PROBLEMI DI ALTERAZIONE MICROBIOLOGICA
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PROBLEMI DI ALTERAZIONE MICROBIOLOGICA
1 PROBLEMI DI ALTERAZIONE MICROBIOLOGICA: BIOFILM E BIOFULING (FENOMENO, CAUSE, EFFETTI). Convegno “Influenza dei sistemi di distribuzione sulla qualità dell’acqua potabile” in collaborazione tra Fondazione AMGA e Università degli studi di Brescia. Genova, 18 Novembre 2005 Lucia Bonadonna, Simonetta Della Libera Dipartimento Ambiente e Prevenzione Primaria Istituto Superiore di Sanità e-mail: [email protected] Nelle acque potabili in distribuzione la flora microbica costituisce una presenza costante, ma in continua evoluzione. In essa sono rappresentati gruppi microbici diversi, alcuni dei quali possono essere di derivazione fecale, patogeni e opportunisti patogeni, organismi quindi che possono costituire un rischio per la salute umana. Altri organismi rappresentano invece la componente autoctona ed eterotrofa nelle acque che può comprendere microrganismi resistenti ai trattamenti di disinfezione, capaci di colonizzare il sistema di distribuzione e amplificarsi selettivamente anche in funzione dei nutrienti disponibili e delle biocenosi presenti. Nelle acque destinate al consumo umano il titolo microbico è generalmente basso, a causa della ridotta concentrazione di nutrienti e dell’effetto dei biocidi che contribuiscono a limitare la sopravvivenza della flora microbica presente in rete. Pur tuttavia, può verificarsi che il carico microbico delle acque immediatamente fruibili possa risultare maggiore rispetto a quello rilevabile nelle acque in entrata in rete. Molti microrganismi sono in grado infatti di sopravvivere ai processi di potabilizzazione. Più precisamente, in acque oligotrofe, quali sono quelle potabili, i microrganismi, costretti ad adattarsi ad un basso tenore di nutrienti, sono in grado di sviluppare una capacità di adattamento che, tramite una serie di modificazioni genotipiche e fenotipiche, consente loro di sopravvivere e di moltiplicarsi e, pur continuando a rimanere metabolicamente attivi, possono perdere la capacità di 2 moltiplicarsi in condizioni standard di laboratorio. Si parla quindi di microrganismi danneggiati (injured) o di “vitali non coltivabili” (VNC). Questo meccanismo è caratterizzato in generale da un ritmo di respirazione ridotto, da una bassa attività metabolica e da una lenta utilizzazione delle risorse energetiche. Pertanto, se si tenta di isolare questi microrganismi, molto spesso essi non vengono rilevati. Questa condizione di quiescenza, fenomeno molto diffuso nella microbiologia ambientale, rappresenta una nuova prospettiva e dà un significato dinamico al termine "sopravvivenza". Questo fenomeno è stato dimostrato prevalentemente per i batteri coliformi, ma anche per altri batteri eterotrofi. Batteri danneggiati (injured) nelle acque in rete sono quindi in grado di sopravvivere e, la colonizzazione di zone ad essi favorevoli e protette (fondi rete, tubercoli e depositi) può permettere lo sviluppo di fenomeni di rivivificazione e, in alcuni casi, di moltiplicazione. La presenza di microrganismi nelle acque in distribuzione, oltre a modificare le caratteristiche organolettiche (odore, sapore) dell'acqua, è causa di problemi operativi negli impianti idrici riconducibili principalmente a problemi meccanici, di efficienza dei processi di trattamento dell’acqua e, non ultimi, sanitari. I biofilm sono patine cellulari continue che si vengono a formare su superfici di diversa natura immerse in un fluido (aria, acqua). Sono composti da cellule microbiche e polimeri extracellulari (EPS). Questi ultimi possono essere prodotti da una grande varietà di microrganismi e costituiscono la matrice primaria del biofilm dove possono rimanere intrappolati batteri, alghe, protozoi e componenti organici/inorganici. Gli EPS possono arrivare a costituire il 50-90% del carbonio totale presente nel biofilm e sono composti principalmente da polisaccaridi, proteine, glicoproteine, LPS e DNA. Sembra che quest’ultimo svolga un’azione importante nella formazione del biofilm: Pseudomonas ed altri batteri producono quantità di DNA extracellulare con un meccanismo che sembra coinvolgere il rilascio attivo di vescicole di piccole dimensioni dalla membrana esterna. La formazione