4. Le tendenze del Digital Manufacturing in Italia

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4. Le tendenze del Digital Manufacturing in Italia
4 Le Tendenze del Digital Manufacturing in Italia
4.1 Introduzione
Il rilancio dell’attività manifatturiera come motore di sviluppo dell'economia non solo italiana ma
anche europea e mondiale è stato recentemente annunciato non solo dal programma Horizon
2020 (dove si afferma l’esistenza di importanti tecnologie trasversali per differenti settori
industriali, che devono essere sostenute), ma anche dall’amministrazione Obama.
L’Unione Europea ha posto l’attenzione sulle cosiddette tecnologie abilitanti o KET (Key
Enabling Technologies), sull'ICT e sulla manifattura avanzata, ritenute fondamentali per la
crescita e l’occupazione. Secondo la definizione data dalla Commissione Europea le KETs
includono le nanotecnologie, la micro e la nanoelettronica, i materiali avanzati, le biotecnologie
e la fotonica. Le KET sono tecnologie “ad alta intensità di conoscenza e associate a elevata
intensità di R&S, a cicli di innovazione rapidi, a consistenti spese di investimento e a posti di
lavoro altamente qualificati”.
Oltre oceano invece è l’Amministrazione Obama, nel suo secondo discorso sullo stato
dell'Unione tenutosi lo scorso gennaio, ad auspicare un rilancio dell’industria attraverso
l’innovazione, l’introduzione di nuove competenze legate al settore ICT e a nuovi modelli
organizzativi volti a contrastare le politiche di outsourcing e off-shoring attuate per via del
ridotto costo del lavoro. In questa logica è stato programmato il National Network for
Manufacturing Innovation (NNMI), hub regionali pubblici-privati per accelerare lo sviluppo e
l'adozione di tecnologie all'avanguardia per creare prodotti nuovi e competitivi. Il primo hub
lanciato come pilota nell'agosto del 2012 con sede in Ohio si chiama America Makes, è stato
finanziato con un primo investimento di 30 milioni di $ ed è dedicato all'incremento delle
competenze del Paese sulla stampa 3D, denominata anche Additive Manufacturing, attraverso
la collaborazione su tematiche quali il design, i materiali, la tecnologia, la forza lavoro.
Il rilancio dell’industria nell’ottica auspicata è un processo già in atto e che gradualmente
sposterà il paradigma da una fabbrica “analogica” verso un nuovo sistema produttivo “digitale”:
questo cambiamento, sfruttando le nuove tecnologie abilitanti, può avvenire grazie
all’introduzione di un sistema governato dalle informazioni e dai dati raccolti dalla azienda
estesa, che permetteranno di prendere decisioni sempre più precise, in real time, ottimizzando
i processi di produzione e logistica (Fig. 1).
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Figura 1 La fabbrica digitale
Fonte: NetConsulting, Luglio 2014
Sintetizzando, sono 5 i principali Megatrend tecnologici che stanno modificando il tradizionale
sistema produttivo:
1) Cloud computing: permette alle imprese di ogni dimensione di usufruire della potenza
computazionale e di calcolo necessaria a sfruttare i Big Data, ovvero l’enorme mole di
informazioni provenienti da sensori, componentistica collegata in rete e qualsivoglia
strumento dotato di una connessione internet, al fine di individuare sprechi, semplificare
processi ed efficientare la produzione. Le nuove possibilità di elaborazione offerte da
questi sistemi abiliterebbero inoltre le aziende allo sfruttamento delle informazioni
provenienti da differenti fonti destrutturate quali clienti, fornitori, sistemi logistici e social,
al fine di ottenere in tempo reale o comunque con gap di tempo relativamente brevi (real
near time) indicazioni necessarie a migliorare la produzione. Il Cloud, riducendo gli
investimenti iniziali, abilita anche le aziende di dimensioni più contenute a trarre benefici
dall’innovazione tecnologica e dalla gestione delle informazioni sfruttando le
infrastrutture “as a service”;
2) L’IoT e la robotica applicate alla fabbrica permettono di incrementare l’automazione dei
processi permettendo tuttavia una gestione flessibile grazie alle piattaforme che
possono gestire eventi scatenati da dati e informazioni in real (near) time;
3) Le tecnologie di stampa 3D, che analizzeremo nel corso del presente Rapporto e che
ora risultano approcciabili grazie ai numerosi service che si stanno sempre più
affacciando sul mercato e che permettono alle aziende (soprattutto alle piccole realtà) di
non affrontare almeno inizialmente il costo d’acquisto. Queste tecnologie, come
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vedremo, modificheranno parte della supply chain, soprattutto per quanto riguarda la
fase di prototipazione, produzione e logistica;
4) l’utilizzo della realtà aumentata, ad esempio per la manutenzione di impianti critici
attraverso l’intervento di figure tecniche e il supporto di documentazione relativa al
prodotto da supervisionare, le certificazioni, la localizzazione dei componenti, la presa di
fotografie pre e post intervento, come nel caso dei gasdotti, di piattaforme chimiche, di
serbatoi, di impianti di grandi dimensioni;
5) Integrated Enterprise Ecosystem: I nuovi sistemi permetteranno inoltre una maggiore
collaborazione tra i diversi comparti della fabbrica (dove spesso progettazione e
realizzazione viaggiano su canali separati) con conseguente riduzione degli sprechi in
fase di prototipazione. Un concetto che condurrà alla riduzione dei consumi e alla
realizzazione fin dal primo momento del prodotto finito con conseguente contrazione dei
costi correlati e del bill of Materials, oltre che ad una maggiore comprensione dei
cambiamenti ed al tracciamento in real time del prodotto durante tutta la fase del ciclo
produttivo (Fig. 2 ).
