Signore - Serve di Maria Addolorata di Chioggia
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Signore - Serve di Maria Addolorata di Chioggia
Signore, SOMMARIO 3 Far fiorire la vita 4 La parola del Fondatore 8 La palabra del Fundador 13 La cultura dell’attenzione 16 Donne di contrade sconosciute 21 Il dolore coraggioso dei curati 26 Ravviva il dono... 28 Silenzio e interiorità 31 Nuestra Señora de los dolores 33 Un niño nos ha nacido 35 Inmaculada Concepción 37 Los valores del Reino 39 Camino de formación 41 Dono grautito 43 Il mosaico della sofferenza 46 La festa del malato 47 Quaresima di fraternità 49 Insieme per raccontare 51 Ettore Pretin pittore 53 Umile e generoso servizio 2 Legge sulla tutela dei dati personali. I dati personali dei lettori in possesso della rivista verranno trattati con la massima riservatezza e non potranno essere ceduti a terzi o utilizzati per finalità diverse senza il preventivo consenso degli interessati. che hai concesso al Servo di Dio, Padre Emilio Venturini, di amarti e servirti con umile dedizione nei poveri e nei deboli ti prego di concedermi la grazia (...) che per sua intercessione ti chiedo. Fa’ che siano riconosciute nella Chiesa le virtù di questo tuo servo fedele, a tuo onore e gloria. Per Cristo nostro Signore. Amen Padre, Ave e Gloria Direttore responsabile: Lorenzina Pierobon Redazione: Paola Barcariolo, Beatriz Molina, Alma Ramírez, Ada Nelly Velázquez, Lizeth Pérez Grafica e impaginazione: Mariangela Rossi Realizzazione e stampa: Arti Grafiche Diemme - Taglio di Po (Ro) Autorizzazione: Tribunale di Venezia n. 1253 del 1.4.1997 Quadrimestrale di informazione religiosa Congregazione Serve di Maria Addolorata di Chioggia - Anno XII n. 1 - 2008 Madonna della Navicella santino 1863, Museo Diocesano d’Arte Sacra, Chioggia LA REDAZIONE Far fiorire la vita La Chiesa ci è madre e maestra perché ci ha generati nel suo seno attraverso la grazia battesimale e ci ha resi membri del corpo di Cristo. Inoltre, nella sua sollecitudine materna, ci accorda la misericordia di Dio, che trionfa su tutti i nostri peccati e agisce soprattutto nel sacramento della Riconciliazione. Come madre premurosa, attraverso la sua liturgia, giorno dopo giorno, ci elargisce anche il nutrimento della Parola e dell’Eucaristia del Signore (cfr. CCC 2040). Da questo primo numero del 2008 ci accompagnerà la pagina della Chiesa assieme alla pagina del fondatore e a quella mariana. È la vita del fondatore che continua a concretizzarsi nel servizio attraverso gli avvenimenti, i ministeri, le attività che la congregazione offre alla chiesa e ai fratelli. Il Signore ci chiede di diventare strumenti e solchi della Provvidenza attraverso cui passa lo Spirito di Dio. Custodire e coltivare la vita, perché possa continuare a fiorire. Questo è il compito del vero maestro: trarre dal proprio discepolo la verità che questi già in cuore possiede ma che ancora non sa. Maria è serva della vita, serva di quel figlio che non sarebbe stato per lei, ma un figlio donato all’umanità. Il Signore ci conceda di essere madri e padri perché capaci di trarre alla vita nuova del Cristo Risorto. Gesù è venuto perché noi avessimo la vita in abbondanza (cfr. Gv 10,10). suor Pierina Pierobon Hacer florecer la vida La Iglesia es madre y maestra porque nos ha engendrado en su seno a través de la gracia bautismal y nos ha hecho miembros del cuerpo de Cristo. Además, en su diligencia materna nos mete en sintonía con la misericordia de Dios que triunfa sobre todos nuestros pecados y actúa sobre todo en el sacramento de la Reconciliación. Como madre premurosa, a través de su liturgia, día tras día, nos dona el alimento de la Palabra y de la Eucaristía del Señor (cfr. CCC 2040). Apartir de este número, el primero del 2008, nos acompañará la página de la Iglesia junto con la del fundador y la página mariana. Es la vida del fundador que continúa a hacerse concreta en el servicio por medio de los acontecimientos, los ministerios, las actividades que la congregación ofrece a la Iglesia y a los hermanos. El Señor nos pide transformarnos en instrumentos y surcos de la providencia a través de los cuales pasa el Espíritu Santo. Custodiar y cultivar la vida, para que pueda continuar a florecer, ésta es la tarea del verdadero maestro: hacer salir del corazón del propio discípulo la verdad que ya posee pero que aún no conoce. María es sierva de la vida, sierva de aquel hijo que no sería para ella, un hijo donado a la humanidad. El Señor nos conceda ser madres y padres por la capacidad de engendrar a la vida nueva en Cristo Resucitado. Jesús vino para que tuviéramos vida y vida en abundancia (cfr. Jn 10,10). suor Pierina Pierobon 3 La parola del Fondatore Il racconto di Padre Emilio sull’Apparizione continua. Anche in questa seconda parte, che riproduce la terza e la quarta puntata pubblicate sempre sul giornale La Fede, colpiscono alcuni passaggi. La narrazione prosegue fedele alle vicende già note - dopo il miracolo gli accertamenti, le manifestazioni di devozione popolare, la costruzione del santuario, la rappresentazione dell’Addolorata - ma Padre Emilio riesce ugualmente a personalizzare la storia esprimendo due principi molto importanti che si ritrovano in molti articoli della Fede come nell’operetta già ricordata, Una visita a Chioggia. È suo preciso intento, infatti, valorizzare il patrimonio storico-artistico conservato nelle chiese della città in quanto documentazione della memoria cittadina non solo religiosa ma anche civile. Ricordare che la religione è importante per la crescita della società interessa molto a Padre Emilio in anni in cui lo Stato liberale tendeva a marginalizzare la Chiesa. Questo ci fa comprendere l’importanza che egli attribuisce all’antica concordia tra il Vescovo e il Magistrato dimostrata in quell’occasione, nell’auspicio che la collaborazione tra le istituzioni politiche e quelle religiose potesse rinnovarsi per raggiungere lo stesso risultato: il bene comune. Tempi, quindi, tutt’altro che di tenebre e d’ignoranza quelli ricordati, significativi - contrariamente a quanto cercavano di fare apparire gli anticlericali nell’Ottocento - di quei legami comunitari che hanno consolidato l’identità della città. Gina Duse LA FEDE, Domenica 9 e 16 luglio 1876, Anno I nn. 24-25 La nostra Madonna di Marina (seconda parte) 4 Appena si fu divulgata per la città la prodigiosa Apparizione della Vergine benedetta, che tosto si riaccese in tutto il popolo l’antica fede dal malo costume già illanguidita, e tocchi da un sincero pentimento delle colpe che avevano provocato sopra di loro lo IL NOSTRO FONDATORE sdegno di Dio si diedero a piangerle di vero cuore. Fu allora un accorrere affollato ai tribunali di penitenza, ed un continuo pellegrinaggio dalla città al lido calcato e santificato dai piedi di Maria, ringraziandola della misericordia usata verso di loro, e protestandosi in eterno suoi fedeli servi e devoti; e la Vergine, che non si lascia mai vincere di mano da chicchessia, a ricambiare il filiale ossequio che Le era prestato, aperse gli erarj delle sue grazie e favori, e in così larga copia versolli sopra IL NOSTRO FONDATORE il penitente popolo Chioggiotto, che a buon diritto potè chiamarsi Chioggia ed in specie il suo lido la terra delle misericordie di Maria. Intanto il Vescovo, che era allora Bernardino Veniero, personaggio quanto dotto altrettanto pio e prudente, come ce lo dicono le antiche memorie, non era tale uomo da creder là su due piedi a quanto gli venia esposto da un rozzo ortolano: ma presa la cosa sotto severo esame, e ben pesata e maturata, volle poi che il pio ed ingenuo Baldissera ne la suggellasse con un giuramento. Ma non fu contento a ciò solo il degno Prelato, chè intimata una solenne Processione del Capitolo, del Clero e di tutto il popolo al lido avventurato, Egli medesimo vi si volle recare, dove Dio gli fè grazia di toccare con mano la verità del mirabile avvenimento, conciossiachè oltre al ceppo o zocco segnato della Croce sul quale sedette Maria, vide eziandio a piccola distanza dal lido dondolare graziosamente sulle acque la Navicella, la quale (come si ha dai processi istituiti sopra il fatto) si allontanava tutte le volte che taluno inoltravisi in mare per prenderla, ed esso indietro tornando anch’essa si avvicinava. Il giorno proprio della detta Processione non lo si sa, ma certo fu poco dopo l’Apparizione. Questa Processione, e l’atto del giuramento prestato dinanzi al Vescovo, al Clero, ed al Magistrato dal Baldissera, li veggiaProcessione nel luogo dell’apparizione (Alvise Benfatti, 1593) mo rappresentati in due grandiose tele, dipinte la prima da Alvise Benfatti nipote del celebre Paolo Veronese, la seconda da Andrea Vicentini pittori del secolo XVI, i quali Quadri coprono quanto sono lunghe due delle spaziose pareti della Sagrestia della nostra Cattedrale.. E qui facciamo lecita un’osservazione; ed che se al presente non si vede nel benedetto zocco la impressione della Croce intinta di rosso, ciò non toglie punto che da principio non ci sia stata; ed è nostro giudizio che Dio abbia voluto imprimervi quel segno per dare forza e fede alla narrazione del Baldissera, che cioè la Vergine sopra di quello si fosse adagiata; chè del resto non era meraviglia il trovarsi sul lido, dopo una burrasca qual fu quella del 24 Giugno, un mozzicone d’albero gettatovi dall’onde. La qual croce , dopo la visita fatta sopra luogo dal Vescovo e dagli altri, che sopra si è detta, dileguò e più non apparve, siccome più necessaria all’ottenuto intento. Del resto la tradizione costante non lascia luogo a dubitarne; e Bartolomeo Malombra che visse nel 1500 (il quale ci dipinse un bel Quadro rappresentante Cristo nell’atto di fulminare Chioggia, trattenutovi dalle preghiere di Maria, che si conserva anche esso nella sagrestia del Duomo) in un suo Poemetto in ottava rima stampato nel 1579 in cui il fatto racconta di questa nostra Apparizione, canta così: IL NOSTRO FONDATORE La Croce che sul Legno era di sangue dopo alcun dì con la Navetta sparve. Non fu paga Chioggia a que’ primi segni di gratitudine mostrati verso la sua Liberatrice Maria quali abbiamo sopra narrato, ma volle eterna durasse la memoria del portentoso avvenimento. E prima doveasi il prezioso legno sul quale si era adagiata Maria collocare in luogo decente e riservato, e perciò una piccola Cappelletta fu tosto costruita vicino al luogo dell’Apparizione che ne lo custodisse. Questa Cappelletta, ristaurata o meglio ricostruita nel 1813, è quella che noi volgarmente chiamiamo il Capitello di Maria. Vero è che assai disdice al presente che detta Cappella , dopo la deviazione che due anni fa fu data alla strada che a Brondolo da Chioggia conduce, anziché presentare ai viandanti la faccia come per lo innanzi, presenti loro invece, la sua parte di dietro, per il che pare quasi lasciata in noncuranza e disprezzo: eppure poco ci vorrebbe a togliere questo sconcio: ma questo sia detto per incidenza. Torniamo a noi. Non era questa Cappelletta cosa tale da restarne appagata la devozione dei Chioggiotti. Una Chiesetta , una capace Chiesetta stabilirono innalzare a gloria della Vergine benedetta. Il Vescovo ed il Magistrato della Città , tra i quali vi era in que’ tempi (tempi, già s’intende, di regresso, di tenebre, di ignoranza) una costante e totale concordia di sentimenti e di azioni, quando specialmente trattavasi di cose che a Religione ed a Pietà riferivansi, ben volentieri assecondarono il desiderio del popolo devoto, ed intanto furono d’avviso che, per soddisfare alla devozione dei pellegrini che numerosi accorrevano ogni giorno al lido avventurato, si innalzasse a breve distanza dal luogo dell’Apparizione una provvisoria Chiesetta di tavole, dove, collocato un decente altare di legno, tosto s’incominciassero i divini Uffizi; il che fu tosto eseguito e (come si ha da autentiche memorie) il giorno 16 luglio 1508, 20 giorni soltanto dopo il fatto prodigioso, parecchie Messe vi furono celebrate. Il Vescovo con Decreto del 20 luglio dell’anno stesso confermò ogni cosa che pria a sola viva voce era stata stabilita; nel quale stesso Decreto ordinò eziandio che la Chiesetta fosse intitolata a Maria della Navicella, e che al suo servizio fosse istituito un Cappellano amovibile a suo beneplacito che dovesse ogni giorno celebrare ivi la messa, e le raccolte elemosine ogni settimana versare in sue mani, o di persona a ciò da sé designata. Ma un Sacerdote solo era poco al bisogno de’ fedeli ed al decoro di quel Santuario, per il chè fu preso e stabilito nel 22 gennajo 1511 fossero da eleggersi sei Cappellani, e questi, due dal Vescovo, due dal Capitolo, e due dal Podestà d’accordo col Maggiore Consiglio; quantunque, forse nell’anno 1600, si tornò ancora all’elezione di un Cappellano solo. Il vescovo e il podestà ascoltano la testimonianza di Baldassare Zalon (Andrea Vicentino, 1593) IL NOSTRO FONDATORE Il medesimo Prelato, annuendo alle istanze del Canonicale Capitolo con un altro decreto che porta la data istessa del 20 luglio 1508 stabilì che detta Cappellania fosse alla Mensa Canonicale incorporata: anzi, per togliere cagione a futuri dubbj od opposizioni che insorger potessero sulla validità della decretata unione della Cappella alla Mensa Capitolare, tanto il Vescovo quanto i Canonici fecero istanza alla Santa Sede per impetrarne la conferma e la ebbero dal regnante allora Pontefice Giulio II con sua Bolla dell’8 settembre 1508. Questo ultimo fatto lo veggiamo rappresentato in bellissimo quadro che copre una delle pareti dell’Ufficio Parrocchiale del nostro Duomo; opera dell’esimio Benedetto Cagliari pittore Veronese, in cui veggonsi rappresentati nelle forme e fattezze naturali tanto i nobili nostri cittadini che a