Musica tra le righe 5 Febbraio

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Musica tra le righe 5 Febbraio
Musica tra le righe
rassegna di musica da camera e incontri con il pubblico
a cura dell’Associazione Culturale Ponticello
Liederabend
Robert Anthony Gardiner, tenore
Giulio Biddau, pianoforte
voce recitante Ralph Aiken, Anna Mari
Mercoledì 5 febbraio 2013, ore 20.30
Cagliari, Auditorium Comunale
Al termine del concerto la cantina Sa Spinarba avrà piacere
di offrire al pubblico una degustazione di vini.
MICHELANGELO BUONARROTI
Sonetti
XVI Sì come nella penna e nell'inchiostro
XXXI A che più debb'io mai l'intensa voglia
XXX Veggio co' bei vostri occhi un dolce lume
LV Tu sa, ch'io so, signor mie, che tu sai
XXXVIII Rendete agli occhi miei, o fonte o fiume
XXXII S'un casto amor, s'una pietà superna,
XXIV Spirto ben nato, in cui si specchia e vede
BENJAMIN BRITTEN
Seven Sonnets of Michelangelo op 22
***
BENJAMIN BRITTEN
Holiday Diary suite per pianoforte op. 5
1. Early morning bathe
2. Sailing
3. Funfair
4. Night
WYSTAN HUGUES AUDEN
Poesie
Tell me the Truth about love
Funeral Blues
Johhny
Calypso
BENJAMIN BRITTEN
Cabaret Songs
SEVEN SONNETS OF MICHELANGELO
1. SONETTO XVI
Sì come nella penna e nell'inchiostro
È l'alto e 'l basso e 'l mediocre stile,
E ne' marmi l'immagin ricca e vile,
Secondo che 'l sa trar l'ingegno nostro;
Così, signor mie car, nel petto vostro,
Quante l'orgoglio, è forse ogni atto umile:
Ma io sol quel c'a me proprio è e simile
Ne traggo, come fuor nel viso mostro.
Chi semina sospir, lacrime e doglie,
(L'umor dal ciel terreste, schietto e solo,
A vari semi vario si converte),
Però pianto e dolor ne miete e coglie;
Chi mira alta beltà con sì gran duolo,
Dubbie speranze, e pene acerbe e certe.
2. SONETTO XXXI
A che più debb'io mai l'intensa voglia
Sfogar con pianti o con parole meste,
Se di tal sorte 'l ciel, che l'alma veste,
Tard' o per tempo, alcun mai non ne spoglia?
A che 'l cor lass' a più morir m'invoglia,
S'altri pur dee morir? Dunque per queste
Luci l'ore del fin fian men moleste;
Ch'ogn' altro ben val men ch'ogni mia doglia.
Però se 'l colpo, ch'io ne rub' e 'nvolo,
Schifar non poss'; almen, s'è destinato,
Ch entrerà 'nfra la dolcezza e 'l duolo?
Se vint' e pres' i' debb'esser beato,
Maraviglia non è se nud' e solo,
Resto prigion d'un Cavalier armato.
3. SONETTO XXX
Veggio co' bei vostri occhi un dolce lume,
Che co' miei ciechi già veder non posso;
Porto co' vostri piedi un pondo addosso,
Che de' mie zoppi non è già costume.
Volo con le vostr'ale senza piume;
Col vostr'ingegno al ciel sempre son mosso;
Dal vostr'arbitrio son pallido e rosso,
Freddo al sol, caldo alle più fredde brume.
Nel voler vostro è sol la voglia mia,
I mie' pensier nel vostro cor si fanno,
Nel vostro fiato son le mie parole.
Come luna da sè sol par ch'io sia;
Chè gli occhi nostri in ciel veder non sanno
Se non quel tanto che n'accende il sole.
4. SONETTO LV
Tu sa, ch'io so, signor mie, che tu sai
Ch'i veni per goderti più da presso;
E sai ch'i' so, che tu sa' c'i' son desso:
A che più indugio a salutarci omai?
Se vera è la speranza che mi dai,
Se vero è 'l buon desio che m'è concesso,
Rompasi il mur fra l'uno e l'altro messo;
Chè doppia forza hann' i celati guai.
S'i' amo sol di te, signor mie caro,
Quel che di te più ami, non ti sdegni;
Che l'un dell'altro spirto s'innamora,
Quel che nel tuo bel volto bramo e 'mparo,
E mal compres' è degli umani ingegni,
Chi 'l vuol veder, convien che prima mora.
5. SONETTO XXXVIII
Rendete agli occhi miei, o fonte o fiume,
L'onde della non vostra e salda vena.
Che più v'innalza, e cresce, e con più lena
Che non è 'l vostro natural costume.
E tu, folt'air, che 'l celeste lume
Tempri a' tristi occhi, de' sospir miei piena,
Rendigli al cor mio lasso e rasserena
Tua scura faccia al mio visivo acume.
Renda la terra i passi alle mie piante,
Ch'ancor l'erba germogli che gli è tolta;
E 'l suono Ecco, già sorda a' miei lamenti;
Gli sguardi agli occhi mie, tue luci sante,
Ch'io possa altra bellezza un'altra volta
Amar, po' che di me non ti contenti.
6. SONETTO XXXII
S'un casto amor, s'una pietà superna,
S'una fortuna infra dua amanti equale,
S'un'aspra sorte all'un dell'altro cale,
S'un spirto, s'un voler duo cor governa;
S'un'anima in duo corpi è fatta etterna,
Ambo levando al cielo e con pari ale;
S'amor c'un colpo e d'un dorato strale
Le viscer di duo petti arda e discerna;
S'amar l'un l'altro, e nessun se medesmo,
D'un gusto e d'un diletto, a tal mercede,
C'a un fin voglia l'uno e l'altro porre;
Se mille e mille non sarien centesmo
A tal nodo d'amore, a tanta fede;
E sol l'isdegno il può rompere e sciorre.
7. SONETTO XXIV
Spirto ben nato, in cui si specchia e vede
Nelle tuo belle membra oneste e care
Quante natura e 'l ciel tra no' puo' fare,
Quand'a null'altra suo bell'opra cede;
Spirto leggiadro, in cui si spera e crede
Dentro, come di fuor nel viso appare,
Amor, pietà, mercè, cose sì rare
Che mà furn'in beltà con tanta fede;
L'amor mi prende, e la beltà mi lega;
La pietà, la mercè con dolci sguardi
Ferma speranz'al cor par che ne doni.
Qual uso o qual governo al mondo niega,
Qual crudeltà per tempo, o qual più tardi,
C'a sì bel viso morte non perdoni?
