PERCORSI VERDI E TURISMO SOSTENIBILE Le

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PERCORSI VERDI E TURISMO SOSTENIBILE Le
Fermo, 14 maggio 2005
Convegno nazionale
PERCORSI VERDI E TURISMO SOSTENIBILE
Le Greenways
Dr. Giulio Senes
Università degli Studi di Milano
Vice Presidente Associazione Italiana Greenways
Vice Presidente European Greenways Association
Il seguente testo è tratto dal libro: “Progettare i percorsi verdi” (Maggioli editore), di cui Giulio
Senes è coautore
Introduzione
Come Vicepresidente dell’Associazione Italiana Greenways nonché come membro del Comitato
Direttivo dell’European Greenways Association mi è capitato spesso di dover rispondere alla più
semplice e, forse, scontata delle domande: “Cosa sono le greenways?”.
Ma se la domanda è semplice e scontata, non così è la risposta. Non esiste una definizione
“ufficiale” (accettata nella generalità dei casi dal punto di vista scientifico o avente una certa base
normativa) di greenway e non esiste nessuno, al momento, che possa vantare una “paternità
culturale” sul concetto che possa dare una risposta “autorevole” a tale semplice domanda.
La nascita dell’idea di greenway può essere fatta risalire all’antichità e ogni epoca storica ha
fornito la sua attualizzazione di tale idea. Ciò continua ad essere valido anche ai giorni nostri, nei
diversi paesi e nelle diverse culture del nostro pianeta.
Per tale motivo è necessario capire quali siano le diverse “sfaccettature” che l’idea di greenway
ha preso nei diversi paesi. Ciononostante, in accordo con J. Fabos, è possibile affermare che si è di
fronte ad un più generale “movimento internazionale” delle greenways e, per questo, è anche
possibile individuare i “concetti di base” da tutti condivisi.
A tale scopo è utile ri-partire dall’analisi del termine “greenway” che, anche se tradotto in diversi
modi nei diversi paesi, mantiene un carattere di internazionalità.
Il termine “greenway”, tradotto letteralmente in italiano come “via verde”, deriva dall’unione di
due concetti.
Da un parte il concetto di “way” (via, percorso), che oltre ad indicare fisicamente le vie di
comunicazione (strade, ferrovie, fiumi, ecc.) rimanda ad un’idea di movimento, di comunicazione,
di attività.
Dall'altra parte troviamo quello di “green” (letteralmente “verde”), che va oltre al concetto di
natura, per indicare tutto ciò che è legato, in una visione antropocentrica, alla possibilità di fruire a
scopo ricreativo delle risorse ambientali.
Una delle definizione più generali di greenway è quella adottata dall’Associazione Italiana
Greenways riprendendo e sintetizzando i lavori di C. Little (1990) e di J. Fabos et al. (1995): “Un
sistema di territori lineari tra loro connessi che sono protetti, gestiti e sviluppati in modo da
ottenere benefici di tipo ricreativo, ecologico e storico-culturale”.
Giulio Senes – Le greenways
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Tale definizione risulta alquanto generale, ma non potrebbe essere altrimenti, vista la “giovane
età” dell’idea moderna di greenway e poiché ci si trova di fronte ad approcci differenti (dovuti alla
diversa enfasi che può essere data alle diverse problematiche connesse) da parte di diversi
ricercatori, pianificatori e operatori.
Ciononostante, da tale definizione è possibile trarre almeno due caratteristiche fondamentali
delle greenways, sulle quali tutti concordano:
1. le greenways si caratterizzano innanzitutto per il loro tipo di configurazione spaziale
(fondamentalmente di tipo lineare) e per il concetto di movimento a loro intrinseco. Inoltre le
greenways svolgono la funzione di connessione (tra le aree verdi, tra la città e la campagna,
tra la residenza e i centri di vita, ecc.), realizzando una sinergia tra le risorse territoriali
esistenti;
2. le greenways nascono con l’obiettivo di svolgere più funzioni (in particolare ecologica,
ricreativa, storico-culturale, educativa), anche se all’interno di una greenway può esistere una
funzione prevalente e caratterizzante, in ragione sia della disponibilità di risorse sia di
eventuali obiettivi che pianificatori e progettisti si sono posti (in relazione a specifiche
esigenze dell’utenza).
Appare, comunque, importante cercare di effettuare una sintesi tra le differenze che si
riscontrano nelle applicazioni del concetto di greenway nel mondo. In tal senso, sembra di poter
individuare due approcci fondamentali, indicabili, in linea di massima, come “approccio americano”
ed “approccio europeo”.
L’approccio americano, con una visione molto ampia, considera le greenways nell’accezione più
ampia del termine. Ciò fa sì che, negli USA, vengano chiamate greenways sia ampi corridoi
(“territori lineari” lungo, ad esempio, corsi d’acqua, comprensivi al loro interno di una più o meno
complessa rete di percorsi) sia il singolo “percorso” a valenza, ad esempio, storico-culturale. La
valenza “ambientale”, inoltre, è molto più presente e si assiste spesso ad una sovrapposizione tra
greenways e “corridoi ecologici”, al punto che le greenways non necessariamente comprendono
percorsi utilizzabili dall’uomo; anzi, quando la funzione di protezione della natura e delle acque
diviene prioritaria, la presenza dell’uomo può essere esplicitamente esclusa.