di un biofilm è un processo dinamico e complesso che prevede un susseguirsi di fasi (ancoraggio, adesione e produzione della matrice polisaccaridica). Durante lo sviluppo del fenomeno, molte possono essere le variabili coinvolte: il tipo di substrato, l’idrodinamica del sistema e le caratteristiche del mezzo. Inoltre, un ruolo 3 determinante spetta alla parete cellulare dei microrganismi che, con l’utilizzo di fimbrie, pili, produzione di polimeri e capsule e alterando le caratteristiche della parete, favoriscono la formazione di aggregati cellulari. Nella prima fase, quella di adesione, le caratteristiche della struttura su cui i microrganismi andranno ad aderire (PVC, vetro, metalli) rivestono un’importanza primaria. Ad esempio, un substrato rugoso favorisce più rapidamente l’adesione dei microrganismi rispetto ad un substrato liscio; l’adesione inoltre è più rapida e facile sulle superfici idrofobiche. Il contatto tra superficie solida e liquido sostiene anche il deposito di sostanze organiche, quali polisaccaridi e glicoproteine, dando origine ad un fenomeno chiamato “condizionamento”. L’accumulo di queste molecole sull’interfaccia liquido-solido determina una maggiore concentrazione di nutrienti rispetto alla fase liquida, favorendo quindi la formazione di una pellicola che altera alcune caratteristiche fisico-chimiche della superficie (idrofobicità e carica elettrostatica). È in questa fase che i microrganismi colonizzano più facilmente queste aree dette “condizionate”. Tuttavia, i legami con il substrato sono ancora deboli (forze di van der Walls, forze elettrostatiche, interazioni idrofobiche) e le forme microbiche, non in grado di aderire fortemente alla superficie, restano associati con flagelli e pili. Solo successivamente, con la produzione di esopolisaccaridi, la coesione diventerà più forte. La formazione del biofilm avviene mediante stratificazioni successive. Nella struttura, una matrice eterogenea in cui le microcolonie sono circondate da uno “slime” attraverso cui si aprono canali interstiziali, fluisce l’acqua che permette la diffusione di nutrienti, ossigeno, ma anche il passaggio di agenti antimicrobici e disinfettanti. Non viene escluso comunque l’intervento di specifici segnali intercellulari in grado di attivare e regolare il trasporto di prodotti batterici. È nota comunque l’esistenza di una comunicazione intercellulare, definita con il termine di “quorum sensing”. Tramite questo fenomeno, quando la popolazione microbica ha raggiunto una determinata densità di crescita, specifiche molecole vengono rilasciate dalle componenti la biocenosi, con la possibilità di iniziare un secondo ciclo riproduttivo molecolare in rapporto alle condizioni che si sono venute a creare. Il fenomeno è regolato da omoserina lattone acetilata (AHLS) per i batteri gram- , e da una varietà di peptidi per i batteri gram+. Queste sostanze permettono ai batteri di “sentire” o misurare la densità 4 microbica e di regolare convenientemente la replicazione in base ad un processo definito di “autoinduzione” genica. Le cellule microbiche si moltiplicano utilizzando le sostanze nutritive presenti nel film di condizionamento e nel fluido circostante, formando delle colonie che si fondono tra loro e ricoprono poco alla volta tutta la superficie su cui aderiscono. Vengono così, via via, imbrigliati altri microrganismi, con vantaggio per l’ancoraggio delle cellule al substrato. La struttura rende le microcolonie meno sensibili alle fluttuazioni dell’ambiente circostante, anche perché il glicocalice protegge le cellule dalla disidratazione, trattenendo quantitativi di acqua corrispondenti a parecchie volte il suo peso e cedendola poi lentamente. La formazione del biofilm costituisce un processo lento, ma il suo spessore può raggiungere anche qualche millimetro in pochi giorni. Pellicole formate da colonie eterogenee sono più spesse e più stabili di quelle monospecifiche. Gli stessi organismi che compongono un biofilm possono avere un effetto marcato sulla sua struttura, una specie aumentando la stabilità dell'altra. D’altra parte, la composizione delle specie può anche dipendere dalla velocità del fluido a contatto con la superficie. È noto inoltre che l’aderenza a superfici favorisce la maggiore resistenza dei microrganismi alla