BENJIAMIN BRITTEN – WHYSTAN HUGUES AUDEN
CABARET SONGS
Testi (traduzione Gilberto Forti)
1. O Tell Me The Truth About Love
Some say that love's a little boy,
And some say it's a bird.
Some say it makes the word go round,
And some say that's absurd.
And when I asked the man next-door,
He looked as id he knew,
His wife got very cross indeed,
And said it wouldn't do.
Does it look like a pair of pyjamas,
Or the ham in a temperance hotel?
Does it odour remind one of llamas,
Or has it a comforting smell?
Is it prickly to tough as a hedge is,
Or soft as eiderdown fluff?
Is it sharp or quite smooth at the edges?
O tell me the truth about love?
Our history books refer to it
In cryptic little notes,
It's quite a common topic on
The Transatlantic boats;
I've found the subject mentioned in
Accounts of suicides,
And even seen it scribbled on
The backs of railway-guides.
Does it howl like a hungry Alsatian,
Or boom like a military band?
Could one give a first-rate imitation
On a saw or Steinway Grand?
is its singing at parties a riot?
Does it only like classical stuff?
Will it stop when one wants to be quiet?
O tell me the truth about love.
I looked inside the summer-house;
It wasn't ever there:
I tried the Thames at Maidenhead,
And Brighton's bracing air.
I don't know what the blackbird sang,
Or what the tulip said;
But it wasn't in the chicken-run,
Or underneath the bed.
Can it pull extroadinary faces?
Is it usually sick on a swing?
Does it spend all its time at the races,
Or fiddling with pieces of string?
Has it views of its own about money?
Does it think Patriotism enough?
Are its stories vulgar but funny?
O tell me the truth about love.
When it comes, will it come without warning
Just as I am picking my nose?
Will it knock on my door in the morning,
Or tread in the bus on my toes?
Will it come like a change in the weather?
Will its greeting be courteous or rough?
Will it alter my life altogether?
O tell me the truth about love.
(Trad. ) La verità, vi prego, sull'amore
Dicono alcuni che amore è un bambino,
e alcuni che è un uccello,
alcuni che manda avanti il mondo,
e alcuni che è un'assurdità,
e quando ho domandato al mio vicino,
che aveva tutta l'aria di sapere,
sua moglie si è seccata e ha detto che
non era il caso, no.
Assomiglia a una coppia di pigiami,
o al salame dove non c'è da bere ?
Per l'odore può ricordare i lama,
o avrà un profumo consolante?
È pungente a toccarlo, come un pruno,
o lieve come morbido piumino?
È tagliente o ben liscio lungo gli orli?
La verità, vi prego, sull'amore.
I manuali di storia ce ne parlano
in qualche noticina misteriosa,
ma è un argomento assai comune
a bordo delle navi da crociera;
ho trovato che vi si accenna nelle
cronache dei suicidi,
e l'ho visto persino scribacchiato
sul retro degli orari ferroviari.
Ha il latrato di un alsaziano a dieta,
o il bum-bum di una banda militare?
Si può farne una buona imitazione
su una sega o uno Steinway da concerto?
Quando canta alle feste, è un finimondo?
Apprezzerà soltanto roba classica?
Smetterà se si vuole un po' di pace?
La verità, vi prego, sull'amore.
Sono andato a guardare nel bersò;
lì non c'era mai stato;
ho esplorato il Tamigi a Maidenhead,
e poi l'aria balsamica di Brighton.
Non so che cosa mi cantasse il merlo,
o che cosa dicesse il tulipano,
ma non era nascosto nel pollaio,
e non era nemmeno sotto il letto.
Sa fare delle smorfie straordinarie?
Sull'altalena soffre di vertigini?
Passerà tutto il suo tempo alle corse,
o strimpellando corde sbrindellate?
Avrà idee personali sul denaro?
È un buon patriota o mica tanto?
Ne racconta di allegre, anche se spinte?
La verità, vi prego, sull'amore.
Quando viene, verrà senza avvisare,
proprio mentre mi sto frugando il naso?
Busserà la mattina alla mia porta,
o là sul bus mi pesterà un piede?
Accadrà come quando cambia il tempo?
Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
Darà una svolta a tutta la mia vita?
La verità, vi prego, sull'amore.
2. Funeral Blues
Stop all the clocks, cut off the telephone,
Prevent the dog from barking with a juicy bone,
Silence the pianos and with muffled drum
Bring out the coffin, let the mourners come.
Let aeroplanes circle moaning overhead
Scribbling on the sky the message He Is Dead,
Put crepe bows round the white necks of the public doves,
Let the traffic policeman wear black cotton gloves.
He was my North, my South, my east and West,
My working week and my Sunday rest,
My noon, my midnight, my talk, my song:
I thought that love would last for ever: I was wrong.
The stars are not wanted now: put out every one;
Pick up the moon and dismantle the sun;
Pour away the ocean and sweep up the wood;
For nothing now can ever come to any good.
(Trad.) Funeral blues
Fermate tutti gli orologi, tagliate il telefono,
Date al cane che abbaia un osso midolloso,
Fate tacere i pianoforti, e con tamburi abbrunati
Portate fuori la bara, vengano gli accompagnatori.
Volteggino in alto gli aeroplani gemendo,
tracciando nel cielo il messsagio “Egli è morto”,
Mettete nastri di crespo al collo bianco dei colombi cittadini,
E i vigili portino guanti di cotone nero.
Egli era il mio nord, il mio sud, il mio est e il mio ovest,
La mia settimana di lavoro e il mio riposo della domenica,
Il mio meriggio, la mia mezzanotte, la mia parola, il mio canto;
Credevo che l’amore fosse per durare in eterno: avevo torto.
Le stelle sono inutili, ora; spegnetele tutte:
Imballate la luna e smantellate il sole;
Vuotate l’oceano e spazzate via i boschi:
Poiché nulla ora potrà dare alcun frutto.
3. Johnny
O the valley in the summer where I and my John
Beside the deep reiver would walk on and on
While the flowers at our feet and the birds up above
Argued so sweetly on reciprocal love,
And I leaned on his shoulder; 'O Johnny, let's play':
But he frowned like thunder and he went away.
O that Friday near Christmas as I well recall
When we went to the Charity Matinee Ball,
The floor was so smooth and th band was so loud
And Johnny so handsome I felt so proud;
'Squeeze me tighter, dear Johnny, let's dance till it's day':
But he frowned like thunder and he went away.
Shall I ever forget at the Grand Opera
When music poured out of each wonderful star.
Diamonds and pearls they hung dazzling down
Over each silver or golden silk gown;
'O John I'm in heaven, ' I whispered to say:
But he frowned like thunder and he went away.