tale effetto si condussero in Roma, quanto i Prelati di quella Corte che vi ebbero parte, conciossachè il Pittore assieme de’ nostri si sia ivi recato per potere rubare le naturali sembianze di que’ personaggi per poi riprodurle sulla tela. Ma alla devozione dei fervidi Chioggiotti troppo piccola riusciva la detta Chiesa; idearono adunque la fab- brica di un sontuoso e magnifico Santuario. Nel giorno pertanto 11 maggio dell’anno 1511 il Vescovo Bernardino Veniero accompagnato dal clero e dal popolo si portò processionalmente al luogo designato per la nuova fabbrica, e colle prescritte cerimonie benedisse e pose nei fondamenti la prima pietra celebrandosi poscia la Messa Solenne. E qui è il luogo di dire alcuna cosa della prodigiosa Immagine di Maria che adesso veneriamo nella Parrocchiale Chiesa di S. Giacomo. Rappresenta essa al vivo la Vergine vestita di nero ammanto, in aspetto di grave mestizia, portante sulle ginocchia il mesto Figliuolo, come appunto degnossi apparire al Baldissera. È tradizione essersi Essa trovata una bella mattina sopra l’altare o sulla soglia della prima provvisoria Chiesetta, senza che mai si sia potuto saper nè il Donatore nè l’Autore di così devota ed espressiva pittura. Quello che è certo è questo, che fino da quando la possediamo, cioè dall’anno 1509, fu tenuta sempre in somma venerazione da tutti, e come cosa venuta dal Cielo, e che Maria si è degnata per suo mezzo operare a prò de’ suoi devoti innumerevoli meraviglie. (continua) Lo zocco (il legno) 7 IL NOSTRO FONDATORE La palabra del Fundador Aparición - Introducción a la segunda parte. La narración de Padre Emilio sobre la Aparición continúa también en esta segunda parte que corresponde a la tercera y cuarta de aquellas que fueron publicadas en el periódico La Fe, llaman la atención algunos fragmentos. La narración continúa fiel a las vicisitudes ya mencionadas – después del milagro las constataciones, las manifestaciones de devoción popular, la construcción del santuario, la representación de la Dolorosa – pero apesar de esto Padre Emilio logra hacer propia la historia, expresando dos principios muy importantes que se encuentran en varios artículos de La Fe como en la pequeña obra ya mencionada, Una visita a Chioggia. Su intento preciso es, de hecho, hacer notar el valor que las iglesias de la ciudad custodian como patrimonio histórico-artístico, como documentación de la memoria ciudadana no solamente religiosa sino también civil. Era significativo para Padre Emilio recordar que la religión era importante para el crecimiento de la sociedad en los años en que la tendencia del Estado liberal era marginar a la Iglesia. Esto nos lleva a entender la importancia que él da a la antigua concordia entre el Obispo y el Magistrado que se observó en aquella ocasión, con el augurio de que la colaboración entre las instituciones políticas y religiosas pudiera renovarse para lograr un mismo resultado: el bien común. Por eso aquellos tiempos no eran de tinieblas y de ignorancia como querían hacer parecer los anticlericales del ochocientos, sino que eran en vez, significativas aquellas relaciones que consolidaron la identidad de la ciudad. Gina Duse LA FE, Año I n. 24 y 25, domingos 9 y 16 de julio de 1876 Nuestra Virgen de Marina (2da. Parte) 8 Recién fue divulgada en la ciudad la prodigiosa Aparición de la Virgen bendita, se encendió rápidamente en todo el pueblo la antigua fe debilitada por las malas costumbres y alcanzados por un franco arrepentimiento de las culpas que habían provocado el enojo de Dios hacia ellos, se dedicaron a llorarle con un corazón sincero. Se suscitó entonces un acudir multitudinario a los confesionarios, y una continua peregrinación de la ciudad a la ribera tocada y santificada por los pies de María agradeciéndole la misericordia derramada hacia ellos y declarándose eternamente sus fieles servidores y devotos, y la Virgen que no se deja vencer nunca de ninguno, devolvioles el filial obsequio que le fue dado, derramando al penitente pueblo Chioggiotto el tesoro de sus gracias y favores, que a buen derecho se pudo llamar Chioggia y especialmente su ribera la tierra de las misericordias de María. Mientras tanto el Obispo, que era entonces Bernardino Veniero, personaje docto cuanto pío y prudente, como nos lo dicen las antiguas memorias no era un hombre que podría creer fácilmente a lo que le venía expuesto de un burdo hortelano, pero, considerando la situación bajo severo examen y bien pensada y madurada, quiso que el pío e ingenuo Baldissera le sellase la cuestión con juramento. Pero no se contentó el digno prelado sólo con IL NOSTRO FONDATORE esto, sino que convocando una procesión del Capítulo, del Clero y de todo el pueblo hacia la ribera donde tuvo lugar el acontecimiento, él mismo quiso ir, donde Dios hizole la gracia de tocar con mano la verdad del maravilloso suceso, con todo esto además del tronco o pedazo de leño marcado con la cruz en el que se sentó la Virgen, vio mecerse graciosamente a poca distancia de la ribera sobre las aguas la Navecilla, la cual (como si por los procesos instituidos sobre el hecho) se alejaba todas la veces que alguno entraba en el mar para aferrarla y si éste retrocediese ella se acercaba. El día preciso de la dicha procesión no se sabe, pero ciertamente fue poco Pellegrinaggio alla Madonna della Navicella (2008) después de la Aparición. Esta procesión y el prestar juramento de Baldissera ante el Obispo, el Clero y el Magistrado, lo vemos representado en dos grandiosas telas pintadas, la primera por Alvise Benfatti sobrino del célebre Paolo Veronese, la segunda por Andrés Vicentini, pintores del siglo XVI, tales cuadros cubren todo lo largo de las espaciosas paredes de nuestra catedral. Y aquí hacemos válida una observación; y aunque si al momento no se ve grabado en el bendito tronco el signo de la cruz bañada de rojo, eso no quita que desde el principio no estuviese; y a nuestro parecer Dios quiso imprimirle aquel signo para dar fuerza y fe a lo que narró Baldissera, que a saber la Virgen sobre él se posó, que por lo demás no era una sorpresa que se encontrara en la ribera un fragmento de árbol arrojado por la olas después de una tempestad como aquella de aquel 24 de junio. La cruz, después de la inspección hecha por el Obispo y por otros, que al inicio se mencionó, desapareció y no retornó más, puesto que no era ya necesaria y queda la tradición constante que no deja lugar a dudas; y Bartolomeo Malombra que vivió en 1500 (el cual nos pintó un bonito cuadro representando a Cristo en el acto de fulminar a Chioggia, que se detuvo por las 9 IL NOSTRO FONDATORE Pellegrinaggio alla Madonna della Navicella (2008) 10 oraciones de María, que se conserva también en la sacristía de nuestra Catedral) en un pequeño poema por él escrito en octava rima impreso en 1579 en el que cuenta el hecho de esta Aparición nuestra, canta así: La cruz que sobre el leño era de sangre después de algunos días con la Navecilla desaparece... No fueron suficientes para Chioggia los signos de gratitud, aquellos ya citados, mostrados hacia su Liberadora María, mas quiso que durase eternamente la memoria del portentoso acontecimiento. Y primero donde estuvo el precioso leño sobre el que se posó María, debiose colocarlo en lugar decente y reservado, y por lo tanto una pequeña Capilla fue pronto construida cerca del lugar de la Aparición, que a éste custodiara. Esta Capillita, restaurada o mejor dicho, reconstruida en 1813, es aquella que nosotros llamamos vulgarmen- te el capitel de María. Verdad es que deja mucho que desear al presente que, dicha Capilla, después de la desviación que se realizó hace dos años de la carretera que va de Chioggia a Bróndolo, en vez de presentar a los caminantes la fachada al frente se las presenta por detrás, por lo que pareciera que fue dejada a descuido y desprecio: y sin embargo poco bastaría para eliminar este error: pero todo esto sea dicho entre paréntesis. Volvamos a donde estábamos. No era esta la Capilla cosa tal de saciar la devoción de los Chioggiotos. Fue una pequeña Iglesia, pero una iglesia, a que establecieron erigir para gloria de la Virgen bendita. El Obispo y el Magistrado de la ciudad, en los que existía en aquellos tiempos (llamense tiempos de decadencia, de oscuridad, de ignorancia) una constante y total concordia de sentimientos y de acciones, especialmente cuanto se tratase IL NOSTRO FONDATORE de cosas de religión y piedad, de buen grado secundaron el deseo del devoto pueblo, y en tanto fueron del parecer que, para satisfacer la devoción de los numerosos peregrinos que acudían cada día a esta ribera, se construyera muy cerca del lugar de la Aparición una iglesia muy pequeña provisional, hecha de madera, donde se colocase un altar decente de leño y pronto se comenzara el culto divino. Pronto fue realizado y (come se constata en memorias auténticas) el día 16 de julio de 1508, solo veinte días del hecho prodigioso, varias misas fueron celebradas. El Obispo con decreto del 20 de julio del mismo año confirmó cada una de las cosas que primero sólo de palabras había sido establecida; en ese mismo decreto ordenó que la iglesia fuera llamada Maria della Navicella (María de la Navecilla), y que estuviera a su servicio un sacerdote fijo, que tendría que celebrar cada día ahí la misa y las limosnas recaudadas fueran entregadas en sus manos o dadas a la persona por él designada. Pero un solo sacerdote era insuficiente para las necesidades de los fieles y para el decoro requerido del santuario, por lo que fue decidido y establecido el 22 de enero de 1511 que fueran elegidos seis sacerdotes, dos por el Obispo, dos por el Capítulo, dos por el alcalde de acuerdo con el Consejo Mayor, aunque si, hacia el año 1600, se regrezó a la elección de un solo sacerdote. El mismo prelado, consintiendo a las solicitudes del Canonical Capítulo, con otro decreto que lleva la misma fecha del 20 de julio de 1508 estableció que dicha Capellanía fuera incorporada al Comedor Canonical: mas bien, para no dejar motivos de dudas o para evitar oposiciones sobre la validez de la decretada unión de la Capilla al Comedor Capitular, tanto el Obispo como los canónicos hicieron instancia a la Santa Sede para obtener la ratificación y la obtuvieron del pontífice de entonces, Julio II, con la Bula del 8 de septiembre de 1508. Este último hecho lo vemos representado en el bellísimo cuadro que cubre una de las paredes de la oficina parroquial de nuestra catedral; obra del eximio Benedetto Calegari, pintor Veronés, en el que están representadas las formas y facciones naturales tanto de nuestros ciudadanos nobles, que a tal efecto se dirigieron a Roma, como de los prelados de aquella corte, que con todo esto el pintor junto con los nuestros también participó para poder robarles las naturales semblanzas a aquellos personajes para después reproducirlas en la tela. Pero para la devoción de los fervorosos Chioggiotos demasiado pequeña resultó dicha iglesia, entonces proyectaron la construcción de un suntuoso y magnífico Santuario. Por lo tanto el día 11 de mayo del año 1511 el Obispo Bernardino Veniero acompañado del clero y del pueblo se dirigió procesionalmente al lugar designado para la nueva construcción y con las prescritas ceremonias bendice 11 IL NOSTRO FONDATORE Santuario della Madonna della Navicella - celebrazione eucaristica (2008) y pone la primera piedra y después celebrose la primera Misa Solemne. Cabe decir algo en este momento de la prodigiosa imagen de María que actualmente veneramos en la iglesia parroquial de Santiago Apóstol. Ésta representa la Virgen, como fue vista, cubierta con un manto negro, con aspecto de grande tristeza, con el Hijo en las rodillas, tal y como se dignó aparecérsele a Baldissera. Es tradición que ésta fue encontra- 12 da una bonita mañana sobre el altar o sobre los escalones (umbral) de la primera iglesia provisoria, sin que nunca se supiese ni el donador ni el autor de esta devota y expresiva pintura. Aquello que es cierto es que desde que la poseemos, es decir del año 1509, fue conservada siempre con grande veneración de todos, como cosa venida del Cielo, y que María se dignó actuar, en pro de sus devotos, innumerables maravillas. (continuará) PAGINA DELLA CHIESA La cultura dell’attenzione Avere attenzione alle persone significa scoprire l’uomo nella sua originalità e varietà e guardare a Dio nella sua vertiginosa libertà di aprirsi a ogni creatura. A undici anni ho conosciuto un sacerdote mandato dalla Provvidenza nella curazia dove frequentavo la domenica. Era giovane. Non solo ci faceva cantare e pregare, ma anche giocava a calcio con noi ragazzi; esperto nel dribblare, talvolta si divertiva a nascondere tra piede e piede il pallone, abbassando a campana la veste talare; organizzava i nostri spettacoli teatrali, il grest estivo e le escursioni in bici o in battello sul Po. Incontrava facilmente i nostri gusti. Non solo, ma avvicinava le famiglie e gli adulti (in anni ancora di separatezza), familiarizzava con gli operai dei campi, condividendo con loro talvolta lo stesso lavoro manuale. Ora, ultraottantenne, è ancora sulla breccia: missionario bene amato a Teresina-Piaul in Brasile. Mi sono chiesto più volte quale fosse e quale sia il segreto di tanta entratura. Col tempo ho capito che la sua ‘attenzione a tutti’ era una nota costante della sue giorna- te piene di lavoro e di preghiera, come quelle di Gesù. D’altra parte Gesù per primo ha mostrato una straordinaria attenzione agli altri: si pensi al suo incontro con la Samaritana (Gv 4,5-39), con il centurione romano (Lc 7,1-10), con la donna cananea (Mt 15,21-28), con Pilato (Gv 18,28-19,1) e con altri. La condivisione di Gesù con gli emarginati è un volto preciso