L`elezione del Presidente della Repubblica

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L`elezione del Presidente della Repubblica
L'elezione del Presidente della Repubblica
Profili costituzionali e percorso politico
A cura dell’Ufficio Analisi & Strategie
Utopia lab – Relazioni istituzionali, Comunicazione & Lobbying
14 gennaio 2015
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Giorgio Napolitano, 89 anni, è stato il primo Presidente della Repubblica italiana ad aver svolto
due mandati, iniziati rispettivamente nel 2006 e nel 2013.
Con le dimissioni di oggi inizia il percorso per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica,
il passaggio politico più importante del 2015 che darà un’impronta decisiva al seguito della XVII
Legislatura.
LE NORME COSTITUZIONALI PER L’ELEZIONE
L’elezione del Presidente della Repubblica è disciplinata dal Titolo II della Carta Costituzionale
agli artt. 83, 84, 85 e 86.
Il Presidente viene eletto dal Parlamento in seduta comune. L’elezione ha luogo per scrutinio
segreto a maggioranza di due terzi dell’Assemblea, al fine di garantire il consenso più ampio
possibile. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione. I delegati regionali devono essere scelti in
modo da assicurare la rappresentanza delle minoranze. È consuetudine quindi che i consigli
regionali scelgano uno dei tre delegati tra le file dell’opposizione, mentre gli altri due sono scelti
tra le cariche principali degli organi regionali: Presidente o Vicepresidente della Regione,
Presidente del Consiglio Regionale o Capogruppo del partito di maggioranza.
Può essere eletto Presidente della Repubblica
qualsiasi cittadino che abbia compiuto 50 anni
d’età e goda dei diritti civili e politici.
Il Capo dello Stato entra in carica dopo aver
prestato giuramento al Parlamento ed il
mandato dura 7 anni.
GLI ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE
Art. 83.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in
seduta comune dei suoi membri.
All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione
eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata
la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha
un solo delegato.
L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per
scrutinio segreto a maggioranza di due terzi
dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la
maggioranza assoluta.
Nel caso di dimissioni del Presidente (dunque il
caso di Giorgio Napolitano), il Presidente della
Camera dei Deputati indice l’elezione del
nuovo Presidente della Repubblica entro
quindici giorni.
Nel periodo che intercorre tra le dimissioni del
Presidente uscente e l’elezione del nuovo Capo
dello Stato, le funzioni del Presidente della
Repubblica vengono esercitate dal Presidente
del Senato.
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www.utopialab.it Art. 84.
Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni
cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d'età e goda
dei diritti civili e politici.
L'ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile
con qualsiasi altra carica.
L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati
per legge.
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Art. 85.
Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento
e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla
riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.
Art. 86.
Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del
Senato.
In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera
dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine
previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.
UN PO’ DI STORIA
Dal 1994 a oggi, durante la cosiddetta Seconda Repubblica, il Parlamento si è riunito in seduta
comune per eleggere il Presidente della Repubblica solamente in tre occasioni:
I.
nel 1999, al tempo del primo governo Prodi, quando l’allora Ministro del Tesoro Carlo
Azeglio Ciampi venne eletto Presidente grazie al sostegno trasversale di maggioranza
(centrosinistra) e opposizione (centrodestra);
II.
nel 2006, per eleggere Giorgio Napolitano, con i soli voti del centrosinistra di Romano
Prodi, fresco vincitore delle elezioni politiche di aprile, benché con un margine molto
risicato sul centrodestra guidato da Silvio Berlusconi (lo scarto elettorale fra gli schieramenti
fu appena dello 0,04% dei consensi);
III.
nel 2013, per rieleggere Napolitano al sesto scrutinio con i voti dei principali schieramenti
parlamentari (738 preferenze su 1007) al fine di superare lo stallo venutosi a creare dopo le
clamorose bocciature di Franco Marini (1° scrutinio) e Romano Prodi (4° scrutinio).
In considerazione del fatto che il Capo dello Stato rimane in carica per 7 anni (scelta dei costituenti
per evitare che il mandato presidenziale e la legislatura scadessero contemporaneamente e fornire
quindi un elemento di stabilità istituzionale) e poichè nell’ultimo periodo il Quirinale è arrivato a
ricoprire un ruolo quasi “suppletivo” rispetto a quello del potere politico (tanto da delineare una
cesura anche molto profonda fra Costituzione formale e materiale), l‘elezione del Presidente della
Repubblica rappresenta la sfida più importante dell’attuale legislatura, destando e alimentando
l’interesse di ogni forza politica che siede oggi in Parlamento.
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I NUMERI
1009 grandi elettori sceglieranno il
successore di Giorgio Napolitano:
1009 elettori
§ 630 deputati;
§ 321 senatori (315 eletti e 6
senatori a vita - Napolitano,
Ciampi,
Rubbia,
Piano,
Cattaneo, Monti);
630
Deputati 321
Senatori
§ 58 delegati delle Regioni.
58 Delegati
Regionali
L’elezione ha luogo a maggioranza di
due terzi dell’Assemblea nei primi tre
scrutini (672 su 1009). Dal quarto è
sufficiente la maggioranza assoluta
(505 su 1009).