O but he was as fair as a garden in flower,
As slender and tall as the great Eiffel Tower,
When the waltz throbbed out on the long promenade
O his eyes and his smile they went straight to my heart;
'O marry me, Johnny, I'll love and obey':
But he frowned like thunder and he went away.
O last night I dreamed of you, Johnny, my lover,
You'd the sun on one arm and the moon on the other,
The sea it was blue and the grass it was green,
Every star rattled a round tambourine;
Ten thousand miles deep in a pit there I lay:
But he frowned like thunder and he went away.
(Trad.) Johnny
Oh, la valle in estate dove io e il mio John
lungo il profondo fiume andavamo su e giù
mentre i fiori nell’erba e gli uccelli nell’aria
ragionavano dolci del reciproco amore,
e io sulla sua spalla dicevo: “Su, giochiamo”:
ma lui con un cipiglio di tuono se ne andò.
Oh, il venerdì ricordo, era sotto Natale,
quando noi due andammo a quel ballo benefico,
e così liscia la pista e chiassosa l’orchestra,
e Johnny così bello che ero così fiera;
“Stringimi forte, Johnny, balliamo fino all’alba”:
ma lui con un cipiglio di tuono se ne andò.
Scoderò mai la sera nel palco al gran galà
Quando pioveva musica da ogni ugola stupenda?
Pendevano abbaglianti le perle e i diamanti
Da ogni abito di seta argentata o dorata:
“O, John, mi sento in cielo”, dissi io in un bisbiglio:
ma lui con un cipiglio di tuono se ne andò.
Oh sì, ma era bello come un giardino in fiore,
alto e slanciato come la grande Torre Eiffel,
quando si spense il valzer sull’ampia promenade
oh, quel sorriso e gli occhi mi andarono dritti al cuore;
“Oh, caro Johnny, sposami, ti amerò e obbedirò”
ma lui con un cipiglio di tuono se ne andò.
Oh, questa notte, Johnny, io ti ho sognato, amore,
su un braccio avevi il sole e sull’altro la luna,
tutto azzurro era il mare ed era verde l’erba,
ogni stella agitava un tamburello tondo;
io ero in un abisso giù a diceimila miglia:
ma tu con un cipiglio di tuono te ne andavi.
4. Calypso
Dríver drive fáster and máke a good rún
Down the Spríngfield Line únder the shíning sún.
Flý like an aéroplane, dón’t pull up shórt
Till you bráke for Grand Céntral Státion, New Yórk.
For thére in the míddle of thát waiting-háll
Should be stánding the óne that Í love best of áll.
If he’s nót there to méet me when Í get to tówn,
I’ll stánd on the side-walk with téars rolling dówn.
For hé is the óne that I lóve to look ón,
The ácme of kindness and pérfectión.
He présses my hánd and he sáys he loves mé,
Which I fínd an admiráble pecúliaritý.
The wóods are bright gréen on both sídes of the líne;
The trées have their lóves though they’re different from míne.
But the póor old fat bánker in the sún-parlour cár
Has nó one to lóve him excépt his cigar.
If Í were the Héad of the Chúrch or the Státe,
I’d pówder my nóse and just téll them to wáit.
For lóve’s more impórtant and pówerful thán
Ever a príest or a póliticián.
(Trad.) Calypso
Più svelto macchinista, e fammi in fretta
la Springfield Line sotto il sole splendente.
Via come un razzo, non fermarti mai
finché non freni in Grand Central, New York.
Perché ad aspettarmi c’è laggiù,
in mezzo a quel salone, colui che fra tutti amo di più.
Se non è lì quando arrivo in città,
starò sul marciapiede e piangerò.
Perché è lui che voglio rimirare,
l’acme di perfezione e di bontà.
Lui mi serra la mano e dice “ti amo”,
ed è per me un fenomeno sublime.
I boschi sono tutti verdi e lustri ai lati del binario;
anche gli alberi hanno i loro amori, pur diversi dal mio.
Ma il povero banchiere vecchio e obeso, in carrozza di lusso,
non ha nessuno che lo ami eccetto il suo avana.
Se fossi io il Capo della Chiesa o dello Stato,
mi inciprierei il naso e ordinerei a tutti di aspettare.
Perché l’amore conta ed è potente
Ben più di un prete o di un politicante.
“L'Amor mi prende e la beltà mi lega"
I sonetti per Tomaso Cavalieri. – di Licia Lisei
“L 'amore di Michelangelo per Tommaso Cavalieri si presta a
sconcertare gli spiriti mediocri, onesti o disonesti che siano.”
Romain Rolland, Vita di Michelangelo.
Michelangelo è universalmente noto e ammirato come artista, ma è
conosciuto da pochi come poeta e non ha sempre goduto del favore
della critica letteraria. Mentre oggi è pienamente riconosciuto il
valore poetico delle sue liriche, queste vennero a lungo considerate
marginali, se non dilettantesche; giudicate negativamente dal Croce
o considerate dalla maggior parte dei critici semplici "epifenomeni
della sua attività artistica" per dirla con Enzo N. Girardi. Eppure egli
si dedicò alla poesia per tutto il corso della sua lunga vita e a partire
dal 1503, con un interesse e una costanza crescente, come scrive
Ascanio Condivi : "Se ne stette alcuno tempo senza fare niuna cosa
nell'arte scultoria, essendosi dato alla lezione de' poeti et oratori
volgari e a far sonetti per suo diletto". Nell'incipit della " Vita di
Michelangelo", Giorgio Vasari scrive : "Il benigno Rettor del Cielo (...)
si dispose mandare in terra uno spirito che universalmente in
ciascuna arte fusse abile (...) e volse oltre a ciò accompagnarlo della
vera filosofia morale con l'ornamento della dolce poesia".
Gran parte delle rime che ci sono pervenute sono scritte di sua
mano su fogli che presentano anche disegni e schizzi, quasi a
dimostrazione dello stretto legame intercorrente tra l'arte figurativa
e quella poetica, o per il bisogno di spiegare, di chiarire le sue idee
estetiche, la sua passione per l'Arte e per la Bellezza, la potenza
dell'Amore, platonicamente inteso come energia indomabile,
consolazione e tormento dell'esistenza. Dalle sue rime emerge con
potenza la personalità dell'artista con la sua malinconia e terribilità
creativa, l'incommensurabile scontento di sé, ma anche la
consapevolezza del proprio immenso talento e del proprio genio e la
tensione amorosa verso la Bellezza. Di più: egli ritiene che vi sia una
perfetta coincidenza tra teoria artistica e letteraria e che l'"ottimo
artista" debba essere anche poeta e filosofo.
“Sì come nella penna e nell'inchiostro / è l'alto e il basso e 'l
mediocre stile,/ e ne' marmi l' immagin ricca e vile, / secondo che 'l
sa trar l'ingegno nostro (...)"