disinfezione. Batteri eterotrofi adsorbiti a superfici metalliche generalmente mostrano una resistenza al cloro circa 2000 volte maggiore di quella delle stesse specie batteriche presenti allo stato libero nell’acqua. I fenomeni di formazione di biofilm possono essere favoriti dalle forze di scorrimento del fluido, dalla presenza di determinati composti e dalle caratteristiche delle singole specie microbiche. Quasi tutti i microrganismi vivono in stati di aggregazione e possono contribuire alla produzione del processo. Nell’ambito dei microrganismi colonizzatori di una superficie si può notare una vera e propria successione di diverse specie. L’ordine delle successioni dipende da diversi fattori, primo tra tutti il ciclo vitale, per cui per ogni microrganismo si alterneranno stadi microbici di adesione a stadi planctonici free-living. Notevole influenza è data anche da fattori chimico/fisici quali disponibilità e tipologia dei nutrienti, temperatura, valore del pH, velocità del flusso dell’acqua e torbidità e da fattori biologici come la competizione tra le specie e la presenza di predatori. 5 Nei sistemi di distribuzione delle acque potabili, le specie che concorrono alla costituzione del biofilm sono ricorrenti, anche se si osservano variazioni nella loro concentrazione. I primi colonizzatori sono generalmente batteri pigmentati, appartenenti ai generi Pseudomonas, Flavobacterium, Achromobacter, Acinetobacter, Sarcina, Micrococcus, Proteus, Bacillus, attinomiceti e lieviti. Molto spesso si può riscontrare la presenza di Klebsiella pneumoniae appartenente al gruppo dei coliformi, ed è stato dimostrato che questo microrganismo ha un maggior successo competitivo rispetto ad altre specie dello stesso gruppo. Rare sono le evidenze associate alla presenza di microrganismi patogeni free-living nelle acque potabili in distribuzione, soprattutto in Italia, anche se diversi patogeni e potenziali patogeni sono stati isolati da biofilm (Aeromonas, Legionella, protozoi, micobatteri). I patogeni alloctoni che partecipano alla formazione della struttura del biofilm hanno comunque difficoltà a mantenersi vitali a causa delle specifiche necessità di crescita e della loro incapacità di competere con gli organismi autoctoni. Tuttavia, anche in queste condizioni, l’adesione contigua e fenomeni di fagocitosi da parte di amebe ambientali sono fattori che ne favoriscono la sopravvivenza e, come nel caso di Legionella, anche la moltiplicazione. Inoltre, la specifica architettura del biofilm, anche in questo caso, rende inefficace l’azione dei biocidi. L’entità dello sviluppo di biofilm nel sistema idrico varia considerevolmente in base alla disponibilità dei nutrienti, al tempo di permanenza in rete e alla temperatura dell’acqua. È stato riscontrato, ad esempio, che la moltiplicazione di Aeromonas è proporzionale alla formazione potenziale di biofilm nelle condutture. Questa relazione tra ricrescita di Aeromonas e presenza del biofilm è alla base dell’impiego in Olanda di questo microrganismo come indicatore della potenzialità di ricrescita batterica nelle reti (valore guida 200 UFC/100 mL) Controversa invece è l’opinione degli studiosi sulla presenza di virus, anche se è recente la segnalazione di un mimivirus all’interno di amebe. Numerosi sono i materiali che vengono oggi usati nella costruzione di impianti di distribuzione delle acque destinate al consumo umano: acciaio zincato, ghisa, rame, 6 ferro galvanizzato, calcestruzzo, polivinilcloruro (PVC), polibutilene (PB), polietilene ad alta densità (PEAD); questi materiali possono essere utilizzati come componenti delle stesse tubature, nei raccordi, guarnizioni e altri accessori per il trasporto dell’acqua alle utenze. È stato dimostrato che alcuni materiali sono in grado più di altri di consentire colonizzazioni e sviluppo di nicchie di moltiplicazione e resistenza microbica. Ad esempio, nelle condotte formate prevalentemente da ferro come materiale si registrano interferenze tra i prodotti derivanti dalla corrosione ed il cloro libero, e questo processo porta ad una domanda di cloro 10 volte maggiore rispetto a tubazioni di altro materiale. Nel biofilm sono presenti anche batteri che possono essere responsabili della corrosione delle condotte e delle tubature: generalmente si