INTERVISTA A Stefano Lorenzi

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INTERVISTA A Stefano Lorenzi
coverstor y INTERVISTA A STEFANO LORENZI
IL DIRETTORE DEL
PERSONALE COME
AGENTE DI
TRASFORMAZIONE
Chiediamo a Stefano Lorenzi, CEO di Sirti,
un’opinione sulla figura del Direttore HR nella sua
esperienza di capo azienda sia in Italia che all’estero
di Marina Pastorelli e Maria Emanuela Salati
Marina Pastorelli
Associate Partner,
Executive Search
& Selection KPMG
Advisory S.p.A.
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C
{
i interessa in primo luogo capire se ha rilevato, nei diversi contesti in
cui ha lavorato, delle differenze significative nel ruolo, in termini di
ampiezza di responsabilità, profilo di competenze, potere esercitato.
«Direi proprio di sì. Nella mia vita professionale ho avuto modo di fare molteplici
esperienze in realtà lavorative molto differenti, per costume, cultura manageriale e
dimensione. La mia esperienza è prevalentemente
internazionale: ho lavorato per grandi multinazionali come AT&T, Telecom Argentina e Alcatel, per
la quale ho gestito l’America Latina. Ho lavorato
anche per una start up in Belgio per un fondo
che faceva capo a George Soros. Da 8 anni sono
tornato in Italia, per i primi 3 anni in Alcatel, e
gli ultimi 5 in Sirti.
Il ritorno in Italia è stato complesso, ho trovato
le aziende italiane significativamente più arretrate:
se dal punto di vista delle professionalità e dei
talenti non c’era niente da eccepire, per quanto
riguarda la cultura manageriale ho trovato molte
lacune. Concetti come l’appraisal che dovrebbero
essere alla base degli strumenti manageriali, erano
temuti. La gestione dei rapporti fra i vari livelli
gerarchici era arcaica e molto rigida.
Ho sentito subito l’urgenza di imprimere un
cambiamento per colmare questo gap culturale e
far evolvere in azienda il sistema manageriale nel
suo complesso. In questo processo evidentemente
l’HR deve giocare un ruolo cruciale».
Quali sono i temi importanti che il
Direttore HR deve presidiare?
«Dal mio punto di vista, l’HR è l’ente abilitante del
cambiamento, il suo lavoro in totale sinergia con la
figura dell’AD è fondamentale per fare evolvere la
cultura dell’azienda verso un modello di organizzazione più liquida, più piatta, meno gerarchica, dove
le informazioni girano agilmente. Per fare questo, a
mio parere, non basta essere un bravo specialista,
un ingrediente fondamentale è la conoscenza del
business. Io sono un grande supporter di capi del
personale che provengono da altri settori perché,
per essere business partner devi conoscere bene
il linguaggio della “linea”. Questo ti consente, ad
esempio, di valutare a fondo le persone, e di tirar
fuori da loro quel potenziale che fa la differenza
per una determinata posizione.
Quello del capo del personale è un lavoro complesso, ma in Italia le cose sono ancora più complicate, sia perché dal punto di vista normativo
ci sono da considerare molti più vincoli rispetto agli altri Paesi, sia perché culturalmente c’è
una forte resistenza al cambiamento. In questo
contesto è facile immaginarsi che, per attuare il
cambiamento, devi essere un caterpillar. Negli
Stati Uniti c’è un turnover a “double digit”. In
queste circostanze il problema più grande dei capi
del personale sta nell’implementare politiche di
retention. Al contrario il turnover in Italia è vicino allo zero, si vive in uno stato di immobilismo
cronico che ha effetti negativi per le aziende ma
soprattutto per le persone. Un lavoratore dopo
molti anni di lavoro nella stessa azienda e ricoprendo la stessa mansione, diventa consapevole
di non essere più appetibile per il mercato del
lavoro, dunque matura un’avversione ancora più
forte per il cambiamento.
Per tutte queste ragioni il ruolo del direttore
del personale in Italia, nella misura in cui si fa
portatore di cambiamento in un contesto estremamente complesso, è molto difficile e allo stesso
tempo molto strategico».
Stefano Lorenzi
CEO Sirti S.p.A.
Nato nel 1965, è
Amministratore
Delegato di
Sirti da febbraio
2011. Laureato in
Ingegneria delle
Telecomunicazioni
presso l’Università
di Ancona, Lorenzi
ha maturato
una significativa
esperienza nel
settore delle
telecomunicazioni,
sia in Italia che
all’estero. Giunto
alla guida di
Sirti dopo essere
stato Presidente
e Amministratore
Delegato di AlcatelLucent Italia,
in precedenza
aveva coordinato
tutte le attività
di Operations &
Services del Centro
e Sud America
della multinazionale
Alcatel-Lucent.
La sua esperienza
manageriale in
Italia e all’estero lo
ha visto ricoprire
incarichi in AT&T
Global Services e
nel gruppo Telecom
Italia.