Un altro suo biografo, Francisco de Hollanda, nei "Dialoghi di Roma",
tratteggia il ritratto dell'artista "melanconicus" e animato dal "furor
divinus"(la theia manìa Platonica) che lo innalza dalla dimensione
terrena della bellezza verso la contemplazione e la creazione della
bellezza ideale e assoluta.
Così lo rappresenta Raffaello, nelle vesti di Eraclito, mentre scrive,
solitario e malinconico, tutto “chiuso” nella sua “voluptas dolendi”, al
centro della "Scuola di Atene", riconoscendone la grandezza, si dice,
dopo aver visto gli affreschi della volta della Sistina non ancora
terminati.
Le rime più interessanti e più belle (tra le quali figurano quelle
dedicate a Tommaso Cavalieri) sono sicuramente quelle scritte dopo
il 1532, cioè dall'inizio del secondo soggiorno romano dell'artista.
Questo fu un periodo relativamente felice per lui, nonostante le
fatiche titaniche, alle quali era sottoposto, che assorbivano per
intero le sue energie e lo tormentavano fisicamente e spiritualmente.
E' il periodo dell'amicizia con Tommaso e Vittoria Colonna, nel quale
si concede brevi momenti di tregua, dialogando con i suoi amici
sotto i portici della chiesa di S. Silvestro al Quirinale o passeggiando
per gli antichi fori, ascoltando musica e poesia. Le sue esperienze
emotive raggiungono il culmine nell'amore per Tommaso e Vittoria:
ad essi dedica e dona le sue poesie e i suoi disegni.
Per quanto riguarda metri, stilemi, concetti, immagini è facile
dedurre quali siano stati i suoi modelli: la lirica italiana dal '300 al
'400, in particolare Dante e il Petrarca, ma anche i poeti della corte
medicea, Poliziano e lo stesso Lorenzo il magnifico. Michelangelo,
però va ben oltre i suoi modelli, dando vita a una lingua e a un
mondo poetico originale e inconfondibilmente suo. Il suo linguaggio
è spesso arduo ed essenziale, non è né raffinato né elegante; appare
anzi, molto spesso, rude e disadorno: come se egli poetasse non con
il calamo e la lima, ma con lo scalpello e il mazzuolo e spesso attinge
al suo mestiere di artista per trarne le similitudini, le metafore, le
immagini. I suoi versi possono colpire il nostro orecchio per la loro
ruvidezza e durezza, non hanno la curata eufonia dei petrarchisti
contemporanei. Dirà, infatti, il poeta Francesco Berni che “egli è il
nuovo Apollo e il nuovo Apelle”, grande poeta oltre che grandissimo
artista, e ne riconosce la potenza espressiva, rivendicando contro il
manierismo dei petrarchisti e il loro semplice flatus vocis, il primato
delle “res” sui “verba”.
Tralasciando le vicende delle varie edizioni delle Rime, è bene
ricordare che una vera e propria analisi critica sul poeta la
dobbiamo, per la prima volta, ad Ugo Foscolo : durante il suo esilio in
Inghilterra, infatti, dedicò alle rime di Michelangelo alcuni saggi
(New Monthly Magazine, 1822), che contribuirono a farlo conoscere
anche come poeta fuori d'Italia. Il Foscolo diede un giudizio assai
positivo sulla poesia di Michelangelo, considerandola"originale e
insolita, preziosa e mirabile, anche se, talvolta, poco armoniosa" e
giudicò il poeta come il più degno tra i continuatori del Petrarca.
Amato e tradotto dai romantici inglesi, da Wordsworth a Pater, fu
molto apprezzato da Rilke e Thomas Mann e dal filosofo statunitense
Ralph Waldo Emerson; in Italia da Ungaretti e Montale. In
particolare, Thomas Mann, in un saggio dedicato all'artista scrisse di
“poesia allo stato selvaggio”, volendo sottolineare come essa si
distingua dal codice lirico dominante, dall' ortodossia formulata dal
Bembo, fondata sul culto della perfezione stilistica. Michelangelo
non risolve le antitesi che utilizza nelle sue rime in una superiore e
consolatoria armonia, al contrario fa risaltare la compresenza dei
contrari, evoca opposizioni irrisolte e talvolta le sue liriche hanno un
aspetto frammentario o incompiuto. Tale procedimento risulta
analogo al non-finito della scultura, allorché l' artista lascia
drammaticamente “in lotta” la materia e la forma che aspira a
liberarsi dal marmo che la contiene, così come l' anima, nel suo
desiderio di trascendere la realtà terrena, lotta contro i vincoli del
corpo che la tiene imprigionata.
Valga come esempio un frammento, un non-finito poetico di
Michelangelo:
”Dagli alti monti e d’una gran ruina ,/ ascoso e circumscritto d'un
gran sasso ,/ discesi a discoprirmi in questo basso, / contr' a mia
voglia, in tal lapedicina. / Quando al sol naqui, e da chi il ciel destina
(...)”
Lapedicina è la pietraia, la frana, nella quale precipita una forma
nascosta e “circumscritta” ancora nel sasso, che “si scopre” contro
voglia in basso, nel luogo in cui è precipitata.
La bellezza ideale alla quale anelava con tutto il suo essere, un
giorno, nella Roma ancora sconvolta e ferita dal "Sacco" del 1527, gli
si presentò nella persona del giovane patrizio romano Tommaso
Cavalieri. Nel bellissimo volto e nel corpo splendido del giovane
ventenne, gli parve che la perfezione fisica e la bellezza intellettuale
e morale si fossero unite: Michelangelo fu soggiogato da questo
splendore: "spirto ben nato, in cui si specchia e vede / nelle tue belle
membra oneste e care / quanto natura e il ciel tra noi può fare/
quando a null' altra sua bell' opra cede" (...)
La bellezza di Tommaso era tale da travalicare ogni misura: "la tua
beltà non è cosa mortale / ma fatta su dal ciel per noi, divina."
L'amore di Michelangelo per Tommaso è un amore platonico, un
amore di anime :
"S'io amo sol di te, Signor mie caro, / quel che di te più ami, non ti
sdegni / che l'un dell' altro spirto s' innamora".