della Chiesa che Gesù sognava. Per lui il fattore decisivo è l’uomo. Sembra che perfino la religione (almeno quella formalistica del giudaismo) vada in secondo ordine. In grazia dell’uomo egli relativizza elementi religiosi come la legge (Gv 8,1-11), il culto (Lc 10,25-37), il tempio e il sabato (Mt 12,1-8), la tradizione (Mc 7,1-13). Attenzione a ogni uomo, comprensione per ogni persona, misericordia per ogni creatura: sono caratteristiche dello stile relazionale di Gesù. La lavanda dei piedi (Gv 13,1-7) rimane gesto emblematico di una cultu- 13 PAGINA DELLA CHIESA 14 ra dell’attenzione. Perciò la predisposizione a lavare i piedi nella reciprocità caratterizza l’atteggiamento di fondo dell’esistenza cristiana, rapportata al prossimo. Avere attenzione anche alle persone di altra fede e di altra cultura significa scoprire l’uomo nella sua originalità e varietà, guardare a Dio nella sua vertiginosa libertà di aprirsi a ogni creatura, apprezzare anche le altre religioni nelle loro diverse forme (sia pure culturalmente condizionate) di proporre l’incontro Dio-uomo. L’elemento base di una cultura dell’attenzione sta nel riconoscimento della diversità e della molteplicità delle vie della grazia. La varietà delle religioni va vista non come disgrazia ma come promessa, non come sfortuna ma come dono, non come disorientamento dello spirito umano ma come ricchezza dell’incontro fra Dio e l’uomo. Siamo fratelli e sorelle in cammino con persone d’altra fede, con le quali condividiamo l’esperienza di fede. Perciò il dialogo diventa metodo dell’annuncio e il nostro cuore il primo terreno di missione. L’attenzione alle persone d’altra fede non è un’ovvietà. Spesso le trattiamo come estranee, dato che i pregiudizi religiosi e le tendenze culturali ingenerano paura. E in un rapporto appesantito da paure l’altro non si sente accettato, e la stessa vita sociale viene turbata da inutili sospetti. Su questo terreno le nostre comunità cristiane hanno un ruolo profetico da svolgere. Con la forza del vangelo noi cristiani siamo chiamati a sviluppare una contro-cultura, connotata dall’attenzione verso le persone di fede diversa e dal rispetto per gli estranei. D’altronde un rapporto spontaneo e rispettoso con gente d’altra fede conferisce dignità alla nostra esistenza di uomini; è un segno di rispetto anche alla variegata azione dello Spirito di Dio nel cuore umano. Secoli addietro l’Europa fu un continente interamente cristiano, ora non più: l’Europa diventa via via una società pluralistica. Questa trasformazione va vista come grazia e dono. È grazia – sulla base della fede cristiana – accogliere con rispetto le persone d’altra fede, dimostrare attenzione ai loro testi sacri, alle loro usanze, ai loro simboli religiosi. Spezzare il pane an- PAGINA DELLA CHIESA che con loro può diventare dono per tutti: un dono che apre all’Europa e al futuro della Chiesa, chiamata a confrontarsi con le diversità anche in altri continenti. Probabilmente anche per questi valori sono morti monsignor Romero in America latina, don Andrea Santoro in Turchia, l’arcivescovo caldeo Rahho in Iraq e in altri luoghi altri martiri del nostro tempo: l’attenzione e il dialogo tingono talvolta di rosso la strada della fede. Giuliano Marangon síntesis La cultura de la atención El elemento básico de una cultura de la atención es el reconocimiento de la diversidad y de la multiplicidad de las vías de la grazia. La variedad de las religiones tiene que verse como promesa, como don, como riqueza del encuentro entre Dios y los hombres. Somos hermanos y hermanas en camino con las personas de otra fe, con las cuales compartimos la experiencia de fe. Por otra parte, Jesús es el primero en mostrarnos una extraordinaria atención hacia los otros: si piensas al encuentro con la Samaritana (Jn 4,539), con el centurión romano (Lc 7,110), con la mujer cananea (Mt 15,21-28), con Pilatos (Jn 18,28-19,1) y con otros. El compartir de Jesús con los marginados es un rostro específico de la iglesia que Jesús soñó. Para él el factor decisivo es el ser humano y pareciera que hasta la religión (al menos el judaismo formalista) la pone en segundo lugar. En orden al ser humano, él relativiza elementos religiosos como la ley (Jn 8,1-11), el culto (Lc 10,25-37), el templo y el sábado (Mt 12,1-8), la tradición (Mc 7,1-13). La atención hacia cada ser humano, la comprensión hacia cada persona, la misericordia hacia cada creatura: son características del estilo con el que Jesús se relacionaba. El lavatorio de los pies (Jn 13,1-7) queda como gesto emblemático de la cultura de la atención. Por esto la predisposición a lavar los pies en la reciprocidad, caracteriza la actitud fundamental de la existencia cristiana, con relación al prójimo. Con la fuerza del Evangelio nosotros estamos llamados a desarrollar una contracultura, caracterizada por la atención hacia las personas de fe y por el respeto a los no creyentes. 15 PAGINA MARIANA Donne di contrade sconosciute Quest’anno, durante la formazione permanente in Italia, che si è svolta in due momenti uno nella casa di spiritualità a Crespano del Grappa e l’altro nella comunità Ecce Ancilla a Chioggia, ci hanno aiutato suor Paola e la professoressa Giuliana a riflettere sul tema: incontrare il dolore da Sara a Maria. Proponiamo in sintesi una prima parte dei loro interventi. Le donne di “contrade sconosciute” non sono figure di primo piano, ma sono ugualmente importanti nel piano di Dio, perché divengono strumenti e solchi della Provvidenza attraverso cui passa lo Spirito di Dio. Sono donne di periferia. La periferia è la geografia preferita da Dio. Così Dio ha agito con Santa Maria, la donna che è prefigurata in tutte le donne dell’Antico Testamento, la donna che è l’anello che congiunge i tempi dell’Antico e del Nuovo Testamento e si colloca nella “pienezza dei tempi”. SIFRA e PUA Due donne accanto alla vita che nasce (Es 1,7-21). La centralità dell’Esodo nella memoria di Israele giustifica la scelta di anteporre due donne di questo libro 16 alle figure femminili di altre pagine bibliche. È con l’Esodo che Israele diviene una nazione (cfr. Es 19) ed acquista la fisionomia di popolo eletto. Oppres- sione, liberazione o riscatto sono le coordinate fondamentali della lettura che il popolo farà della propria storia connotando la comprensione di Dio e l’intera esperienza religiosa. Da blande misure iniziali, si arriverà a vessazioni schiavizzanti verso il popolo di Israele che diventa quasi prigioniero: lavori forzati, ogni sorta di lavoro nei campi, restrizioni e durezza di vita. Infine ecco l’ordine spietato di sopprimere tutti i nuovi nati di sesso maschile, per estirpare la pianta di un popolo troppo prolifico rispetto al modesto tasso di crescita degli egiziani. Il comando è chiaro: il destino degli israeliti è di essere eliminati dalla terra egiziana. Il re d’Egitto, di cui non viene detto il nome, dice alle levatrici degli Ebrei, delle quali invece si dice il nome, Sifra e Pua (Es 1,15): “Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile del parto: se è maschio, lo farete morire, se è femmina, potrà vivere” (Es 1,16). La scelta del faraone è uno spietato genocidio. Alla sua risoluta decisione si oppone quella coraggiosa e astuta delle due donne ebree che non si rendono strumenti del re, per la sua politica demografica. La loro apparizione è breve, ma significativa. Esse non vogliono rendersi complici di un uomo di governo che facendo scelte di morte, vuol sostituirsi a Dio datore della vita. Dio origina la vita e di questo loro hanno coscienza perché il testo dice: “temettero Dio” (v. 17a). Il timore di Dio diviene in loro rispetto per la vita perché, similmente a Lui, conoscono il “peso” di generare e di trarre alla vita. Sanno quanto sia prezioso il loro compito e quanto sono prossime al mistero che nella donna, ma prima ancora in Dio, origina e chiama alla vita. È per questa prossimità al mistero della vita che in loro è grande il timore, ed è per il loro compito di levatrici che non possono obbedire al Faraone. Per questo la levatrice, ma anche ogni donna che sopprime la vita, manca di timore di Dio e ferisce se stessa là ove è riposto il suo peso specifico. Da qui il coraggio della disobbedienza: “non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e lasciarono vivere i bambini” (v. 17b); il loro è un non-fare (che è già un fare), una disobbedienza che è una decisione, una non obbedienza che è libertà. Con il loro gesto esse hanno tagliato il cordone ombelicale tra il potere e la morte ed hanno arrestato il dolore. Alla richiesta da parte del Faraone di una motivazione, le levatrici rispondono: “Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito!” (v. 19). Sifra e Pua sfidano il Faraone attraverso l’inganno, la finta ingenuità, la salda determinazione nascosta sotto l’arrendevolezza apparente. A loro si può applicare la definizione evangeli- 17 PAGINA MARIANA ca di Matteo: “Furbe come serpenti e semplici come colombe” (10,16). Sono donne che si fanno antesignane dello stile di libertà portato da Cristo. La disobbedienza delle levatrici è la loro responsabilità verso la vita usata contro il potere irresponsabile del Faraone, un potere di morte. Esse lo contrastano mettendo a repentaglio la propria vita, per stare dalla parte della vita (paradosso), certe che la loro disobbedienza è giusta, perché sanno che obbediscono a Dio piuttosto che agli uomini (cfr. At 5,29). E tanto più gli ordini umani sono precisi, tanto più ha spessore la loro disobbedienza, la loro testimonianza di donne giuste, la grande libertà e forza morale di “agire contro”, in virtù della loro coscienza che le porta a temere Dio, a valutare ciò che è giusto ai suoi occhi. Conseguenza del dolore di morte che esse sanano e colmano, della vita che salvano e quindi della gioia che danno alle madri, è altra vita. Le don- ne come Dio sono per la vita. “Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte” (v. 20). La vita straripa quasi dalle donne ebree, perché la desiderano, la accolgono e la rispettano. Ne sono talmente piene che la donano spontaneamente senza aiuti esterni e, se levatrici, non temono di offrirla per altre nuove vite. Benedizioni di vita senza misura per coloro che hanno rischiato disobbedendo senza titubanze. “E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una famiglia numerosa”(v. 21). Chi teme Dio, in Dio trova la sua forza, non ha bisogno di puntelli umani e rischia tutto. Si deve disobbedire dunque e rischiare anche la vita per amore della vita, della vita indifesa e offesa soprattutto, perché è sacra, perché Dio ne è l’autore. Chi teme Dio ama e chi ama non ha paura. Nell’amore non c’è paura perché “l’amore vince la paura” (Edith Stein). Sifra e Pua, rischiano la loro vita disobbedendo al re per salvare vite nascenti e in cambio ottengono “una misura pigiata, traboccante” (Lc 6,38) di vita futura. Se semini vita raccogli vita. Se sei benedizione sarai benedetto e porterai benedizione. Ogni figlio è il frutto benedetto del grembo di una donna, come lo è stato Gesù, il frutto benedetto del grembo di Maria (Lc 1,42). Maria serva della vita, serva di quel figlio che non sarebbe stato per lei, ma un figlio donato all’umanità. In questo dono sta l’amore e il dolore di Maria. Sifra e Pua sono madri dei figli che vedono nascere, perché li traggono alla vita, non alla morte come voleva il re. Così è stato per la Vergine Maria con Gesù, venuto non per lei, ma perché noi avessimo la vita in abbondan- RICORRENZE za (cfr. Gv 10,10). La Vergine ha accolto il Figlio di Dio nel suo grembo… ed è sempre stata fedele alla vita, all’accoglienza della volontà di Dio anche quando comportava avversità e rifiuto umani. L’angelo le aveva detto: “Non temere Maria” (Lc 1,30)… Ella si è fidata di Dio, a cui nulla è impossibile, il Dio di Abramo, di Isacco… il Dio di Sifra e di Pua… il Dio che fa fiorire il deserto. Nel Figlio di Maria diventiamo figli di Dio, come se in Gesù la Madonna ci avesse portati tutti in grembo con la sua maternità allargata. Maria ha rischiato in nome della vita, della Vita che non avrà mai fine. Grazie a lei madre della vita. suor Paola Barcariolo síntesis Sifrá y Púa Dos mujeres junto a la vida que nace (Ex 1,7-21). Este año, durante la formación permanente en Italia, que se llevó a cabo en dos momentos, uno en nuestra casa de espiritualidad “Santa María del Covolo “ en Crespano del Grappa y el otro en la comunidad “Ecce Ancilla” en Chioggia, guiados por sr Ma. Paola Barcariolo y la Profesora Giuliana proponiéndonos el tema: “Encontrar el dolor de Sara a María”. Las mujeres de “calles desconocidas” no son figuras de primer plano, pero igualmente son importantes en el plan de Dios, porque se vuelven instrumentos y canales de la Providencia a través de los cuales pasa el Espíritu de Dios. Santa María es la mujer prefigurada en todas las mujeres del Antiguo Testamento, es el anillo que une los tiempos del Antiguo y Nuevo Testamento. La centralidad del Éxodo en la me- 19 PAGINA MARIANA 20 moria de Israel justifica la elección de anteponer dos mujeres de este libro a las figuras femeninas de otras páginas bíblicas. El rey de Egipto, cuyo nombre no viene enunciado, dice a las parteras de los Ebreos, de las cuales si se dice el nombre, Sifrá e Púa (Ex 1,15): “Cuando asistirán a las hebreas, fijense bien en el momento en que dan a luz: si es niño, háganlo morir; y si es niña, déjenla con vida” (Ex 1, 16). La decisión del faraón es un despiadado genocidio. A su firme decisión se opone aquella valorosa y astuta de las dos mujeres hebreas que no se vuelven instrumentos del rey. Su aparición es breve, mas significativa. Ellas no quieren hacerse cómplices de un hombre de gobierno que, haciendo elecciones