TRAILS (PERCORSI) E GREENWAYS NELLA VISIONE AMERICANA
Greenways are corridors of protected open space managed for conservation and recreation purposes.
Greenways often follow natural land or water features, and link nature reserves, parks, cultural features
and historic sites with each other and with populated areas.
Trails are paths used for walking, bicycling, horseback riding or other forms of recreation or
transportation. Some greenways include trails, while others do not. Some appeal to people, while others
attract wildlife.
L’approccio europeo identifica il termine “greenway” con il singolo percorso, dedicato ad una
circolazione non motorizzata, in grado di connettere le popolazioni con le risorse del territorio
(naturali, agricole, paesaggistiche, storico-culturali) e con i centri di vita degli insediamenti
urbanistici, sia nelle città sia nelle aree rurali (Associazione Italiana Greenways,1999).
La centralità della fruizione da parte dell’uomo è evidente. Tali percorsi, per poter essere definiti
greenways, devono, da una parte, essere fisicamente separati dalla rete stradale ordinaria, dall’altra,
consentire una circolazione “dolce” (legata ad esempio alle pendenze limitate) e un’ampia
accessibilità per gli utenti (con diverse caratteristiche e abilità).
Il movimento negli USA
Tutti gli autori che si occupano della tematica sono concordi nell’attribuire a Frederik Law
Olmsted la “paternità” del concetto moderno di greenway.
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Il suo background culturale nonché i suoi viaggi in Europa lo portano a introdurre negli USA
l’idea di “parkway” (cfr. box sulle parkways di Olmsted).
Le idee e le realizzazioni di Olmsted influenzarono grandemente la pianificazione e la
progettazione delle aree verdi e degli spazi aperti negli Stati Uniti.
Già nel periodo tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo è possibile
ritrovare numerosissimi esempi di progetti e realizzazioni che si rifanno alle esperienze di Olmsted.
FREDERICK LAW OLMSTED (1822-1903) E LE PARKWAYS
Frederick Law Olmsted nasce il 26 aprile 1822 ad Hartford, Connecticut, da Charlotte Law e John Olmsted (un ricco
commerciante di spezie).
I suoi campi di studio furono diversi ma complementari: agli iniziali studi di Ingegneria Civile, Olmsted fece seguire
quelli in “Scienze dell’Agricoltura” all’Università di Yale.
Nel 1850, alla ricerca di nuove esperienze, accompagnò il fratello in Inghilterra (dove poi tornò nel 1858): di tale
viaggio, molto importante per il futuro di Olmsted, rimane traccia nel diario che egli tenne e che venne pubblicato
(con grande successo) nel 1852 con il titolo di “Walks and talks of an American farmer in England”.
Nel 1858 Olmsted vince, in collaborazione con l’architetto inglese Calvert Vaux, il concorso per Central Park (New
York), con un progetto ispirato al “romanticismo” inglese.
Contemporaneamente la fama di Olmsted cresceva sempre più, di pari passo con l’importanza dei suoi progetti, tra i
quali vale la pena ricordare almeno: Yosemite Valley (1864-65), Campus della University of California a Berkley
(1865), Prospect Park a New York (1865-88), Ocean e Eastern Parkways a New York (1868), Buffalo Park System
(1868), Riverside a Chicago (1868), Boston Park System (1878), Harvard Arboretum a Boston (1878), Cascate del
Niagara (1879-95), Jackson Park a Chicago (1895).
L’apporto professionale e culturale di Olmsted fu fondamentale per l’affermazione del moderno concetto di “sistema
del verde”: non più parchi isolati all’interno del tessuto urbano ma la creazione, su base metropolitana, di un sistema
interconnesso di parchi e parkways che collegassero il centro alla periferia.
Nel 1876 Olmsted definiva le parkways come “broad thoroughfares planted with trees and designed with special
reference to recreation as well as for common traffic” (“ampie strade alberate progettate con speciale attenzione agli
aspetti ricreativi ma anche al traffico comune” F.L. Olmsted (1876).
Già col progetto di Prospect Park (New York) (1865), il parco venne presentato come elemento verde che doveva
integrarsi con la città attraverso connessioni verdi, le grandi ‘parkways’ in cui veniva mantenuta la distinzione tra
diversi tipi di traffico, e che sarebbero state esse stesse ‘parco’ per gli abitanti della zona e per chi il parco doveva
raggiungere. La più famosa è Ocean Parkway, ispirata ai boulevard parigini e all’Unter Den Linden (letteralmente
“sotto i tigli”) berlinese, con una larghezza complessiva di 65 m. Attrezzata con tavoli da gioco e piste ciclabili è
stata intensamente utilizzata per lungo tempo dai residenti come l’unica area verde di quartiere.
