Un anno in Senegal con “i bambini di Ornella”

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Un anno in Senegal con “i bambini di Ornella”
In Missione
14 Sabato, 19 maggio 2012
Un anno in
Senegal con
“i bambini
di Ornella”
La testimonianza dei coniugi Tavasci di
Valmorea appena rientrati da un’esperienza di
volontariato in Senegal, nel villaggio di Kelle
Enrico e Gemma Tavasci, di Valmorea,
sono appena rientrati in Italia dopo 6 mesi
in Senegal a Kelle, dove hanno seguito
i progetti avviati dall’associazione I
Bambini di Ornella ora in collaborazione
anche con l’Alveare. Ci raccontano la loro
esperienza.
A
spizzichi e bocconi abbiamo passato
più di un anno in Africa ed il tempo
più lungo a Kelle, un villaggio di
pescatori sulla costa dell’Atlantico a
50 Km a sud di Dakar. Niente rispetto le vite
passate, consumate, donate o sacrificate da
milioni di persone e migliaia di missionari
che, colpiti dal mal d’ Africa, hanno avuto
tempo e modo di raccontare questo
immenso continente. E niente rispetto
a quella parte di africani che, volenti o
nolenti, dovranno consumare la loro vita di
stenti, sognando americhe per loro non più
disponibili.
Da quattro anni funziona a Kelle un
Centro di accoglienza (750 mq) realizzato
dai sindacalisti in pensione della CGIL
per i numerosi bambini del villaggio e
dall’Associazione “I Bambini di Ornella” di
Como che raccoglie i fondi per le attività
sostenute da operatori ed educatori indigeni
(www.ibambinidiornella.com).
Durante l’anno scolastico funziona,
al Centro, il doposcuola per ragazzi in
difficoltà. Le sei classi elementari della
scuola primaria del villaggio (in totale 415
alunni) sono troppo impegnative per un solo
maestro che segue mediamente 50-60 alunni
per classe, costretti ad imparare il francese,
lingua poco parlata dalla gente e non amata,
perché dei colonizzatori.
Non si danno compiti a casa per il semplice
motivo che i ragazzi non possono essere
seguiti dai genitori che parlano quasi tutti
soltanto la lingua wolof. Mancano libri,
quaderni, sussidi scolastici: nelle aule solo
sgangherati banchi in legno, una cattedra
ed una grande lavagna che occupa tutta
la parete e sulla quale il maestro scrive le
nozioni da apprendere. All’esterno un ampio
cortile polveroso dove abbiamo piantato,
con i bambini, una ventina di alberi.
Esiste la categoria dei bambini di spiaggia,
equivalenti ai bambini di strada brasiliani.
Molti di questi bambini sono “invisibili”
in quanto non hanno alcun documento di
identità non essendo stati iscritti all’anagrafe.
Per fortuna a casa c’è quasi sempre un po’ di
pesce (siamo in riva all’oceano), un pugno
di riso, ed una mamma la notte. I papà,
quando esistono, sono emigrati in Europa o
temporaneamente al largo sui pescherecci
giapponesi, oppure impegnati con le piroghe
nella pesca sempre più scarsa. Le bambine,
di norma, seguono le madri nelle faccende
domestiche: attingono l’acqua al pozzo,
procurano sterpi per cucinare e si occupano
Le sfide
ancora
aperte
L
o scorso marzo è salito alla presidenza del Senegal Macky Sall,
il quarto presidente nella storia
del Paese. Il suo predecessore,
Wade, ha lasciato il Paese in una grave crisi economica, con gravi difficoltà
anche di organizzazione politica dopo
una campagna elettorale che non ha
mancato di momenti di grande tensione e di scontri, ma che ha visto una
dei fratellini.