de muerte, quiere sustituir a Dios dador de la vida. A la petición de una motivación de parte del Faraón, las parteras responden que “las hebreas no son como las egipcias. Son más robustas y dan a luz antes que llegue la partera” (v. 19). La desobediencia de las parteras es responsabilidad hacia la vida usada contra el poder irresponsable del Faraón, un poder de muerte. Ellas lo obstaculizan poniendo en peligro la propia vida, para estar de parte de la vida, seguras que su desobediencia es justa, porque saben que obedecen a Dios en vez de los hombres (cfr. Hch. 5, 29). Cada hijo es el fruto bendito del vientre de una madre, como lo fue Jesús, el fruto bendito del vientre de María (Lc 1, 42). María es sierva de la vida, sierva de aquel hijo que no sería para ella, sino un hijo donado a la humanidad. En este don está el amor y el dolor de María. Sifrá y Púa son madres de los hijos que ven nacer, porque los traen a la vida, hijos que de ellas no serán jamás. Así fue para la Virgen María con Jesús, que vino no para ella, sino para que nosotros tuvieramos la vida en abundancia (cfr. Jn 10, 10). La Virgen acogió el Hijo de Dios en su vientre y fue siempre fiel a la vida, a la acogida de la voluntad de Dios, aún cuando comportaba adversidades y rechazos humanos. El ángel le había dicho: “No temas María” (Lc 1, 30). Ella confió en Dios, al cual nada es imposible, el Dios de Abraham, de Isaac… el Dios de Sifrá y Púa… el Dios que hace florecer el desierto. En el Hijo de María somos hijos de Dios, como si en Jesús nos hubiera llevado en el vientre con su maternidad alargada. APPROFONDIMENTI Il dolore coraggioso dei curati Il vero maestro deve trarre dal proprio discepolo la verità che questi già in cuore possiede ma che ancora non sa. La vicenda delle due levatrici che aprono il libro dell’Esodo, Sifra e Pua, non è molto nota al “grande” pubblico che comunemente frequenta le chiese, e se lo è, è marginale rispetto alle vicende, e ai relativi protagonisti di Esodo. Nella fattispecie sono molto più note la figlia del faraone e la giovane Miriam, che salvarono il piccolo Mosé; ma solo quelle due levatrici avevano impedito il genocidio ordinato dal faraone, a monte dello stesso Mosé. La figura della levatrice avrebbe costituito il modello del maestro in Socrate, figlio di una levatrice, il quale avrebbe definito maieutica la propria arte pedagogica perché, come la levatrice aiuta il bambino a nascere, ma non lo crea, così il vero maestro deve trarre dal proprio discepolo la verità che questi già in cuore possiede ma che ancora non sa. Il parto comporta dolore e la levatrice è figura di chi per vocazione si pone al servizio della sofferenza altrui non per impedire il soffrire, ma per aiutare chi soffre a contenere e finalizzare il dolore. Per questo ella dovrebbe essere modello di ogni curante. Oggi i curanti sono troppo presi dal “guarire” e quindi dall’aver successo sulla malattia, tanto che vogliono aver successo anche sul dolore. Ne consegue troppo spesso (e in via purtroppo prevalente) che l’attenzione del curante è catturata dall’analisi dei sintomi e dall’applicazione coerente di rimedi, mentre il dolore connesso alla malattia (e anche alle stesse cure: i famosi effetti collaterali) è disatteso, inascoltato e il sofferente abbandonato alla propria grave fragilità. Eppure dal dolore si può soccombere. La medicina nata per accompagna- 21 RICORRENZE 22 re la malattia, fino alla morte, è oggi diventata una medicina che a tutti i costi si identifica soltanto con la guarigione, e non ascolta più il dolore. Anche la psicoterapia, purtroppo e con mia grande sorpresa, si sta avviando sulla stessa strada, ed essa continua ad affinare tecniche del controllo della sofferenza, della sua (spesso illusoria) soluzione, mentre rinuncia sempre più al compito di comprendere quali sono i veri fattori della terapia. Curare infatti significa porsi accanto all’altro facendosi “protesi” soltanto di ciò in cui l’altro è impedito, dal dolore o dalla sua condizione, ma lasciando a lui la padronanza della propria pienezza umana. Questo significa cogliere il valore dell’altro per ciò che egli rimane o per ciò che gli rimane, pur nella condizione di malattia (o di disagio sociale) e fino al suo limite (che può essere la sua stessa morte, la sua invalidità permanente, oppure e magari, il suo essere realmente un assassino). Ma per sostenere l’altro, il suo essere uomo, indipendentemente dalle condizioni in cui versa, occorre allenare il proprio sguardo a scendere negli abissi del cuore umano, senza paura. E questo movimento è l’esatto contrario della tendenza odierna a un progresso infinito per cui, basta che ci sia qualcosa da fare, che deve essere fatto, senza spesso analizzarne i costi o le conseguenze. Certa scienza è purtroppo diventata nient’altro che questo. È qui che il confronto con il Dio biblico diventa necessario per ogni curante o terapeuta, anche se poi egli vorrà chiamare il proprio assoluto in altro modo. Qual è infatti la forza che sorregge un curante nel chiamare ancora “uomo” un essere degradato, senza mente, rudere agli occhi altrui, e anche a se stesso, oppure che si presenta con le mani macchiate di un assassinio? Nessuno nega che questa forza sia l’amore come evidenza soggettiva ed esperienziale di quel principio mai dimenticato che è l’idea di Bene. E cos’è il Dio biblico se non quel Bene che interpella personalmente e che non teme di incontrare ognuno anche in quello che si ritiene disumano (come certe malattie) o che addirittura uccide la vita? Nel Figlio ucciso violentemente Dio incontra il nostro sguardo APPROFONDIMENTI assassino, purché lo alziamo da terra. Ebbene, per chi aiuta si tratta di porsi su questo asse di Dio che guarda all’uomo ed è disposto a scendere fino al punto più basso pur di risollevarne la vita (Gv 17). Il problema infatti non è il male (come malattia o violenza): il problema è che ogni stato dell’uomo deve essere ricondotto nella vita e al significato che essa ha nell’uomo. La vita nell’uomo non è solo organica, o animale, ma è anche protesa verso gli altri e verso l’Assoluto. Le religioni sono il luogo dove l’uomo apprende i modi per costruire il suo rapporto personale con l’Assoluto e lo può assieme agli altri. Le due levatrici non sono state brave, né eroiche, anche se hanno rischiato la loro vita: esse semplicemente hanno ascoltato l’ordine del faraone e si sono accorte che questo non rientrava nella totalità della loro esperienza, che era al servizio della vita. Esse si sono attenute al senso della loro esperienza tanto più che, se avessero obbedito al faraone, non avrebbero aiutato il dolore delle madri, ma lo avrebbero aggravato. Cosa infatti aiuta la donna a tollerare il dolore del parto che, si sa, è uno fra i più gravi? Il fatto che ella non è da sola, ma è col suo bambino e la levatrice ricorda spesso alla madre che il suo soffrire è legato allo sforzo del bambino per nascere. La lingua ebraica, nella sua profondità idiomatica e ideogrammatica, traduce le doglie del parto con (c)habel che diversamente vocalizzato (chebel) significa corda, fune. Chi ha vissuto le doglie del parto può ben dire che esso è ben figurato da spire di cordame che avvolge e stringe; ma non solo, il dolore del parto è un dolore legato allo sforzo del bambino, e al suo dolore, anche se egli non ha ancora un sistema nervoso abbastanza integrato per sen- tirlo come suo. Il piccolo infatti lo sente ma nella gran parte non lo rapporta a sé stesso (perché il Sé, per come noi lo intendiamo, verrà soltanto dopo). Quelle corde del termine ebraico allora dicono che lo sforzo del bambino è strettamente legato alla capacità della madre di accompagnarlo, di adattarsi alle fatiche del bambino per nascere; e le ostetriche sanno molto bene questo, e dicono ad ogni partoriente che il bambino godrà e avrà dei vantaggi se la madre saprà fare questo. Loro aiutano la madre a fare questo, e in genere si ha una buona nascita. Allora quelle corde, pur in mezzo al grande dolore, diventeranno sinergiche, come le briglie di una pariglia galoppante, come corde di un liuto: in entrambi i casi il prodotto sarà l’armonia di un trotto, o di una musica. Armonia nel dolore? Sì, e più che mai, perché il dolore è sempre la conseguenza di una rottura in un equilibrio: un amore tradito, un corpo che 23 APPROFONDIMENTI vacilla, una parte che perde il suo funzionamento all’interno dell’intero corpo; ...talvolta quella primitiva armonia non sarà più ricostruibile, … e questo causerà ulteriore dolore che si sommerà a quello primario… ma… il problema rimane l’armonia, da ritrovare, o ricostruire ex novo attraverso nuove vie. Ecco, le nuove vie: queste verranno sempre dall’incontro con altri, quegli altri sempre in qualche modo maieutici (levatrici) che, magari senza saperlo, si porranno accanto a noi supportandoci dove non possiamo, cosicché noi ritroviamo la nostra creatività e scopriamo nuove soluzioni. E poi il ritmo: la levatrice aiuta la madre a controllare il dolore attraverso il ritmo (del respiro e delle spinte). Quando in sede post-universitaria ci si è interrogati su quale sia il fattore curativo della psicoterapia, ci si è detti che certamente una parte centrale aveva la cadenza regolare degli incontri con qualcuno che ascoltasse; ciò che era disperazione veniva diluita in tempi ritmici all’interno dei quali nasceva la fiducia e la consolazione; ne seguiva la visione nuova e un nuovo apprendi- 24 mento rispetto alla propria vita. Ma la regolarità, l’ascolto, il ritmo… e la conseguente fiducia non sono forse ciò che ha anche a che fare, almeno all’inizio, con la preghiera rituale?... Allora… quale conclusione? Da molto tempo ormai penso che il cuore delle tante sofisticate cure (certamente funzionali) nella società d’oggi sia lo stesso dell’antica preghiera… e ben lo sanno coloro che si rivolgono alle pratiche curative orientali… E dove è andata a finire la nostra preghiera ebraico-cristiana? Occorrerà recuperarla scientificamente? Ricordiamo che se la scienza è nata dal pensiero greco, mentre l’attenzione a renderla utile a tutti i sofferenti è valore del cristianesimo…è il cristianesimo che pratica l’aiuto ai deboli come via a Dio. Aiutare e curare sono modi della pietà e modi della preghiera... Questa non è opera nostra ma in essa noi (curanti e curati) poniamo la nostra esistenza nell’Assoluto, per noi il Dio personale (tanto più personale perché nel dolore, più che mai, ognuno di noi si ritrova con il più intimo sé stesso). Giuliana Fabris APPROFONDIMENTI síntesis El dolor intrépido de los que han sido sanados La historia de las dos parteras que abre el libro del Éxodo, Sifrá e Púa, no es muy conocida al «grande» público que comunmente frecuenta la iglesia. Son mucho más conocidas la hija del faraón y la joven Miriam que salvaron al pequeño Moisés, pero sólo aquellas dos parteras impidieron el genocidio ordenado por el faraón antes del nacimiento del mismo Moisés. El parto comporta dolor y la partera es figura de aquellos que, por vocación, se pone al servicio del sufrimiento del otro no para impedir el dolor sino para ayudar a quien sufre, para ayudarlo a contener y finalizar el dolor. Por eso ella debe ser modelo de todo médico. La medicina nació para acompañar la enfermedad, hasta la muerte, hoy esta medicina se identifica solamente con la sanación y ya no escucha el dolor. También la psicoterapia, desafortunadamente y con grande sorpresa, se está dirigiendo hacia la misma dirección. Sanar, en efecto, significa estar junto al otro haciéndose «próte- sis» solamente en la invalidez del otro, por el dolor o por su condición, pero dejando a él el dominio de la propia plenitud humana. Pero para sostener al otro, independientemente de la condición en la cual esté, se necesita ejercitar la propia mirada para que logre descender a los abismos del corazón humano, sin miedo. Es aquí que el confrontarse con el Dios bíblico es necesario para cada médico o terapeuta, aunque si después éste llama al absoluto en otro modo. Ninguno niega que la fuerza que sostiene a un médico para poder llamar todavía «hombre» a un ser degradado, sea el amor como evidencia subjetiva y esperiencial de aquel principio nunca olvidado que es la idea de Bien. ¿Y que cosa es el Dios Bíblico si no aquel Bien que interpela personalmente y que no teme de encontrar a cada uno aun en aquello que se considera deshumano o que directamente mata la vida? En el Hijo asesinado violentamente Dios encuentra nuestra mirada asesina, con tal de que nos alzemos de la tierra. Y bien, para quien ayuda se trata de ponerse en este eje de Dios que mira al hombre y está dispuesto a descender al punto más bajo con tal de elevar la vida (Jn 17). Ravviva il dono... Tu porti un sogno, ti anima una irresistibile voglia di vivere, di fare qualcosa di grande. Hai un bisogno di amare, per esprimere il meglio di te stesso? Non lasciarti abbattere perché il tuo sogno è vero! Giovane ravviva il dono che è in TE! Noi Serve di Maria vogliamo seguire Gesù, ispirandoci a Maria, Madre e Serva del Signore, accanto alle infinite croci dove Egli è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Voi realizzare questo ideale di fraternità, di servizio e di amore Maria? Per Te Giovane… Weekend 15-16 Novembre 2008 17-18 Gennaio 2009 16-17 Marzo 2009 Per Te Adolescente… 18 Ottobre 2008 8/22 Novembre 2008 13 Dicembre 2008 Per informazioni: tel. 041 400255 e-mail: [email protected] Reaviva el don... Tu tienes un ideal, te impulsan unas ganas irresistibles de vivir, de hacer algo grande ¿Tienes dentro de ti una necesidad de amar, para expresar lo mejor de ti? ¡No te desanimes, porque tu ideal es verdadero! ¡Joven reaviva il don de Dios que está en ti! Para Ti joven… Nosotras Siervas de María queremos seguir a Jesús, inspirándonos a María, Madre y Sierva del Señor, junto a las infinitas cruces donde Él está todavía crucificado en sus hermanos. Te invitamos a participar Retiro mensual en casa MATER DOLOROSA, sur 19 N°178 Orizaba, Ver. El 4° domingo de cada mes. Informes: Tel. 7243240 Piedras Negras, Coahuila. Retiro Juvenil: 12-13 Abril. 