Nel 1868, il sistema di parchi e parkways progettato per Buffalo è già concepito a scala metropolitana, ma è nel 1878
che Olmsted (insieme a Vaux e C. Eliot) progettò il famoso sistema del verde per la città di Boston, un sistema di
parchi di diversa estensione e funzione, collegati tra loro e al centro cittadino da grandi parkways. Fu costruito tra il
1878 e il 1895 e comprendeva 19 parchi e altrettante parkways (per un totale di più di 800 ha). La parte più
importante del sistema è costituita dalla famosa “collana di smeraldi” (Emerald Necklace) formata dai 5 parchi più
importanti (Back Bay Fens, Muddy River Improvement, Jamaica Park, Arnold Arboretum e Franklin Park) connessi
dalle relative parkways (Fenway, Riverway, Jamaicaway e Arborway).
La filosofia di Olmsted è ben riassunta in un suo scritto del 1870: “A park fairly well managed near a large town,
will surely become a new center of that town. With the determination of location, size, and boundaries should
therefore be associated the duty of arranging new trunk routes of communication between it and the distant parts of
the town existing and forecasted.
These may be either narrow informal elongations of the park, varying say from two to five hundred feet in width, and
radiating irregularly from it, or […] formal parkways. They should be so planned and constructed as never to be
noisy and seldom crowded, and so also that the straightforward movement of pleasure carriages need never be
obstructed, unless at absolutely necessary crossings, by slow-going heavy vehicles used for commercial purposes. If
possible, also, they should be branched or reticulated with other ways of a similar class, so that no part of the town
should finally be many minutes walk from some one of them; and they should be made interesting by a process of
planting and decoration, so that in necessarily passing through them, whether in going to or from the park, or to and
from business, some substantial recreative advantage may be incidentally gained. It is a common error to regard a
park as something produced complete in itself, as picture to be painted on a canvas. It should rather be planned as
one to be done in fresco, with constant consideration of exterior objects, some of them quite at a distance and even
existing as yet only in the imagination of the painter” (F.L. Olmsted, 1870).
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Due noti esempi sono quelli di H.W.S. Cleveland, che nel 1883 progettò un sistema di “open
space lineari” (basato su elementi d’acqua del paesaggio naturale: fiumi, laghi e baie) per la città di
Minneapolis, e di George Kessler, che negli stessi anni propose il sistema del verde (parchi e
greenways) per la città di Kansas City.
Altre importanti esperienze sono quelle degli stessi allievi di Olmsted, tra i quali il figlio
Frederik Olmsted Jr., Charles Eliot, Phil Lewis, Theodore e Conrad Wirth.
Proprio Charles Elliot, alla fine del 1800, delineò il primo “sistema del verde” a scala
metropolitana, proponendo una rete di aree e corridoi verdi ampia circa 400 km2, basata sui tre
maggiori corsi d’acqua dell’area metropolitana di Boston.
Nel 1928 Benton McKaye, sotto l’influenza del testo dell’Inglese E. Howard “The new
exploration”, propose un sistema di “open space” che formasse una cintura attorno alle città in
modo da regolare l’espansione urbana; tali “spazi aperti consistono nelle pianure, nelle colline e nei
monti che circondano le città” e dovevano servire per il campeggio ed i viaggi a piedi o a cavallo.
Rispetto alla greenbelt proposta da Howard, che aveva prevalentemente una funzione di
controllo dell’espansione urbana, McKaye ne riconosce le potenzialità ricreative, ipotizzando la
possibilità di fruire di tali aree verdi per fare escursioni, campeggio o semplicemente per spostarsi,
funzioni che oggi sono tra quelle più importanti attribuite alle greenways.
Dello stesso McKaye è il progetto del 1921 per il percorso chiamato “Appalachian Trail” che,
come spiega lui stesso, non è un semplice sentiero per il trekking, ma un sistema di “open space”
pensato per un livello di scala superiore a quello della città, il livello nazionale. Per la prima volta
viene ipotizzato un intervento su vasta scala, per il quale si differenziano scopi e caratteristiche a
secondo della dimensione del singolo progetto. Oggi l’Appalachian Trail si estende per circa 4.000
Km ed interessa una fascia di territorio di larghezza media pari a 300 metri.
Appare sempre più evidente negli USA che il problema della “connessione” debba essere
affrontato a livello di scala vasta e che tale “sistema” non possa essere “limitato” ai parchi, ma
debba includere tutti i tipi di “spazi aperti” (“open space”) aventi anche funzioni diverse (dalla
ricreativa alla protettiva).
Il primo sistema di spazi aperti di livello statale fu proposto nel 1928 da Charles Eliot II (nipote
del C. Eliot allievo di Olmsted) per lo Stato del Massachusetts con il “Open Space Plan for the
Commonwealth of Massachusetts”.
Un altro importante esempio di pianificazione strategica degli spazi aperti è quello proposto per
il Wisconsin negli anni ‘60 da Philip Lewis Jr., Professore di Architettura del Paesaggio
dell’Università di Madison.