Al giovane dedicò molte poesie e diversi disegni, tra cui il "Ratto di
Ganimede", ovvero l'allegoria dell' elevazione dell' anima in virtù
dell' amore; il "Supplizio di Tizio", ovvero l'allegoria dell'eterno
tormento che la bellezza e l'amore generano nell'anima. Anche qui
dobbiamo far ricorso al neoplatonismo di Michelangelo, conosciuto
attraverso l'insegnamento Ficiniano e in particolare la lettura e il
commento del Simposio, del Fedro, del Cratilo. Bello, kalos, dice
Socrate nel Cratilo, è una parola che deriva, forse, da kalein,
chiamare, invocare a sé. Bello è ciò che chiama a valicare un limite
entro il quale l'esistenza sembra incompleta, priva di qualcosa di
essenziale. Dice Socrate nel Fedro, dando la definizione di Eros:
“Questo patimento dell’anima è ciò che gli uomini chiamano Amore".
"Chi è quel che per forza a te mi mena, / ohimè ohimè ohimè/ legato
e stretto e son libero e sciolto ?/ se tu incateni altrui senza catena /
chi mi difenderà dal tuo bel volto ?"
Conversazioni su W.H. Auden
Intervista a Massimo Bacigalupo
“La verità, vi prego, sull’amore”. Il titolo della poesia pone
l’interrogativo della ragione, che cerca la verità, sul sentimento,
l’amore. Perché questa esigenza di un riscontro oggettivo?
Direi che il senso della poesia è che appunto non è possibile una
definizione dell’amore. Ce ne sono tante quanti sono gli innamorati.
Il poeta lo attende con trepidazione e vorrebbe sapere cos’è ma non
lo saprà finché arriva, se arriva.
La poesia più nota al grande pubblico, Stop all the clocks (Funeral
Blues nei songs di Britten), recitata da John Hannah davanti al feretro
del compagno nel film Quattro matrimoni e un funerale. La poesia si
articola come un corteo funebre, con una serie d’immagini che
accompagnano il ricordo dell’amato. Qual è l’importanza
dell’elemento visivo nella poesia di Auden?
Questa poesia nacque in realtà come la parodia delle banalità che si
dicono della morte di un uomo pubblico. In seguito Auden la
revisionò dando genuinità al sentimento. Le immagini in Auden
devono molto al clima surrealista fra le due guerre, con una
componente di nonsense (gusto dell’assurdo) tipicamente inglese.
Certo Britten accentua nelle ultime strofe l’elemento doloroso.
In Lions and Shadows C. Isherwood sostiene che “L’amore [per
Auden] non era né eccitante né romantico e nemmeno disgustoso: era
buffo. Il poeta deve trattarlo, insieme a temi simili con una smorfia, un
sorriso amaro e un paio di guanti chirurgici. La poesia dev’essere
clinica e austera”. Le poesie composte per i Cabaret Songs sono
profondamente tragiche, ma anche divertenti. L’ironia è un’arma di
difesa contro il dolore o c’è un effettivo distacco nell’accostarsi al
tema dell’amore?
Auden era molto razionale e un vorace lettore di testi psicologici,
filosofici, politici. Isherwood dice bene che la sua poesia è “clinica e
austera”. Non è una poesia emotiva. C’è sempre un tono da vecchio
signore eccentrico. Per esempio in Calypso; “Mi stringe la mano e di
amarmi dichiara / cosa che trovo ammirevole e rara”. Auden è
sempre un po’ bambino e un po’ vecchio... mai adulto. La sua poetica
è decisamente antiromantica. Se leggiamo due versi d’amore di
Emily Dickinson vediamo subito la differenza: “Dove tu sei è la patria
/ Kashmir o
Calvario non importa / gloria o vergogna / non mi curo del nome /
purché io possa seguirti”.
Le varie tappe della vita di Auden, il soggiorno a Berlino, l’esperienza
in Cina durante il conflitto sino-giapponese – documentato in Journey
to a War – fino al trasferimento a New York, sono segnate dalla
costante presenza di Isherwood. Quanto ha influito l’amicizia tra i due
scrittori negli esordi poetici dell’autore?
Credo ci fosse una sorta di simbiosi fra i due, fra l’altro Funeral Blues
nacque per un dramma scritto a quattro mani. Su questo circolo di
amici è illuminante il Diario di Cintra (edizioni Clichy), un diario che
Isherwood, Spender e i loro amici scrissero a turno durante un
soggiorno in Portogallo. Erano dei ragazzi geniali; Isherwood scrisse
racconti straordinari come quelli di Addio a Berlino.
Sia in Johnny che in Calypso è molto forte la presenza dell’eros, ma
anche l’ansia della perdita e la paura dell’abbandono. Altrove invece,
come in Lullaby, il tema è traslato su un piano più elevato “anima e
corpo non hanno confini”. Come concilia Auden il lato fisico e il lato
spirituale dell’amore?
Auden, influenzato dall’americano Eliot, si rifà ai poeti metafisici
inglesi (John Donne, Andrew Marvell) che parlavano dell’amore con
arguzie barocche. In Lullaby, che comincia col bel verso, “Lay your
sleeping head, my love”, Auden esprime un sentimento insolito di
tenerezza e abbandono, tuttavia ripete il classico tema del carattere
effimero dell’esperienza amorosa: “Certezza e fedeltà passano / col
tocco della mezzanotte / ... e idioti in voga innalzano / il loro grido
noioso e pedante”. Cioè la vita pratica, la politica, riprende il
sopravvento... ma intanto l’amore è stato in qualche modo eternato,
“non un bacio o uno sguardo sarà perso”.
W. H. Auden riceve dalla famiglia una formazione cristiana
tradizionale: diversi suoi antenati sono pastori della Chiesa Anglicana
e, da bambino, egli stesso partecipa come chierichetto alle funzioni;
dopo un periodo di allontanamento dalla religione, nel 1940 si
riavvicina alla fede. Esiste un dissidio tra la coscienza della propria
omosessualità e la fede cristiana?
Auden (diversamente da Britten) non ebbe mai problemi
nell’accettare e praticare la sua omosessualità, e a riconciliarla con la
sua religiosità anglocattolica. Gli piaceva la frase di S. Agostino:
“Rendimi casto, Signore, ma non ancora”.
Sul sodalizio tra Auden e Britten ci sono molti aneddoti e perfino una
pièce teatrale di Alain Bennet – intitolata The Habit of Art - e Auden
ha certamente avuto un grande ascendente su Britten specialmente
negli anni fra il ’35 e il ’42. Viceversa, qual è stata l’influenza del
compositore sullo scrittore?
Auden era un tipo bohemien, Britten molto più borghese negli
atteggiamenti. Auden cercò di tirare Britten dalla sua parte senza
successo e Britten ruppe definitivamente con l’amico e collaboratore
e dopo essere rientrato in Inghilterra non lo vide più. La pièce di
Bennett immagina infatti che i due si incontrino in tarda età per
discutere di arte e amore, cosa che non fecero mai. Entrambi erano
dei lavoratori indefessi che spesso scrivevano su commissione, ma
Britten era monogamo ed esclusivamente dedicato alla sua arte,
Auden era un bon vivant con casa e amici a Ischia nel dopoguerra.