24-25 Mayo Informes: Tel. 7831315 e-mail: [email protected] ¿Quieres realizar este ideal de fraternidad, de servicio y de amor a María? RICORRENZE Silenzio e interiorità San Giuseppe l’uomo del silenzio, del lavoro, dell’obbedienza e della famiglia. Il giorno 15 marzo il nostro vescovo Angelo si è unito idealmente a tutta la congregazione nella cappella della casa madre in Chioggia, nella celebrazione dell’Eucaristia assieme ad altri sacerdoti e laici, per supplicare il nostro patrono San Giuseppe e ricordare gli inizi della famiglia religiosa. Infatti, la festa liturgica è stata anticipata al sabato, non potendola celebrare durante la settimana santa. Riportiamo l’omelia del vescovo. Nel giorno dedicato a S. Giuseppe, nel 1873, prendeva il suo inizio la Congregazione delle Serve di Maria Addolorata. Alla figura e alla protezione di questo santo rimane legata e affidata questa famiglia religiosa: custode amoroso della famiglia di Nazareth e, diciamo pure, custode anche di questa comunità. Guardiamo a lui come l’uomo del silenzio, del lavoro, dell’obbedienza e della famiglia. Uomo del silenzio innanzitutto. Il vangelo non riferisce nessuna sua parola. Giuseppe non andò a predicare; 28 non ebbe la gloria del martirio. La sua morte fu una partenza in punta di piedi: Gesù nella sua vita pubblica avrebbe parlato del Padre che è nei cieli. In un tempo come il nostro nel quale tutto è detto, pubblicato, reclamizzato, questo santo ci richiama il valore del silenzio e della interiorità; dell’azione seria e generosa, senza preoccuparci troppo della pubblicità. Ci sono persone, a volte anche nella vita religiosa, che parlano quasi sempre di se stesse, che non sanno ascoltare, non sentono il bisogno di ricevere dei consigli. S. Giuseppe ci insegna ad educarci e ad educare al vero dialogo, che prima di tutto è ascolto: ascolto degli altri e soprattutto ascolto di Dio. Giuseppe, uomo del silenzio, è anche l’uomo del lavoro. Di Gesù si dirà: “figlio del fabbro”: operaio, artigiano del paese. Lavoro manuale, semplice e faticoso, con gli incerti e i disagi del mestiere; la difficoltà di accontentare tutti, la pazienza nell’aspettare ricompensa. Non lavoro borghese, signori- DALLE MISSIONI le, intellettuale, di direzione; neppure altamente umanitario. Con questo lavoro manteneva la famiglia; era il suo modo pratico; concreto di amare. Gesù imparò a lavorare da Giuseppe. L’eterna Sapienza, il Creatore dei mondi, accettò di imparare, di cominciare, di chiedere consiglio. Noi ci auguriamo che nella nostra società le condizioni del lavoro rivelino ed esaltino la dignità dell’uomo, non lo umilino relegandolo al ruolo di oggetto, come un pezzo di ingranaggio. Tuttavia ricordiamo che il lavoro anche semplice, manuale, non disonora l’uomo, la donna; lo ha esercitato Giuseppe, e con lui lo stesso Figlio di Dio. Portiamo con noi questo esempio, anche quando saremmo tentati di misurare l’importanza delle persone dal compito che hanno, più che dal modo di svolgerlo. Ricordo ancora quanto diceva, tanti anni fa, un mio insegnante di teologia: “È molto meglio che un grande uomo onori un piccolo posto, piuttosto che un piccolo uomo sia onorato da un grande posto”. L’uomo del silenzio, del lavoro, è anche l’uomo della obbedienza. In quella piccola famiglia gli ordini Dio li dava a Giuseppe: e non erano facili da eseguire. “Non temere di prendere con te Maria, tua sposa”. “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta lì finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”. E in seguito: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, e va nel paese d’Israele, perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino”. A Giuseppe Gesù obbediva (“Stava loro sottomesso”, osserva S. Luca); ma Giuseppe era obbediente a Dio. Il Concilio ci ha ricordato che la obbedienza nella vita religiosa deve essere attiva e responsabile. Ma questo non vuol dire che sia facile. Anzi a volte è crocifiggente; è resa possibile solo dall’amore. S. Giuseppe anche in questo ci offre il suo esempio, insieme con il suo aiuto, la sua protezione. Giuseppe, l’uomo del silenzio, del lavoro e dell’obbedienza, è anche l’uomo della famiglia. È stato chiamato da Dio ad essere sposo e padre in modo diverso da altri, verginale e sublime, con un figlio suo e non suo. Ma la famiglia fu la sua vocazione. Non è stato sempre facile; ci sono state le prove, anche durissime. Pensiamo al suo dramma per la maternità di Maria; alla sua responsabilità alla nascita di Gesù nella povertà di una stalla; e poi alla fuga verso l’Egitto, e lo smarrimento al tempio. La stessa morte, tra le braccia di Gesù e Maria, sarà stata dura per il distacco da loro. Il vangelo riassume l’elogio di Giuseppe con una sola parola: uomo giusto. Che significa fedele al suo posto, alla sua vocazione, sempre. In un celebre discorso tenuto a Nazareth il 5 gennaio 1964 il Papa Paolo VI° diceva: “Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazareth ci ricorda cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile”. Oggi noi preghiamo questo santo 29 RICORRENZE per le famiglie, anche per le famiglie dei nostri cari, che portiamo in cuore e talvolta nelle preoccupazioni. Vorremmo che anche la comunità religiosa fosse famiglia: con vincoli diversi da quella naturale, ma pure sacri e profondi. Ci conceda S. Giuseppe non solo di sentirne il bisogno, di desiderarla, ma di collaborare a costruirla: con la stima vicendevole, il dialogo sincero, la collaborazione fattiva; all’occorrenza anche con la comprensione e il perdono. Se nella vita religiosa, e anche sacerdotale, c’è una comunità con veri rapporti di famiglia, gli altri problemi e difficoltà si affrontano con più coraggio e si superano anche più facilmente. Ci auguriamo e preghiamo perché questo si realizzi veramente in questa Congregazione che si affida a Maria e a Giuseppe e con rinnovata fiducia va incontro a Gesù e alla missione alla quale egli la chiama anche in questo attuale momento della società e della chiesa. O S. Giuseppe, nostro patrono, prega per noi. + Angelo Daniel vescovo di Chioggia síntesis Silencio e interioridad El 15 de marzo nuestro Obispo Angelo se reunió espiritualmente, con la celebración de la Eucaristía, con toda la Congregación en la capilla de la Casa Madre en Chioggia, junto a otros sacerdotes y laicos, para elevar súplicas a nuestro Protector San José y recordar los inicios de nuestra familia religiosa. Así nos exhortaba: “En el día dedicado a San José, en 1973, nacía la congregación de las Siervas de María Dolorosa. A la figura y protección de este san- to quedó unida ésta familia religiosa. Contemplemos a San José como hombre de silencio, de trabajo, de obediencia y de familia. Fue llamado por Dios a ser esposo y padre en modo diferente a los demás, virginal y sublime, con un hijo suyo y no suyo. El Evangelio resume el elogio a José con una sola palabra: hombre justo, que significa siempre fiel a su puesto, a su vocación. Hoy nosotros oramos a este santo por las familias, también por las familias de nuestros parientes, que llevamos en el corazón y que a veces tienen preocupaciones. Quisiéramos que también la comunidad religiosa fuera una familia: con vínculos diferentes de la natural, pero igualmente sagrados y profundos. Nos conceda San José no sólo sentir esta necesidad, desearla, sino también colaborar para construirla: con estima recíproca, diálogo sincero, colaboración efectiva y, cuando sea necesario también con la comprensión y el perdón. Si en la vida religiosa y también en la sacerdotal existe una comunidad con verdaderas relaciones de familia, los problemas y las dificultades se enfrentan con mayor valor y se superan más fácilmente. Deseamos y oramos para que esto se realice verdaderamente en esta Congregación que se encomienda a María y José. DALLE MISSIONI Nuestra Señora de los dolores La madre piadosa estaba junto a la cruz y lloraba mientras el hijo pendía. En este día 15 de septiembre de 2007, nos reunimos como Congregación, las hermanas de la Delegación Mexicana acompañadas por los hermanos de la Orden Seglar para celebrar la solemnidad de Nuestra Señora de los Dolores. A las doce del día en el templo de “Santa María de los Servitas” participamos a la Eucarística presidida por el P. Ángel Flores, Vicario de la Catedral de San Miguel Arcángel, Orizaba, Ver. Durante la homilía el Padre Ángel nos invitaba a reflexionar en la Virgen María: “ella es la mujer que estaba en los planes de Dios, para que por ella llegara la salvación al mundo, pero como Dios es muy respetuoso de la libertad del hombre, también respetó la libertad de María. María reconoce que su libertad le viene de Dios y da su SI. Es un SI confiado, hágase en mí según tu palabra, hágase en mi según tus planes, yo soy tu esclava. Esto nos demuestra que María es mujer de fe, de esperanza; mujer humilde que se humilla ante su Señor, que sabe aceptar la voluntad de Dios. Pareciera que en la vida de María todo fuera gozo, porque proclama: el poderoso ha hecho obras grandes por mí. Respuesta de gozo, pero también de dolor, porque María sabía del dolor que le había anunciado Simeón: Una espada te atravesará el alma…, a pesar del dolor se mantienen de pie junto a la Cruz, aceptando el plan de Dios en su Hijo y en ella. La fortaleza, la esperanza, aun en medio del dolor, es un gran ejemplo para nuestra sociedad que le da la vuelta al sufrimiento porque no entendemos que el dolor es parte del caminar que tenemos que recorrer para alcanzar la resurrección. A nosotras como religiosas, el Padre, nos invitaba a consagrar nuestra vida a los enfermos, a la educación, y a todas las necesidades que la Iglesia y la sociedad nos presenta. Que esta fiesta nos anime y fortalezca para seguir dando luz, esperanza y consuelo a aquellos a los que llevamos su mensaje, además de que fortalezca nuestra vocación. A las hermanas jóvenes en 31 DALLE MISSIONI formación las exhortaba a no desanimarse, a no tener miedo de cargar con la Cruz del Señor diariamente . Esta celebración nos lleva a profundizar realmente el gran significado de la cruz redentora y a mirar a María junto a la cruz de Jesús. Esta presencia significa fidelidad hasta las últimas consecuencias, hasta la muerte. El corazón de María no se vació nunca de esperanza y por eso la comunidad cristiana la recuerda en este día como la madre fiel, que, aún en medio del máximo dolor, acompañó a su Hijo hasta la muerte en cruz. Los cristianos debemos tener los mismos sentimientos de María. En medio del dolor y el sufrimiento que estamos viviendo, no podemos perder la esperanza. Está por amanecer un día nuevo, el día de la vida. Con María, como los pobres de Dios, podemos confiar siempre en Él que nos ama, que nos anuncia, con la resurrección de su Hijo, nuestra propia resurrección. También nuestro espíritu se puede alegrar, aún en medio del dolor, por la esperanza que viene de Dios. María, entregada por Jesús al discípulo amado y el discípulo amado que acoge en su casa a María, se convierten para nosotros en la encomienda que el Señor quiere hacernos a quienes hemos de convertirnos en sus discípulos amados: Acoger a su Iglesia en nuestra casa, en nuestra familia, para que se convierta en una comunidad de fe, en un signo creíble del amor de Dios, en una comunidad que camine con una esperanza renovada. Mientras no perdamos nuestra comunión con la Iglesia, podremos caminar con firmeza y permanecer fieles al Señor. Si Cristo, si María, si la Iglesia están en nosotros, vivamos como testigos que dan su vida para que todos disfruten de la Vida, de la salvación que Dios nos ha dado en Cristo Jesús, su Hijo. Que la Santísima Virgen María, que incluso al pie de la cruz permaneció de pie escuchando a su Hijo, dispuesta a hacer su voluntad; que no rehuyó en la encomienda de irse con el discípulo amado para ayudarle a caminar con el mismo amor y fidelidad puesta a toda prueba con que vivió su Hijo Jesús; que ella, nuestra Madre, interceda por nosotros, para que no nos quedemos en una fe intimista y romanticista, sino que caminemos en una fe de generosidad, de capacidad de acoger a los que sufren, a los pecadores, a los que han sido marginados, para que, disfrutando del amor que Dios quiere que todos poseamos, algún día seamos acogidos eternamente en la Casa del Padre. sor Beatriz Molina DALLE MISSIONI sintesi L’Addolorata Il 15 settembre 2007, ci siamo riunite come Delegazione Messicana nel tempio di Santa Maria dei Servi in Orizaba per celebrare la solennità della Vergine Addolorata. L’Eucaristia è stata presieduta da padre Ángel Flores, vicario de la cattedrale di San Michele Arcangelo, Orizaba-Veracruz. È stata una celebrazione molto solenne e si sono uniti a noi anche l’Ordine secolare e altri fedeli. Il celebrante ci invitava a consacrare la nostra vita agli ammalati, all’educazione dei fanciulli e dei giovani ad essere aperte a tutte le necessità della chiesa, a trovare slancio proprio nella celebrazione per donare luce, speranza e consolazione a coloro che il Signore pone nel nostro cammino. Noi contempliamo la Vergine addolorata ai piedi della croce durante la settimana santa: e il suo essere ai piedi della croce di Gesù ci aiuta a riflettere sul grande significato della croce redentrice e della fedeltà fino alle ultime conseguenze, fino alla morte. Chiediamo alla Vergine Maria che ci ottenga una fede