformation. This technique is sometimes quicker, and reduces the number of construction lines.
3.1. Drawing
Once all the necessary vanishing points are located,
the drawing is easily constructed by superimposing
on the sheet of paper the horizontal ground plane
which contains the plan view and the picture plane
on which the image is drawn. The superposition is
achieved by rotating the picture plane around the
ground line which is common to both planes. Points
lying on the ground line (and more generally on the
picture plane) are invariant, thus the perspective of
any line is found by joining its vanishing point with
its intersecting point with the ground line.
All the elements lying on the picture plane are
seen in full size and can thus be measured (especially heights).
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5. The measuring points
The measuring points are found by rotating the
point of view PV on the picture plane from the vanishing points. They lie on the horizon line and are
centres of planar homologic transformations occurring in the picture plane. They make it possible to
measure the real length of a segment by projecting
its extremities to the ground line where the distances can be read in full scale (fig. 4-27, 4-28).
Reciprocally, they make it possible to draw a precise
view of an object of given dimensions. In the case of
one-point perspective, the measuring points are the
diagonal points I1 and I2 (fig. 4-31).
6. Linear perspective on a horizontal picture plane
When the picture plane is horizontal and the view is
bottom-up or top-down, the ground line and the
horizon line disappear. In this case, in order to facilitate the construction of the view, the picture plane
must be set in a precise position corresponding to
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PERSPECTIVE
the floor or ceiling surface. The point P gives the
position of the point of view PV, and the distance
circle gives its distance from the picture plane.
Perspectives on horizontal picture planes are usually one-point perspectives.
ing is very communicative and makes it possible to
explain shapes, forms, textures and materials to those
who are not specialists or professionals. This is why
the perspective view is usually the most important
presentation drawing in a competition setting
7. Linear perspective on an oblique picture plane
When the picture plane is neither vertical nor horizontal, the final image is a so-called “three-point
perspective” in which the vertical lines are no
longer parallel but converge to their own vanishing
point (fig. 4-33).
8. Value and meaning of perspective drawing
A perspective view is a highly subjective image which
requires some artistic talent on the part of the
draughtsperson. Modern perspectives are usually
digital “renderings”. These are still long and
painstaking to create: computer technology did not
make the construction procedure of individual drawings easier or quicker. However a perspective draw-
FURTHER READING
DAMISCH, HUBERT, The Origin of Perspective, translated by J.Goodman, MIT Press, Cambridge-MA,
1994.
EVANS, ROBIN, The Projective Cast: Architecture and
Its Three Geometries, MIT Press, Cambridge-MA
1995.
GILL, ROBERT W., Perspective, from basic to creative,
Thames and Hudson, London 2006.
PANOFSKY, ERWIN, Perspective as symbolic form,
translated by C.S. Wood, ed. Zone Books, New York,
1994.
http://www.math.utah.edu/~treiberg/Perspect/Perspe
ct.htm#ProjGeom.
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Lezione 5
L’ANAMORFOSI
Già dal tardo Quattrocento la tecnica della prospettiva,
ormai scientificamente matura, evolve velocemente
verso campi applicativi variegati che superano gli stretti limiti della pittura su tavoletta, o disegno cartaceo.
Per la sua capacità di riprodurre in modo esatto la naturale percezione di spazi costruiti oppure – reciproca-
5-01: Hans Hamngren, la
pompa dell’acqua, 1981.
Anamorfosi cilindrica.
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mente – a simulare l’esistenza di spazi illusori, la prospettiva viene sfruttata come tecnica di arredo, recuperando così una delle sue più antiche funzioni: quella
della scenografia teatrale, ovvero la rappresentazione in
vera grandezza di architetture immaginarie. Nascono
così le arti del trompe-l’œil e del quadraturismo.
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L’ANAMORFOSI
1. Il Trompe l’œil : prospettiva e anamorfosi
1.1. Il trompe-l’œil prospettico
Trompe-l’œil è la dicitura francese (comunemente
usata anche oltre i confini francesi) per caratterizzare
l’inganno visivo che alcune decorazioni parietali, rappresentanti finti spazi architettonici, intendono produrre nell’occhio e nella mente dei fruitori degli
ambienti dove queste decorazioni vengono realizzate.
Fra i primissimi esempi eccellenti di trompel’œil quattrocenteschi spicca la finta abside della
chiesa di Santa Maria presso San Satiro a Milano,
realizzata da Donato Bramante nel 1483, cioè dieci
anni soltanto dopo la pubblicazione del trattato di
Piero della Francesca De Prospectiva Pingendi.
Giunto a Milano dopo essersi formato ad Urbino
alla corte di Federico da Montefeltro, Bramante
ricevette da Ludovico Sforza l’incarico di ristrutturare un antico oratorio esistente, di forma stretta e
lunga. Questa richiesta fornì a Bramante l’occasione di applicare e sperimentare in un unico lavoro
sia le teorie contemporanee sulla forma dei templi
ideali, sia i progressi recentemente conseguiti nel
campo della rappresentazione prospettica.