Auden conservò una passione per la musica vocale forse sviluppata
durante l’amicizia con Britten, e che poi fruttò il libretto del Rake’s
Progress per Stravinskij. Entrambi erano maestri nel riprendere
forme tradizionali, ma Britten è il meno raziocinante dei due e forse
per questo la sua arte è più drammatica e coinvolge di più.
Guida all’ascolto
I “Seven Sonnets of Michelangelo” sono la prima delle tante
composizioni dedicate da Britten a Peter Pears, il tenore inglese che
fu suo compagno sulle scene e nella vita, e divennero in seguito il
brano più eseguito dai due artisti nei loro innumerevoli recital.
Il periodo di gestazione dell’opera, completata nell’ottobre 1940,
rimane incerto, e altrettanto difficoltoso è ricostruire l’approccio di
Britten alla poesia di Michelangelo; a posteriori il compositore vi
volle leggere “una risposta all’appello di Nietzsche a
mediterraneizzare la musica”. Ma la vera ragione di quella che egli in
una lettera a Enid Slater definì “a sudden craze for the Micheal
Angelo Sonnetts”, è l’affinità tra il rapporto Michelangelo-Tommaso
Cavalieri e il suo con Peter Pears; il tenore inglese dirà in seguito “i
versi ‘I mie' pensier nel vostro cor si fanno, / Nel vostro fiato son le
mie parole[…]’ rappresentano una summa della nostra relazione”.
La scelta di una lingua straniera, inoltre, aiutava a mascherare la
natura omosessuale della loro relazione, e Britten preferiva in quegli
anni tenerla lontana dai clamori del pubblico: non a caso, quando ne
diedero la prima esecuzione pubblica - alla Wingmore Hall di Londra
nel settembre del 1942 –, la traduzione in inglese dei testi non fu
inserita nei programmi di sala.
Dal punto di vista compositivo è frequente il ricorso ai modi
gregoriani (specialmente quello Lidio), forse per suggerire un
richiamo all’antico; mentre nel rapporto col testo B. si astiene da
qualsiasi cedimento alle suggestioni dell’immagine e al
descrittivismo. La scrittura vocale si muove nel solco della
tradizione belcantistica, con gli ampi archi melodici che abbracciano
svariate strofe e con un’espressività intensa, del tutto estranea allo
stile inglese di allora, abbottonato nelle maglie strette del “buon
gusto”. Il primo dei sonetti offre un esempio di questo nuovo
respiro:
la
melodia,
sorretta
dal
motivo
anacrusico
dell’accompagnamento, procede senza discontinuità lungo tutto il
brano, mentre il pianoforte con raffinati cambi accordali sottolinea
l’alternanza degli stati d’animo del testo; simili finezze armoniche
fanno da intelaiatura anche al terzo sonetto, arricchito nella sua
calma espressiva dai fluttuanti arpeggi del pianoforte. Il quinto è una
serenata malinconica; il sesto si accende nei ritmi rapidi
dell’accompagnamento in accordi spezzati. L’ultimo sonetto è una
splendida, graduale ascensione che, dopo la maestosa apertura, vira
verso la calma estatica della conclusione.
Scritto in pochi giorni nell'ottobre 1934, Holiday Diary è la prima
opera per pianoforte a essere pubblicata. Quando dieci anni dopo
Clive Curzon inserì il brano nei programmi delle sue tournée, Britten
gli confidò di averlo concepito come "una serie d’impressioni di un
fanciullo su una vacanza al mare durante il periodo precedente la
Grande Guerra" . La scrittura è semplice ma ispirata, alterna
figurazioni onomatopeiche (Morning Bathe) a sonorità ricercate
(Sailing), momenti lirici a richiami ironici. Chiari i riferimenti ad altri
compositori: nel terzo brano (Funfair) l'allegria meccanica del
disegno dimostra una diretta influenza di Strawinsky; nell'ultimo
(Night) c'è un richiamo al Bartok del Secondo Concerto, nella ricerca
ossessiva della simmetria degli intervalli, e alla sua Suite "All'aria
aperta", nella scelta dell'atmosfera. L’immagine che Britten
suggerisce in quest’ultimo brano è una notte estiva: ormai stanco, il
fanciullo si appresta a dormire e riepiloga mentalmente le immagini
della giornata; dal registro centrale del pianoforte riappaiono i
motivi dei precedenti movimenti, trasfigurati adesso dalla calma
della notte e dal calore dell'estate.
La scelta del soggetto dell’Holiday Diary non è casuale, ma deriva da
un processo di idealizzazione del mondo dell’infanzia - e più
precisamente del mondo della scuola - che il compositore mise in
atto negli anni del trasferimento a Londra. In seguito Britten scoprì
di condividere con queste sensazioni con W.H. Auden - nonostante
entrambi avessero patito la rigida educazione della Gresham’s
School e il suo codice d’onore vittoriano. L’incontro con il poeta
inglese risale al 1935, quando entrambi lavorarono per la GPO Film
Unit e fu determinante l’influenza che questi ebbe sui gusti letterari
(fu lui ad avviare Britten alla poesia di Rimbaud, da cui trasse i testi
per le Illuminations), ma anche sulla sua liberazione sessuale. La
presa di coscienza della propria omosessualità (fino al ’67 reato nel
Regno Unito), insieme a un naturale moto di ribellione per i valori
della middle-class conservatrice, fu il presupposto per l’adesione
all’ideologia comunista prima da parte di Auden e poi di Britten. In
questo contesto anche la loro concezione dell’arte fu influenzata: la
consideravano un’arma al servizio della Sinistra contro il
conformismo borghese e uno strumento di erudizione per le masse
dei lavoratori. Nella pratica gli artisti e i compositori che
condividevano questa visione ebbero molte difficoltà a rendere la
loro arte, tradizionalmente rivolta al pubblico borghese, accessibile
alla classe dei lavoratori senza con ciò pregiudicare le esigenze
estetiche.
I Cabaret Songs, scritti e composti dai due artisti nel 1937 per il
soprano Hedli Anderson – che entrambi conoscevano dall’epoca
della compagnia di teatro sperimentale “The Group Theatre” - sono
l’esito più fortunato di questa ricerca. Essi sono ispirati alla vita della
Berlino degli anni Trenta, dove Auden aveva abitato per un periodo
insieme a Isherwood – dalla cui esperienza quest’ultimo trasse “Mr.
Norris changes train”.