generosa, capace di accogliere le persone in difficoltà, coloro che soffrono nel corpo e nello spirito affinché possano sperimentare la bontà misericordiosa di Dio padre. Un niño nos ha nacido Tengo la convicción que el Señor se ha adelantado como regalo. La comunidad “Mater Dolorosa” en este adviento se propuso hacer un serio camino de conversión para poder regalar al Niño Dios una cuna digna de Él, ofreciéndole nuestra firme voluntad de amar sinceramente a todas las hermanas y, a quien fuera necesario, pedir y ofrecer el perdón sincero. Tengo la convicción que el Señor, que siempre nos precede en todo, todavía antes de la realización práctica de nuestro empeño, Él mismo se ha adelantado como regalo, por medio de nuestro Párroco, eligiendo a nuestra comunidad como Madrina del Niño Dios en esta Navidad. Nunca me ha gustado ser puesta en evidencia pero, si el Señor lo ha dispuesto, con sencillez lo he aceptado. He leído este hecho como una ulterior posibilidad, ofrecida por el Señor, para empeñarnos comunitariamente con mayor intensidad a acoger la venida del Salvador. Con entusiasmo hemos preparado un pequeño recuerdo para ofrecer a los fieles al final de la celebración de la misa de Navidad. El 24 de diciembre a las 20:45 hrs., salimos de la casa en procesión, cantando villancicos, acompañadas por dos acólitos, por la familia de Sor M. Judith y de algunas personas de las casas cercanas. A la puerta de la Iglesia nos ha recibido el P. Francisco Aguilera, nuestro 33 DALLE MISSIONI Párroco y el concelebrante P. Filiberto Serrano, para introducirnos a la celebración. Durante la homilía el Padre invitó a considerar: que esta es una noche santa en la que el Eterno entró en el tiempo y la Omnipotencia quiso revestirse de nuestra debilidad. Es impresionante contemplar este misterio de Navidad, como Aquél que vistió el sol, la luna, las estrellas, hizo los animales, la belleza de las flores y todo cuanto existe, no se vistió a sí mismo, sino que lo encontramos envuelto en pañales en un pesebre. Tenemos la oportunidad de contemplarlo y adorarlo hecho niño en medio de nosotros y descubrir que el Salvador del mundo ha nacido para cada hombre de buena voluntad. Terminando la Eucaristía, presentamos a los fieles el Niño Dios para la adoración y, uno pequeño para llevar a su casa; luego, acompañadas por el Párroco y cantando nos dirigimos hacia el Bautisterio, lugar donde se había preparado el nacimiento para colocar al Niño Dios. La comunión de vida vivida en este tiempo y en esta celebración, la hemos externado luego en la convivencia regresando a nuestra comunidad. sor Flavia Penzo sintesi Un Bambino è nato per noi 34 Il parroco della parrocchia della Concordia Orizaba, durante l’Avvento ha scelto la nostra comunità come madrina del Bambino Gesù per il Santo Natale 2007. Ho letto questo evento come un regalo e un’opportunità per impegnarci comunitariamente con maggior inten- sità ad accogliere la venuta del Signore in mezzo a noi. La notte del 24 dicembre in processione, cantando e pregando assieme alle persone dei dintorni, ci siamo recate nella chiesa parrocchiale per la celebrazione dell’Eucaristia. Alla porta ci ha accolto il parroco assieme al concelebrante padre Filiberto Serrano. Al termine della celebrazione abbiamo offerto ai fedeli il Bambino Gesù, perché venga adorato, e consegnato un piccolo ricordo che avevamo preparato per la natività del Signore. DALLE MISSIONI Inmaculada Concepción Padre Emilio vivió y amó la Palabra de Dios, los sacramentos y la oración a imitación de María. En este día nos hemos reunido las comunidades de la Delegación mexicana para celebrar varios acontecimientos de nuestra Congregación: Aniversario de la muerte de nuestros Fundadores Padre Emilio Venturini y Madre Elisa Sambo y un aniversario más de la llegada de nuestras hermanas a México. Por la tarde del día ocho iniciamos nuestro encuentro fraterno con la celebración de Vísperas, después compartimos la cena y un momento de recreo divertidísimo en el que cada comunidad aportó algo para todas las hermanas con respecto a los acontecimientos que estábamos celebrando. Al día siguiente Sor Soledad nos impartió un tema de nuestro Fundador, tocando aspectos como el de: su sensibilidad ante la situación de Chioggia en su tiempo. Esta situación la relacionó con la que vivimos actualmente en nuestro país. Reflexionamos que ante todo eso el Padre no fue indiferente, su vida estuvo marcada por el amor, el sacrificio y sobre todo de una gran experiencia de Dios en la que encontró la fuerza y la luz para poder ver las necesidades del que se encontraba en el sufrimiento y poder hacer algo concreto. Padre Emilio vivió y amó la Palabra de Dios, los sacramentos y la oración. Nosotras como hijas suyas debemos entrar en un proceso de conversión para poder recorrer el camino del amor que nuestro Padre vivió y aprender de él a amar nuestra vocación, para cumplir la misión que el Señor nos pide, sirviendo sobre todo a los mas necesitados. Terminado el tema nos dirigimos a la parroquia del Espíritu Santo para participar de la Eucaristía, para dar 35 sintesi Immacolata concezione gracias al Señor por estos momentos de fraternidad experimentada y vivida con cada una de las hermanas. Recordar las figuras de nuestros fundadores nos lleva a renovarnos interiormente para nuevamente seguir caminado en esta vocación que el Señor nos ha regalado, tratando de hacer vida el carisma que Padre Emilio nos ha heredado, sensibles a las necesidades de nuestro tiempo que hoy como ayer siguen siendo tal palpables en nuestra sociedad. Comunidad Inmaculada Concepción Córdoba 36 Le varie comunità del Messico si sono riunite l’otto dicembre 2007 per ricordare la nascita al cielo dei nostri fondatori, padre Emilio e madre Elisa, e l’inizio del nostro servizio missionario in questa terra messicana. Abbiamo iniziato il nostro incontro con la celebrazione dei Vespri, seguita dalla cena e da una ricreazione molto vivace, dove ogni comunità ha offerto la sua genialità sempre in sintonia con il tema dell’incontro. Il giorno seguente è stata offerta da suor Soledad una riflessione sul nostro fondatore, la quale ha messo in relazione la realtà storica vissuta da padre Emilio con quella attuale in cui siamo chiamate ad operare e a servire i fratelli. Ciò che ha mosso padre Emilio a vivere in prima persona difficoltà e problemi dei suoi fratelli è stato l’amore, il sacrificio e soprattutto la sua profonda esperienza di Dio, che gli ha dato la forza per poter scoprire le necessità delle persone che incontrava cercandovi un rimedio. Padre Emilio visse e amò la Parola di Dio, i sacramenti e la preghiera. Ora tocca a noi, sue figlie, ripercorrere il cammino dell’amore concretizzato dal nostro fondatore per apprendere ad amare la nostra vocazione e per poter compiere la missione che il Signore ci ha affidato. DALLE MISSIONI Los valores del Reino Vale la pena dejarlo todo por Cristo. El equipo de pastoral vocacional ha organizado una serie de retiros para jóvenes, con el deseo de fomentar en ellas el interés por conocer a Jesucristo, como camino, verdad y vida de sus vidas. El día 8 de diciembre en nuestra reunión de familia en la Delegación mexicana dimos inicio a un Maratón vocacional, en la celebración de Vísperas, con la intención de que cada comunidad durante un mes ruegue al Dueño de la mies que envíe vocaciones a nuestra Congregación. Para esto hemos preparado algunos símbolos los cuales se irán pasando en cada comunidad para hacernos presente el empeño a realizar durante el mes que nos corresponda: un cirio, una cruz, una libreta y nuestro gran Protector San José. Se ha iniciado con la Comunidad “Mater Dolorosa”, en el mes de enero irá a San José, en febrero a la Comunidad de la “Inmaculada Concepción”, en marzo a Piedras Negras Comunidad “Familia de Nazaret” y en abril a Xochimilco Comunidad “Santa María de la Esperanza” y así, sucesivamente hasta terminar el año. El 16 de Diciembre de 2007 tuvimos nuestro primer retiro con jóvenes en la comunidad “Mater Dolorosa” con la participación de 15 jovencitas y el 27 de enero un segundo con la misma participación de 15 jóvenes, Dios mediante los tendremos cada cuarto domingo de cada mes, así como otros en las diferentes diócesis en las que cada comunidad se encuentra. Pidamos al Señor para que les muestre el camino que quiere para cada joven y si es su voluntad envíe algunas de ellas a nuestra Congregación. Constatamos que la joven hoy en día tiene mucha necesidad de Dios, y que el dinamismo juvenil que posee sería capaz de llevarla a entregar su vida al Señor por la causa del Reino, pero percibimos que se encuentra envuelta por un mundo ruidoso, consumista y placentero, por el que se deja llevar y su vida se pone en peligro haciendo aun lado aquello de bueno que posee. Hoy más que nunca urge un cambio en nuestras vidas para poder 37 DALLE MISSIONI contagiar los valores del Reino para que de esta manera la joven pueda ver que, a pesar de todo lo que existe a su alrededor, hay algo por lo que valdría la pena dejarlo todo e ir detrás de la perla preciosa que es Cristo el Señor. Las hermanas de la Delegación mexicana pedimos que tanto hermanas como personas cercanas oren por estos encuentros y por quienes nos encontramos al frente de ellos. Equipo de Pastoral Vocacional Delegación mexicana sintesi I valori del regno L’equipe della pastorale vocazionale ha organizzato una serie di ritiri per giovani con il desiderio di suscitare in loro l’interesse della conoscenza del Signore Gesù come aiuto per il loro cammino. Inoltre ogni comunità si è impe- gnata a turno ogni mese a pregare il Padrone della messe perché mandi operai alla sua messe. A questo scopo sono stati preparati alcuni simboli che passeranno di comunità in comunità, per tutto l’anno 2008, per aiutarci in questo impegno assunto: un cero, una Croce, un quadernone e il nostro grande Protettore San Giuseppe. Abbiamo iniziato pure gli incontri con le giovani desiderose di conoscere il Signore augurandoci che si sentano attratte a donare la loro vita al Signore per la causa del regno. DALLE MISSIONI Camino de formación A Jesucristo es imposible conocerle y no amarle, amarle y no seguirle. Me encuentro en el segundo año de Noviciado, y algo muy importante que es parte de mi formación es el estudio acerca de la Iglesia, de Jesucristo y de la Virgen María, para esto voy junto con mis cinco hermanas Novicias al Inter Religioso “San Rafael Guizar y Valencia” que se encuentra aquí en la ciudad de Orizaba, Ver. Frecuentar esta institución es una vivencia muy significativa en mi caminar, ya que convivo con otras hermanas de diferentes Congregaciones y así puedo darme cuenta de los diferentes carismas que forman la Iglesia, de las riquezas que el Espíritu Santo da a cada Congregación y lo importante que es la comunión para formar unidad. Asistimos al Inter los días martes y viernes. Las clases nos las imparten hermanas religiosas de diferentes congregaciones, también sacerdotes y laicos muy bien preparados. Todos ellos con sus diferentes materias nos transmiten su amor y entrega al Señor, nos dan a conocer, nos enseñan a valorar y amar nuestra vocación, a la Iglesia y a Jesucristo. Es para mi una experiencia muy bonita el saber que mi ideal de consagrarme al Señor lo comparto no sólo con mis hermanas de Congregación, sino también con otras jóvenes que tienen el mismo deseo; comparto con DALLE MISSIONI ellas momentos muy alegres, por que oramos unas por otras para que seamos perseverantes en nuestra vocación. En la apertura del curso formativo de este año escolar 2007-2008, el Padre Carlos René Castro (Vicario Episcopal de la Vida Religiosa) en la homilía de la misa extrajo un valor primordial del Evangelio: debemos cuidar y descubrir día con día lo valioso de nuestro tesoro que es Cristo por el cual vale la pena dejar y venderlo todo, fuera de Cristo lo que busquemos o dejemos es vanidad. ¡En esta institución nos formamos para dar al mundo la caridad de Cristo! Guadalupe González C. Novicia sintesi Cammino di formazione 40 Sto vivendo il secondo anno di noviziato e una parte molto importante, in questoperiodo di formazione, è lo studio che abbraccia varie tematiche: Gesù Cristo, la Vergine Maria, la chiesa e altre materie connesse con il cammino di consacrazione. Frequento la scuola dell’internoviziato San Rafael Guizar nella città di Orizaba - Veracruz assieme ad altre cinque mie compagne di noviziato. È un’esperienza molto significativa in questo mio cammino formativo, an- che perché mi trovo con altre giovani di varie congregazioni e posso cogliere meglio i differenti carismi che formano la chiesa e la ricchezza dello Spirito santo offerta a ciascuna congregazione in funzione della comunione nella diversità. Noi ci formiamo per offrire al mondo quella carità che ci motiva. Caritas Christi Urget nos, ci ricorda il nostro fondatore padre Emilio Venturini. DALLE MISSIONI Dono gratuito Giornata mondiale della vita consacrata 2008. In questo giorno, grato alla chiesa per il dono della vita consacrata, tutte le religiose della diocesi di Cordoba, Messico, hanno vissuto una bellissima esperienza di preghiera e di fraternità. Abbiamo iniziato la giornata nella casa delle Suore de María Inmaculada di Guadalupe, con la partecipazione di 100 religiose di differenti congregazioni della diocesi. La presenza di padre Armando Pruneda, vicario delle religiose, è stata molto utile perché, con la sua grande spiritualità, ci ha guidate e animate durante tutta la giornata. Le suore Adoratrici del Santissimo Sacramento di Coscomatepec hanno animato l’adorazione con canti di lode a Gesù eucaristia, di ringraziamento e di gratitudine per la chiamata ad essere testimoni