Lewis, dopo un’analisi territoriale fatta attraverso la sovrapposizione di carte tematiche riportanti
diverse risorse del territorio, propose un sistema di open space connessi da greenways (che chiamò
“environmental corridors”) per la maggior parte localizzate lungo fiumi e torrenti. Tale rete, inoltre,
serviva a connettere anche le risorse di tipo storico-culturale, oltre a quelle naturali.
Con il piano di Lewis, si può considerare ultimato il passaggio concettuale dalla “parkway”
olmstediana alla “greenway” moderna.
Nello stesso periodo nacquero analoghi progetti in molti Stati Americani come l’Oregon, il
Colorado e la North Carolina.
Il termine “greenways” venne usato per la prima volta nel 1959, nel libro di William H.Whyte
“Securing open space for urban America”, pubblicato dall’Urban Land Institute.
Negli anni ’70 la parola “greenway” comincia ad apparire con sempre maggiore frequenza nella
letteratura, ma anche nella società cresce sempre più la “sensibilità ambientale” e la spinta verso la
creazione di spazi e reti dedicati alla fruizione ricreativa e legati al tempo libero.
Giulio Senes – Le greenways
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Tre anni dopo, Charles Little1 pubblicò il celebre libro “Greenways for America”, che contribuì
alla diffusione della tematica anche tra il grande pubblico. Little, nel corso dell’indagine effettuata
per la redazione del libro, rileva circa 120 esempi di greenways realizzate o in corso di
realizzazione, con caratteristiche diverse sia in termini dimensionali che funzionali.
Lo sviluppo delle greenways fu poi spinto anche attraverso l’attività di molte organizzazioni non
governative, tra cui la più importante è certamente la Rails-To-Trails Conservancy.
Il sintetico quadro storico sinora delineato è utile a meglio comprendere la realtà attuale del
movimento negli USA. E’ un movimento che si sta sviluppando ai diversi livelli territoriali (dai
vasti sistemi nazionali ai singoli percorsi nei piccoli villaggi), sia nel territorio rurale che nelle
grandi città, grazie a due “spinte” concomitanti:
- una spinta “up-bottom”, che vede gli enti territoriali (dallo Stato, alla Contea, alla
municipalità) impegnati sempre più con convinzione nella pianificazione e realizzazione delle
greenways, sfruttando anche i finanziamenti federali messi a disposizione in diversi settori
(dai trasporti al miglioramento del patrimonio naturale, dalla ricreazione alla valorizzazione
del patrimonio storico-culturale);
- una spinta “bottom-up”, che vede la popolazione organizzata in centinaia di “organizzazioni
spontanee” (es. l’associazione amici della greenway di ......) che stimolano, forniscono idee,
collaborano alla creazione e gestione delle greenways.
Il tutto secondo un consolidato “schema” di pianificazione e progettazione “partecipata”, tipico
del mondo anglosassone.
Tutto ciò ha portato ad una diffusione capillare delle greenways. Secondo il Conservation Fund
50 Stati Americani hanno approntato (o lo stanno facendo) un piano delle greenways.
A livello federale esistono diverse iniziative portate avanti dai diversi Dipartimenti (USDI,
USDA e USDT – U.S. Dept. Of Interior, U.S. Dept. of Agriculture e U.S. Dept. of Transportation),
tra cui vale la pena ricordare “The American Heritage Initiative” (volta, tra l’altro, a valorizzare i
maggiori fiumi americani come corridoi verdi multi-funzione), “The Millenium Trail Initiative”
(che prevede la creazione di 2000 “community trails”, 52 “State trails” e 12 “National trails”) e
l’istituzione di 20 “National Scenic and Historic Trails”.
Ciò che anima i pianificatori americani è, in questi ultimi anni, la creazione di un sistema di
greenways sovra-statale. A questo proposito, molto significativa appare l’iniziativa, coordinata dal
Prof. J. Fabos2, per la realizzazione di un sistema di greenways per il New England (cfr. box).
New England Greenway Vision Plan
Si tratta di un piano strategico portato avanti da un gruppo di ricercatori e di Landscape Architect della Università del
Massachusetts e della American Society of Landscape Architects.
L’obiettivo è quello di connettere le migliaia di parchi e open space esistenti nel New England (formato dai 6 stati
del nord-est degli Stati Uniti: Connecticut, Massachusetts, Maine, Rhode Island, New Hampshire e Vermont, per un
totale di oltre 170.000 km2) attraverso una vasta rete di greenways sovra-statale, che serva da esempio per l’America
e per il mondo intero.
Il piano prevede la creazione di circa 31.000 km di greenways da aggiungere a quelle esistenti, in modo da realizzare
una rete accessibile a ognuno come quella stradale.
1
Charles Little iniziò a lavorare come pubblicitario a New York ma decise presto di intraprendere, con discreto
successo, la carriera di giornalista e scrittore su tematiche ambientali. Nel 1978 fondò e divenne presidente
dell’American Land Forum.
2
Julius Fabos, Professore Emerito dell’Università del Massachusetts e noto landscape architect a livello internazionale,
si è occupato (e si occupa tuttora) di “landscape and regional planning”. Fu tra gli ideatori del metodo Metland
(Metropolitan Landscape Planning Model). Dagli inizi degli anni ’90 si occupa di greenways: è stato editor (insieme a J.