Figura 2 I Megatrend tecnologici della fabbrica digitale
Fonte: NetConsulting, Luglio 2014
Non all’interno dei 5 MegaTrend ma comunque di importante rilevanza vogliamo collocare il
concetto di sostenibilità, trasversale e che comporta un ottimale utilizzo delle energie e delle
risorse disponibili, con contingente riduzione del rischio. In futuro questo concetto entrerà
appieno nei piani di sviluppo di tutte le realtà industriali e non solo di quelle più grandi e
multinazionali.
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L’evoluzione della fabbrica così come disegnata non è di certo attuabile in tempi brevi, ma
numerose aziende hanno già avviato programmi di trasformazione nel corso degli ultimi anni
che si avviano verso questa direzione. Tali trasformazioni sono state portate avanti finora
principalmente da grandi realtà industriali, in quanto particolarmente onerose e di difficile
adozione soprattutto in un territorio ricco di PMI come l’Italia. Tuttavia le nuove tecnologie
sopraddette abilitano l’accesso a questo tipo di evoluzione anche alle aziende di dimensioni più
contenute, e pertanto i programmi Horizon 2020 e l’amministrazione Obama ne hanno
sottolineato l’importanza: riducendo l’onerosità delle trasformazioni grazie a nuovi servizi che
permettono di aggirare il vincolo dell’acquisto di costosi macchinari (il cloud computing e i
service di stampa 3D ne sono due esempi) si aprono nuove opportunità prima precluse alle
PMI. Opportunità che un Paese come l’Italia, dove il tessuto industriale ne è costellato, non
può esimersi dal cogliere per il rilancio dell’economia.
4.2 L’additive manufacturing e i suoi vantaggi
Nel digital manufacturing assume un ruolo crescente la tecnologia di stampa 3D anche
denominata additive manufacturing poiché si basa su tecnologie di produzione di tipo additivo,
attraverso l’aggiunta di materiale in luogo delle tradizionali tecniche sottrattive (es fresatura,
estrusione). L’additive manufacturing è stato utilizzato per la prima volta nel 1986 attraverso
l’invenzione della stereolitografia, una tecnica di prototipazione rapida in grado di realizzare
oggetti tridimensionali a partire dall’elaborazione di un progetto realizzato da un software
CAD/CAM. La caratteristica peculiare di questo processo produttivo (che ne ha determinato la
portata disruptive sul mercato), ovvero l’operare per sovrapposizione di materiale, permette
pertanto la riduzione o il totale annullamento degli scarti di produzione tipici dei metodi classici,
operanti per fusione/modellazione o sottrazione di materiale/fresatura: maggiore è la
complessità dell’oggetto da realizzare, maggiori saranno i vuoti che lo compongono e, di
conseguenza, minore diviene il costo di produzione con queste tecniche.
Il principale impiego per cui fu ideata la tecnologia di stampa 3D riguarda il suo utilizzo nella
produzione di modelli (prototipi) prima dell’avvio della produzione industriale, evitando quindi il
setup di macchinari particolarmente costosi ed utilizzati per la produzione di massa. La
stampante 3D ha inoltre il pregio di poter realizzare in un unico blocco strutture particolarmente
complesse e altrimenti realizzate in più stampi tramite le tradizionali tecniche di produzione:
questa caratteristica risulta apprezzata in settori quali l’automotive (dove è possibile realizzare
forme con particolari angoli di curvatura non ottenibili con i metodi classici) e l’aeronautica (sia
civile che aerospaziale, grazie alla produzione di componenti resistenti ma allo stesso tempo
più leggeri).