La musica oscilla tra atmosfere leggere e momenti più tragici,
alternando uno stile personale a reminiscenze del jazz americano –
evidente in “Tell me the Truth about love” il riferimento alla musica
di Cole Porter-. “Funeral Blues” è avvolto invece in un alone più
cupo, alla Kurt Weill, con il suono delle campane che riecheggia nel
registro acuto del pianoforte, e il crescendo drammatico della voce
che esplode nel “For nothing now can ever come to any good”.
“Johnny” è invece concepito come una sequenza di variazioni,
stilizzazioni dei diversi generi musicali: folk-song, polka, valzer. In
“Calypso” invece il pianoforte riprende con figurazioni
onomatopeiche il rumore del treno sempre accelerando verso la
Grand Central Station.
Il ciclo fu concepito per voce femminile – e in questa versione è
solitamente eseguito; tuttavia fu probabilmente interpretato la
prima volta da Britten e Pears in occasione del ventisettesimo
compleanno del primo, alla presenza dell’autore dei testi e di altri
amici intellettuali, e poi nuovamente da Pears, in occasione
dell’ultimo concerto in onore del compositore, prima che questi si
spegnesse il 4 dicembre 1976.
ROBERT ANTHONY
GARDNER, tenore
Il tenore inglese Robert Anthony Gardiner fa parte dello “Jette
Parker Young Artists Programme” dall’ottobre 2008 e ha debuttato
alla Royal Opera House interpretando il ruolo di Egoldo in Mathilde
di Shabran. Sucessivamente ha interpretato numerosissimi ruoli tra i
quali Filch nella Beggar’s Opera, il Conte di Lerma in Don Carlo, il
Primo Maggiordomo presso Faninal nel Cavaliere della Rosa, il
Secondo Croupier in The Gambler, Gastone ne La Traviata e il
Secondo Ebreo in Salomè. Ha anche interpretato Il ruolo di Pane
Calisto, il protagonista Nathanael ne Les Contes d’Hoffmann, Borsa
in Rigoletto, Steuermann in Der fliegende Holländer, il Primo
Marinaio in Dido and Aeneas , Damon e Coridon in Acis e Galatea,
Ruiz ne Il Trovatore, Panas in The Tsarina’s Slippers, Bajazet in
Tamerlano e Tom Rakewell in The Rake’s Progress. Ha interpretato
la Serenata di Britten per tenori, corno e corde durante la “Meet the
Young Artists Week” nel Teatro di Linbury. Nel 2011 ha fatto ritorno
alla Royal Opera in qualità di artista ospite per interpretare il ruolo
di un Amante ne Il Tabarro. Ha oltretutto girato il mondo
interpretando importanti ruoli quali Siebel Faust (Opera
North/Tallinn), Lensky (Grange Park Opera), Belmonte Die
Entführung auf dem Serail (Iford Arts), Eurimaco Il ritorno d’Ulisse
in Patria (Opera Frankfurt), Aubrey Maria di Rohan, Ctesippe
Penelope, Strážnik in Hubička di Smetana, Joe in Winners di Richard
Wargo (Wexford Festival), Testo Combattimento di Tancredi e
Clorinda (St Pompont), Ferrando in Così fan tutte ( Ryedale Festival),
Alonze in Gretry’s L’amant jaloux, il ruolo principale in Philidor’s
Blaise le savetier e Polidoro ne La finta semplice (Bampton Classical
Opera). Nel 2011 ha anche partecipato al Scottish Opera’s Highlights
Tour e interpretato il ruolo da protagonista nell’Opera di John
Barber We are Shadows per il Spitalfields Festival a Londra. Tra i
concerti a cui ha partecipato i principali sono Haydn’s Nelson Mass
(Manchester Camerata/Douglas Boyd), Stravinsky’s Mavra (City of
Birmingham Symphony Orchestra/Sakari Oramo), Britten’s St
Nicholas (Wexford Festival Opera), Messiah (Gloucester
Cathedral/Adrian Partington), St Matthew Passion (Leicester Bach
Choir/Richard Laing), Zakok in Handel’s Solomon (Stour Festival),
La Serenata di Britten per tenore, corno e corde (Filarmonica Arturo
Toscanini/Timothy Redmond) e nell’ Aprile del 2013 una Commedia
di Britten al Teatro Rossini di Lugo, in Italia.
Oltre ai numerosi successi professionali, Robert Anthony Gardiner
ha conseguito importanti riconoscimenti accademici. Dopo aver
conseguito la Laurea in Astrofisica alla Durham University e un
Certificate of Education alla Manchester University, ha studiato al
Royal Northern College of Music, Frankfurt Opera School e alla
National Opera Studio. Ha ricevuto numerosi premi tra i quali
l’Elizabeth Harwood Memorial Prize, il Wexford Festival Rosenblatt
Award, una borsa di studio Peter Moores Foundation, il Gwilym
Gwalchmai Jones Award, premio all’educazione Mario Lanza e infine
il Middlemore Educational Foundation Award.
GIULIO BIDDAU,
pianoforte
Giulio Biddau, nato a Cagliari nel 1985, ha intrapreso a dodici anni lo
studio del pianoforte con Arlette Giangrandi Eggmann e si è
diplomato presso il Conservatorio della sua città. Ha proseguito i
suoi studi pianistici a Parigi sotto la guida di Jean Marc Luisada
all’École Normale, dove ha ottenuto il Diplome Supérieur de
Concertiste e privatamente con Aldo Ciccolini. In seguito ha
conseguito con lode il diploma di perfezionamento dell’Accademia
Nazionale di Santa Cecilia nella classe di Sergio Perticaroli.
Attualmente è in Konzertexamen alla Hochschule für Musik “Hanns
Eisler” di Berlino con Fabio Bidini.
Nel 2001 ha esordito nel Terzo di Beethoven alla Berwaldhallen di
Stoccolma, vincendo il secondo premio allo Stockholm Young Pianist
International Competition. Laureato di prestigiosi concorsi
internazionali, fra cui il Concorso Casagrande di Terni, il Tbilisi
International Piano Competition, il Porrino di Cagliari, Iturbi di
Valencia etc, nel 2009 la vittoria del Primo Premio al Concorso Les
Nuits Pianistiques – Lauréats SPEDIDAM di Aix-en-Provence, lo
porta ad essere invitato da alcuni dei più importanti festival francesi,
tra cui il Festival Radio France di Montpellier, il Festival Pablo Casals
e il Festival Piano en Valois.
Ha tenuto numerosi concerti, suonando in Italia per istituzioni quali
l’Accademia di Santa Cecilia a Roma, il Teatro Lirico di Cagliari,
Festival Dino Ciani a Cortina, Teatro Verdi di Trieste; in Francia alla
Salle Cortot di Parigi, al Grand Theatre de Provence di Aix-enProvence, a Pontoise, Nancy, Rouffach, Gerberoy e poi in Spagna al
Palau de la Musica di Valencia e a Leon, e ancora Slovenia, Austria,
Svezia, Cina (Oriental Art Center di Shanghai e Auditorium della
Tsinghua University di Pechino) e Australia.