Per meglio seguire questi bambini stiamo
realizzando un asilo per 60 utenti che sarà
finanziato dalla generosità dell’associazione
“L’Alveare” di Olgiate Comasco
Nella nostra società preoccupata e
lamentosa è bello sottolineare che
questa associazione da 30 anni si occupa
di disabili… e, nonostante i crescenti
bisogni per far fronte alle necessità, si sta
impegnando a sostenere questo progetto
in terra d’Africa, l’ultimo sogno del suo
fondatore Felice Albonico, venuto a mancare
due anni fa
I bambini più in difficoltà sono però i talibés
(letteralmente “studenti del Corano”),
bambini da 5 a 16 anni provenienti dai
villaggi più poveri all’interno del Senegal
(nel solo Senegal ce ne sono circa 250.000)
ed affidati, per sempre, dai loro genitori al
Marabouth, maestro coranico che si limita
ad ammassarli dentro costruzioni che si
fatica a chiamare case, ad insegnare loro
il libro sacro dei musulmani; ogni giorno
mendicano cibo, vestiti e quant’altro, con
l’obbligo di rientrare a sera con qualche
manciata di riso e con degli spiccioli, pena
dure punizioni corporali.
Questi talibés, vengono al Centro un giorno
la settimana per farsi la doccia, indossare
abiti puliti, consumare un pasto di riso e
pesce, farsi medicare le ferite del corpo e
curare quelle dell’anima con qualche sorriso
e qualche carezza. I talibés, da soli, sono
costretti a lottare senza garanzia alcuna per
un futuro difficile da definire. Questa è vera e
propria schiavitù che le Società delle Nazioni
avevano semplicisticamente abolito sulla
carta già dal 1926…
Noi stiamo semplicemente percorrendo
un tratto di strada assieme ai nostri fratelli
senegalesi con un’attenzione speciale per i
loro bambini, i nostri nuovi nipotini.
Non cambieremo l’Africa, ma, di certo,
stiamo cambiando noi stessi testimoniando
la nostra presenza di cristiani fra la
stragrande maggioranza di musulmani.
Lavorare in questo contesto, richiede tempi
lunghi di osservazione, sospensione di
giudizi affrettati che la nostra cultura ci
spinge a dare molta pazienza e rispetto dei
tempi africani, troppo lenti per noi.
I nuovi progetti: la scuola materna
e l’impegno educativo con i disabili
S
grande partecipazione da parte dei
giovani. Positiva anche la decisione
del presidente Wade di accettare l’esito delle urne e di cedere il passo allo
sfidante. Ora il neoeletto Sall ha promesso lo scioglimento entro tre mesi
dell’attuale assemblea nazionale, provvedimento che secondo alcuni getterà
il Senegal ancora di più in una situazione di instabilità e insicurezza.
ono tanti i progetti che Gemma ed Enrico hanno riportato
da Kelle e di cui si occuperanno le associazioni coinvolte.
La costruzione della struttura della scuola materna è
appena iniziata dopo un lungo percorso di formazione e
progettazione sul posto che ha cercato di rendere protagonista
la comunità locale. Ora si pensa già al futuro. Si pensa che
sia importante garantire borse di studio ai ragazzi più in
gamba così da favorire l’eccellenza e la formazione di chi
più facilmente potrà farsi carico del progresso della propria
comunità. Tra le proposte in cantiere anche l’avvio di un centro
di preparazione al lavoro e di formazione professionale proprio
per differenziare in qualche modo l’economia locale (troppo
basata sul pesce) e per migliorare le condizioni delle famiglie,
magari puntando sulla formazione agricola. Il tutto con una
particolare attenzione alla disabilità ancora troppo nascosta o
emarginata nella cultura locale.
✎ Auguri
eminiamo i nostri passi
S
su questa spiaggia
salata,
coltivata da orme d’ogni
forma e colore:
sogni e segreti meticciati,
inghiottiti da onde senza
memoria.
Con mani e cuori vissuti
accarezziamo fili d’erba di
bambini,
appesi a seni spremuti,
cercando luce
sul fondo di occhi gonfi di
illusioni,
di disincanti precoci.
Africa!
non buttare più reti
sfilacciate
oltre quell’orizzonte
indefinito
che ti ha rapito milioni di
figli:
non spremere più lacrime
su terre fredde, straniere
inzuppate del tuo sudore,
arricchite delle tue
ricchezze!
Torna a battere la tua terra
rossa,
a risvegliare gli stessi spiriti
dei viventi e dei morti
dentro radici calde,
ancora,
da intenerire col canto
della Kora!
Torna tu a ridare vita al
tuo futuro!
A noi non sarà concesso
vedere:
a noi basta seguire orme
di speranza
e pregare lo stesso cielo.
Gemma ed Enrico Tavasci