Di seguito alcuni dati circa la composizione dei gruppi parlamentari di Camera e Senato:
CAMERA DEI DEPUTATI - COMPOSIZIONE DEI GRUPPI PARLAMENTARI
Gruppo
Consistenza attuale
Area popolare (NCD-UDC)
24
Forza Italia
70
Fratelli d’Italia
9
Lega Nord e Autonomie
20
Movimento 5 Stelle
100
Partito Democratico
307
Per l’Italia
13
Scelta Civica
25
Sinistra Ecologia Libertà
26
Misto
26
Totale
630
SENATO DELLA REPUBBLICA - COMPOSIZIONE DEI GRUPPI PARLAMENTARI
NB: La tabella già considera il Presidente uscente, G. Napolitano, tra i Senatori a vita che, per prassi, si iscrivono al Gruppo Misto.
Gruppo
Consistenza attuale
Area popolare (NCD-UDC)
36
Forza Italia
60
Grandi Autonomie
15
Lega Nord e Autonomie
15
Movimento 5 Stelle
37
Partito Democratico
108
Per le Autonomie
16
Scelta Civica per l’Italia
7
Misto
27
Totale
321
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IL PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE – COMPOSIZIONE GRUPPI PARLAMENTARI
16
58
Partito Democratico (415)
53
Forza Italia (130)
26
Lega Nord (35)
Autonomie e Libertà (15)
415
137
Fratelli d'Italia (9)
Area popolare (NCD-UDC) (70)
Per l'Italia (13)
Scelta Civica per l'Iitalia (32)
32
Movimento 5 stelle (137)
Sinistra Ecologia Libertà (26)
13
70
9
Misto (53)
35
Per le Autonomie (16)
130
Delegati regionali (58)
15
Da un punto di vista numerico, la platea dei 1009 grandi elettori è in apparenza la stessa dell’aprile
2013, benché, da allora, connotati e numeri della maggioranza siano andati modificandosi anche
profondamente.
Se nel 2013 il centrosinistra (formato da PD e Sel) contava in partenza su 496 voti, ovvero poco
meno del quorum richiesto dal quarto scrutinio in poi (i 504 voti della maggioranza assoluta), oggi
la coalizione che sostiene il governo Renzi (PD-NCD-Scelta civica-Per l’Italia, transfughi di SEL,
gruppo misto) dispone di un numero che oscilla fra i 570 e i 600 grandi elettori parlamentari.
A questi vanno aggiunti i diversi delegati regionali, appartenenti in larga parte allo stesso Partito
Democratico che ha recentemente incrementato la propria quota dopo aver strappato al centrodestra
le regioni di Sardegna, Piemonte, Abruzzo e Calabria.
Se il premier Renzi dovesse decidere di procedere a colpi di maggioranza, senza coinvolgere Forza
Italia, Movimento 5 Stelle, Lega o SEL, a partire dalla quarta votazione avrà a sua disposizione un
margine di sicurezza ragionevole.
Fino ad allora il quorum sarà infatti più alto (672 voti, ovvero i due terzi dei grandi elettori).
In realtà, l’esperienza traumatica dell’aprile 2013, in cui i famosi 101 franchi tiratori del PD non
consentirono l’elezione di Romano Prodi, consiglia prudenza, motivo per cui lo stesso Primo
Ministro finirà per cautelarsi ricercando un accordo ampio e preventivo con le altre forze
parlamentari. Fra queste svettano Movimento 5 Stelle e Forza Italia, che porterebbero in dote
rispettivamente 137 e 130 parlamentari.
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La Repubblica, 19 gennaio 2014 – giorno successivo al primo incontro Renzi-Berlusconi
Al momento è probabile che Renzi vorrà dare precedenza al contraente del cosiddetto “Patto del
Nazareno”, confermando la linea sin qui seguita nell’iter di approvazione delle Riforme
Costituzionali e della legge elettorale. Non è da escludere che il Patto abbia già previsto un nome
per il prossimo inquilino del Quirinale.
Nel caso in cui volessero dunque presentare e sostenere la propria candidatura, dopo il terzo
scrutinio – quantomeno numericamente – Partito Democratico e Forza Italia non dovrebbero
avere problemi a imporre il proprio nome, poiché la somma dei rispettivi grandi elettori
garantirebbe loro 545 voti. Somma che potrebbe inoltre aumentare grazie ai delegati regionali o
nel caso in cui il candidato prescelto dovesse riscuotere l’approvazione di altri gruppi “moderati”,
quali NCD (70 grandi elettori) o Scelta Civica (32 grandi elettori).
Su questo scenario si innestano le resistenze delle minoranze interne al PD e a FI che, giovandosi
dello scrutinio segreto, potrebbero puntare a disinnescare la candidatura promossa dal ticket RenziBerlusconi e a mettere alla prova la tenuta stessa del Patto.
Corriere della Sera, 15 dicembre 2014
La doppia presidenza Napolitano, caso di per sé unico nella storia della Repubblica, ha infatti
dimostrato che a fronte di profonde crisi istituzionali e in presenza di un Capo dello Stato
particolarmente carismatico e autorevole, anche una carica pensata per svolgere funzioni
rappresentative e di garanzia può indirizzare e guidare un potere politico altrimenti incapace di
superare stalli istituzionali apparentemente insormontabili.
La partita per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica vedrà così contrapposti quanti
punteranno a eleggere un Capo dello Stato forte e indipendente, slegato da vincoli di subalternità da
Governo e Parlamento sulla falsariga di quanto emerso con Giorgio Napolitano a partire dal 2011. E
quanti, al contrario, proveranno a riportare il ruolo del Presidente alle prerogative formali dettate
dalla Carta Costituzionale, per insediare al Colle una figura che non intervenga con eccessiva
frequenza nell’attività di governo.
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