Ahern) del libro “Greenways: the beginning of an international movement” e sta curando l’uscita (prevista per il 2004)
di un altro testo sulla tematica.
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Il movimento in Europa
Abbiamo già detto dell’influenza che ebbero alcuni esempi di parchi inglesi sullo sviluppo
dell’opera di Olmsted e anche del concetto di “greenbelt”, introdotto da E. Howard sempre in
Inghilterra (portato poi avanti sapientemente per la città di Londra da Sir. Abercrombie). Non
abbiamo però ancora sottolineato come l’idea olmstediana di parkway sia stata anche influenzata
dai grandi boulevard francesi.
Le aree verdi lineari, progettate per il movimento, erano dapprima chiamate “cours” (in Italiano
“corsi”) e poi “boulevard”, un grande viale alberato costituito da una strada centrale (larga circa 18
m) per le carrozze ed un sistema di controviali (circa 6 m) dedicati alla circolazione dei pedoni.
Famosi sono i boulevard di Parigi, fatti realizzare dal Barone Haussman alla metà del 1800.
Nonostante una radice comune, il movimento delle greenways in Europa si è sviluppato in
maniera differente dagli USA, influenzato dalle diversità geografiche, economiche, culturali e di
sviluppo sociale e urbanistico.
E’ possibile affermare che, mentre negli Stati Uniti il passaggio dalle parkways olmstediane alle
greenways moderne è stato un processo pressoché “continuo”, in Europa si è assistito ad un
processo molto più discontinuo, frammentato, diversificato nei diversi paesi. Tale processo, partito
dai boulevard francesi, passato dalle greenbelt inglesi, ha richiesto in questi ultimi anni la diretta
influenza degli Stati Uniti per essere “risvegliato”, e per acquistare una maggiore consapevolezza
delle proprie radici cultuali.
E’ infatti molto recente l’esplosione (o meglio il ritorno all’attualità) del concetto di greenway in
Europa. Basti pensare che la nascita dell’European Greenways Association (così come quella
dell’Associazione Italiana Greenways) risale solo al 1998. E’ evidente che anche prima di tale data,
a livello dei singoli paesi, esisteva comunque un fermento sia culturale che operativo (fatto di
singole iniziative e realizzazioni), ma è altrettanto chiaro che mancava la consapevolezza di
unitarietà, di far parte cioè di un grande movimento internazionale (europeo e mondiale).
Questa recente “esplosione” europea del movimento delle greenways è indubbiamente figlia di
due fenomeni solo recentemente divenuti di grande portata:
- la “questione ambientale”, relativa alla crescente pressione dell’uomo (inquinamento di aria,
acque e suolo) sia nelle città che nelle campagne;
- la crescente attenzione verso la qualità della vita, sempre più giudicata anche in funzione
della reale accessibilità e fruibilità del verde nonché dell’offerta di opportunità ricreative.
Ecco che allora espressioni quali “vias verdes”, “voies vertes”, “voies lentes”, “voies douces”,
“green axes”, “green corridors”, “percorsi verdi” ...... “greenways” insomma, vengono sempre più
usate in Europa per descrivere “vie di comunicazione dedicate al traffico non motorizzato”
(European Greenways Association, 2000).
A differenza di quanto succede negli USA, in Europa l’accento è posto sulla singola
infrastruttura, la quale, per essere definita “greenway”, deve presentare pendenze modeste, essere
fisicamente separata dalla viabilità ordinaria ed essere accessibile al maggior numero possibile di
categorie di utenti. Le esperienze di questi ultimi anni hanno dimostrato come molte infrastrutture
create nel passato e oggi non più utilizzate (si pensi ad esempio alle ferrovie dismesse e alle alzaie
dei canali) possono essere “recuperate” ad una funzione di mobilità con la trasformazione in
greenways. In tal senso, un’altra chiave di successo delle greenways è che, in linea generale, si
propongono di recuperare qualcosa di già esistente piuttosto che costruire qualcosa di
completamente nuovo.
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Alcune esperienze europee a livello dei singoli paesi
Per meglio chiarire la diversità delle esperienze a livello europeo, si ritiene importante segnalare,
se pur solo accennandovi, alcuni dei numerosi progetti in corso nei diversi paesi.
Come si può intuire da quanto detto finora, la tematica delle greenways si presenta quanto mai
vasta e complessa e l’approccio allo studio delle greenways può avvenire a diversi livelli passando
dalla definizione di piani strategici nazionali e sovra-nazionali che tengono conto delle diverse
funzioni svolte dalle greenways alla definizione di sistemi di percorsi verdi a livello locale.
Limitandosi agli interventi di livello superiore, numerosi sono i piani ed i programmi che si stanno
portando avanti per lo sviluppo di reti di greenways.
RAVeL (Reseau Autonome de Voies Lentes) in Vallonia (Belgio)
Programma dei governo vallone per la creazione di una rete di percorsi ciclabili e pedonali sicuri
per una circolazione non motorizzata attraverso la Vallonia, regione di lingua francese del Belgio.