Tuttavia, se i vantaggi di questa tipologia produttiva sono indubbi, riassunti in bassi o nulli costi
di setup (equivalenti per la maggior parte al costo del disegno CAD relativo al progetto da
realizzare) e ridotti costi logistici (con possibilità di produzione in loco) o, addirittura, nella totale
o parziale eliminazione della catena produttiva, si è tuttavia registrato uno scarso grado di
adozione fino al recente passato, anche in Italia, e spesso concentrato presso grandi realtà
multinazionali dell’aerospaziale, della difesa o dell’automotive, nonostante siano stati introdotti
nuove tecnologie, processi e materiali. La bassa penetrazione è dovuta in primis al costo per
macchinario di livello industriale e ai limiti fisici dei macchinari disponibili, tutt’ora generalmente
lenti e comunque onerosi dal punto di vista hardware, e pertanto ammortizzabili solo nel lungo
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periodo.
Si ricorda tuttavia come, a partire dal 2009 questo processo produttivo ha cominciato a
richiamare nuovamente l’attenzione a seguito della scadenza di alcuni brevetti che hanno
permesso la realizzazione dei primi modelli di stampanti low-cost accessibili ad un pubblico di
massa.
Infine, si osserva come stampa 3D sia una tecnologia adatta alla produzione di oggetti
sofisticati, o che richiedono elevate personalizzazioni e, pertanto, uno degli ambiti elettivi di
applicazione sono i mercati di nicchia (con margini maggiori rispetto alla produzione di massa).
A tale proposito, in diversi comparti settoriali si sta osservando come la produzione industriale
stia gradualmente volgendo sempre più verso un prodotto personalizzato o customizzabile,
rispetto a quello di massa. A tendere (e grazie al suo rapido sviluppo) è pertanto prevedibile un
maggior utilizzo della stampante 3D in settori artigianali e semiartigianali oppure altamente
specializzati (Fig. 3).
Figura 3 Le opportunità della stampa 3D in base alla tipologia dei beni
Oggetti Custom
Progetti e
oggetti
personalizzati
Volume di produzione
Piccole quantità,
grande varietà
Zona di massime opportunità
Zona di dipendenza
da fattori esterni
Zona estranea al tipo
di produzione
Prodotti
artigianali
Prodotti
standarizzati
Grandi Volumi,
piccola varietà
Produzione
continua
Commodities
Alto
Basso
Valore degli oggetti
Fonte: NetConsulting su fonti varie, giugno 2014
Oltre che per le caratteristiche del prodotto, i benefici dell’additive manufacturing si possono
riconoscere anche in base alle fasi di processo produttivo/distributivo all’interno dei quali la
tecnica additiva è in grado di esprimere diversi benefici in base a differenti tecnologie utilizzate
e attraverso l’impiego di macchinari di complessità e costi differenti.
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4.3 L’adozione in Italia
Oggi, anche in Italia - che secondo alcune statistiche risulta essere il quinto mercato mondiale
per le stampanti 3D e il secondo a livello europeo e Milano la città dove sono collocate più
stampanti, ben 108, prima di New York con 107 (fonte: 3D hubs agosto 2014) - l’impiego delle
tecniche additive è concentrata in primis sulla fase di prototipazione e produzione di
componentistica anche molto sofisticata e che richiede la produzione in pezzo unico (es
automotive) o di prodotti con forti caratteristiche artigianali/di personalizzazione.
In questa logica occorre pensare all’additive manufacturing come un valido supporto
all’innovazione e alla crescita del comparto del made in Italy, che si declina di fatto in
numerosi comparti in cui tuttavia il design, la creatività, la capacità progettuale assumono un
ruolo strategico per la buona riuscita del prodotto.
Nel corso dell’analisi svolta nei mesi di giugno-settembre 2014, è stato possibile raccogliere
diversi casi ed esperienze di utilizzo delle stampanti 3D, sia direttamente all’interno delle
aziende, sia presso service center che fungono anche da studi di ingegneria, sia presso i Fab
Lab che oggi non hanno ancora un legame stretto con le aziende ma che a tendere potrebbero
diventare protagonisti di un nuovo modo di pensare i progetti e i prodotti. A questi due temi è
dedicata una apposita sezione di questo rapporto, anche tenuto conto dell’estrema importanza
del lavoro svolto da queste realtà e l’elevata capacità professionale e rapidità con cui
rispondono alle esigenze delle aziende.
Ad oggi non si tratta ancora di una rilevanza statistica, ma senz’altro è delineato un trend di
crescita e di diffusione delle stampanti 3D, testimoniato anche dalle vendite delle stampanti nel
nostro Paese che, tra l’altro, sta portando anche alla riconversione di diverse attività altrimenti
destinate alla crisi profonda se non alla chiusura.