Ci parla di competenze del capo del
personale molto diverse da quelle
tradizionali. Ci parla di comunicazione, di conoscenza del business.
Ne emerge un ruolo caratterizzato
da un diverso coinvolgimento nella
gestione aziendale?
«Le competenze standard, così come le competenze settoriali e specifiche, sono abituato a ricercarle sul mercato. In Sirti, per affrontare questa
fase di turnaround industriale, abbiamo deciso
di intraprendere una scelta poco convenzionale suddividendo le responsabilità della funzione
del personale in due ruoli: da un lato il direttore
“People Management” gestisce le attività più
tradizionali, la parte amministrativa e le relazioni industriali (per quest’ultima coadiuvato da un
esterno); dall’altro lato abbiamo creato la figura
del Chief Transformation Officer al quale abbiamo
affidato le attività di trasformazione e sviluppo
organizzativo affidata a Clemente Perrone (vedi
apparato a pagina 28). Il titolo voleva avere un
valore segnaletico, proprio per dare una connotazione molto spinta all’elemento di trasformazione.
Questa scelta ha richiesto del coraggio perché si
tratta di una formula per me inedita, che tuttavia
sta portando ottimi risultati. In genere le direzioni
del personale considerano il change management
un ruolo da consulente interno, invece, con questo
tipo di assetto orientato alla trasformazione, si può
entrare a pieno titolo anche nei processi non HR
al fine di incrementare la produttività.
Un altro compito fondamentale che il capo del ➤
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personale svolge è di supportare da vicino il CEO
nella guida del leadership team. Formalmente il
direttore HR è un pari rispetto agli altri componenti
del leadership team, tuttavia è anche il “trusted
advisor” del CEO. Se il gruppo non collabora in
maniera ottimale, si creano separazioni o conflitti
anche latenti, che possono avere effetti devastanti
a cascata. Lavorare bene insieme è, infatti, quasi
più importante delle competenze specifiche dei
singoli individui. Una persona bravissima che non
riesce a funzionare all’interno del team, di fatto
non riesce a mettere a terra tutta la sua energia
potenziale. In sintesi il capo del personale ha un
ruolo cruciale nell’aiutare l’AD a vedere e a capire
quali sono le dinamiche e a raccogliere i feedback».
Quindi è un ruolo di potere?
«Sì, per le caratteristiche che descrivevo pocanzi,
in parte lo è. Sicuramente è una funzione di grande
responsabilità, perché è il vero “advisor” dell’AD
nel prendere scelte delicate e critiche, che possono
avere un impatto su tutta la macchina aziendale. Per il resto del leadership team invece, la mia
ricetta è quella di formare team e organizzazioni
con il maggior equilibrio di potere possibile tra
le varie funzioni, con il manager che usa spesso
il classico meccanismo di “check and balance”.
Viceversa ho spesso osservato che dove il potere
di una funzione, per disegno organizzativo o caratteristiche personali, sovrasta quello degli altri,
il team tende a funzionare meno bene.
In tal senso noi abbiamo cambiato completamente il modello operativo. Abbiamo infatti inserito una struttura matriciale che consente più
flessibilità e maggior controllo incrociato, al fine
di eliminare quei casi in cui su una stessa figura si
concentri troppa autonomia, perché così facendo
la possibilità di eseguire un “check and balance”
va a sfumare.
Ovviamente gestire l’organizzazione a matrice
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Clemente Perrone
Con precedenti
esperienze in
Telecom Italia e
KPMG Advisory è il
Chief Transformation
Officer di Sirti.
La sua mission
è coordinare e
indirizzare modelli
e comportamenti
organizzativi,
attraverso:
- Transformation
Management
System costituito
da un team
multifunzionale,
guidato da HR,
che analizza le
organizzazioni
e i processi di
lavoro e traduce
il miglioramento
in progetti
specifici con un
impatto diretto sul
risultato operativo
dell’azienda.
- Performance
Journey, un
percorso strutturato
di empowerment
delle risorse
attraverso la
creazione di un
solido sistema
professionale che
abilita la creazione
di percorsi formativi
di digital education
e e-collaboration
come leve in grado
di aumentare il
tasso di inclusione
del management
alle iniziative
e, con esso,
favorendo forme di
apprendimento più
blended.
“Il cambiamento va innestato rapidamente e in maniera
collettiva mentre la macchina è in corsa, ed è compito
dell’HR supportare e stimolare i vertici nel cambiare
l’organizzazione e nell’implementare velocemente
i nuovi processi, anche prendendosi dei rischi”
è più faticoso. Richiede un sistema di governance
rigoroso e una comunicazione continua. In Sirti
ho introdotto l’uso di una call settimanale di 2 o
3 ore con tutto il leadership team. L’obiettivo è
creare una piattaforma di management comune
e avere un momento di condivisione, dove non
solo ognuno porta i problemi della sua funzione,
ma condivide quelli degli altri».