L’architetto decise di monumentalizzare il volume
esistente trasformandolo visivamente in una chiesa
a pianta centrale – modello ritenuto perfetto dagli
umanisti del tempo – conferendo allo spazio l’apparenza di un impianto a croce greca. L’esistenza
del quarto braccio della croce, impossibile da realizzarsi effettivamente per mancanza di disponibilità di spazio urbano, viene simulata grazie ad un
perfetto trompe-l’œil, realizzato sulla parete retrostante l’altare, il quale rappresenta uno spazio illusorio longitudinale, coperto con volta a botte, corrispettivo simmetrico della navata principale della
chiesa, coperta da una simile volta cassettonata.
L’inganno è totale quando lo spettatore si posiziona
nel punto esatto dello spazio reale dove il pittore ha
posizionato il suo osservatore virtuale per costruire
la prospettiva sul muro dietro all’altare. L’abside
dipinta appare allora come l’estensione naturale
dello spazio reale della chiesa, con una perfetta
continuità di forme, di ritmi e di modanature architettoniche.
La condizione dell’efficacia dell’inganno prodotto da una decorazione parietale a trompe-l’œil, è legata al fatto di essere vista da una posizione particolare, cioè dal “punto di stazione” dell’osservatore virtuale ipotizzato per costruire l’immagine pittorica
5-02: Andrea Pozzo, trompe l’œil anamorfico sul soffitto
piano della chiesa di Sant’Ignazio a Roma, 1685.
Anamorfosi obliqua piana.
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LA GEOMETRIA DELLA RAPPRESENTAZIONE
(vedi Lezione 4). La prospettiva della finta abside di
Santa Maria presso San Satiro è una prospettiva
centrale, con punto di fuga principale P sull’asse
mediano della composizione, e va pertanto vista con
uno sguardo orientato secondo una direzione perpendicolare alla superficie sulla quale essa è realizzata1, e da un punto di stazione situato nel centro
della navata, poco oltre la porta d’ingresso della
chiesa. Vista da altre posizioni, la decorazione parietale perde significato e provoca senso di squilibrio
nella mente dell’osservatore.
1.2. Il trompe l’œil anamorfico
Quando il trompe-l’œil è concepito in modo tale da
ingannare un osservatore il cui sguardo è obliquo,
addirittura radente, rispetto alla superficie dipinta,
allora nasce l’anamorfosi.
La finta cupola di Sant’Ignazio di Loyola a Roma,
dipinta sul soffitto piano della chiesa, dal padre gesuita Andrea Pozzo nel 1685, è un famoso esempio di
trompe-l’œil anamorfico (fig. 5-02). Similmente a
Bramante, Andrea Pozzo simula con una abile rappresentazione pittorica la presenza di un volume
5-03: Andrea Pozzo, decorazione della volta della navata della chiesa di Sant’Ignazio a Roma, 1685. Anamorfosi su
superficie curva.
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L’ANAMORFOSI
architettonico non esistente nella realtà: una cupola
sovrastante il coro della chiesa. Ma, contrariamente a
quello di Bramante, il dipinto del Pozzo non è una
prospettiva centrale pensata per essere vista con uno
sguardo la cui direzione è rivolta perpendicolarmente
al piano di proiezione. Vista “da sotto in su” la prospettiva del Pozzo, realizzata sul quadro orizzontale
del soffitto, appare deforme. L’inganno visivo è destinato a un osservatore situato in un punto di stazione
posto (come in Santa Maria presso San Satiro) lungo
l’asse centrale della navata principale, poco dopo la
porta d’ingresso della chiesa. La direzione dello
sguardo dell’osservatore è allora inclinata rispetto al
piano del soffitto sul quale è realizzata l’immagine. Il
pittore ha proiettato su un quadro orizzontale posto
in lontananza al di sopra dell’occhio dell’osservatore
un’immagine predefinita della cupola come vista su
quadro verticale: proiezione eseguita da un centro
proprio situato nel punto di stazione prescelto.
Questa doppia proiezione prospettica è la procedura
geometrica che prende il nome di anamorfosi (oppure anche proiezione bi-centrale).
La parola anamorfosi è un termine proveniente
dal greco, costituito dal prefisso ana che significa
“all’indietro”, oppure “inversamente”, e dal sostantivo morfo che significa “forma”, oppure anche
“idea formale”. Il termine stesso evidenzia dunque
lo scopo della rappresentazione che consiste nel
creare una deformazione scientificamente controllata per ottenere effetti speciali.
Gli sviluppi storici dell’arte dell’anamorfosi, e
dei giochi scientifici a esso legati, suggeriscono di
dividere le rappresentazioni anamorfiche in categorie distinte, individuando due principali tecniche di
rappresentazione: l’anamorfosi diretta e l’anamorfosi catottrica, in cui subentrano effetti di riflessi su
superfici specchianti.