Basti pensare, ad esempio, alle stamperie che stanno riducendo enormemente i propri affari a
causa dell’avvento del digitale e delle stampanti casalinghe e che, attraverso l’acquisto di
stampanti 3D stanno esplorando nuovi ambiti di business (gadget, oggettistica..).
Per quanto riguarda l’automotive (4 e 2 ruote) e la componentistica, nel distretto di Modena e
Reggio Emilia l’utilizzo di stampanti 3D è molto diffuso, ed ha generato nel tempo un indotto
altamente specializzato (in particolare ingegneri attivi nell’R&D) presso diversi service center.
Per quanto riguarda l’oreficeria presso il distretto di Valenza sono state installate decine di
macchine con lo scopo di studiare i modelli nei quali verranno poi incastonate le gemme, prima
prodotti artigianalmente e pertanto molto costosi. In alcuni casi di gioielleria o alta bigiotteria di
modelli unici, in cui la componente design è particolarmente significativa e l’utilizzo di materiali
molto innovativo, si sta passando direttamente alla produzione attraverso stampanti 3D.
In ambito lavorazione della plastica e componentistica in plastica, vi sono diversi utilizzi nei
distretti, ad esempio quello di Bergamo, che riguardano sia la progettazione che la produzione
di componenti, sia la produzione di pezzi unici che hanno caratteristiche di maggiore
resistenza, così come nell’arredamento e nella relativa componentistica, ad esempio per le
cerniere.
Nella moda (abbigliamento, calzaturiero, accessori) le stampanti 3D sono sempre più adottate
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in fase di progettazione oppure in produzione di accessori (tacchi, bottoni) e il loro utilizzo si sta
diffondendo. In questo caso l’utilizzo delle stampanti 3D per la realizzazione dei prototipi sta,
da un lato riducendo i tempi di lancio di nuovi prodotti che beneficiano del minore tempo di
realizzazione dei prototipi e, dall’altro, del re-inshoring dell’attività di prototipazione, prima
affidata all’estero, ad esempio ai paesi asiatici.
Anche nel packaging/marketing operativo e negli studi di architettura oltre che nella produzione
di oggetti unici di design, l’impiego di stampanti 3D sta crescendo, sia attraverso l’utilizzo
interno sia presso i service center, per la costruzione di prodotti per le presentazioni
promozionali o per gadget e merchandising e per la costruzione dei modelli e dei progetti
architettonici.
Infine un settore in fortissima crescita è il medicale. Attualmente la principale applicazione è
quella delle protesi dentarie, che vede l’Italia protagonista di primo piano grazie ad un’azienda
che in breve tempo si sta affermando a livello globale con le sue stampanti per protesi. Tuttavia
in tutto l’ambito biomedico e protesico si stanno affacciando i primi utilizzi delle stampanti 3D in
collaborazione con medici ospedalieri per testare nuove sofisticate protesi e nuovi interventi
chirurgici mini invasivi, ad esempio per le articolazioni.
In generale quindi le stampanti 3D in Italia, a parte presso grandi aziende multinazionali
dell’automotive, aerospaziale e difesa, stanno trovando spazio molto ampio nella
prototipazione legata al design e ai nuovi prodotti sofisticati e nella produzione di pezzi unici
molto articolati e ad elevato valore commerciale o marginalità. Per tutte queste caratteristiche,
l’utilizzo si sposa alla perfezione con la creatività della manifattura italiana.
Nei prossimi paragrafi si cercherà di comprendere come questo fenomeno stia impattando
anche in Italia a diversi livelli:
1) la nascita di nuove realtà che mettono a disposizione stampanti 3D come i FabLab e
l’affermarsi di altre già presenti da diverso tempo come i centri servizi di prototipazione
rapida e di sviluppo. E’ probabile che in questo ambito il nostro Paese si trovi ancora
agli albori e che nuovi modelli di business e/o nuove realtà che emanano da queste si
affacceranno nel futuro, ad esempio: distributori/venditori di stampanti che si
trasformano in service per offrire i servizi delle proprie macchine, formazione,
consulenza alle aziende; spazi di coworking che mixano servizi di tipo tradizionale con
quelli tipici dei FabLab e dei centri di prototipazione; aziende che acquistano stampanti
3D e creano service a disposizione delle altre aziende dei distretti per ammortizzare il
costo di acquisto, attivando probabilmente nel tempo a progetti di R&D congiunti;
2) quest’ultimo aspetto si lega alla nascita di nuovi modelli di reti d’impresa, distretti
virtuali, marketplace in cui chi ha un’idea da sviluppare la può condividere con chi la
può produrre e vendere ai propri clienti;
3) infine naturalmente gli impatti sono a livello di ciascuna azienda e riguardano diversi
processi aziendali, dalla progettazione alla produzione alla distribuzione del prodotto,
fino al mercato post vendita.
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