Come meglio indicato nel capitolo 6, lo sviluppo di tale rete di vie lente in Vallonia è strettamente
legato al recupero delle ferrovie non utilizzate (prima della seconda guerra mondiale il Belgio aveva
una delle rete ferroviarie più fitte del mondo) e delle strade alzaie lungo i canali.
Il primo tratto della rete è stato inaugurato nel 1996 e si prevede che, una volta completata, la
rete avrà un’estensione di circa 2000 km.
Vèloroutes & Voies Vertes in Francia
L’Association Française de development des Véloroutes et Voies Vertes, è un’associazione nata
nel 1997 con lo scopo di favorire lo sviluppo dei percorsi ciclabili e delle greenways mediante, tra
l’altro, la realizzazione di un inventario dei percorsi esistenti, la promozione e la partecipare a
gruppi di lavoro per lo sviluppo della rete dei percorsi, l’acquisizione delle competenze tecniche
necessarie alla loro realizzazione.
L’associazione è inoltre responsabile per la Francia dello sviluppo dei progetti Eurovelo e Rever
ed ha elaborato, in collaborazione con i Ministeri dell’Ambiente, dei Trasporti e dello Sport, un
piano nazionale dei percorsi ciclabili e delle greenways che, una volta realizzato, consentirà di
attraversare l’intero territorio francese senza l’utilizzo dell’automobile. Attualmente sono stati
completati 16 percorsi.
Greenways and Quiet roads in Gran Bretagna
La Countryside Agency è stata costituita dal governo inglese e ha fra gli scopi statutari la
conservazione e valorizzazione del territorio rurale, il miglioramento delle condizioni di vita e
l’offerta di nuove opportunità a chi vive nel territorio rurale e l’incentivazione della scoperta e della
fruizione della campagna da parte dell’intera popolazione.
“Greenways” e “Quiet roads” (strade rurali minori) sono due iniziative della Countryside
Agency che si inseriscono in un più ampio progetto del governo inglese volto a favorire la mobilità
non motorizzata per disincentivare l’uso dell’automobile e quindi controllare l’inquinamento e per
incentivare l’uso della bicicletta e gli spostamenti a piedi soprattutto da parte dei bambini. Si tratta
quindi di un progetto strategico, sostenuto da notevoli finanziamenti, che vede coinvolti anche il
Ministero dei Trasporti e il Ministero della Sanità.
In particolare con il progetto Greenways la Countryside Agency mira a costituire una rete di
percorsi vietati ai mezzi motorizzati per permettere alle persone di spostarsi da casa verso i servizi, i
centri di vita, i luoghi di lavoro sia in città che nelle aree rurali.
L’iniziativa Quiet roads incentiva invece l’utilizzo delle strade rurali minori da parte dei mezzi
non motorizzati, rendendole più sicure e confortevoli, e, dall’altro lato, ne disincentiva l’utilizzo da
parte della auto, senza comunque vietarlo.
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Sustrans. National Cycle Network in Gran Bretagna
Il Sustrans, acronimo di Sustainable transport, è un’associazione non lucrativa che opera per
favorire la circolazione pedonale e ciclabile in modo da limitare l’uso di mezzi motorizzati e i loro
effetti dannosi sull’ambiente.
Fra i progetti attraverso cui il Sustrans svolge la propria attività si segnala il National Cycle
Network, il cui scopo è la realizzazione di una rete di 9000 miglia di percorsi ciclabili attraverso
l’intero Regno Unito. Questo progetto, finanziato con i fondi della Lotteria Nazionale, coinvolge il
Ministero dell’Ambiente, quello dei Trasporti, autorità regionali e locali per un totale di oltre 400
istituzioni. La rete che sarà costituita da piste ciclabili, strade a traffico limitato e strade rurali e
tratte ferroviarie dismesse, dovrebbe essere completata entro il 2005.
Vias Verdes in Spagna
Si tratta di un programma nazionale spagnolo, coordinato dalla Fundacíon de los Ferrocarriles
Españoles, con lo scopo di favorire la conversione delle linee ferroviarie dismesse in greenways.
Come meglio indicato nel capitolo 7, primo passo del programma è stato il censimento delle
linee ferroviari dismesse che ha portato all’individuazione di 98 linee ferroviarie per un totale di
5764 km oltre che di 954 stazioni, 501 gallerie e 1070 ponti. Sono state inoltre censite 89 tratte
ferrate di servizio all’attività mineraria e ad altre industrie per un totale di 1920 km.
Successiva ala censimento è stata la fase di recupero delle linee mediante la loro trasformazione
in percorsi pedonali e ciclabili che ha portato all’apertura di oltre 850 km di percorsi.
3.4 - I progetti trans-nazionali
REVER/AMNO
Si tratta di un progetto europeo, che interessa le Aree Metropolitane del Nord-Ovest (AMNO)
d’Europa, sostenuto e finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Interreg
IIC, con lo scopo di sviluppare una Rete Verde (da cui l’acronimo “ReVer”) per le regioni del nord
Europa. Il progetto ha coinvolto partner pubblici e privati da 5 paesi: Francia, Lussemburgo, Regno
Unito, Irlanda e Belgio.