2. L’anamorfosi diretta
Mentre la prospettiva è la proiezione dello spazio
sul piano, l’anamorfosi diretta è una proiezione dal
piano allo spazio. Più precisamente, consiste nella
proiezione di un’immagine qualunque da un centro
proprio su una o più superfici, di modo che la forma
dell’immagine si perda o svanisca, ma possa sempre
essere ricostituita, quando vista dal suo centro di
proiezione. Si tratta di una forma di vera e propria
proiezione prospettica, trasformata attraverso un’applicazione particolare delle sue leggi geometriche.
La caratteristica particolare dell’anamorfosi è la
posizione inconsueta dell’osservatore rispetto
all’immagine, e la direzione inconsueta che lo sguardo deve assumere rispetto all’immagine, per poterne cogliere il significato, altrimenti nascosto alla
vista e all’intelletto. L’anamorfosi non va mai guardata in posizione frontale ma sempre di scorcio.
5-04: Jean François Niceron, anamorfosi oblique piane di
ritratti,1638.
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LA GEOMETRIA DELLA RAPPRESENTAZIONE
I vari tipi di anamorfosi diretta sono:
- l’anamorfosi obliqua piana;
- l’anamorfosi per proiezione su superfici differenziate (cilindriche, sferiche, ecc.);
- l’anamorfosi per decostruzione spaziale.
L’anamorfosi obliqua piana deriva direttamente da
giochi scientifici basati sulle proprietà matematiche
della prospettiva lineare. Lo studio dell’anamorfosi
si sviluppa velocemente, prevalentemente nei paesi
del Nord Europa, in Francia e in Germania, come
corollario allo studio della prospettiva. La curiosità
scientifica degli artisti spinge loro a indagare sui
limiti e potenzialità di questa nuova tecnica di rappresentazione. Quali risultati produce una regola
geometrica volontariamente distorta? Le prime
immagini anamorfiche piane scaturiscono dall’applicazione sperimentale di una griglia prospettica
non più coerente con la visione naturale, perché
deformata secondo criteri matematicamente controllati. I trattati francesi del Seicento riportano
esempi circa questi esperimenti2. L’illustrazione
della figura 5-04, in cui si vedono due ritratti snaturati, chiarisce i criteri di distorsione applicati. In
questi esempi la deformazione della griglia prospettica consiste nel portare il “punto di distanza” (teoricamente il punto di fuga delle diagonali a 45°)
molto vicino al “punto centrico” (proiezione sul
quadro dell’occhio dell’osservatore). Così facendo
si crea una situazione innaturale in cui l’osservatore
virtuale si trova in una posizione molto ravvicinata
5-05: Hans Holbein, Gli ambasciatori, 1533.
5-06: Hans Holbein, Gli ambasciatori, 1533, raddrizzamento dell’anamorfosi del teschio in primo piano.
2.1. L’anamorfosi obliqua piana
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rispetto al quadro proiettante, tale che l’immagine
finale, di fatto, non rientra più nel cono visivo come
definito dalla regola della prospettiva lineare. I quadrilateri allungati della griglia così ottenuta non evocano più l’aspetto familiare di un reticolo quadrato
regolare visto in prospettiva. I ritratti eseguiti sulla
griglia ortogonale di partenza vengono riportati
sulla griglia prospettica deformata, e assumono una
forma distorta. Per ritrovarne l’aspetto originale
occorre inclinare il quadro, per posizionarlo obliquamente rispetto alla direzione del sguardo e guardare l’immagine anamorfica di scorcio.
Già nel Cinquecento, il primo scienziato a intuire il possibile vantaggio offerto da un’anamorfosi
così definita fu Leonardo da Vinci il quale consiglia
di correggere le prospettive di paesaggi o spazi
immaginari dipinti su muri necessariamente visti di
scorcio (come le pareti laterali di corridoi o gallerie
lunghe e strette) mediante l’applicazione di una
deformazione crescente delle forme in lontananza.
Lo stiramento sempre più accentuato degli oggetti
in profondità permette di annullare l’effetto prospettico fisiologico derivante dalla vista di scorcio.
Ovviamente questo espediente è valido soltanto per
un punto di vista privilegiato, e per una direzione
specifica dello sguardo.
La “prospettiva lineare” – o anche prospettiva
artificiale – quale codificata dai matematici rinascimentali, e poi adottata dagli scienziati posteri, permette di restituire un’approssimazione grafica della
“prospettiva naturale”, ovvero della nostra reale
percezione fisiologica dello spazio. Prospettiva artificiale e prospettiva naturale coincidono in modo
quasi esatto all’interno di un cono ottico ristretto,
ma più il piano prospettico si espande più le discordanze fra rappresentazione grafica e visione naturale aumentano, e con loro le cosiddette “aberrazioni
marginali” già intuite da Piero della Francesca e
menzionate nel suo trattato De Prospectiva Pingendi
(vedi Lezione 4). L’anamorfosi piana sfrutta queste
discordanze per creare effetti spettacolari e/o ludici, oppure per correggere e controllare la percezio-
5-07: Emmanuel Maignan, dipinto realizzato sulla parete
del chiostro del Convento dei Minimi di Trinità dei Monti
a Roma, 1642. Anamorfosi obliqua piana.
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