La visione che lei ci sta raccontando
presuppone che ci sia una consapevolezza individuale anche abbastanza profonda perché spesse volte
ci troviamo di fronte a manager che
pur molto competenti, non hanno
fatto un lavoro su di sé e quindi non
hanno strumenti di people management cosi evoluti.
«Un aspetto che ho visto anche nelle mie precedenti
esperienze, e non solo per il leadership team, è la
tendenza a dare molto più peso alle competenze
tecniche rispetto alla piattaforma manageriale.
Sarebbe auspicabile che più si occupano posizioni di responsabilità, più si dovrebbe consolidare
la strumentazione manageriale. Invece spesso
si osserva uno sbilanciamento enorme a favore
delle competenze tecniche. In questi casi il capo
del personale può e deve intervenire per colmare queste lacune. A questo proposito noi in Sirti
abbiamo triplicato gli efforts di ore di formazione
sulle competenze manageriali. Abbiamo introdotto
gli assessment center per tutta la fascia del middle
management e il coaching per tutte le tavole di
rimpiazzo con l’obiettivo di rafforzare gli aspetti
comportamentali. Inoltre abbiamo attivato un programma di performance appraisal con l’obiettivo
di coinvolgere e valorizzare le risorse di Sirti attraverso un processo strutturato di valutazione
delle competenze manageriali».
Quali sono i temi emergenti per l’HR
che vede nel prossimo futuro?
«Per quanto ci riguarda ci sono due temi che finora
abbiamo affrontato solo marginalmente: il primo
è la diversity poiché quest’azienda per la natura
del business ha una componente fortemente maschile, il secondo è l’age management che riflette
un tema Paese. Su quest’ultimo punto, ci sono da
sottolineare due aspetti: l’alta seniority aziendale
da una parte significa grande senso di appartenenza
e loyalty, un valore difficile da riscontrare negli
Stati Uniti dove il tempo di permanenza medio è
inferiore ai 5 anni. Dall’altra parte l’aspetto meno
positivo sta nel fatto che le figure tecniche sono
soggette all’obsolescenza della loro professionalità,
e quindi devono essere messe nelle condizioni di
poter continuamente trasformare le loro competenze. Inoltre a volte questo rende più difficile
per le persone accettare il cambiamento, con un
conseguente allungamento dei tempi.
A proposito di tempo, l’ultimo fattore di sfida continuo per il direttore del personale, almeno per
quanto ci riguarda, è proprio il fattore tempo. Il
cambiamento va innestato rapidamente e in maniera collettiva mentre la macchina è in corsa, ed
è compito dell’HR supportare e stimolare i vertici
nel cambiare l’organizzazione e nell’implementare
velocemente i nuovi processi, anche prendendosi
dei rischi. Ci vuole coraggio per intraprendere certe
scelte, ma alla fine i risultati si vedono!».
Concludiamo la nostra intervista con una certa
dose di ottimismo: il capo del personale è salvo,
al massimo cambia lavoro!
n
SIRTI S.P.A
Fondata nel 1921, Sirti è l’azienda italiana che coniuga
all’esperienza di quasi un secolo nella progettazione,
realizzazione e manutenzione delle infrastrutture di rete,
solide competenze nella realizzazione di Managed Services,
Progetti Speciali di System Integration e Smart Solutions.
Player di successo anche a livello internazionale con una
presenza in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti, in Libia,
in Qatar, in Spagna e in Scandinavia. Svolge il ruolo di advisor
tecnologico e fornisce servizi di consulenza e soluzioni
innovative per il settore pubblico e privato in diversi mercati:
Telecomunicazioni, Energia, Infrastrutture, Ict e Trasporti.
Conta un organico di circa 3.900 unità (3.773 in Italia), di cui
2.000 tecnici specializzati e oltre 600 laureati e genera, un
indotto di circa 4.000 lavoratori. Ha investito 50 milioni di euro
negli ultimi 5 anni nell’ambito della ricerca e sviluppo con 124
brevetti e dispone di un polo di ingegneria e innovazione che
conta circa 100 risorse.
Mission
“Vogliamo connettere le persone e le cose in modo
sostenibile e intelligente. Creare autostrade digitali che
ci colleghino al nostro futuro. Costruire infrastrutture
solide e moderne che non temano l’avvicendarsi delle
ere tecnologiche e che costituiscano un patrimonio per i
Paesi che le ospitano. Vogliamo aiutare i nostri Clienti a
concentrarsi sul proprio core business, gestendo per loro le
complessità tecnologiche e di processo relative a sistemi e
impianti. Vogliamo lavorare in modo pulito e trasparente, nel
pieno rispetto delle regole, avendo cura della sicurezza dei
lavoratori e dell’ambiente in cui ci muoviamo, perché il valore
che creiamo deve durare nel tempo a testimonianza della
nostra passione per le cose fatte bene”.
building the future
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