tratta di microrganismi ambientali che non hanno rilevanza sanitaria ( ferrobatteri, batteri solfato riducenti, tiobacilli e batteri eterotrofi). Le loro concentrazioni nelle reti possono essere molto elevate. In questi casi, nella struttura del biofilm prevalgono composti inorganici e lo sviluppo del fenomeno è il risultato di processi galvanici prodotti all’interno e all’esterno delle condotte metalliche, spesso favoriti da attività microbica e da fattori che rendono l’acqua aggressiva per caratteristiche legate a pH acido, a un grado elevato di durezza, a presenza di cloruri e/o solfati. L’attività microbica può inoltre aumentare l’accumulo di ossidi di ferro, alluminio, manganese, silice, carbonato di calcio e di altri composti inorganici che, come prodotti della corrosione, possono rappresentare un fattore aggiuntivo di protezione nei confronti degli organismi. I microrganismi possono provocare corrosione nelle condotte metalliche delle reti idriche anche riducendo l’ossigeno disciolto, liberando metaboliti corrosivi, producendo acido solforico e partecipando al processo catodico. Gli stessi organismi sono anche la causa del biodeterioramento di materiali utilizzati nelle tubature, come le plastiche e le gomme, che possono così rappresentare una fonte di nutrienti organici che ne sostengono la crescita. La presenza di microrganismi ambientali può anche essere responsabile di occlusioni del lume delle tubature con conseguente ridotta portata idrica. Alcuni dei microrganismi spesso riscontrati in associazione a questi fenomeni possono dare origine a torbidità e 7 colorazioni delle acque osservabili, anche alle utenze, soprattutto dopo stagnamento di acqua nei tubi. La presenza e la persistenza di diverse specie microbiche in biofilm anche esposti all’azione di disinfettanti può costituire un problema cruciale nelle procedure di controllo della qualità delle acque potabili. Molti organismi, tra cui anche i patogeni, aggregati e successivamente rilasciati nel flusso d’acqua possono giungere ai rubinetti dei consumatori. Da ciò deriva l’opportunità di controllare e minimizzare l’attività microbica nei sistemi di distribuzione dell’acqua, con un processo che può essere condotto solo mediante una combinazione di misure preventive. Anche se non esistono criteri globali applicabili a tutti i sistemi, in generale, le strategie di controllo dovrebbero principalmente considerare le possibili relazioni tra le densità microbiche e i parametri gestionali e di manutenzione degli impianti. Anche misure di attività microbica con sistemi rapidi di determinazione (ATP) potrebbero contribuire allo svolgimento di attività di sorveglianza e prevenzione dei danni causati da questi fenomeni. Riferimenti bibliografici 1. Italia. Decreto 4 aprile 2004, n. 174. Regolamento concernente i materiali e gli oggetti che possono essere utilizzati negli impianti fissi di captazione, trattamento, adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano. Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 166, 17 luglio 2002. 2. Van Delden C. Virulence factors in P. aeruginosa. In: Pseudomonas, genomics, life style and molecular architecture. Ramos JL ed. Granada: CSIC, 2004. 3. McFeters GA. Biofilm development and its consequences. In: Microbial adhesion and aggregation. KC Marshall ed. Berlin: Springer-Verlag, 1984. 4. Geldreich EE. Microbial quality of water Supply in distribution systems. Boca Raton, Florida: CRC Press, Inch, 1996. 5. Fletcher M. Bacterial attachment in aquatic environments: a diversity of surfaces and adhesion strategies. In: Bacterial adhesion. Fletcher M. ed. New York: WileyLiss, 1996. 8 6. Wingender J, Gobe S, Fiedler S and Flemming HC. The effect of extracellular polysaccarides on the resistance of Pseudomonas aeruginosa to chlorine and hydrogen peroxide. In: Biofilms in the aquatic environment. CW Keevil, A Godfree, D Holt and C Dow ed. Cambridge: The Royal Society 7. Theron J, Cloete TE. Emerging waterborne infections: contributing factors, agents, detection tool. Crit Rev Microbiol 2002; 28 (1): 1-26 8. Legnani P., Leoni E., Soppesa F, Brigo R. The occurrence of Aeromonas species in drinking water supplies of an area of the Dolomiti Mountantains, Italy. J. Appl. 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