Fra gli scopi del progetto, coordinato dall’European Greenways Association e basato sullo
scambio delle esperienze maturate e delle conoscenze acquisite a livello dei diversi paesi, vi sono il
censimento delle greenways esistenti nel territorio dei cinque paesi, lo sviluppo di progetti pilota
per la realizzazione degli interventi e la messa a punto di una procedura di intervento sia per la
scelta dei percorsi che per la loro realizzazione.
Il progetto ha portato alla definizione di uno “Schema Direttore” per lo sviluppo della Rete
Verde nel Nord Europa. Esso prevede essenzialmente la realizzazione della cartografia necessaria
per visualizzare la rete esistente e/o potenziale e lo sviluppo di una definizione comune di ciò che
viene considerato greenway e di ciò che entra a far parte di una rete verde.
Nella Dichiarazione di Lille (2000) i partner del progetto sottolineano l’importanza “che venga
realizzata una Rete Verde Europea dedicata al traffico non motorizzato, costituita per la maggior
parte da greenways e, in misura minore, da strade caratterizzate da un traffico limitato e a bassa
velocità. Questo sistema dovrebbe comprendere sia itinerari continui di ‘lunga distanza’ sia reti
locali adatte agli spostamenti quotidiani e alle attività ricreative, e dovrebbe essere correlato da una
serie di servizi che ne garantiscano la sicurezza, la continuità e l’attrattività”.
La dichiarazione di Lille segna il passaggio ideale (frutto di una maturazione culturale iniziata
anni addietro) dalla fase incentrata sulla singola greenways a quella volta alla creazione di una vera
e propria rete. Tale nuova fase ha portato con sé la maturazione della consapevolezza che una tale
rete non possa (almeno nella situazione europea) essere costituita esclusivamente da greenways.
Ecco la necessità di definire una “rete verde” in cui le greenways possano rappresentare la struttura
portante.
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REVER/MED
Si tratta di un progetto europeo, ancora in corso (fino al giugno 2004), che interessa l’area del
Mediterraneo occidentale; è sostenuto e finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del
programma Interreg IIIB.
Il progetto coinvolge 32 partner (enti pubblici ai diversi livelli territoriali, associazioni, tra cui
l’Associazione Italiana Greenways, la compagnia ferroviaria portoghese e l’Università di Milano) di
4 paesi: Italia, Francia, Spagna e Portogallo.
Obiettivo del progetto
Nel quadro di una strategia di sostegno ad uno sviluppo sostenibile basato sui punti di forza e di
debolezza dell’area MEDOC e su un approccio multisettoriale, il progetto REVER MED ha per
obiettivo il completamento della “Rete Verde Europea” sviluppata per l’area metropolitana del
Nord-Ovest d’Europa (nell’ambito del programma INTERREG II C AMNO), creando un’autentica
Rete Verde per l’area mediterranea occidentale, interessante il Portogallo, la Spagna, la Francia e
l’Italia.
Questa Rete Verde sarà riservata a utenti non motorizzati e sarà costituita principalmente dalle
greenways, vie di comunicazione di pubblico dominio basate sul recupero del patrimonio
ferroviario dismesso (linee, stazioni e altre infrastrutture), delle alzaie dei canali e degli argini dei
fiumi, dei tratturi e delle strade campestri, ecc. Queste vie di comunicazione presentano tutte
caratteristiche omogenee in termini di separazione dal traffico motorizzato, di accessibilità, di
facilità di percorrenza e di sicurezza. Per assicurare la continuità dei percorsi, tale rete sarà
costituita anche, in misura minore, da strade a scarso traffico.
La Rete Verde poggerà sia su grandi itinerari interessanti tutta l’area MEDOC che sulle
iniziative locali. Offrirà spazi accessibili a tutti per una ricreazione attiva e in sicurezza. Queste
infrastrutture saranno completate da una serie di “servizi” destinati agli utenti e da un sistema di
informazione che le valorizzerà, così come da strutture di gestione che ne garantiranno la qualità,
l’utilizzo ottimale e la manutenzione.
In perfetta coerenza con il “REVER AMNO” e secondo la definizione sottoscritta nella
“Dichiarazione di Lille” approvata nel settembre 2000, sulla quale si baserà la futura grande rete
europea, le greenways sono “vie di comunicazione autonome riservate agli spostamenti non
motorizzati, realizzate nel quadro di uno sviluppo integrato che valorizzi l’ambiente e la qualità
della vita, aventi caratteristiche sufficienti di larghezza, pendenza e pavimentazione per garantirne
un utilizzo comune e in sicurezza da parte di tutti gli utenti in qualunque condizione fisica. Al
riguardo, il riutilizzo delle alzaie dei canali e delle linee ferroviarie abbandonate costituisce lo
strumento privilegiato per lo sviluppo delle greenways.”