dell’amore di Cristo al servizio della chiesa, specialmente dei più poveri, i quali sono i prediletti del Signore. Un altro momento molto significativo è stata la meditazione bella e profonda del nostro vicario, che ci ha fatto riflettere sull’importanza della parola di Dio che vive e parla nell’intimo dei nostri cuori, anche se siamo piccoli e fragili, però sempre creature uscite dalle mani della Santissima Trinità, a sua immagine e somiglianza, elette e consacrate per essere strumenti di pace, di amore e di riconciliazione in questo mondo diviso dall’odio e dall’egoismo. Terminata la prima parte della giornata, siamo partite dal Plancarte e processionalmente ci siamo dirette alla Cattedrale, per partecipare alla 41 DALLE MISSIONI 42 Santa Eucaristia delle ore 13.00 celebrata dal vescovo Monsignor Eduardo Porfirio Patiño Leal assieme al vicario della vita consacrata. La chiesa era gremita di fedeli e tutte noi religiose abbiamo fatto la processione d’entrata con le fiaccole accese e cantando Come il cervo all’acqua va. Ho sperimentato una grande emozione; il mio cuore palpitava forte pensando all’incontro definitivo con il mio Sposo Gesù. Ho pensato alle vergini prudenti e ho chiesto al Signore per me e per tutte le consacrate di conservare sempre accesa la lampada della nostra fede. Nell’omelia monsignor vescovo ci invitava a vivere lo spirito delle beatitudini mediante i consigli evangelici della povertà, castità e obbedienza con serenità, sostenute dalla grazia di Dio e dalla forza che viene dallo Spirito Santo. Mentre ascoltavo l’omelia chiedevo al Signore l’amore e la forza di volontà per essere nella chiesa segno dei beni futuri e per dare un vero significato alla mia consacrazione. Al momento della comunione, nell’intimità con il Signore, ho fatto mio il canto del Magnificat, meditando come Maria le grandi meraviglie che fa il Signore con gli umili, i piccoli, con quelli che sperano nella bontà e nella misericordia di Dio. Dopo esserci alimentate del Pane eucaristico abbiamo consumato l’agape fraterna in un salone preparato come refettorio, gustando un buon pranzo. Ho passato il giorno della vita consacrata 2008 ringraziando il Signore per avermi chiamato a vivere più vicino a Lui e a sperimentare il suo amore misericordioso per la mia vocazione religiosa. suor Adalgisa Bordigato B. síntesis Don gratuito El día 2 de febrero de 2008, grato a la Iglesia por el don de la Vida Consagrada, todas las religiosas de la Diócesis de Córdoba, Ver. (México), vivieron una bellísima experiencia de oración y de fraternidad. El padre Armando Pruneda, Vicario de las religiosas guió toda la jornada. Las Hermanas Adoratrices del Santísimo Sacramento de Coscomatepec animaron la Adoración con cantos de alabanza a Jesús Eucaristía, de agradecimiento y gratitud por la llamada a ser testigos del amor de Cristo al servicio de la Iglesia, especialmente de los más pobres, los cuales son los predilectos del Señor. Nos dirigimos después a la Catedral para participar a la Santa Eucaristía de la 1:00 p.m. celebrada por el Obispo Mons. Eduardo Porfirio Patiño Leal, junto con el vicario de la Vida Consagrada. La Iglesia estaba llena de fieles. Experimenté una grande emoción, mi corazón palpitaba fuertemente pensando al encuentro definitivo con mi Esposo Jesús. Pensé a las vírgenes prudentes y pedí al Señor, por mí y por todas las consagradas, de conservar siempre encendida la lámpara de nuestra fe. En la homilía Mons. Eduardo nos invitaba a vivir el espíritu de las Bienaventuranzas mediante los consejos evangélicos de pobreza, castidad y obediencia con serenidad, sostenidas por la gracia de Dios y por la fuerza que viene del Espíritu Santo. He pasado el día de la Vida Consagrada del 2008 agradeciendo al Señor por haberme llamado a vivir más cerca a Él y a experimentar su amor misericordioso en mi vocación religiosa. TESTIMONIANZE Il mosaico della sofferenza Solo penetrando nei nascosti disegni di Dio Padre è possibile gettate luce sul mistero del dolore. Ci siamo incontrate, a Borgo Madonna a Chioggia e a Santa Maria del Covolo a Crespano del Grappa, per i tre giorni di formazione permanente tenuti da suor Paola Barcariolo e dalla dottoressa Giuliana Fabris. Eravamo un gruppo di circa trenta suore. Il tema - Incontrare il dolore da Sara a Maria - si è svolto sul concetto del dolore e della sofferenza i quali appartengono alla comune famiglia umana, alla fragilità della nostra natura, e che riguardano il corpo e lo spirito, e sulla stessa fatica quotidiana nel vivere la carità, la condivisione, l’amore fraterno. Il nostro stesso equilibrio viene scosso da eventi imprevisti. Ma in tutto ciò dobbiamo adeguarci alla pedagogia di Dio, che ci tende sempre e comunque la mano perché, pur essendo un mistero la sofferenza, Cristo l’ha vissuta fino in fondo e l’ha sconfitta. Su questa verità si fonda la nostra fede, il nostro vissuto, la nostra intimità con Dio. Suor Paola, prima relatrice, si è soffermata su figure di donne dell’Antico Testamento, Sifra, Pua, Abisag, e del Nuovo, Claudia e Maria. La sacra scrittura considera con grande serietà il fatto della sofferenza. Il lamento sale a Dio (vedi gli Ebrei schiavi in Egitto), molti Salmi sono pieni di angoscia e di supplica e sviscerano il dolore umano. Sostenuti dalla fede e dall’amore a Dio, i profeti e i saggi della Bibbia sono riusciti a poco a poco a scoprire aspetti della sofferenza ben più profondi. È sempre difficile trasformare in parole il dolore e la sofferenza sen- 43 44 za snaturarli. L’esperienza di dolore, di malattia di qua1siasi genere, pone interrogativi all’uomo. L’uomo allora interroga la propria fede. Vediamo la sofferenza di Maria: l’apparizione dell’Angelo le cambia completamente la vita. Crede nella sua parola, ma anche lei ha bisogno di segni, di essere confermata e va da sua cugina Elisabetta; lì avviene qualcosa di grande, e lei si ferma aiutandola, servendola. Dove non c’è lo spezzare il pane l’umanità giace nella miseria. L’anima consacrata vive nella sua pelle lo spezzare il pane (la croce quotidiana) e ne raccoglie i frutti. Maria è una donna, ma forte in Dio; segue la vita di suo figlio e quando lo vede morire, dopo atroci tormenti, continua a credere alla parola udita, ritta sotto la croce anche quando tutto è finito; lei è certa che Dio è fedele alla parola data. Prega e raccoglie i discepoli. Cristo ce l’ha consegnata come Madre. Maria è accanto a ogni creatura, ci tende le braccia e non ci lascia soli. Noi, Serve di Maria Addolorata, assieme abbiamo approfondito il nostro carisma; sono sorti degli interrogativi: siamo degne del nome che portiamo? Diamo testimonianza nel nostro vissuto? Amiamo la comunità, le sorelle, gli ammalati, i soli, i dimenticati? Il mosaico della sofferenza umana è grande. Dobbiamo immergerci nei fratelli che soffrono, non solo a parole ma con gesti, con sguardi attenti di tenerezza, con inviti alla fiducia, con atti dì carità, perché solo nell’amore reciproco la nostra unione e sponsalità con Dio sarà vera. Allora come vivere il grande mistero del dolore, della sofferenza? Come viverlo nella nostra famiglia di consacrate? Qual è la risposta? Solo nel Cristo la troviamo. Da questi interrogativi emergono delle riflessioni che ci danno quasi delle regole di vita: la sofferenza va vissuta con umiltà, con amore, con generosità e con la preghiera. Nasce così la comunione, il donarsi a vicenda, il progettare insieme, lottare insieme, vivere insieme, non essere TESTIMONIANZE mai soli, darsi la mano come in cordata nella preghiera rivolta al nostro sposo il Crocifisso, per raggiungere la vetta. Allora si immerge lo sguardo nel Risorto e si sta insieme con Gesù, l’Amato. Maria, ricordati che sul calvario Gesù ci ha consegnato alla tua materna sollecitudine; veglia su di noi e aiutaci ad essere vere testimoni del tuo Figlio e fa che il dolore, la sofferenza nelle sue molteplici manifestazioni, non soffochino mai la fiducia che abbiamo in te. suor Francesca Borille síntesis El mosaico del sufrimiento El tema de la formación permanente, “Encontrar el dolor desde Sara a María”, se desarrolló sobre el concepto del dolor que pertenece a la común familia humana, a la fragi- lidad de nuestra naturaleza. Se hace sentir en el cuerpo y en el espíritu, de la misma manera que el empeño del esfuezo cotidiano por vivir la caridad, el compartir, el amor fraterno. Pero el sufrimiento se debe vivir con humildad, con amor, con generosidad y con la oración. Sor Paola, primera relatora, se detuvo sobre las figuras de mujeres del Antiguo Testamento, en modo particular, Sifrá, Púa, Abisag, y del Nuevo Testamento Claudia y María. María es una mujer humana, pero fuerte en Dios, que sigue la vida de su Hijo y cuando lo ve morir, después de atroces tormentos, continúa a creer en la palabra que escuchó. Le fue dada la fuerza de estar allá, de pie bajo la cruz aún cuando todo está terminado, ella, sin embargo, está segura que Dios es fiel a la palabra que da; ora y reune los discípulos. Cristo se las ha entregado como Madre. María es el ejemplo de toda creatura, nos abre los brazos y no nos deja solos. COMUNITÀ IN CAMMINO La festa del malato La famiglia nella realtà della malattia, 16° giornata mondiale. 46 Si è rinnovata anche domenica 10 febbraio, presso la Casa di cura Villa Erbosa, la giornata dedicata allo speciale incontro con i malati ricoverati, che viene tradizionalmente chiamata “Festa del malato”. La giornata vuole essere appunto l’occasione, in particolare per la Parrocchia dell’Arcoveggio e per la Comunità delle Serve di Maria Addolorata, presenti a Villa Erbosa, per confermare un impegno di attenzione e di solidarietà fraterna nei confronti degli ospiti ricoverati. La Festa trova il suo fondamento nella consueta celebrazione liturgica della Santa Messa domenicale, che nell’occasione acquista particolare solennità attraverso la presenza del coro parrocchiale, che col canto scandisce la celebrazione e i momenti di speciale preghiera comunitaria per chiedere aiuto e protezione a favore di coloro che, per malattia e sofferenze, sono comunque più vicini al Signore. Il quarto piano della Casa è diventato nella circostanza ancor più Chiesa attraverso la condivisione del Cibo eucaristico fra sorelle e fratelli in Cristo, pur se taluni dei presenti vivono un momento di difficoltà fisica. Si è voluto in particolare sottolineare anche nelle preghiere come nessuno debba sentirsi solo e proprio per questo, alla consueta distribuzione dell’Eucaristia ai malati nelle camere, è seguita una breve visita da parte di alcuni parrocchiani per un saluto, un momento di ascolto e la consegna di un biglietto contenente un pensiero o una preghiera accompagnato da un fermo in legno abbellito da un piccolo disegno fatto a mano e diverso per ciascun malato: quasi a ricordare l’unicità dell’attenzione del Signore per ciascuno dei suoi figli. Claudio Rubbi síntesis Fiesta del enfermo El Domingo 10 de febrero se vivió nuevamente, en la clínica Villa Erbosa, la jornada dedicada al especial encuentro con los enfermos internados, que tradicionalmente se llama “Fiesta del enfermo”. La fiesta tiene su fundamento en la acostumbrada celebración litúrgica de la Santa Misa dominical para pedir ayuda y protección a favor de aquellos que, por enfermedad o sufrimiento, están más cercanos al Señor. Se quiso en particular subrayar también en las oraciones que ninguno debe sentirse solo y por consiguiente, después de la celebración de la Eucaristía, se llevó a cabo una breve visita a todos los enfermos en los diferentes salas del hospital entregándoles una tarjeta de felicitaciones acompañado de un separador de madera embellecido con un dibujo hecho a mano diferente para cada enfermo: casi para recordar la atención particular del Señor para cada uno de sus hijos. ANIMAZIONE GIOVANILE Quaresima di fraternità La nuova apertura missionaria porti la novità e la freschezza di essere inviate e ravvivi la nostra vocazione. Come ogni anno la nostra chiesa diocesana di Chioggia invita i fedeli a un gesto di carità che indirizza a diverse realtà missionarie. Quest’anno ha scelto la nostra Congregazione per aiutare la nuova apertura di una missione in Burundi, Africa. Il Centro missionario diocesano ha organizzato due appuntamenti, uno il 22 marzo nel vicariato di Portoviro, l’altro il 26 marzo nel vicariato di Sottomarina. In questi due incontri abbiamo scoperto la ricchezza della Chiesa, che ci fa una sola cosa in Cristo, nella fraternità e soprattutto nella preghiera. Abbiamo condiviso la realtà del continente africano e più specificamente del Burundi, un paese segnato dal flagello della guerra come tanti altri, ma in cammino; sedimento di pace e riconciliazione, e in questa ricerca ci siamo anche noi, per vivere, accompagnare, sostenere e portare la nostra piccola testimonianza in questa nuova realtà a cui il Signore ci ha chiamato. È impressionante vedere come si manifesta la provvidenza di Dio, giacché diverse realtà che esistono nella diocesi, formate da persone sensibili alla missione, si sono fatte vicine a noi con il loro ascolto e il loro aiuto. Quello che nasce da parte di tutti in questi momenti, vissuti con intensità, è un bel grazie alle persone che, con gratuità e disponibilità, hanno accolto questo progetto e hanno avuto interesse a conoscere e sostenere la nostra missione, non guardandoci da lontano, bensì condividendo passo a passo con noi gioia e preoccupazione. Che questo avvenimento porti a tutta la Chiesa che è in Chioggia e anche in Messico, la novità e la freschezza del messaggio evangelico. A esempio della nostra Madre Maria, camminiamo sempre nella speranza e nell’amore con la gioia nel cuore per annunciare la bellezza della vita donata al servizio