Ha suonato diretto da Lawrence Foster, François-Xavier Roth, Tan
Dun, Max Bragado, Filippo Maria Bressan… con orchestre prestigiose
quali l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, Orchestre National
de Montpellier, Orchestra del Palau de la Musica di Valencia,
Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, Les Siècles, Orchestra di
Padova e del Veneto, Sinfonica Abruzzese, Tbilisi Symphony
Orchestra etc.
Il suo impegno nella musica contemporanea l’ha visto protagonista
nel marzo 2010 della creazione del Banquet Concerto di Tan Dun
per pianoforte coro e orchestra commissionato dall’Accademia di
Santa Cecilia e ritrasmesso poi da Rai Radio Tre. Emissioni anche per
France Musique e la televisione giapponese NHK.
Nel gennaio 2012 è uscito il suo primo disco interamente dedicato a
Gabriel Fauré, di cui interpreta l’integrale delle Barcarole e il Thème
et Variations, edito dalla casa francese Aparté e distribuito anche in
Italia da Harmonia Mundi.
Nel 2013 ha vinto il Berlin Steinway Förderpreis.
ANNA MARI,
voce recitante
Trascorsi i primi anni della sua vita a Houston nel Texas, Anna Mari
si trasferisce in Sardegna con la famiglia, dove rimane fino al
raggiungimento del Diploma di Maturità Classica. Nei primi del 2000
si trasferisce a Roma con l’obiettivo di perseguire il suo sogno:
diventare attrice. Qui, studia al Conservatorio Biennale Università
del Cinema e della Televisione di Cinecittà (Laurea AOS), dove
impara le tecniche di recitazione per lo schermo e comincia a
familiarizzare con la sceneggiatura (F. e G. Scarpelli) e con la regia
(C. Lizzani). Ruoli per il Cinema e per la TV Italiana comprendono:
Apocalisse delle Scimmie (regia di R. Scavolini); Rotor (Deserted
Pack Productions); Un Posto
Tranquillo (R.A.I. Fiction). Negli
anni successivi, scrive e produce diversi documentari girati tra
l’Italia e New York: Il Mondo delle Bambole (R.A.I. TG1 Storia); La
Collezione Ingrao a Cagliari (Comune di Cagliari); DNArzana
(Fondazione del Banco di Sardegna). Arricchita dalle esperienze
“behind the camera”, riceve due Borse di studio per Merito e viene
ammessa all’American Academy Of Dramatic Arts in NYC (Laurea
AOS). Le sue insegnanti Bartone e Powell, la fanno innamorare
perdutamente del Teatro, insegnandole l’arte che loro stesse hanno
imparato dai grandi Lee Strasberg, Sanford Meisner e Uta Hagen. Per
il palco Americano recita: Jessie -The Prisoner of Second Avenue;
Beverly -The Shadow Box (regia di J. Powell); Amelia -The House of
Bernarda Alba; Diana -Ring Round the Moon; Brenda -Lovers and
Other Strangers (regia di J. Bartone). Nel 2010 R.A.I. International
racconta la sua storia nello Speciale TV: Anna Mari del giornalista
Pino Nano. Lasciata la ‘Big Apple’, attraversa nuovamente l’Oceano
Atlantico per rimanere in Gran Bretagna, dove scrive e dirige il
cortometraggio CalmAfterTheStorm e co-produce con Spellbound
Productions Things We Want opera di Jonathan Marc Sherman, nella
quale interpreta la parte di Stella. Dal 2013, dopo aver ricevuto una
Borsa di studio per Merito, studia Screenwriting & Producing BA
(Hons) alla Regent’s University di Londra.
RALPH AIKEN,
voce recitante
Ralph Aiken nasce nel Kent in Inghilterra. A 18 anni, dopo aver
studiato all’illustre collegio Sherborne School di Dorset e conseguito
il Diploma di Maturità, intraprende un viaggio della durata di un
anno intorno al mondo. Una volta in Africa, rimane tanto affascinato
dal Kenya da decidere di trascorrere lì gli ultimi sei mesi per
conoscerne a fondo la cultura e per esplorarne il territorio. Al suo
ritorno in Gran Bretagna nel 2005, si iscrive all’Università delle Belle
Arti di Manchester. Nel 2008 decide di dare una svolta alla sua vita e
si trasferisce a NYC per studiare recitazione all’American Academy
Of Dramatic Arts. È qui che riceve il Max Fisher Award: migliore tra
gli studenti del suo corso. In seguito al raggiungimento della Laurea
AOS, viene invitato per un terzo anno a far parte della Compagnia
Teatrale dell’Academy (Laurea AAT). Alcuni tra i diversi ruoli
interpretati per il Teatro ed il Cinema Americano includono: Jules My Three Angels; Reverend Hale -The Crucible; Frederick Arnott –
Enchanted April; Juan Julian -Anna In The Tropics; Phillip Mauritius; Eddie -Fool For Love; Tom –A Creed For Those Who Have
Suffered; Dara -Frozen Tracks; Shane -Inside Out. Tra i lavori di
Voice Over: Blizzard Entertainment. Nel 2011 torna a Londra dove
fonda la Spellbound Productions LTD. Ruoli per il Teatro ed il
Cinema Inglese comprendono: Fayette -Waiting For Lefty (Theatre
Royal Haymarket); Van Fleet -Night Of January 16th; Patrician 1 The Eagle (regia di K. Macdonald); Chris – Chicken Dhansak;
Protagonist - Calm After The Storm (Kailakis/Deserted Pack
Productions); David -Simon & Laura (Staged Reading); Voce
narrante -No Windows, No Clocks.
Spellbound
Productions
LTD.: Huw Prosser -The Devil Inside Him (Candidato all’Off West
End Award); Ryan -Seduced; Teddy -Things We Want. Nei prossimi
mesi interpreterà il poeta e artista William Blake nello spettacolo In
Lambeth che si terrà al Southwark Playhouse di Londra.
Prossimi appuntamenti:
04/03
Premessa musicale: Da Robert per Clara
Relatore Myriam Quaquero
05/03
Recital
Laila Cho, pianoforte
musiche di R. Schumann
B.S. Group
Associazione Culturale Ponticello
Via Abba 27 – 09127 Cagliari
Tel: 334.5762646 | email: [email protected]
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Consulenza Artistica: Giulio Biddau
Grafica e Comunicazione: Fausta Laddomada