L’obiettivo principale del progetto REVER MED è di creare la spina dorsale di una rete
autonoma di trasporto non motorizzato, costituita principalmente da greenways. Si stima che
l’estensione di tale rete sarà di circa 10.000 km, andando dal Sud del Portogallo al Sud dell’Italia,
principalmente lungo le zone costiere ma con importanti incursioni nelle regioni dell’entroterra
dell’area MEDOC. La creazione di questa rete offrirà, allo stesso tempo, sia itinerari continui di
lunga distanza, sia soprattutto itinerari in ambito locale, utilizzabili per gli spostamenti quotidiani e
per la ricreazione vicino a casa. Le questioni specifiche relative alle caratteristiche delle regioni
coinvolte, come l’andamento topografico e orografico, i problemi legati alla pressione esercitata dal
turismo o l’intermodalità tra il trasporto pubblico e la bicicletta, oltre alle altre questioni legate alle
diverse situazioni giuridiche dei paesi e delle regioni interessate (recupero delle infrastrutture,
gestione e manutenzione), dovranno essere studiate in dettaglio.
Il secondo obiettivo è di favorire lo scambio di esperienze tra gli enti che si occupano della
gestione del territorio, quali i governi nazionali, le regioni, le associazioni e il settore privato
(società di trasporto), che hanno già accumulato un know-how in materia di politiche di trasporto, di
mobilità “dolce”, e in particolare nel campo dello sviluppo e della gestione delle greenways.
Giulio Senes – Le greenways
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Articolazione
Il progetto si basa su diversi tipi di azioni:
1. Schema direttore:
in vista della creazione della Rete Verde, si è messo a punto uno schema direttore per l’area
MEDOC, con una metodologia comune che mira a stabilire le priorità, i punti di connessione, i
criteri di selezione degli itinerari, ecc. Tale schema copre la totalità dell’area MEDOC.
Questa azione consiste essenzialmente nella realizzazione della cartografia necessaria per
visualizzare la struttura della rete verde che si intende sviluppare, che si basa sulla necessità di
connettere le zone di interesse storico, culturale e naturalistico con i centri abitati, sfruttando le
vie verdi già esistenti e creando le connessioni mancanti. Contestualmente, sulla base e in
sintonia con quanto emerso nel progetto REVER/AMNO, la realizzazione cartografica è stata
accompagnata da una riflessione comune sul concetto di greenway e di rete verde, che ha portato
a definire, in particolare, le diverse tipologie di percorsi che vanno a formare la rete verde per
l’area MEDOC.
2. Scambio di esperienze:
- organizzazione di una conferenza: è stata l’occasione per diffondere ampiamente il
concetto di greenways, per presentare gli obiettivi della futura rete e i risultati intermedi
del progetto e per permettere la diffusione di “buone pratiche” in materia;
- organizzazione di tre “Tavole Rotonde” tematiche su:
o rapporto tra greenways e patrimonio ambientale in un’ottica di sviluppo sostenibile,
o possibilità offerte dal recupero delle alzaie lungo i canali per lo sviluppo del territorio
rurale e le problematiche connesse a tale recupero,
o comparazione dei diversi sistemi fondiari e dello stato giuridico delle greenways.
3. Studi di fattibilità:
- studi d’itinerari: studio di fattibilità di alcuni itinerari di lunga distanza che
garantiscano la continuità della rete, tra ed entro ciascuna delle regioni coinvolte;
- studi pilota e azioni di valorizzazione: sono previsti due tipi di azioni:
o progetti e realizzazioni a carattere dimostrativo su brevi tratti scelti in ciascuna
regione per la loro rappresentatività in rapporto alle politiche e alle strategie
condotte, e per il loro contributo alla continuità della rete;
o azioni puntuali di promozione e valorizzazione delle greenways già esistenti e che
rispondono ai criteri e agli standard di qualità definiti nello schema direttore del
REVER MED.
Queste ultime due azioni devono essere realizzate sulla base di una metodologia comune ancora
da definire.
4. Diffusione dei risultati:
- la pubblicazione di una Newsletter informativa e la realizzazione di una banca dati delle
greenways, insieme alla pubblicazione di documenti di carattere generale e tecnico, mira
ad assicurare una buona diffusione dei risultati e ad informare sullo stato di avanzamento
del progetto.
- È in corso di realizzazione una banca dati delle greenways, collegata e compatibile con
quella in corso di realizzazione per il Nord Europa. Le informazioni sono
georeferenziate e la banca dati è strutturata mediante tecnologia GIS (Geographical
Information System). Tale banca dati verrà poi pubblicata sul sito internet dedicato al
progetto, sfruttando le potenzialità delle più recenti tecnologie “WEB-GIS” e “WEBMAPPING”.
Pur essendo un progetto a carattere dimostrativo, è importante sottolineare che gli enti pubblici
partecipanti al progetto si sono impegnati a implementare nel prossimo futuro la rete verde che
“scaturirà” dallo schema direttore. Ciò rappresenta il primo tentativo di definire una rete transnazionale in Europa.
Giulio Senes – Le greenways
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