dei fratelli più bisognosi. suor Celeste Pérez Padilla síntesis Cuaresma de fraternidad El Centro Misionero Diocesano (de Chioggia) organizó dos encuentros durante la cuaresma, durante los cua- 47 ANIMAZIONE GIOVANILE les hemos compartido la realidad del continente africano y específicamente de Burundi, un país marcado por el flagelo de la guerra como muchos 48 otros, pero, éste, en camino hacia la paz y la reconciliación. En esta búsqueda estamos también nosotras, para vivir, acompañar, sotener y llevar ANIMAZIONE GIOVANILE nuestro pequeño testimonio en esta nueva realidad a la cual el Señor nos ha llamado a realizarnos. Deseamos que este acontecimiento haga llegar a toda la Iglesia, que está en Chioggia y también en México, la novedad y la frescura de ser envia- dos y reavivar nuestra vocación misionera. A ejemplo de nuestra Madre María, caminemos siempre en la esperanza con la alegría en el corazón para anunciar la belleza de una vida donada al servicio de los hermanos más necesitados. Insieme per raccontare Andiamo in Burundi per narrare la gratuità dell’amore che il Signore ci ha donato. Insieme ai giovani dei vari vicariati della diocesi, anche noi suore Serve di Maria Addolorata ci siamo date appuntamento nella Chiesa di Sant’Anna di Chioggia, insieme al nostro vescovo Angelo Daniel, per celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù diocesana alla vigilia della domenica delle Palme 2008. È seguito poi il pellegrinaggio da Sant’Anna al santuario della Beata Vergine della Navicella per ricordare i 500 anni dalla sua apparizione. Durante il tragitto abbiamo pregato il rosario alternando, fra l’una e l’altra decina, canti, brani biblici, intercessioni e testimonianze. Dentro il terzo mistero, che ci ha aiutato a meditare sulla nascita di Gesù nella grotta di Betlemme, è stata offerta una testimonianza dalle due suo- re missionarie che si porteranno tra i fratelli africani. Prima di tutto si sono richiamate al capitolo XII delle Costituzioni che parla delle forme di servizio. L’articolo 117 dice testualmente: “Come Cristo lasciò la gloria del Padre e divenne uomo, membro del popolo ebreo, così anche la suora missionaria deve rinunciare a se stessa e incarnarsi nel popolo nel quale viene inviata”. Ricordando il brano evangelico, in cui Giuseppe e Maria sono stati chiamati al censimento e si sono messi in cammino, così noi Serve di Maria Addolorata siamo state chiamate in Burundi, in Africa, non per un censimento ma per la chiamata che ci ha fatto il Signore di portare nel nostro cuore il suo amore per donarlo agli altri. Maria e Giuseppe si sono affidati a Dio e ci insegnano che si testimonia con la 49 ANIMAZIONE GIOVANILE vita senza considerare quanto lungo e faticoso sia stato il viaggio. Così la nostra congregazione si mette in viaggio facendo la volontà di Dio che vuole portarci all’incontro con i nostri fratelli burundesi. In questo nostro andare portiamo tutte le nostre consorelle, la diocesi di Chioggia e la Chiesa, ma soprattutto un cuore grande, aperto e disponibile per scoprire insieme a Dio la ricchezza dei valori nella diversità di questo popolo che aspetta il sorriso di Dio. In quel giorno, Maria e Giuseppe non trovarono posto e neanche una piccola attenzione, ma hanno vissuto tutto nel silenzio e nella fiducia nel Signore. Essi ci invitano a lasciare tutte le nostre sicurezze per fare posto a Gesù che è il nostro più prezioso dono. Maria è colei che presenta il Figlio suo Gesù non con il volto severo di un giudice pronto a castigare, ma con quello misterioso dell’uomo dei dolori che dona la sua vita per amore. Chiediamo la sua protezione per le nostre consorelle missionarie, che sia lei che le presenta ai nostri fratelli africani. suor Patricia Doria T. 50 síntesis Juntos para contar… Junto con los jóvenes de la vicaría de la diócesis, también nosotras Siervas de María dolorosa, nos dimos cita en la iglesia de Santa Ana de Chioggia, junto a nuestro Obispo Angelo Daniel, para celebrar la Jornada Mundial de la Juventud diocesana en la vigilia del Domingo de Ramos 2008. Después siguió la peregrinación desde Santa Ana al santuario de la Beata Virgen de la Navicella. Durante el recorrido rezamos el rosario y compartimos nuestro testimonio misionero. Nosotras Siervas de María Dolorosa fuimos llamadas a Burundi, África, para narrar la gratitud del amor que el Señor nos donó. Nos ponemos en viaje para encontrar a nuestros hermanos burundeses y como instrumentos del Señor, ellos se sientan amados por Él. Llevamos a todas nuestras hermanas, a la diócesis de Chioggia y a la Iglesia, pero sobre todo un corazón grande, abierto y disponible para descubrir junto a Dios la riqueza de los valores en la diversidad de este pueblo que espera la sonrisa de Dios. Chioggia, Cappella Casa Madre Simon Ntamwana, vescovo di Gitega, Burundi in preghiera davanti all’urna del servo di Dio Padre Emilio Venturini, nostro fondatore. COMUNITÀ IN CAMMINO Ettore Pretin pittore Espresse la sua passione per la pittura soprattutto come ritrattista. In seguito al rinvenimento dei documenti che hanno portato ad identificare l’autore del ritratto del Fondatore delle Serve di Maria Addolorata padre Emilio Venturini, fu grande il desiderio di conoscere qualcosa dell’artista e ho cercato tra i personaggi illustri della città di Chioggia, ma inutilmente: nei libri non c’era alcuna traccia di lui. Ho immaginato che poteva essere ancora vivente qualche suo parente, trattandosi di un personaggio vissuto in un tempo relativamente vicino a noi. Questa si rivelò la strada giusta. Una nipote, che l’ha conosciuto personalmente, mi ha dato le informazioni che cercavo. Ella ogni anno faceva il giro, insieme al padre e ai fratelli, per vedere le opere del nonno Ettore. Questa nipote possiede un suo ritratto, che l’artista ha eseguito quando aveva cinque anni, un ritratto di suo padre, ha avuto anche, per un certo periodo, un quadro rappresentate la Vergine poi, in seguito ad un restauro, andato perduto; i suoi fratelli possiedono altre opere del nonno. Il pittore Ettore Pretin è nato a Canal di Valle intorno al 1880, si è trasferito a Chioggia dopo il primo conflitto mondiale nel 1918 con il figlio Dante, che aveva meno di tre anni, e la moglie. Lavorò nel cementificio allora esistente ai Saloni. Espresse la sua passione per la pittura soprattutto come ritrattista autodidatta. Fin da bambino disegnava ogni volta che ne aveva la possibilità su qualsiasi materiale. Con un carboncino tracciava la sagoma di animaletti sulle pareti domestiche per spaventare i parenti e gli amici suoi coetanei; erano così simili ai reali che sua madre cercava di ucciderli con la ciabatta. Imprimeva immagini sulla carta dello zucchero e del pane, sui sacchetti del cemento e ovviamente anche su tavolette, cartoncini e tela. Ha realizzato tantissime opere, in gran parte ritratti, ma anche qualche paesaggio, nonostante non amasse questo genere, la nipote ne ha visti solo due dipinti e tra questi uno scorcio della sua città con il campanile del duomo. Ha prodotto anche immagini sacre ed ex voto. Tra i ritratti, oltre a quello dei due benemeriti sacerdoti suoi concittadini, padre Emilio Venturini e monsi- 51 COMUNITÀ IN CAMMINO gnor Nicolò Maria Bonaldo, c’è anche quello del vescovo monsignor Giacinto Ambrosi. Ha dipinto su commissione di altri pittori e queste opere non le ha firmate. Alcune delle sue opere si trovano nel seminario vescovile di Chioggia dove il figlio Dante ha frequentato il ginnasio. Un’immagine del Sacro Cuore di Gesù, realizzata per monsignor Riccardo Boscolo si trova nella chiesa di S. Giuseppe di Cavarzere ed è molto venerata dal popolo. Gli ex voto si trovano nella chiesa di S. Domenico e nella Basilica di San Giacomo. Solitamente firmava i suoi lavori sul retro, molti però non li firmava affatto. Si dilettava a copiare opere d’autore, tra queste ricordiamo una Madonna del Luini e il martirio dei Santi Felice e Fortunato. Visse 72 anni e si spense il 7 agosto 1952. suor Chiara Lazzarin síntesis Ettore Pretin, pintor 52 Es el autor del cuadro del Fundador de las Siervas de María Dolorosa, Padre Emilio Venturini. Nació en Canal de Valle alrededor del 1880; después de la Primera Guerra mundial en el 1918, se transfirió a Chioggia con su hijo Dante, que tenía menos de tres años, y su esposa. Expresó su pasión por la pintura sobre todo como retratista autodidacta. Desde pequeño dibujaba cada vez que tenía la posibilidad sobre cualquier material. Realizó muchísimas obras, en gran parte retratos, pero también algunos paisajes, a pesar de que no amaba este género, su sobrina vio sólo dos cuadros y entre estos un cuadro en escorzo (representación en perspectiva) de la ciudad con el campanario de la catedral. Realizó también imágenes sagradas y exvotos (imágenes de milagros recibidos). Entre los retratos, además de los dos beneméritos sacerdotes conciudadanos Padre Emilio Venturini y Monseñor Nicolò Maria Bonaldo, existe también uno del Obispo Giacinto Ambrosi. Vivió 72 años, murió el 7 de agosto de 1952. IN COMUNIONE Umile e generoso servizio Abitare per sempre nella casa del Signore per gustare la sua dolcezza (Sal 26,4). All’alba del 23 febbraio 2008, nella comunità Santa Maria della Visitazione, nel silenzio della notte, è entrata per sempre nella festa eterna delle nozze, suor Guglielmina Cesaretto, accompagnata dalla Vergine Maria. “Abitare per sempre nella casa del Signore per gustare la sua dolcezza” (Sal 26,4), è stata l’unica cosa che ha cercato durante la sua vita. Lo dimostrano le testimonianze che all’unanimità ci danno le sorelle che hanno condiviso con lei l’esperienza della vita fraterna. Suor Guglielmina Bruna era nata a Pettorazza (RO) l’8 marzo 1924; entrata in Congregazione il 24 novembre 1946, ha emesso la consacrazione perpetua il 27 aprile 1955. Dopo la sua professione religiosa, per cinque anni ha svolto il servizio della questua; successivamente, ha svolto il suo umile e generoso servizio in varie comunità della congregazione. L’unico titolo che in queste comunità ha avuto è quello di suora. Era proprio questa la sua professione e l’ha svolta così bene che le religiose la ricordano come una suora buona. Ecco l’aggettivo che si sentiva sempre aggiungere al suo nome, buona, perché le virtù esercitate erano proprio quelle che imprimono nel volto la bontà del Maestro. Da lui ha accettato sia i giorni felici che quelli tristi. Era solita esclamare: “Sia fatta la volontà del Signore”. Nei lunghi anni di malattia, non è venuto meno il suo solito sorriso. Quando le si domandava come stesse, la sua risposta era sempre “benon”, in- fatti non si lamentava mai. Nel suo servizio di cuoca in Casa Madre ha lasciato il solo ricordo delle sue premure per gli altri, della sua umiltà e del suo silenzio anche di fronte alle incomprensioni. L’unico suo confidente era Gesù nel tabernacolo, a lui ricorreva a confidare le sue difficoltà. Le sorelle ricordano la sua prontezza nell’aiutare gli altri e la sua accoglienza di persona semplice. Ancora da ragazza non mancava mai da messa e, nonostante abitasse lontana dalla chiesa, era la prima ad arrivare. La sua testimonianza di suora buona, semplice e accogliente è l’eredità lasciata a tutte noi consorelle, anziane e giovani, ma anche al personale infermieristico che l’ha conosciuta. IN COMUNIONE Grazie, Signore, perché ce l’hai data come compagna di cammino e hai realizzato nella serva della tua Madre un capolavoro di umiltà. Tu hai amato la nostra Congregazione attraverso di lei e ora la chiami a te per accrescere la nostra comunità del cielo. Da lì, cara suor Guglielmina, intercedi per noi assieme ai nostri Fondatori e alle altre sorelle, perché possiamo essere anche noi suore buone, umili e servizievoli. Maria Regina dei suoi servi ti introduca nella casa del Signore, l’unica dimora che hai cercato. suor Ada Nelly Velázquez E. como una buena hermana. El adjetivo que siempre se añadía a su nombre era “buena” porque las virtudes que ella vivía eran aquellas que imprimen en el rostro la bondad del Maestro. De él aceptó tanto los días felices como los tristes. Solía decir: “Hágase la voluntad del Señor”. En los largos años de enfermedad, no faltó su acostumbrada sonrisa. Su único confidente era Jesús en el tabernáculo, a él recurría para confiarle sus dificultades. Las hermanas recuerdan su prontitud en el ayudar a los demás y su acogedora persona sencilla. síntesis Servicio humilde y generoso El 23 de febrero del 2008 el Señor llamó consigo a sor Guglielmina (Bruna) que nació en Pettoraza (RO) el 8 de marzo de 1924 y entró en la Congregación el 24 de noviembre de 1946. Emitió la consagración perpetua el 27 de abril de 1955. Después de su profesión religiosa, por cinco años desarrolló el servicio de pedir limosna; sucesivamente ofreció su servicio humilde y generoso en varias comunidades de la congregación. El único título que en estas comunidades recibió fue el de “Hermana”. Era ésta su profesión y la desenvolvió tan bien que las hermanas la recuerdan Ricordiamo attraverso la preghiera di suffragio e il nostro affetto: 54 Lina Cremondin Boscolo, Vasco Maran, Sante Borille, Caterina Rossi Aprile, Alessandra Capovilla Cavinato, Lina Schiavon, Rossi Giorgio, Pietro Paolo Crocco, Liliana Finotto Sceia, Basilio Cappuzzo, Antonio Luise. 55 Il giorno 2 di ogni mese alle ore 18, nella Basilica di San Giacomo in Chioggia, esprimiamo la nostra venerazione a padre Emilio con la celebrazione dell’Eucaristia, in modo particolare il 2 dicembre, anniversario della morte. Per immagini, biografie, comunicazioni di grazie, offerte per la causa, rivolgersi a: Postulazione Serve di Maria Addolorata Calle Manfredi, 224 - Chioggia (VE) - Tel. 041 5500670 - c.c.p. n. 18719302